Il cardinale Karl Lehmann interviene sulle recenti rivelazioni dello scrittore tedesco sul passato nazista: «Sorpresa e turbamento»
Grass, troppo tardi
«Le buone opportunità per parlare prima non sono mancate. E perché quelle invettive contro Adenauer e Strauss?»
di Karl Lehmann (Avvenire, 30.08.2006)
La confessione di Günter Grass, di essere stato all’età di 17 anni membro delle Waffen SS, è stata motivo di sorpresa e anche di turbamento. Per il coraggio dimostrato nel rivelare questa verità, molti - soprattutto tra i suoi colleghi scrittori - gli hanno espresso rispetto e riconoscimento. Ma molti hanno anche biasimato l’ammissione troppo tardiva.
Non si tratta qui di condannare moralmente o di screditare dal punto di vista umano un grande scrittore tedesco, uno dei pochi premi Nobel del nostro Paese. Tuttavia bisogna riconoscere che questa confessione è arrivata veramente con grande ritardo. Non è difficile comprenderne il motivo. Quando con il titolo «Sbucciando le cipolle» usciranno le sue memorie - tutto il resto al momento non è, alla fin fine, che pubblicità - per Grass, 78 anni a settembre, non si tratterà solo di una semplice questione di onestà, ma forse anche di una delle ultime occasioni per rivelare la cosa. Grass ha dichiarato di aver sempre considerato il fatto come una macchia sulla sua coscienza e che per questo non era mai riuscito a parlarne. «Doveva venir fuori» è la motivazione che ha dato. Il cristiano accoglierà con benevolenza anche una confessione piuttosto in ritardo. Per tutto l’arco della nostra vita ci è dato tempo - tempo donato - per riconoscere i nostri errori. Non è difficile essere indulgenti verso un giovane allora diciassettenne venutosi a trovare in quelle circostanze (1944). Certe affermazioni di Günter Grass fanno pensare che abbia sempre avuto presente questo suo coinvolgimento, per esempio quando nel 1966 in un discorso davanti al parlamento bavarese a Monaco ebbe a dire: «Da esperienze del mio passato e dall’inclinazione dei giovani in questo paese verso mire assolute ed autodistruttive...».
E tuttavia resta ancora qualcosa con cui fare i conti. Le buone opportunità non erano mancate. Quando in Germania nell’aprile del 1985 divampò la discussione intorno alla visita al cimitero militare di Bitburg - dove erano sepolti membri delle Waffen SS - da parte dell’allora cancelliere Helmuth Kohl e del presidente americano Ronald Reagan, quella, come ha detto Michael Wolffsohn (professore di Storia moderna presso l’Università della Bundeswehr di Monaco), sarebbe stata un’occasione d’oro per una confessione. Ma trovo ancor più grave che in questi giorni non si faccia quasi cenno alle invettive che Günter Grass lanciò nel corso degli anni contro Konrad Adenauer, Ludwig Ehrardt e Franz Josef Strauss. E di quando alla fine del 1966, con una lettera aperta, attaccò violentemente Kurt Georg Kiesinger, opponendosi alla sua elezione a cancelliere per la sua appartenenza al partito nazionalsocialista.
Può darsi che Günter Grass vi accenni nelle sue memorie, delle quali finora conosciamo solo pochi frammenti. Non è troppo tardi. Il cristiano pensa poi alla Sacra Scrittura: «Chi è senza peccato, scagli la prima pietra» (Giov. 8,7). Se da un lato non è opportuno stilare oggi in gran fretta certificati d’innocenza o assumere toni compiacenti, non è nemmeno bene godere delle disgrazie di un grande scrittore. Di fronte a un’ammissione di colpa tardiva ognuno è chiamato alla cautela nell’emettere giudizi, in particolare se lui stesso ha qualcosa da nascondere: «Non giudicate, e non sarete giudicati» (Matteo 7,1). In tal senso una confessione come questa non arriva troppo tardi. In una simile prospettiva resta ancora tempo per trovare un’adeguata espressione di scuse, per quella che, con un termine solo apparentemente fuori moda, si chiama «riparazione».
(traduzione di Diego Vanzi)