La costruzione del ’presepe’ cattolico-romano .... e la ’risata’ di Giuseppe!!!

MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA"!!! Benedetto XVI ha ricordato la conversione di Francesco: «l’ex play boy convertito dalla voce di Dio»... ma ha "dimenticato" la denuncia sul "ritardo dei lavori", fatta da Pirandello già a Benedetto XV. Che disastro!!!

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA - NON GIOCASTA!!!
giovedì 4 ottobre 2012.
 


«Francesco, l’ex play boy convertito dalla voce di Dio»

Incontrando i preti della diocesi di Albano il Papa ieri ha invitato a far cogliere nella storia del santo di Assisi la sua ricerca dell’unica strada che dà pienezza alla vita

Da Roma Mimmo Muolo (Avvenire, 01.09.2006)

Cinque domande per il Papa. E cinque risposte del Pontefice. Articolate e profonde, ancorché pronunciate a braccio, e in alcuni passaggi anche sorprendenti. Come quando Benedetto XVI, riferendosi alla pastorale giovanile, cita san Francesco d’Assisi. Il quale non era solo un ambientalista e un pacifista, sottolinea, «ma soprattutto un convertito». Prima di cambiare vita, infatti, «era una specie di play boy, ma poi ha sentito che ciò non era più sufficiente e ascoltando la voce del Signore che gli diceva: "Va’, ripara la mia casa", ha compreso quale fosse la sua strada». Anche in questo senso, dunque, il suo esempio deve essere proposto ai giovani, affinché possano «cercare la strada che allarga la loro vita».

Il dialogo si è svolto ieri mattina a Castel Gandolfo, dove Papa Ratzinger ha ricevuto in udienza 120 sacerdoti e religiosi della diocesi di Albano (nel cui territorio si trova la sua residenza estiva), guidati dal vescovo, Marcello Semeraro, e alla presenza del cardinale Angelo Sodano, che della Chiesa suburbicaria è il porporato titolare. Incontro estremamente cordiale e familiare, che il Pontefice, apparso sereno e sorridente, ha impostato come quello con i sacerdoti romani. Così, dopo il saluto di monsignor Semeraro, sono stati gli stessi presbiteri a rivolgergli i loro quesiti: su alcuni problemi di vita dei sacerdoti, sui giovani, sulla liturgia, le famiglie e la pastorale integrata. A ciascuna domanda Benedetto XVI ha risposto parlando per oltre un quarto d’ora, cosicché l’udienza si è protratta quasi fin verso le 13 e si è conclusa con la preghiera dell’Angelus.

La pastorale giovanile.A porgli il quesito sui giovani è stato don Gualtiero Isacchi, responsabile diocesano di questo settore. «Occorre stare con i giovani, ispirarli», ha risposto il Papa sottolineando l’importanza delle esperienze di volontariato, di associazionismo e di formazione, come le scuole di preghiera e di liturgia. Anche forme espressive nuove come i recital possono dare buoni risultati. E qui Benedetto XVI ha citato Forza, venite gente, facendo poi riferimento a san Francesco d’Assisi e alla sua conversione. E in tale contesto il Pontefice ha avuto parole di elogio per il vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, che ha sottolineato questa dimensione fondamentale del santo. «Anche oggi - ha detto il Papa - bisogna aprire la strada della conversione alla gioia che Dio c’è e ci ama per costruire la sua casa nel mondo».

Le famiglie. Ai giovani che rinviano il matrimonio, ha aggiunto Papa Ratzinger, rispondendo alla domanda di don Angelo Pennazza, parroco in Pavona, «bisogna far comprendere che la bellezza è nella definitività». Quanto poi alle famiglie già formate, il Pontefice ha invitato i sacerdoti ad aiutare chi si trova in uno stato di difficoltà e magari cede alla tentazione di dire: «Separiamoci». All’incontro mondiale di Valencia, ha ricordato invece Benedetto XVI, molte coppie hanno testimoniato che sono proprio le difficoltà della vita «ad aprire una nuova bellezza dell’amore». «Una bellezza fatta solo di armonia, non è una vera bellezza. Essa, anzi, ha bisogno anche del contrasto, perché l’oscurità e la luminosità si completano. Anche l’uva, per maturare, ha bisogno non solo del sole e del giorno, ma anche della pioggia e della notte. E mi sembra che noi stessi sacerdoti dobbiamo imparare la necessità della sofferenza, della crisi, e sopportare questo». Le difficoltà, infatti, non esistono solo nel celibato, ma anche nella vita matrimoniale. «Si pensi alle notti insonni quando i bambini piangono». Infine un riferimento anche ai divorziati risposati. Il «sì nel sacramento del matrimonio è un’alleanza con il Signore». Per questo non è possibile per loro accostarsi al sacramento della comunione.

I preti e la speranza. Nonostante tante difficoltà, ha chiesto padre Giuseppe Zane, possiamo avere speranza?. «Naturalmente abbiamo speranza - ha risposto il Papa - la Chiesa vive». E in duemila anni «da tante crisi è risorta con una nuova giovinezza, nuova freschezza». Benedetto XVI ha citato le Chiese dell’Asia minore e dell’Africa del nord scomparse con le invasioni musulmane, il secolo della Riforma e quello dell’Illuminismo, Hitler che «era convinto di poter distruggere il Cattolicesimo» e anche il marxismo. Ma «la Chiesa è alla fine più forte». Il Pontefice ha anche invitato i sacerdoti a coltivare la dimensione spirituale e la preghiera. «Non è tempo sottratto alla nostra responsabilità pastorale, ma è proprio lavoro pastorale». Quanto poi, alla pastorale integrata, oggetto della domanda di un parroco di Albano, monsignor Gianni Masella, il Papa ne ha sottolineato l’importanza soprattutto in chiave missionaria.

La liturgia. A don Vittorio Petruzzi di Aprilia, che ha posto il problema dell’ars celebrandi, il Papa ha risposto. «Ars celebrandi non è teatralità o spettacolarità, e i sacerdoti non sono attori, ma la perfetta consonanza fra esteriorità e interiorità», in altre parole «tra quanto diciamo con le labbra e quanto fa il cuore». E la gente, ha concluso, percepisce subito se questa consonanza c’è o non c’è.

All’inizio dell’incontro era stato monsignor Semeraro a presentare al Pontefice il volto della Chiesa di Albano. «Una Chiesa in crescita, anche demograficamente», aveva detto il vescovo. «Non ci mancano, però, le ansie, le preoccupazioni», riflesse del resto nelle domande dei sacerdoti. Per questo il presule ha chiesto al Papa «di benedire le parrocchie e le famiglie e pure il nostro lavoro di operai nella vigna del Signore».



Caro Benedetto XVI ... Pirandello (1918) aspetta ancora una risposta !!!

DIO, MARIA e GESU’ ...... E GIUSEPPE, DOV’E’?!!

UN “GOJ”: la ‘risata’ di Pirandello contro la vecchia e zoppa "sacra" famiglia "cattolica" !!!

a c. di Federico La Sala *

Il signor Daniele Catellani, mio amico, bella testa ricciuta e nasuta - capelli e naso di razza - ha un brutto vizio: ride nella gola in un certo modo così irritante, che a molti, tante volte, viene la tentazione di tirargli uno schiaffo.

Tanto più che, subito dopo, approva ciò che state a dirgli. Approva col capo; approva con precipitosi:

Già, già! già, già!

Come se poc’anzi non fossero state le vostre parole a provocargli quella dispettosissima risata.

Naturalmente voi restate irritati e sconcertati. Ma badate che è poi certo che il signor Daniele Catellani farà come voi dite. Non c’è caso che s’opponga a un giudizio, a una proposta, a una considerazione degli altri.

Ma prima ride.

Forse perché, preso alla sprovvista, là, in un suo mondo astratto, così diverso da quello a cui voi d’improvviso lo richiamate, prova quella certa impressione per cui alle volte un cavallo arriccia le froge e nitrisce.

Della remissione del signor Daniele Catellani e della sua buona volontà d’accostarsi senz’urti al mondo altrui, ci sono del resto non poche prove, della cui sincerità sarebbe, io credo, indizio di soverchia diffidenza dubitare.

Cominciamo che per non offendere col suo distintivo semitico, troppo apertamente palesato dal suo primo cognome (Levi), l’ha buttato via e ha invece assunto quello di Catellani.

Ma ha fatto anche di più.

S’è imparentato con una famiglia cattolica, nera tra le più nere, contraendo un matrimonio cosiddetto misto, vale a dire a condizione che i figliuoli (e ne ha già cinque) fossero come la madre battezzati, e perciò perduti irremissibilmente per la sua fede.

Dicono però che quella risata così irritante del mio amico signor Catellani ha la data appunto di questo suo matrimonio misto.

A quanto pare, non per colpa della moglie, però, bravissima signora, molto buona con lui, ma per colpa del suocero, che è il signor Pietro Ambrini, nipote del defunto cardinale Ambrini, e uomo d’intransigentissimi principii clericali.

Come mai, voi dite, il signor Daniele Catellani andò a cacciarsi in una famiglia munita d’un futuro suocero di quella forza?

Mah!

Si vede che, concepita l’idea di contrarre un matrimonio misto, volle attuarla senza mezzi termini; e chi sa poi, fors’anche con l’illusione che la scelta stessa della sposa d’una famiglia così notoriamente divota alla santa Chiesa cattolica, dimostrasse a tutti che egli reputava come un accidente involontario, da non doversi tenere in alcun conto, l’esser nato semita.

Lotte acerrime ebbe a sostenere per questo matrimonio. Ma è un fatto che i maggiori stenti che ci avvenga di soffrire nella vita sono sempre quelli che affrontiamo per fabbricarci con le nostre stesse mani la forca.

Forse però - almeno a quanto si dice non sarebbe riuscito a impiccarsi il mio amico Catellani, senza l’aiuto non del tutto disinteressato del giovine Millino Ambrini, fratello della signora, fuggito due anni dopo in America per ragioni delicatissime, di cui è meglio non far parola.

Il fatto è che il suocero, cedendo obtorto collo alle nozze, impose alla figlia come condizione imprescindibile di non derogare d’un punto alla sua santa fede e di rispettare col massimo zelo tutti i precetti di essa, senza mai venir meno a nessuna delle pratiche religiose. Pretese inoltre che gli fosse riconosciuto come sacrosanto il diritto di sorvegliare perché precetti e pratiche fossero tutti a uno a uno osservati scrupolosamente, non solo dalla nuova signora Catellani, ma anche e più dai figliuoli che sarebbero nati da lei.

Ancora, dopo nove anni, non ostante la remissione di cui il genero gli ha dato e seguita a dargli le più lampanti prove, il signor Pietro Ambrini non disarma. Freddo, incadaverito e imbellettato, con gli abiti che da anni e anni gli restano sempre nuovi addosso e quel certo odore ambiguo della cipria, che le donne si dànno dopo il bagno, sotto le ascelle e altrove, ha il coraggio d’arricciare il naso, vedendolo passare, come se per le sue nari ultracattoliche il genero non si sia per anche mondato del suo pestilenzialissimo foetor judaicus.

Lo so perché spesso ne abbiamo parlato insieme.

Il signor Daniele Catellani ride in quel suo modo nella gola, non tanto perché gli sembri buffa questa vana ostinazione del fiero suocero a vedere in lui per forza un nemico della sua fede, quanto per ciò che avverte in sé da un pezzo a questa parte.

Possibile, via, che in un tempo come il nostro, in un paese come il nostro, debba sul serio esser fatto segno a una persecuzione religiosa uno come lui, sciolto fin dall’infanzia da ogni fede positiva e disposto a rispettar quella degli altri, cinese, indiana, luterana, maomettana?

Eppure, è proprio così. C’è poco da dire: il suocero lo perseguita. Sarà ridicola, ridicolissima, ma una vera e propria persecuzione religiosa, in casa sua, esiste. Sarà da una parte sola e contro un povero inerme, anzi venuto apposta senz’armi per arrendersi; ma una vera e propria guerra religiosa quel benedett’uomo del suocero gliela viene a rinnovare in casa ogni giorno, a tutti i costi, e con animo inflessibilmente e acerrimamente nemico.

Ora, lasciamo andare che - batti oggi e batti domani - a causa della bile che già comincia a muoverglisi dentro, l’homo judaeus prende a poco a poco a rinascere e a ricostituirsi in lui, senza ch’egli per altro voglia riconoscerlo. Lasciamo andare. Ma lo scadere ch’egli fa di giorno in giorno nella considerazione e nel rispetto della gente per tutto quell’eccesso di pratiche religiose della sua famiglia, così deliberatamente ostentato dal suocero, non per sentimento sincero, ma per un dispetto a lui e con l’intenzione manifesta di recare a lui una gratuita offesa, non può non essere avvertito dal mio amico signor Daniele Catellani. E c’è di più.

I figliuoli, quei poveri bambini così vessati dal nonno, cominciano anch’essi ad avvertir confusamente che la cagione di quella vessazione continua che il nonno infligge loro, dov’essere in lui, nel loro papà. Non sanno quale, ma in lui dov’essere di certo. Il buon Dio, il buon Gesù - (ecco, il buon Gesù specialmente!) - ma anche i Santi, oggi questo e domani quel Santo, ch’essi vanno a pregare in chiesa col nonno ogni giorno, è chiaro ormai che hanno bisogno di tutte quelle loro preghiere, perché lui, il papà, deve aver fatto loro, di certo, chi sa che grosso male! Al buon Gesù, specialmente! E prima d’andare in chiesa, tirati per mano, si voltano, poveri piccini, ad allungargli certi sguardi così densi di perplessa angoscia e di dogliosa rimprovero, che il mio amico signor Daniele Catellani si metterebbe a urlare chi sa quali imprecazioni, se invece... se invece non preferisse buttare indietro la testa ricciuta e nasuta e prorompere in quella sua solita risata nella gola.

Ma sì, via! Dovrebbe ammettere altrimenti sul serio d’aver commesso un’inutile vigliaccheria a voltar le spalle alla fede dei suoi padri, a rinnegare nei suoi figliuoli il suo popolo eletto: ’am olam, come dice il signor Rabbino. E dovrebbe sul serio sentirsi in mezzo alla sua famiglia un goj, uno straniero; e sul serio infine prendere per il petto questo suo signor suocero cristianissimo e imbecille, e costringerlo ad aprir bene gli occhi e a considerare che, via, non è lecito persistere a vedere nel suo genero un deicida, quando in nome di questo Dio ucciso duemil’anni fa dagli ebrei, i cristiani che dovrebbero sentirsi in Cristo tutti quanti fratelli, per cinque anni si sono scannati tra loro allegramente in una guerra che, senza pregiudizio di quelle che verranno, non aveva avuto finora l’eguale nella storia.

No, no, via! Ridere, ridere. Son cose da pensare e da dir sul serio al giorno d’oggi?

Il mio amico signor Daniele Catellani sa bene come va il mondo. Gesù, sissignori. Tutti fratelli. Per poi scannarsi tra loro. E naturale. E tutto a fil di logica, con la ragione che sta da ogni parte: per modo che a mettersi di qua non si può fare a meno d’approvare ciò che s’è negato stando di là.

Approvare, approvare, approvar sempre.

Magari, sì, farci sì prima, colti alla sprovvista, una bella risata. Ma poi approvare, approvar sempre, approvar tutto.

Anche la guerra, sissignori.

Però (Dio, che risata interminabile, quella volta!) però, ecco, il signor Daniele Catellani volle fare, l’ultimo anno della grande guerra europea, uno scherzo al suo signor suocero Pietro Ambrini, uno scherzo di quelli che non si dimenticano più.

Perché bisogna sapere che, nonostante gran carneficina, con una magnifica faccia tosta il signor Pietro Ambrini, quell’anno, aveva pensato di festeggiare, per i cari nipotini, la ricorrenza del Santo Natale più pomposamente che mai. E s’era fatti fabbricare tanti e tanti pastorelli di terracotta: i pastorelli che portano le loro umili offerte alla grotta di Bethlehem, al Bambinello Gesù appena nato: fiscelle di candida ricotta panieri d’uova e cacio raviggiolo, e anche tanti Franchetti di Soffici pecorelle e somarelli carichi anch’essi d’altre più ricche offerte, seguiti da vecchi massari e da campieri. E sui cammelli, ammantati, incoronati e solenni, i tre re Magi, che vengono col loro seguito da lontano lontano dietro alla stella cometa che s’è fermata su la grotta di sughero, dove su un po’ di paglia vera è il roseo Bambinello di cera tra Maria e San Giuseppe; e San Giuseppe ha in mano il bàcolo fiorito, e dietro sono il bue e l’asinello.

Aveva voluto che fosse ben grande il presepe quell’anno, il caro nonno, e tutto bello in rilievo, con poggi e dirupi, agavi e palme, e sentieri di campagna per cui si dovevano veder venire tutti quei pastorelli ch’eran perciò di varie dimensioni, coi loro branchetti di pecorelle e gli asinelli e i re Magi.

Ci aveva lavorato di nascosto per più d’un mese, con l’aiuto di due manovali che avevan levato il palco in una stanza per sostener la plastica. E aveva voluto che fosse illuminato da lampadine azzurre in ghirlanda; e che venissero dalla Sabina, la notte di Natale, due zampognari a sonar l’acciarino e le ciaramelle.

I nipotini non ne dovevano saper nulla.

A Natale, rientrando tutti imbacuccati e infreddoliti dalla messa notturna, avrebbero trovato in casa quella gran sorpresa: il suono delle ciaramelle, l’odore dell’incenso e della mirra, e il presepe là, come un sogno, illuminato da tutte quelle lampadine azzurre in ghirlanda. E tutti i casigliani sarebbero venuti a vedere, insieme coi parenti e gli amici invitati al cenone, questa gran maraviglia ch’era costata a nonno Pietro tante cure e tanti quattrini.

Il signor Daniele lo aveva veduto per casa tutto assorto in queste misteriose faccende, e aveva riso; aveva sentito le martellate dei due manovali che piantavano il palco di là, e aveva riso.

Il demonio, che gli s’è domiciliato da tanti anni nella gola, quell’anno, per Natale, non gli aveva voluto dar più requie: giù risate e risate senza fine. Invano, alzando le mani, gli aveva fatto cenno di calmarsi; invano lo avena ammonito di non esagerare, di non eccedere.

Non esagereremo, no! - gli aveva risposto dentro il demonio. - Sta’ pur sicuro che non eccederemo. Codesti pastorelli con le fiscelline di ricotta e i panierini d’uova e il cacio raviggiolo sono un caro scherzo, chi lo può negare? così in cammino tutti verso la grotta di Bethlehem! Ebbene, resteremo nello scherzo anche noi, non dubitare! Sarà uno scherzo anche il nostro, e non meno carino. Vedrai.

Così il signor Daniele s’era lasciato tentare dal suo demonio; vinto sopra tutto da questa capziosa considerazione: che cioè sarebbe restato nello scherzo anche lui.

Venuta la notte di Natale, appena il signor Pietro Ambrini con la figlia e i nipotini e tutta la servitù si recarono in chiesa per la messa di mezzanotte, il signor Daniele Catellani entrò tutto fremente d’una gioia quasi pazzesca nella stanza del presepe: tolse via in fretta e furia i re Magi e i cammelli, le pecorelle e i somarelli, i pastorelli del cacio raviggiolo e dei panieri d’uova e delle fiscelle di ricotta - personaggi e offerte al buon Gesù, che il suo demonio non aveva stimato convenienti al Natale d’un anno di guerra come quello - e al loro posto mise più propriamente, che cosa? niente, altri giocattoli: soldatini di stagno, ma tanti, ma tanti, eserciti di soldatini di stagno, d’ogni nazione, francesi e tedeschi, italiani e austriaci, russi e inglesi, serbi e rumeni, bulgari e turchi, belgi e americani e ungheresi e montenegrini, tutti coi fucili spianati contro la grotta di Bethlehem, e poi, e poi tanti cannoncini di piombo, intere batterie, d’ogni foggia, d’ogn i dimensione, puntati anch’essi di sé, di giù, da ogni parte, tutti contro la grotta di Bethlehem, i quali avrebbero fatto veramente un nuovo e graziosissimo spettacolo.

Poi si nascose dietro il presepe.

Lascio immaginare a voi come rise là dietro, quando, alla fine della messa notturna, vennero incontro alla meravigliosa sorpresa il nonno Pietro coi nipotini e la figlia e tutta la folla degli invitati, mentre già l’incenso fumava e i zampognari davano fiato alle loro ciaramelle.

(LUIGI PIRANDELLO, UN "GOJ", Novelle per un anno, Mondadori)


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www.ildialogo.org/filosofia, Venerdì, 01 luglio 2005


FRANCESCO E CHIARA A SANTA MARIA DEGLI ANGELI, UN FUOCO GRANDE. Come santa Chiara mangiò con santo Francesco e co’ suoi compagni frati in Santa Maria degli Agnoli.

-  LA "CHARTA CHARITATIS" (1115), LA "MAGNA CHARTA" (1215) E LA FALSA "CARTA" DELLA "DEUS CARITAS EST" (2006).

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

ITALIA: PASQUA 2009.IL "GRANDE RACCONTO" EDIPICO DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA E’ FINITO.


Caro Benedetto XVI...

IL NATALE DI BETLEMME NON E’ IL NATALE DI ‘ROMA’ ... NE’ DI ‘EGITTO’!!!

di Federico La Sala
-  (www.ildialogo.org, Lunedì, 12 dicembre 2005)

Non è da oggi che “il Natale subisce purtroppo una sorta di inquinamento commerciale, che rischia di alterarne l’autentico spirito", e non solo a causa della “società dei consumi”!!! Se è vero, come è vero, che "costruire il Presepe in casa può rivelarsi un modo semplice, ma efficace di presentare la fede per trasmetterla ai propri figli" e alle proprie figlie; e, ancora, se è vero, come è vero, che "il Presepe ci aiuta a contemplare il mistero dell’amore di Dio che si è rivelato nella povertà e nella semplicità della grotta di Betlemme”, e, che “San Francesco d’Assisi fu così preso dal mistero dell’Incarnazione che volle riproporlo a Greccio nel Presepe vivente, divenendo il tal modo iniziatore di una lunga tradizione popolare che ancor oggi conserva il suo valore per l’evangelizzazione", come mai la Chiesa (che pretende di essere universale - cattolica) continua e continua a negare a Giuseppe il riconoscimento di tutta la sua piena potestà (legale e spirituale) di sposo di Maria e padre di Gesù?! Che ce ne facciamo di un ‘presepe’ con un ‘padre’ de-potenziato dal punto di vista della Legge e dell’Amore?! Non è questo forse l’inquinamento più grande e più pericoloso ... della via, della verità, e della vita?! Che mai potrebbero dire oggi Maria e Gesù di fronte a questa bi-millenaria ostinazione ... di volontà di tutoraggio, di dominio, e di menzogna?! Perché il cuore della Chiesa cattolico-romana è diventato come e più di quello del Faraone d’Egitto, duro come la pietra? Ma perché ... si è fondata proprio su questa pietra, e non sulla pietra viva!!! Dopo una “inutile strage”, al papa Benedetto XV, Luigi Pirandello ricordava e denunciava proprio questo, nella novella “Un goj” (cfr. www.ildialogo.org) pubblicata sul “Corriere della Sera” nel 1918.... Non dimentichiamolo!!! (Federico La Sala)


Caro Benedetto XVI ...

RICORDIAMO. Giovanni Paolo II a Casablanca - nel 1985 - baciò il Corano, e a Gerusalemme (26.03.2000), al Muro del Pianto così pregò!!!:

Se vogliamo proseguire sulla strada della pace, della riconciliazione e del dialogo, non possiamo non pensare all’altro lato del problema e pensare alla lezione di Freud: si tratta di andare al di là di Scilla e Cariddi e di ogni biologismo e diabolico razzismo - al di là dell’ "edipo" (l’ordine simbolico di "mammasantissima": l’alleanza Madre-Figlio: Giocasta-Edipo), e saper amare il padre e saper amare la madre: Abramo-Sara, Abramo-Agar ... Giuseppe-Maria). "Dio" non vuol dire "Menzogna" né "Mammona": Dio è Amore ... e allora cerchiamo di usare bene questa "Parola", di coniugarlo bene questo "Verbo"!!! (12 settembre 2006, 7.30).

Federico La Sala


-  EU-ANGELO, BUONA-NOTIZIA. "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1Gv., 4. 1-8). «Et nos credidimus Charitati...»!!!!
-  "DIO NON E’ CATTOLICO". "Dio è al di là delle frontiere che vengono erette".
-  Accorato appello del Cardinale Carlo M. Martini alla Chiesa per una sua rapida e profonda riforma

FORZA "CRISTO RE"!!! (Paolo di Tarso): "vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità" (Ef. 4,15-16)

"È significativo che l’espressione di Tertulliano: "Il cristiano è un altro Cristo", sia diventata: "Il prete è un altro Cristo"" (Albert Rouet, arcivescovo di Poitiers, 2010.)

Il Papa:"Vorrei che la Chiesa mostrasse l’amore di Dio"
-  Francesco riceve i partecipanti a un convegno organizzato da Cor Unum nel decimo anniversario dell’enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est.

-  IL MITO DELLA ROMANITÀ, LA MONARCHIA, E IL FASCISMO --- La politica nobiliare del Regno d’Italia 1861-1946. Actes du colloque de Rome, 21-23 novembre 1985 (Giorgio Rumi)

FLS



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