[...] "Di fronte alla censura - ha commentato Sgarbi riferendosi all’annullamento dell’esposizione - la soluzione più concreta è la censura estrema e quindi la cancellazione della mostra".
Nei giorni scorsi era stata decisa la rimozione di due opere, una, le cui fattezze ricordano Papa Benedetto XVI, l’altra, una manipolazione della fotografia di Silvio Sircana fermo in auto vicino ad un transessuale."Per quei due casi, mi sono trovato d’accordo, perchè le opere fanno riferimento a persone reali con un ruolo istituzionale" ha spiegato Sgarbi. "Ogni altro intervento che abbia a che fare con la creatività di un artista mi sembra complicato da sostenere", ha concluso l’assessore [...]
Arte omo, Sgarbi: mostra annullata
Vade retro, la giunta rimette il divieto
Si rimuoveranno altre dieci opere
La mostra ’Vade retro: arte e omosessualita non aprirà al pubblico. "E’ una decisione degli organizzatori - ha detto l’assessore Vittorio Sgarbi contattato telefonicamente oggi pomeriggio - che io condivido. La mostra si farà in un’altra città con le opere censurate". Questa mattina il sindaco di Milano, Letizia Moratti, d’accordo con i capi delegazione dei gruppi consiliari della maggioranza, aveva deciso la rimozione di altre dieci opere, secondo il principio che non devono esserci riferimenti alla religione ed alla pedofilia. "I capi delegazione hanno incontrato all’alba suor Letizia al convento delle Carmelitane e hanno deciso la linea da tenere" aveva commentato ironicamente l’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi.
La posizione ufficiale della Giunta era stata espressa dal vicesindaco Riccardo De Corato: l’esposizione può aprire anche domani senza le dieci opere che fanno riferimento a soggetti blasfemi, religiosi e di minori. La mostra, aveva confermato il vicesindaco, sarà comunque vietata ai minori di 18 anni.
"La decisione - ha sottolineato De Corato - è stata presa in Giunta all’unanimità, ad eccezione dell’assessore Sgarbi". "I capi delegazione hanno incontrato all’alba suor Letizia al convento delle Carmelitane e hanno deciso la linea da tenere" aveva commentato ironicamente Sgarbi.
Nel pomeriggio un altro dietrofront: ’Vade retro’ non aprirà al pubblico. "E’ una decisione degli organizzatori - ha detto l’assessore Vittorio Sgarbi contattato telefonicamente - che io condivido. La mostra si farà in un’altra città con le opere censurate".
Sgarbi ha poi rivelato di aver telefonato a Silvio Berlusconi perchè convincesse il sindaco a recedere dalla posizione assunta sulle opere da eliminare. "Berlusconi - ha detto Sgarbi - mi ha poi telefonato dicendo che la missione era fallita".
"Di fronte alla censura - ha commentato Sgarbi riferendosi all’annullamento dell’esposizione - la soluzione più concreta è la censura estrema e quindi la cancellazione della mostra".
Nei giorni scorsi era stata decisa la rimozione di due opere, una, le cui fattezze ricordano Papa Benedetto XVI, l’altra, una manipolazione della fotografia di Silvio Sircana fermo in auto vicino ad un transessuale."Per quei due casi, mi sono trovato d’accordo, perchè le opere fanno riferimento a persone reali con un ruolo istituzionale" ha spiegato Sgarbi. "Ogni altro intervento che abbia a che fare con la creatività di un artista mi sembra complicato da sostenere", ha concluso l’assessore.
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Le tre opere escluse: le foto
La statua di Botero - foto.
* la Repubblica, 13 luglio 2007
Daverio: "Musica, arte, cultura: questa città fa sbadigliare"
Per Philippe Daverio, critico d’arte e predecessore di Sgarbi ai tempi di Formentini, sulla mostra dell’arte omosessuale ha ragione l’attuale assessore alla cultura. "Quella mostra - dice Daverio - io non l’avrei promossa. Sgarbi ha fatto bene a rimuovere le opere irriverenti"
di Rodolfo Sala *
«Vittorio ha fatto bene», dice Philippe Daverio, critico d’arte e predecessore di Sgarbi ai tempi di Formentini.
Ha fatto bene a promuovere quella mostra?
«No, a rimuovere due opere irriverenti verso persone perbene come il Papa e Sircana»
Prima di questa decisione la mostra era vietata ai minori: che ne pensa?
«Un fatto normale. Anche al museo archeologico di Napoli la stanzina con le opere erotiche è preclusa ai minori. Dipendesse da me, farei la stessa cosa anche per metà della roba esposta alla Biennale di Venezia».
Torniamo a Sgarbi: non ha un po’ pasticciato con questa mostra sull’arte omosessuale?
«Non saprei. Comunque non lui, forse il curatore. Io sono un estimatore di Sgarbi»
Perché?
«Almeno ha portato a Milano un po’ di novità. Questa è una città sonnolenta, tutta presa da smanie e paure. Da una parte, la smania di accumulare, dall’altra la paura di perdere l’accumulo. Una città di ansiosi e spaventati: e infatti solo qui c’è l’ossessione della sicurezza»
Ossessione?
«Milano è l’unico caso al mondo dove la paura non è oggettiva, ma soggettiva. I timori sono dei singoli, non vengono espressi nel vivere collettivo. E su questo la destra ci gioca»
La butta in politica?
«No, ma è curioso che alla fine l’unica soluzione trovata sia mettere tanti lampioni in strada: lo facevano anche nei campi di concentramento»
Però Sgarbi vivacizza, lei dice. Quindi il suo giudizio sulla politica culturale del Comune è positivo.
«È un po’ presto per dirlo, siamo solo agli inizi. Però Vittorio si agita molto, va sempre sui giornali»
Basta per concludere che è un buon assessore alla Cultura?
«La comunicazione è una cosa vitale per la cultura. Anzi, la prima»
E la sostanza dove la mette?
«La sostanza... Conta di più il modo in cui la si comunica. Lo diceva Guy Debord, autore della Società dello spettacolo e padre di tutti noi situazionisti»
Oltre a Sgarbi, c’è qualche altro situazionista in questa giunta?
«Il sindaco, ma forse non sa di esserlo. La Moratti vive il momento, è una che passa con nonchalance da un ruolo all’altro: prima la Rai, poi il ministero, adesso il Comune... Appena prenderà coscienza del suo situazionismo, Letizia diventerà fantastica»
Nell’attesa si può guardare un po’ al passato. A parte il suo, c’è un periodo da ricordare nella storia culturale di Milano?
«Eh, gli anni Sessanta e Settanta. Allora questa era una città centrale per le sue grandi mostre d’arte contemporanea, contava tantissimo per la musica con la Scala, aveva grandi istituzioni sperimentali come il Piccolo e il Pierlombardo»
E adesso?
«L’ho detto: si sbadiglia. Milano dovrebbe essere capace di puntare su poche istituzioni, ma funzionanti. Ho visitato il cantiere del Franco Parenti, che potrà diventare qualcosa di ancora più importante. Come il Lirico, che però non si sa quando ripartirà. La Triennale, invece, funziona.. Se poi facesse finalmente il museo di Arte moderna sarebbe fantastico: il progetto della Bovisa purtroppo è stato affossato, da Albertini».Daverio, dica la verità: lei una mostra su arte e omosessualità l’avrebbe fatta?«No. Tutte le mostre specialistiche mi imbarazzano. Sarebbe lo stesso per una rassegna su arte e parmigiano reggiano...»
Però Sgarbi lei lo promuove.
«Rispetto ai suoi predecessori è come Metternich»
Anche rispetto a lei?
«Uhm... Ma Daverio si tira fuori da ogni gioco, non conta»
* la Repubblica, 11 luglio 2007
Sul tema, nel sito, si cfr. anche
LOMBARDIA. LA LEGA: GAY MALATI MENTALI
Il Consiglio regionale boccia l’adersione alla giornata mondiale contro l’omofobia
il Giorno, mercoledì 14 gennaio 2009 MILANO L’OMOSESSUALITÀ una malattia mentale? La polemica scoppia in consiglio regionale per la dichiarazione del capogruppo della Lega Nord, Stefano Galli, sulla mozione presentata da alcuni consiglieri dell’opposizione contro l’omofobia. Il documento respinto dall’aula chiedeva «di aderire all’iniziativa internazionale per l’istituzione di una giornata internazionale contro l’omofobia (International Day Against Homophobia)», da celebrarsi il 17 maggio di ogni anno per ricordare il giorno del 1990 in cui l’omossessualità venne cancellata dalla lista delle malattie mentali da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il capogruppo della Lega, spiega Luciano Muhlbauer, del Prc, ha definito la mozione "un colpo di culo" dopo aver dichiarato che lui era contrario a celebrare l’omosessualità come una non malattia mentale». Era stato proprio Muhlbauer a chiedere all’aula una presa di posizione sul tema.
Carlo Monguzzi, consigliere regionale dei Verdi, si rivolge al governatore: «Se la cosa si sapesse in giro la considerazione dei cittadini verso la terza assemblea legislativa del nostro paese sarebbe ancora più bassa. Per questo chiediamo l’urgente intervento di Formigoni che spieghi a Galli come stanno le cose. Da chi ci pretende di governare pretendiamo il massimo rispetto di persone e cose, a maggior ragione delle forme di amore che ciascuno di noi deve poter scegliere nella massima libertà».
ANCHE Marcello Saponaro, consigliere regionale dei Verdi, attaca: «Il centrodestra liberale, se ancora esiste in Lombardia, insegni alla Lega la cultura occidentale della libertà e del rispetto dei diritti individuali, chiedendo insieme a l’opposizione l’iscrizione all’ordine del giorno del progetto di legge contro le discriminazioni sessuali che ho presentato tre fa».
Nel presentare la sua proposta, Muhlbauer j ha spiegato: «Mi auguro che da questa discussione emerga un segnale chiaro della Lombardia contro la discriminazione di chi non è eterosessuale». Il documento sollecitava inoltre il Consiglio affinché invitasse «il Parlamento italiano a promuovere un riconoscimento ufficiale della giornata contro l’omofobia. Un’occasione per prendere una posizione non ideologica a favore di tutti i cittadini e le cittadine della Lombardia».
Enrico Fovanna - il Giorno, mercoledì 14 gennaio 2009
LOMBARDIA. LA LEGA: OMOSESSUALITà MALATTIA MENTALE
Arcigay. Dalla casa del Grande Fratello al palazzo della Regione Lombardia, fioccano gli insulti verso le persone gay e lesbiche
di Aurelio Mancuso
Non c’è limite agli insulti che la dignità di milioni di persone omosessuali devono subire ogni giorno in tutti i contesti. Non ne sono esenti i palazzi delle istituzioni, Proprio oggi, durante una seduta del Consiglio regionale della Lombardia, il capogruppo della Lega Nord Stefano Galli, appena respinta una mozione che chiedeva di aderire alla Giornata Mondiale contro l’Omofobia del 17 maggio, si è prodigato - così come riportato dal consigliere Muhlbauer - in frasi di trionfo che accoglievano l’incivile decisione come un “colpo di culo” e affermazioni che confermavano che lui era “contrario a celebrare l’omosessualità come una non-malattia mentale”.
La cultura del pregiudizio e della paura della diversità, nutrita da alcuni politici di ogni schieramento, autorizza così anche i personaggi della TV, appena assurti alla popolarità, a lasciarsi andare in dichiarazioni pregne di ignoranza e di disprezzo. Così è accaduto alla concorrente del Grande Fratello Federica, appena entrata nella casa, che nel suo primo giorno da star ci racconta: "Se il mondo fosse pieno di froci sarebbe una tragedia,non si può parlare di normalità"; "La normalità,un uomo che va a letto con una donna,lo ha deciso Dio"; "Preferisco un figlio cresciuto da un padre e una madre,che da due lesbiche o da due froci".
Chiediamo al presidente della Lombardia Formigoni di prendere le distanze da Galli e di confermare la più civile delle verità, cioè che l’omosessualità è una variabile naturale dell’identità.
Agli autori del reality di Canale5 chiediamo di intervenire con una sanzione nei confronti della concorrente e di farle fare pubbliche scuse in diretta, come è già accaduto per insulti contro la religione e come accadrebbe se avesse pronunciato improperi contro persone di colore o portatrici di handicap.
Siamo umiliati e stanchi di questo clima di paura e pregiudizio che colpisce a tutti i livelli le persone LGBT e che porta molti giovani omosessuali a sentirsi emarginati e non riconosciuti, con l’unica speranza possible quella di fuggire da questo paese integralista e bigotto.
Aurelio Mancuso, Presidente nazionale Arcigay
dal 26 ottobre nella palazzina reale della stazione di s.maria novella
A Firenze la mostra omosex di Milano
«Vade retro» organizzata da Vittorio Sgarbi con alcune opere molto contestate *
Napoli, Savona, Campobasso, Udine, Campione d’Italia e anche la città del Santo, Padova. Tra tutti quelli che si sono candidati ad ospitare la mostra omosex «Vade retro», organizzata da Sgarbi al Palazzo della Ragione di Milano negli scorsi mesi e mai aperta, l’ha spuntata Firenze. Qui, dal 26 ottobre, nella Palazzina Reale della Stazione di Santa Maria Novella, Artematica potrà esporre la mostra con la scultura di Paolo Schmidlin «Miss Kitty», con Papa Benedetto XVI con una molletta tra i capelli, un perizoma e delle autoreggenti, la fotografia di ConiglioViola con Silvio Sircana, portavoce del governo Prodi, che si ferma in auto vicino a un transessuale con Gesù al posto del transex e anche la foto di Paul M. Smith, modificata digitalmente, che mostra un uomo con i baffi seduto su una sedia con le gambe aperte e al posto del sesso maschile i genitali femminili.
160 OPERE - «Non abbiamo patrocini - afferma Sgarbi - e l’assessore Gozzini, che prima ci aveva appoggiati, ora ci contrasta. Ma noi andiamo avanti ed esponiamo tutte le 160 opere. Come si potrebbe vietare una mostra simile nella città di Michelangelo e Leonardo che erano omosessuali?». Oggi c’erano polemiche a Firenze e «Arcigay e Arcilesbica ci hanno sostenuti: hanno fatto cartoline con una foglia di fico che copre le vergogne (non è questa la parola usata da Sgarbi, ndr) del David». Insomma, Firenze vedrà (in sede chiusa, a pagamento, non vietata, ma senza patrocini) la mostra che non si è vista a Milano. «Poi - assicura Brunello di Artematica - si sono prenotate già Londra e Taormina».
p.pan.
* Corriere della Sera, 22 ottobre 2007
Anoressia, Moratti: "Via le foto shock"
Toscani: "Milano ha paura"
GUARDA LE IMMAGINI DELLA CAMPAGNA SHOCK *
Letizia Moratti, proprio mentre si sta concludendo la settimana della moda, dichiara guerra alla pubblicità-shock di Oliviero Toscani contro l’anoressia. Il fotografo grida alla censura e non risparmia le critiche: "Moriranno eleganti a Milano. Moriranno magri, anoressici, ma eleganti" Mentre in passerella sfilano le ultime griffe in calendario per la settimana della moda e la città comincia a svuotarsi di modelle, buyer, stilisti e addetti ai lavori, Letizia Moratti inaugura la sua personale battaglia contro la pubblicità shock di Oliviero Toscani sull’anoressia.
"Ho già dato istruzioni perchè vengano rimossi tutti i manifesti che ritraggono la modella anoressica dagli spazi pubblici che competono al Comune". ha spiegato la Moratti.
Non l’ha presa bene Oliviero Toscani, il fotografo che ha ritratto Isabelle Caro, una modella afflitta da una grave forma di anoressia che l’ha portata a pesare poco più di trenta chili. Per Toscani la rimozione dei manifesti dai muri di Milano "è censura", ed è il segno di "una città che ha paura", una città "cattiva" e razzista". Toscani aveva già detto in passato che Milano è in ritardo rispetto ad altre città europee, e conferma che anche questa decisione lo dimostra: "Moriranno eleganti a Milano. Moriranno magri, anoressici, ma eleganti".
Milano, aggiunge, "è una città che ha paura. E’ una città che non ha più la generosità di una volta. Che non ha più nè la fantasia, nè la capacità artistica di una volta. E’ una città seduta, una città cattiva. E’ una città razzista che non riesce a risolvere i problemi moderni come tutte le grandi città. Ci conoscono per le borse e le scarpe che sono prodotti da terzo mondo. Non ci conoscono per prodotti dell’ingegno".
* la Repubblica, 28 settembre 2007
Vade Retro, appuntamento infuocato a Napoli in agosto
Il sovrintendente Nicola Spinosa difende la mostra che indaga l’ arte e l’omosessualità, censurata a Milano. La ospiterà a Castel Sant’Elmo. «La vera oscenità è nelle condizioni di vita dei napoletani»
di Arianna Di Genova (il manifesto, 17.07.2007)
Se il papa abbattuto da un meteorite di Maurizio Cattelan aveva sconvolto l’opinione pubblica (ma non il mercato perché quell’installazione - dal titolo La nona ora - venne venduta a suon di miliardi), il pontefice in mutande dev’essere sembrato davvero troppo.
Così dopo che Milano ha rimandato al mittente con un timbro di «impresentabilità» la mostra Vade Retro, organizzata da Vittorio Sgarbi e Eugenio Viola, Napoli si prepara a ospitare l’evento a Castel sant’Elmo - inaugurazione prevista per il 2 agosto prossimo - in un mare di polemiche: da un Mastella che con il suo tempestivo intervento «contro» si candida a futuro primo cittadino, alla sindaca vera, Rosa Russo Iervolino che si dichiara poco favorevole a visioni discinte di Ratzinger e vorrebbe «andarci cauta».
Un’arte che indaga il tema dell’omosessualità in diverse declinazioni - si va da De Pisis a Nan Goldin e Thomas Ruff fino a molti artisti poco conosciuti - non piace, preventivamente, soprattutto alla chiesa e ai politici. In prima fila, c’è la curia che dopo aver acceso la miccia invita al «buon senso» attraverso l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe. E non mancano anche galleristi e direttori di musei, come Eduardo Cicelyn (Madre) che giudicano la mostra «una pura operazione di marketing».
Ma il soprintendente Nicola Spinosa va dritto per la sua strada. Su richiesta della società Artematica (che aveva organizzato la mostra di Milano ed è convinta che il catalogo già stampato per centomila euro diventerà una rarità da collezionismo) ha deciso di ospitare presso Castel sant’Elmo la rassegna rinnegata al nord. Lo farà a costi zero, informando il ministero per i beni culturali ma senza attendere alcun parere vincolante (perché non ci sarà bisogno di stanziare fondi). E precisa: «La soprintendenza del polo museale è autonoma, sia dal punto di vista scientifico che amministrativo. Ho visionato il catalogo e ho creduto opportuno ospitare la mostra a Napoli. Come ogni mostra, non è fatta solo di capolavori. Non tutto è allo stesso livello per qualità ma questo è un parere che potranno esprimere in seguito persone competenti, in grado di giudicare. Se l’avessi costruita io, probabilmente sarebbe stata diversa ma non sono il curatore. L’esposizione può piacere o meno ma non va soffocata a priori. Reputo la mostra un’occasione per affermare la libertà del fare arte, anche testimoniando temi delicati che peraltro letterati, cineasti e artisti hanno sempre affrontato».
Vade Retro, orfana di Milano, trova così una sede e anzi, viene reclamata da più parti: il circolo Mieli candida la capitale augurandosi che Veltroni si faccia avanti mentre Trieste fa capolino con il segretario provinciale del nuovo Psi Alessandro Perelli. «Sarebbe un ulteriore segnale dopo la decisione della regione di applicare il diritto comunitario per quanto riguarda le ferie per i matrimoni gay», ha dichiarato. Per Milano, si affaccia il Prc offrendo gli spazi della sua festa, che si terrà nell’area del Castello, dal 6 al 16 settembre.
Dal fronte partenopeo, per ora prima tappa certa della manifestazione, Spinosa fa sapere che la mostra cambierà titolo, non comprenderà le opere contestate e avrà un catalogo diverso, con alcune aggiunte di lavori che verranno definite il prossimo 23 luglio, in un incontro fra il soprintendente e i curatori. «Se si censura prima ancora di aver visto, si compie un’operazione di inciviltà e di non cultura. Soprattutto in un paese dove i manifesti pubblicitari sono veramente osceni e le televisioni, private e pubbliche, propongono spettacoli pornografici e disgustosi. Politici e curia dovrebbero rendersi conto che a Napoli la vera oscenità è nelle condizioni di vita dei cittadini, quotidiana e strutturale, dove i giovani restano per anni senza lavoro e tutti affogano nell’immondizia. Napoli, fin dal Trecento è stata una città liberale, cosmopolita e aperta. Qui hanno sempre convissuto genti d’oriente e d’occidente, eterosessuali e omosessuali».
La rassegna forse aprirà e poi chiuderà ma, continua Spinosa, permetterà una verifica e soprattutto non sarà censurata senza che un semplice cittadino possa giudicare con i propri occhi la validità o meno di quell’operazione culturale. «Nelle collezioni permanenti dei musei ci sono opere di Schiele e Klimt. Qui a Capodimonte c’è la Danae di Tiziano: come la vogliamo considerare? Di estrema ambiguità? E dobbiamo tornare sulla blasfemia di Michelangelo nel Giudizio universale?».
Meno contento di come sono andate le cose (ma molto grato a Spinosa e alla sua disponibilità) è invece il curatore Eugenio Viola che ha cercato di difendersi dalle accuse sulla qualità della mostra, sottolineando che Vade Retro ha ormai ben poco del progetto originario (fatto a quattro mani con Alessandro Riva, critico d’arte ora coinvolto in una vicenda giudiziaria con pesanti accuse di pedofilia) e che i litigi fra Vittorio Sgarbi e Letizia Moratti non hanno giovato alla rassegna così come la continua mediazione sulle opere fra lui e l’assessore. Il risultato finale, insomma, non lo riconosce più. La mostra è dunque orfana del tutto.
VADE RETRO - ARCIGAY: RUTELLI CI DICA SE C’E’ CENSURA
di Aurelio Mancuso *
CON UNA BATTUTA VORREI CHIEDERE A RUTELLI CON CHI DEI DUE BOTERO STA?
Vorremmo che il ministro della cultura Francesco Rutelli facesse sentire la sua voce e dicesse se i contenuti della mostra “Arte e Omosessualità” sono da censurare o meno e perchè.
Lui darebbe il patrocinio del ministero da lui presieduto in virtù del principio di libertà di espressione artistica?
La mostra può piacere o non piacere e si è liberi di non andarla a vedere se si ritengono troppo forti i sui contenuti. Ma per carità non si facciano censure. L’arte è arte e va tutelata e con essa tutti gli artisti e i sovrintendenti che con lungimiranza e senso critico colgono le opportunità e aprono spazi lasciati chiusi da altri.
Con una battuta vorrei chiedere a Rutelli con chi dei due Botero sta? Ci dica se la pensa come il filosofo Giovanni Botero (cioè se per ragion di stato questa mostra va censurata) o come il pittore Fernando Botero (secondo cui il dipingere deve essere inteso come una necessità interiore, un bisogno che porta ad una esplorazione ininterrotta verso il quadro ideale).
Il silenzio del ministro è davvero assordante visto la portata delle polemiche che si sono create attorno a questa mostra.
Aurelio Mancuso
presidente Arcigay
MILANO DA ASSAGGIARE
di Alessandro Robecchi *
DOPO CINQUE ANNI DI FORMENTINI, DIECI ANNI DI ALBERTINI E UN ANNO DI MORATTI, FAR BALENARE QUALCOSA DI CULTURALE DAVANTI AGLI OCCHI DI UN MILANESE SAREBBE PERICOLOSO: POTREBBE RESTARCI SECCO.
I milanesi non potranno vedere la controversa mostra su arte e omosessualità annunciata, poi censurata, e poi defunta. E’ un bene. Dopo cinque anni di Formentini, dieci anni di Albertini e un anno di Moratti, far balenare qualcosa di culturale davanti agli occhi di un milanese sarebbe pericoloso: potrebbe restarci secco. Eppure questa grande azienda privata nel cuore della Lombardia ha un grande presente culturale, che forse è bene raccontare.
Installazioni:
Milano ha una vera passione per quelle installazioni di arte contemporanea che si chiamano parcheggi sotterranei, in inglese box. Si tratta di costruzioni in cemento armato dove mettere la macchina, che hanno ormai quotazioni da collezionisti. Prima uno poteva parcheggiare in strada, sotto casa, gratis. Ora posteggia sotto la strada sotto casa, pagando appena alcune migliaia di euro al metro quadro.
Arte speculativa:
Del resto, Milano offre molti punti di vista. Se guardate in alto, vedete abbaini trasformati in abitazioni a prezzi spaventosi. Se guardate in basso, vedete scantinati trasformati in laboratori dove lo sfruttamento è a livelli spaventosi. Modernissimi!
Performance:
A Milano si può assistere a notevoli performance. Per esempio la fiaccolata di protesta del sindaco di destra in una città che la destra governa da quasi vent’anni. Una volta è per la sicurezza. Una volta è la fiaccolata dei poveri commercianti, una volta è contro i cinesi. Un’altra volta la fiaccolata contro i rom. La fiaccolata dei ricchi contro i poveri è ormai un classico della cultura milanese.
Natura morta:
Milano offre molto anche a chi ama l’arte più tradizionale, la natura morta. Immobile, ferma, quasi congelata, stesa su un tavolo senza muovere un muscolo, inane e paralizzata. E’ la sinistra. Si riscuote e rianima un pochino solo quando le danno qualche briciola di appalto per i box o la metropolitana. Poi si riaddormenta, si placa, si iberna. E per vederla non si paga niente.
PER LA MOSTRA SULL’OMOSESSUALITA’
NAPOLI, LA CURIA DICE NO A SGARBI *
Napoli - La Curia dice no al trasferimento a Napoli della mostra di Sgarbi sull’omosessualità. L’assessore alla Cultura aveva annunciato di voler portare a Castel Sant’Elmo le opere censurate dalla Moratti di "Vade Retro" e il cardinale risponde picche. «Chi sostiene questa scelta - dice la nota della Curia - lo fa dimenticando il buon gusto, e l’intelligenza dei napoletani». Il sindaco Iervolino è impegnata nella verifica di giunta, ma ha visto le foto delle opere: «Facciano quello che vogliono, ma il papa in mutande è fuori luogo».
Le manie di protagonismo e i pasticci della giunta
di Natalia Aspesi *
Se un sindaco avveduto si prende come assessore alla Cultura un birboncello un po’ ripetitivo ma tenace nel suo fanciullesco bisogno di infastidire, e costui annuncia una mostra d’arte omosessuale, per di più presa a scatola chiusa in quanto organizzata da altri, cosa dovrebbe fare? Conoscendo la pia diffidenza sua e di tutta la sua proba giunta sia verso ogni riferimento anche monastico alla sessualità, dovrebbe per lo meno mettersi in allarme: volerne sapere di più, farsi mandare le bozze del catalogo, chiedere lumi a qualche vero esperto d’arte, prima che il Comune avalli la mostra e le dia il suo patrocinio. Soprattutto se si è portati a vedere blasfemia e pedofilia dappertutto, in questo caso perché tale è il rifiuto istintivo per i gay, politicamente mascherato da bonaria tolleranza, da ritenerli capaci di ogni nequizia.
Già il titolo annunciava spiritosamente l’obbligo allo scandalo, "Vade retro": e se per esempio John Kirby dipinge con il titolo fuorviante "Il bacio" due giovanotti completamente vestiti che tenendosi a distanza hanno le facce vicine come se uno sussurrasse qualcosa nell’orecchio dell’altro e su una parete c’è un piccolo crocefisso, subito si grida a quella blasfemia che solo una mente contorta può intravedervi. La giunta milanese è stata presa in contropiede dalla propria inerzia e mancanza di curiosità e conoscenza verso l’arte contemporanea: cosicché anziché invocare Satana con colpevole ritardo a difesa della fede, della morale e degli innocenti, avrebbero semplicemente potuto constatare, prima di rendersi ridicoli, quanto questa mostra sia scarsa dal punto di vista della ricerca, della denuncia e della stessa arte, rispetto alle tante gallerie americane, come la House Arena di Brooklyn dove con il titolo "The male Gaze", espone un gruppo di venti artisti della "gay male art", che comunque la critica ha già definito «un microtrend di consumo» destinato ad essere presto superato. È vero che oggi è opera d’arte qualsiasi cosa, come ha insegnato nel 1919 Duchamp con il suo celebre "orinatoio", e la Gioconda con barba e baffi (vedi il goliardico "Viva" sull’inguine del donnone di Botero) intitolata "Elle a chaud au cul"; ma ancora esiste una distinzione sia pure labile tra arte e pornografia, soprattutto se questa è derivata dalla ricca produzione di foto, disegni e fumetti delle homoriviste più ricercate (la francese "Keiserin", l’olandese "Butt") e un tempo underground.
È banale ricordare che l’arte ha sempre fatto scandalo, l’han fatto gli impressionisti, i cubisti, i surrealisti, movimento dopo movimento: ha fatto scandalo nel 1997 la mostra londinese "Sensation" che consacrava il gruppo "Young British Artists", e rischiò di essere chiusa causa l’enorme ritratto di scomposizione fotografica di una feroce assassina di bambini. Alla Biennale di Venezia del 1972 De Dominicis presentò la performance di un ragazzo affetto dalla sindrome di Dawn e alla galleria romana la Nuova Pesa un finto impiccato con un pennello là dove poteva simulare un’erezione; si videro ovunque, sempre con alti lai e richieste di soppressione, le foto di Mapplethorpe con sodomizzazioni impressionanti, nei primi anni della diffusione dell’Aids la Biennale orrificò il Patriarca di Venezia quando i primi gruppi gay di protesta disegnarono sulle pareti enormi peni rivolti verso il volto del Papa di allora. Maurizio Cattelan nel 1999 crocefisse il gallerista De Carlo, e diventò ricchissimo con la statua di cera a grandezza naturale rappresentante papa Giovanni Paolo II gettato a terra da un meteorite, e apparendo ancora più iconoclasta con il suo piccolo Hitler inginocchiato a pregare a mani giunte. Milano era già precipitata in fervido scontro quando la Fondazione Trussardi aveva fatto appendere dal solito benemerito Cattelan (tutto gli si perdona, è fidanzato con Victoria Cabello di Mtv!), su un albero di piazza XXIV Maggio, tre pupazzi impiccati che la propensione all’horror dei milanesi aveva fatto scambiare per bambini.
Spiace che tutto questo improvvido casino frutto di disimpegno e maniacale voglia di protagonismo, faccia parlare di omosessualità come peccato e oscenità proprio mentre faticosamente si tenta di riportare un discorso sereno e costruttivo sui famosi Pacs diventati Dico e al presente, in attesa di ulteriore sigla, Cus (-cus?).
* la Repubblica, 15 luglio 2007
LA CHIESA REAZIONARIA E LA CRISI DEGLI INTELLETTUALI
Perché aumentano i divieti ma anche l’incapacità di reagire della società
di Angela Azzaro *
In Italia la censura non è un fatto nuovo. Ma nell’ultimo periodo, soprattutto dopo il successo del Pride del 16 giugno, si è scatenata contro qualsiasi opera abbia a che fare con l’omosessualità o esprima posizioni diverse o critiche da quelle della Chiesa cattolica. La differenza con il passato è vistosa. Aiuta a capire quello che sta accadendo.
Quando Salò o le centoventi giornate di Sodoma fu proiettato a Parigi il 22 novembre, Pier Paolo Pasolini era morto da poco. Il film, al centro anche delle vicende giudiziarie, era ancora in fase di montaggio quando il corpo del poeta fu trovato privo di vita all’idroscalo di Ostia. Ma fu lo stesso una bomba. Contro il potere, contro i moralismi, contro un’arte accondiscendente. Le polemiche e la censura furono immediati. Ci vollero altri due anni prima che il film potesse essere proiettato nelle sale, potesse circolare, portare in Italia e nel mondo le immagini e le parole di quello che è considerato, insieme a Petrolio , anch’esso postumo, il testamento artistico e morale del grande intellettuale.
Pasolini e la censura parlano di una storia che sembra lontana, lontanissima e non tanto per ragioni temporali. Oggi un film così forte, capace di diffondere un messaggio contro il potere e per la sovversione, non c’è, non ci potrebbe essere, e la censura, non meno pesante di un tempo, si accanisce su opere ree di parlare di quello di cui si dovrebbe parlare ogni giorno: sessualità, corpi, libertà. Le due cose sono collegate: perché se la censura è così pesante e si accanisce su film o libri davvero al di sopra di ogni sospetto è perché l’arte, gli artisti, gli intellettuali sono i primi che si autocensurano. Sono i primi che hanno tirato i remi in barca. O se non lo fanno non trovano spazio o uno spazio che viene subito chiuso.
I remi non li hanno tirati però loro, moralisti di Stato e della Chiesa, pronti a scendere in campo contro le schegge di libertà che per fortuna continuano a resistere.
La lista delle ultime settimane fa effetto. Bologna, mostra-evento la Madonna piange sperma del gruppo CarniScelte: censurata. Ancora Bologna, mostra Recombinant women , una serie di tavole bibliche con scritte sull’amore lesbico: censurata. Venezia, Biennale danza, spettacolo Messiah game: tentativo di censura non andato in porto. Milano, mostra "Vade retro" sul rapporto tra arte e omosessualità: censurata. Nei primi due casi è stato il rapporto letale tra Chiesa e istituzioni locali a far raggiungere il pessimo risultato: i rappresentati cattolici chiedono, i politici rispondono senza colpo ferire, poco importa se parte di una giunta di centro sinistra. A volte, come a Milano, la Curia non deve neanche chiedere. E’ la sudditanza dei politici al Vaticano che sta generando il clima irrespirabile. Solo così si può spiegare, non capire, anche il disegno di legge elaborato dal ministro della Cultura Francesco Rutelli, che si è inventato la proposta di mettere il divieto per i film anche ai minori di dieci anni.
Che cosa ha fatto il vicepremier? Incapace di proporre una seria politica culturale arranca. Ma non nel vuoto. Perché dietro la risibile proposta c’è il pieno di una ideologia che vuole imporre a tutti i valori della Santa Sede. Il messaggio dato da Rutelli è chiaro: sono a vostra disposizione. Tanto che il testo non è stato messo al vaglio della categorie del settore, ma delle associazioni cattoliche. Se questa non è censura. E’ una censura a volte mascherata, a volte dichiarata ma che - come conferma la mostra Vade retro - è rivolta contro relazioni, sessualità, desideri che non sono quelli della cosiddetta norma voluta dalla Chiesa. Sotto tiro sono la libertà sessuale e la libertà di gay, lesbiche, transessuali.
Ritorna Pasolini. Certo abusato. Anche da noi. Da tutti. Abusato però forse, ancora di più, da chi sta zitto, da chi, intellettuale, ha abdicato totalmente al suo ruolo. Il salto di qualità nella censura sta nel nuovo clima politico e culturale che si è generato, in cui registi, scrittori, studiosi, donne e uomini impegnati non prendono parola davanti allo scandalo di un’Italietta sempre più integralista.
Non c’entra niente la vecchia storia del rapporto tra arte e impegno o tra forma e contenuto. Non si chiede agli artisti o agli intellettuali di fare proclami, tanto meno di rinunciare alla libertà d’espressione per diventare poeti di corte, anche se una corte che ci piace di più. Si tratta di praticare la rivolta, sempre e comunque, iniziando dalla propria casa, dal proprio contesto. Dire cose scomode, non fare finta di niente. Denunciare il fondamentalismo della Chiesa e dello Stato. Ma certo non possiamo prendercela solo con loro. La responsabilità va rintracciata da varie parti, riguarda anche noi. Perché, forse, siamo stati troppo zitti davanti alle ingerenze della Chiesa, troppo permissivi e oggi ci troviamo in una situazione davvero grave. Le censure di Bologna e Milano andrebbero viste per quello che sono: episodi pericolosissimi, da respingere. Episodi che colpiscono profondamente anche noi. La nostra libertà.
* Liberazione, 14/07/2007
Moratti, una madre badessa a Milano
di Oreste Pivetta *
Vade Retro. Una mostra che fu. Aggiungiamo: Satana. Siamo all’attualità. Vade Retro Satana, perfetta sintesi della cultura (ci si scusi per l’uso improprio del termine) che sa esprimere il primo cittadino di Milano, Letizia Moratti, in arte «Suor Letizia del Convento delle Carmelitane», insieme con alcuni suoi comprimari di giunta, salvo poche eccezioni e tra questi l’assessore competente, Vittorio Sgarbi, inventore di «Suor Letizia», che ha rivendicato una nuova delega: capo della commissione censura (già governa la commissione toponomastica).
La mostra che si doveva inaugurare a Milano, dentro le sale di Palazzo Reale, e che non verrà mai inaugurata (almeno nella capitale del cosiddetto Nord progressivo e illuminato) ha un sottotitolo che spiega tutto: «Arte e Omosessualità». Essendo Milano città da primati, la Moratti ne ha voluto aggiungere uno: non s’era mai visto un sindaco (e che sindaco) girare tra cataloghi e saloni d’arte con il dito puntato a bacchettare «questo sì, questo no» e invece è successo anche questo. S’era cominciato con la scultura che raffigurava Ratzinger biondo platino in calze autoreggenti: blasfema. Se l’è portata a casa Sgarbi (che l’ha comprata). Suor Letizia ci ha preso gusto, tralasciando gli affari e i comitati d’affari che gli stanno a cuore. Una distrazione di poco momento, per poter tagliare di qui e sforbiciare di là. E così s’è sommata alle prime (c’era anche un Sircana cancellato da Sgarbi, perchè brutto) qualche altra epurazione. A difesa della morale. Perchè l’omoquadro o l’omoscultura non offendessero i nostri occhi innocenti. Roba da regime. Ma persino quel regime conosciuto dall’Italia era più libero di testa (almeno in certi anni) della «continente» (altra definizione di Sgarbi) suor Letizia. Ha avuto ragione l’assessore: se censura deve essere, lo sia fino in fondo e quindi si chiuda la mostra.
La figuraccia è clamorosa. Che a dettare legge siano i pruriti del sindaco e di alcuni dei suoi mette i brividi. Una mostra si espone per definizione alla critica di chi vuole criticare: lasciatela vedere, solo così si potrà conoscere di che arte si tratta e se si tratta, eventualmente, di una schifezza. Ma la libertà a chi si esprime per via artistica bisogna pur lasciarla: intollerabile comprimerla o cancellarla per opportunismi politico-moralistici.
Pare che, secondo il racconto di Sgarbi, persino Berlusconi si sia dato da fare per convincere in altro senso la signora Moratti che lui stesso aveva benedetto sindaco. Senza riuscire a smuoverla. Così racconta lo stesso Berlusconi allo stesso Sgarbi e non c’è da credergli. Si sa che a contar balle l’ex premier non ha rivali. Ma che importa... Importa quest’altra prova del livello bassissimo su cui si è adagiata questa Milano. Neanche Albertini, il predecessore, avrebbe osato tanto. La signora continua imperterrita a non combinare nulla dove dovrebbe (tanto per dire: dal traffico all’inquinamento), nel provocare a vanvera (vedi le sue marce per la sicurezza), nell’elargire mance agli amici sotto specie di collaborazioni e nel ficcare il naso dove non dovrebbe. Oltretutto non si accontenta d’annusare una città che puzza di smog dalla mattina alla sera. Decide quando proprio dovrebbe lasciare decidere in pace gli altri. Tra i quali i visitatori di una mostra.
«Dimettermi? No, mi diverto sempre più». Ha ragione Sgarbi. Ma a noi, milanesi, non negateci l’amarezza e la vergogna.
* l’Unità, Pubblicato il: 14.07.07, Modificato il: 14.07.07 alle ore 14.45
L’esposizione che aveva suscitato vivaci polemiche non aprirà al pubblico
Opere ritirate e censura del sindaco Moratti alla base della decisione
Milano, salta la mostra sull’omosessualità Sgarbi: "Fallita la mediazione di Berlusconi" *
MILANO - Il tormentone è finito: la mostra "Vade retro: arte e omosessualità" non aprirà al pubblico. Lo ha comunicato l’assessore Vittorio Sgarbi dopo le polemiche di questa settimana. "E’ una decisione degli organizzatori - ha detto l’assessore - che io condivido. La mostra si farà in un’altra città con le opere censurate". Sgarbi ha anche rivelato di aver telefonato a Silvio Berlusconi perchè convincesse il sindaco Letizia Moratti a recedere dalla posizione assunta sulle opere da eliminare: "Una missione fallita. Di fronte alla censura la soluzione più concreta è la censura estrema e quindi la cancellazione della mostra".
L’esposizione, inaugurata lunedì, di fatto non ha mai aperto i battenti al pubblico. Nei giorni scorsi era stata decisa la rimozione di due opere: una, le cui fattezze ricordavano Papa Benedetto XVI, l’altra, una manipolazione della fotografia di Silvio Sircana fermo in auto vicino ad un transessuale. Una decisione condivisa dallo stesso Sgarbi perché le opere "coinvolgevano personalità con un ruolo istituzionale". Oltre a ciò era stato posto il divieto ai minori di 18 anni.
Questa mattina la rottura definitiva. Il sindaco Moratti, d’accordo con i capi delegazione dei gruppi consiliari della maggioranza, ha deciso la rimozione di altre dieci opere, secondo il principio che non devono esserci riferimenti alla religione ed alla pedofilia. Un’ingerenza insopportabile secondo Sgarbi che ha auspicato la chiusura della mostra: "Non riesco a concepire l’ipotesi che a Milano s’istituisca un ufficio della censura". Fino alla decisione degli organizzatori e alla chiusura definitiva.
Immediate le reazioni. Secondo l’assessore di FI, Tiziana Maiolo: "A parte quella raffigurante il Papa e quella di Sircana, le altre opere si potevano lasciare. Non c’è niente di più scandaloso rispetto a quello che si vede per esempio agli scavi di Pompei". Per il consigliere comunale dell’Ulivo, Pierfrancesco Majorino: "La giunta Moratti ha mostrato in quest’occasione il peggio di sè". Il deputato di Sd, Franco Grillini sottolinea che la chiusura della mostra è solo "l’ultimo episodio di una serie incredibile di censure che abbiamo subito anche su altre piazze".
La replica del Comune non si è fatta attendere. Il portavoce del sindaco Letizia Moratti ha fatto sapere: "Per l’amministrazione vale quello che è stato deciso oggi nella riunione di Giunta e quindi che la mostra può aprire domani senza quella decina di opere. Se poi gli organizzatori domani non aprissero la mostra al pubblico, vedremo".
L’assessore Vittorio Sgarbi, comunque esclude l’ipotesi di proprie dimissioni: "Mi diverto sempre di più. Io ho tolto le opere che andavano tolte. L’eliminazione di altre ha provocato la decisione degli organizzatori che domani terranno una conferenza stampa". Si fanno ipotesi anche sulla nuova destinazione della mostra: "Posso dire già da ora - continua Sgarbi - che c’è un’offerta da Savona. È chiaro che se la mostra si farà da qualche altra parte sarà uno smacco per Milano". Di fatto, mai titolo fu più azzeccato. Alla mostra "Vade retro", per ora, nessuno è riuscito ad entrare.
* la Repubblica, 13 luglio 2007
L’artista colombiano: «I graffiti sono una disgrazia dell’umanità»
Statua imbrattata,
Botero: «Un’inciviltà»
Ai microfoni di Radio Lombardia lo sfogo del maestro: «Mi dispiace perché amo l’Italia» *
MILANO - «Un gesto di inciviltà che deve essere rimosso al più presto». Ai microfoni di Radio Lombardia il maestro Fernando Botero ha espresso il suo rammarico parlando della «W» in vernice d’oro comparsa all’altezza del pube sulla statua «Donna in piedi» esposta in piazza della Scala a Milano. «Mi sento male - ha detto l’artista contattato telefonicamente - perché questo Paese è molto importante per me. Questo è inammissibile, è un attacco a me come artista da parte di qualcuno che non ama il lavoro e l’arte. Quando si espone un’opera in un luogo pubblico - ha detto Botero - è una dichiarazione di confidenza sulla civiltà del pubblico».
«DISPIACIUTO» - «Mi dispiace che sia accaduto proprio a Milano, amo l’Italia. Ho esposto in tutto il mondo e quello che è successo è veramente molto triste». Alla domanda su cosa pensa dei graffiti, Botero ha risposto: «I graffiti non sono arte, i graffiti sono una disgrazia arrivata all’umanità che hanno rovinato tante bellezze del mondo». Al maestro, che non lo conosceva, è stato spiegato il significato dello sfregio («Viva l’organo genitale femminile»): «Questo lo possono dire ma non scriverlo sopra un’opera, questo non si fa», ha detto Botero. Lei vuole che la scultura venga ripulita? «Il più presto possibile e deve rimanere dov’è». La statua imbrattata fa parte di una serie di opere disseminate per la città in contemporanea con la mostra dedicata all’artista colombiano organizzata dal Comune a Palazzo Reale.
* Corriere della Sera, 13 luglio 2007
SUOR LETIZIA CHIUDE LA MOSTRA OMOSEX
di Luca Fazio *
La censura no, orrore. E così, grazie al turbamento di suor Letizia, adesso ci tocca anche difendere una mostra «spinta» per finta che ha scandalizzato mezza Milano giusto perché ormai siamo un popolo di mangiamaccheroni bipartisan come Chiesa comanda. In fondo si trattava solo di una esposizione sul tema arte e omosessualità che a partire dal titolo, Vade retro, probabilmente sarebbe passata inosservata in qualunque capitale europea del XVII secolo.
E qui, nella frigida capitale del bigottismo ritrovato, al massimo avrebbe provocato brividi lungo il fondo schiena a qualche inquisitore pruriginoso e con poca fantasia, quindi in perfetta sintonia con gli autori di alcune noiosissime opere contestate. E bruttine. Tre in particolare avevano alzato la pressione sanguigna degli adetti ai lavori, spingendo il povero assessore Sgarbi - che adesso se la ride con la sua solita faccia tosta - a ritirare persino migliaia di cataloghi della mostra. Il nostro assessore campione di trasgressione a mezzo stampa forse pensava di cavarsela così pur di salvare la sua mostra, censurando due delle tre opere - comprandole, come un vero signore, a 25mila euro - e oscurandone una terza. Quali? Un vecchietto seminudo con tanto di giarrettiera e bandana, opera dell’artista Paolo Schmidlin, per i maligni troppo rassomigliante al celebre inquilino che detta le sue regole dal Cupolone.
Mah. Sui giornali, se proprio dobbiamo fare gli spiritosi, ci sono foto artistiche di Papa Ratzinger che da sole valgono dieci statuette in giarrettiera. L’altra opera non indimenticabile dello scandalo, invece, raffigura l’automobile del portavoce di Prodi, Sircana, che si affianca a un viados, travestito da Gesù. Nient’altro che la foto ritoccata che è stata pubblicata (con maggior scandalo) da tutti i giornali. Ma a suor Letizia la parziale censura non è bastata. Lei, che se fosse sindaca di Parigi raderebbe al suolo il Louvre per via di quei depravati che espongono le loro zozzerie, e che stenderebbe un velo di lava pietosa e incandescente anche sulle straordinarie esibizioni priapesche raffigurate a Pompei, ieri ha preteso di più: voleva il sacrificio di altre dieci opere.
Troppo, anche per un «yes women» come Sgarbi, che non ha potuto far altro che prendere atto della saggia decisione degli organizzatori: niente mostra. «Non riesco a concepire - ha sorriso l’assessore - l’ipotesi che a Milano s’istituisca un ufficio della censura. Anche perché la censura togliendo una cosa, l’afferma». Inoltre, senza spingere oltre l’ardita metafora, Sgarbi ha aggiunto che «mai sottotitolo fu azzeccato: Vade Retro, nel senso che proprio in questa mostra non si riesce ad entrare».
La querelle ha permesso all’opposizione (centrosinistra) di mettere in mostra tutta la sua notoria verve libertina, avendo gioco facile a prendersela con la Moratti: un po’ come sparare sulla crocerossina. Curiosamente, però, nessuno difende le due opere contestate, proprio quelle che Sgarbi si era affrettato a far sparire di tasca sua perché «coinvolgevano personalità con un ruolo istituzionale».
Adesso, probabilmente, lo scandalo farà il giro d’Italia a tappe, e sarà uno spasso assistere alla replica delle polemichemeneghine. Ma la soluzione è dietro l’angolo, perché c’è solo un sindaco che può annunciare al mondo, urbi et orbi, che Roma ama l’arte. Tanto, Ratzinger & Sircana sono già spariti nel salottino lubrico di Sgarbi.
....CONTRO OGNI CENSURA *
I POLITICI NON DIANO LEZIONI DI MORALITÀ AGLI ARTISTI, CHE LOTTANO GIORNO DOPO GIORNO, RISCHIANDO SUL PROPRIO LAVORO E A VOLTE ANCHE SULLA PROPRIA PELLE, CON LE SOLE ARMI DELLA FORZA DELLE PROPRIE IDEE, DEL PROPRIO CORAGGIO E DELLA PROPRIA INTELLIGENZA.
L’arte aborre qualsiasi forma di censura..
La censura e il divieto sono il terreno di crescita e di fermentazione di ogni forma di integralismo, di ogni dittatura e di ogni conformismo.
Non esiste arte se non c’è piena libertà di espressione, e non esiste libertà d’espressione quando gli artisti non sono liberi di esprimersi, di lavorare, di esporre - liberamente e pubblicamente - le loro opere, quasiasi esse siano.
Noi ci opponiamo a qualsiasi forma di condizionamento che non sia quello della nostra coscienza.
Non crediamo nei falsi moralismi di chi oppone il rispetto delle convenzioni, delle fedi o religioni alla piena e assoluta libertà di espressione degli artisti.
Il rispetto di ogni idea, di ogni fede, di ogni credo si conquista e si difende sul campo, con il confronto, con la discussione, con lo scontro, anche aspro, delle idee. Quando occorre con lo sberleffo e la pernacchia liberatoria. Noi difendiamo il diritto degli artisti di usare, se lo credono anche lo sberleffo e pernacchia liberatoria, contro l’uso improprio della violenza delle convenzioni imposte con lo strumento osceno ed offensivo della censura e dei divieti.
I politici non diano lezioni di moralità agli artisti, che lottano giorno dopo giorno, con le sole armi della forza delle proprie idee, del proprio coraggio e della propria intelligenza.
Noi siamo con gli artisti che si abbeverano alla fonte del diavolo par far piovere sulla ragione (Tzara). Noi siamo dalla parte delle opere messe al bando perché condiderate immorali o contrarie al buon gusto o alla fede e alla religione corrente; siamo dalla parte di Socrate costretto al suicidio, dalla parte di Pietro Aretino censurato e del Boccaccio purgato dalla penna di Salviati, dalla parte di Rabelais e di Erasmo da Rotterdam, di Michelangelo imbraghettato dalla Controriforma, dalla parte del Campanella incarcerato, e di Galileo condannato e riabilitato quattro secoli dopo; siamo dalla parte degli impressionisti sbeffeggiati dai loro contemporanei, dei mille Salon des Réfusé di tutto il mondo, dall’Arte degenerata e dell’Orinatoio di Duchamp rifiutato a New York e venerato un secolo dopo in ogni angolo del globo; siamo dalla parte di Oscar Wilde incarcerato e gettato nella polvere perché omosessuale, dalla parte dei futuristi fischiati dai bravi borghesi e degli street artists di tutto il mondo perseguitati come vandali e imbrattatori; siamo dalla parte di Pasolini perseguitato per tutta la vita e santificato poi nella morte; dalla parte di Salman Rushdie costretto a nascondersi dalla follia integralista, da quella di Hubert Selby ir: considerato osceno e di Boris Pasternak e di Solgenitzin condiderati nemici del popolo.
Siamo dalla parte di qualsiasi artista che abbia subito o che subisca limitazioni alla propria libertà d’espressione.
“Diverso” è solo un altro modo di dire noi!
Ivan
atomo tinelli - airone - aikuza - il santissimo - ivan - nais e molti altri....
L’accusa del Financial Times: "Dimenticato il femminismo"
Per il giornale sono trattate peggio solo a Cipro, Egitto e Corea
"L’Italia un paese di veline
le donne sono solo oggetti"
dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI *
LONDRA - Fin dal titolo, è un’accusa senza mezzi termini: "La terra che ha dimenticato il femminismo", sovraimpresso sul noto cartellone pubblicitario di Telecom Italia in cui Elisabetta Canalis, seduta a gambe incrociate con un telefonino in mano, piega il busto in avanti, in una posizione non proprio comodissima, rivelando una generosa scollatura. E’ la copertina dell’inserto patinato del Financial Times di ieri, che in un articolo di quattro pagine denuncia severamente il trattamento riservato alle donne nel nostro paese: l’uso di vallette seminude in ogni genere di programma televisivo, gli spot pubblicitari dominati da allusioni sessuali, il prevalere della donna come oggetto, destinata a stuzzicare "i genitali dell’uomo, anziché il cervello". Non solo: secondo l’autore del servizio, Adrian Michaels, corrispondente da Milano dell’autorevole quotidiano finanziario, potrebbe esserci un legame fra l’onnipresenza di maggiorate in abiti discinti sui nostri mezzi di comunicazione e la scarsità di donne ai vertici della politica, del business, delle professioni in Italia.
Arrivato a Milano tre anni fa da New York insieme alla moglie, Michaels ammette di essere rimasto stupefatto dal modo in cui televisione e pubblicità dipingono le donne; e ancora più sorpreso dal fatto che apparentemente nessuno protesta o ci trova qualcosa di male. Come esempi del fenomeno, oltre al cartellone della Canalis per la Telecom, cita le vallette del gioco a quiz di Rai Uno L’eredità, la pubblicità dei videofonini della 3, le vallette di Striscia la notizia, l’abbigliamento della presentatrice sportiva Ilaria D’Amico di Sky Italia.
L’articolo considera quindi una serie di dati da cui risulta che le donne italiane sono fra le più sottorappresentate d’Europa nelle stanze dei bottoni: il numero delle parlamentari, 11 per cento, è lo stesso di trent’anni fa; nelle maggiori aziende italiane le donne rappresentano solo il 2 per cento dei consigli d’amministrazione (rispetto al 23 per cento nei paesi scandinavi e al 15 negli Stati Uniti); e un sondaggio internazionale rivela che la presenza di donne in politica, nella pubbica amministrazione e ai vertici del business è più bassa che in Italia soltanto a Cipro, in Egitto e in Corea del Sud. "La mia sensazione è che il femminismo, dopo importanti battaglie per il divorzio e l’aborto, da noi non esista più", gli dice il ministro Emma Bonino, interpellata sul tema.
Altri fattori aumentano le difficoltà delle donne ad avere una diversa posizione sociale, osserva il quotidiano londinese: il lavoro part-time è raro in Italia (15 per cento della forza lavoro rispetto al 21 in Germania e al 36 in Olanda), cosicché le donne che cercano di giostrarsi tra famiglia e carriera sono spesso costrette a scegliere l’una o l’altra. L’articolo ricorda un discorso del governatore della Banca d’Italia Draghi secondo cui il nostro è uno dei paesi europei in cui meno donne tornano all’occupazione dopo la maternità.
Un altro motivo è che gli orari dei negozi ("impossibile fare la spesa il lunedì mattina, il giovedì pomeriggio, la sera e la domenica") complicano la vita della donna che lavora, su cui continua comunque a pesare la responsabilità di casa. La lettera di Veronica Berlusconi pubblicata da Repubblica, in cui chiedeva le pubbliche scuse di Silvio per il suo comportamento con le donne, potrebbe segnalare l’inizio di un cambiamento, ipotizza Michaels. Ma uno dei pubblicitari da lui intervistati avverte: "L’Italia è indietro nel modo in cui sono trattate le donne rispetto ad altri paesi, ma abbiamo un metro per giudicare cos’è accettabile diverso dal vostro. Gli uomini e le donne italiani non saranno mai come gli uomini e le donne britannici".
* la Repubblica, 15 luglio 2007