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EVANGELO, COSTITUZIONE, E REGIME AF-FARAONICO (ATEO E DEVOTO) DI "MAMMASANTISSIMA" ....

FUTURO, LIBERTA’, E LEGALITA’!!! IN ITALIA ORMAI GOVERNA IL MALAFFARE E L’INTIMIDAZIONE: REGIME DA COLPO DI STATO - DENUNCIA DEL CENTRO STUDI TEOLOGICI di MILANO

La Chiesa del Vaticano è diventata l’ombra di se stessa, priva di parola e di voce per denunziare alcunchè in un deserto desolante e generale della vita pubblica (...)
lunedì 2 agosto 2010 di Federico La Sala
[...] Il degrado universale, sia culturale che politico, cui è stato portato l’intero Paese nell’ultimo decennio è ormai sotto gli occhi di tutti!
Confidiamo e speriamo che l’uscita del Presidente della Camera Gianfranco Fini da questa triste compagine di governo, dopo mesi di estenuante battaglia per riportare in Italia un po’ di senso delle istituzioni e di democrazia europea, non sia vano ma porti frutti di legalità ed onestà di cui tutti abbiamo urgente bisogno.
Chi invece persevera (...)

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> FUTURO, LIBERTA’, E LEGALITA’!!! -- Dinanzi a un enigmatico disinteresse dei cittadini, si sta consumando uno scontro decisivo nel partito di maggioranza che dice di rappresentare il liberalismo italiano (di Gian Enrico Rusconi - Un test per il popolo del leader).

domenica 1 agosto 2010

Un test per il popolo del leader

di GIAN ENRICO RUSCONI (La Stamap, 1/8/2010)

Dinanzi a un enigmatico disinteresse dei cittadini, si sta consumando uno scontro decisivo nel partito di maggioranza che dice di rappresentare il liberalismo italiano. Dentro a quel Pdl che in modo enfatico ha monopolizzato il concetto e la (presunta) pratica liberale. Non a caso i due protagonisti dello scontro, Berlusconi e Fini, si rimproverano reciprocamente di non essere liberali. Ma nessuno dei due viene dal liberalismo politico storico. Quella che stanno rappresentando è una mutazione della politica, anzi della democrazia, italiana per la quale non si è ancora trovato il nome appropriato.

In questa circostanza i cittadini sono spettatori non partecipi. Tutto infatti si sta sviluppando freneticamente nel circuito politico-mediatico dominato dalla personalizzazione della vicenda. Il pubblico sta a guardare. Capisce la posta in gioco? Il messaggio trasmesso dai media dice semplicemente che Berlusconi «ha buttato fuori Fini dal Pdl» perché contestava la sua leadership.

Non importa sapere se e come si sia discusso nel merito delle posizioni finiane. Non si sono infatti sentite obiezioni o argomentazioni in merito alle controproposte finiane in tema di intercettazioni o sulla spinosa questione morale. Ciò che conta è che le tesi di Fini non coincidono con quelle di Berlusconi. Peggio: si tratta di tesi non sgradite all’opposizione. Questo spiega tutto.

O meglio questo spiega la reazione di Berlusconi. Il Cavaliere da anni è il dominatore della scena politica italiana dove con il suo intuito e con il suo potere mediatico ha inventato uno stile politico di governo che gode di un innegabile consenso popolare. Ha raccolto attorno a sé una nuova classe politica. Ha creato un sistema di valori e di comportamenti incarnato dalla sua persona e contrapposto al sistema delle istituzioni esistenti considerate «frenanti» se non «nemiche». In una parola, ha creato «il berlusconismo».

Contro di esso si è gradualmente profilato Gianfranco Fini. Si tratta di un politico che nel giro di un ventennio ha avuto una sorprendente evoluzione (o, se vogliamo, maturazione) che lo ha portato da nostrane posizioni nazional-fasciste a una prospettiva di destra europea liberale. Adesso coerentemente, in antagonismo al berlusconismo, sostiene il primato delle regole istituzionali. Non la loro strumentalità a favore degli obiettivi più o meno legittimi della maggioranza politica.

D’istinto Berlusconi ha capito - meglio e prima di tanti suoi sostenitori - che con questo atteggiamento Fini è diventato il suo vero «nemico». Gli è intollerabile, anzi incomprensibile la pretesa di Fini di continuare a essere suo «alleato» politico senza essergli «amico». Sembra una sottigliezza trascurabile (squisitamente liberale), invece è la chiave per capire il berlusconismo in questa fase cruciale. D’istinto Berlusconi divide il mondo tra «amici» e «nemici» senza bisogno di conoscere le teorie di Carl Schmitt che (guarda caso) è stato il più brillante e coerente anti-liberale del secolo passato.

Insisto a parlare di «berlusconismo» perché il Cavaliere conta, deve contare sull’adesione di una classe politica e giornalistica, di un intero complesso mediatico che nel conflitto in corso investe interamente il suo destino. Senza i suoi «amici» Berlusconi è perduto: ma vale anche il reciproco. La classe politica che costituisce la maggioranza parlamentare è perduta senza Berlusconi. Ma entrambi sono perduti senza il loro «popolo-degli-elettori».

Siamo tornati al punto di partenza: il pubblico dei cittadini cosa pensa in questo momento? Per avere informazioni ragionate, ponderate e ragionevolmente complete il cittadino dovrebbe dedicarsi alla lettura attenta di più giornali. Ovviamente è impossibile. Nel migliore dei casi ciascuno si tiene ben stretto il «suo» giornale contando che sia corretto e completo nelle informazioni e nelle valutazioni che offre. Ma la maggioranza degli italiani - purtroppo lo sappiamo - non fa neppure questo. Gli italiani non sono grandi lettori (salvo che per lo sport) e specialmente per la politica sembra che si affidino sostanzialmente alle comunicazioni televisive.

Questa «democrazia mediatica» non risponde affatto ai criteri della «democrazia informata» quale è richiesta da politologi e filosofi. Neppure quando prende la forma del dialogo apparente dei talk show e simili manifestazioni, dove non si cerca il dialogo o il confronto di idee ma l’occasione per ribadire pubblicamente le proprie posizioni. Non si è mai visto un politico o anche solo un giornalista farsi convincere e mutare opinione nel corso di un talk show.

Probabilmente molti berlusconiani avrebbero preferito che non si arrivasse al punto di rottura di queste ore. Ma la scelta del leader è ineccepibile: deve mettere alla prova il «suo popolo», il suo partito che non è uguale agli altri partiti. Il «partito del popolo» berlusconiano infatti ha sostanzialmente la funzione di mettergli a disposizione consenso e risorse. Deve offrire personale esecutivo, realizzatore, implementatore delle idee del leader. E’ per definizione unanime e compatto. In caso estremo deve essere scosso dall’apatia e ri-chiamato alle urne. Pensa già a questo Berlusconi? Sarebbe in sintonia con l’emergenza del momento.


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