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TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...

RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE (2005). Una "memoria" - di Federico La Sala.

(...) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
venerdì 13 giugno 2025
Secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno (Wikipedia)
IL SEGRETO DI ULISSE: "[...] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo [...]"
(Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
EUROPA. PER IL (...)

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> RIPENSARE L’EUROPA!!! --- FILOLOGIA CRITICA E STORIOGRAFIA (7 DICEMBRE 2024): RICORDANDO "I PROMESSI SPOSI" (MANZONI 1827), UN OMAGGIO ALL’ «ANANKE» DI "NOTRE-DAME PARIS 1482" (V. HUGO, 1831) E ALLA "FORZA DEL DESTINO" (G. VERDI, 1862).

domenica 8 dicembre 2024

FILOLOGIA CRITICA E STORIOGRAFIA EUROPEA. 7 DICEMBRE 2024: L’ «ANANKE» DI "NOTRE-DAME PARIS 1482" (VICTOR HUGO, 1831) E "LA FORZA DEL DESTINO" (GIUSEPPE #VERDI, 1862).

UN OMAGGIO A #PARIGI (A "NOTRE-DAME") E A #MILANO (A "LA SCALA"): #7DICEMBRE2024.

      • Una nota in memoria di Victor Hugo e di Giuseppe Verdi...

Una #citazione dall’opera di #VictorHugo: "[...] Jean lo perse di vista dietro l’enorme schienale. Per qualche minuto vide solo il suo pugno convulsamente contratto su un libro. Ad un tratto si alzò, prese un compasso, e silenziosamente incise sulla parete a lettere maiuscole questa parola greca:

«ANANKE»

«Mio fratello è pazzo», disse Jean fra sé; «sarebbe stato assai più semplice scrivere "#Fatum". Non sono tutti tenuti a conoscere il greco».

L’arcidiacono andò a sedersi sulla poltrona e posò il capo sulle mani, come fa un malato con la fronte pesante e febbricitante.

Lo studente osservava suo fratello con sorpresa. [...] Lo studente rialzò risolutamente lo sguardo. «Monsignor fratello, vi piacerebbe che vi spiegassi in buon francese quella parola greca che è scritta là sul muro?».

«Quale parola?»

«’𝛢𝛮𝛢𝛤𝛫𝛨» [«ANANKE»]

Un leggero rossore venne a diffondersi sui gialli pomelli dell’arcidiacono, come lo sbuffo di fumo che preannuncia all’esterno i segreti scotimenti di un vulcano. Lo scolaro lo notò appena.

«Ebbene, Jean», balbettò il fratello maggiore sforzandosi, «cosa vuol dire questa parola?».

«#FATALITÀ».

Don Claude si fece di nuovo pallido, e lo studente continuò con noncuranza: «E quella parola che sta sotto, incisa dalla stessa mano, «Ἀναγνέια», significa #impurità. Vedete che conosco il greco?».

L’arcidiacono rimaneva silenzioso. Quella lezione di greco l’aveva reso pensieroso. [...]" (V. #Hugo, "Notre-Dame de Paris 1482", L.VII, cap. IV).

NOTE:

      • STORIA E LETTERATURA NELL’EUROPA DELL’OTTOCENTO: "UN UOMO E UNA DONNA SOLI NON PENSERANNO CERTO DI RECITARE IL PATER NOSTER". UNA CONCEZIONE DELL’AMORE, SECONDO LA LOGICA TRAGICA DI "ANANKE" (V. HUGO, "NOTRE-DAME DE PARIS 1482", 1831), RIPENSANDO ALLO "SCOMMETTIAMO" DEI "PROMESSI SPOSI" (A. MANZONI, 1827) E ALLA "FORZA DEL DESTINO" (1862) DI GIUSEPPE VERDI.

      • STATO E CHIESA: "COME UN PRETE E UN FILOSOFO NON SIANO LA STESSA COSA". Un "invito alla lettura di "Notre-Dame de Paris 1842" (una "citazione" dal capitolo II del Libro VII):

"[...] Don Claude ascoltava in silenzio. All’improvviso il suo occhio infossato assunse un’espressione astuta e penetrante a tal punto che Gringoire si sentì, per così dire, frugato fino nel fondo dell’anima da quello sguardo.
-  «Benissimo, mastro Pierre, ma per quale motivo siete ora in compagnia di quella ballerina d’Egitto?».
-  «In fede mia», disse Gringoire, «il fatto è che ella è mia moglie ed io sono suo marito».
-  L’occhio tenebroso del prete si infiammò.
-  «Avresti fatto questo, miserabile?», gridò afferrando con furore il braccio di Gringoire; «saresti stato a tal punto abbandonato da Dio da mettere le mani su quella fanciulla?».
-  «Sulla mia parte di paradiso, monsignore», rispose Gringoire tremando in tutte le sue membra, «vi giuro che non l’ho mai toccata, se è questo che vi preoccupa».
-  «E allora, perché parli di marito e moglie?», disse il prete.
-  Gringoire si affrettò a raccontargli il più succintamente possibile tutto quello che il lettore sa già, la sua avventura della Corte dei Miracoli e il suo matrimonio con la brocca rotta. Sembrava del resto che questo matrimonio non avesse avuto ancora alcun esito, e che ogni sera la zingara gli rifiutasse la sua notte di nozze come il primo giorno.
-  «È una delusione», disse concludendo, «ma ciò deriva dal fatto che ho avuto la sventura di sposare una vergine».
-  «Che volete dire?», domandò l’arcidiacono che si era andato gradatamente calmando a quel racconto. [...]

[...] nella sua anima e nella sua coscienza il filosofo non era molto sicuro di essere perdutamente innamorato della zingara. Amava quasi altrettanto la capra. Era un animale incantevole, dolce, intelligente, arguto, una capra sapiente. Niente di più comune nel Medio Evo di questi animali sapienti che suscitavano grande meraviglia e che frequentemente conducevano al rogo i loro istruttori. Comunque le stregonerie della capra dalle zampe dorate erano malizie molto innocenti. Gringoire le spiegò all’arcidiacono, che sembrava vivamente interessato a questi dettagli. Nella maggior parte dei casi, era sufficiente presentare alla capra il tamburello in un modo o in un altro per ottenere da lei il gioco che si desiderava. Era stata addestrata a far ciò dalla zingara, che aveva per queste finezze un talento così raro che le erano bastati due mesi per insegnare alla capra a scrivere con delle lettere mobili la parola Phoebus.
-  «Phoebus?», disse il prete. «Perché Phoebus?».
-  «Non lo so», rispose Gringoire. «Forse è una parola che ella crede dotata di qualche virtù magica e segreta. La ripete spesso a mezza voce quando si crede sola».
-  «Siete sicuro», riprese Claude con il suo sguardo penetrante, «che è soltanto una parola e non un nome?».
-  «Nome di chi?» disse il poeta.
-  «Che ne so?», disse il prete.
-  «Ecco quello che immagino, messere. Questi zingari sono un po’ Ghebri e adorano il sole. Da ciò Phoebus».
-  «Non mi sembra chiaro come a voi, mastro Pierre».
-  «Del resto non mi importa. Che borbotti il suo Phoebus quanto le piace. Di sicuro c’è che Djali mi ama già quasi quanto ama lei». [...]

«Chi è questa Djali?».
-  «È la capra».
-  L’arcidiacono posò il mento sulla mano e sembrò per un momento pensieroso.
-  Tutto ad un tratto si rivolse bruscamente verso Gringoire:
-  «E tu mi giuri che non l’hai toccata?».
-  «Chi?», disse Gringoire, «la capra?».
-  «No, questa donna».
-  «Mia moglie! Vi giuro di no».
-  «E tu sei spesso solo con lei?».
-  «Tutte le sere, per un’ora buona».
-  Don Claude aggrottò le sopracciglia.

      • «Oh! oh! solus cum sola non cogitabuntur orare Pater noster».
      • «Sulla mia anima, potrei dire il Pater, l’Ave Maria e il Credo in Deum patrem onnipotentem senza che ella facesse più attenzione a me che non una gallina ad una chiesa».
      • «Giurami sul ventre di tua madre», ripeté l’arcidiacono con violenza, «che non hai sfiorato questa creatura nemmeno con la punta di un dito».
      • «Lo giurerei anche sulla testa di mio padre, poiché le due cose hanno più di un rapporto. Ma, mio reverendo maestro, permettetemi a mia volta una domanda».
      • «Parlate, signore».
      • «Che ve ne importa?».

-  Il pallido volto dell’arcidiacono divenne rosso come la guancia di una fanciulla. Restò un momento senza rispondere, poi con visibile imbarazzo:
-  «Ascoltate, mastro Pierre Gringoire. Non siete ancora dannato, che io sappia. Mi interesso a voi e vi voglio bene. Ora il minimo contatto con questa egiziana del demonio vi renderebbe vassallo di satana. Sapete che è sempre il corpo che perde l’anima. Guai a voi se vi avvicinate a quella donna. Ecco tutto».
-  «Ho tentato una volta», disse Gringoire grattandosi l’orecchio. «Era il primo giorno, ma mi ci sono punto».
-  «Avete avuto questa sfrontatezza, mastro Pierre?».
-  E la fronte del prete si rabbuiò.
-  «Un’altra volta», continuò il poeta sorridendo, «prima di coricarmi ho guardato attraverso il buco della sua serratura, e ho visto la più deliziosa dama in camicia che abbia mai fatto cigolare le cinghie di un letto sotto il suo piede nudo».
-  «Vattene al diavolo!», gridò il prete con uno sguardo terribile e, spingendo per le spalle Gringoire tutto stupito, sprofondò a grandi passi sotto le più oscure arcate della cattedrale. "(Victor Hugo - Notre Dame de Paris).

Federico La Sala


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