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VITA E PENSIERO: L’ATTENZIONE DI ENZO PACI AI CREDENTI. E l’attenzione ai non credenti di Martini. Una nota di Carlo Sini

sabato 1 settembre 2012
L’attenzione ai non credenti
di Carlo Sini (l’Unità, 1 settembre 2012)
Ho incontrato per la prima volta il cardinale Martini in occasione della preparazione dei programmi per la Cattedra dei non credenti. Mi accolse nel suo studio in Arcivescovado, in ora serale. Nella penombra mi venne (...)

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> VITA E PENSIERO: L’ATTENZIONE DI ENZO PACI AI CREDENTI. E l’attenzione ai non credenti di Martini. --- Il senso di Roncalli e di Martini (di Carlo Sini)

mercoledì 14 novembre 2012

Il senso di Roncalli e di Martini

di Carlo Sini (l’Unità, 14 novembre 2012)

La sfida in diretta tv per le primarie del centrosinistra è stata un successo: su questo non mi pare che si possano avanzare dubbi. Si è trattato, oltre al resto, di una grande lezione di stile di cui la politica tutta aveva bisogno: ne siamo ugualmente grati ai cinque protagonisti. Si è avuta altresì la sensazione della presenza, dietro ai loro interventi, di una grande forza politica accomunante sulla quale contare, pur nelle differenti opzioni strategiche o forse anche proprio per quelle. La cultura monolitica non giova alla politica, che è sempre mediazione in atto tra il reale e l’ideale, il possibile e l’attuale.

Ovviamente la presentazione dei candidati leader secondo una logica televisiva, oggi indispensabile per tutti noi che siamo la gran massa degli elettori, è in grado di offrire informazioni preziose sulla personalità di ognuno, sui tratti caratteriali e sui riferimenti programmatici essenziali; sappiamo benissimo però, o dovrebbero sapere tutti, che la politica reale è poi tutt’altra faccenda, anzitutto perché i propositi e le intenzioni sono una cosa, la loro realizzazione un’altra. Qui l’azione del singolo leader è certamente importante, ma la sua efficacia e le sue possibilità di successo sono affidate a molte altre componenti complesse e anche problematiche.

C’è per esempio bisogno di una cultura politica di fondo capace di analisi efficaci; c’è bisogno, proprio per ciò, di un intero gruppo dirigente che, sebbene diviso in molti particolari, sia coeso e collaborante nelle strategie essenziali; c’è bisogno di vedute ampie e generose di lungo percorso e di capacità tattiche per interventi ravvicinati e di immediata comprensione.

Le forze che si oppongono al cambiamento, spesso nascoste dietro la facciata della saggia moderazione, sono enormi, molto più radicate e potenti, e disposte a difendersi con ogni mezzo, di quanto l’opinione pubblica possa sapere e immaginare: una politica realmente riformista, aperta a un futuro di maggiore giustizia e di profonda rinascita economica e morale, non trarrà molto vantaggio dagli slogan e dalla incarnazione di modelli di facile presa spettacolare. Ben altra, ben altrimenti dura e complicata sarà la partita e ogni tentazione semplificatoria esibita con populistica baldanza, come accade oggi con l’antipolitica da strada, è sostanzialmente un inganno perpetrato contro il popolo degli elettori.

Proprio per questo una politica degna di questo nome dovrà coniugare la tenacia coerente e intransigente degli interventi capillari con dei modelli di governo di alto profilo e di profonda portata. In questo senso molto mi ha colpito il riferimento di Bersani a papa Giovanni XXIII e di Vendola al cardinale Martini. Il fatto che due massimi esponenti di una forza di grandi tradizioni laiche e di sinistra abbiano ravvisato un modello ispiratore in due figure della chiesa cattolica non va però equivocato. Non si tratta, a mio avviso, di sottolineare il riferimento alla istituzione ecclesiastica o a un generico cristianesimo. Al contrario, proprio le due figure prese a riferimento incarnano agli occhi di tutti momenti di rottura con una istituzione immobilista e reazionaria, esempi di una quotidiana apertura al nuovo e all’essenziale rispetto a una tradizione inaridita, nonché il sogno di un ritorno alle origini rivoluzionarie di quella tradizione stessa.

In questi riferimenti leggo l’esigenza di riportare la politica sui binari di una visione universalmente terrena e umana della vita sociale, di riconsegnarla a un ideale che ne giustifichi l’impegno, le fatiche e i pericoli reali, quando quegli ideali si traducano in azioni concrete. È la nobiltà della politica, ben oltre le sue pur necessarie espressioni pragmatiche, a essere invocata, è la sua dedizione alla liberazione e alla tutela dei più deboli, è la sua capacità di credere in una giustizia che superi la condizione attuale, interpretando in questa luce ideale ciò che ha caratterizzato e caratterizza l’umanità tutta intera nella sua storia.

Diceva Rousseau che mentre le forze della conservazione si prodigano per convincerci che il cambiamento è impossibile, l’azione politica trasformatrice ha sempre dimostrato il contrario. Tutti i modelli che aiutino a riconquistare e a confermare questa fede siano benvenuti.


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