Presentata dinanzi al capo dello Stato la nuova edizione nazionale delle opere gramsciane
Gramsci, tutti quei pensieri per sognare una riscossa
Tre idee dei «Quaderni». Dopo quella togliattiana e quella di Gerratana arriva la terza versione
Un lavoro monumentale il cuore del quale sono i «Quaderni del carcere», capolavoro scritto dietro le sbarre e che viene risistemato non più in ordine cronologico ma secondo il progetto teorico gramsciano.
di Bruno Gravagnuolo (l’Unità, 20.01.2011)
Fa uno strano effetto una cerimonia su Gramsci nei giorni in cui campeggiano gli scandali che investono l’esecutivo. E nel cuore del Palazzo della politica per eccellenza: Montecitorio. Abissi di anni luce, tra la dignità dell’eroico Gramsci e il vaudeville di Berlusconi. Tra il carcere e i pensieri del primo, e il cinepanettone di oggi. Eppure era proprio di Gramsci che si parlava ieri alla Sala della Lupa, alla presenza di Napolitano, Fini, Violante, Castagnetti e poi Bersani, con D’Alema, Livia Turco e tanti altri, studiosi, pubblico, politici. A sentire Giuliano Amato, Antonello Arru, Giuseppe Vacca e Gianni Francioni. Tema: la nuova edizione nazionale delle opere di Gramsci di cui nel 2007 sono usciti già due volumi, e di cui oggi esce un primo volume dell’epistolario (parte integrante delle Opere).
Evento non piccolo, che si inquadra nelle iniziative per i 90 anni del Pci nella storia d’Italia, a cura di Fondazione Gramsci e Cespe, e in quelle dei 150 anni dell’unità d’Italia (a nome delle quali ha parlato Amato, presidente del comitato ad hoc, nonchè vicepresidente dell’Enciclopedia italiana che edita oggi Gramsci). Intanto in via preliminare va spiegata la nuova Opera Nazionale, che sotto il patrocinio della Presidenza della Repubblica includerà qualcosa come 16 volumi. Solo di Epistolario se ne prevedono 9, altri quattro di scritti giornalistici dal 1910 al 1926, e poi il cuore teorico gramsciano: I Quaderni del Carcere, oggi esposti «dal vivo» in via straordinaria nella mostra sul Pci alla casa dell’Architettura di Roma (fino al 6 febbraio in Via Manfredo Fanti).
Prima novità, l’Opera che succede a quella Einaudi (ferma a 15 volumi) avrà dentro di sé a cura di Chiara Daniele tutta la corrispondenza che ruota attorno a Gramsci, in primis quella di Tatiana, Sraffa, Togliatti, la famiglia, i compagni. Il che consentirà di chiarire i nessi del «caso Gramsci», caso teorico e politico negli anni del fascismo e dello stalinismo. Poi i Quaderni. Includono anche gli esercizi di traduzione di Gramsci. E non sono più disposti in ordine cronologico, come nell’edizione Gerratana del 1975 (cioè Einaudi) che prese il posto di quella togliattiana e tematica tra il 1948 e il 1951.
Stavolta i Quaderni curati da Gianni Francioni (ve ne parlammo più volte negli anni addietro) saranno disposti con un criterio totalmente diverso: concettuale e logico. Cioè a dire, si smontano e rimontanto i 33 Quaderni, sulla base del progetto sotteso alla loro stesura, quello tracciato dallo stesso Gramsci. Che mentre suddivideva le sue note tra il 1928 e il 1934 in Quaderni «miscellanei, misti e speciali», al contempo rieleborava e pensava in avanti progetti di Opere (progetti però, tanto che Vacca ha ricordato che di scritti si tratta, più che di opere). Gramsci insomma pensava, rielaborava e progettava. Specie sul marxismo di Bucharin, su Croce e anti-Croce, su Machiavelli, sul Partito, sugli intellettuali nel’Italia municipale e cosmopolita, sull’America e il fordismo. Come prima sulla Quistione meridionale, precarceraria. E lo faceva in prigione, dovendo riconsegnare matite, libri e quaderni.
Di questo hanno parlato tutti in vario modo ieri, descrivendo il pensiero asistematico ma sistematizzante di un sardo che nella sua biografia, come nel suo meditare, svolge la particolarità (isolana) a consapevolezza globale: a pensiero-mondo. Ecco allora «l’egemonia», che è direzione pensata e guidata dei processi politici, categoria storiografica che indica le inter-dipendenze. E il rapporto dominanti-dominati. Nelle istituzioni, nelle forme simboliche, fin dentro le coscienze. Ecco ancora la «rivoluzione passiva»: trasformazione indotta dai processi mondiali esterni, come il Risorgimento a guida moderata. Ecco i concetti di blocco storico, alleanze, sovversivismo dall’alto (e «popolo delle scimmie») con cui Gramsci pensava il fascismo, e i «rimedi». Che sia tutto scritto lì? Non tutto, ma molto. Almeno per capire e per reagire.