PREMESSA. Note sul tema:
RIDOTTA LA DONNA A "FEMMINILE" (A "FEMMINA") E L’UOMO A "MASCHILE" ("MASCHIO"), PER IL PAPA la "relazione personale" con Dio (concepito come "Uomo-Maschio") può essere ovviamente solo dell’"Uomo-Maschio", e dell’intero ordine sacerdotale (uomini-maschi). Che il "maschile" e il "femminile" sia di ogni essere umano (dell’uomo come della donna), che Due Persone ("due cherubini") siano i custodi della Legge (l’ Arca dell’Alleanza Mosaica) e Due Persone ("Maria" e "Giuseppe") siano i "genitori" e i custodi della Legge del Dio Vivente (Gesù) della Nuova Alleanza è una bestemmia che va sanata con un modello di famiglia intesa - in modo talebanico - biologicamente e naturalisticamente, in nome del suo Dio ("Deus caritas est", 2006) e del suo "Dominus Iesus", 2000)!!!
Il Papa dice no alla filosofia «di genere»
di Gian Guido Vecchi (Corriere della Sera, 20 gennaio 2013)
«La Chiesa ribadisce il suo grande sì alla dignità e bellezza del matrimonio come espressione di fedele e feconda alleanza tra uomo e donna. E il no a filosofie come quella del "gender" si motiva per il fatto che la reciprocità tra maschile e femminile è espressione della bellezza della natura voluta dal Creatore».
Benedetto XVI si è rivolto ieri al Consiglio «Cor Unum», il dicastero vaticano che amministra le opere di carità del Papa, e ha ripreso il filo del discorso alla Curia, prima di Natale, quando parlò dell’«attentato all’autentica forma della famiglia - costituita da padre, madre e figlio - al quale oggi ci troviamo esposti»: citando l’intervento del Gran Rabbino di Francia Gilles Bernheim contro il «matrimonio per tutti» e le adozioni a coppie gay, il Papa aveva criticato la «profonda erroneità» della teoria di genere, per la quale «il sesso non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente».
Anche ora Ratzinger, secondo il suo stile, non lancia anatemi ma argomenta intorno alla «deriva» dell’uomo contemporaneo, al «prometeismo tecnologico» per cui «ciò che è tecnicamente possibile diventa moralmente lecito». E parte da una considerazione: «Il cristiano deve lasciarsi orientare dai principi della fede, mediante la quale noi aderiamo al punto di vista di Dio, al suo progetto su di noi».
In ogni epoca, dice, «quando l’uomo non ha cercato tale progetto, è stato vittima di tentazioni culturali che hanno finito col renderlo schiavo». In particolare «le ideologie che inneggiavano al culto della nazione, della razza, della classe sociale si sono rivelate vere e proprie idolatrie».
Ma non ci sono solo i totalitarismi atei, dal nazismo al comunismo: «Altrettanto si può dire del capitalismo selvaggio col suo culto del profitto, da cui sono conseguite crisi, disuguaglianze e miseria». Anche il nostro tempo «conosce ombre che oscurano il progetto di Dio».
Qui sta il punto, scandisce Benedetto XVI. «Mi riferisco a una tragica riduzione antropologica che ripropone l’antico materialismo edonista, cui si aggiunge però un prometeismo tecnologico: dal connubio tra una visione materialistica dell’uomo e il grande sviluppo della tecnologia emerge un’antropologia nel suo fondo atea», prosegue. «Essa presuppone che l’uomo si riduca a funzioni autonome, la mente al cervello, la storia umana ad un destino di autorealizzazione. Tutto ciò prescindendo da Dio, dalla dimensione spirituale e dall’orizzonte ultraterreno». Così l’uomo si «assolutizza», cioè pretende di essere «ab-solutus, sciolto da ogni legame e costituzione naturale».
Se Dio non esiste tutto è possibile, diceva Dostoevskij. Ed è ciò che al fondo dice anche il Papa: quando l’uomo è «privato della sua anima» e dunque «di una relazione personale con il Creatore», allora «ogni esperimento risulta accettabile, ogni politica demografica consentita, ogni manipolazione legittimata».
Benedetto XVI invita chi opera in campo sociale a «esercitare una vigilanza critica e, a volte, ricusare finanziamenti e collaborazioni che favoriscano azioni o progetti in contrasto con l’antropologia cristiana». La Chiesa è «colonna e sostegno della verità» e i pastori «hanno il dovere di mettere in guardia», conclude solenne: «Anche se questa deriva si traveste di buoni sentimenti all’insegna di un presunto progresso, o di presunti diritti, o di un presunto umanesimo».