Mafie da esportazione
Saviano: la camorra dilaga in Spagna
di Gian Antonio Orighi (La Stampa,13/11/2006)
MADRID. «Una delle ragioni per cui mi sono deciso a parlare con El País è che la Spagna è stata invasa dai soldi della camorra e non capisco perchè non si presti più attenzione al fenomeno». Non potrebbe essere più esplicito Roberto Saviano, 27 anni, autore del bestseller «Gomorra», protetto e sotto scorta dopo essere stato minacciato dalla criminalità organizzata napoletana, nello spiegare perchè abbia concesso l’intervista fiume (tre pagine) al quotidiano madrileno.
Di dichiarazioni ad alzo zero lo scrittore ne ha in serbo anche sull’Italia. Dice amaro: «Non riscriverei più Gomorra. Non per le minacce, ma per tutto ciò che si è portato dietro: il comportamento degli editori e di molte persone. Solidarietà è solo una parola». Il grido d’allarme di Saviano mette il dito sulla piaga di una realtà su cui si parla poco in Spagna, anche se gli arresti di esponenti di spicco della camorra sono incessanti: 130 dal ‘98, l’ultimo, Carmine Rispoli, capo del clan Di Lauro, in luglio. «Può darsi che i magistrati e gli specialisti siano preoccupati ma non sembra che esista, tra i politici, la coscienza del fatto che la camorra partecipa allo sviluppo economico spagnolo - afferma Saviano - negli Anni ‘80 è stata molto attiva, il clan dei Casalesi ha investito nella Costa del Sol (ribattezzata non a caso Costa nostra per l’alta affluenza dei criminali italiani, soprattutto a Marbella) e in Andalusia».
La Spagna, in realtà, è terra di conquista anche di mafia e n’drangheta da una vita, come testimoniano gli arresti dei boss Badalamenti e Cuntrera (Cosa nostra) e del calabrese Panuzzi. Non solo per la lingua simile e la vicinanza ma soprattutto perchè fino al 2000 non consegnava all’Italia i criminali condannati in contumacia. E poi la Spagna è la pipeline della cocaina dal Sud America Latina e dell’haschish dal Nord Africa. Ma Saviano si dedica solo al Sistema - così chiama la camorra - e spiega: «Ci fu un accordo tra due clan in guerra, quello di Bardellino e i Casalesi, col risultato che l’Andalusia passò ai bardelliniani». La piovra vesuviana si estende dal controllo del narcotraffico a Barcellona agli investimenti in immobili, turismo e persino discoteche, denuncia il Rushdie napoletano. Giuseppe D’amico, condannato per appartenenza alla camorra e proprietario di music-bar, è stato freddato vicino ad Almeria in settembre. Saviano critica la magistratura spagnola: «L’intervento dei giudici potrebbe essere determinante nell’ostacolare la crescita economica dei clan. Tutti sanno che la cocaina arriva in aereo a Madrid e, soprattutto da Madrid e Barcellona, i napoletani ne controllano l’entrata in Italia. I soldi della "neve" si lavano comprando immobili in loco». Non a caso il Paese vive da anni un boom edilizio.
Lo scrittore assicura che, per ora, i clan partenopei non hanno una struttura militare nel Paese, e che l’unico che ci ha provato, fallendo, è stato il boss Giuseppe Quadrano alla fine degli Anni ‘90. Però prevede: «Per il momento la camorra investe e fa da intermediaria, ma credo che potrebbero arrivare a un controllo militare del territorio. Parte di Tenerife (isola delle africane Canarie) è stata costruita con i soldi dei Nuvoletta».
Saviano dà infine la sua (strampalata) versione sul perchè i camorristi scelgano la Spagna: «I cartelli partenopei la vedono come i rifugiati politici vedevano la Francia. Mitterrand accolse Khomeini, le Br e i guerriglieri palestinesi: tutti potevano rifugiarsi a condizione che mantessero la pace dentro il territorio francese. Allo stesso modo i boss della camorra ritengono di poter star bene in Spagna: continuano nelle loro attività ma rinunciano, entro certi limiti, alla violenza. Soldi sì, ma senza proiettili». Zapatero come Mitterrand? Gli arresti di camorristi dimostrano il contrario. Peccato che Saviano non risalti di più (come dimostra l’arricchimento della Galizia, ribattezzata la Sicilia spagnola per l’infiltrazione sociale dei suoi narcos) che anche qui - mafia, camorra o n’drangheta che sia - «pecunia non olet». I soldi si prendono da qualunque parte arrivino.