Inviare un messaggio

In risposta a:

MILANO. E’ MORTA FRANCA RAME. Aveva 84 anni: una vita per il teatro e l’impegno civile.

mercoledì 29 maggio 2013
E’ MORTA FRANCA RAME, AVEVA 84 ANNI
L’attrice e moglie di Dario Fo era malata da tempo
Il 19 aprile dello scorso anno aveva avuto un ictus *
Addio a Franca Rame. L’attrice, sposata con Dario Fo, era malata da tempo. È morta a Milano, nella sua casa in Porta Romana. L’allarme, mercoledì (...)

In risposta a:

> MILANO. E’ MORTA FRANCA RAME. -- Franca, incapace di rassegnarsi. il ricordo (Furio Colomdo) - Perché le sono grata (di Mariella Gramaglia).

giovedì 30 maggio 2013

il ricordo

Franca, incapace di rassegnarsi

di Furio Colombo (il Fatto, 30.05.2013)

Sedevamo insieme in Senato. Lei, Franca Rame, arrivava sempre in anticipo e sempre carica di nuovi materiali, domande, denunce, messaggi da ogni periferia, tutti di rivolta o di disperazione. Mi diceva che voleva cominciare adesso, quella mattina, in quell’aula. Io tentavo di dirle che “la dentiera implacabile” (così cercavo, anche con disegnini, di rappresentarle le due parti apparentemente contrapposte del Senato) non lo avrebbe permesso. Infatti il presidente Marini, con lungo sospiro, le dava la parola e poi con un lungo sospiro gliela toglieva, e passava “all’ordine dei lavori” come se Franca, invece che di pace e di guerra e di disabili abbandonati e di gruppi sempre più vasti di senza lavoro, avesse parlato della difficoltà dei parcheggi. Intorno a noi stavano senatori e senatrici che lavoravano quieti, ad altre cose, decisi a non disturbare.

DI FRONTE a noi la canea del gruppo di attacco detto “l’opposizione”. Ovvero il mondo, fascista o borghese o pregiudicato, di Berlusconi. Un continuo forte rumore di fondo che è cominciato subito ed è finito solo con la scena di mortadella e champagne consumati in aula il giorno della caduta di Prodi. Nel frattempo De Gregorio era stato acquistato, Ignazio Marino era stato rimosso da presidente della commissione Sanità perché si temeva che mandasse al voto il testamento biologico e il suo posto assegnato a una brava cattolica passata un po’ dopo al Pdl.

Quel che Franca aveva capito era che eravamo già alleati con la gente di Berlusconi, come lo sono Alfano e Letta adesso. Ma era come una sorta di matrimonio gay prima del riconoscimento legale: bisognava fingere. E non esagerare in esibizioni. Franca esagerava. Vedeva la corruzione e la denunciava. Le giungevano email sui Cie e sui pasti negati ai bambini rom nelle scuole e le leggeva in aula. Il laborioso governo Prodi non faceva caso a un sostegno così tenace. E anche i senatori che avevano fatto eleggere Franca volevano “fare politica” piuttosto che denunciare sempre e subito vita e avventure di quella (questa) squallida Italia.

FRANCA Rame non si è mai rassegnata, fino a dimettersi. Diceva che anche il nostro parlare e discutere e le nostre inutili strategie del mattino (liquidate prima di sera da cedimenti continui della nostra parte dell’aula) si potevano dire e fare soltanto fuori dal Senato.

Nessuno credeva che si sarebbe dimessa, ma lei lo ha fatto pur di non parlare a poltrone come vuote e porte imbottite. Mai qualcuno ha dato così tanto per un Senato, una politica, una sinistra che volevano così poco.


Perché le sono grata

Con quel monologo sullo stupro ha aiutato tutte le italiane

di Mariella Gramaglia (La Stampa, 30.05.2013)

Nei primi Anni 60, quando ero ragazzina, la ricordo recitare nel piccolo teatro fiocchi e gale della mia città d’Ivrea. Biondissima e tanto bella, non era una sirena, era già un pesce combattente. Sicuramente ci metteva strane idee per la testa. Anche se ridevamo così tanto alle commedie sue e di Dario Fo da non esserne del tutto sicure. Poi ci furono gli anni dell’odio e delle bombe. Lei non fu capace di separare e di distinguere e probabilmente sbagliò, come molti.

Ma è impossibile per le donne italiane (tutte) non esserle grate. Ancora giovane, in piena carriera, recitò in tv, in una trasmissione come Fantastico, condotta da Celentano, lo stupro di cui era stata vittima nel 1973. Era il 1988, in prima serata. In una trasmissione popolare. «Uno mi divaricava le gambe... i piedi sui miei... una punta di sigaretta sul seno sinistro... con una lametta mi tagliano tutti gli abiti... È terribile sentirsi godere nella pancia delle bestie».

Così per 14 minuti, mimando, gridando, recitando come se ripetesse in stato di ipnosi l’accaduto. Poi l’epilogo sconsolato, simile a quello di molte altre: «Mi sento male per le mille sputate che mi sono presa nel cervello... cammino... davanti a palazzo di Giustizia, penso alle domande, ai mezzi sorrisi... vado a casa. Li denuncerò domani».

Passano gli anni e «la lotta continua», come forse le sarebbe piaciuto dire. Ma fino a poco fa anche con lei. Nel 2006 viene eletta senatrice nel gruppo di Di Pietro: scopre cose strane e scandalose: i collaboratori dei parlamentari sfruttati, i soldati italiani di ritorno dai Balcani colpiti dall’uranio impoverito. Si sente impotente. Se ne va. Il Senato - dice - «è un frigorifero dei sentimenti». Ambiente inadatto a una rosa rossa.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: