Inviare un messaggio

In risposta a:
Poesia della settimana

I ragazzi che si amano - di Jacques Prévert

venerdì 11 agosto 2006 di Vincenzo Tiano
I ragazzi che si amano
I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell’abbagliante splendore del loro primo (...)

In risposta a:

> I ragazzi che si amano --- Sottrarre i diritti fondamentali alle «vicissitudini della politica». La famiglia mummificata. Tutti gli alibi che inquinano le unioni civili

giovedì 21 gennaio 2016

La famiglia mummificata

di Massimo Villone (il manifesto, 20.01.2016)

I bambini in difficoltà si nascondono dietro mamma e papà. I governi dietro i presidenti della Repubblica e i giudici di costituzionalità. Accade per le unioni civili. Una maggioranza malmessa è in affanno. È in difficoltà lo stesso premier, che più volte ha certificato il problema come risolto. Evidentemente scambiando l’assertività dei tweet con i risultati. Partono allora in soccorso commentatori autorevoli e autorevolissimi. Uguali sì, ma non troppo, simili, certo, ma senza esagerare. 2Meno male che almeno il Quirinale non conferma i dubbi del Presidente sul ddl Cirinnà. Ne siamo lieti, anche se la domanda rimane su chi, come e perché abbia messo in giro quelle voci, e se il Quirinale ne fosse consapevole.

La politica, alla fine, non vive solo di dichiarazioni. E qui impatta su una sentenza della Corte costituzionale (138/2010). Ho già scritto su queste pagine che la Corte non rese un buon servizio a sé stessa e alla Carta fondamentale. La Corte lesse la nozione di matrimonio ex art 29 Cost. alla luce del codice civile del 1942. Un testo, dunque, anteriore alla stessa Costituzione, e una interpretazione storica che calava sul tessuto normativo della Carta una ingessatura fatale.

Per l’interprete è buona regola dare alle Costituzioni - testi fatti per durare - una lettura evolutiva, per adattare la norma alla mutevolezza dei tempi. Se non avesse fatto così la stessa Corte costituzionale, nel nostro paese avremmo ancora una diversa sanzione per l’adulterio dell’uomo e quello della donna (sent. 64/1961 e 126/1968). E se non avesse fatto così il legislatore (l. 442/1981) potremmo ancora avere il delitto d’onore, per cui qualcuno certo troverebbe un fondamento costituzionale.

Altri giudici di costituzionalità hanno saputo dare al tema delle coppie omosessuali una lettura molto più aperta, e vicina al sentire di oggi. Basta leggere le sentenze della Corte Suprema degli Stati uniti, ed in specie l’ultima e fondamentale (Obergefell v. Hodges, 26 giugno 2015) per cogliere una ben diversa ampiezza di orizzonti. Eppure, quel paese ha avuto esperienza anche di leggi fortemente repressive. Le ha superate, con una lettura della Costituzione in chiave egualitaria, costruita sui diritti fondamentali di ogni persona.

Oggi in Italia ci si appiglia a una sentenza del giudice di costituzionalità per dissimulare un problema politico. È un errore. La stessa Corte costituzionale ha anche affermato che due persone del medesimo sesso hanno il diritto di formare una coppia, nella prospettiva di una stabile comunione di vita e di affetti. A questo punto che si chiami matrimonio o meno non ha importanza. Perché nell’ambito di quella coppia i diritti delle persone che la compongono non possono essere definiti dalla qualificazione giuridica della coppia. Sono diritti delle persone che ne fanno parte, a partire dalla filiazione. Non si deve misurare una distanza dal matrimonio che ne renda visibile la differenza. Si deve invece considerare quali siano i diritti inviolabili dei componenti della coppia come formazione sociale ai sensi dell’art. 2 della Costituzione.

Il punto focale non è dunque sulla qualificazione formale della coppia, ma sui diritti delle persone che la compongono. La prima non può limitare o negare i secondi. È assurdo e polveroso il dibattito in corso, dalla stepchild adoption all’affido più o meno rafforzato. Esprime tutta l’ipocrisia di un cattolicesimo provinciale che crede di difendere la famiglia attraverso la sua definizione giuridica. La famiglia si difende - e tutti vogliamo difenderla - garantendo la qualità della vita di chi ne fa parte. -Sono forti le famiglie dove i giovani possono permettersi di sposarsi, mettere su casa, avere un lavoro, una decente assistenza sanitaria, una buona scuola per i figli, una assistenza dignitosa per gli anziani. Sono deboli le famiglie dove degrado, povertà, fame sono ostacoli insuperabili.

E dunque Renzi mostri gli attributi, se li ha. Non lasci il problema in mano a qualcun altro, come usa fare con le questioni difficili. Se no, vorremmo presentare al ddl Cirinnà un emendamento sull’orfanezza (secondo il dizionario, condizione di chi è orfano). Una normetta volta a consentire agli italiani di dichiararsi orfani: del governo Renzi.


La polemica

Tutti gli alibi che inquinano le unioni civili

Si sta discutendo di dignità e identità delle persone Non tutto è negoziabile

di Stefano Rodotà (la Repubblica, 20.01.2016)

LA discussione sulle unioni civili avrebbe bisogno di limpidezza e di rispetto reciproco, invece d’essere posseduta da convenienze politiche, forzature ideologiche, intolleranze religiose. Di fronte a noi è una grande questione di eguaglianza, di rispetto delle persone e dei loro diritti fondamentali, che non merita d’essere sbrigativamente declassata, perché altre urgenze premono. I diritti, dovremmo ormai averlo appreso, sono indivisibili, e quelli civili non sono un lusso, perché riguardano libertà e dignità di ognuno.

Bisogna liberarsi dai continui depistaggi. La maternità surrogata, vietata fin dal 2004, viene evocata per opporsi all’adozione dei figli del partner, penalizzando proprio quei bambini che si dice di voler tutelare e tornando così a quella penalizzazione dei figli nati fuori dal matrimonio eliminata dalla civile riforma del diritto di famiglia del 1975. E si dovrebbe ricordare che la Costituzione parla della famiglia come società “naturale” non per evitare qualsiasi accostamento alle unioni tra persone dello stesso sesso.

MA PER impedire interferenze da parte dello Stato in «una delle formazioni sociali alle quali la persona umana dà liberamente vita », come disse Aldo Moro all’Assemblea costituente. Altrimenti ricompare la stigmatizzazione dell’omosessualità, degli atti “contro natura”.

L’impegno significativo del presidente del Consiglio per arrivare ad una disciplina delle unioni civili rispettosa di quello che la Corte costituzionale ha definito come un diritto fondamentale a vivere liberamente la condizione di coppia si è via via impigliato nel prevalere delle preoccupazioni legate alla tenuta della maggioranza. Il riconoscimento effettivo di diritti fondamentali viene così subordinato ad una esigenza propriamente politica che sta svuotando la portata della nuova legge.

E non si può dire che si cerchi di procedere con la cautela necessaria, data la delicatezza dell’argomento, perché la cautela si è trasformata nel progressivo abbandono di una linea rigorosa, nel gioco delle concessioni verbali che tuttavia inquinano il senso della legge in punti significativi.

È indispensabile riprendere una strada coerente con il fatto che si sta discutendo di dignità e identità delle persone, dunque di una materia dove non tutto è negoziabile.

Il legislatore sta oscillando tra concessioni improprie e irrigidimenti ingiustificati. Una assai discutibile e discussa sentenza del 2010 della Corte costituzionale viene eretta a baluardo inespugnabile, che non consentirebbe neppure di adempiere a quel dovere positivo di riconoscimento pieno dei diritti delle coppie tra persone dello stesso sesso imposto all’Italia da una sentenza di condanna del 2015 della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Per sfuggire a questa responsabilità, più si va avanti più si delinea una situazione in cui il legislatore sta costruendo una sua gradita impotenza. Non posso intervenire perché avrei bisogno di una legge costituzionale. Non posso intervenire perché devo ancora considerare il codice civile come un riferimento ineludibile. Non posso muovermi nel nuovo contesto costruito dai principi e dalle regole europee. Non posso intervenire perché l’opportunità politica variamente mascherata me lo preclude. Nessuno di questi argomenti regge.

Nel 2013 la Corte di Cassazione ha detto esplicitamente che le scelte in questa materia sono affidate al legislatore ordinario. Ricostruire il principio di riferimento nel fatto che il codice civile parla ancora di diversità di sesso nel matrimonio è un errore di grammatica giuridica perché si dimentica che la Costituzione si pone in una posizione gerarchicamente superiore al codice civile e bisogna interpretare la Costituzione partendo dal principio di eguaglianza.

Proprio la forza di questo principio ha determinato un radicale cambiamento del sistema istituzionale europeo. La Carta dei diritti fondamentali ha cancellato il requisito della diversità di sesso sia per il matrimonio, sia per ogni altra forma di costituzione della famiglia, e ha ribadito con forza che non sono ammesse discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale. Se si guarda più a fondo nel nostro sistema, neppure l’accesso al matrimonio egualitario sarebbe precluso al legislatore ordinario.

In questo nuovo mondo, che pure le appartiene e nel quale ha liberamente deciso di stare, l’Italia è recalcitrante ad entrare. E così conferma un ritardo culturale, che in altri tempi aveva vittoriosamente sconfitto, anche in occasioni difficili come quelle dell’approvazione delle leggi sul divorzio e dell’aborto, senza restare prigioniera delle preoccupazioni della Chiesa, che oggi tornano in maniera inquietante e inattesa.

Di nuovo lo sguardo si fa ristretto, la riflessione culturale si rattrappisce e non si riesce a dare il giusto rilievo al fatto, sottolineato con forza dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ormai la maggioranza dei Paesi del Consiglio d’Europa riconosce le unioni civili e che aumentano continuamente gli Stati dov’è riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso - Francia, Spagna, Portogallo, Stati Uniti, Danimarca, Inghilterra, Irlanda, Svezia, Norvegia, Svizzera, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica. Strada che questi Paesi non percorrono con avventatezza, ma riflettendo con serietà, e che dovrebbero essere un riferimento per sfuggire alla superficialità con la quale troppo spesso in Italia si affrontano questioni serie come quelle riguardanti le adozioni coparentali ( stepchild adoption). Tema, questo, che trascura del tutto le dinamiche degli affetti, la genitorialità come costruzione sociale e che, a giudicare da alcuni improvvidi emendamenti al disegno di legge in discussione al Senato, rischia di lasciare bambine e bambini in un avvilente limbo, che di nuovo nega dignità ed eguaglianza.

Ancora e sempre l’eguaglianza, che la Corte costituzionale non ha adeguatamente considerato in quella sentenza del 2010, la cui interpretazione dovrebbe essere seriamente riconsiderata a partire dal nuovo contesto istituzionale europeo. Perché no? Ricordiamo che, con una violazione clamorosa del principio di eguaglianza, nel 1961 la Corte costituzionale dichiarò legittima la discriminazione tra moglie e marito in materia di adulterio. La Corte sui ravvide nel 1968, mostrando che l’eguaglianza e la vita non possono essere consegnate alla fissità di una decisione.

Un legislatore, che sta costruendo la sua impotenza, dovrebbe piuttosto riflettere sulla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che, nel 2015, ha ammesso il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ferma restando la legittima manifestazione di ogni opinione, i giudici americani hanno affermato il loro dovere di sottrarre i diritti fondamentali alle «vicissitudini della politica».


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: