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IL SONNO MORTIFERO DELL’ITALIA. In Parlamento (ancora!) il Partito al di sopra di tutti i partiti - quello più uguale degli altri.

venerdì 5 aprile 2024
PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI ...
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> IL SONNO MORTIFERO DELL’ITALIA. --- Chi paga il conto (di Massimo Franco) - Un gesto che mette a nudo i ricatti del cavaliere (di Eugenio Scalfari)

domenica 9 dicembre 2012

Chi paga il conto

di Massimo Franco (Corriere della Sera, 9.12.2012)

Il calcolo spregiudicato del Pdl di essere insieme partito di opposizione e di governo da ieri sera si sta rivelando per quello che è: un azzardo pericoloso. La decisione di Mario Monti di dimettersi dopo l’approvazione della legge di Stabilità mette Silvio Berlusconi e il suo partito di fronte alle loro responsabilità. Hanno destabilizzato la maggioranza in uno dei passaggi più delicati della legislatura. E il loro tentativo di rivendicare senso dello Stato fuori tempo massimo rivela la sorpresa di chi è stato colto in contropiede.

L’intervento di venerdì in Parlamento del segretario del Pdl, Angelino Alfano, che aveva attaccato frontalmente la politica economica dell’esecutivo, ha indotto il presidente del Consiglio a non accettare il ruolo di capro espiatorio delle tensioni e delle contraddizioni del centrodestra. La mossa di Monti è stata compiuta a mercati chiusi, per evitare riflessi immediati sulla situazione finanziaria dell’Italia. Ma è chiaro che il timore di conseguenze pesanti resta acuto: fin da domattina, alla riapertura delle Borse.

A questo punto non si può escludere neppure che Monti possa essere spinto a candidarsi lui a Palazzo Chigi. Se esisteva un accordo per riportare l’Italia fuori dall’emergenza, stipulato con Pdl, Pd e Udc, lo scarto berlusconiano ha rotto le regole tacite che questa intesa imponeva a tutti. E restituisce un Monti che di colpo sente di avere le mani libere: se non altro come riflesso di uno strappo che rischia di compromettere la credibilità italiana nella comunità internazionale dopo il discredito dell’ultimo governo Berlusconi.

Il comunicato durissimo diramato ieri sera dopo l’udienza dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è esplicito. Il premier, accompagnato dal suo consigliere a Palazzo Chigi, Federico Toniato, ha spiegato di non poter proseguire la sua azione. Ha respinto le pressioni del Pdl sulla giustizia e non è disposto ad accettare il ruolo di bersaglio di una campagna elettorale berlusconiana giocata contro la moneta unica, l’Europa e le tasse: una strategia «facile» quanto avventurista, destinata ad allontanare il centrodestra da qualunque politica moderata; e ad accomunarlo al leghismo e al movimento del comico Beppe Grillo.

È un altolà al tentativo di giocare la carta del populismo più vieto in una fase di crisi acuta. Allo smarcamento furbesco di Berlusconi, Monti reagisce con un annuncio che parla all’opinione pubblica; e le offre una scelta trasparente, radicale, contro un’operazione che a suo avviso tenta di prendere in giro gli italiani e rende troppo rischiosi i prossimi mesi. La destabilizzazione è responsabilità di Berlusconi: questo lascia capire il capo del governo, raccogliendo la «comprensione» di Napolitano. Meglio bruciare i tempi e dare la parola agli elettori che veder bruciare sui mercati l’Italia.


-  Un gesto che mette a nudo i ricatti del cavaliere
-  Berlusconi vuole rappresentare i moderati ma la sua posizione non ha nulla di moderato
-  Ora si tratta di ricostruire lo Stato, di modernizzare il welfare, di accrescere la produttività

di Eugenio Scalfari (la Repubblica, 9.12.2012)

Le dimissioni di Monti sono arrivate come un fulmine. Non certo un fulmine a ciel sereno perché sereno non è affatto ed anzi è rigonfio di nubi nere e cariche di tempesta. Il redivivo Berlusconi ancora ieri aveva lanciato una serie di accuse contro il governo e contro gli altri due partiti della maggioranza che finora l’ha sostenuto e aveva preannunciato una serie di bombe a orologeria per intralciare e paralizzare Monti fino allo scioglimento delle Camere.

Tre mesi di continui agguati e trabocchetti che avrebbero impedito al governo di governare e costretto gli altri due partiti a sostenere Monti mentre il Pdl (o comunque si chiamerà) si sarebbe interamente dedicato ad una campagna elettorale con l’insegna del "tanto peggio tanto meglio", con i mercati in agguato e la finanza pubblica a rischio di grave pericolo. I decreti ancora in attesa di essere convertiti in legge sarebbero stati bloccati a cominciare da quello sulle Province e quello sullo sviluppo che infatti hanno già avuto il voto contrario del Pdl.

In questo condizioni Monti è salito al Quirinale ed ha preannunciato le dimissioni irrevocabili sue e del governo, condizionate soltanto all’approvazione della legge di stabilità finanziaria e all’approvazione del bilancio che potrebbero avvenire al più tardi entro Natale. Dopo di che le dimissioni di Monti, fin d’ora sostanzialmente date a Napolitano, saranno formalizzate dopo apposito Consiglio dei ministri e il governo resterà in carica - come d’uso - soltanto per l’ordinaria amministrazione.

Il Capo dello Stato ha dichiarato la sua piena comprensione delle decisioni di Monti e si voterà entro la seconda metà di febbraio anziché il 10 marzo come fino a ieri era previsto. Dunque: campagna elettorale ristretta al minimo previsto dalla legge e insediamento del nuovo Parlamento entro la fine di febbraio. Di fatto si tratta di un anticipo di 15 giorni su quanto era stato previsto, ma il fatto ha un rilievo politico molto più forte. Il governo cade perché sfiduciato da Berlusconi e dal partito di sua proprietà. La responsabilità è dunque del Cavaliere di fronte agli italiani e di fronte all’Europa.

Voleva rappresentare i moderati, ma quali moderati? I voti dei quali va in cerca non hanno nulla di moderato. La sua posizione si affianca a quella di Grillo: anti-Monti, anti - Europa, anti-tasse, anti-euro, anti-riforme. Ed anche anti-Napolitano che, pur restando rigorosamente "super partes", aveva garantito all’Europa il mantenimento degli impegni presi, affiancandoli con quell’equità sociale e quel rilancio degli investimenti e dell’occupazione che ora sono le stesse Autorità europee a chiederci, a cominciare dagli stimoli quasi giornalieri di Mario Draghi.

Ho detto che il neo-berlusconismo ha assunto gli stessi contorni del grillismo, ma debbo aggiungere che è peggio di Grillo che non ha clientele da difendere, bonifici da distribuire, ricatti da pagare, aziende proprie da sostenere, processi dai quali sottrarsi.

Grillo cerca di intercettare quella rabbia sociale che si sta diffondendo nel Paese a causa dei sacrifici che hanno colpito soprattutto i ceti medio-bassi. Il rapporto del Censis uscito l’altro giorno documenta quel disagio e lo quantifica: il ceto medio-basso rappresenta il 30 per cento della popolazione; un altro 30 per cento teme di precipitare anch’esso in una sorta di proletarizzazione.

Ma, scrive il Censis, questo diffuso disagio diminuirà gradualmente nei prossimi mesi, quando l’economia reale comincerà a registrare qualche consistente miglioramento.

Chi gioca però al «tanto peggio tanto meglio» rischia di alimentare gli aspetti eversivi e violenti di quel disagio, anzi se lo propone appoggiando al tempo stesso l’aumento delle diseguaglianze sociali. Ecciterà i poveri alla protesta proteggendo contemporaneamente le posizione dei ricchi, purché amici e sodali.

Non saranno certo i Briatore a rimetterci. Ecco perché il nichilismo berlusconiano è assai più insidioso e velenoso di quello grillino. Monti con la sua decisione di ieri ha strappato i veli che lo nascondevano. Ora appare in tutta la sua evidenza.

A questo punto saranno i cittadini elettori a chiudere la partita. Molti dicono che il popolo sovrano è dotato di un deposito di saggezza che vede più lontano e più lucidamente di quanto non accada alla classe dirigente. Lo spero anch’io, ma non lo darei per scontato. Una parte importante di cittadini ragiona con la propria testa e tiene a bada quella parte emozionale che c’è in ciascuno di noi e che si regola sull’immediato presente. Ma un’altra parte vive di emozioni e dà retta a false promesse e ad illusioni prive di qualunque riscontro con la realtà.

In ogni Paese esiste una massa di elettori che cade in preda a demagoghi e a venditori di paradisi artificiali, ma da noi purtroppo questa massa ha più consistenza che altrove. Chi pratica il gioco delle tre carte e chi vende San Pietro o il Colosseo ha sempre trovato compratori.

Berlusconi è un venditore formidabile, in questo non ha rivali ed è la ragione per cui è già stato votato per cinque volte di seguito da milioni di italiani che hanno creduto in lui anche quando il Paese stava precipitando.

E’ possibile che gli credano ancora? Il popolo sovrano chiamato tra poco alle urne darà la risposta. La previsione è che questa volta scelga responsabilmente i partiti della democrazia, del cambiamento, del realismo. Non si tratta soltanto di uscire dall’emergenza completando i compiti che l’Europa ci ha assegnato. Si tratta di molto di più. Si tratta di ricostruire lo Stato, di modernizzare il «welfare», di accrescere la produttività, di combattere le mafie e le clientele parassitarie, di distribuire equamente il reddito, di snellire la burocrazia, di ridare ai giovani e alle famiglie speranza e fiducia.

Problemi antichi, sempre discussi e mai risolti. Ora sono anch’essi diventati emergenza e con questo spirito vano affrontati senza dimenticarne un altro che tutti li condiziona: la costruzione dell’Europa come vera patria di tutti gli europei. Fuori da questo quadro saremo tutti condannati all’irrilevanza economica, politica, culturale.

Non dimenticatelo mai nei prossimi anni e non dimenticate che l’Italia non può far nulla senza l’Europa e l’Europa può fare ben poco senza l’Italia.

Cavour l’aveva capito e per fortuna anche la Francia, l’Inghilterra e la Prussia lo capirono. Solo così il movimento risorgimentale trovò il suo sbocco nella nascita dello Stato unitario. Talvolta la storia è maestra di vita e questo è l’obiettivo che ci sta dinanzi.


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