Egregio dottor Galullo, Le scrivo in qualità di Funzionario del Corpo di Polizia Penitenziaria per sottoporre alla Sua attenzione alcune riflessioni e per, mi sia consentito, esprimere il mio personale risentimento per un articolo che accomuna in un’unica etichetta più di 44.000 uomini e donne, per un articolo che, mi si consenta un pò di retorica, accomuna nella stessa definizione di "ignoranti" ed "avvicinabili" anche i NOSTRI caduti in difesa della Giustizia e del Giuramento di fedeltà. Intendo evitare qualsiasi riferimento alle rispettive carriere accademiche, mi sembrerebbe infatti puorile cercare di convincere il mio interlocutore facendo riferimento a titoli legali di conoscenza che certo sono caso ben diversa dalle argomentazioni, mi limiterò a dire che il titolo richiesto per accedere alla carriera direttiva del Corpo è la laurea. Premesso quanto sopra, non posso nè voglio negare la presenza tra i ranghi del Corpo di soggetti più deboli, meno preparati o anche di alcuni soggetti che certo non possono essere additati a preclari esempi di poliziotti, e tuttavia trovo giusto segnalare alla Sua attenzione la presenza di una schiacciante maggioranza di Poliziotto Penitenziari che tengono fede ai loro doveri tra mille difficoltà, cercando comunque e sempre di migliorare il proprio bagaglio culturale e professionale. Quando nel Suo articolo ha inteso riferirsi ad una prossimità spaziale tra i nostri nuclei familiari e quelli di mafiosi e delinquenti comuni non credo abbia fatto nulla di più che evidenziare il già noto, siamo tutti siciliani, calabresi, pugliesi, campani, sardi, lomberdi, toscani, veneti etc. etc... Non credo che con ciò Lei abbia voluto dividere le Regioni in virtuose e meno virtuose, ritengo invece che abbia voluto solo sottolineare come fare il proprio dovere in alcune Regioni sia più pericoloso e difficile che in altre, proprio per questo sono ancor più encomiabili i Giuseppe, i Saverio, i Marco, Roberto, Salvatore, Ciro e le Maria, Rosalia, Serafina, Alessia etc. che giornalmente resistono a tutto e a tutti, spesso anche ad una Amministrazione miope e matrigna, per amore della divisa e per tener fede a quel giuramento, ormai non richiesto più a nessun altro dipendente pubblico ma preteso da chi indossa una divisa. Dott. Galullo, tra noi esistono certamente soggetti impreparati, mele marce e uomini e donne che preferiremmo non vedere vestiti con la nostra uniforme, eppure Le assicuro che il 99,99% del personale del Corpo è orgogliosamente e tenacemente vincolato ai propri doveri ed alla Giustizia che hanno assunto l’impegno di servire. Mi consenta due ultime notazioni: 1° come palermitano non posso non ricordare come due monumenti di virtù civiche, i giudici Paolo Borsellino e Giuseppe Falcone, lodati e ricordati in tutta la Nazione provenissero da uno dei quartieri a più densa infiltrazione delinquenziale della città. eppure sono divenuti ciò ce sono, dei simboi di onestà; 2° il qualità di Funzionario del Corpo, ancorchè di recente nomina, ed in qualità di Comandante dei Reparto ho condotto un’indagine, unitamente a colleghi di un’altra Forza di Polizia, a conclusione della quale ho arrestato, insieme ai miei uomini, tra li altri un operatore del Corpo corrotto, ciò a dimostrazione che il Corpo combatte con tutte le sue forze la corruzione e l’infiltrazione mafiosa, similirmente a quanto fatto in altre Amministrazioni.
In definitiva, La prego unicamente di essere più cauto nell’accomunare in un’unica definizione gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, etichettandoci tutti come soggetti deboli ed avvicinabili, senza peraltro tener conto dei sacrifici e dei rischi che giornalmente corriamo per fare il nostro dovere.
V.Comm. dott. Francesco Cerami