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Il collettivo femminista Maistat@zitt@, per rispondere alla delibera della Regione Lombardia sul funerale obbligatorio per i feti abortiti, indice un CORTEO FUNEBRE DELL’OVULO NON FECONDATO
giovedì 8 marzo 2007 ore 18
partenza da Corso Italia 19, Milano
(sede centrale dell’Asl di Milano)
Dopo aver consegnato all’Asl i nostri assorbenti usati perché vengano "degnamente" seppelliti, il corteo si snoderà per le vie del centro.
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Ingerenze Vaticane nella vita delle donne
FUNERALI DEI FETI O FOSSE COMUNI?
LA REGIONE LOMBARDIA CONTRO LE DONNE.
La mobilitazione di Usciamo dal Silenzio
Accade in Lombardia, ma non è certo una vicenda locale da esaurire con qualche botta e risposta e scomparire dai giornali in un battibaleno.
Accade in Lombardia, ma ha un tale impatto simbolico e concreto sulla vita delle donne e significa per ciascuna di noi essere ricacciata indietro sulla strada faticosa che continuiamo ostinatamente a voler pecorrere.
Accade in Lombardia, terra formigoniana, ma stavolta accade con il voto dei consiglieri regionali di opposizione.
E così il nuovo regolamento funerario della Regione Lombardia fa obbligo al personale sanitario di porre alla donna che ha appena effettuato un’interruzione di gravidanza e al suo compagno la scelta tra un funerale privato del feto anche sotto le venti settimane e l’invio, curato dalla Asl, in una fossa comune.
Usciamo dal silenzio ne ha discusso ieri sera in un laboratorio pieno di interventi e passioni: la colpevolizzazione, l’intimidazione che questo provvedimento porta con sè, ognuna di noi la sente come immediata e profonda offesa. Ci vogliono soggetti colpevoli e comunque soggetti minori: non possiamo non cogliere i nessi con ciò che sta accadendo, ancora una volta, sulla vicenda delle unioni civili, nella riproposizione costante di una subalternità intollerabile alle gerarchie cattoliche in tutti i temi che riguardano il nascere, il morire, le libere relazioni tra le persone. Quella che è stata la ragione d’essere di Usciamo dal silenzio, quello che ci ha portato in piazza il 14 gennaio, non tanto e non solo l’attacco alla 194, ma la messa in discussione della libertà femminile, si manifesta nella sua urgenza, e urgente ci appare decidere una pubblica strategia di risposta che non conosca timidezze anche rispetto al governo di centrosinistra.
Cominceremo a farlo nella nostra assemblea del 13 febbraio (alle 21 alla Camera del Lavoro), ma ci piacerebbe che questo nostro allarme trovasse risposte e proposte nella rete che in quest’anno ha continuato a lavorare.
Vi chiediamo dunque non solo di partecipare numerose all’assemblea, ma di coinvolgere le reti del ’messaggio in bottiglia’ di un anno fa, e di partecipare al dibattito sul sito www.usciamodalsilenzio.org, costruendo così insieme un percorso di iniziativa e di mobilitazione per rompere nuovamente il silenzio e dire con chiarezza che nel nostro paese c’è qualcuno che vuole contrastare la pericolosa deriva che la politica sta prendendo rispetto ai temi delle libertà individuali, della laicità dello stato e della libertà femminile.
Usciamo dal Silenzio
Sul tema, nel sito, si cfr.:
IN NOME DELL’EMBRIONE, UNA VECCHIA E DIABOLICA ALLEANZA
Otto marzo a Milano
CORTEO FUNEBRE DELL’OVULO NON FECONDATO *
di
Il collettivo femminista Maistat@zitt@, per rispondere alla delibera della Regione Lombardia sul funerale obbligatorio per i feti abortiti, indice un CORTEO FUNEBRE DELL’OVULO NON FECONDATO
giovedì 8 marzo 2007 ore 18
partenza da Corso Italia 19, Milano
(sede centrale dell’Asl di Milano)
Dopo aver consegnato all’Asl i nostri assorbenti usati perché vengano "degnamente" seppelliti, il corteo si snoderà per le vie del centro.
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ALTRO CHE FESTA DELLA DONNA: IN LOMBARDIA UN 8 MARZO DI MIMOSE NERE!
8 marzo 1908: dopo giorni di sciopero, 129 operaie di un’industria tessile di New York morirono nell’incendio della fabbrica in cui lavoravano e in cui il padrone le aveva rinchiuse.
8 marzo 2007: a Milano scendiamo in piazza con un corteo funebre per rispondere a Formigoni, che vorrebbe rinchiuderci nel suo orrendo integralismo.
Mentre strutture importanti come la Casa delle donne maltrattate di Milano si vedono tagliati tutti i finanziamenti da parte degli enti locali, ecco come usa i soldi pubblici la Regione Sagrestia: il 30 gennaio 2007 il consiglio regionale guidato dal ciellino Formigoni ha approvato col voto dell¹opposizione una delibera, mascherata sotto il nome di "Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali", che obbliga tutte le donne che abortiscono a decidere se seppellirsi da sé il proprio feto o farlo seppellire all’Asl, coi soldi pubblici, in una fossa comune.
Ai tempi della schiavitù i proprietari terrieri stupravano le schiave e chi nasceva da quegli stupri era considerato/a proprietà dello schiavista. Oggi, anno del dominio santo 2007, il feudatario della Regione Sagrestia si sente padrone dei prodotti abortivi nel suo territorio e, sfruttando la norma e nascondendosi dietro il linguaggio burocratico-amministrativo, obbliga a considerarli come già nati. Proprio come pretende la chiesa cattolica con le sue inaccettabili ingerenze nella politica italiana.
Questa delibera è molto grave e abbassare i toni del dissenso, come suggeriscono i consiglieri regionali DS per giustificare il loro voto favorevole al nuovo regolamento funerario, significherebbe tacere le rilevanti implicazioni che comporta. Con questa nuova manovra politica si sancisce per legge il principio, tanto caro agli integralisti cattolici, per cui prodotto abortivo e persona deceduta sarebbero la stessa cosa, obbligando la donna a fare i conti con la morale cattolica anche quando sia finalmente riuscita ad usufruire della legge 194 per l¹interruzione di gravidanza!
Si tratta infatti di un’ulteriore grave criminalizzazione che va ad aggiungersi ai tormenti che le donne devono subire per poter usufruire del diritto all¹interruzione volontaria di gravidanza: una contorta burocrazia prescritta dalla legge 194 che rappresenta di per sé un ostacolo ad una libera scelta che andrebbe invece pienamente rispettata e tutelata; la presenza indiscriminata e crescente di medici obiettori di coscienza che costringe le donne a subire in alcuni ospedali pubblici una vera e propria interruzione di pubblico servizio. Tutto ciò mentre si chiudono i consultori e si aprono le porte degli ospedali pubblici a bigotti volontari che dovrebbero far desistere le utenti dalla decisione presa.
Dietro a questo provvedimento c¹è, insomma, la stessa imposizione morale già vista nella legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, laddove si riconoscono all’embrione vera e propria new entry nel panorama dei soggetti giuridici del nostro ordinamento diritti prevalenti rispetto a quelli della futura madre la quale, infatti, dopo l’impianto dell’ovulo fecondato non può più tornare indietro e deve sobbarcarsi la croce sacrificale della gravidanza!
Che cosa dobbiamo aspettarci ancora?
Se le cazzate sono incalcolabili come le stelle, il funerale dell’ovulo non fecondato è la rappresentazione del nostro rifiuto alle imposizioni passate, presenti e future da parte della Regione Sagrestia e dello Stato Etico Italiano, contro le quali ribadiamo la nostra libertà di autodeterminarci.
PER LA TOTALE DEPENALIZZAZIONE DELL’INTERUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
FUORI GLI OBIETTORI DAGLI OSPEDALI PUBBLICI!
FUORI I PRETI E LA REGIONE SAGRESTIA DALLE MUTANDE!
* IL DIALOGO, Mercoledì, 07 marzo 2007
Duro attacco del presidente della Camera dopo la proposta del Carroccio
Salvini: "Era solo una provocazione". La Russa: "Calcolo elettorale"
Metro solo per milanesi, attacco di Fini
"Offende Costituzione e dignità" *
ROMA - E’ dura la reazione del presidente della Camera Gianfranco Fini alla proposta dell’esponente della Lega Nord Matteo Salvini, di riservare ai milanesi posti sulla metropolitana. "E’ una proposta che offende la Costituzione e la dignità. Proposte del genere non si fanno perché sono offensive della Costituzione e della dignità delle persone, a prescindere dal colore della pelle’’. Parole severe che vengono accompagnate da un coro di critiche del Pdl all’indirizzo dell’esponente leghista.
Che, però, non sembra molto colpito dalle parole del presidente della Camera. E rivendica la sua proposta. Definendola, però, solo "una battuta, una provocazione", legata al fatto che "le donne non si sentono sicure su alcune linee dei mezzi pubblici a Milano". Una mezza retromarcia, dunque. Che Salvini spiega così: "Abbiamo solo evidenziato il problema della sicurezza nei mezzi pubblici. Parlavamo di donne, telecamere e controllori e scherzando dicevamo che avanti di questo passo fra 15 anni ci saranno i posti riservati ai quattro milanesi sopravvissuti visto che sono sempre meno". All’accusa di razzismo, Salvini ribatte: "Brutta o bella giudicheranno quelli che prenderanno il tram".
Pesanti e univoche le reazioni che arrivano dal Pdl. "Proposta demagogica ed inaccettabile’’ attacca il ministro per le Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi. Per il ministro per l’attuazione del Programma Gianfranco Rotondi si tratta di una cosa "che non verrà mai presa in considerazione". Maurizio Lupi, presidente Pdl della Camera dei deputati, invoca l’intervento del Carroccio: "Proposta senza senso, la Lega intervenga". Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi taglia corto: "E’ una solenne cretinata". Ignazio La Russa, infine, vede nelle uscite di Savini un calcolo politico leghista: "Capisco che siamo in campagna elettorale. Ma invece di pensare ai quattro voti che forse ha portato a casa con le sue dichiarazioni Salvini dovrebbe chiedersi se questa è una soluzione percorribile". E Fini ricorda: ""Nel ddl sulla sicurezza ho fatto levare due norme anticostituzionali". Ovvero quelle sui medici e i presidi. spia. Cosa che ha indispettito, non poco, la Lega.
* la Repubblica, 8 maggio 2009
Stajano: la peste torna a Milano. «È una città incattivita ed egoista»
di Cesare Buquicchio *
A spasso per Milano. Girando qua e la «come un sonnambulo, quasi non la conoscessi». È così che Corrado Stajano, giornalista e scrittore, autore del celebre ritratto del milanese «eroe borghese» Giorgio Ambrosoli, racconta la città che ha amato e che vorrebbe ancora amare. Ma Milano si è trasformata ne «La città degli untori» (Garzanti Editore - 256 pagine - Euro 16.60). «E’ una città mezza morta che fa venire in mente i bubboni della peste mascherati con orpelli dorati».
La città lucente di acque magnificata da Bonvesin da la Riva non c’è più. E’ rimasta contagiata dalle torture compiute dei fascisti sui loro prigionieri, a beneficio della coppia Valenti-Ferida. Segnata da altre violenze: da Piazza Fontana agli anni del terrorismo e dei servizi segreti infedeli.
Macchiata dalla decadenza della borghesia, parallela alla drammatica e quasi repentina fine della classe operaia, dal tramonto del cattolicesimo democratico e da una nuova peste: la corruzione.
«E’ trascorso tanto tempo - racconta Stajano - da quando, dopo mezzogiorno, si vedevano passare affiancati, in via Fiori Chiari, Craxi, Ligresti e Berlusconi, il potere politico e quello dei soldi d’avventura, che andavano a far colazione in una delle tante trattorie, spesso di loro proprietà, del quartiere di Breda». Era la «Milano da bere» spazzata via dalle inchieste di Mani Pulite.
Ma «la città, da allora, si è come indurita - riflette ancora Stajano - non ha saputo discutere le cause vicine e lontane di una corruzione che ha macchiato tutti i partiti politici e tutti gli strati sociali. Non ha saputo darsi una ragione, fare i conti con sé stessa, cercar di capire, trovare i modi per ricominciare in modo pulito tirando fuori idee e proposte di riscatto. (...) Il grande vuoto nato allora doveva essere colmato con gli strumenti della politica e della cultura che sono invece mancati. Se si pensa alla classe dirigente nata e fiorita a Milano: Bossi, Berlusconi, la Pivetti, Albertini, la Moratti. Con un’opposizione che fa di tutto per assomigliargli in una pratica politica omologata».
Nella Milano raccontata da Stajano a partire dalle sue strade, dai suoi marciapiedi, nasce il fascismo, qui gli ideali storici del socialismo si barattano per cupidigia, qui trovano terreno grasso il prevaricante populismo berlusconiano e l’assordante grettezza leghista. Allora la peste, nella sua realtà storica (quella raccontata dal Manzoni nei Promessi sposi) e nella sua valenza simbolica di morbo morale, che avvelena la vita delle persone e delle cose, diventa la chiave di lettura che attraverso stratificazioni storiche e metamorfosi di costume può cogliere una lunga durata di vergogna e sofferenza.
* l’Unità, 14 marzo 2009
Intervento
del Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano
in occasione della celebrazione della
Giornata Internazionale della Donna
- Quirinale, 7 marzo 2009 -
Rivolgo innanzitutto il più cordiale saluto ed augurio alle donne italiane di ogni età e di ogni condizione sociale. Questa è la vostra Festa, questa è la vostra Giornata, ed è l’occasione per esprimervi la riconoscenza della Nazione, la riconoscenza delle istituzioni che molto debbono alla vostra presenza operosa, al vostro peculiare e insostituibile contributo in tutti i luoghi in cui si costruisce la convivenza civile e il benessere comune del paese.
E sono lieto che domani il ministro Carfagna possa portare anche il mio saluto alle donne che operano con le nostre Forze Armate nella missione in Kossovo.
In un giorno come questo è giusto richiamare l’attenzione in primo luogo sui passi avanti che anche nel corso dell’ultimo anno si sono fatti nel senso dell’affermazione del ruolo delle donne nella società italiana: che si sono fatti per loro merito, grazie al loro impegno. E’ qui il senso del titolo che abbiamo voluto dare a questa celebrazione dell’8 marzo: "Onore al Merito". E è molto significativa la partecipazione, stamattina, di donne brillantemente affermatesi in molteplici attività di studio, professionali, imprenditoriali, sociali, artistiche.
Non c’è dubbio, d’altronde, che la componente femminile si stia imponendo, per migliori risultati, a tutti i livelli, nel sistema di istruzione e formazione; essa, tra l’altro, si rafforza e addirittura prevale in facoltà universitarie considerate un tempo di pertinenza maschile. Abbiamo visto nell’ultimo anno come tenda a rafforzarsi, la componente femminile, nelle organizzazioni dei lavoratori e in quelle dei datori di lavoro; e tenda a rafforzarsi, sia pur lentamente, nei Consigli di Amministrazione delle aziende e nei ruoli dirigenziali. A proposito di questi ultimi, un attento sociologo ha nei giorni scorsi indicato i motivi per cui la promozione di donne a dirigenti "può essere un vero e proprio ’moltiplicatore’ dei risultati aziendali".
Non a caso, dunque, possiamo oggi consegnare onorificenze al merito della Repubblica a un’importante professionista nel campo dell’attività fotografica, alla promotrice di una coraggiosa iniziativa di sostegno dei disabili gravi e delle loro famiglie, a una ricercatrice scientifica di alto livello, ad una giovane stella della danza, a una delle non molte - purtroppo - direttrici d’orchestra, alla prima donna entrata a far parte del Direttorio della Banca d’Italia con il ruolo di Vice Direttore Generale, e ad una eminente veterana dell’insegnamento, un’insigne docente di matematica, Emma Castelnuovo, alla quale rendo speciale omaggio anche perché rappresenta, e ci ricorda, la resistenza al fascismo che oltre a privare le donne di fondamentali ed elementari diritti le costrinse, se ebree come lei, con le infami leggi razziali ad abbandonare con i loro colleghi e studenti le scuole pubbliche rifugiandosi con coraggio in un esperimento di scuola privata esclusivamente ebraica.
Le affermazioni recenti, in vari ambiti, di personalità femminili, quali quelle che ho ricordato, care amiche partecipanti, sono le luci. Ma sappiamo che restano tante ombre: in particolare, quelle della sempre modesta, molto modesta presenza femminile nelle istituzioni rappresentative e in funzioni dirigenti nel mondo della politica. Restano molte ombre sulla strada della parità salariale e innanzitutto della partecipazione delle donne alle forze di lavoro e all’occupazione complessiva. E non possiamo non chiederci in questo momento - nel contesto di una crisi finanziaria ed economica che dà segni piuttosto di ulteriore aggravamento che non di allentamento - quanto rischi di essere particolarmente colpito il lavoro femminile : tema sul quale ancora non si vede concentrarsi abbastanza l’attenzione, la riflessione, l’impegno.
Questo è il panorama generale a cui ci richiama l’8 marzo: un panorama che non può peraltro ignorare l’ombra più pesante di tutte, la vergogna e l’infamia delle violenze contro le donne, degli stupri, e di tutte le forme di molestia, di vessazione, di persecuzione nei confronti delle donne. Nel mondo e in Italia: in una parte del mondo in modi orribili, barbarici; in Italia verso donne italiane o straniere non fa differenza, ad opera di stranieri o di italiani non fa differenza.
Ha scritto ieri il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki Moon: "la violenza sessuale contro le donne è un crimine contro l’umanità. Viola tutto quello per cui si battono le Nazioni Unite. Provoca conseguenze che vanno ben al di là del visibile e dell’immediato. L’impatto sulle donne e sulle ragazze, sulle loro famiglie, sulle loro comunità e sulle loro società in termini di vite e di focolai spezzati, va oltre ogni possibile calcolo".
Nel nostro paese possiamo dire che si stanno facendo dei passi avanti anche nel reagire a ogni sorta di violenza contro le donne e ad ogni sorta di pratiche lesive della loro dignità. Passi avanti sul piano della presa di coscienza e della denuncia, con un crescente coinvolgimento delle scuole, come ci dice il successo del concorso i cui vincitori sono stati appena premiati. E passi avanti sul piano dell’intervento legislativo e dell’azione di governo, come ci dicono le iniziative poco fa richiamate dal ministro Carfagna, alcune delle quali già ampiamente condivise in Parlamento.
Il quadro di riferimento generale per portare avanti la causa delle donne in tutti i suoi aspetti resta, più che mai, la nostra Costituzione. I valori più preziosi per le donne - libertà, emancipazione, partecipazione attiva alla vita sociale e civile, uguaglianza di opportunità, pieno riconoscimento, a parità con gli uomini, dei talenti e dei meriti - sono, lo sappiamo, il prodotto di un lungo processo di trasformazione della società, della cultura e del costume, il prodotto di una graduale maturazione della coscienza collettiva. Ma è con la Costituzione che quei valori si sono fatti principi. E diritti.
Principi cui ispirare la legislazione, la giurisprudenza, i comportamenti effettivi di molteplici soggetti pubblici e privati. Diritti da garantire, anche attraverso il ricorso alla giustizia, da rispettare nel concreto dei rapporti sociali e civili. Diritti via via sanciti dalla Dichiarazione universale e dalle Carte europee, da ultimo quella del 2000, ora integrata a pieno titolo nel Trattato dell’Unione.
Così, agli articoli 3, 29, 37 della Costituzione repubblicana hanno corrisposto nel corso degli anni la riforma del diritto di famiglia, nel segno dell’"uguaglianza morale e giuridica dei coniugi", e un gran numero di leggi, nazionali e regionali, di sentenze, di accordi sindacali, che hanno concorso a un più alto riconoscimento della condizione della donna da parte della società e dello Stato.
La democrazia si consolida, si pone al riparo da ogni rischio, si sviluppa com’è necessario, se si rafforzano il ruolo e il contributo delle donne attraverso il più conseguente rispetto e svolgimento dei principi e dei diritti sanciti dalla Costituzione. Principi e diritti che fanno della nostra Carta una Costituzione vitale, di assoluta validità in tutta la sua prima parte, anche perché aperta al nuovo, proiettata verso il futuro. Una Costituzione da richiamare non per un qualche omaggio formale ma per un convinto ancoraggio al suo dettato e al suo spirito - insomma, una Costituzione da far vivere: anche con il decisivo impulso delle donne italiane.
Il ministro Fioroni avverte il sindaco di Milano: o si revoca l’ordinanza
o fra dieci giorni verranno sospesi i contributi statali al Comune
Asili vietati ai figli dei clandestini
Ultimatum del governo alla Moratti
ROMA - L’iscrizione alla scuola dell’infanzia deve essere garantita a tutti i bambini, anche ai figli di extracomunitari privi di permesso di soggiorno. Il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha quindi diffidato il sindaco di Milano Letizia Moratti che aveva deciso di vietare l’iscrizione ai figli dei clandestini. Il comune di Milano ha ora 10 giorni di tempo per ripristinare le regole sull’iscrizione alle scuole dell’infanzia dei bimbi extracomunitari. In caso contrario, l’Ufficio scolastico regionale sospenderà la parità concessa e l’erogazione di ogni contributo statale.
Il direttore scolastico regionale per la Lombardia, Anna Maria Dominici, d’intesa con il ministro della Pubblica istruzione, ha diffidato il Comune di Milano anche, in base ai vincoli della legge sulla parità, a garantire il diritto all’iscrizione a tutti i bambini in qualsiasi condizione si trovino, compresa la situazione di morosità delle famiglie per i pagamenti scolastici. Il Comune di Milano, in quanto ente gestore di scuole non statali paritarie - spiega il ministero - è, infatti, tenuto a rispettare gli ordinamenti del sistema nazionale di istruzione e i provvedimenti vigenti anche in materia di iscrizione degli alunni.
La storia ha inizio poco prima di Natale, quando, con una circolare, il Comune di Milano vieta l’iscrizione alla scuola dell’infanzia ai figli di migranti irregolari. Decisione contestata immediatamente da più parti e oggi, con la diffida al primo cittadino del capoluogo lombardo, arriva la risposta del ministero della Pubblica istruzione.
Il diritto all’istruzione "è uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Impedirne la fruizione significa ledere la dignità della persona umana" ha ricordato il ministro Fioroni. "Non possono esistere deroghe a questa fruizione" ha aggiunto, "né per le colpe dei padri né per lo stato di povertà. L’intero assetto legislativo, fino a oggi e a prescindere dai colori politici dei governi, non ha mai messo in discussione il fatto che un bambino che vive sul nostro territorio abbia diritto a essere istruito e curato e questo" ha concluso Fioroni, "indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche della famiglia".
Il provvedimento del ministero prescrive inoltre che nelle scuole dell’infanzia potranno essere accolti solo i bambini che compiranno 3 anni entro il 31 dicembre 2008, o al massimo entro il 31 gennaio 2009 in presenza di disponibilità di posti. Peraltro, i bambini che compiranno i 3 anni dopo tali date, e che il Comune avrebbe voluto iscrivere, potranno essere accolti nelle nuove e numerose sezioni primavera per le quali il Comune di Milano ha già avuto autorizzazioni e risorse dal ministero.
* la Repubblica, 9 gennaio 2008.
Anoressia, Moratti: "Via le foto shock"
Toscani: "Milano ha paura"
GUARDA LE IMMAGINI DELLA CAMPAGNA SHOCK *
Letizia Moratti, proprio mentre si sta concludendo la settimana della moda, dichiara guerra alla pubblicità-shock di Oliviero Toscani contro l’anoressia. Il fotografo grida alla censura e non risparmia le critiche: "Moriranno eleganti a Milano. Moriranno magri, anoressici, ma eleganti" Mentre in passerella sfilano le ultime griffe in calendario per la settimana della moda e la città comincia a svuotarsi di modelle, buyer, stilisti e addetti ai lavori, Letizia Moratti inaugura la sua personale battaglia contro la pubblicità shock di Oliviero Toscani sull’anoressia.
"Ho già dato istruzioni perchè vengano rimossi tutti i manifesti che ritraggono la modella anoressica dagli spazi pubblici che competono al Comune". ha spiegato la Moratti.
Non l’ha presa bene Oliviero Toscani, il fotografo che ha ritratto Isabelle Caro, una modella afflitta da una grave forma di anoressia che l’ha portata a pesare poco più di trenta chili. Per Toscani la rimozione dei manifesti dai muri di Milano "è censura", ed è il segno di "una città che ha paura", una città "cattiva" e razzista". Toscani aveva già detto in passato che Milano è in ritardo rispetto ad altre città europee, e conferma che anche questa decisione lo dimostra: "Moriranno eleganti a Milano. Moriranno magri, anoressici, ma eleganti".
Milano, aggiunge, "è una città che ha paura. E’ una città che non ha più la generosità di una volta. Che non ha più nè la fantasia, nè la capacità artistica di una volta. E’ una città seduta, una città cattiva. E’ una città razzista che non riesce a risolvere i problemi moderni come tutte le grandi città. Ci conoscono per le borse e le scarpe che sono prodotti da terzo mondo. Non ci conoscono per prodotti dell’ingegno".
* la Repubblica, 28 settembre 2007
PERCHÉ LA CITTÀ RISCHIA L’IMPLOSIONE
Senza idee e valori la società risucchia l’energia e non la rifrange più
di UMBERTO GALIMBERTI (la Repubblica/Milano, 14.04.2007, pp. I, XV)
Che cosa sta accadendo a Milano? Prima l’incendio delle tende degli zingari a Opera, poi le ronde della Lega e di An nei campi Rom. Di seguito le scritte contro i gay definiti «froci, bastardi» e il danneggiamento della loro libreria «Babele».
Non di diverso tono le scritte contro gli islamici in viale Jenner. Poi l’incendio del centro sociale di destra «Cuore nero», a difesa del quale oggi ci sarà un presidio a sua volta «presidiato» a poca distanza dai centri sociali di sinistra. Infine la rivolta cinese di via Paolo Sarpi. Che sta accadendo a Milano?
Due cose, a mio parere, che contaminandosi possono determinare l’implosione della città. La prima è che siamo solo all’inizio di quel processo irreversibile che, per effetto della globalizzazione, traduce le grandi città in agglomerati di sconosciuti, senza più quel tessuto sociale che creava un rapporto fiduciario tra gli abitanti del territorio i quali, se anche non si conoscevano, sapevano di sottostare a quella legge non scritta che era l’uso e il costume degli abitanti di quella città. Alla globalizzazione non eravamo preparati. L’abbiamo pensata solo come libera circolazione delle merci, senza neppure sospettare che avrebbe comportato anche la libera circolazione degli uomini.
La seconda causa che minaccia l’implosione è dovuta al fatto che non ci sono più idee. Non ci sono più valori.
Non se ne producono più. La passività e l’inerzia sembrano caratterizzare l’atmosfera della nostra città, dove l’impressione è che nessuno abbia una storia da scrivere né passata né futura, ma solo energia da liberare in una sorta di spontaneità selvaggia, dove non circola alcun senso.
Viene allora da chiedersi come mai dopo tante rivoluzioni e un secolo o due di apprendistato politico, nonostante i giornali, i sindacati, i partiti, gli intellettuali e tutte le energie preposte a sensibilizzare gli uomini alla loro storia, non si trovano cento persone capaci di ripensare la situazione della città e seguirne il cambiamento, mentre centinaia di migliaia rimangono passive e preferiscono senza esitazione un incontro di calcio a un dramma umano o sociale.
Come smuovere questa inerzia, questa passività? Senza una risposta a questa domanda, senza una curiosità ideativa, senza una partecipazione anche minima al mondo delle idee e dei valori, la società diventa «massa» che, come un buco nero, risucchia energia sociale e non la rifrange più. La massa, infatti, assorbe tutte le idee e non ne elabora alcuna, assorbe tutti i valori e semplicemente li digerisce. Dà a tutti gli interrogativi che le sono posti una risposta tautologica, che è poi quella appresa dallo schermo televisivo. Non essendo sua, questa risposta non coinvolge la sua partecipazione, ma in un certo senso, potremmo dire: «fa massa», e dove si fa massa tutta l’energia sociale implode, e nella sua implosione produce il gesto violento.
Mi si dirà che niente è più avulso dalle masse dei gesti violenti. Non è vero. Guardati da vicino, le masse implosive e la violenza esplosiva hanno in comune la negazione del sociale e il rifiuto del senso. La violenza, infatti, non mira a far parlare, a suscitare o a mobilitare idee e valori, non ha continuità rivoluzionaria. Il suo obiettivo è il silenzio del sociale magnetizzato dall’informazione. Per questo la violenza agisce con atti votati immediatamente alle onde concentriche dei media, dove ciò che si produce non è una riflessione, una ricerca logica delle cause e degli effetti, ma solo fascinazione e panico in una reazione a catena per contagio.
La violenza, infatti, è vuota di senso e indeterminata come il sistema che combatte, o in cui piuttosto si installa come un punto di implosione non storico, non politico, omologo in profondità al silenzio e all’inerzia della massa che terrorizza. Per sottrarci a questa condizione dobbiamo tutti, ma proprio tutti, cominciare a ripensare la nostra città e a ravvivare idee e valori, invece di lasciarli languire come se altro non fossero che un obsoleto reperto della nostra storia trascorsa.
Letizia Moratti, la via breve per ottenere il consenso
di Umberto Galimberti (la Repubblica, 11 marzo 2007)
Se volessimo dare un nome all’iniziativa del sindaco Letizia Moratti che ha invitato i cittadini a scendere in piazza per dire basta a prostituzione, spaccio, violenza, rapine, truffe e quant’altro, questo nome sarebbe “populismo”. “Populista”, infatti, è quel governante che, di fronte ai problemi della nazione, in questo caso della città, invece di cercare la soluzione, porta in piazza le persone perché queste urlino che i problemi ci sono.
Sarebbe come se un preside portasse in piazza i suoi alunni per dire che nella sua scuola non funziona niente, o un industriale portasse in piazza i suoi dipendenti per manifestare contro le condizioni invivibili di lavoro. Quello che non farebbe mai un preside con i suoi alunni o un industriale con i suoi dipendenti, lo fa il sindaco con i suoi cittadini, strumentalizzando le loro paure, a cui non sa come porre rimedio. Bella dichiarazione di impotenza che, nella manifestazione, sarà affogata nello sfogo di massa che, essendo stato promosso dal sindaco, farà credere che il primo cittadino è dalla loro parte.
Il populismo è esattamente questo. è la via breve per ottenere consenso e approvazione promuovendo manifestazioni in cui si agitano i problemi che non si è in grado di risolvere. L’insicurezza dei cittadini e la paura che ne deriva hanno cause ben più complesse e profonde di quelle che i manifestanti sono soliti urlare. Esse nascono dalla percezione che siamo solo all’inizio di quel processo irreversibile che, per effetto della globalizzazione, traduce le grandi città in agglomerati di sconosciuti, senza più quel tessuto sociale che creava quel rapporto fiduciario tra gli abitanti del territorio i quali, se anche non si conoscevano, sapevano di sottostare a quella legge non scritta che era l’uso e il costume degli abitanti di quella città.
Lidia Menapace ha scritto: *
" Non posso esserci, ma vi ringrazio per informarmi sempre. Mi ricordo di aver preso parte anni fa - mi sembra ad Omegna - a simile macabro dibattito e una medica disse che bisogna stare molto attente, perchè se viene dato il permesso del funerale, ciò vuol dire implicitamente che si tratta di una persona e quindi chi ha "provocato" l’esito è perseguibile per omicidio. Spero non sia vero, vi abbraccio lidia
Donne SDI ha scritto:
"DONNE SDI: QUESTO REGOLAMENTO E’ UN OBBROBRIO *
Ieri il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato il nuovo regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali che riconosce il diritto di sepoltura a tutti i feti, anche quelli al di sotto delle 20 settimane di gestazione. Una scelta che sgomenta.
Nel merito, prima considerazione: imporre la sepoltura significa dare riconoscimento di persona all’embrione, creando un precedente giuridico, che, purtroppo, non è isolato ma si va a sommare a quanto stabilito dalla legge 40 sulla fecondazione assistita che ha parificato, contrapponendoli, i diritti dell’embrione a quelli della madre.
Una subdola e ipocrita escalation finalizzata a mettere in discussione la legge194 e il diritto delle donne a potervi accedere, equiparando l’interruzione volontaria della gravidanza - che, come abbiamo sempre affermato, non è certo una scelta facile né una passeggiata - all’omicidio e mettendo sullo stesso piano, colpevolizzandole, le donne con i serial killer.
Seconda considerazione: o questo regolamento è un semplice strumento di igiene, ed allora bastava quanto era già normato, o si pone come modifica giuridica. Ma allora è una mostruosità giuridica che si contrappone a quanto stabilito dalle leggi italiane per cui è cittadino chi nasce e nasce vivo.
Nel merito politico, poi, sbalordisce che tale obbrobrio risulti approvato all’unanimità, senza alcuna voce contraria.
Le donne dello SDI Lombardia si meravigliano del fatto che neppure da parte di chi si definisce laico e libero e che tali valori vuole mettere alla base del costituendo nuovo Partito Democratico si sia alzata alcuna voce in merito.
Milano, 31.1.2007
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* Per questi, e altri interventi sul tema, si cfr.: USCIAMO DAL SILENZIO - 09.02.2007
Caro Biagio
a quanto pare continui a guardarti allo specchio delle tue brame e ... la "camera a gas" te la costruisci da solo!!!
Ma chi vuole uccidere chi?! Ma chi mai vorrebbe abortire?!!! Ecc. ecc.
Vedi che qui si pongono problemi che riguardano la vita e la morte di tutti e di tutte - non solo della tua. Abbiamo capito da tempo che "ci" vuoi "sterminare" ... ma (come puoi ben vedere, ora e già dall’inizio e sempre) noi - come redazione - accogliamo volentieri i tuoi "peti" e non li "distruggiamo"!!! Sii onesto con te stesso: hai memoria sempre più corta - vai a rileggere nei vari forum del sito i tuoi "interventi" ... e cerca di pensarli meglio - e non appestarti!
Molti saluti,
Federico La Sala
Caro Federico,
non è difficile intuire di quale maliziosità siano ricoperte le tue parole, i tuoi messaggi, i tuoi articoli ricopiati di qua e di là.
Tu vivi nel buio, nella notte ! Tu non vedi, non senti, non credi ! Purtroppo sei tu che hai bisogno di occhiali speciali. Così distingueresti finalmente il Signore amante della Vita dal Signore della morte, che non uccide solamente il corpo, ma la forza, la luce e l’amore di cui viviamo.
Non è mia intenzione "sterminare" qualcuno, perchè, come scriveva Paolo, bisogna lasciare fare all’ira divina, che magari capovolgerà il cuore dei suoi persecutori.
È il mio augurio e la mia speranza nei tuoi confronti.
Tanti cari saluti.
Biagio Allevato
Benuzzi, Colombini, Carneri ha scritto: *
"COMUNICATO STAMPA
LEGGE 194 E SEPOLTURA DEI FETI: ANDARE OLTRE LA LEGGE ESISTENTE, E’ UNA AGGRESSIONE AI DIRITTI DELLE DONNE CHE SI TROVANO IN QUELLA DOLOROSA CONDIZIONE
Gli attacchi alla legge 194 non sono una novità, tantomeno in Regione Lombardia, e a volte avvengono in modo strisciante.
Anche nel caso della norma sulla sepoltura dei “prodotti abortivi” , chiediamo da anni alla politica di porre i diritti delle donne come priorità dei loro comportamenti, ma anche questa vicenda dimostra che siamo ancora lontani. Si tenta di veicolare squalificanti meccanismi di riconoscimento della “personalità” giuridica dell’embrione, diritto che non compare nel contesto giuridico di alcun Paese europeo.
Introdurre il diritto di sepoltura per i feti abortiti, anche al di sotto delle 22 settimane, andando oltre la legge già esistente, è un intervento sbagliato e un’aggressione nei confronti delle donne che si trovino in quella dolorosa condizione, sia che derivi da una libera scelta o che sia conseguenza di un aborto spontaneo.
Milano, 2 Febbraio 2007
NERINA BENUZZI
FULVIA COLOMBINI
GRAZIELLA CARNERI
Segretarie della Camera del lavoro" ... 09/02/2007
* Fonte: USCIAMO DAL SILENZIO