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SAN PAOLO, COSTANTINO, E LA NASCITA DEL CATTOLICESIMO. La "donazione di Pietro", la "donazione di Costantino" e noi, oggi.

venerdì 29 marzo 2024
NASCITA DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. UNA NOTA *
(...) non equivochiamo! Qui non siamo sulla via di Damasco, nel senso e nella direzione di Paolo di Tarso, del Papa, e della Gerarchia Cattolico-Romana: “[... ] noi non siamo più sotto un pedagogo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo (...)

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> SAN PAOLO... La "donazione di Pietro"--- Il futuro della cristianità dipenderà da quanto Pietro vorrà tornare a essere fedele a Kefa (di Vito Mancuso - Tutto il potere nelle mani di un pescatore)..

mercoledì 6 febbraio 2013

Tutto il potere nelle mani di un pescatore

di Vito Mancuso (la Repubblica, 6 febbraio 2013)

Un paradosso incombe su Pietro, sia come personaggio storico sia come figura teologica. A livello storico il paradosso riguarda il fatto che egli è passato alla storia non con il suo nome effettivo (l’ebraico Shimeon, grecizzato nei Vangeli in Simone) ma con il soprannome datogli da Gesù che lo chiamava “roccia”, forse anche un po’ nel senso ironico di “testa dura” come si può dedurre da alcuni episodi evangelici. Ma Gesù parlava aramaico, quindi lo chiamava Kefa, così che è stato solo il greco degli evangelisti a fare di lui “Pietro”.

Abbiamo quindi che un uomo che si chiamava Shimeon è passato alla storia con la versione greca del suo soprannome aramaico. Quanto al personaggio effettivo, sappiamo dai Vangeli che era sposato (Gesù ne guarì la suocera), faceva il pescatore, rivestiva un ruolo speciale tra i discepoli, fu uno dei testimoni della risurrezione.

Dai testi emerge un carattere composito: focoso, perché aggredì con la spada un servo del sommo sacerdote tagliandogli l’orecchio; pavido, perché negò tre volte di conoscere Gesù; sincero, perché subito si vergognò di sé piangendo amaramente. Nell’insieme un emotivo, sanguigno, poco incline alle sfumature.

Dal libro degli Atti apprendiamo che aveva un ruolo di guida nella prima comunità e che non esercitava tale funzione con potere assoluto, perché altrimenti non si capirebbe il concilio tenutosi a Gerusalemme verso il 50 e l’aperta opposizione di Paolo verso di lui ad Antiochia.

Il Nuovo Testamento non fa menzione del suo viaggio a Roma, ma la tradizione parla del suo martirio sotto Nerone verso il 64 sul colle Vaticano, una testimonianza resa ancora più sicura dal fatto che nessun’altra chiesa ha mai rivendicato per sé di essere la sede del martirio di Pietro. Vi sono fondamenti storici per ritenere che la tomba nell’attuale basilica di San Pietro sia autentica, mentre molto meno certe sono le vicende legate al suo soggiorno romano, compresa la scena del Quo vadis? e la crocifissione a testa in giù.

Il paradosso di Pietro in quanto figura teologica consiste nel fatto che egli venne prescelto da Gesù quale fondamento su cui costruire la Chiesa (Matteo16,18: «Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa»), e però lungo la storia le più acute divisioni della Chiesa si ebbero proprio in ordine a Pietro e al suo potere.

Si pensi anzitutto a quelle avvenute nella Chiesa cattolica, per secoli spesso divisa tra papi e antipapi, fino a giungere al cosiddetto scisma di occidente (1378 1417) con ben tre papi regnanti contemporaneamente. Gli antipapi sono stati una quarantina, il primo dei quali, per accrescere il paradosso, è stato anche dichiarato santo (Sant’Ippolito).

Ma le divisioni più dolorose, perché tuttora persistenti, sono quelle che portarono alla lacerazione della cristianità: nel 1054 tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa, nel 1517 tra Chiesa cattolica e Chiese protestanti.

Ebbene, se si va a vedere il motivo principale di queste divisioni, si scopre che esso consiste nell’esercizio del potere papale, e il risultato non cambia se si va a vedere che cosa impedisce oggi la riunificazione delle Chiese, soprattutto tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Quindi quel Pietro che secondo Gesù doveva tenere unita la sua Chiesa, in realtà spesso l’ha divisa e la divide.

Una cosa infatti deve essere chiara: fino a quando il papa successore di Pietro godrà del potere assoluto di cui gode oggi, non vi sarà nessuna possibilità di riunificazione dei cristiani. Ha scritto il gesuita americano John McKenzie, celebre biblista: «Lo sviluppo del potere posseduto dalla Chiesa e da Pietro in una forma di tipo monarchico è estranea alla teologia biblica». Il futuro della cristianità dipenderà da quanto Pietro vorrà tornare a essere fedele a Kefa.


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