Inviare un messaggio

In risposta a:
Economia-politica

Rapporto sui salari nel triennio 2002-2005: una politica fiscale che ha premiato i più ricchi e penalizzato i più svantaggiati

mercoledì 19 luglio 2006 di Federico La Sala
Salari a picco: 1600 euro in meno in tre anni*
Quasi 1600 euro di stipendio in meno in tre anni. Una cifra non da poco per un lavoratore dipendente con uno stipendio medio di circa 24mila euro lordi all’anno (2mila euro lordi al mese). Soprattutto calcolato che, dei 1600 euro, mille se ne sono "andati" semplicemente per la perdita secca di potere d’acquisto accumulata in quattro anni di governo di centrodestra e 565 euro per la mancata restituzione del fiscal drag.
A fare i conti in tasca (...)

In risposta a:

> Rapporto sui salari nel triennio 2002-2005: una politica fiscale che ha premiato i più ricchi e penalizzato i più svantaggiati

mercoledì 19 luglio 2006

Nel rapporto sui salari dal 2002 al 2005 una mappa dei nuovi poveri Indagine della Caritas: tra i ragazzi indigenti molti diplomati e laureati

Povertà, 16 milioni a rischio ed è allarme tra i giovani *

ROMA - La povertà colpisce sempre di più le famiglie italiane e in particolare le generazioni più giovani che vivono un nuovo disagio, quello di "voler stare dentro la società dei consumi ma senza averne i mezzi". E’ questo il dato che emerge dal rapporto Ires-Cgil "I salari dal 2002 al 2005". A rischio di impoverimento in Italia sono 16,5 milioni di cittadini e se si considera la soglia dei 1000 euro netti al mese: secondo i dati della Banca d’Italia, sono circa 6,5 milioni i lavoratori che ne guadagnano di meno e circa 10 milioni i pensionati che percepiscono una pensione che raggiunge al massimo gli 800 euro netti al mese. Ma le persone a rischio salgono a 20 milioni se si considera anche la fascia di lavoratori con un reddito inferiore alla soglia appena più alta di 1.350 euro netti mensili.

E riguardo alla situazione dei nuclei familiari il rapporto parla chiaro: negli ultimi anni si sono moltiplicate in maniera esponenziale le famiglie che, per arrivare a fine mese, sono costrette a rivolgersi alla rete di supporto sociale esterno, come ad esempio la Caritas. Ed è proprio quest’ultima ad andare a fondo del problema, con un’indagine che riguarda le nuove generazioni di poveri, diplomati e laureati con uno stipendio minimo o addirittura in attesa di un primo impiego: i più fortunati, ossia quelli con un lavoro, pur essendo qualificati percepiscono uno stipendio di circa 18 mila euro annue, con un contratto al di sotto dellle loro necessità.

Dal 2002, secondo il dossier, si è registrato uno sbilanciamento delle risorse in favore dei ceti medio-alti: i redditi dei capofamiglia operaio o impiegato si assesta intorno alle 1.434 euro mensili, in netta contrapposizione rispetto a quello degli imprenditori o dei liberi professionisti che arriva a 9.053 euro. Se nel 2000 il reddito delle famiglie di operai era circa la metà di quello delle famiglie con a capo un imprenditore, nel 2005 tale distanza si è amplificata: in Italia, il reddito netto di una famiglia con un imprenditore o un libero professionista come persona di riferimento. risulta quasi 3 volte superiore al reddito di una famiglia con capofamiglia operaio.

La situazione è grave anche per quanto riguarda le nuove generazioni. Una valida testimonianza arriva dalla ricerca "Extreme - sperimentazione di percorsi per soggetti in condizioni di disagio estremo", promossa dalla Caritas e che ha tra i suoi partner Cna e Cisl, con un occhio di riguardo rivolto ai giovani. L’indagine è stata condotta tra settembre e ottobre del 2005, su un campione di 193 persone, che volontariamente si sono rivolte ai centri Caritas. Cinque le realtà prese in esame: Iglesias, Terni, Arezzo, Torino e Cassino.

Ne emerge un quadro allarmante. Tra le persone con meno di 40 anni che hanno chiesto aiuto, la metà sono stranieri, ma soprattutto il 5% ha una laurea e quasi il 50% la licenza media. Spesso hanno competenze e abilità che non corrispondono ai lavori che svolgono, ma loro non lo sanno.

Il 52,8% che si rivolge alla Caritas è donna e ha dichiarato di essere disoccupato da 32 mesi, per gli uomini la media scende a 22. E’ per questo che i ricercatori parlano di "una tendenza alla femminilizzazione della povertà e all’esclusione sociale sempre più marcata di fasce di popolazione in piena età produttiva", nonostante le donne abbiano un livello di scolarizzazione mediamente superiore a quello degli uomini.

Chi sono i laureati che si rivolgono ai centri di ascolto Caritas? In prevalenza immigrati. Immigrati ai quali, pur se formalmente viene riconosciuto l’alto titolo di studi, di fatto non si dà loro la possibiltà di farlo fruttare. In questo 5% ci sono però anche Italiani, soprattutto al centro-sud. Italiani con marcati problemi di marginalità sociale e che non reggono la competizione del mondo del lavoro. (19 luglio 2006)


*

www.repubblica.it. 19.07.2006.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: