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TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...

RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE (2005). Una "memoria" - di Federico La Sala.

(...) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
venerdì 13 giugno 2025
Secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno (Wikipedia)
IL SEGRETO DI ULISSE: "[...] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo [...]"
(Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
EUROPA. PER IL (...)

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> RIPENSARE L’EUROPA! --- PER LA PACE PERPETUA" (795). Kant e la "nostalgia di qualcosa di diverso, vale a dire di una speranza che smentisce e sbugiarda l’idea di un ordine globale fondato sulla guerra" (di Leonardo Ceppa)..

sabato 3 agosto 2024

PER LA PACE PERPETUA

di Leonardo Ceppa (Le parole e le cose, 2 Agosto 2024)

La società internazionale dei filosofi avrebbe voluto festeggiare a Königsberg i trecento anni della nascita di Kant. Sennonché quella città, a suo tempo strappata dagli Alleati ai nazisti, oggi si chiama Kaliningrad, ed è nelle mani di quel nuovo dittatore (Vladimir Putin) che, invadendo l’Ukraina, ha infranto due anni fa il diritto internazionale e riportato l’Apocalisse nel cuore dell’Europa. Così la società kantiana ha deciso di festeggiare il tricentenario riunendosi a Bonn nel prossimo settembre, cioè nella capitale provinciale della vecchia Repubblica federale tedesca.

Da parte sua, il cancelliere Olaf Scholz ha sottolineato l’attualità politica del saggio kantiano Per la pace perpetua (1795) in un notevole discorso del 23 aprile 2024 (si trova pubblicato nel Bulletin der Bundesregierung 37-4). Fondare politicamente la pace significa pensarla non come lo stato normale e naturale del diritto internazionale, bensì come una nuova situazione garantita dalla forza della democrazia. Dopo l’invasione della Ukraina e la guerra all’Occidente scatenata da Putin, Olaf Scholz parla di un punto di svolta (Zeitenwende) della politica mondiale: l’ordine internazionale dev’essere oggi difeso dalla forza militare, dal riarmo dell’esercito, dalle sanzioni economiche, dalla rinuncia alla collaborazione scientifica. Certo si deve, oggi come ieri, cercare la pace, ma non una pace a qualunque prezzo: a volte anche la guerra rientra nel prezzo con cui dobbiamo pagare la pace.

In questa prospettiva, la festa del tricentenario kantiano rischia di essere strumentalizzata dalla guerra in corso tra Est e Ovest, facendo rinascere la guerra fredda. A questo punto, un filosofo tedesco di 53 anni, Gunnar Hindrichs - docente a Basilea, già presidente della Società filosofica svizzera e vicepresidente della Associazione internazionale hegeliana - fa oggi uscire sull’ultimo numero di Merkur (luglio 2024, pp. 49-58) un saggio davvero fulminante che, ristabilendo il senso normativo della Pace perpetua kantiana, ne vieta qualsiasi lettura egoisticamente interessata.
-  Tra parentesi ricordiamo che qualcosa di analogo aveva fatto anche Habermas nei confronti della interpretazione teologico-apologetica di Kant avanzata da Rudolf Langthaler in due convegni internazionali su “Fede e sapere” tenuti a Vienna nel marzo 2004 e nel settembre 2005 (cioè nel bicentenario della morte di Kant. Sul punto cfr. Leonardo Ceppa, Habermas. Le radici religiose del moderno, Morcelliana 2017, pp. 73-87). Il discorso del cancelliere tedesco e una celebrazione banale del tricentenario kantiano rischiano oggi di leggere la Pace perpetua come la rifondazione di un diritto alla guerra in difesa dell’ordine democratico. Vorrei qui cercare di riassumere le tesi di Gunnar Hindrichs, in quanto mi paiono di grande interesse.

Nessuno più di Kant era consapevole del tono bombastico e ironico della sua impresa normativa. Infatti la pace di cui intendeva trattare non era quella degli armistizi occasionali, separanti nella storia un conflitto dall’altro, laddove la dimensione satirica era benissimo espressa “sull’insegna di un certo oste olandese sulla quale era dipinto un cimitero” (Per la pace perpetua, in Kant, Scritti di storia, politica e diritto, a cura di Filippo Gonnelli, Laterza 1995, p. 163).
-  Che il luogo della pace perpetua non dovesse ridursi alla metafora del camposanto fu la grande pretesa morale di tutto l’illuminismo, dall’Abbé de Saint-Pierre (1713) a Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). Solo quest’ultimo intuì che la pace perpetua non doveva essere vista come un problema privato di uomini, prìncipi e filosofi, bensì come il problema pubblico dei popoli. Gli uomini - quel “legno storto” di cui parla Kant nel saggio sulla Religione - trovano effettivamente pace solo da morti, i prìncipi sono sempre “smaniosi di guerra” (Kriegslüstern è la bellissima parola kantiana), i filosofi non fanno altro che sognarla come utopia.
-  Nessuno è più realista di Kant nel disegnare questa triplice clausola ironica della pace: caducità dell’uomo, egoismo dei prìncipi, utopismo dei filosofi. L’idea trascendente e normativa contro questa clausola si chiama in Kant Friedensbund: lega di pace, foedus pacis, cosmopolitismo repubblicano. E nel saggio di Gunnar Hinrichs ne troviamo una brillante ricostruzione sul piano del diritto, della filosofia-della-storia, della filosofia-della-religione. Cerchiamo di riassumere.

Sul piano giuridico vale la contrapposizione di stato di natura e stato di legalità (o legittimità). Uomini e stati - quando risultano semplicementi motivati da interessi, bisogni e desideri particolari - infrangono qualunque armistizio e si autoconservano con la guerra. Quando invece risultano motivati dallo spirito-delle-leggi (Geist von Gesetzen) escono dallo stato di natura ed entrano in quell’ordine civile di cui aveva parlato Hobbes. E statu naturali exeundum esse. Allora la pace interstatale che ne deriva, lungi dall’essere un temporaneo armistizio, diventa un ordine cosmopolitico. E la pace perpetua come fine della storia, lungi dall’essere un obiettivo transitorio, diventa il senso filosofico sotteso a questa uscita dallo stato di natura, dunque il senso giuridico dell’intera traiettoria e parabola storica della specie. -Qui s’innesta per Kant una filosofia-della-storia che non si presenta né come Wunschgedanke né come empirica Feststellung, cioè né come utopia idealistica né come empirica constatazione. Si ricordino qui due magniloquenti tesi dalla Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico (1784, in Scritti di storia politica e diritto, a cura di Filippo Gonnelli, cit. pp. 29-44). Tesi quinta: “Il massimo problema per il genere umano, alla cui soluzione la natura lo costringe, è il raggiungimento di una società civile che faccia valere universalmente il diritto” (p. 34, corsivo mio). Tesi ottava: “Si vede bene come qui anche la filosofia possa avere il proprio chiliasmo” - il proprio millenarismo, cioè l’attesa del regno di Cristo in terra - la cui attuazione, continua Kant, non ha più nulla di esaltato, come nella Apocalisse biblica, in quanto si limita a segnalare il possibile sviluppo di tutte le disposizioni dell’umanità. Il punto di vista dell’autoconservazione animale va inteso come l’accettazione di una finitezza umana che acquista il suo vero significato solo alla luce di un “Non ancora”, di un Noch nicht normativo.
-  Dal punto di vista di una filosofia-della-religione, infine, la pace perpetua indicherebbe il raddrizzamento del legno storto dell’umanità, cioè la speranza di un chiliasmo non utopistico, né semplicemente morale, bensì addirittura metafisico: vale a dire il rifiuto di arrendersi alla visione realistica di una autoconservazione meramente animale. “Lasciate ogni speranza - scrive qui Gunnar Hindrichs citando Dante in italiano - non è infatti l’insegna del mondo di Dio, bensì dell’inferno” (Merkur, cit., p. 55).

Dunque, conclude Gunnar Hindrichs, celebrare Kant non significa oggi esaltare la guerra come una difesa della pace democratica contro i despoti asiatico-orientali. Certo, la istituzionalizzazione normativa della pace perpetua può anche suonare come una tesi kantiana esaltata, stravagante, eccentrica (verstiegen). In tal caso lasciamo perdere Kant e volgiamoci alle filosofie che legittimano l’idea di pace come esito di una guerra infinita. Antonio Negri e Michael Hardt, per esempio, esaltano la lotta tra impero e moltitudine, mentre Fracis Fukuyama vede la pace perpetua come il destino di un liberalismo capitalistico globale. Anche Peter Sloterdijk e Olaf Scholz continuano a intendere la pace kantiana come quell’area - interna al capitalismo democratico - che si tratta di difendere contro barbari, mafie e stati canaglia. Ma questa è, secondo Hindrichs, una torsione ideologica dell’idea kantiana. Il concetto kantiano è invece la nostalgia di qualcosa di diverso, vale a dire di una speranza che smentisce e sbugiarda l’idea di un ordine globale fondato sulla guerra.


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