Nozze gay legali in tutti gli Stati americani
La sentenza della Corte suprema apre la strada all’approvazione dei matrimoni nell’intero Paese
Un’altra vittoria della Casa Bianca dopo il via libera all’Obamacare: “Ora siamo un’unione migliore”
di Paolo Mastrolilli (La Stampa, 27.06.2015)
Tree Sequoia, 76 anni, era dietro al bancone dello Stonewall Inn di Manhattan, quando il 28 giugno 1969 la polizia assaltò il suo bar perché era un ritrovo di gay: «Tutto è cominciato qui, con quell’atto di violenza. Lo scontro, le nostre proteste, la nascita del movimento per i diritti degli omosessuali. Abbiamo lottato duramente per arrivare dove siamo oggi. Quindi è giusto celebrare qui il riconoscimento della nostra dignità, per noi e per le generazioni future».
Allora persino vestirsi da donna era un reato, mentre da ieri i matrimoni gay sono legali in tutti gli Stati Uniti. Lo ha deciso la Corte Suprema, con una sentenza storica che cambia la società americana. Come era già accaduto per l’aborto nel 1973, caso Roe vs. Wade, anche sulle unioni omosessuali sono stati i giudici a dover dire l’ultima parola.
Ancora vietate in 14 Stati
I matrimoni fra persone dello stesso sesso erano già legali in 36 Stati americani e nel District of Columbia, ma altri 14 continuavano a vietarli e non riconoscerli, soprattutto al sud. Alcune coppie di Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee hanno fatto causa contro il divieto, e la Corte Suprema ha deciso di ascoltarla. Leader dell’iniziativa Jim Obergefell, un agente immobiliare di Cincinnati diventato attivista dei diritti gay, dopo che era stato costretto a sposare il suo compagno John, morente di Asl, sul tarmac dell’aeroporto Marshall di Baltimora-Washington, perché a casa sua in Ohio non poteva.
Ieri la Corte ha emesso la propria sentenza, con 5 giudici favorevoli e 4 contrari. Il voto decisivo è stato quello di Anthony Kennedy, un conservatore nominato dai repubblicani, che però in questo caso si è unito ai 4 colleghi liberal. Spiegando la sua posizione, Kennedy ha scritto che non era più possibile «condannare gli omosessuali a vivere in solitudine, esclusi da una delle istituzioni più antiche della nostra civiltà. Chiedono di avere dignità uguale agli altri davanti alla legge. La Costituzione garantisce loro questo diritto». I 4 giudici conservatori hanno pubblicato quattro risposte diverse, in cui sostengono che decidere la questione dei matrimoni gay non toccava a loro, ma ai politici. Quindi è la democrazia stessa a soffrire, per il meccanismo con cui si è arrivati alla legalizzazione.
Il presidente festeggia
Il presidente Obama all’inizio della sua carriera era scettico sui matrimoni gay, al punto che il vice Biden lo aveva scavalcato e imbarazzato, anticipando che la Casa Bianca li avrebbe appoggiati. Ieri però ha celebrato la sentenza parlando nel Rose Garden della residenza presidenziale: «Gli Stati Uniti sono basati sull’uguaglianza fra i loro cittadini. Grazie a questa decisione, oggi siamo una unione migliore». Poi ha chiamato Obergefell per fargli i complimenti in diretta tv: «Sei stato un esempio per tutti. La tua leadership ha cambiato il Paese».
Secondo i dati della Ucla, negli Stati Uniti ci sono circa 390.000 coppie gay sposate, nei 36 Stati che finora lo consentivano. Le loro unioni però non erano riconosciute negli Stati che le vietavano, e molte migliaia di persone non potevano sposarsi. Alcuni ancora resistono, come il Mississippi, dove il governatore ha definito la sentenza «un’usurpazione dei nostri poteri». Ma ora, ha risposto Obama, «gli omosessuali non sono più cittadini di seconda classe. L’America deve essere orgogliosa di questo passo storico».