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La costruzione del ’presepe’ cattolico-romano .... e la ’risata’ di Giuseppe!!!

MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA"!!! Benedetto XVI ha ricordato la conversione di Francesco: «l’ex play boy convertito dalla voce di Dio»... ma ha "dimenticato" la denuncia sul "ritardo dei lavori", fatta da Pirandello già a Benedetto XV. Che disastro!!!

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA - NON GIOCASTA!!!
giovedì 4 ottobre 2012 di Federico La Sala

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> MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. ---- Proclamare un valore o testimoniarlo. La differenza è sempre stata enorme (di Luca Nannipieri - San Francesco, l’incompreso)

venerdì 27 aprile 2012

San Francesco, l’incompreso

di Luca Nannipieri (Europa, 26 aprile 2012)

Gesù di Nazareth non è stato capito nel suo aspetto eversivo nemmeno dai suoi primi seguaci. Secondo l’antropologa Ida Magli, infatti, «è l’unico che ha tentato un’opera impossibile: cambiare totalmente, capovolgere la cultura in cui è nato, affrontandola nel suo focus, nel suo centro, distruggendone le strutture portanti, negandone tutti i valori essenziali. In base alle teorie antropologiche è impossibile che un individuo, appartenente ad un determinato modello culturale, che vi sia nato, ne parli la lingua, ne abbia assorbito i significati, i valori, i costumi fin dalla nascita, possa uscirne, possa vivere negandone del tutto i contenuti. Gesù invece ne è uscito» (Gesù di Nazareth, Bur Rizzoli).

Cristo è una figura insuperata perché la radicalità dei suoi gesti non è mai stata seguita pienamente neppure dai suoi primi fedeli, ma solo attenuata, circoscritta, limitata. Duemila anni di cristianesimo sono anche duemila anni di tradimento del suo messaggio. La stessa sorte è accaduta a Francesco d’Assisi.

Ne riflette in modo mirabile il filosofo Massimo Cacciari nel libro Doppio ritratto, San Francesco in Dante e Giotto (Adelphi). Secondo Cacciari, Francesco ha testimoniato con la sua vita un modo di concepire il rapporto con il mondo, fin allora impensato se non da Cristo e mai più seguito dopo di lui. Con Francesco il povero non è più «la figura di chi assolutamente nulla possedendo sta alla mercé di tutti rannicchiato nell’angolo. (...) Povero non è il bisognoso, colui che manca-di, ma, all’opposto, il perfetto, colui che perfettamente imita il Figlio».

Prima di Francesco la povertà sembrava soltanto sacrificio e rinuncia, mentre con lui, «attraverso l’esperienza della povertà» l’uomo rinasce, «ricco di un nuovo sguardo sul reale». Francesco non fa come gli stoici o i sapienti che invitano a disprezzare i beni terreni per la loro vanità. La povertà in lui è una scelta «che nulla invidia, nulla vuole a disposizione. Povero è colui che tutto “ha” come fratello e sorella, e cioè senza avere». «Soltanto il Povero è veramente potente» perché la sua comunione con le cose è «libera dalla catena del possedere e del dipendere».

Questa rivoluzione di pensiero rimane però in-audita, inascoltata, al punto che soltanto «nella solitudine, in mezzo agli animali, egli la predica». Per Cacciari questa novità è stata incompresa sia dai suoi confratelli che da Giotto e da Dante.

Giotto, negli affreschi della basilica superiore di Assisi, rappresenta Francesco come una figura pacificata, in armonia con il suo Ordine, con la Chiesa e la società, mentre invece il santo è stato da vivo un’anima in lotta, ha diviso gruppi e persone, è rimasto deluso dal suo stesso Ordine, spesso lacerato al suo interno. E Dante, nel Paradiso, tradisce la forza di Francesco perché non sente la portata inaudita della sua povertà. Il libro di Cacciari si ferma al santo d’Assisi e ai due sommi artisti, ma sono chiari i possibili rimandi al nostro tempo.

Matteo Renzi si è detto colpito da Nelson Mandela, ma cosa accadrebbe a Firenze se Renzi avesse la stessa radicalità di visione che ha dimostrato Mandela? Walter Veltroni si ispirava spesso a Martin Luther King, ma cosa sarebbe accaduto al Pd se Veltroni avesse seguito concretamente la stessa sovversiva novità di valori che ha portato Luther King a scuotere dalle fondamenta la società americana? Tutti noi sentiamo la forza catalizzante di questi uomini, ma invece di uguagliarla, la adattiamo, smussandone l’atto eversivo, attenuandone il radicalismo. Li citiamo, li rappresentiamo come miti, ma non vogliamo essere come loro.

Barcellona è sorta sul mito di sant’Eulalia, una ragazza di tredici anni, a cui nel 303 d. C. fu imposto di rinnegare di essere cristiana; lei rifiutò e la rinchiusero in un barile di vetri e chiodi e la fecero rotolare; poi le asportarono i seni, e dopo il suo ennesimo rifiuto, la inchiodarono su una croce. Adesso il suo corpo è nella cattedrale, ma quanti da allora possono dirsi a lei uguali? Quanti hanno amato la forza “disordinante” di don Milani e della scuola di Barbiana? Eppure anche i suoi stessi allievi non hanno saputo rigenerare l’audacia del suo messaggio.

Don Pietro Cesena, nel piacentino, assieme ad un gruppo di persone, ripropone oggi stesso un’idea di comunità che ritorna alle origini della parola evangelica, ma ciò che riceve, nella cattolica città di Piacenza, è spesso il silenzio, la diffidenza. Proclamare un valore o testimoniarlo. La differenza è sempre stata enorme.


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