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CRISTO-FORO COLOMBO, L’UOMO CHE SCOPRI’ ... L’EUROPA AGLI ’AMERICANI’ !!! Dagli archivi nuovi documenti sul grande navigatore

giovedì 12 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] Consuelo Varela, una storica di Siviglia, che ha avuto la possibilità di studiare i manoscritti, questi sono i più importanti documenti sulla vita di Colombo apparsi nell’ultimo secolo. Da questo studio intenso, Varela ha scritto un libro, «La Caida de Cristobal Colon» (La caduta di Cristoforo Colombo), nel quale sono raccontate le torture inflitte dal genovese ai suoi sottoposti durante i primi anni in cui Colombo fu governatore dell’odierna Repubblica Domenicana [...]
Un nuovo (...)

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sabato 14 luglio 2007

Un processo per Cristoforo Colombo

-  Romanzi e saggi sull’ammiraglio genovese e sulla storia delle prime esplorazioni americane.
-  Che, confermano i nuovi studi, furono segnate da grandi atrocità

di Marina Montesano *

Il 2006 ha coinciso con il cinquecentenario della morte di Cristoforo Colombo, e come era prevedibile l’anniversario ha risvegliato un nuovo interesse intorno al personaggio e ai temi delle esplorazioni e della colonizzazione del Nuovo Mondo.

Già negli ultimi due decenni Colombo era divenuto un simbolo polemico per molte battaglie: negli Stati Uniti, per esempio, il Columbus Day - per tradizione il giorno dell’orgoglio italo-americano - è stato a lungo contestato dai nativi americani che, sul modello di quanto avveniva anche in America Latina con i movimenti indigenisti, hanno fatto di Colombo un emblema dell’oppressione delle minoranze indigene. È in sostanza uno scontro fra minoranze dal momento che a sua volta l’America wasp ha sempre guardato con sospetto Colombo - italiano, cattolico, finanziato dalla corona castigliana - preferendogli ipotetici «primi colonizzatori» provenienti dalla Scandinavia: a partire dall’800 molte cittadine, persino nel remoto Midwest, hanno eretto statue a biondi «scopritori», e sono stati pubblicati libri densi di rivelazioni sull’occultamento da parte della Chiesa di Roma delle vere origini vichinghe degli Usa. Una storia che l’America bianca e anglosassone ha abbandonato a gran fatica soltanto durante il secolo scorso.

E le polemiche su Colombo, sia pure di segno diverso, non sono mancate anche in questo quinto centenario. Né sono mancate le sorprese, come il recente romanzo di José Rodrigues Dos Santos Il codice 632 (Vertigo, traduzione di Valentina Nardi, pp. 549, euro 18,50) che l’autore, sulla falsariga del Codice da Vinci, assicura essere stato scritto partendo da fonti certe. Attraverso le ricerche del protagonista, esperto di lingue antiche e criptografie, l’autore rivela che Cristoforo Colombo non sarebbe un italiano (teoria non nuova), bensì un ebreo cabalista portoghese, costretto a nascondere la propria identità, le cui vicende si intrecciano con quelle dei Templari sopravvissuti in Portogallo alla soppressione dell’Ordine e decisi (ovviamente) a partire alla ricerca del Santo Graal. Sono voci che circolavano da tempo, e che Dos Santos assembla per il suo romanzo, cui cerca di conferire una patina di verosimiglianza attraverso lo sfoggio di prove documentarie. E se nel caso di Dan Brown si trattava di falsi conclamati, qui una base concreta esiste, sebbene la lettura delle fonti sia molto parziale, e Graal e Templari riconducano al più sfruttato fra i luoghi comuni letterari di questi anni.

Eppure la Storia sarebbe colma di misteri da indagare, se solo vi fosse maggiore interesse a uscire dagli stereotipi. Il cinquecentenario, infatti, ha visto una scoperta di notevole importanza. Nel settembre 1500 Francisco de Bobadilla, amministratore per conto della corona, venne inviato a Hispaniola per indagare intorno alla condotta di Colombo, su cui pesavano gravi accuse. La sentenza lo privò dei titoli di viceré e governatore e l’Ammiraglio finì imbarcato in catene alla volta della Spagna. Gli atti del procedimento giudiziario si credevano perduti nel naufragio che coinvolse nel 1502 la flotta di Bobadilla, anche se una lettera del celebre domenicano spagnolo Bartolomeo de las Casas ne aveva reso nota l’esistenza.

Di recente, però, Isabel Aguirre, archivista presso l’Archivio della Corona di Castiglia di Simancas, ha ritrovato il documento, studiato poi dalla medievista Consuelo Varela. I risultati sono apparsi in un libro, per il momento pubblicato solo in Spagna (Isabel Aguirre e Consuelo Varela, La caída de Cristóbal Colón. El juicio de Bobadilla, Marcial Pons, 2006). Tuttavia, nel corso di un convegno organizzato lo scorso anno a Genova da Gabriella Airaldi, Varela ha avuto modo di esporre anche in Italia i risultati della ricerca, da cui emerge un quadro dell’azione di Colombo in parte già noto, ma che trova comunque adesso l’avallo delle fonti.

Nel corso del processo i testimoni concordi muovono tre pesanti accuse ai danni di Colombo e dei suoi due fratelli: aver mancato di fedeltà nei confronti della corona; aver impedito il battesimo degli indios, apparentemente per mancanza di una loro sufficiente istruzione religiosa, in realtà per poterli mantenere in schiavitù; aver angariato con torture e condanne a morte ingiustificate tanto i castigliani quanto gli indios.

Naturalmente, le carte del processo, come tutti i documenti, vanno interpretate alla luce del contesto; le condizioni di vita in questi primi insediamenti dovevano essere estremamente difficili, e non è da escludere che vi fosse un interesse dei funzionari della corona a osteggiare Colombo per ragioni politiche.

E tuttavia le accuse sono troppo circostanziate e concordi per poter essere liquidate con superficialità. E questo non ha mancato di suscitare salutari polemiche, dal momento che l’allora vescovo di Genova monsignor Bertone aveva aperto il convegno parlando della sua idea di chiedere un processo di beatificazione per l’Ammiraglio genovese.

Gli atti del convegno sono diventati rapidamente disponibili grazie all’impegno di editori e curatori (Genova Europa Mondo. Cristoforo Colombo cinque secoli dopo, a cura di Massimiliano Macconi, Fratelli Frilli Editori, 2006). Un impegno che non si ferma a questa pubblicazione, ma che nella medesima collana ha visto uscire adesso altre due opere dedicate alla storia colombiana e delle esplorazioni.

La stessa Gabriella Airaldi in Dall’Eurasia al Nuovo Mondo. Una storia italiana (secc. XI-XVI), inquadra il ruolo della civiltà mediterranea quale elemento di propulsione verso l’età delle esplorazioni, volte prima verso l’Asia, poi al Nuovo Mondo; è interessante come il modello proto-capitalistico dei genovesi, organizzato intorno ad alcune grandi famiglie, possa aiutare a comprendere meglio proprio la vicenda di Colombo e il legame - fino alle estreme conseguenze - con i fratelli nella gestione del potere a Hispaniola, quale emerge dai documenti processuali. Da parte sua Luca Codignola, in Colombo e altri navigatori, riflette sull’importanza di utilizzare correttamente gli strumenti esegetici per l’analisi delle fonti: per esempio il controverso giornale di bordo della prima navigazione di Colombo, documento autentico ma che ci è giunto attraverso numerose manipolazioni, tipiche di molta letteratura di viaggio: non solo per via di fonti incerte, ma anche perché i tentativi di ricostruzioni obiettive si scontrano con i punti di vista - parziali e sfuggenti - dei protagonisti.

* il manifesto, 13.07.2007


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