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Libano

GUERRA: IL DODICESIMO GIORNO. Il nuovo Medio Oriente: truppe israeliane a Maroun Al-Ras

Gli occhi del mondo sono ora puntati sull’iniziativa diplomatica Usa ....
domenica 23 luglio 2006 di Federico La Sala
Bombardamenti sulla regione di Baalbeck
Dodicesimo giorno di guerra
(www.lastampa.it, 23.o7.2006)
BEIRUT. Si è aperto ieri con un’incursione israeliana via terra nel Sud del Libano l’undicesimo giorno di guerra in Medio Oriente. Truppe dello Stato ebraico sono penetrate oltre frontiera occupando il villaggio libanese di Maroun Al-Ras dopo aver bombardato e martellato la zona con tiri di artiglieria durante l’intera notte. I razzi che hanno colpito le città israeliane di Nazareth e (...)

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sabato 29 luglio 2006

Il permesso del mondo

di MAURIZIO MATTEUZZI *

Con humor tutto inglese il Guardian di ieri apriva così una pagina sulla crisi in Medio Oriente e la conferenza di Roma: "A favore del cessate-il-fuoco immediato: Onu, Francia, Germania, Italia, Spagna, Grecia,Giordania, Russia, Arabia saudita, Egitto, Canada e Cipro. Contro: Stati uniti eGran Bretagna. Risultato: no immediate ceasefire".

Il messaggio è stato immediatamente recepito in Israele. "Nella conferenza di Roma abbiamo ricevuto il permesso dal mondo di continuare le operazioni", ha detto, secondo la Bbc, il ministro della giustizia israeliano Haim Ramon. Il ministro degli esteri tedesco Steinmeier si è provato a ribattere il "grossolanomalinteso". Nessun malinteso, hanno capito benissimo il senso di quello che è emerso mercoledì a Roma. Eieri mattina il governo israeliano di Olmert ha deciso conseguentemente "di continuare l’offensiva con la stessa strategia... e per tutto il tempo necessario". Gli arabi sospetti di al-Jazeera e gli israeliani non sospetti di Haaretz lo confermano: Israele potrà portare avanti a tempo indefinito le sue operazioni di pulizia ("cleanse") del Libano meridionale fino al fiume Litani (perché lì "tutti quelli che ci sono, sono terroristi legati agli hezbollah", parola del ministro Ramon), i suoi bombardamenti a tappeto sul resto del Libano (dove le vittime sono già più di 600, tutte civili) e, naturalmente, aGaza (finora 170 morti). Senza dimenticare la ventina di vittime civili nell’Alta Galilea.

Così è stato recepito in Israele ma non solo l’appello "alla massima moderazione " arrivato da Roma. Probabilmente il "grossolano malinteso" è del ministro Steinmeier invece che del ministro Ramon. Lui è cosciente che la panzana del "tutto il mondo sa che una vittoria di Hezbollah significherebbe una vittoria del terrorismo internazionale" è ridicola, ma è quello che il mondo, almeno la sua parte "civile " e quel faro di civiltà che sono gli Stati uniti di Bush, vuol sentirsi dire. Il segretario di Stato americano Condi Rice potrà continuare a esibire il suo sorriso da tarantola perché è lei a condurre l’irresponsabile danza di morte (per il Libano, la Palestina e anche Israele) fantasticando di "un Nuovo Medio Oriente" (dopo il nuovo Iraq, il nuovo Afghanistan), in Israele potranno continuare a giocare al lacrimoso ruolo delle vittime aggredite dal terrorismo internazionale (Iran e Siria) anziché quello dei pervicaci aggressori, in Italia tutta la batteria dei giornali amici potrà continuare la sua crociata in difesa del piccolo paese democratico minacciato di estinzione dai barbari (indecente il Corriere della sera, salvo qualche voce isolatissima).

Sarebbe ingiusto, nonostante il lento ritiro dall’Iraq e la permanenza in Afghanistan, affermare che la politica estera di Prodi-D’Alema sia uguale a quella di Berlusconi-Fini. Una qualche discontinuità c’è e il vertice di Roma è stato un successo d’immagine. Ma per il momento solo d’immagine e il rischio, in mancanza di qualche risultato (strappo?), è che al Berlusconi- zerbino di Bush si sostituisca il D’Alema-ruota di scorta. Domenica D’Alema andrà in Israele e avrà bisogno di forza e auguri. Perché dovrà partire da una considerazione ovvia ma difficile: che l’Hezbollah libanese e l’Hamas palestinese, brutti e cattivi che siano, sono l’effetto e non la causa del disastro che sta ancora una volta sconquassando il Medio Oriente.

* il manifesto, 28.07.2006


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