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ITALIA

REALTA’ E DIGNITA’: IL GIORNALISMO DELLA MALDICENZA E LA COSTITUZIONE. Un intervento di Giuseppe D’Avanzo

martedì 11 luglio 2006 di Federico La Sala
[...] Il buon giornalismo sa che i fatti non sono mai al sicuro nelle mani del potere e se ne fa custode nell’interesse dell’opinione pubblica e anche nell’interesse della politica perché senza fatti la politica annienta se stessa. È per proteggere se stessa che la democrazia prevede nel suo ordinamento costituzionale alcuni «rifugi della verità» garantiti - le università, le magistrature - e difende dai governi la libertà di stampa senza la quale, in un mondo che cambia, «non sapremmo mai (...)

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> REALTA’ E DIGNITA’: GIORNALISMO E COSTITUZIONE, Un intervento di Giuseppe D’Avanzo

mercoledì 12 luglio 2006

La politica della maldicenza di GIUSEPPE D’AVANZO *

QUALCHE fatto certo, innanzitutto. Ne abbiamo bisogno come di aria fresca. Il Sismi di Nicolò Pollari ha violato la legge istitutiva del 1977 dei servizi segreti che vieta all’intelligence di ingaggiare giornalisti. L’ingaggio di Renato Farina, vicedirettore di "Libero" da parte del Sismi di Pollari, non è contestato. Lo ammette Farina. Non lo nega Pollari. Secondo un’indagine in corso della Procura di Milano il Sismi, che pagava Farina, controllava nei movimenti, e forse intercettava, alcuni giornalisti di "Repubblica".

Sono due questioni che, come ha scritto Ezio Mauro, interpellano la qualità della nostra democrazia e impongono di sapere quanti altri giornalisti e quante altre testate sono state illegalmente controllate (non importa come) in questi anni. A fronte di due fatti accertati e di una domanda, le risposte che il governo ha ritenuto di dare sono inafferrabili.

Il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, come capitava anche al sottosegretario alla Difesa del precedente governo Berlusconi, ha ricevuto una notula dal Sismi e si è limitato a leggerla in Parlamento. La domanda era: il Sismi ha intercettato giornalisti? La risposta del governo è: il Sismi ci dice che non ha intercettato giornalisti.

Non si riesce a cavarsi neanche la curiosità di capire quale fazione del Sismi nega al governo i passi abusivi. Si sa, per ammissione di Renato Farina, che il direttore Nicolò Pollari è contro Marco Mancini, direttore del controspionaggio. Che l’uno e l’altro dispongono di "cordate" all’interno di un Servizio dove, per confessione di Farina, il lavoro di alcuni agenti è ormai fuori controllo.

Chi ha dunque smentito al governo la circostanza dei pedinamenti e delle intercettazioni abusive? I "pollariani"? I "manciniani"? O, se esiste, un terzo partito, una quarta fazione? Non si sa. Non sembra comunque che il governo avverta la responsabilità o il dovere di tagliare con nettezza questo nodo che sta avvelenando il dibattito pubblico.

Non avverte la responsabilità istituzionale di rassicurare la stampa nella sua libertà e nella sua autonomia. Preferisce nascondersi dietro la foglia di fico dell’inchiesta giudiziaria in corso senza avvertire che, prima dell’accertamento delle responsabilità penali, è il governo che deve vigilare e dar conto di routine e obiettivi che, in questi anni, si è dato il Sismi di Pollari.

Sono stati tutti coerenti con la sua missione istituzionale? Anche la violazione accertata della legge che vieta al Servizio di tenere a stipendio giornalisti appare a un governo, palesemente intimidito o impacciato, un peccato veniale, forse nemmeno un peccatuccio, soltanto un trascurabile niente.

Le confuse mosse del governo si sovrappongono alla grave denuncia del ministro dell’Interno. Giuliano Amato, in Parlamento, ha svelato l’esistenza di un sistema, favorito da "contratti di fatto" (vuol dire, pare di capire, che qualcuno paga qualcun altro) tra giornalisti e pubblici ufficiali in possesso dei brogliacci delle intercettazioni telefoniche. Per farla breve, una liason prezzolata tra procure e giornali.

"Alcuni giornalisti - ha detto Giuliano Amato - sarebbero in possesso di una password per entrare negli archivi giudiziari nel momento in cui un atto viene consegnato ai difensori". E’ una denuncia che inquieta. Va presa molto sul serio. Si sa che la fonte del ministro è una sola, è un giornalista. Lo conferma il ministro a "Repubblica". Deve essere influentissimo e soprattutto così attendibile da persuaderlo a sollevare il caso in Parlamento, prima di ogni accertamento.

E’ evidente che quel giornalista ha offerto al ministro una notizia di reato. "Repubblica" non ha mai avuto dubbi che Giuliano Amato si rivolgesse alla magistratura chiedendo che faccia quel che deve per eliminare quelle pericolose muffe. "Repubblica" sosterrà per quanto è nelle sue forze e nei suoi doveri l’iniziativa del ministro. I pubblici ufficiali infedeli che nelle procure d’Italia offrono ai cronisti addirittura le password degli archivi di indagine devono essere individuati, allontanati, severamente puniti.

Con qualche ritardo, si è appreso che questa notizia di reato era contenuta anche in un appunto che il ministro ha rintracciato soltanto in serata, dandone poi comunicato alla stampa. L’affare, a questo punto, si fa controverso. Qual è la fonte del ministro? Il giornalista o l’appunto di polizia? E se c’era un appunto del prefetto di Potenza perché il ministro ha ritenuto di indicare in un giornalista la sua unica fonte? Se all’origine della denuncia c’è la nota del prefetto, a quando risale l’informazione e quali indagini preliminari ha disposto Amato prima di recarsi in Parlamento?

Non dubitiamo che, nelle prossime ore, il ministro voglia fare chiarezza. Una luce migliore sulle cose sgombrerebbe il campo anche da qualche avventurosa coincidenza che soltanto per malignità (i maligni non mancano mai) potrebbe coinvolgere il ministro, magari soltanto per sprovveduta leggerezza.

Accade infatti che un giornalista sia pagato dai Servizi segreti che lo ingaggiano illegalmente. Accade che Giuliano Ferrara, con la consueta radicale provocazione, proponga ai suoi lettori un’equivalenza tra il Sismi e le procure; tra Farina e i cronisti giudiziari. Fin qui, tutto è prevedibile. Tutto addirittura secondo partitura. Un piccolo e influente giornale d’opinione che non sa che farsene dei "fatti", per esplicito programma, suona con il suo strumento la musica che conosce.

Meno comprensibile è che il sasso lanciato da Ferrara venga raccolto dal "Corriere della Sera" di Paolo Mieli che, grande giornale d’informazione, dovrebbe dar conto di qualche fatto documentato, reale, attendibile, verificabile per spiegare ai lettori che ancora lo leggono con fiducia che cosa accade e perché.

Al contrario, con un ghirigoro retorico e obliquo, in un vuoto di eventi, episodi e realtà, anche Paolo Mieli propone al suo lettore la stessa equazione di Ferrara: Sismi uguale procure uguale polizia; Farina, giornalista prezzolato, uguale cronisti prezzolati da polizia e procure. In questo non edificante e soprattutto posticcio contesto di verità rovesciate, appare prevedibilissimo Francesco Cossiga. Il presidente emerito della Repubblica riprende il venticello calunnioso del "Corriere della Sera" di Mieli e lo trasforma in interpellanza parlamentare: "Il capo della Polizia paga i giornalisti?".

Nessuno può pensare, né lo pensa "Repubblica" che, alzando il dito contro una connection illegale e prezzolata tra procure e giornalisti, Giuliano Amato voglia aver voluto alimentare il mulino della maldicenza con le indiscrezioni sussurrate da un giornalista influentissimo. Sappiamo che nelle prossime ore, il ministro dell’Interno, al di là dell’appunto di polizia recuperato a tarda sera e soltanto ora trasmesso al ministero di Giustizia, vorrà mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria tutte le informazioni in suo possesso (compreso il nome dell’influentissimo giornalista) per eliminare un connubio inquinante tra stampa e procure della Repubblica. (12 luglio 2006)


*

La repubblica, 12.07.2006


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