Ratzinger e la pedofilia *
di Jamie Doward
Nel maggio del 2001, il Cardinal Joseph Ratzinger, attuale Papa Benedetto XVI, inviò una lettera confidenziale a tutti i vescovi cattolici per proteggere la Chiesa nascondendo gli abusi sessuali sui bambini. Tali abusi dovevano rimanere segreti fino a 10 anni dopo che le vittime avessero raggiunto l’età adulta. Chi avesse violato il segreto sarebbe stato punito anche con la scomunica.
Riportiamo l’articolo del Guardian:
Pope "obstructed" sex abuse inquiry.
Confidential letter reveals Ratzinger ordered bishops -to keep allegations secret.
Jamie Doward, religious affairs correspondent
Sunday April 24, 2005
The Observer
Pope Benedict XVI faced claims last night he had "obstructed justice" after it emerged he issued an order ensuring the church’s investigations into child sex abuse claims be carried out in secret.
The order was made in a confidential letter, obtained by The Observer, which was sent to every Catholic bishop in May 2001.
It asserted the church’s right to hold its inquiries behind closed doors and keep the evidence confidential for up to 10 years after the victims reached adulthood. The letter was signed by Cardinal Joseph Ratzinger, who was elected as John Paul II’s successor last week.
Lawyers acting for abuse victims claim it was designed to prevent the allegations from becoming public knowledge or being investigated by the police. They accuse Ratzinger of committing a "clear obstruction of justice".
The letter, "concerning very grave sins", was sent from the Congregation for the Doctrine of the Faith, the Vatican office that once presided over the Inquisition and was overseen by Ratzinger.
It spells out to bishops the church’s position on a number of matters ranging from celebrating the eucharist with a non-Catholic to sexual abuse by a cleric "with a minor below the age of 18 years". Ratzinger’s letter states that the church can claim jurisdiction in cases where abuse has been "perpetrated with a minor by a cleric".
The letter states that the church’s jurisdiction "begins to run from the day when the minor has completed the 18th year of age" and lasts for 10 years.
It orders that "preliminary investigations" into any claims of abuse should be sent to Ratzinger’s office, which has the option of referring them back to private tribunals in which the "functions of judge, promoter of justice, notary and legal representative can validly be performed for these cases only by priests".
"Cases of this kind are subject to the pontifical secret," Ratzinger’s letter concludes. Breaching the pontifical secret at any time while the 10-year jurisdiction order is operating carries penalties, including the threat of excommunication.
The letter is referred to in documents relating to a lawsuit filed earlier this year against a church in Texas and Ratzinger on behalf of two alleged abuse victims. By sending the letter, lawyers acting for the alleged victims claim the cardinal conspired to obstruct justice.
Daniel Shea, the lawyer for the two alleged victims who discovered the letter, said: "It speaks for itself. You have to ask: why do you not start the clock ticking until the kid turns 18? It’s an obstruction of justice."
Father John Beal, professor of canon law at the Catholic University of America, gave an oral deposition under oath on 8 April last year in which he admitted to Shea that the letter extended the church’s jurisdiction and control over sexual assault crimes.
The Ratzinger letter was co-signed by Archbishop Tarcisio Bertone who gave an interview two years ago in which he hinted at the church’s opposition to allowing outside agencies to investigate abuse claims.
"In my opinion, the demand that a bishop be obligated to contact the police in order to denounce a priest who has admitted the offence of paedophilia is unfounded," Bertone said.
Shea criticised the order that abuse allegations should be investigated only in secret tribunals. "They are imposing procedures and secrecy on these cases. If law enforcement agencies find out about the case, they can deal with it. But you can’t investigate a case if you never find out about it. If you can manage to keep it secret for 18 years plus 10 the priest will get away with it," Shea added.
A spokeswoman in the Vatican press office declined to comment when told about the contents of the letter. "This is not a public document, so we would not talk about it," she said.
Clicca qui per visualizzare l’articolo originale sul sito del Guardian
IN ITALIANO
Il papa ha ‘occultato’ l’inchiesta sugli abusi sessuali
di Jamie Doward
Una lettera confidenziale rivela che Joseph Ratzinger ordinò ai vescovi di non svelare gli abusi sessuali su minori perpetrati da ecclesiastici.
Papa Benedetto XVI ha dovuto recentemente far fronte alle dichiarazioni che lo accusano di aver “ostacolato la giustizia”, in riferimento alla sua volontà di mantenere segreta l’inchiesta interna della Chiesa cattolica sullo scandalo degli abusi sessuali su minori.
L’ordine venne impartito tramite l’invio di una lettera segreta - di cui l’Observer è entrato in possesso - inviata nel maggio del 2001 ad ogni vescovo della Chiesa cattolica.
Nella lettera si affermava come la Chiesa dovesse riservarsi il diritto di non rendere pubbliche le proprie indagini per fino a 10 anni dal momento in cui le vittime degli abusi avessero raggiunto l’età adulta. La lettera portava la firma del cardinale Joseph Ratzinger, il successore di Giovanni Paolo II.
I legali delle vittime hanno dichiarato che questa iniziativa aveva un duplice obiettivo: evitare che le ipotesi di reato diventassero di pubblico dominio e impedire che gli organi di polizia ne venissero a conoscenza. Gli avvocati accusano Ratzinger di aver commesso una chiara azione di ostacolo al normale corso della giustizia.
La lettera, che menzionava il compimento di ‘peccati molto gravi’, fu inviata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, l’ufficio vaticano di fatto erede della Santa Inquisizione, per lungo tempo diretto da Ratzinger. Veniva chiaramente illustrata la posizione della Chiesa in merito a diverse questioni, dalla celebrazione del sacramento dell’eucarestia non da parte di cattolici alle molestie sessuali perpetrate da clericali nei confronti di minorenni.
La lettera di Ratzinger affermava che in questi casi la Chiesa poteva legittimamente rivendicare una propria autonoma giurisdizione.
La lettera affermava che la ‘giurisdizione’ della Chiesa doveva avere inizio dal giorno in cui il minore avesse compiuto i 18 anni d’età e, inoltre, per i successivi 10 anni.
Essa prevedeva come i resoconti delle ‘indagini preliminari’ su ogni singolo caso di abuso dovessero essere inviate all’ufficio di cui Ratzinger era a capo, il quale si riservava l’opzione di riferirne a speciali tribunali privati, al cui interno le cariche di giudice, pubblico ministero, notaio e rappresentante legale venivano ricoperte esclusivamente da ecclesiastici.
‘Situazioni di questo tipo sono coperte dal segreto pontificio’, concludeva la lettera di Ratzinger. L’infrazione del segreto pontificio in qualsiasi momento del periodo dei dieci anni di giurisdizione della Chiesa veniva intesa come una grave azione, perseguibile anche attraverso la minaccia di scomunica.
Della lettera di Ratzinger si è fatto riferimento in una causa avviata contro una chiesa del Texas all’inizio di quest’anno, a difesa di due giovani vittime di abusi. I legali hanno accusato Ratzinger di aver cospirato per ostacolare il corso della giustizia.
Daniel Shea, il legale delle due vittime che ha divulgato la lettera, ha affermato: “La lettera si commenta da sola. Bisognerebbe chiedersi: perché mai il segreto sulle indagini deve rimanere così a lungo? È un’ostruzione al normale corso della giustizia”.
Padre John Beal, professore di diritto canonico all’Università Cattolica degli Usa, nel corso della propria deposizione l’otto aprile dell’anno scorso, ha riferito sotto giuramento all’avvocato Shea come la lettera ampliasse i poteri di giurisdizione e di controllo della Chiesa sui crimini sessuali perpetrati da ecclesiastici.
La lettera di Ratzinger era stata co-firmata dall’arcivescovo Tarcisio Bertone, il quale due anni fa rilasciò un’intervista nella quale accennava alla contrarietà della Chiesa nel consentire a soggetti esterni di indagare sui presunti abusi sessuali perpetrati. “Secondo il mio punto di vista, la richiesta secondo cui un vescovo debba essere obbligato a denunciare agli organi di polizia gli atti di pedofilia commessi da un prete è completamente infondata” disse Bertone.
L’avvocato Shea ha contestato l’ordine secondo il quale i presunti casi di pedofilia debbano essere giudicati solo da tribunali segreti. “Essi impongono procedure di riservatezza. Se le agenzie di investigazione scoprono il caso, possono occuparsene. Ma non si può indagare su un caso se non lo si scopre mai. Se si impone di mantenere il riserbo prima per diciotto anni e poi per altri dieci, i responsabili la faranno franca”, ha aggiunto.
Un portavoce dell’ufficio stampa del Vaticano ha rifiutato di commentare ciò che è stato detto sul contenuto della lettera. “Non trattandosi di un documento pubblico, non è possibile parlarne” ha detto.
* www.ildialogo.org, Martedì, 09 gennaio 2007
BUIO PSICHICO E DELIRIO PREISTORICO NELLA ROMA DELLA FINE DEL 2005 d. C.!!!
di Federico La Sala *
Senza Amore, e tuttavia in nome dell’Amore, la gerarchia della chiesa cattolico-romana continua a pontificare sulla sabbia e sul nulla, magnificando le sorti progressive della sua volontà di potenza e di morte!!!.
In nome di Dio, ma senza Dio, continua a ripetere il ritornello dell’embrione come persona, sin dal suo primissimo concepimento, e dell’aborto come un "massacro di dimensioni enormi". Come e ancora di fronte a Galileo Galilei, non sapendo nulla di "come va il cielo" e "come va la natura", e non sapendo più e neppure di "come si va in cielo" e di "come si va nel regno di Dio", i gerarchi ripetono ossessivamente mezze verità e mezze falsità!!!
Non avendo capito e accolto - fin dall’inizio (da Costantino e dal IV sec.)
la buona-novella, il messaggio eu-angelico, perseverano, in modo faraonico e farisaico, a confondere diabolicamente le acque e a scambiare il passato con il presente e il futuro!!!
Negano l’Alleanza e si pongono al posto di Dio, in modo luciferino!!! "In principio [arché] era il Logos" è la conoscenza e la rivelazione del "Dio che cammina con noi" - tutti e tutte, con l’intera umanità, da Adamo ed Eva a Giuseppe e Maria, e da tutte le innumerevoli generazioni dei nostri padri e delle nostre madri di tutte le culture di tutta la Terra!!!
La lezione del Figlio di Dio ha chiarito e rinnovato il senso dell’Arca e dell’Alleanza, di Noè come di Mosè, e rivelato definitivamente che il Nome di Dio è Amore e che Amore è "lo spirito di Dio" che tiene insieme, fa diventare Uno, e rende i "due cherubini" figli e co- genitori dei figli e delle figlie del loro stesso Amore, e dello stesso Spirito .... Contro e senza i "due cherubini" (dell’Arca dell’Alleanza), esseri naturali trasfigurati in esseri umano-divini dalla illuminazione e scoperta dell’Amore dentro di sé e, fuori di sé, dentro l’altro/a, l’embrione è solo un embrione, una pietra è solo una pietra, la sabbia è solo la sabbia, e tutti i documenti e le dichiarazioni dei funzionari della Burocrazia Vaticana restano e resteranno solo come documenti e dichiarazioni di un’epoca di buio psichico e di delirio preistorico, del tempo in cui i cosiddetti funzionari di Dio seminavano solo vento e zizzania nei cuori degli uomini, delle donne, e dei bambini e delle bambine di tutta la Terra !!!
Federico La Sala
* www.ildialogo.org/editoriali, Sabato, 31 dicembre 2005
Sul tema, nel sito, si cfr.:
fls
Così Francesco intende combattere “quei crimini enormi” un fenomeno globale che ha pesato sull’ultimo conclave
Quattro vescovi sotto inchiesta e 5.000 sacerdoti denunciati la piaga che affligge la Chiesa
di Paolo Rodari (la Repubblica, 26.09.2014)
CITTÀ DEL VATICANO Lo scandalo della pedofilia nel clero ha contorni globali. E numeri che parlano di quattro presuli indagati per un totale di circa 1800 denunce. Gli abusi sessuali hanno coinvolto le comunità ecclesiali di tutto il mondo e hanno colpito duramente l’immagine e il prestigio di esponenti di spicco della gerarchia, anche cardinali, spesso accusati, se non direttamente, almeno di non aver contrastato con efficacia gli stessi abusi, insomma di avere insabbiato.
Emblematico il caso dell’ex nunzio presso la Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski, arrestato due giorni fa per diretta volontà di Francesco, un caso che porta oggi le indagini del Vaticano su altri Paesi dove lo stesso arcivescovo è stato nunzio. Ma significativa è anche la vicenda del cardinale polacco Kazimierz Nycz, chiamato a testimoniare a un processo di pedofilia. O quella dello scozzese Keith O’Brien, che per le accuse di aver molestato giovani seminaristi non poté partecipare allo scorso conclave. E, ancora, dei due presuli indagati dall’ex Sant’Uffizio, il cileno Marco Antonio Órdenes, cui il Vaticano ha proibito di esercitare le funzioni, e il peruviano Gabino Miranda Melgarejo.
I numeri sul fenomeno non lasciano spazio a dubbi: il picco delle denunce di abusi ricevuti dalla Congregazione per la dottrina della fede è stato nel 2004, con 800 denunce, mentre negli ultimi tre anni ci si è attestati sui 600 casi all’anno, che in maggioranza riguardano abusi commessi dal 1965 al 1985, come ha spiegato don Robert Oliver, da meno di un anno promotore di giustizia della Congregazione. Denunce di tipo «canonico», perché poi esistono anche le denunce presso l’autorità giudiziaria.
Gli abusi sui bambini da parte dei prelati hanno rappresentato un vero e proprio “tornado” fin dall’inizio del pontificato di Benedetto XVI, sconvolgendo intere Chiese nazionali, in particolare negli Stati Uniti, ma anche in Irlanda, Olanda, Germania. Rivelazioni da parte di uomini della Chiesa cattolica, soprattutto negli Stati Uniti, erano partite già prima dell’arrivo di Ratzinger nell’aprile del 2005 al soglio pontificio, ma è negli anni successivi che lo scandalo si è allargato anche in America Latina e in Europa, soprattutto in Irlanda, dove sono emersi i crimini commessi da sacerdoti troppo spesso coperti dalla gerarchia.
Le denunce delle vittime sono state sempre più frequenti, aiutate da associazioni, sostenute da avvocati che spesso hanno chiesto risarcimenti milionari, in particolare negli Stati Uniti. E gli attacchi da parte della stampa di tutto il mondo sono stati all’ordine del giorno. Una pressione sempre più forte, tanto che nell’ottobre del 2006 Benedetto XVI reagì parlando degli abusi sessuali commessi dal clero come di «crimini enormi», raccomandando di «stabilire sempre la verità» e di «portare sostegno alle vittime». Inoltre, nel 2008 nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti, Ratzinger aveva deciso di incontrare personalmente alcune vittime, chiedendo loro scusa a nome della Chiesa. Al- trettanto accadde nei suoi viaggi in Australia, Malta, Regno Unito e Germania, come hanno raccontato gli stessi protagonisti piangendo per l’emozione.
Il giro di vite impresso da Benedetto XVI si è tradotto anche, a livello di Congregazione per la Dottrina della fede, in processi canonici che hanno portato, nel biennio 2011-2012, alla riduzione allo stato laicale di 400 sacerdoti accusati di molestie a minori.
E lo scandalo pedofilia ha pesato anche sull’ultimo conclave: oltre al caso del porporato O’Brien, lo Snap, la rete americana dei sopravvissuti agli abusi dei preti, aveva stilato una lista di dodici cardinali da non eleggere «per rispetto alle vittime di abusi sessuali, soprattutto bambini, da parte di esponenti del clero, per le omissioni che hanno fatto nel denunciare i responsabili e per le giustificazioni che hanno dato nonostante le prove documentate». Ora tutta la vicenda pedofilia passerà al vaglio della Commissione voluta da Bergoglio, creata con lo scopo primario della protezione dei minori. Ma il principio da seguire l’ha indicato con chiarezza Papa Francesco: «tolleranza zero».
Pedofilia, arrestato l’ex nunzio Wesolowski
L’arresto, reso noto dal Tg de La 7, sarebbe stato realizzato secondo le indicazioni di Papa Francesco
di Redazione ANSA *
L’ex nunzio Jozef Wesolowski è stato arrestato dagli agenti della Gendarmeria vaticana. E’ quanto confermano fonti Oltretevere. Il monsignore si troverebbe nella Città del Vaticano.
L’arresto di Wesolowski, sotto inchiesta per pedofilia, reso noto dal Tg de La 7, sarebbe stato realizzato secondo le indicazioni di Papa Francesco. Secondo quanto riportato dal Tg di Enrico Mentana, mons. Wesolowski, che ha già avuto una condanna canonica di primo grado che lo ha visto ridotto allo stato clericale dall’ex Sant’Uffizio per abusi sessuali su minori, sarebbe stato arrestato questo pomeriggio intorno alle 17 e trattenuto in una cella oltretevere.
Mons. Wesolowski è agli arresti domiciliari in Vaticano. Lo ha detto padre Federico Lombardi, spiegando che la decisione è stata presa in relazione alle condizioni di salute dell’ex nunzio.
All’ex nunzio, aggiunge padre Lombardi, sono stati notificati i capi di imputazione del procedimento penale avviato a "suo carico per gravi fatti di abuso a danni di minori avvenuti nella Repubblica Dominicana".
Armi spuntate contro il clero pedofilo
La commissione pontifica voluta dal papa è ancora in fase di rodaggio e si riunirà solo in ottobre
di Alessio Schiesari (il Fatto, 15.07.2014)
Si chiama Pontificia commissione per la tutela dei minori il bastone (il copyright è più di Eugenio Scalfari che di Bergoglio) che Papa Francesco proverà a brandire a contro il clero pedofilo. Istituita lo scorso marzo, per guidarla il papa venuto dalla fine del mondo ha scelto - con uno dei suoi coup de théâtre - l’arcivescovo di Boston Sean O’ Malley, il rappresentante del clero statunitense che più di ogni altro si è schierato per la politica della tolleranza zero contro i pedofili. L’organo collegiale voluto da Bergoglio è composto da sei membri, tre uomini e tre donne. Tra queste c’è anche l’irlandese Marie Collins, abusata da un sacerdote all’età di tredici anni, che due anni fa denunciò il suo caso di fronte alle più alte autorità vaticane.
LA COMMISSIONE sarà pure un’arma, ma al momento è ancora piuttosto spuntata. Si è riunita due sole volte (ai primi di maggio e la prima domenica di luglio) e perfino la sua composizione è ancora sub judice. In molti infatti chiedono che venga ampliata e aperta anche a un maggior numero di membri extraeuropei, in modo da renderla pronta ad affrontare i casi e le segnalazioni provenienti da tutto il mondo.
Al momento non è ancora chiaro come agirà: per dirla con il responsabile della comunicazione vaticana, monsignor Federico Lombardi, la commissione sta ancora definendo “gli statuti, il suo status e le sue finalità il modo di essere”, oltreché la possibilità di disporre di “un ufficio operativo stabile”. In altre parole, ancora non è chiaro cosa farà, come agirà e che poteri avrà.
L’unico risultato ottenuto finora è stato l’incontro privato tra Bergoglio e sei vittime di abusi (equamente ripartiti tra Germania, Irlanda e Regno Unito), avvenuto lo scorso 7 luglio. Un segnale più chiaro della volontà di Bergoglio di fare pulizia senza reticenze è arrivata a fine giugno con la riduzione a stato laicale dell’ambasciatore della Santa sede a Santo Domingo, il nunzio apostolico polacco Josef Wesolowski (che ora rischia l’estradizione).
Tra gli altri spunti dell’intervista di Bergoglio a Repubblica che hanno avuto più eco a livello internazionale, c’è il dato sulla percentuale di preti pedofili all’interno della chiesa, che Bergoglio stima al due per cento. Tradotto in numeri assoluti, sarebbero quindi circa 8 mila i sacerdoti che si sono macchiati di abusi, su un totale di 414 mila.
Prima di Bergoglio, la facoltà di giustizia criminale del John Jay College di New York aveva stimato una percentuale doppia, il 4 per cento, per il periodo tra il 1950 e il 2002. Un dato che sembra altissimo, ma che in realtà è simile a quello di altre categorie abituate a lavorare con l’infanzia.
Il Papa incontra le vittime della pedofilia
di M.A.C. (Corriere della Sera, 07.07.2014)
ROMA - Questa mattina Papa Francesco incontrerà 6 vittime degli abusi sessuali del clero. E’ la prima volta, per lui. Il piccolo gruppo parteciperà alla Messa di Santa Marta e poi ci sarà un incontro personale con ciascuno di loro. Si siederanno insieme e parleranno. Le sei vittime provengono dall’Europa: dalla Gran Bretagna, dall’Irlanda e dalla Germania. Non ci saranno vittime dagli Stati Uniti (che pure è uno dei Paesi in cui in passato il fenomeno è stato molto grave), perché probabilmente il Papa le potrà vedere nel viaggio già programmato nel settembre 2015.
Il Vaticano ha fatto tutto il possibile per proteggere la riservatezza dell’evento e l’identità delle persone, almeno fino a questa mattina. Nessuna copertura mediatica è stata prevista, anche se, naturalmente la Radio Vaticana dovrebbe fornire il testo dell’omelia di Bergoglio. Si tratta insomma di un atto privato del Papa, che è stato lo stesso Pontefice ad annunciare sul volo di rientro dalla Terra Santa. Dopo, le persone saranno libere di incontrare o meno la stampa e di fare interviste sulla loro esperienza del passato e sul loro visita a Santa Marta. «Un sacerdote che fa questo tradisce il corpo del Signore - aveva detto il Papa rientrando a Roma - perché il sacerdote deve portare questo bambino o questa bambina alla santità e invece abusa di loro». E aveva chiuso con un paragone capace di suscitare impressione: «È come fare una messa nera».
«In questo problema non ci saranno figli di papà», aveva assicurato Francesco, spiegando come la giustizia avrebbe fatto il suo corso senza sconti per nessuno e senza «privilegi» per i vescovi . Una linea già applicata nei giorni scorsi con la condanna allo stato laicale dell’arcivescovo polacco mons. Jozef Wesolowski, ex nunzio a Santo Domingo, processato canonicamente per abusi su minori e - una volta che la sua espulsione dal clero sarà ratificata da sentenza definitiva -sottoposto anche da un processo penale in Vaticano, con in più un provvedimento cautelare per limitarne la libertà di movimento.
Le sei persone saranno accompagnate alla Messa dal cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, strenuo combattente del fenomeno della pedofilia nella sua diocesi e Presidente della Commissione per la tutela dei minori voluta da papa Bergoglio. O’Malley era già a Roma in questi giorni come componente del C9, il Consiglio dei cardinali che coadiuva il Papa nella riforma della Curia.
La nuova Commissione ha cominciato ad occuparsi di strategie e programmi per indirizzare l’azione della Chiesa contro la pedofilia, anche per quanto riguarda l’obbligo della «responsabilità» (accountability ) dei superiori. E’ attualmente composta da quattro uomini e quattro donne tra laici e religiosi, si è riunita per la prima volta all’inizio dello scorso maggio, e ne fa già parte una vittima di abusi, l’irlandese Marie Collins, e altre ne potrebbero entrare.
SANTA MESSA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE CON ALCUNE VITTIME DI ABUSI SESSUALI DA PARTE DI ESPONENTI DEL CLERO
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Lunedì, 7 luglio 2014 *
L’immagine di Pietro che, vedendo uscire Gesù da questa seduta di duro interrogatorio, e che incrocia lo sguardo con Gesù e piange, mi viene oggi nel cuore incrociando il vostro sguardo, di tanti uomini e donne, bambini e bambine; sento lo sguardo di Gesù e chiedo la grazia del suo piangere.
La grazia che la Chiesa pianga e ripari per i suoi figli e figlie che hanno tradito la loro missione, che hanno abusato persone innocenti con i loro abusi. E io oggi sono grato a voi per essere venuti qui.
Da tempo sento nel cuore un profondo dolore, una sofferenza, tanto tempo nascosto, dissimulato in una complicità che non trova spiegazione, finché qualcuno non si è reso conto che Gesù guardava, e un altro lo stesso e un altro lo stesso...e si fecero coraggio a sostenere tale sguardo. E quei pochi che hanno cominciato a piangere, hanno contagiato la nostra coscienza per questo crimine e grave peccato. Questa è la mia angustia e dolore per il fatto che alcuni sacerdoti e vescovi hanno violato l’innocenza di minori e la loro propria vocazione sacerdotale abusandoli sessualmente. Si tratta di qualcosa di più che di atti deprecabili. E’ come un culto sacrilego perchè questi bambini e bambine erano stati affidati al carisma sacerdotale per condurli a Dio ed essi li hanno sacrificati all’idolo della loro concupiscenza. Hanno profanato la stessa immagine di Dio alla cui immagine siamo stati creati. L’infanzia - lo sappiamo tutti- è un tesoro. Il cuore giovane, così aperto e pieno di fiducia, contempla i misteri dell’amore di Dio e si mostra disposto in una maniera unica ad essere alimentato nella fede. Oggi il cuore della Chiesa guarda gli occhi di Gesù in questi bambini e bambine e vuole piangere. Chiede la grazia di piangere di fronte a questi atti esecrabili di abuso perpetrati contro i minori. Atti che hanno lasciato cicatrici per tutta la vita.
So che le vostre ferite sono una fonte di profonda e spesso implacabile pena emotiva e spirituale e anche di disperazione. Molti di coloro che hanno patito questa esperienza hanno cercato compensazioni nella dipendenza. Altri hanno sperimentato seri disturbi nelle relazioni con genitori, coniugi e figli. La sofferenza delle famiglie è stata particolarmente grave dal momento che il danno provocato dall’abuso colpisce queste relazioni vitali.
Alcuni hanno anche sofferto la terribile tragedia del suicidio di una persona cara. La morte di questi amati figli di Dio pesa sul cuore e sulla mia coscienza e di quella di tutta la Chiesa. A queste famiglie offro i miei sentimenti di amore e di dolore. Gesù torturato e interrogato con la passione dell’odio è condotto in un altro luogo e guarda. Guarda a uno dei suoi, quello che lo aveva rinnegato e lo fa piangere. Chiediamo questa grazia insieme a quella della riparazione.
I peccati di abuso sessuale contro minori da parte di membri del clero hanno un effetto dirompente sulla fede e la speranza in Dio. Alcuni si sono aggrappati alla fede, mentre per altri il tradimento e l’abbandono hanno eroso la loro fede in Dio. La vostra presenza qui parla del miracolo della speranza che ha il sopravvento sulla più profonda oscurità. Senza dubbio, è un segno della misericordia di Dio che noi abbiamo oggi l’opportunità di incontrarci, di adorare il Signore, di guardarci negli occhi e cercare la grazia della riconciliazione.
Davanti a Dio e al suo popolo sono profondamente addolorato per i peccati e i gravi crimini di abuso sessuale commessi da membri del clero nei vostri confronti e umilmente chiedo perdono.
Chiedo perdono anche per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata alle denunce di abuso presentate da familiari e da coloro che sono stati vittime di abuso. Questo, inoltre, ha recato una sofferenza ulteriore a quanti erano stati abusati e ha messo in pericolo altri minori che si trovavano in situazione di rischio.
D’altra parte, il coraggio che voi e altri avete dimostrato facendo emergere la verità è stato un servizio di amore, per aver fatto luce su una terribile oscurità nella vita della Chiesa. Non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali; e mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale. Tutti i vescovi devono esercitare il loro servizio di pastori con somma cura per salvaguardare la protezione dei minori e renderanno conto di questa responsabilità.
Per tutti noi vale il consiglio che Gesù dà a coloro che danno scandalo, la macina da molino e il mare (cfr Mt 18,6).
Inoltre continueremo a vigilare sulla preparazione al sacerdozio. Conto sui membri della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, tutti i minori, a qualsiasi religione appartengono, sono i piccoli che il Signore guarda con amore.
Chiedo questo ausilio affinché mi aiutino a far sì che possiamo disporre delle migliori politiche e procedimenti nella Chiesa universale per la protezione dei minori e per la formazione di personale della Chiesa nel portare avanti tali politiche e procedimenti. Dobbiamo fare tutto il possibile per assicurare che tali peccati non si ripetano più nella Chiesa.
Fratelli e sorelle, essendo tutti membri della famiglia di Dio, siamo chiamati a entrare nella dinamica della misericordia. Il Signore Gesù, nostro Salvatore, è l’esempio supremo, l’innocente che ha portato i nostri peccati sulla croce. Riconciliarci è l’essenza stessa della nostra comune identità come seguaci di Cristo. Rivolgendoci a Lui, accompagnati dalla nostra Madre Santissima ai piedi della croce, chiediamo la grazia della riconciliazione con tutto il popolo di Dio. La soave intercessione di Nostra Signora della Tenera Misericordia è una fonte inesauribile di aiuto nel nostro percorso di guarigione.
Voi e tutti coloro che hanno subito abusi da parte di membri del clero siete amati da Dio. Prego affinché quanto rimane dell’oscurità che vi ha toccato sia guarito dall’abbraccio del Bambino Gesù e che al danno recatovi subentri una fede e una gioia rinnovata.
Ringrazio per questo incontro e, per favore, pregate per me, perché gli occhi del mio cuore vedano sempre con chiarezza la strada dell’amore misericordioso e Dio mi conceda il coraggio di seguire questa strada per il bene dei minori..
Gesù esce da un giudizio ingiusto, da un interrogatorio crudele e guarda gli occhi di Pietro e Pietro piange. Noi chiediamo che ci guardi, che ci lasciamo guardare, e possiamo piangere, e che ci dia la grazia della vergogna, perché come Pietro, 40 giorni dopo, possiamo rispondergli: “sai che ti amiamo” e ascoltare la sua voce: “torna al tuo cammino e pascola le mie pecore” - e aggiungo - “e non permettere che alcun lupo entri nel gregge”.
Mea culpa seriale
Anche Francesco chiede perdono per i preti pedofili
di Alessio Schiesari (il Fatto, 12.04.2014)
"Chiedo perdono per i sacerdoti che hanno abusato sessualmente dei bambini. Saremo forti, non faremo passi indietro”. Papa Bergoglio ieri ha parlato di pedofilia e, oltre a essersi scusato apertamente come già Joseph Ratzinger nel 2008, potrebbe avere imboccato la linea della tolleranza zero inaugurata dal suo predecessore.
Che Francesco si stesse preparando ad affrontare questo tema era nell’aria. Ad agitare le acque era stata la dura relazione dell’Onu di febbraio, che accusava il Vaticano di avere coperto i sacerdoti pedofili e invitava ad aprire gli archivi. La Santa Sede ha risposto in modo poco conciliante, accusando l’Onu di interferenze “nell’esercizio della libertà religiosa”. Già da mesi le associazioni delle vittime tiravano Bergoglio per la talare, chiedendogli un confronto sugli abusi.
Papa Francesco ha tirato fuori il coniglio dal cilindro lo scorso 22 marzo, quando ha nominato l’irlandese Marie Collins - violentata da un prete all’età di 13 anni - tra gli otto membri della neonata Commissione per la protezione dei fanciulli. Nelle intenzioni del Santo Padre quest’organismo dovrebbe occuparsi non solo di accertare e perseguire gli abusi, ma soprattutto di prevenirli. Stando agli annunci, infatti, stabilirà le linee guida per diventare sacerdoti e fornirà una sorta di attestato di idoneità ai seminaristi.
Questa è la linea sposata da Bergoglio fin da quando era “solo” vescovo di Buenos Aires. Dopo essere stato criticato per la scarsa loquacità sul tema degli abusi, ha affidato una prima risposta al libro Il Cielo e la terra. Qui il futuro papa spiega il suo silenzio, sostenendo di non avere mai avuto a che fare con casi di pedofilia nella sua diocesi, anche se “una volta un vescovo mi ha telefonato per chiedermi cosa fare in una situazione di questo tipo. Gli ho detto di togliere all’interessato le licenze, di non permettergli di esercitare più il sacerdozio e di avviare un giudizio canonico”.
In un altro testo, Il gesuita, Francesco espone la sua linea basata sulla prevenzione: “Bisogna stare attenti nella selezione dei candidati al sacerdozio. Nel seminario di Buenos Aires ne ammettiamo il 40 per cento”.
Eppure il suo pontificato non inizia con la stessa determinazione con cui si era concluso quello di Ratzinger che, tra il 2011 e il 2012, aveva ridotto allo stato laicale 400 sacerdoti accusati di abusi.
La prima volta che Francesco accenna al problema è durante un angelus del marzo 2013, quando si dice “vicino alle vittime degli abusi” e invita la Chiesa a “difenderli”. Poi molti silenzi e tantissime foto a fianco dei bambini, almeno fino al mea culpa di ieri.
Il vero banco di prova sarà però il processo della Congregazione per la dottrina della fede a carico dell’ex nunzio apostolico in Repubblica Domenicana, Jozef Wesolowski. Il prelato polacco è stato una figura di peso all’interno della diplomazia vaticana. Potrebbe essere l’occasione giusta per passare dalle intenzioni ai fatti.
Pedofilia, la Cei contro il Papa: “I vescovi non denuncino”
La Conferenza episcopale rivede le linee anti-abusi emanata nel 2012
di Marco Politi (il Fatto, 29.03.2014)
Costretta a rielaborare le Linee guida anti-abusi, perché quelle del 2012 erano insufficienti, la Cei presenta la versione 2014 e si attesta su una linea di assoluta retroguardia rispetto ad altri episcopati d’Europa o degli Stati Uniti. Alla luce del passo compiuto da papa Francesco, istituendo una commissione internazionale, a maggioranza di laici, composta per metà da donne e per metà da uomini e comprendente una vittima di violenze, il nuovo documento della Cei risulta imbarazzante.
LA CEI RIFIUTA di assumersi ogni responsabilità nel contrastare il fenomeno - lo proclama ad alta voce in conclusione del testo: “Nessuna responsabilità, diretta o indiretta, per gli eventuali abusi sussiste in capo alla Conferenza episcopale italiana” - e fugge da un impegno nazionale nel monitorare il fenomeno, nell’istituire strutture di ascolto e di denuncia, nel verificare se i singoli vescovi si attengono alle istruzioni vaticane. Zero di zero. Facendosi scudo di codice e concordato, la Cei inculca ai vescovi che “nell’ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti”.
In realtà codice di procedura penale e concordato non c’entrano niente con il silenzio sulle violenze: qui la questione era - ed è - se autonomamente la Cei ritiene obbligo di un vescovo denunciare un criminale. La risposta delle Linee guida è no: la Cei non invita i vescovi a denunciare chi violenta minori. E’ esattamente l’opposto di ciò che pensa Marie Collins, la credente cattolica abusata, chiamata a far parte della commissione voluta da papa Francesco. “Che si arrivi, se i casi di abuso sono accertati e la vittima consente, alla denuncia alle autorità civili. Questo passo è decisivo”, ha dichiarato a “Repubblica” appena nominata.
IL PICCOLO PASSO in avanti, rispetto alle Linee guida del 2014, è costituito da un inciso dove si specifica che il vescovo non ha l’obbligo di denuncia “salvo il dovere morale di contribuire al bene comune”. Frase talmente generica che ogni vescovo la interpreterà a modo suo. Negli ambienti ecclesiastici si considera comunque positivo questo invito a una buona collaborazione con le autorità civili. Ma un conto è collaborare a un’indagine statale già avviata, un conto è non dare l’indicazione di portare in tribunale il sospetto di un crimine.
La Cei si premura anche - attivissima nel creare pregiudiziali - di avvertire i vescovi d’Italia che, in base al concordato e al codice di procedura penale, “sono esonerati dall’obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero”. In altre parole, si vuole impedire che, come negli Stati Uniti, l’autorità giudiziaria possa scoprire (grazie all’acquisizione della documentazione interna di una diocesi) le manovre di insabbiamento o colpevole disattenzione di un vescovo. Non c’è niente da immaginare, è tutto già successo e la documentazione è vastissima.
A ROMA , sotto gli occhi di due papi, il vescovo Gino Reali (diocesi suburbicaria Porto-Santa Rufina, pochi chilometri dal Vaticano) non ha mosso un dito nemmeno per avviare l’indagine canonica - raccomandata dalla Santa Sede - in merito al prete Ruggero Conti, accusato di avere abusato di sette minori. Conti è stato condannato in appello nel maggio scorso a quattordici anni. Per tre casi è scattata la prescrizione, ora l’attesa indecente è che il ricorso in Cassazione prescriva il resto. La Cei se ne lava le mani. Non è sua competenza - ribadiscono le Linee guida - se un vescovo non osserva nemmeno le leggi della Chiesa, che intimano rapide indagini e sanzioni tranne in caso di “manifesta infondatezza” delle accuse. Notazione finale. Se si prende il testo della Cei e si clicca la parola “risarcimento”, il risultato è nullo.
PREOCCUPATA di una tendenza auto assolutoria nella gerarchia cattolica - all’ombra di Francesco - la redazione del National Catholic Reporter (il periodico americano che dal 1985 ha riportato gli scandali negli Usa) ha invitato il papa a lavare i piedi il prossimo Giovedì Santo alle vittime di abusi. Per decenni - ricorda il NCR - dei vescovi hanno “negato, mentito, impedito la rivelazione” del dramma. “Nessuno di loro è stato mai chiamato a rendere conto”.
Il Papa: una vittima di abusi nella Commissione anti-pedofilia
Tra gli otto nominati Marie Collins e card. O’Malley. Lombardi: «Questo gruppo sarà integrato da altri membri scelti nelle varie aree geografiche»
di Domenico Agasso jr (La Stampa, 22/03/2014)
Roma Papa Francesco ha nominato oggi i primi otto componenti della Commissione per la Tutela dei Minori, istituita contro il fenomeno della pedofilia. Ne fanno parte quattro uomini e quattro donne, rappresentativi di vari Paesi, tra cui anche una vittima di abusi, l’irlandese Marie Collins, e il cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston e membro del Consiglio degli otto Cardinali creato dal Pontefice, il francescano che aveva annunciato lo scorso dicembre la nascita di una Commissione anti-pedofili “ad hoc”.
Poi ci sono: la francese Catherine Bonnet; dal Regno Unito, Sheila Hollins; il giurista italiano Claudio Papale, docente di Diritto canonico alla Pontifica Università urbaniana; l’ex-ambasciatrice polacca Hanna Suchocka; il gesuita argentino padre Humberto Miguel Yanez SJ, direttore del dipartimento di Teologia morale della Pontificia Università gregoriana; il gesuita tedesco padre Hans Zollner, vicerettore accademico e preside dell’Istituto di Psicologia della Gregoriana.
La Commissione creata da Francesco per tutelare i minori da atti di pedofilia contribuirà «alla missione del Papa di rispondere alla sacra responsabilità di assicurare la sicurezza ai giovani»: il direttore della Sala Stampa Vaticana padre Federico Lombardi annuncia così le prime nomine. Prime perchè «questo gruppo iniziale - spiega Lombardi - verrà successivamente integrato da altri membri scelti nelle varie aree geografiche del mondo».
Al momento il gruppo degli otto, che costituisce l’impalcatura della struttura, è in maggioranza rappresentato da europei «per agevolare gli incontri», precisa il Portavoce vaticano. «Nella certezza che la Chiesa deve svolgere un ruolo cruciale in questo campo, e guardando al futuro senza dimenticare il passato, la Commissione - osserva Lombardi - adotterà un approccio molteplice per promuovere la protezione dei minori, che comprenderà l’educazione per prevenire lo sfruttamento dei bambini, le procedure penali contro le offese ai minori, doveri e responsabilità civili e canoniche, lo sviluppo delle “migliori pratiche” che si sono individuate e sviluppate nella società nel suo insieme».
Il gruppo della neonata Commissione «è ora chiamato a lavorare speditamente per collaborare in differenti compiti, fra cui: elaborare la struttura finale della Commissione, precisandone scopo e responsabilità e proponendo i nomi di ulteriori candidati, in particolare da altri continenti e Paesi, che possono essere chiamati al servizio della Commissione».
Lombardi sottolinea poi che l’iniziativa del Papa prosegue l’impegno dei predecessori, e aggiunge: Bergoglio con questo nuovo atto «mette in chiaro che la Chiesa deve tenere alta la protezione dei minori fra le sue priorità e per promuovere l’iniziativa in questo campo oggi il Papa ha indicato i nomi di diverse personalità che possono essere altamente qualificate e note per il loro impegno su questo tema».
I SILENZI DEL CARD. BERGOGLIO SUGLI ABUSI. UN DOSSIER DAGLI STATI UNITI *
37557. BOSTON-ADISTA. Il gruppo statunitense BishopAccountability, impegnato nella raccolta di dati riguardanti i casi di abusi sessuali perpetrati da membri della Chiesa per la costruzione di un database sul fenomeno, ha pubblicato il 12 marzo la prima analisi dell’operato di Jorge Maria Bergoglio su questo fronte durante gli anni in cui ha ricoperto l’incarico di arcivescovo di Buenos Aires (1998-2013) e di presidente della Conferenza episcopale argentina (2005-2011), nonché le informazioni disponibili su 42 preti argentini accusati di pedofilia (il materiale, di cui ha dato notizia il settimanale Usa National Catholic Reporter, è accessibile al sito www.bishop-accountability.org/Argentina/).
Il quadro che emerge è sconcertante: sostanzialmente, mentre i vescovi statunitensi ed europei affrontavano lo scandalo, Bergoglio, pur in analogo contesto, sarebbe rimasto in silenzio. «Non ha pubblicato documenti, non ha fatto nomi né tenuto registri dei preti accusati, non ha elaborato una politica di gestione degli abusi, nemmeno ha pronunciato una parola di scuse nei confronti delle vittime».
Nelle sue numerose omelie e dichiarazioni (accessibili sul sito dell’arcidiocesi di Buenos Aires), spiega BishopAccountability, l’allora arcivescovo di Buenos Aires ha giustamente attaccato la corruzione del governo, l’iniqua distribuzione della ricchezza, il traffico sessuale, ma sugli abusi sessuali da parte del clero, nemmeno una parola. Nel libro Il cielo e la Terra, d’altronde, Bergoglio afferma che il problema, nella sua Buenos Aires, non è mai esistito: «Nella diocesi non mi è mai accaduto, ma una volta un vescovo mi ha telefonato per chiedermi cosa doveva fare in una situazione di questo tipo e gli ho detto di togliere all’interessato le licenze, di non permettergli di esercitare più il sacerdozio e di avviare un giudizio canonico». Non è plausibile, commenta il gruppo, che Bergoglio dal 1992 - quando fu nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires, prima di diventarne arcivescovo sei anni dopo - al 2013 non abbia mai dovuto occuparsi di un prete pedofilo, mentre nel mondo «decine di migliaia di vittime denunciavano alla Chiesa gli abusi subìti».
In base ad un’analisi comparativa con i dati emersi negli Usa e in Europa, la stima presunta dei preti pedofili nell’arcidiocesi di Buenos Aires, secondo BishopAccountability, si aggira, per il periodo 1950-2013, intorno ai 100 casi, e di questi almeno un decimo doveva essere noto alle autorità della Chiesa. Bergoglio compreso.
Il ruolo di Bergoglio in cinque casi di abuso
Nell’arcidiocesi, poco o nulla è emerso in superficie, mancando gli elementi che altrove hanno dato il via allo svelamento del fenomeno: azioni civili delle vittime, investigazioni della Chiesa e indagini governative. Solo un prete di Buenos Aires, Carlos Maria Gauna, è stato pubblicamente accusato, ma nei quattro casi oggi più noti di religiosi o di preti pedofili di altre diocesi - p. Julio César Grassi, p. Rubén Pardo, p. Fernando Enrique Picciochi e p. Mario Napoleon Sasso - «vi è la prova che Bergoglio», presidente dei vescovi argentini, «deliberatamente o inconsapevolmente, ha frenato le vittime intenzionate a denunciare e a perseguire i loro aggressori». Vittime che, denuncia il gruppo, «affermano di aver cercato, invano, l’aiuto del cardinale», così come riportato anche dal Wall Street Journal (5/4/13), che citava come fonte un portavoce della diocesi di Buenos Aires secondo il quale Bergoglio avrebbe appunto «rifiutato di incontrare le vittime».
Grande ritardo, inoltre, per l’elaborazione delle linee guida che devono stabilire la politica di gestione dello scandalo: richieste dal Vaticano nel 2011, la loro elaborazione fu rimandata dalla Conferenza episcopale argentina, tanto che sono state pubblicate solo lo scorso aprile; anche questo elemento spinge BishopAccountability ad affermare che la Chiesa argentina, nella gestione degli abusi, è stata «tra le meno trasparenti nel mondo».
Ecco la sintesi della gestione di Bergoglio dei cinque casi noti, per i quali Bishop Accountability fornisce, sul sito, i link alle fonti.
P. Julio César Grassi: nonostante fosse stato condannato nel 2009 per molestie su un minore, Bergoglio commissionò uno studio riservato per convincere i giudici della Corte suprema argentina dell’innocenza del religioso. Tale intervento è ritenuto il motivo per il quale Grassi restò in libertà per quattro anni dopo la sua condanna. È stato incarcerato nel settembre 2013.
P. Rubén Pardo: prete confesso pedofilo malato di Aids, nel 2003 era tenuto nascosto alle autorità civili in un vicariato dell’arcidiocesi di Buenos Aires, all’epoca guidata da Bergoglio, dove faceva il confessore dei bambini e insegnava in una scuola. Nello stesso vicariato, a quanto sembra, viveva un vescovo ausiliare di Bergoglio. È altamente improbabile che Pardo vivesse e esercitasse il suo ministero senza l’approvazione di Bergoglio.
P. Fernando Enrique Picciochi: una vittima, dopo aver scoperto che il prete che aveva abusato di lui era fuggito negli Stati Uniti per eludere l’intervento delle autorità civili, si rivolse a Bergoglio perché fosse tolto il sigillo della segretezza imposto dalla congregazione religiosa di appartenenza del sacerdote. Incontrò il segretario privato di Bergoglio e il suo vescovo ausiliare, mons. Mario Poli. Nessuna risposta.
P. Mario Napoleon Sasso: nel 2001 Sasso, dopo una terapia in un centro gestito dalla Chiesa, al termine della quale fu definito “soggetto pedofilo”, venne nominato pastore di una parrocchia di persone disagiate. Nel 2002-2003, abusò di cinque bambine. Nel 2006, mentre egli era in carcere ma senza essere ancora stato condannato, i genitori delle bambine avrebbero chiesto invano un incontro con Bergoglio.
P. Carlos Maria Gauna: prete arcidiocesano sotto la diretta supervisione di Bergoglio, nel 2001 fu accusato di molestie da due bambine. Bergoglio disse che se ne sarebbe occupato. Gauna è ancora attivo nell’arcidiocesi come cappellano ospedaliero: «Ciò potrebbe indicare - afferma BishopAccountability - che Bergoglio considerava le accuse credibili, ma decise di trasferirlo piuttosto che allontanarlo dal ministero».
«Francesco ha davvero la volontà di risolvere questo problema catastrofico?», si chiede la condirettrice di Bishop Accountability Anne Barrett Doyle, molto irritata dalle affermazioni fatte da Bergoglio sulle pagine del Corriere della Sera del 5 marzo scorso, in cui affermava che «la Chiesa cattolica è forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza» e ciononostante «è la sola ad essere attaccata». (ludovica eugenio)
* Adista Notizie n. 11 del 22/03/2014
ABUSI D’OLTRETEVERE
“Volevo farmi suora, un prete si è fatto me”
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2012)
Ho iniziato a fare direzione spirituale quando avevo 18 anni e la storia è iniziata quasi subito. Il don aveva capito il mio punto debole, la carenza d’affetto e, piano piano, lavorando sulla mia psiche fragile, è riuscito a mettermi in testa che l’amore, l’affetto, è un bene che si può vendere e comprare. La nostra frase era “Cinque minuti di quello che vuoi tu in cambio di cinque minuti di quello che voglio io”. Io volevo solamente sfogarmi, parlare dei miei problemi ed essere abbracciata, volevo essere messa al centro dell’attenzione, cosa che non accadeva mai nella mia famiglia.
La prima volta è stato così. “Ti porto in camera, ci sdraiamo sul letto così ti abbraccio meglio”. Ero talmente inesperta che non avevo mai visto un pene in vita mia, non sapevo come si facevano certe cose, ma poi ho dovuto imparare per forza. Stavamo su quel letto, c’erano volte in cui io dovevo semplicemente stare ferma e lui mi ravanava dappertutto e volte in cui si sedeva sul mio collo e io avevo paura di soffocare.
In camera sua c’era un crocifisso di legno pesante, proprio sopra il letto. Io avevo il terrore che quel crocifisso potesse cadermi in testa. Poi lui si rivestiva in fretta, mi buttava i vestiti e mi diceva di andarmene, aveva fretta di liberarsi di me.
Adesso Emanuela Violani (lo pseudonimo che ha scelto) ha più di ventisei anni. Il diario le è servito per rielaborare il trauma. Per cinque anni, in un paesino di campagna, è stata abusata da un prete. Aveva più di diciott’anni. Non era una minore. “Soltanto” una ragazza fragilissima, dedita all’alcol, manipolata come oggetto sessuale.
Era prete da poco. Ogni tanto andavamo al parcheggio del cimitero ed era sempre la solita storia: ho dovuto pagare tutto quello che mi ha dato. Ogni tanto mi portava al cinema o a mangiare una pizza. Io ero contenta perché non uscivo mai, solo che poi al ritorno andavamo a finire sempre in qualche parcheggio isolato e lì non mi doveva abbracciare per cinque minuti, dovevo subito iniziare. Per due anni mi sono ubriacata quasi tutti i fine settimana e quando non bevevo, andavo dal don perché avevo bisogno di riempire il vuoto della mia anima. Capivo che lui mi stava usando, ma io volevo stare con qualcuno. Ho anche avuto disturbi alimentari, mi nutrivo quasi esclusivamente di latte e nell’estate 2003 sono arrivata a pesare 41 chili. Era agosto, faceva caldo, stavo talmente male che non mi interessava della mia verginità, avrei dato tutto pur di essere presa in braccio e coccolata per qualche minuto, ma quando mi sono accorta che faceva sul serio, mi sono spaventata, ho iniziato a sentire male e gli ho detto di fermarsi. Lui (cento e più chili contro i miei quarantuno) con una mano mi teneva ferma e con l’altra mi tappava la bocca, poi ricordo il sangue, un “vaffanculo” detto da me e un “lo volevi anche tu” detto da lui. Ci ho messo un anno a capire che cosa mi era successo veramente, ho capito che razza d’uomo era solo quando ci siamo rivisti dopo diversi mesi e mi ha sbattuta fuori casa perché non volevo fare porcate con lui.
Da giovane Emanuela, molto credente, voleva diventare suora missionaria. Ora dice: “Volevo farmi suora e il prete si è fatto me”. Mi sono confessata da don D. Ho detto che avevo commesso un solo grande peccato: “Atti impuri con un prete” e lui mi ha detto cose orribili, mi ha detto che io ero il demonio sulla terra, che se quel prete dava la comunione dopo essere stato con me rovinava la sua comunità. Ero lì in ginocchio in quella chiesa scura con un pretino anziano che mi faceva cadere addosso dei massi enormi e non sapevo come difendermi. Non voleva darmi l’assoluzione, ma poi si è convinto e mi ha detto di non rifare più certe cose. Io sono uscita dal confessionale di corsa perché lui voleva vedermi, facevo fatica a stare in piedi, facevo fatica a parlare, ero sbiancata. Emanuela per chiedere aiuto si confida, mandando lettere a un altro sacerdote.
Don B. le leggeva ma un giorno le ha buttate via perché quando facevo le cose con don G. io descrivevo nei minimi dettagli le porcate che facevamo. Don B. ha buttato via questi miei “resoconti” perché ha detto che potrebbero finire nelle mani sbagliate. Quando a don B. in una lettera ho descritto per filo e per segno della violenza e ho chiesto: “È stata violenza?”, lui mi ha presa in un angolo della chiesa e, sottovoce per non farsi sentire, mi ha detto: “Se le cose sono andate come le hai descritte, sì, è stata violenza”, poi ssst, silenzio e se n’è andato”.
Don Virginio Colmegna, che a Milano dirige la Casa della Carità, afferma di aver letto il diario di Emanuela con “fatica, disgusto e conati di vomito”, augurandosi che il violentatore “ammantato di potere religioso” si assuma le sue responsabilità e decida di “rompere la copertura ipocrita del silenzio”. Nel diario, Emanuela scrive di un incidente. A me ha confessato di essersi gettata da un ponte.
Venti giorni dopo l’operazione, venti giorni soltanto dopo che mi hanno aperto la testa, mi hanno ricostruita con il metallo e con le viti, mi hanno tirato fuori le ossa della faccia che erano entrate... venti giorni dopo don G. mi ha detto che non ero più buona neanche a fare pompini.
Ho voluto rompere la cortina dello pseudonimo. Ho rintracciato Emanuela per sapere cosa è accaduto dopo. Mi ha detto al telefono che per anni, dopo che si rifiutava di vedere il suo violentatore, il prete l’ha perseguitata con messaggini. Finalmente lo ha denunciato per violenza. In Questura le hanno risposto che era passato troppo tempo. È andata dal vescovo. Il tribunale ecclesiastico doveva intervenire, ma nulla è successo. Il prete ha confessato di avere compiuto un “atto di debolezza”, ora è parroco. Le hanno proposto di versare una somma di denaro a un’associazione benefica da lei indicata. Così, per non dovere ammettere pubblicamente responsabilità, Emanuela ha rifiutato.
In Vaticano l’altro giorno hanno organizzato una veglia per le vittime, ma discutono ancora se rendere obbligatorio o no che il vescovo denunci i preti criminali.
Si cambia passo, ma sulle denunce restano tanti «se»
di Luca Kocci (il manifesto, 10 febbraio 2012)
Negli ultimi dieci anni oltre quattromila casi di abusi sessuali commessi da preti e religiosi su bambini, ragazze e ragazzi minorenni sono stati segnalati alla Congregazione vaticana per la dottrina della fede. Lo rivela il cardinale statunitense William Levada, prefetto dell’ex Sant’uffizio, a cui, secondo una disposizione del 2001 di papa Wojtyla, i vescovi dovrebbero comunicare tutti i casi di abuso e di violenza da parte di sacerdoti contro minori di cui sono a conoscenza.
Benché alto - quattromila in dieci anni significa più di un caso al giorno - il numero sembra assai inferiore alla realtà: Michael Bemi e Patricia Neal (del National catholic risk retention group e del National catholic services) parlano di «almeno centomila vittime solo negli Usa» dal 1950 ad oggi. Cifre degne di una guerra in cui lo stupro viene utilizzato come arma.
In questo caso, però, si parla di pedofilia ecclesiastica, al centro dei lavori del simposio internazionale sull’abuso sessuale Verso la guarigione e il rinnovamento che si è chiuso ieri sera alla Pontificia università gregoriana di Roma, con vescovi e preti in rappresentanza di 110 conferenze episcopali.
Un incontro senza precedenti, che segna un evidente cambio di passo rispetto al passato in cui la parola d’ordine era negare il fenomeno. Ma non ancora una svolta: su un punto, quello dell’obbligo da parte dei vescovi di denunciare alle autorità civili l’autore delle violenza, le parole dei rappresentanti del Vaticano non sono chiare.
Come non è chiara la Lettera circolare della Congregazione per la dottrina della fede del maggio 2011 inviata alle Conferenze episcopali di tutto il mondo per aiutarle a preparare le «linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici»: si invita ad «ascoltare le vittime» e a «proteggere i minori», a garantire «un’adeguata formazione a sacerdoti e religiosi» e a «vigilare» sui loro comportamenti, fino a «limitare l’esercizio del ministero da parte di un chierico » o a dimetterlo se riconosciuto colpevole. Si chiede anche di «collaborare» con le autorità statali, perché l’abuso sessuale dei minori «rappresenta anche un crimine perseguibile dal diritto civile», sebbene «i rapporti con le autorità possano variare da Paese a Paese», precisa mons. Charles Scicluna, promotore di giustizia - una sorta di pm - della Congregazione per la dottrina della fede. E comunque mai se la notizia dell’abuso fosse stata appresa in confessione.
Una collaborazione con tanti "se" e "ma". Eppure, spiega Marier Collins - una donna irlandese di 66 anni violentata da un prete quando ne aveva 13 ed era ricoverata in ospedale - «avevo 47 anni quando parlai del mio abuso per la prima volta» ma «l’inizio della guarigione per me è stato il giorno in cui il mio aggressore in tribunale ha ammesso la sua colpa».
In Italia, per ammissione dello stesso Bagnasco, la Cei riconosce oltre cento casi di abusi compiuti negli ultimi dieci anni. A maggio verranno presentate le «linee guida» per «affrontare la questione in spirito di giustizia, avendo premura - spiega - in primo luogo per le vittime degli abusi e curando in particolare la formazione dei futuri sacerdoti». E chissà se si farà cenno anche alla giustizia terrena.
Noi vittime dei preti pedofili
di Paolo Tessadri (l’Espresso, 23.01.2009) *
Decine di bambini e ragazzi sordi violentati e molestati in un istituto di Verona fino al 1984. E dopo decenni di tormenti, gli ex allievi trovano la forza di denunciare gli orrori. Ma molti dei sacerdoti sono ancora lì
Per oltre un secolo è stato un simbolo della carità della Chiesa: una scuola specializzata per garantire un futuro migliore ai bambini sordi e muti, sostenendoli negli studi e nell’inserimento al lavoro. L’Istituto Antonio Provolo di Verona ospitava i piccoli delle famiglie povere, figli di un Nord-est contadino dove il boom economico doveva ancora arrivare. Fino alla metà degli anni Ottanta è stato un modello internazionale, ma nel tetro edificio di Chievo, una costruzione a metà strada tra il seminario e il carcere, sarebbero avvenuti episodi terribili.
Solo oggi, rincuorati dalle parole di condanna pronunciate da papa Ratzinger contro i sacerdoti pedofili, decine di ex ospiti hanno trovato la forza per venire allo scoperto e denunciare la loro drammatica esperienza: "Preti e fratelli religiosi hanno abusato sessualmente di noi". Un’accusa sottoscritta da oltre 60 persone, bambini e bambine che hanno vissuto nell’Istituto, e che ora scrivono: "Abbiamo superato la nostra paura e la nostra reticenza".
Gli abusi di cui parlano sarebbero proseguiti per almeno trent’anni, fino al 1984. Sono pronti a elencare una lunga lista di vittime e testimoni, ma non possono più rivolgersi alla magistratura: tutti i reati sono ormai prescritti, cancellati dal tempo. I sordomuti che dichiarano di portarsi dentro questo dramma sostengono però di non essere interessati né alle condanne penali né ai risarcimenti economici. Loro, scrivono, vogliono evitare che altri corrano il rischio di subire le stesse violenze: una decina dei religiosi che accusano oggi sono anziani, ma restano ancora in servizio nell’Istituto, nelle sedi di Verona e di Chievo. Per questo, dopo essersi rivolti al vescovo di Verona e ai vertici del Provolo, 15 ex allievi hanno inviato a ’L’espresso’ le testimonianze - scritte e filmate - della loro esperienza.
Documenti sconvolgenti, che potrebbero aprire uno squarcio su uno dei più gravi casi di pedofilia in Italia: gli episodi riguardano 25 religiosi, le vittime potrebbero essere almeno un centinaio.
La denuncia
Gli ex allievi, nonostante le difficoltà nell’udito e nella parola, sono riusciti a costruirsi un percorso di vita, portandosi dentro le tracce dell’orrore. Dopo l’esplosione dello scandalo statunitense che ha costretto la Chiesa a prendere atto del problema pedofilia, e la dura presa di posizione di papa Benedetto XVI anche loro hanno deciso di non nascondere più nulla. Si sono ritrovati nell’Associazione sordi Antonio Provolo e poi si sono rivolti alla curia e ai vertici dell’Istituto. Una delle ultime lettere l’hanno indirizzata a monsignor Giampietro Mazzoni, il vicario giudiziale, ossia il magistrato del Tribunale ecclesiastico della diocesi di Verona. È il 20 novembre 2008: "I sordi hanno deciso di far presente a Sua Eminenza il Vescovo quanto era loro accaduto. Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell’Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave).
I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all’Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna". E ancora: "Come non bastasse, i bambini e ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza". Seguono le firme: nome e cognome di 67 ex allievi.
Le storie
I protagonisti della denuncia citano un elenco di casi addirittura molto più lungo, che parte dagli anni Cinquanta. Descrivono mezzo secolo di sevizie, perfino sotto l’altare, in confessionale, dentro ai luoghi più sacri.
Quei bambini oggi hanno in media tra i 50 e i 70 anni: il più giovane compirà 41 anni fra pochi giorni. Qualcuno dice di essere stato seviziato fino quasi alla maggiore età. Gli abusi, raccontano, avvenivano anche in gruppo, sotto la doccia. Scene raccapriccianti, impresse nella loro memoria. Ricorda Giuseppe, che come tutti gli altri ha fornito a ’L’espresso’ generalità complete: "Tre ragazzini e tre preti si masturbavano a vicenda sotto la doccia". Ma la storia più angosciante è quella di Bruno, oggi sessantenne, che alla fine degli anni Cinquanta spiccava sugli altri bambini per i lineamenti angelici: era il ’bello’ della sua classe. E solo ora tira fuori l’incubo che lo ha tormentato per tutta la vita: "Sono diventato sordo a otto anni, a nove frequentavo il Provolo che ho lasciato a 15 anni. Tre mesi dopo la mia entrata in istituto e fino al quindicesimo anno sono stato oggetto di attenzioni sessuali, sono stato sodomizzato e costretto a rapporti di ogni tipo dai seguenti preti e fratelli.". Ha elencato 16 nomi. Nella lista anche un alto prelato, molto famoso a Verona: due sacerdoti del Provolo avrebbero accompagnato Bruno nel palazzo dell’ecclesiastico.
"Era il 1959, avevo 11 anni. Mi ha sodomizzato e preteso altri giochi sessuali. È stata un’esperienza terribile che mi ha procurato da adulto gravi problemi psicologici".
Il dramma
Un altro ex allievo, Guido, dichiara di essere stato molestato da un prete: "Avveniva nella sua stanza all’ultimo piano. E mi costringeva a fare queste cose anche a Villa Cervi durante le colonie estive e al campeggio sul lago di Garda". Carlo è rimasto all’istituto dai 7 ai 18 anni, e chiama in causa un altro sacerdote: "Mi costringeva spesso con punizioni (in ginocchio per ore in un angolo) e percosse (violenti schiaffi e bastonature) ad avere rapporti con lui". Altre volte si sarebbe trattato di bacchettate sulle mani, mentre di notte "nello stanzone dove dormivo con altri sordi spesso mi svegliava per portarmi nei bagni dove mi sodomizzava o si faceva masturbare. Non ho mai dimenticato".
Sono racconti simili. Tragedie vissute da bambini di famiglie povere, colpiti dalla sordità e poi finiti tra le mura dell’istituto; drammi tenuti dentro per decenni. Ricostruisce Ermanno: "La violenza è avvenuta nei bagni e nelle stanze dell’Istituto Provolo e anche nella chiesa adiacente". "Se rifiutavo minacciava di darmi un brutto voto in condotta, questi fatti mi tornano sempre in mente", scrive un altro. Giuseppe qualche volta a Verona incontra il suo violentatore, "ancora oggi quando lo vedo provo molto disagio. Non sono mai riuscito a dimenticare". Stando alle denunce, le vittime erano soprattutto ragazzini. Ma ci sono anche episodi testimoniati da bambine. Lina ora ha cinquant’anni, è rimasta "all’istituto per sordomuti dai sei ai 17 anni. A tredici anni nella chiesa, durante la confessione faccia a faccia (senza grata), il sacerdote mi ha toccata il seno più volte. Ricordo bene il suo nome. Io mi sono spaventata moltissimo e da allora non mi sono più confessata". Giovanna scrive che un altro prete "ha tirato fuori il membro e voleva che lo toccassi". E per molte ragazzine i fatti avvenivano nella chiesa dell’istituto, sotto l’altare. A qualcuna, però, è andata molto peggio.
Gli esposti
Oggi l’Istituto Antonio Provolo ha cambiato completamente struttura e missione. Le iniziative per il sostegno ai sordomuti sono state ridimensionate e vengono finanziate anche dalla Regione Veneto. Adesso l’attività principale è il Centro educativo e di formazione professionale, gestito interamente da laici, che offre corsi d’avanguardia per giovani ed è specializzato nella riqualificazione di disoccupati. Al vertice di tutto ci sono sempre i religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria per l’educazione dei sordomuti, che dipendono direttamente dalla Santa Sede. Alla Congregazione si sono rivolti gli ex allievi chiedendo l’allontanamento dei sacerdoti chiamati in causa. Secondo la loro associazione, "c’è già stata più di un’ammissione di colpa". La più importante risale al 2006, quando don Danilo Corradi, superiore generale dell’Istituto Provolo, avrebbe incontrato più di 50 ex allievi. Secondo l’Associazione, il superiore a nome dell’Istituto avrebbe chiesto 12 volte scusa per gli abusi commessi dagli altri religiosi. I testimoni ricostruiscono una riunione dai toni drammatici: don Corradi che stringe il capo fra le mani, suda, chiede perdono, s’inginocchia. Ma i sordomuti avrebbero preteso l’allontanamento dei sacerdoti coinvolti, senza ottenerlo. A ’L’espresso’ don Danilo Corradi fornisce una versione diversa: "Ho sentito qualcosa, ma io sono arrivato nel 2003 e di quello che è successo prima non so. Non rispondo alle accuse, non so chi le faccia: risponderemo dopo aver letto l’articolo".
La Curia
Da quasi due anni gli ex allievi si sono appellati anche alla Curia di Verona, informandola nel corso di più incontri. Il presidente della Associazione sordi Antonio Provolo, Giorgio Dalla Bernardina, ne elenca tre: a uno hanno preso parte 52 persone. E scrive al vescovo: "Nonostante i nostri incontri in Curia durante i quali abbiamo fatto presente anche e soprattutto gli atti di pedofilia e gli abusi sessuali subiti dai sordomuti durante la permanenza all’istituto, a oggi non ci è stata data alcuna risposta". L’ultima lettera è dell’8 dicembre 2008. Pochi mesi prima, a settembre, avevano fatto l’ennesimo tentativo, inviando una raccomandata al vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti. Senza risposta, "nonostante le sue rassicurazioni e promesse di intervento". Questa missiva è stata firmata da tre associazioni di sordi: Associazione Sordi Antonio Provolo, Associazione non udenti Provolo, Associazione sordi Basso Veronese-Legnago.
Il vescovo, interpellato da ’L’espresso’, replica con una nota scritta: "Il Provolo è una congregazione religiosa. In quanto tale è di diritto pontificio e perciò sotto la giurisdizione del Dicastero dei religiosi. La diocesi di Verona, sul cui territorio è sorta la Congregazione, apprezza l’opera di carattere sociale da essa svolta in favore dei sordomuti". Poi monsignor Giuseppe Zenti entra nel merito: "Per quanto attiene l’accusa di eventuale pedofilia, rivolta a preti e fratelli laici, che risalirebbe ad alcune decine di anni fa, la diocesi di Verona è del tutto all’oscuro. A me fecero cenno del problema alcuni di una Associazione legata al Provolo, ma come ricatto rispetto a due richieste di carattere economico, nell’eventualità che non fossero esaudite. Tuttavia a me non rivolsero alcuna accusa circostanziata riferita a persone concrete, ma unicamente accuse di carattere generico. Non ho altro da aggiungere se non l’impegno a seguire in tutto e per tutto le indicazioni contenute nel codice di diritto canonico e nelle successive prese di posizione della Santa Sede. Nella speranza che presto sia raggiunto l’obiettivo di conoscere la verità dei fatti".
L’Associazione sordi Antonio Provolo risponde al vescovo negando qualunque ricatto o interesse economico: "Gli abbiamo soltanto fatto presente i problemi, noi vogliamo che quei sacerdoti vengano allontanati perché quello che hanno fatto a noi non accada ad altri".
* (22 gennaio 2009)
La diocesi di Los Angeles paga la cifra record. Gli abusi compiuti dai suoi sacerdoti su una ragazza di 16 anni
E il cardinale Mahony rivela: un anno fa aggredito da un uomo inferocito per lo scandalo pedofilia nella Chiesa
Usa, violentata da sette preti
risarcita con 500mila dollari *
LOS ANGELES - Violentata per anni da sette preti, ha vinto un risarcimento record. Rita Milla, che oggi ha 46 anni, ha subito violenze sessuali a partire dall’età di 16 anni; ma oggi l’arcidiocesi di Los Angeles, retta dal cardinale Roger Mahony, ha dovuto tirare fuori dalle proprie casse mezzo milione di dollari. E lo stesso cardinale ha fatto le spese in prima persona della rabbia della gente sconvolta per gli scandali sessuali in cui è rimasta coinvolta la Chiesa californiana: lo scorso anno Mahony è stato vittima di un’aggressione violenta da parte di un uomo per strada, secondo quanto hanno raccontato alcuni sacerdoti con cui il cardinale si confidò.
Il caso di Rita Milla, riferito dalla rete tv Cbs e finito su tutte le prime pagine dei giornali americani, è particolarmente crudo: la donna ha una figlia da uno di questi sacerdoti, mentre un altro aveva cercato di farla abortire dandole il denaro per recarsi nelle Filippine dove mettere in atto l’interruzione della gravidanza.
Per la diocesi di Los Angeles è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di abusi sessuali: di recente la Chiesa della metropoli californiana ha pagato ingenti risarcimenti per centinaia di casi di violenze e molestie sessuali di cui si sono resi colpevoli negli anni sacerdoti del proprio clero. L’aggressione del cardinale Mahony si colloca in questo contesto: è avvenuta lo scorso anno, proprio dopo un patteggiamento di 660 milioni di dollari per gli abusi sessuali compiuti su oltre 500 minori della comunità. E’ stato il maggiore ad essere mai stato pagato negli Stati Uniti per un caso di questo tipo. L’aggressione di Mahony, finora rimasta segreta, è stata riferita da alcuni preti che erano presenti all’incontro in cui lui la raccontò. Nessun commento ufficiale arriva oggi da parte del cardinale, che, secondo i racconti, ci mise un mese per rimettersi dall’assalto.
E’ stata l’avvocato di Rita Milla, Gloria Allred, a rivelare alcuni particolari della vicenda giudiziaria. La donna aveva 16 anni quando il prete Santiago Tamayo cominciò a molestarla sessualmente e poi iniziò ad avere una relazione con lei. Quindi Tamayo le presentò altri sei sacerdoti che abusarano sessualmente di lei, e uno di essi la mise incinta.
Poco prima di morire, nel 1999, don Tamayo si scusò con la donna e fornì le prove che incastrarono gli altri preti colpevoli di aver compiuto violenze sessuali su Rita Milla. Ancora nel 2003 un tribunale dello Stato della California stabilì che il padre della figlia della donna era proprio un sacerdote, Valentie Tugade.
Sullo scandalo l’arcidiocesi di Los Angeles non ha voluto commentare, ma il cardinale Mahony ha rilasciato una dichiarazione con la quale ha voluto riconfermare l’impegno della Chiesa degli Stati Uniti nella protezione dei bambini e nella prevenzione degli abusi sessuali.
E’ solo dei giorni scorsi un altro caso di abusi sessuali aveva colpito la Chiesa americana. La diocesi di Davenport, nello Stato dell’Iowa, aveva accettato un accordo legale in base al quale dovrà sborsare 37 milioni di dollari a 156 vittime di abusi sessuali commessi dai suoi sacerdoti fra il 1930 e il 2003.
* la Repubblica, 5 dicembre 2007.
Le mele marce impazzano
Aumenta a dismisura il numero dei vescovi beccati mentre si comportavano in modo poco consono al loro ruolo e costretti alle dimissioni.
Fonte: http://www.resistenzalaica.it/index.php?option=com_content&task=view&id=486&Itemid=1
Il sesso si sta facendo strada a tutti i livelli persino nelle strutture clericali che sembravano destinate a esserne indenni. Respinto finora al grido "Vade retro, Satana", oggi ha vinto la sua millenaria battaglia, conseguendo l’ambizioso obiettivo di distruggere la dignità dei prelati che occupano gli scranni più alti nella scala gerarchica. Da un timeline del sito dei "Sopravvissuti agli abusi del clero", che riporta notizie riprese dai network di tutto il mondo, apprendiamo che il frutto proibito è così gustoso che neppure i vescovi riescono più a resistere al suo richiamo. Costoro sceglievano le persone da violentare tra donne sole, preti sottomessi, orfani, genitori vhe vivevano nella miseria più nera e parrocchiane bisognose di affetto. Hanno abusato dei preti che dipendevano da loro, ad esempio, Patrick Ziemann, Rembert Weakland, Bernard Law e Julius Paetz. Il primo è stato accusato da un prete che aveva rubato i fondi della parrocchia di averlo sodomizzato per punirlo di quanto aveva fatto, ma il vescovo ha obiettato che col tempo la relazione era diventata consensuale, come se questo costituisse una esimente. Il secondo ha messo a tacere con 450.000 dollari un suo dipendente che aveva violentato attirandolo in una trappola. Gli altri due si sono limitati a molestare un discreto numero di preti che appartevano alla loro parrocchia.
Hanno ingravidato le loro parrocchiane, tradendo la loro fiducia, Eugene Marino, Robert Sanchez, James Mc Carthy, HansJoerg Vogel, Robert Wright. Sono stati condannati per pedofilia Keith Symmons, Antony O’ Connell, Kendrick Williams, Hubert O’ Connor, Hans Herman Groer e Edgardo Storni, per aver perseguitato per anni ragazzi e ragazze, studenti e seminaristi di tutte le età e appartenenti a tutte le parrocchie dei dintorni. Sono stati accusati di aver nascosto gli abusi dei loro preti Thomas O’ Brien, Alfonso Penney, John Aloysius Ward e Brendon Komiskey. Casi particolari sono quelli di Eamon Casey e Franziscus Eisenback. Il primo ha confessato di aver comprato il silenzio della madre di un bambino di cui si era incapricciato e il secondo ha approfittato di una donna che fingeva di esorcizzare.
La stranezza dei comportamenti e gli eccessi a cui si sono lasciati andare prelati tenuti nella più alta considerazione per la loro specchiata condotta fa pensare ai crolli morali improvvisi e spaventosi che preannunciano la fine di una civiltà.
* Il dialogo.org, Mercoledì, 26 settembre 2007
OFFENSIVA LEGALE DEL VATICANO
Un Perry Mason per i preti pedofili
All’americano Lena il contenzioso sugli abusi sessuali
di FILIPPO DI GIACOMO (La Stampa, 4/11/2007 - 8:30).
ROMA. Sulla porta dell’ufficio che occuperà, nella segreteria di Stato vaticana, c’è già il suo nome. Si chiama Jeffrey Lena l’avvocato americano che la Santa Sede ha assunto per occuparsi del contenzioso che la oppone, in vari stati del mondo, alle vittime di abusi sessuali da parte di preti. Questa, la motivazione ufficiale. Quella ufficiosa, suggerita dai fatti recentemente accaduti anche dentro le mura leonine, appare confermata dalla collocazione dell’ufficio dell’avvocato Lena, situato a metà strada tra la sezione amministrativa e quella legale del Vaticano. Insomma, una sorta di addentellato dell’ufficio del personale e di quello disciplinare, per un problema che sembra decisamente avviarsi ad essere seriamente preso in mano. La Chiesa Cattolica è l’unica confessione cristiana ad avere un sistema di archivi completo e preciso. E dall’analisi delle cartelle dei 150 mila sacerdoti e religiosi che hanno servito la Chiesa negli Usa dagli Anni Sessanta al 1980, risulta che le accuse di pedofilia hanno colpito circa 500 persone, quindi lo 0,3% del clero e dei religiosi. Le accuse che poi sono state anche provate, fanno scendere la statistica allo 0,2%. I dati americani risultano confermati anche dallo studio incrociato condotto negli archivi di altre circoscrizioni ecclesiastiche.
Tuttavia, gli stessi studi, fanno emergere una situazione più complessa sulla presenza di ministri consacrati di indole omosessuale. Quanti siano, non è dato sapere. Qualche anno fa Donald Cozzens, il rettore del seminario cattolico di Cleveland, in The Changing Face of the Priesthood, riportava tassi che oscillavano dal 23 al 80%. Un altro studioso, Leon J. Podles, suggerisce invece, probabilmente in modo più compiuto, che il tasso tra gli ordinati attualmente in servizio si attesta sotto il 20%, cioè con una percentuale da 7 a 8 volte maggiore rispetto a quello della popolazione generale. Come sostiene Michael Rose nel suo libro Goodbye! Good Men, c’è un’attiva sub-cultura omosessuale dentro la Chiesa Cattolica. Frutto, secondo molti, della confusione conseguente alla rivoluzione sessuale degli Anni 60 associata ai tumulti dottrinali e disciplinari conseguenti al Concilio Vaticano II ed alla maggiore approvazione del comportamento omosessuale nella società. Il tutto, in un mix che ha facilitato agli omosessuali attivi l’ammissione al sacerdozio e, non di rado, ha creato l’ambiente per la loro cooptazione ad incarichi importanti. Con le strutture vaticane ormai non in condizione, per ovvi motivi, di controllare alcuno, il compito dell’avvocato Jeffrey Lena appare importante e, probabilmente, destinato a diventare presto assai ingrato.
Così appare anche il lavoro che il cardinale Giovan Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi, sta svolgendo in questo particolare momento della vita della Chiesa. Voci insistenti lo danno prossimo alla cessazione dell’incarico per un oscuro intreccio con le vicende del suo amico Antonio Fazio e di altri personaggi coinvolti in bancopoli. Un quotidiano lo aveva indicato, qualche mese fa, destinatario del fervorino che un Fiorani, appena uscito dal carcere avrebbe indirizzato a un non meglio precisato porporato: «Voi vedete uno che vi dà i soldi, come io v’ho sempre dato i soldi in contanti, e tutto andava bene. Poi, quando una persona è in disgrazia non fate neanche una chiamata a sua moglie per sapere se sta bene o se sta male». La risposta del porporato sarebbe stata: «La Chiesa è fatta di uomini e gli uomini sbagliano». E Fiorani, di rimando: «Sì, è vero, è fatta di uomini, ma io sto parlando con lei, non sto parlando con un parroco di campagna».
Perché poi, notizie non pubblicate di recente tornino a circolare ogni volta che la Santa Sede deve provvedere ad una nomina importante, sembra abbastanza facile da spiegare. Ormai è chiaro che l’edizione ecclesiastica del manuale Cencelli non funziona più. E la Congregazione dei Vescovi ha ripreso a fare il proprio mestiere. Monsignor Domenico Segalini, il vero organizzatore della giornata mondiale della gioventù del 2000, conterraneo e amico del cardinale Re, è stato nominato ieri assistente generale dell’Azione Cattolica. Il Papa lo ha preferito a don Gianni Ambrosio, ruiniano, attuale assistente spirituale della Cattolica di Milano. A Palestrina, diocesi finora retta da monsignor Segalini, potrebbe essere destinato uno di quei personaggi che la regola del promoveatur ut amoveatur vorrebbe già allontanati da Roma.
Lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale
di Fausto Marinetti *
Caro Bruno Zanin,
grazie per il coraggio di riconoscere di essere un uomo. Non hai paura di te. E neppure "al figlio dell’uomo" fai paura, perché lui, ama ogni figlio d’uomo, qualunque cosa abbia fatto.
Tu non ti riempi la bocca di belle parole come facciamo "noi", uomini di chiesa. Sei quello che sei: "Sì, sì, no, no". Fai parte di quella stirpe, che il Cristo cercava allora come oggi: i pubblicani e le meretrici. E lui ha il coraggio di metterli in prima fila, scandalizzando gli osservanti della legge, i benpensanti, compresi coloro che dicono di "amare la chiesa, perché amano Cristo" (attenzione alla cripto-ipocrisia!). Quelli che antepongono la diplomazia al vangelo, quelli che predicano bene e razzolano male, quelli che impongono agli altri dei pesi che loro non muovono con un dito.
Il tuo coraggio ha dato frutto: altre vittime si sono fatte avanti a raccontare il loro trauma. E’ la riprova della mia ipotesi: se tutte le diocesi mettessero a disposizione un telefono verde, quante altre vittime verrebbero alla luce? Quello che noi vediamo è solo il top dell’iceberg... la "sporcizia" è sotto sotto, ma basta stuzzicarla e viene a galla.
Alcuni hanno rivelato nomi eccellenti, ma sono ancora in "coma emotivo", impigliati nella ragnatela della paura, del tradimento, dell’orrore che li paralizza.
Confessano di non aver neppure la forza di denunciare. Non ne vogliono sapere di andare in tribunale, sarebbe rivivere il Calvario, che stanno tentando di cancellare dalla loro carne. E poi ci sono monsignori intoccabili, una sorta di casta, perché, a volte, si servono delle "opere buone" per coprire i loro delitti. Il brutto è che non sono capaci di gettare la maschera come, invece, fai tu. Ma se è gente che fa professione di fede e di carità; se è gente votata al vangelo, come fa a servire Dio e stuprare i suoi figli? E si fanno chiamare "padri"...
Vedi? Io vengo dal di dentro e conosco certi meccanismi o strategie clericali. Credo che uno dei fattori ai quali imputare questa contraddizione, sia la "troppa verità", che li porta all’arroganza della verità (quella che in passato ha fatto le "sante" crociate, bruciato streghe, condannato Galilei, collaborato con la "conquista" e con la shoà, ecc.). Quanta saggezza nelle parole di Paolo: "Chi sta in piedi non si esalti troppo, perché anche lui può cadere...".
Oh se tutti i Fisichella avessero un po’ di spazio dentro di sé (oltre che per la teologia e il catechismo) per accogliere le vittime! Forse è per la troppa verità di cui sono sazi; forse è per la troppa dottrina, che hanno bisogno di nascondersi dietro agli "operai del bene", che, per fortuna, ci sono ancora tra le loro fila, e spesso tollerati quando non ostacolati, contrariati, ecc.? Tu sai che io sono stato dieci anni con uno perseguitato da loro: Don Zeno, il quale non gliele mandava a dire e, con il suo esempio ha criticato e messo in evidenza certa cultura cattolica che non ha niente a che fare con il vangelo. Non si tratta di virgole, ma di vedere la dignità umana secondo gli occhi e il cuore di Dio. Ti faccio qualche esempio:
1 - La cultura clericale non ha sempre trattato il figlio della ragazza-madre come "figlio del peccato"? E lui ironizzava: "Mai sentito dire che il diavolo abbia fatto dei figli!". Quando veniva accolta in comunità una gestante, ci insegnava che era come un ostensorio della vita e, quindi, dovevamo rispettarla, onorarla e anche venerarla come si venera l’eucarestia.
2 - Nel 1943 all’ombra del Santuario di Pompei trova un istituto con la scritta "Casa dei figli dei carcerati". E lui va in bestia: "Questi bambini non sono i figli dei carcerati, ma i gioielli di Dio Padre, carne battezzata, senza macchia d’origine" (27.2.1943). E quando la comunità verrà sciolta dal braccio secolare, con il beneplacito della S. Sede, circa 700 "figli" sono strappati alle madri e riportati negli istituti, scoppiando dal dolore, dirà: "C’è da meravigliarsi che il clero abbia accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei hanno fatto perfino la Casa dei figli dei carcerati. Una scritta a caratteri cubitali. Tu, prete, hai il coraggio di chiamare così coloro, che Dio ha scelto, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É lecito commettere di questi guai? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità e Cristo continua a dire alla Chiesa: Donna, ecco tuo figlio. E alle vittime: Figli, ecco vostra madre".
3- Di fronte a un’Italia alla fame, nel dopoguerra, scrive a Pio XII: "In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme benestanti e i figli poveri, affamati, ignudi, senza casa. Si è visto e si vede spesso l’inverso. Noi ecclesiastici, padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo quindi contro natura, in peccato, dal quale hanno diritto di difendersi. Vuol cambiare rotta? Io ci sto e chissà quanti ci stanno..." (25.5.1953).
Ma Fisichella crede proprio che basta mascherarsi con le opere buone di madre Teresa per cancellare le migliaia di vittime della pedofilia clericale? Altro che insistere nel dire che si tratta di "casi isolati", di responsabilità personale di alcuni preti che "non dovevano diventare preti"! E quella dei vescovi che li hanno smistati qua e là? E la copertura...
La tua confessione "coram populo" ci invita tutti a gettare la maschera, a riconoscerci semplicemente uomini, a non ritenerci migliori degli altri, perché il nostro vanto è proprio quello di essere della stessa pasta di Adamo, creature fragili e perfettibili. Chi non ha bisogno di farsi perdonare qualche cosa? Perché i prelati non dovrebbero ammetterlo? Per salvare l’immagine? Che cosa è questa benedetta immagine se non, appunto, un’immagine?
Fisichella ha perso un’occasione unica durante la trasmissione di Annozero? Se invece di arrampicarsi sui vetri per difendere a tutti i costi la chiesa, (Cristo non ha bisogno di crociati, vecchi o nuovi), si fosse inginocchiato davanti alla donna stuprata per anni da don Contini, che cosa sarebbe successo? Un’occasione d’oro mancata. Mancanza di coraggio o di fede?
Certo, meglio la diplomazia, l’arte di non perdere la faccia, "l’istituzione va salvata ad ogni costo"! Ma Cristo, altro che faccia...!, non ha perso tutto quanto quando è andato ad "abitare" sul Calvario? Se è vero che vi sta a cuore l’istituzione, perché non prevenire tanto male, tanta aberrazione coltivata nei seminari, tanta cultura sessuofobica, che non vi fa vedere la corporeità, i figli, le donne, ecc. con gli occhi di Dio?
Perché non si ha questo santo coraggio? Perché siamo diventati ecclesio-latri, abbiamo messo la chiesa al posto di Dio? Ma dove esiste nel vangelo il "culto" alla chiesa, al papa, ai principi della Chiesa?
E quanti disastri continua a fare l’idolatria del prete? Cosa non si fa per fargli credere di essere "altro" dal popolo, un diverso, un eletto, un predestinato? Non si è forse elaborata una "dottrina" per metterlo sul piedestallo di Dio stesso?
La teologia distingue tra il sacerdozio di "uomini speciali" e il "sacerdozio comune dei fedeli". Al sacerdote sono affidati poteri essenziali per la salvezza: celebrare l’eucarestia e perdonare in nome di Dio. Il concilio di Trento dichiara: "Se uno dice che nel Nuovo Testamento non c’è traccia visibile del sacerdozio e del potere di consacrare il corpo e il sangue di Cristo e di rimettere i peccati, sia anatema" (n°. 961). Il celibato obbligatorio rinforza la mistica del prete, che lo pone al di sopra dei laici. Quando viene ordinato si unisce a Cristo in tale maniera che è sostanzialmente diverso dagli altri (catechismo, 1581), perché "possiede l’autorità di agire con il potere e nella persona di Cristo stesso" (1548). Viene messo sul pulpito, accanto a Dio, di cui gode onori e privilegi. Il curato d’Ars dice: "Che cosa è un prete? Un uomo che sta al posto di Dio, investito di tutti i suoi poteri. Quando perdona non dice "Dio ti perdoni", ma "Io ti perdono". Se incontrassi un prete e un angelo, prima saluterei il prete poi l’angelo. Questi è amico di Dio, il prete sta al suo posto". S. Teresa baciava dove passava un prete. "Il sacerdote agisce in persona Christi e questo culmina quando consacra il pane e il vino" (Giovanni Paolo II, giovedì santo 2004). La divisione tra preti e laici è di origine divina (can. 207). Ma l’aureola anzitempo gioca brutti scherzi: ti illude di essere costituito in grazia, immune dal peccato, specie da quello banale e volgare del sesso, che spetta ai comuni mortali. Il passaggio dal potere al privilegio, dall’elite alla casta è breve. E così va a finire che il clericalismo distorce, distrugge, avvelena la missione della Chiesa. Se non è la causa di molti problemi, certo li causa per conservare privilegi, potere, prestigio, immagine. Quindi non è ammessa nessuna debolezza, lo scandalo va soppresso, le vittime messe a tacere. Corruzione e abuso inevitabili (cf "Sex, priests & secret codes, R. Sipe, T. Doyle, P. Wall, Los Angeles, 2006).
Se si fa credere al prete di essere "come Dio", è chiaro che questo influisce e condiziona la sua psiche al punto di considerarsi al di sopra della legge umana e inconsciamente si permette delle libertà, che non sono concesse ai comuni mortali.
Non ce n’è abbastanza per riflettere e decidere di cambiare rotta?
* Il dialogo, Sabato, 04 agosto 2007
*Ringraziamo Fausto Marinetti per averci inviato questa sua lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale che ha raccontato la sua storia in un libro che fa tremare: "Nessuno dovrà saperlo" dove con raro coraggio ammette, come conseguenza, di essere diventato omosessuale, non pedofilo. Per lui, come per tanti altre vittime della pedofilia dei preti, nessuno muove un dito, neppure le scuse come avviene in America dove le vittime hanno diritto alle pubbliche scuse del vescovo, possono "raccontare" in chiesa il "fattaccio" o scriverlo sul giornale della diocesi. Possono anche giungere ad erigere nella piazza di Davenport, davanti alla casa del vescovo, una macina da mulino con le parole di Cristo: "Chi scandalizza un bambino sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare".
Verrà il giorno in cui in piazza S. Pietro, al posto della fontana, si metterà una gigantesca macina da mulino a perpetua memoria delle vittime dei preti?
Don Gelmini indagato dalla procura di Terni per abusi sessuali *
Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni con l’accusa di abusi sessuali. Ad accusarlo - secondo quanto riporta La Stampa - alcuni ex ospiti delle strutture della comunità ad Amelia. L’indagine, sottolinea il quotidiano, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni con l’obiettivo di ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni di accusa sarebbero molte e abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti - giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con la droga, qualcuno anche scivolato nella delinquenza - ripeterebbero sempre gli stessi racconti. I pm hanno anche già sentito il diretto interessato in un «lungo e drammatico interrogatorio».
Ma sulle indagini le bocche in procura sono più che cucite. Per vari motivi, spiega il quotidiano torinese. Primo poiché «il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga..». Terzo giacché gli accusatori sono giovani che hanno avuto o hanno tutt’ora a che fare con le droghe, «insomma sono testimoni non propriamente granitici» scrive La Stampa.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.08.07, Modificato il: 03.08.07 alle ore 9.41
IL SACERDOTE NELLA BUFERA
Abusi, don Gelmini indagato
Alcuni ragazzi della comunità contro il prete anti-droga: molestati sessualmente FRANCESCO GRIGNETTI (La Stampa, 3/8/2007 - 7:42)
TERNI. L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.
Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.
C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.
Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.
E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.
Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Preti pedofili
Fisichella scrive, Marinetti risponde
di Fausto Marinetti
Marinetti aveva inviato p. c. a Mons. Fisichella la lettera aperta a don Di Noto e Monsignore gli risponde: *
Caro Marinetti,
ho ricevuto la Sua lettera e La ringrazio. Mi dice che mi riguarda!L’ho letta con attenzione e per quanto mi riguarda non ho nulla da rimproverarmi. Temo che il Suo giudizio e la Sua lettura siano parziali e non sempre conformi alla realtà. Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica! Non riesco a seguirLa su questo cammino. Sembra che per Lei sia oro colato quanto provenga da una denuncia e falsità e tentativo di insabbiare se è fatto dalla Chiesa, dai Vescovi e dai Sacerdoti.
Mi spiace, ma non è così come le Iene o i reportage a cui fa riferimento. Da parte mia, non mi ritraggo ma non voglio neppure essere utilizzato strumentalmente per aggredire la Chiesa e le migliaia di Sacerdoti (e Vescovi) che ogni giorno con fatica e coerenza vivono la loro vocazione a sevizio di tutti!
Con la stessa schiettezza che Lei ha usato, ma con tono differente mi sono sentito di risponderLe.
Suo
† Rino Fisichella
La risposta di Marinetti
24.7.2007
Caro Mons. Fisichella,
Le chiedo lo sforzo di non dare per scontato che ogni critica è una "AGGRESSIONE". Non tutti riescono a battervi le mani, sempre e comunque, come certi "giornali di corte" e certi movimenti educati al servilismo e all’adulazione. A volte, quelli che riteniamo "i nostri nemici" sono assetati di giustizia e ci dicono la verità più degli ossequienti. "Salutem ex inimicis nostris"? Lei mi invita a nozze: "Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica!".
Ha ragione: non possiedo "elementi" teorici, nozioni astratte, "sentito dire" e quant’altro, ma l’esperienza sulla mia pelle, voragini nella mia psiche: sono stato in seminario dal 1953 al 1968. Quindi, produco fatti, esperienze, comportamenti, situazioni, insegnamenti. Porto in me le stigmate di quella cultura: l’incapacità di "accogliere" il mondo femminile "come altro da me"; l’ideologia del sacrificio (come se Dio fosse un contabile); "fare il bene" agli altri per sentirsi buoni; la vita è una "valle di lacrime"; ecc.
Entro in seminario nel 1953, anno in cui i religiosi, riuniti in congresso internazionale, discutono sulla "funzione educativa del pallone nei seminari", non un cenno all’educazione sessuale. Altri tempi, nei quali l’unica presenza femminile ammessa in seminario è la Vergine Maria. Segregazione assoluta, per quattro anni non torno in famiglia. A un undicenne non resta che votarsi a una beata incoscienza, tra gioco, studio e abbondanti pratiche di pietà. Il termine più "familiare": peccato! Onnipresente, più di Dio. Le virtù per eccellenza: obbedienza cieca, rinnegare se stessi, mortificazione dei sensi. Altro che fuga mundi, cancellazione del mondo! Si esalta la santa purità, inculcandoci che il corpo è occasione di peccato. Ogni fine mese il direttore fa il "rendiconto" delle nostre malefatte: bere fuori pasto, andare al gabinetto senza permesso (sfuggendo al controllo), troppa passione per il gioco, troppa amicizia sospetta, ecc. La colpa meritevole dell’inferno: l’amicizia particolare. Non capisco, ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. I colpevoli vengono svergognati: "Mele marce, traditori della vocazione, peggio di Giuda". Un dubbio: un ragazzino della mia età come può avere tanta forza da colpire il Cristo in persona? Per prevenire il contagio, l’isolamento del colpevole è immediato, l’espulsione celebrata come una cacciata dal paradiso.
Un giorno sparisce anche il sacerdote-assistente, che "dovevamo" chiamare "padre". Ogni sera, ispezionando la camerata, con gesto fulmineo ci strappa di dosso le lenzuola per verificare che cosa succede sotto di esse. Poi arriva l’ordine di dormire con le braccia sopra le coperte. Prediche e conferenze insistono ossessivamente sulla "bella virtù". Per essa preghiamo forsennatamente. Dall’alto della pala dell’altare una "donna vestita di luce" è la nostra donna ideale: incorporea, asessuata, un fantasma. Ogni sera, con la nostalgia, una domanda: "Ma la mia mamma dove è andata a finire?". Al suo posto il direttore spirituale, un vecchietto di 70 anni, buono come il pane, ma incompetente per aiutarci a gestire l’insorgere delle prime pulsioni. Ogni mattina, al suo confessionale, una fila di clienti-bambini per saldare, con un Dio-giustiziere, il conto di una notte inquieta. Il buon padre non sa dire altro che: "Prega, prega! Con la preghiera tutto va a posto". Mi sembra di non essere preso sul serio. Ma, sotto l’imperversare della minaccia dei castighi divini per il delitto di masturbazione, comincio ad avere paura del mio corpo: "Dio me lo avrà dato per punirmi? Cosa gli ho fatto di male?".
Gli zelanti sono quelli che fanno la doccia più in fretta, non indugiano nei gabinetti, spiano i compagni che si appartano e li denunciano. Ci viene insegnato, che la purezza consiste nel fingere di non avere un corpo, ignorare la sua crescita, finalità, movimenti. Non sono in grado di capire, ma, con il tempo, mi renderò conto che questo clima produce turbe e danni psicologici irreparabili. Sul conto di chi saranno messi? Chi si preoccuperà di ripararli? Io non so cosa sia lo stupro del corpo, ma quello dell’anima sì.
A forza di parlare di "peccato impuro" non si ingenera la sua ossessione? Educazione sessuale? Nel paradiso terrestre del seminario il sesso non deve esistere e, se esiste, è solo in confessionale per chiedere perdono a Dio di averci dato un corpo, che sarebbe meglio non avere. I seminaristi più sfrontati osano bisbigliare: "E’ vero che i bambini nascono dal petto delle donne?".
Il bambino e la donna sono presenze così insignificanti (o pericolose?) per una formazione umana integrale? Potrà mai Dio vergognarsi di quello che ha fatto? Se un ragazzo fa indigestione di spiritualità disincarnata, come si fa a farne un cristiano senza prima farne un uomo? Può essere condannato ad una specie di anoressia del cuore? A furia di "fare" il cristiano, abbiamo perso di vista l’uomo o abbiamo preteso di fare il cristiano alle spese dell’uomo? Se per 15-20 anni un giovane è tagliato fuori dal suo habitat naturale, la famiglia, è come una pianta coltivata in serra. Appena la si espone è soggetta a tutte le intemperie. Se un uomo passa dalla cassaforte del seminario a quella della canonica; se gli si impone una cintura di castità con il terrore dell’inferno e l’ossessione del peccato mortale, potrà mai venirne fuori un uomo capace di condividere la sorte dei fratelli, che pur si dibattono con la "lussuria degli occhi, della carne, del mondo"? Può il seminario sostituire la famiglia? O forse solo una comunità di padri e madri di famiglia sarebbe in grado di educare dei giovani candidati al ministero, come avveniva all’inizio del cristianesimo ?
Ci imbottiscono di vite di santi, che non hanno fatto altro che castigare il loro corpo con digiuni e cilici. Ignoranza, paura, sacro terrore faranno il resto. Un collega mi confiderà: "A furia di parlare contro il sesso mi hanno talmente condizionato, che, quando vedevo stesi al sole degli indumenti intimi femminili, li rubavo e li indossavo per eccitarmi. Eppure m’hanno convinto che quelle "cose" erano sfoghi di gioventù e m’hanno fatto prete lo stesso. Giro da una diocesi all’altra fin che trovo un vescovo, il quale mi manda dal suo medico di fiducia, che mi prescrive un farmaco. Il farmacista, mio conoscente, mi chiede: "Per chi è?". "Per me". "Sai che serve per la sterilizzazione chimica?".
Cose d’altri tempi? Ho degli amici appena usciti dal seminario e mi confermano che sono cambiate le forme, è rimasta intatta la sostanza. Si dice: "I seminaristi d’oggi la sanno lunga, hanno già fatto le loro esperienze!". Ma se sono esperienze negative, come potrà il candidato fare una scelta serena? A 25/30 anni uno può decidere per tutto il resto della sua vita, quando non sa niente di "crisi di paternità", di complementarietà uomo/donna, non ha ancora sentito nella sua carne i morsi della solitudine, non ha fatto esperienza dell’esigenza di perpetuarsi come specie? Come fa a rinunciare a ciò che non conosce, a ciò che è stato sublimato, inculcandogli che "il prete rinuncia ad un amore per amare tutti"? E poi, quando si ritrova in parrocchia, solo, la sera, s’avvede che "amare tutti con cuore indiviso", può essere una scusa per non amare nessuno? Se uno viene abituato fin da piccolo ad amare nell’intenzione, a fare atti di amore spirituale, non sarà un alienato per sempre? O l’amore è concreto, come quello della mamma, che è pane e latte, bacio e carezza, o che amore sarà mai? In seminario non c’è, tutt’oggi, la presunzione di far scalare ai neofiti la cima della "santa purità" senza fornire loro l’attrezzatura indispensabile per le alte quote? Che cosa può fare un prete che sui 40-50 anni s’accorge di non essere in grado di portare il "giogo" della castità? Se il prete giovane decide di lasciare non può sposarsi in chiesa, non può insegnare religione, deve allontanarsi dalla parrocchia, ecc. Diritti umani, valore supremo della persona? Forse il Cristo direbbe alla sua Chiesa che è stata lei a tradire l’uomo-prete? Dove sono i preti che denunciano i loro superiori di violenza psicologica, di intimidazione spirituale ed economica? "Se non stai alle nostre regole ti tagliamo i viveri...". Allora uno che fa? Si arrangia. Uno se la fa con le suore, con l’amante, oppure, oppure... (che tragedia!) con dei bambini. E che dire del superiore che invita il "prete bollente" ad andare a donne di nascosto?
E’ forse cambiata la cultura clericale, che vede la sessualità con gli occhiali neri dei pagani gnostici e manichei? Lei sa meglio di me che i cristiani della prima ora considerano il matrimonio un male necessario. Per S. Ambrogio la donna è tentazione, per S. Gerolamo il marito che ama troppo la moglie commette adulterio. Quanti coniugi sono stati ammessi alla gloria del Bernini per aver esercitato in grado eroico le virtù proprie del matrimonio? Ma quali sono? La rinuncia, il sacrificio, la negazione del piacere? Ha mai meditato sul testo della teologa e madre C. Jacobelli, Risus Pascalis - Il fondamento teologico del piacere sessuale?
Basta forse ammettere tra i docenti una zitella, inviare i seminaristi in vacanza o a fare apostolato domenicale? Un amico seminarista mi racconta: "Di ritorno dalle vacanze, 2005, corro dal padre spirituale. "Padre, ho provato simpatia per una ragazza". "E’ una tentazione, il maligno in persona, fuggi, fuggi da lei. Prometti di non vederla mai più". Trasformare la donna da sostegno, compagna dell’uomo (per "ordine di Dio") in un pericolo, in una tentazione, in una rivale di Dio è proprio secondo il suo cuore? Non è come cancellare metà della nostra stessa umanità? I preti pedofili avranno la loro responsabilità personale, ma non saranno anche frutto di questa cultura misogina e manichea? Un’amica, saggia e attempata, mi racconta: "Il prete in predica ha inveito talmente contro il sesso, che l’ho aspettato all’uscita e gli ho spiattellato in faccia: "Scusi, padre: si ricordi che anche lei è nato da un amplesso coniugale, non dagli angeli!".
Non mancheranno i preti osservanti del celibato (si parla, forse, del 6/10 %). Ma si tratta di regola o di eccezione? Si è giunti a tale conquista mediante o nonostante il seminario? Sono stato nei monasteri buddisti in Cambogia, Sri Lanka, Tailandia e ho studiato la loro iniziazione alla vita celibataria. C’è da invidiare tanta serenità, che è il risultato di un metodo di auto-dominio con pratiche ascetiche e il controllo del pensiero attraverso quello della respirazione.
Apprezzo troppo il celibato volontario per vederlo svilito ad una imposizione. Può essere mistificante sostenere che il celibato volontario non risolverebbe il problema, perché la pedofilia è una piaga, di cui non sono immuni nemmeno i padri di famiglia. Ma questi, almeno, non si dicono "rappresentanti di Dio"! Eliminiamo le anomalie educative; facciamo uomini concreti, calati nella realtà e così si potrà dire che non è colpa dell’istituzione. La pedofilia dei preti non è che un sintomo di un male sotterraneo. La gerarchia continuerà a colpire gli effetti, ignorando le radici del male? Non si addomestica il cuore, mettendolo in quarantena.
La Commissione dei vescovi americani non ha riconosciuto che l’educazione del seminario può inclinare all’omosessualità, quando non la favorisce? Non c’è terreno migliore di quello esclusivamente maschile per innescare curiosità morbose, ricercare il "surrogato" in mancanza del "prodotto originale". L’unico e insostituibile ambiente educativo è quello familiare e ogni altro rischia di essere contro natura (Cf Carta dellONU, 1989). Di fatto i seminari minori negli Usa, Canadà, Irlanda, Messico, ecc. sono stati chiusi. Per caso o proprio perché finalmente si ammette che non funzionano e, spesso, si innescano varie forme di omosessualità? Un’amica psicologa spiega: "In quei contesti si "ingenera" una omosessualità "situazionale", legata cioè non ad una scelta omosessuale di fondo, ma all’impossibilità di accedere all’oggetto sessuale femminile, per cui lo sfogo della libido si riversa su un altro oggetto. Non potendo riversarsi su una donna, la pulsione sessuale viene dirottata su altri uomini, che sono gli unici oggetti sessuali disponibili. Per coloro che hanno un’inclinazione alla omosessualità, il seminario diventa l’ambiente "ideale" per esprimerla, con tutte le ovvie ripercussioni su quanti non hanno questo orientamento di fondo".
Di fronte all’ "11 settembre della Chiesa americana" si parla di innominabile tradimento di Cristo. Ma l’unico e solo "colpevole" è il prete pedofilo? Pedofili si nasce o si diventa? Se si diventa, che cosa vi ha contribuito? Non sarebbe stato opportuno convocare in Vaticano gli "indegni", per sentire la loro versione e offrire al mondo le loro scuse? Prendersela con gli effetti non elimina le cause. Chi più e meglio di loro ci potrebbe dire che cosa ha fatto difetto nella loro educazione psico-affettiva, a che cosa attribuire i buchi neri della formazione? E cosa è successo nei primi anni del ministero? Che cosa i cristiani avrebbero potuto e dovuto fare per dare al prete non solo offerte ma anche sostegno umano?
Forse il papa potrebbe convocare anche le vittime in piazza San Pietro e chiedere loro perdono insieme ai cardinali? Non creda che ce l’abbia con Tizio o Caio, che passano, ma con il sistema, che non passa e continua a immolare le sue/nostre vittime. Imparassimo ad ascoltarle, almeno!
Distinti saluti,
Fausto Marinetti
PS. Perché non ripassiamo il n° 3 di Concilium del 2004? Non sono degli "anticlericali", ma teologi/ghe, ricercatori seri che parlano, non a caso, di pedofilia clericale come di tradimento strutturale della fiducia.
* Il dialogo, Mercoledì, 25 luglio 2007
Preti pedofili
Lettera aperta a Mons. Rino Fisichella
di Fausto Marinetti *
Caro Mons. Fisichella,
anche noi, le vittime dei preti pedofili, abbiamo letto la tua intervista: "Atti gravissimi, una grande amarezza. Ma la Chiesa sa riconoscere gli sbagli" (Corriere della sera, 16.7.2007). Quello che hai detto è quello che hai nel cuore o si tratta di una "difesa d’ufficio"?
1. Affermi, che "una seria presa di coscienza" consiste nel "buttarsi dietro le spalle questa dolorosa vicenda sapendo riconoscere il male che c’è stato da una parte, ma al tempo stesso il grande bene fatto quotidianamente". Metti sulla bilancia da una parte le nostre tragedie (i suicidi, gli impazziti, i disperati, ecc.) e dall’altra "il grande bene fatto quotidianamente". Secondo te, da che parte pende? E secondo quel Cristo che citi più avanti: "Chi scandalizza un bambino... meglio si butti nel mare"? Queste parole non valgono anche per te e soprattutto per i tuoi confratelli nell’episcopato che hanno collaborato con gli stupratori del nostro corpo e della nostra anima? E poi, hai forse dimenticato quel: "Non sappia la destra quello che fa la sinistra"? Se ami davvero la verità, perché negli spot dell’8 per mille non ci infili qualche prete pedofilo a chiedere perdono per la strage degli innocenti? "Buttarsi dietro alla spalle questa dolorosa vicenda..."? Siamo noi, non voi, che dovremmo sbarazzarcene. E, alle volte, non ce la facciamo. Come una paralisi dell’anima per lo shok subito. E, se anche riuscissimo, sarebbe come buttare via noi stesse, vittime immolate, perché noi non siamo una "dolorosa vicenda", di cui disfarsi, ma siamo la vostra tragedia, il vostro Calvario. Volete disfarvi di noi come di zavorra che appesantisce la barca di Pietro e offusca la vostra immagine? La zavorra è il vostro crimine, noi siamo leggeri come gli angeli... Come è circospetto il tuo uso delle parole! All’inizio parli di "vicenda dolorosa"; poi attraversi "gli sbagli dei propri uomini", arrivi agli "errori di alcuni", agli "episodi così gravi" per sbarcare sul terreno degli "atti esecrabili" e del "male commesso". Nooo! Noi non siamo né una vicenda, né degli sbagli, né errori di alcuni, né episodi, né atti esecrabili: noi siamo il vostro crimine. Ogni altra parola ("peccato" compreso) è fuori contesto, tradisce i fatti, ci uccide una seconda volta.
2. "...la Chiesa, ancora una volta, è stata capace di riconoscere gli sbagli dei propri uomini". Dovremmo battere le mani, applaudire la scaltrezza nell’occultare i rei (almeno 200 fuggitivi), smistarli da una parrocchia all’altra, diffondendo l’infezione? Parli degli "sbagli dei propri uomini", quindi non dell’istituzione. Ma non si trattava di una prassi dettata da Roma? Non venivano dall’alto le direttive di coprire, non fare scandalo, tenere tutto sotto chiave? Almeno il card. Law l’ha ammesso: "Noi sapevamo che era un peccato, non un delitto". Non è forse questo che fa la differenza? Peccato, è una categoria ecclesiale, crimine è una categoria del codice penale. Se si vuol fare prevalere la chiesa (con i suoi privilegi, le sue caste, ecc.) sulla società anche in materia penale, non ti sembra un’ingerenza, un disastro che produce, appunto, tragedie? Se un prete commette un furto, un omicidio, cosa c’entra la legge canonica? Il delitto è delitto sia che venga commesso da un laico come da un prete, vero? Visto che ci tieni ad esprimere la tua solidarietà con le vittime, perché alla fine della trasmissione "Annozero" non hai abbracciato Marco Marchese, chiedendo perdono, in lui, a tutte le vostre vittime?
3. Insisti: "l’errore di alcuni", "una piccola minoranza nel clero". Sono "alcuni" i più di 5.000 preti pedofili solo negli Stati Uniti? E i 1.700 in Brasile? Bada bene: le cifre parlano di quelli denunciati o già condannati. E tutti gli altri che l’hanno fatta franca? E quelli che sono scappati all’estero con l’appoggio dei loro prelati? Perché non aprire uno sportello nazionale (gestito da laici, non da don Di Noto) per fare venire a galla tutto il sommerso della "parrocchia italiana" del papa? Se ci amate, come dite; se vi sta a cuore il nostro bene e quello della Chiesa, perché non promuovete degli spot che esortino le vittime alla denuncia del prete, che "non avrebbe dovuto essere ordinato prete", dici tu; "del vescovo che non avrebbe dovuto diventare vescovo", diciamo noi? Non puoi indurci a pensare che avete paura della verità.
4. "Si tratta di atti esecrabili che vengono registrati, e in modo anche più frequente, anche dentro altre categorie sociali". Intendi giustificare l’ingiustificabile? Le altre categorie sociali non hanno fatto nessuna promessa di celibato; non si presentano alle loro "prede" come "rappresentanti di Dio". Capisci che per noi il prete è "tutto", è più del cielo che della terra? Come avremmo potuto immaginare che avrebbe abusato dell’aureola di "uomo di Dio", di quel potere sacro che voi gli avete dato, convincendolo di "agire in nome di Dio", di essere le sue mani? (catechismo: 1548, 1581). Noi non siamo stati "colpiti", ma distrutti, assassinati nello spirito oltre che nel corpo. Messi in croce, quindi, due volte.
"... c’è da applaudire la Chiesa americana per il coraggio che ha avuto di voltare pagina...". Dovremmo battere le mani a chi si è fatto complice, mettendoci in croce? Quanto tempo c’è voluto prima che arrivasse il coraggio di voltare pagina? E a che prezzo? Già nel 1968 i vescovi americani ordinano una ricerca sul fenomeno; nel 1976 Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo; nel 1984 viene offerto loro un "Manuale" con le "istruzioni per l’uso": il ciclone è preannunciato, ma i vescovi fanno orecchie da mercante. Non solo: si fanno complici, piazzando i preti pedofili qua e là di modo che, per esempio, p. James Porter riesce a stuprarne 200. Il vero coraggio sarebbe mettere in pratica le direttive della "Commissione ordinata dai vescovi americani" (2004) per la quale il seminario è un apartheid affettivo, che blocca lo sviluppo emozionale "normale" e, in quanto ambiente di soli maschi, può inclinare alla omosessualità . Senti, in sintesi, cosa si afferma: "I responsabili non hanno capito l’evidente natura del problema, considerando le accuse come fatti sporadici e isolati.
Il timore dello scandalo li ha indotti a ricorrere alla segretezza e all’occultamento (Un vescovo, richiamato dal suo prete per aver giurato il falso in tribunale, risponde: "Io mento solo quando devo mentire". La minaccia del processo ha indotto alcuni a trascurare il loro dovere pastorale e a adottare verso le vittime un atteggiamento contrario e indegno per la Chiesa. Altri non hanno capito pienamente l’ampiezza e la gravità del danno sofferto dalle vittime. Hanno riposto troppa fiducia negli psichiatri, psicologi e avvocati. Alcuni hanno messo gli interessi dei colpevoli al di sopra di quelli delle vittime e troppo spesso hanno rifiutato di ascoltarle. Il codice e i procedimenti canonici hanno reso troppo difficile destituire il prete pedofilo dal ministero e i vescovi non hanno fatto abbastanza ricorso a ciò che la legge canonica li autorizza a fare per proteggere i minorenni. Il risultato è che, ai preti pedofili è stato concesso, con allarmante frequenza, di restare dove avevano commesso l’abuso o di essere trasferiti, divenendo per i bambini un’ulteriore prevedibile minaccia, che si è materializzata con altri abusi".
"... la Chiesa degli Stati Uniti... è riuscita a ritrovare un rapporto di fiducia con il suo popolo". Perché non lo chiedi ai vari gruppi laicali nati dallo scandalo, che si sono stancati di essere trattati come sudditi, meri elementi decorativi di una Chiesa clericale, di essere munti per pagare le malefatte dei preti pedofili? Interpella SNAP, Call to action, Voice of the faithfull, ecc.
Se vuoi entrare nel cuore e nell’anima della vittima, perché non ne prendi in casa qualcuna? Se ogni vescovo ne ospitasse almeno una in casa sua, questo sì sarebbe un vero atto di coraggio. E il papa, quanti ne potrebbe ospitare in Vaticano? E le congregazioni femminili quante case romane trasformate in albergo potrebbero mettere a disposizione?
E, per finire, dichiari: "la Chiesa, in generale, non ha nulla di cui vergognarsi". Quindi "gli sbagli", "gli atti esecrabili", il male non è esistito? Non è evidente che il non riconoscere il delitto, non fa che perpetuarlo? Il papa stesso non ha parlato di "sporcizia", di "crimini enormi"? Non c’è da vergognarsi di queste "cose"?
Vogliamo sapere da un teologo come te: ma quando ci ritroveremo in paradiso, tutti insieme, quale sarà il posto assegnato ai preti e vescovi pedofili? Cosa proveremo noi, le vittime, accanto ai nostri carnefici? Prega con noi: "Padreterno, tu che sei un vero padre, non infliggerci altro dolore! Almeno tu, non metterci in croce un’altra volta... E’ vero che farai per loro una sezione separata, magari blindata, affinché non nuocciano più? E a chi li ha coperti, occultati, sottratti all’autorità giudiziaria, quale angolino riserverai?". Non vogliamo accomiatarci senza produrre delle proposte positive:
a - un telefono verde in ogni diocesi riservato alle vittime dei preti. Ma, chiaro, sia gestito dai laici, perché i bimbi, ormai, hanno paura delle vesti nere.
b - i delitti di pedofilia non siano soggetti a prescrizione
c - siano riconsegnati alla giustizia i preti pedofili fuggitivi dai loro paesi
d - si chiudano tutti i seminari e i preti siano solo uomini maturi, educati dalla comunità, scelti dalla gente, come si faceva all’inizio
e - siano rivedute e corrette le norme canoniche con la consulenza delle vittime
f - i preti pedofili siano affidati alla polizia come si fa per qualsiasi reato previsto dal codice penale per ogni cittadino.
Ma Voi, preti e prelati, siete proprio disposti a dare la vita per noi come farebbe ogni padre, ogni madre per suo figlio/a?
Ci firmiamo, Le Tue/Vostre vittime (Fausto (Alberto) Marinetti, ci ha solo imprestato la penna
iscritto all’album dei giornalisti, Milano, N°. 60127)
Postilla 1. Una proposta per la Chiesa, se saprà uscire purificata dal Giordano del nostro sangue e delle nostre lacrime: fino a quando chierici e laici non saranno fratelli alla pari; fino a quando non si realizzerà la conversione dei"buoni a tutti i costi"; fino a quando i ministri non scenderanno dal piedestallo per servire i fratelli e il popolo di Dio non avrà diritto alla libertà di coscienza, di parola, di pensiero, di cultura, vano sarà stato il nostro Calvario. Il cardinale Ratzinger lo esprimeva con parole sacrosante: "Abbiamo molto da imparare: siamo troppo interessati a noi stessi, alle questioni strutturali, al celibato, all’ordinazione delle donne, ai concili pastorali, ai diritti di questi concili e dei sinodi. Lavoriamo sempre sui nostri problemi interni e non ci rendiamo conto che il mondo ha bisogno di risposte, e noi rimaniamo coi nostri problemi". La conversione non è appannaggio né degli accusatori né dei difensori della Chiesa, ma di chi si lascia invadere dallo Spirito, che soffia sempre dove vuole. Non senti che "soffia" forte anche attraverso di noi, le vittime?
Postilla 2. Se ti sta a cuore la nostra difesa, perché non dedichi i tuoi ultimi anni alle nostre cure, magari fondando una casa di accoglienza per le vittime della pedofilia clericale in uno dei vostri 24.000 immobili romani?
* Il Dialogo, Venerdì, 20 luglio 2007
CHI HA PROTETTO I PRETI PEDOFILI?
di Mario di Carlo (*)
Cifre astronomiche per il risarcimento dei danni alle vittime hanno determinato l’amministrazione controllata dal tribunale in diverse diocesi degli USA. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia *
http://www.italialaica.it/cgi-bin/news/view.pl?id=007435
Da Critica liberale n. 138
Da oltre un decennio i casi di pedofilia da parte di sacerdoti attirano l’attenzione e le censure dei media, della magistratura e della società civile. Negli Stati Uniti d’America il fenomeno ha assunto dimensioni talmente rilevanti (1 ) da richiedere prese di posizione ufficiali dell’allora Pontefice Giovanni Paolo II, una commissione di inchiesta ordinata dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici e soprattutto cifre astronomiche per il risarcimento dei danni, che hanno portato all’amministrazione controllata dal tribunale (un istituto simile al fallimento) diverse diocesi. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia.(2)
Nel 2001 la Lettera apostolica Sacramentorum sancitatis tutela (a firma Giovanni Paolo II) e l’Epistola De delictis gravioribus (a firma Joseph Ratzinger) si occupano dei delitti canonici da attribuire alla cognizione della Congregazione per la dottrina della fede e tra questi dei delitti «contro la santità del sacramento della Penitenza» compresa l’«istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo [non commettere atti impuri, ndr], se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore» e dei delitti «contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni». In questi documenti si fa riferimento alla Instructio Crimen sollicitationis emanata nel 1962 dal Sant’Uffizio presieduto dall’allora Pontefice Giovanni XXIII coadiuvato dal Prefetto card. Alfredo Ottaviani.
Tale documento era rimasto sino ad allora segreto essendo per sua espressa disposizione «da custodire accuratamente nell’archivio segreto della curia come regolamento interno da non pubblicare né da ampliare con note di commento». Negli Stati Uniti si ottenne che l’Instructio fosse prodotta in giudizio ed in questo modo si è venuti a conoscenza del documento che pubblichiamo di seguito , in estratto, nella traduzione di Gennaro Lopez, professore di Lingua latina presso l’Università di RomaTre. [su Italialaica nella rubrica I Documenti, ndr]
Nel 2006, poi, la Bbc ha trasmesso il documentario sull’argomento Sex crimes and the Vatican che è stato aspramente criticato da parte della Conferenza episcopale cattolica inglese. Lo stesso documentario è stato corredato di sottotitoli in italiano e reso disponibile via internet (3) in Italia suscitando lo scandalo di chi ignorava quei fatti e quei documenti e l’indignata protesta di alcuni settori del mondo cattolico (4). Ovviamente non ci occuperemo qui del documentario della Bbc ma dei documenti e di taluni fatti, cercando di fornire una guida alla lettura.
Innanzi tutto, come in qualsiasi analisi di un testo giuridico ci si può domandare se l’Instructio Crimen sollicitationis (d’ora in avanti l’Instructio) sia tuttora in vigore. Secondo l’autorevole, ma non convincente, parere del card. Julian Herranz «il documento del ’62 è stato abrogato nel 1983 dal Codice di diritto canonico». In senso contrario depone però la lettura della citata Epistola De delictis gravioribus del 2001 (d’ora in avanti l’Epistola) in cui si fa riferimento alla «direttiva Crimen sollicitationis (5) ancora vigente» da reinterpretare in funzione dei nuovi codici. La lettura congiunta dei canoni e dell’Epistola non fanno peraltro emergere sostanziali novità (6) ad eccezione dell’attribuzione delle cause in questione alla giurisdizione e competenza (sembrerebbe esclusiva e non più concorrente con quella dei tribunali diocesani) della Congregazione per la dottrina della fede.
Sembra utile chiarire, inoltre, che i testi normativi di cui si discute appartengono all’ordinamento canonico. Ne deriva che i termini delitto e reato si riferiscono non alla legislazione penale dello Stato ma a quella della Chiesa cattolica. Il crimen sollicitationis è il reato, canonico appunto, di istigazione ad atti sessuali con un sacerdote. Il par. 1 dell’Instructio, che definisce il reato di istigazione, fa riferimento alla confessione, come momento, luogo, circostanza o pretesto degli atti o conversazioni impure ed oscene.
I parr. 71, 72 e 73 stabiliscono, inoltre, che le stesse procedure e le stesse pene si applicano agli atti osceni peccaminosi di un appartenente al clero con una persona dello stesso sesso (definito crimen pessimus) nonché a «qualsiasi atto osceno esterno, gravemente peccaminoso, in qualunque modo compiuto o tentato da appartenente al clero con bambini di ambo i sessi o con esseri viventi non umani» (par. 73). Similmente l’Epistola si riferisce ai «Reati contro la santità del sacramento della Penitenza, cioè: [...] 2) istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo, se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore»; ed al «reato contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni» (par. quarto). Come già detto i reati a cui i testi si riferiscono sono reati canonici. Evidentemente però taluni di quegli atti e, specificamente, gli atti sessuali con minori di anni sedici (o quattordici in taluni casi) costituiscono reato per il nostro codice penale, per l’esattezza il delitto previsto all’art. 609-quater (7) (oltre al caso della violenza sessuale per abuso di autorità ex art. 609-bis). Il diritto canonico quindi prevede delle proprie sanzioni per comportamenti che costituiscono reato anche per il diritto statale. Ma quale rapporto vi è fra le due sfere? In teoria nessuno, se non quello del dato oggettivo. Il diritto penale “canonico” dovrebbe disciplinare il processo canonico e le pene canoniche per il sacerdote provato colpevole dell’istigazione a peccare contro il sesto comandamento, il diritto penale “civile” dovrebbe disciplinare il processo e le pene contro chiunque (nel caso anche sacerdote) “compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia [..] persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore e’ affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza”.
Un punto di conflitto fra i due ordinamenti sembra però sorgere in relazione al segreto imposto dal diritto canonico. L’Instructio impone che questi casi «siano condotti nella massima segretezza e, una volta definiti con sentenza esecutiva, vengano coperti da silenzio perpetuo; tutti coloro che, in qualunque modo, sono personalmente addetti al tribunale, ovvero per il loro ufficio sono ammessi alla conoscenza delle questioni in causa, hanno l’obbligo di osservare inviolabilmente il segreto strettissimo, che vale comunemente come segreto del Sant’Uffizio, su tutto e con tutti, sotto pena di incorrere nella scomunica latae sententiae, ipso facto e senza altra dichiarazione, riservata alla sola persona del Sommo Pontefice, con esclusione anche della Sacra Penitenzierìa » (par. 11) e dispone per tutti una stretta formula di giuramento sull’osservanza del segreto. Tale giuramento deve essere prestato anche da «gli accusatori, coloro che sporgono denuncia e i testi» (par. 13). L’Epistola più succintamente stabilisce che «le cause di questa natura sono soggette al segreto pontificio», il più rigido dei segreti previsti dal diritto canonico dopo il sigillo della confessione (8).
Su tale segreto sorgono due domande, la prima sul senso che esso assume nel suo contesto e la seconda sulla possibilità che influenzi ed ostacoli il corso della giustizia dello Stato.
A giustificazione del silenzio i commentatori di parte ecclesiastica hanno argomentato che dal punto di vista pragmatico la consegna assoluta del silenzio servirebbe a garantire l’onorabilità di accusato ed accusatore o accusatrice fino al termine del processo, per ragioni di garantismo, nonché a consentire ai testi di farsi avanti senza esporsi, ma mai di impedire a costoro di rivolgersi o collaborare con l’autorità giudiziaria statale. A conferma di ciò si è sottolineato come il paragrafo 15 (in realtà i parr. 15-18) impongano la denuncia, quasi sempre a pena di scomunica. L’argomento però è debole. Tali autori dimenticano infatti di precisare che l’obbligo di denuncia non si riferisce alla denuncia alla magistratura dello Stato ma alla denuncia alle autorità ecclesiastiche, per lo stesso principio per cui quelle norme si occupano dei reati “canonici” e non “civili”. Non spiegano neppure come mai il segreto è posto non solo per il tempo necessario a definire il processo, con garantismo estremo, ma sia un “silenzio perpetuo”. Peraltro il garantismo, così come comunemente inteso, è un’esigenza molto poco sentita dal diritto canonico, che, a titolo di esempio, non conosce il principio di legalità e certezza delle pene. Più convincente, ma non più confortante, la spiegazione che dal punto di vista teologico è offerta dal card. Herranz, il quale richiama tre princìpi: «evitare lo scandalo, tutelare la libertà dei testi, garantire il corso della giustizia», in ragione del fatto che «nella Chiesa chi governa deve cercare il bene delle anime». In altre parole lo scandalo che potrebbe sorgere dalla notizia del peccato (che qui è il reato canonico) rischierebbe di smarrire altre anime, a tutela delle quali primariamente è posto il vincolo del segreto. L’argomento, ovviamente, è un fondamento sufficiente ai credenti, ma non gli si può negare una logica. Eppure anche qui qualche altra domanda sorge. Non si vedono altre esigenze meritevoli di essere valutate assieme al timore di uno scandalo? Dov’è la pietà per le vittime e la considerazione delle sofferenze e dei turbamenti che costoro sono costretti a subire anche a grande distanza dagli avvenimenti? Ha senso prevedere una pena canonica più grave per la vittima che violi il vincolo del segreto (scomunica riservata al Pontefice) piuttosto che per il reo (dimissione dallo stato clericale)? Ma soprattutto, che senso può avere non offrire una fattiva collaborazione una volta che lo scandalo sia venuto alla luce? In quella stessa logica il silenzio successivo allo scandalo sembra aggravare lo smarrimento dei fedeli, piuttosto che aiutarli. Basti un esempio. Nel 2002 la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti insediò una commissione di laici, il “National Review Board”, incaricata di verificare, tramite audizioni, ricerche, incontri ed interviste l’applicazione della Carta per la protezione dei bambini e dei giovani di cui la Conferenza si era dotata. Dopo un anno il suo presidente si dimise in polemica con alcuni vescovi, dopo aver affermato che i comportamenti di cui era venuto a conoscenza (rifiutare di deporre, distruggere i nomi dei colpevoli, nascondere, offuscare, minimizzare) rispondevano più all’atteggiamento di una famiglia mafiosa che a quello di una comunità di fede (9).
Il timore dello scandalo insomma, sembra rispondere non solo alla tutela del benessere spirituale dei fedeli, ma anche, se non soprattutto, alla tutela dell’immagine pubblica della gerarchia cattolica come illibata maestra di pubblici costumi, alla tutela delle casse delle diocesi (laddove queste potrebbero essere aggredite per via dei risarcimenti dei danni) e, non ultimo, alla stabilità di gerarchie mai davvero abituate al confronto e allo scrutinio trasparente e democratico (10). Ma veniamo al secondo punto, può il segreto imposto dal diritto canonico collidere con il diritto dello Stato? Ovviamente queste considerazioni non possono che essere svolte relativamente all’ordinamento italiano. Come giustamente affermato da molti osservatori, il nostro diritto penale non impone al semplice cittadino l’obbligo di denunciare i reati di cui sia venuto a conoscenza se non nel caso di reati contro la personalità lo Stato puniti con l’ergastolo (artt. 364 c.p. e 333 c.p.p.). Il prelato che venga a conoscenza del reato in ragione del suo ufficio può ritenere, anche a torto, di non sporgere denuncia contro il suo sottoposto, senza per questo violare la legge. Ma qui sembra esserci un passo oltre. La normativa in questione infatti non si limita a chiedere o suggerire il silenzio ma lo impone. Per di più lo impone non solo all’autorità ecclesiastica, ma a chiunque venga a conoscenza dei fatti di causa e soprattutto lo impone alla vittima. L’art. 378 c.p. punisce a titolo di favoreggiamento personale «chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione [...] aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa». Le modalità con cui l’Instructio chiede il rispetto del silenzio, un giuramento formale orale e scritto, e le pene canoniche previste, fino alla scomunica, sembrano essere tali da condizionare fortemente la volontà di coloro che volessero rivolgersi alla giustizia dello Stato. Se questo integri il favoreggiamento, o l’induzione a non rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria di cui all’art. 377-bis c.p., spetterebbe ad un giudice accertarlo tenuto conto di tutte le circostanze di fatto. Peraltro la responsabilità penale è personale e andrebbero individuati i necessari collegamenti di causalità e colpevolezza. Da coloro che invece sostengono che il principio di leale collaborazione con le autorità supera l’imposizione del silenzio attendiamo l’indicazione di tutti i casi in cui la gerarchia ecclesiastica ha ritenuto di dover collaborare al benessere della società indicando alla giustizia questi crimini e questi criminali, senza coprirli e senza portarli in giro per le parrocchie di mezzo mondo.
(*) Mario Di Carlo è ricercatore della Fondazione Critica liberale e coordinatore della Consulta Romana per la laicità delle Istituzioni.
NOTE
(1) Per un’ampia documentazione di veda il sito www.bishop- accountability.org .
(2) Cfr. S. Bolognini, Preti pedofili: tolleranza e titubanza, “Critica liberale” 135-137, gennaio-marzo 2007, p. 102.
(3) Il documentario è andato successivamente in onda il 31 maggio 2007 durante la trasmissione Anno Zero di Rai 2.
(4) A. Galli, Infame calunnia via internet, “Avvenire”, 19-5-2007; M. Introvigne, La congiura degli ignoranti, “Il Giornale”, 23-5-2007 e Molto rumore per nulla, in www.cesnur.org; M. Politi, intervista con J. Herranz, “La Repubblica”, 24-5-2007.
(5) “Quia Instructio Crimen sollicitationis hucusque vigens, a Suprema Sacra Congregatione Sancti Officii edita die 16 mensis martii anno 1962, recognoscenda erat novis Codicibus canonicis promulgatis”.
(6) Cfr. in part. i canoni 1387 e 1395.
(7) Art. 609-quater, co. 1 (Atti sessuali con minorenni) «Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza».
(8) Cfr. Costituzione apostolica Secreta continere, Acta apostolicae sedis 1974, pp. 89-92.
(9) “Catholic News Service”, 19 giugno 2003.
(10) Non ci si può esimere da notare, inoltre, che la sciagurata politica di trasferimenti dei sacerdoti in odore di pedofilia è (o era) il retaggio di una cultura che fatica a confrontarsi con (e ad accettare) i dati scientifici.
Nella rubrica I documenti: CRIMEN SOLLICITATIONIS (16 Marzo 1962), EPISTOLA (18 maggio 2001)
(15-7-2007)
Preti pedofili, la chiesa di Los Angeles
pagherà 660 milioni di indennizzi
LOS ANGELES - L’Arcidiocesi cattolica di Los Angeles pagherà un indennizzo record di 660 milioni di dollari, più di un milione a testa, a circa 500 vittime di abusi sessuali commessi da preti pedofili a partire dagli anni Quaranta. L’accordo è stato raggiunto solo poco prima dell’inizio del processo fissato per domani.
L’indennizzo è il più dispendioso negli ultimi anni per la Chiesa cattolica americana, bersagliata da richieste per numerosi casi di abusi sessuali commessi da preti nei confronti di minori.
* la Repubblica, 15-07-2007
Bergamo
Prete pedofilo condannato a 4 anni per violenza su 11enne
Val Scalve: prete condannato per pedofilia
http://www.montagna.tv/?q=node/5534
Cronaca - Inserito da montagnatv il Ven, 2007-07-13 16:32
BERGAMO -- Come la bellezza delle montagne può essere rovinata dalle miserie umane. La vicenda che andiamo a raccontarvi viene dalla Valle di Scalve, in Bergamasca. Un sacerdote di 36 anni è stato condannato a quattro anni di reclusione per abusi sessuali su una ragazzina di 16 anni che, all’epoca in cui cominciarono le violenze (nel 2002), era solo undicenne.
Il giudice ha condannato per lo stesso reato, ma con una pena di sei anni, anche un altro uomo di 64 anni, interdetto a vita dai pubblici uffici. Secondo l’accusa, nel 2001 fu l’uomo ad avvicinare per primo la bambina. Due anni più tardi la piccola conobbe il curato del paese, ma il rapporto di affetto, stando a quanto appurato durante il processo, si sarebbe poi trasformato in attenzioni piu pesanti.
* Il Dialogo, Venerdì, 13 luglio 2007
Preti pedofili
Roma. Prete pedofilo recidivo condannato a 4 anni e 2 mesi.
E il cardinal vicario di Roma ed ex presidente della CEI Ruini dov’era? E mons. Fisichella non ha nulla da dichiarare? *
Dieci anni fa era già stato in prigione per lo stesso reato Roma: prete condannato per pedofilia A.D. 58 anni sacerdote e insegnante alla scuola Media Salvo D’acquisto dovrà scontare 4 anni e due mesi di carcere
ROMA - Sacerdote, insegnate e anche pedofilo, secondo la magistratura. E’ stato condannato, in rito abbreviato, dal gup Claudio Mattioli, a 4 anni e due mesi, un sacerdote accusato di aver abusato di due ragazzini. Il prete, A.D., di 58 anni, di origine siciliana, officiava nella diocesi dedicata alla Madonna di Czestokova, alla Rustica, e insegnava religione alla scuola media di Roma «Salvo D’Acquisto». L’uomo, che per i fatti oggetto del procedimento era anche finito in manette, è da tempo agli arresti domiciliari in un convento di Benedettini Silvestrini a Bassano Romano. Il capo d’imputazione per A.D. è: atti sessuali con minori, aggravati dal fatto che le vittime erano a lui affidate «per ragioni di educazione e di vigilanza». Il giudice ha imposto anche una provvisionale di 15mila euro di rimborso alle vittime.
GIA’ CONDANNATOPER LO STESSO REATO - In passato era già stato condannato dieci anni fa per una storia molto simile ma, scontata la pena, era tornato alla sua attività a scuola e all’oratorio. Arrestato nell’estate scorsa, il religioso, inizialmente, aveva negato tutto, ma in seguito aveva confessato, almeno in parte, cercando però di sminuire la gravità delle violenze. La prima denuncia a carico di A.D. venne presentata dai genitori di un dodicenne con gravi problemi psichici, un ragazzo "affetto da un disturbo del comportamento nell*ambito dell*organizzazione cognitiva borderline". Il giovane, che frequentava l*oratorio della Rustica, raccontò di essere stato palpeggiato e molestato dal sacerdote e, qualche giorno dopo, alcuni amichetti della stessa età gli raccontarono di aver subìto lo stesso tipo di violenze. In seguito si accertò un secondo caso, avvenuto, stavolta, durante un campo scuola nell*isola di Ventotene. A.D. aveva sorpreso un gruppo di ragazzi che scherzavano e si misuravano gli organi genitali. Il religioso avrebbe approfittato della circostanza per rivolgere pesanti avances a un altro adolescente, anche lui di 12 anni.
05 luglio 2007
Fonte: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/07_Luglio/05/prete_pedofilo.shtml
* Il Dialogo, Venerdì, 06 luglio 2007
Preti pedofili
USA/ Abusi sessuali, 5 anni al prete che si dichiara colpevole
Il reverendo McCormack ottiene sconto di pena *
di Ap- Apcom
New York, 2 lug. (Ap- Apcom) - Cinque anni di carcere per il reverendo Daniel McCormack, il prete della chiesa cattolica di Sant’Agata a Chicago incriminato nel gennaio del 2006 per abusi sessuali nei confronti di cinque ragazzini di età compresa tra 8 e 12 anni. McCormack ha ammesso la sua colpevolezza, ottenendo così uno sconto di pena. La dichiarazione di colpevolezza ha anche posto fine al processo, senza che le vittime abbiano dovuto testimoniare in aula.
Gli episodi per i quali McCormack andrà in pigione risalgono al 2001; ma non sarebbero i soli. All’epoca, era anche insegnante di algebra e allenatore di basket nella scuola di Nostra Signora del Westside: i bambini dei quali ha abusato erano suoi allievi, o loro amici.
Dopo l’emergere del caso, nel settembre del 2005, l’Arcidiocesi di Chicago non aveva preso alcun provvedimento nei confronti del prete, sospeso solo dopo l’incriminazione formale. Adesso, annnuncia il cardinale Francis George, McCormack dovrà rinunciare ai voti: la procedura è già stata istruita, perchè "l’abuso sessuale sui bambini è un peccato e un crimine".
* Il Dialogo, Mercoledì, 04 luglio 2007
Preti pedofili
Convegno su chiesa e pedofilia: tutto quello che Santoro non ha detto ad "anno zero"
di Agenzia ADISTA n. 49 del 7-7-2007 *
33961. ROMA-ADISTA. È una sorta di contro-Annozero il convegno organizzato lo scorso 22 giugno dalla Rosa nel Pugno su “La repressione sessuale: una politica che genera violenza”. Ed infatti il deputato radicale Maurizio Turco apre i lavori con un durissimo attacco alla puntata della trasmissione di Michele Santoro andata in onda il 31 maggio (vedi Adista n. 43/07): “Santoro ha sacrificato la verità sull’altare dell’audience - ha dichiarato Turco -. Pur di andare in onda ha accettato di concordare la trasmissione con Fisichella. Senza questo accordo la trasmissione non avrebbe ricevuto l’autorizzazione perché il Vaticano l’avrebbe impedito ed è per questo che il conduttore ripeteva continuamente che si trattava di ‘casi personali’. Bisognava accreditare i vertici della gerarchia come estranei alla vicenda, assolvendo l’istituzione nel suo complesso in quanto non responsabile del comportamento dei suoi singoli membri. È esattamente il contrario di ciò che si è fatto negli Stati Uniti”. Lo stesso Fisichella - ha rivelato il deputato radicale - ha posto il veto sull’invito in studio di Daniel Shea, l’avvocato di alcune vittime di preti pedofili che negli Usa ha tentato di trascinare in tribunale anche Joseph Ratzinger. L’accusa era quella di aver “ostacolato la giustizia” attraverso la lettera del 2001 con la quale l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede imponeva il “segreto pontificio” sui casi di pedofilia nel clero cattolico. Ma dopo la sua elezione al soglio pontificio, Ratzinger è stato ‘stralciato’ dal processo grazie all’immunità di cui gode in quanto “capo di Stato”.
Daniel Shea - che prima di diventare avvocato ha frequentato il seminario di Lovanio ed è un omosessuale dichiarato - è stato quindi invitato a partecipare al convegno della Rosa nel Pugno, in cui sono intervenuti, fra gli altri, anche Marco Marchese dell’“Associazione per la mobilitazione sociale”, Fausto Marinetti, Paolo Falcone ed Umberto Lenzi, del movimento dei preti sposati, Massimiliano Frassi, dell’“Associazione Prometeo onlus”, e Marco Pannella.
L’incontro è stato aperto dalla proiezione, in anteprima italiana, del film The Hand of God del regista italoamericano Joe Cutrera, presente al convegno insieme al fratello Paul, vittima di abusi. “Lo avevamo offerto gratuitamente a Santoro - ha dichiarato Turco all’agenzia Dire - che ha invece preferito pagare per il documentario della Bbc. Siamo certi che la Rai continuerà a sottrarre alla conoscenza pubblica i fatti mentre noi chiediamo che i fatti siano resi noti perché l’opinione pubblica li possa giudicare”. “La storia di Paul Cutrera è la mia storia - ha commentato Marco Marchese -; è la storia di tutte le vittime di abusi da parte di membri del clero. La Chiesa si dice ‘non responsabile’ di questi fatti, ma la responsabilità della Chiesa è oggettiva. Nel documento della Congregazione per i vescovi ‘Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Apostolorum successores’ si legge che ‘la chiamata agli ordini è responsabilità personale del vescovo e del superiore maggiore’ i quali ‘hanno il dovere di accertarne la maturità affettiva’. Quindi se ci sono dei pedofili che sono diventati preti la responsabilità è di qualcuno, qualcuno che non sa discernere, e che non dovrebbe guidare nessun ‘gregge di Dio’”.
Secondo Fausto Marinetti - ex cappuccino, già missionario in Brasile - occorre “tentare di scoprire la cause a monte di tali atrocità. È troppo facile puntare il dito contro i preti pedofili. Alla base di tutto c’è l’educazione impartita nei seminari, ambienti artefatti ed asettici nei quali si impone una visione cupa della corporeità e della sessualità”. “Anch’io sono stato abusato - ha detto Marinetti, visibilmente commosso - sono stato abusato nell’anima! L’unica donna ammessa in seminario è la vergine Maria. La figura femminile diventa una sorta di fantasma, una figura disincarnata. Ricordo quando a 13 anni andavo a cercare sulle riviste dell’epoca i volti di donna per scorgere una figura materna”. Tutto ciò compromette in maniera profonda un sano sviluppo della maturità affettiva e sessuale dei seminaristi: “L’ambiente naturale di crescita è la famiglia”. In seminario, invece, l’impostazione repressiva esclude qualsiasi “educazione al controllo delle pulsioni e dei sentimenti”. Ed ecco quali sono i risultati. (emilio carnevali)
Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma
Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24
Fax +39 06 686.58.98
E-mail info@adista.it
Sito www.adista.it
* Il Dialogo, Lunedì, 02 luglio 2007
Gli ex parrocchiani che subirono gli abusi scrivono ad Antonelli
Le vittime di don Cantini: "Per lui un processo penale" *
di Maria Cristina Carrutù
Un processo penale giudiziario. Le vittime di don Lelio Cantini, il prete accusato di violenza sessuale a plagio da suoi ex parrocchiani della Regina della pace, non si rassegnano. E, «fortemente incoraggiati» dall’intervento di monsignor Rino Fisichella alla trasmissione «Annozero» del 31 maggio scorso, hanno scritto all’arcivescovo Ennio Antonelli. Per chiedere alla Curia fiorentina quello che avevano già chiesto, finora inutilmente: e cioè, un processo penale giudiziario contro don Cantini, a norma del diritto canonico. Con ascolto dei testimoni e delle vittime, e un giudizio finale collegiale, laddove, nel processo penale amministrativo, è l’arcivescovo a prendere personalmente provvedimenti. Nel caso di don Cantini Antonelli ha sospeso il prete dalla celebrazione dei sacramenti e della messa in pubblico per cinque anni, ma le vittime hanno sempre ritenuto che per i crimini ammessi dall’ex parroco fosse una pena del tutto insufficiente.
E così, in una lettera firmata da ben diciotto di loro e inviata il 7 giugno scorso, per conoscenza, anche alla Congregazione per la dottrina della fede, ad Antonelli le vittime danno questa volta un mese di tempo per rispondere, trascorso il quale, annunciano, richiederanno il diretto intervento della Congregazione, alto organismo della Santa Sede.
Fisichella, si legge nella lettera, «ha pubblicamente e privatamente ringraziato tutti noi del coraggio e della determinazione finora mostrate, esprimendo chiaramente e inequivocabilmente la necessità di istruire un processo canonico giudiziario» per «far luce e chiarezza su tutti gli aspetti delle vicende legate a don Cantini». Comprese, ricordano le vittime, «le eventuali reiterazioni in epoca recente dei reati», che così non sarebbero soggetti a prescrizione. Fra i reati attribuiti a don Cantini, ricordano, c’è oltretutto l’assoluzione del complice istigato a commettere peccato, che comporta la scomunica immediata latae sententiae riservata alla Santa Sede. E se è vero che in presenza di prove certe, come in questo caso, e dell’ammissione del colpevole, si può ricorrere al processo amministrativo, su reati come la pedofilia e l’assoluzione del complice, considerati «gravissimi» dal diritto canonico, a giudicare non deve essere una Curia locale ma direttamente la Congregazione per la dottrina della fede. Lo ricorda Paolo Moneta, uno dei massimi esperti di diritto canonico: sebbene quanto prefigurato da Fisichella «non rientri nelle procedure normali», dice, «la Congregazione può disporre che, per fare maggiore giustizia su reati gravissimi, una procedura giudiziaria si possa riaprire», e un decreto amministrativo già emesso da un vescovo «revocare».
* Il Dialogo, Mercoledì, 20 giugno 2007
E’ il potere oppressivo che genera violenza sessuale
Alla radice di un problema, la pedofilia del preti, che è strettamente legato alla concezione della chiesa come struttura di potere
di Giovanni Sarubbi *
La messa in onda il 31 maggio scorso da parte di "Anno Zero", la trasmissione di radio 2 diretta da Santoro, del documentario della BBC sui preti pedofili, non ha secondo noi messo il dito nella piaga di un fenomeno che è un male antico e che è legato al modo stesso di intendere la chiesa da parte del cattolicesimo romano ma non solo di esso. Fin dai primi concili ecumenici, dal quarto secolo in poi, sono state emesse infatti norme contro i preti o i religiosi che abusano del loro potere sia sul piano delle violenze sessuali, sia per quanto riguarda l’appropriazione di beni delle comunità. Questi fenomeni sono nati in concomitanza con la trasformazione della Chiesa in religione dell’impero romano.
La questione dei preti pedofili mette in crisi, secondo noi, quella che i teologi chiamano “ecclesiologia”, in particolare ciò che è in discussione è il ruolo del clero, atteso che i fenomeni di perversione sessuale aventi come autori preti, e non parliamo solo di pedofilia, sono legati strettamente al ruolo di “confessori” che essi svolgono all’interno delle comunità e al potere religioso che essi esercitano sui fedeli. La quasi totalità delle testimonianze rese sia nel documentario della BBC che dagli ospiti in diretta nella trasmissione AnnoZero del 31 maggio scorso, hanno fatto esplicito riferimento a tale momento della vita comunitaria, quello della confessione.
Ma andiamo con ordine.
Durante la trasmissione di Santoro ad un certo punto il vescovo presente, mons. Fisichella, ha detto una frase a cui nessuno a risposto come si doveva. Fisichella ha detto indignato e rivolto ai preti pedofili: “Quelle persone non avrebbero mai dovuto diventare preti”. Ha, ovviamente, ragione. Ma ha torto quando si ferma a tale frase e non va oltre questa affermazione, non mettendo in discussione i criteri di reclutamento e formazione dei preti, atteso che i preti cattolici, ma ciò vale per i funzionari di tutte le religioni, vengono ordinati dalle gerarchie cattoliche, che li sceglie liberamente, che li sottopone a lunghi anni di studi in appositi luoghi di formazione che sono i seminari e di cui ha quindi la piena responsabilità. Se tanti preti, con percentuali oscillanti dal 5 al 10 percento del totale dei preti, è affetto da questi gravi disturbi della personalità riguardanti la sfera sessuale, qualche motivo di fondo ci deve pur essere. E quali sono tali motivi di fondo? Cosa non ha funzionato nella scelta di così tante persone pedofili per il ruolo di prete?
Nessuno ha posto a mons. Fisichella tali questioni, che pongono inevitabilmente sul banco di accusa oltre che il tipo di formazione che i preti ricevono in seminario, anche due altre questioni, quella del celibato obbligatorio per i preti di rito latino e quella dell’esistenza di seminari minori che accolgono bambini in età scuola elementare-media inferiore. Quest’ultima questione viola apertamente la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989 che fra l’altro all’Articolo 16 sancisce che : Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Togliere i bambini dalla famiglia in cui sono nati per chiuderli in seminario è una grave offesa alla loro dignità.
Nel passato i seminari minori erano gremiti, soprattutto di bambini di famiglie numerose e povere che decidevano di far diventare prete di solito l’ultimo nato. Ma ancora oggi esistono seminari minori, soprattutto nei paesi poveri ma anche in Italia, dove ragazzi di 10 anni vengono avviati al “sacerdozio” prima ancora di un completo sviluppo psicofisico, e quindi di una piena e completa maturazione sessuale. Sessualità che in tutti modi viene repressa, con la donna descritta come il diavolo in persona, da cui stare debitamente alla larga perchè “tentatrici” pronte a tentare sessualmente i preti per il solo gusto di “farli peccare”. Del resto l’equazione che viene insegnato a tutti i bambini è ancora oggi che sesso è uguale a peccato.
Mi permetto di citare un caso che conosco bene di un prete che è diventato tale perché verso l’età di sette anni fu sodomizzato da un adulto che aveva il doppio dei suoi anni. La cosa si ripetè più volte e la famiglia del ragazzo ne venne a conoscenza. Invece di denunciare il sodomizzatore, la famiglia prese la decisione di chiudere il ragazzo in seminario da dove è poi uscito prete e lo è tuttora. Erano gli anni subito dopo la guerra e la violenza sessuale veniva vissuta non come una violazione della propria persona ma come un proprio peccato. Sono convinto, per altri racconti che ho raccolto nel corso degli anni, che fatti simili a questi sono stati moltissimi. E chi ha subito violenze sessuali nell’infanzia è segnato per tutta la vita. Per combattere il fenomeno della pedofilia è dunque importante, secondo noi, eliminare i seminari minori ed il celibato obbligatorio che è innaturale se non è una libera scelta. Ma ciò non basta ancora per eliminare del tutto il fenomeno e ridurlo veramente ai minimi termini.
Per fare ciò bisogna cambiare radicalmente il modo di concepire la chiesa ed il ruolo del clero e questo è un problema che riguarda tutte le confessioni religiose cristiane. Il clero, variamente definito nelle varie confessioni, sacerdoti, pastori, pope, svolge un ruolo di potere all’interno delle singole comunità. I preti cattolici, in particolare, vengono formati ad essere “immagine di Cristo”, suoi vicari in terra. Il clero cattolico, che però non ha l’esclusiva di tale comportamente, è quello che maggiormente si identifica con l’idea stessa della chiesa secondo la formula “dove c’è il vescovo li c’è la chiesa”, con la nomina di preti, vescovi, cardinali e Papa che è diventata da secoli un fatto interno al clero che si riproduce per cooptazione, senza alcun controllo da parte del “popolo di Dio”.
E dove c’è un potere da gestire, qualunque esso sia, questo potere inevitabilmente comporta abusi di tipo sessuale.
E’ questa una caratteristica dominante di tutti gli imperi che di volta in volta si sono affacciati sulla scena dell’umanità. Basti pensare, per non andare molto lontano, allo sfoggio di una sessualità prorompente da parte di Berlusconi, che ultimamente si è fatto fotografare in compagnia di quello che i giornali subito hanno definito “harem”, senza che alcuno abbia gridato allo scandalo. Potere e violenza sessuale, potere e perversione sessuale vanno di pari passo.
E quando ad un prete viene dato il potere di rimettere i peccati, ascoltando in segreto i peccati degli altri, gli si da la possibilità di approfittarne se, dall’altro lato, lo si costringe ad avere una vita profondamente diversa da quella del resto della comunità, con restrizioni violente della sessualità che non può che creare i mostri di cui il video della BBC e la trasmissione Anno Zero ha mostrato solo un piccolo campionario.
Allora bisogna ribaltare il concetto su cui è costruita la chiesa. Non più “dove c’è il vescovo li c’è la chiesa”, ma l’evangelico “chi vuol esser primo serva”, o “dove c’è la comunità, l’assemblea, li può esserci un vescovo, un presbitero, qualcuno che è a servizio della chiesa”, senza alcun potere per alcuno, senza alcun tipo di mediazione con il sacro da gestire. Niente sacramenti di cui c’è un immondo commercio, niente potere di “consacrare eucaristie” con il popolo inerte. Tutti uguali, tutti impegnati a praticare il comandamento dell’amore fraterno, che esclude conversioni forzate o uso del sacro per sottomettere persone e per creare imperi. Allora si che pedofilia e violenza sessuale saranno un triste ricordo del passato.
* IL DIALOGO, Martedì, 05 giugno 2007
Preti pedofili
1000 abusi segnalati,
Dieci i processi,
secondo Panorama
(ANSA) - ROMA, 31 MAG - Dal 2001 sono giunte alla Congregazione per la dottrina della fede un migliaio di segnalazioni su presunti abusi sessuali compiuti dal clero.Lo dice un’inchiesta su Chiesa e pedofilia pubblicata su ’Panorama’ di domani, secondo cui i processi avviati in questi sei anni sono solo poco piu’ di una decina. ’Panorama’ evidenzia il totale riserbo sui processi e sulle sentenze e pubblica la lettera riservata che l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio Ratzinger invio’ a tutti gli episcopati del mondo.
http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/news/2007-05-31_13147013.html
Preti pedofili
La diocesi di Chicago risarcisce con 6 milioni di dollari le vittime di abusi sessuali *
Fonte: http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsID=70549
La diocesi di Chicago che ha pagato 6,6 milioni di dollari a 15 vittime di abusi messi in atto da un gruppo di 12 sacerdoti fra il 1960 e il 1990. Si tratta dell’ennesimo accordo extragiudiziale raggiunto da una diocesi degli Stati Uniti in seguito a un procedimento giudiziario e quindi alle richieste di risarcimenti per episodi di pedofilia. La notizia è stata confermata dall’arcidiocesi e dal rappresentante legale delle vittime.
Secondo quanto sostiene la Chiesa di la maggior parte dei sacerdoti colpevoli degli abusi sono morti o gli è stato impedito di continuare ad esercitare il proprio ministero. Fino ad ora l’arcidiocesi di Chicago, secondo fonti ecclesiastiche ufficiali, ha pagato la somma di 52 milioni di dollari a 214 persone che hanno presentato domanda di risarcimento in seguito a dei procedimenti giudiziari per casi di abuso sessuale su minori.
Le cifre delle violenze
Negli Stati Uniti, secondo cifre fornite dalla stessa Conferenza episcopale, dal 1950 ad oggi, 10.667 persone sono state vittime di abusi sessuali, 4.392 i preti coinvolti nello scandalo. Numeri destinati a crescere ancora e che comunque vanno considerati per difetto in quanto in molti casi le violenze non sono mai state denunciate. Casi gravi e a volte gravissimi, come quello del seminario di Sant Polten, in Austria dove intervenne la stessa Santa Sede per fare pulizia, sono stati registrati dall’opinione pubblica in questi anni in Brasile, Argentina, Polonia, Messico.
Crimine enorme
Lo scorso ottobre il Papa avendo ricevuto in visita i vescovi irlandesi affermò che il reato di pedofilia è ancora piu’ grave quando è commesso da un prete e che in ogni caso si tratta "di un crimine enorme".
* IL DIALOGO, Venerdì, 01 giugno 2007
Riflessione
SINITE PARVULOS VENIRE AD ME=CRIMEN SOLLICITATIONIS era il 1962 *
di Doriana Goracci
Sinite parvulos venire ad me.
Vangelo di Matteo cap.XIX v. 14
http://video.google.com/videoplay?docid=3237027119714361315&pr=goog-sl
Hanno preso alla lettera queste parole. Non solo gli sventurati ecclesiastici malati di pedofilia ma coloro che hanno acconsentito, coperto, secretato, quelli che fanno scuola di morale cristiana.
Usano il silenzio degli infami, il silenzio mafioso, l’omertà che terrorizza, che blocca le azioni, la parola che viene detta e subito contestata, fatta ringhiottire, che si strozza in gola come la speranza,come una caramella di fiele.
Tutto questo e ancora di più, appare in questo video che già la Bbc ha fatto vedere agli altri, i non italiani.Dal 29 settembre 2006 . E’ una pluri intervista, condotta dai violentati ai violentatori e a qualcuno che non ci è stato, che non alberga più nella casa del pastore, costi quel che costi.E’ arrivato da noi, in internet , tradotto con i sottotitoli, dura quasi 40 minuti. La Rai non vuole spendere i suoi soldi per acquistarlo, Santoro impone la sua professionalità di giornalista che denuncia.
Che si veda e subito.
Che si dica, senza menzogne.
Come le violenze in famiglia, si sa che ci sono sempre state.
Come la violenza della Chiesa, si sa che è sempre esistita.
E oggi, ancora oggi tuonano, minacciano, scomunicano, ignorano, abusano. Proteggono e accolgono in Italia, nel loro regno che è anche la nostra terra, la nostra Roma del cupolone, questi soggetti che nessuno curerà, nè con psicoterapia, nè con il carcere. Si dicono servi di Dio, questi oppressori, questi censori.
Tuonano dall’alto della loro immonda innocenza, fulminano donne e uomini, si infilano come gas venefici nell’esistenza di chi conosce solo poche stagioni.
Abusano di chi è povero, di chi è umile, debole.
E non pagano neanche le prestazioni. Pagherà per la vita chi la violenza l’ha subita. E tutti dico tutte e tutti subiamo da sempre questi sermoni, queste oscenità che non hanno più calendario nè giorni festivi, imperversano come una pioggia acida. Hanno anche l’impudente tracotanza di appellarsi alla sacra famiglia unita, e lui il papa, come nelle immonde storiografie dei secoli passati dove almeno i precedenti pontefici non si facevano ritegno di manifestarsi nella loro bassa violenza, immerge tutto nel silenzio del diritto canonico che non conosce: le donne gli uomini l’amore.La morte della vita, della libertà.Era il 2001 e lo raccomandò l’allora cardinale questo documento del Santo Ufficio.
Si fa scudo la gerarchia cattolica delle parole dure e dolcissime che disse un Grande Ribelle, muovono guerra e chiamano vendetta, accolgono gli oppressori pari loro, già noi habemus papam, mai partecipata questa gioia, sappiamo che morto uno di papa se ne fa un altro.
La pace di lor signori è diventata l’incubo di troppi.
La preghiera la faccio io: cominciamo a denunciarli noi.
Doriana Goracci
* IL DIALOGO, Lunedì, 21 maggio 2007
Don Marco Dessì, ha scelto il rito abbreviato e ha avuto una riduzione di un terzo Dovrà risarcire le sue vittime con 100 mila euro ciascuno
Parma, 12 anni al missionario pedofilo
Abusava dei bambini in Nicaragua *
PARMA - Dodici anni di reclusione con rito abbreviato per don Marco Dessì, il missionario sardo accusato di abusi sessuali nei confronti di minori e detenzione di materiale pedopornografico.
Il Gup del Tribunale di Parma Roberto Spanò ha riconosciuto il sacerdote colpevole di tutte le accuse che sono state mosse dalla procura parmigiana. La sentenza tiene conto dello sconto di pena di un terzo previsto dal rito abbreviato con il quale il missionario di 59 anni è stato giudicato.
La Pm Lucia Russo, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del comando Provinciale di Parma e ha sostenuto in aule le accuse, aveva chiesto una condanna a 16 anni di reclusione. Le motivazioni saranno depositate entro quindici giorni. Alla lettura del dispositivo, Dessì, presente in aula, non ha avuto alcun tipo di reazione.
Ai tre ex ragazzi del coro del Gestsemani, vittime degli abusi perpetrati dal sacerdote e oggi tutti maggiorenni, il Gup ha riconosciuto una provvisionale "immediatamente esigibile" di 100 mila euro ciascuno.
I ragazzi si erano costituiti parti civili attraverso l’avvocato reggiano Marco Scarpati, che rappresentava in giudizio anche le associazioni ’Rock no war’ di Modena, ’Solidando’ di Cagliari e il Comune di Correggio (Reggio Emilia). Le due associazioni di volontariato per anni avevano aiutato don Dessì nella raccolta dei fondi da destinare alla missione ’Betania’, creata dal sacerdote a Chinandega una poverissima città del Nicaragua. Il sacerdote venne arrestato alla fine del 2006 al rientro in patria a Cagliari per farsi curare da una grave malattia.
Proprio dalle denunce raccolte in Nicaragua dai volontari italiani sono partite le indagini della procura parmigiana. Le violenze sessuali contestate al sacerdote (da mesi sospeso a divinis dal Vaticano) si riferiscono a ad abusi commessi a metà degli anni ’90 su piccoli componenti del coro fondato da Dessi’.
Quella per il sacerdote è "una pena severa che deve essere accolta con rispettò", ha detto la Pm Russo. L’avvocato Romano Corsi, che assiste Dessì assieme al collega cagliaritano Pierluigi Concas, ha già annunciato che la difesa ricorrerà in appello appena preso visione delle motivazioni della sentenza.
Prima di essere ricondotto in carcere, Dessì, come ieri sera, ha ricevuto il saluto e l’incoraggiamento di alcuni amici e sostenitori. "Abbi fede, Marco", hanno gridato al sacerdote mentre questi montava sul cellulare che lo avrebbe ricondotto nel carcere di via Burla.
* la Repubblica, 23 maggio 2007
Riflessione
Pedofilia e clericalismo: una cosa rimanda all’altra...
di P.C. *
Nelle reazioni indignate, convulse, emotive e partigiane seguite al Documentario della BBC sulla pedofilia del clero, emerge chiaramente che la maggioranza pare non accorgersi di quale sia il vero problema nella Chiesa.
Il vero problema non è tanto la pedofilia di diversi preti poiché questo terribile male è diffuso pure in altri ambiti e in realtà molto distanti da quelle clericali.
Il vero problema è l’atteggiamento prevalente negli alti chierici davanti a questo crimine. Questo atteggiamento rivela diverse cose. Le elenchiamo.
1) Prima di tutto rivela che nella Chiesa esistono zone protette. Un laico che abusa sessualmente viene sottoposto alla giustizia umana. Un chierico, viceversa, viene protetto dalla giustizia umana. Ad un laico che commette omicidio il confessore impone di costituirsi alla polizia. Ad un chierico che uccide nell’anima un bambino il confessore applica un statuto speciale che non gli impone altrettanto e lo protegge dalla polizia. Il chierico-pedofilo così potrebbe continuare indisturbato a produrre vittime che per tutta la vita si porteranno dentro profonde ferite. Chi ha queste ferite deve perdonare e non pensarci su. Dimenticare non è mai stata la vera terapia per chi subisce questi schok. L’invito a dimenticare indica con quale leggerezza si affrontano questi problemi, indica che - IN REALTA’ - le vittime non sono assolutamente tutelate e prese in seria considerazione.
2) Esistono dunque due realtà nella Chiesa: i chierici (protetti dal giudizio e dalla riparazione perfino se fanno cose criminali) e i laici (esposti al giudizio e alla riparazione perfino per le minime venialità). Questo rivela una perfetta mentalità farisaica: il pio fariseo scusa se stesso per le travi che ha nell’occhio ma filtra il moscerino che vede negli altri!
3) Questa disparità di trattamento dimostra che se agli occhi di Dio e del Vangelo tutti sono uguali, agli occhi clericali assolutamente no: esiste un ambito privilegiato e un ambito che può tranquillamente essere sfruttato; esiste chi sta "in alto" e chi sta inesorabilmente in basso, esiste chi giudica e non deve essere giudicato e chi deve solo ascoltare giudizi e non permettersi di giudicare!! La "Chiesa docente" degli alti chierici non imparerà mai dalla "Chiesa discente" degli umili sfruttati.
4) Inutile dire che questa bipartizione, all’interno della Chiesa di Dio, è un semplice segno di un male profondo, il CLERICALISMO, che, nonostante presenti i chierici come uomini che compiono un "servizio", in realtà spesso permette ad alcuni di loro - spesso i più elevati in grado - di essere dei despoti per i poveri cristiani. E’ naturale, quindi, che tra tutelare il prete pedofilo e la vittima, questo sistema preferisca decisamente coprire il prete!
5) Più i laici sono zittiti, più i gerarchi ecclesiastici si impongono. Più gli ecclesiastici si impongono più la Chiesa da luogo di dialogo, di confronto e di crescita, diviene come un corpo in preda ad una metastasi spirituale e a varie malattie psicologiche. Da luogo di "verità" la Chiesa viene stravolta divenendo "Cosa nostra"!!! Evidentemente in questa situazione i laici di fatto sono considerati inutili (tranne quando versano l’8 per mille).
LA VERA RISPOSTA ALLA PEDOFILIA NON E’ MORALIZZARE IL CLERO O IMPEDIRE AI GAY IL SACERDOZIO. QUESTO E’ FUMO NEGLI OCCHI, E’ PURA APPARENZA!!!
LA VERA RISPOSTA E’ CAMBIARE QUESTO SISTEMA E QUESTA MENTALITA’ DI CASTE, PER RENDERLO A SERVIZIO DELLA VERITA’ E NON DELLA COPERTURA E DELL’APPARENZA. IL DIO DEI CRISTIANI E’ UN DIO DI TRASPARENZA E DI VERITA’, NON DI PRIVILEGIO E DI MENZOGNA. QUEST’ULTIMO "dio" E’ SEMMAI IL DEMONIO AL QUALE SERVONO I FARISEI DEL VANGELO E CHI SI RENDE SIMILE A LORO.
CHI AVRA’ MAI IL CORAGGIO DI CAMBIARE IN PROFONDITA’? CHI SE NE RENDERA’ CONTO E INIZIERA’? SONO GRANDI DOMANDE ALLE QUALI - AL MOMENTO - NESSUNO FORSE PUO’ RISPONDERE.
* IL DIALOGO, Domenica, 20 maggio 2007
Preti pedofili
Crimini sessuali e Vaticano (documentario italiano)
Video che smaschera le gerarchie ecclesiastiche per avere coperto i preti pedofili ... *
Un video della BBC (con sottotitoli in italiano) che ognuno dovrebbe vedere per capire come le gerarchie ecclestiastiche della chiesa cattolica romana coprono i preti pedofili.
Testimonianze dirette di pesone violentate da preti. Le prove che Ratzinger, quando era cardinale, sapeva dei crimini commessi da molti preti sui bambini in America ma comandò che i fatti fossero tenuti segreti. Un video veramente scioccante, che deve essere fatto conoscere anche ai Cattolici Romani.
http://video.google.it/videoplay?docid=3237027119714361315
*IL DIALOGO, Lunedì, 14 maggio 2007
Ai danni della Chiesa e di Ratzinger
Infame calunnia via Internet
di Andrea Galli (Avvenire, 19.05.2007)
Ognuno, evidentemente, si consola come vuole. O, meglio, come può. Così stupisce solo in parte che dinanzi alla vitalità cattolica documentata sabato scorso in Piazza San Giovanni, ci sia chi trovi benefico sfogo a rovistare nel bidone della spazzatura alla ricerca di qualche lisca di pesce o di qualche uovo in decomposizione. Confidando magari che qualche organo di informazione, più o meno clandestino, non faccia troppo lo schizzinoso, e rilanci generosamente il tutto, offrendo al proprio pubblico come sicuro il cibo ampiamente avariato.
Ci riferiamo ad un documentario su preti cattolici e abusi sessuali che, mandato in onda dalla Bbc nel 2006, viene oggi sottotitolato in italiano da Bispensiero, sito di amici siciliani di Beppe Grillo, e caricato su Video Google, dove pare abbia un certo successo. A proposito di bocche buone. Si tratta di un pot-pourri di affermazioni e pseudo-testimonianze che furono apertamente sconfessate a suo tempo dalla Conferenza episcopale inglese, la quale invitò l’augusta Bbc a "vergognarsi per lo standard giornalistico usato nell’attaccare senza motivo Benedetto XVI".
Il pezzo forte del servizio infatti consisteva (e ancora consiste) nell’accusa rivolta a Joseph Ratzinger di essere stato niente meno che il responsabile massimo della copertura di crimini pedofili commessi da sacerdoti in varie parti del globo, in quanto "garante" per 20 anni - da quando fu nominato prefetto vaticano - del testo Crimen sollicitationis, che è un’istruzione emanata in realtà dal Sant’Uffizio il 16 marzo 1962. Da notare la data: nel 1962 infatti Joseph Ratzinger non era certo prefetto della futura Congregazione per la dottrina della fede, essendo in quel tempo ancora teologo molto impegnato nella sua Germania.
C’è da dire che quel documento veniva presentato dalla Bbc come un marchingegno furbesco, escogitato dal Vaticano per coprire reati di pedofilia, quando invece si trattava di un’importante istruzione atta ad «istruire» i casi canonici e portare alla riduzione allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile. In particolare, trattava delle violazioni del sacramento della confessione. Da notare che l’Istruzione richiedeva il segreto del procedimento canonico per permettere ad eventuali testimoni di farsi avanti liberamente, sapendo che le loro deposizioni sarebbero state confidenziali e non esposte a pubblicità. E di conseguenza anche la parte accusata non vedesse infamato il proprio nome prima della sentenza definitiva.
Insomma, un insieme di norme rigorose, che nulla aveva a che fare con la volontà di insabbiare potenziali scandali. E che il testo Crimen Sollicitationis non fosse pensato per tale fine lo dimostrava un paragrafo, il quindicesimo, che obbligava chiunque fosse a conoscenza di un uso del confessionale per abusi sessuali a denunciare il tutto, pena la scomunica. Misura che semmai dà l’idea della serietà del documento e di coloro che lo formularono, se si pensa che in base alla legge italiana il privato cittadino (tale è anche il vescovo e chi è investito di autorità ecclesiastica) è tenuto a denunciare solo i crimini contro l’autorità dello Stato, per i quali infatti è prevista la pena dell’ergastolo.
Senza contare che Joseph Ratzinger, più tardi diventato sì prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, avrebbe firmato - ma siamo nel maggio 2001 - una Lettera ai Vescovi e altri Ordinari e Gerarchi della Chiesa Cattolica, pubblicata anche negli Acta Apostolicae Sedis, dove si prevede espressamente che "il delitto contro il sesto precetto del Decalogo, commesso da un chierico contro un minore di diciotto anni", sia di competenza diretta della Congregazione stessa. Segno, per chi abbia un minimo di buon senso giuridico, della volontà romana non certo di occultare, ma di dare piuttosto il massimo rilievo a certi reati, riservandone il giudizio non a realtà "locali", potenzia lmente condizionabili, ma ad uno dei massimi organi della Santa Sede.
Questa, e non altra, è stata la posizione della Chiesa cattolica sui reati ad essa interni di pedofilia. Questa, e non altra, la limpida testimonianza del nostro Papa che in tempi non sospetti si scagliò contro la sporcizia nella Chiesa.
I calunniatori dovrebbero chinare il capo e chiedere scusa.
Scambiato da migliaia di utenti nel mondo il documentario che svelerebbe come Ratzinger tutelò alcuni sacerdoti responsabili di abusi
L’inchiesta Bbc sui preti pedofili diventa un caso su internet
ROMA - Un’onda di indignazione attraversa la rete e acquista ogni giorno portata maggiore. E’ bastato poco, che in realtà "poco" non è. La messa in Rete di un documentario della Bbc, titolo Sex Crimes and the Vatican, andato in onda in Gran Bretagna nel 2006, nel quale si svelano i risvolti inquietanti di una vicenda che coinvolse decine di sacerdoti, responsabili di reati di pedofilia, come quelli della diocesi di Ferns, contea di Wexford, Irlanda. E di come i reati, e i loro autori, vennero tutelati dalle autorità ecclesiastiche. Il video, che in Italia è stato acquistato da una società specializzata che sta provando a rivenderlo alle emittenti nazionali, è fra i più visti su You Tube e Google. La società ha diffidato formalmente il nostro sito a diffonderlo.
Nel documentario, si parla soprattutto del Crimen Sollicitationis, il documento segreto emesso dal Santo ufficio del Vaticano (oggi Congregazione per la dottrina della fede) nel 1962: fornisce istruzioni ai vescovi su come trattare i casi di sacerdoti accusati di usare la segretezza del confessionale per fare avances sessuali ai penitenti. Ma soprattutto di come porsi di fronte a crimini peggiori, come il coinvolgimento di un prete in rapporti sessuali con un animale, un bambino o un uomo.
Ebbene, il garante dell’applicazione di quelle direttive fu Benedetto XVI, all’epoca dei fatti ancora cardinale Joseph Ratzinger. Fu lui il responsabile della direttiva con la quale lo scandalo venne messo a tacere e i preti furono protetti e nascosti alle autorità.
Il video è crudo e esplicito, riporta le testimonianze di chi, all’epoca bambino, fu vittima degli abusi. Che viaggiasse su internet era prevedibile così com’era inevitabile che alimentasse la discussione. Utenti premurosi si sono presi la briga di tradurre e sottotitolare la versione integrale del documentario anche nella nostra lingua.
Così, la Ferns Inquiry, il Rapporto Ferns, ovvero l’inchiesta governativa ufficiale irlandese del 2005 che riguardava le denunce di abusi avvenuti nella diocesi irlandese, ma anche gli altri contenuti del documentario, si sono trasformati in uno dei documenti attualmente più diffusi e scambiati sul Web. Il dibattito si infiamma su siti e blog italiani, fra riflessioni pacate, giudizi netti e, com’è legittimo, dubbi e contestazioni.
* la Repubblica, 17 maggio 2007
La pedofilia dei funzionari di dio
di Enzo Mazzi (il manifesto, 18.04.2007)
E’ dolorosa e penosa questa vicenda di pedofilia, di violenze psicologiche, di ricatti morali, nella parrocchia fiorentina «Regina della pace».
La pedofilia del clero è un fenomeno antico, come del resto la pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è perché tale fenomeno si sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di denunciare gli abusi e perché il potere del clero è meno assoluto e è bilanciato da altri poteri fra cui quelli della stampa e della magistratura.
La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un livello di gravità e pericolosità particolarmente pesante. Il «sacro», cose sacre, persone sacre, luoghi e tempi sacri, proprio in quanto realtà separata tende a annullare la sacralità dell’esistenza normale, esclude la sacralità del creato e quindi è implicitamente e intrinsecamente fonte di violenza. Ma se il sacro si rende responsabile di esplicite forme di violenza, come nella pedofilia dei preti, allora la violenza esplicita e quella implicita, strutturale, si potenziano reciprocamente.
I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti, fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann «Funzionari di Dio» (Raetia, Bolzano, 1995).
Gli episodi di pedofilia emersi nella chiesa fiorentina, come in molte altre chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione chiesa. E’ ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione.
Fa parte di una pastorale «normale», che dovrebbe essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita. Per non parlare degli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo largamente maggioritario. Ma il Compendio del catechismo pubblicato di recente dal Vaticano, a domande e risposte preconfezionate, da cui non emerge nemmeno un minimo di senso di ricerca, di autonomia, di coscienza critica, non è esso stesso un invito all’indottrinamento? Come una madre possessiva, sembra che Madre Chiesa voglia mantenere in una perenne condizione infantile i suoi figli, tanto li ama. Se non rischiasse di essere male interpretato, verrebbe voglia di chiamare tutto questo «pedofilia strutturale» della chiesa, nel senso appunto di amore verso gli uomini e donne perennemente bambini. E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?
C’è inoltre il silenzio dei vertici ecclesiastici. Che è assordante. Grida la mancanza di comunione, di comunicazione, di collegialità che c’è nella chiesa. E’ un silenzio che denuncia l’imbarazzo e la solitudine delle gerarchie. Solo pochi giorni fa (domenica scorsa) il vescovo di Firenze ha rotto quel silenzio con una dichiarazione ai giornali. Ma con grande ritardo e in maniera reticente, come dichiarano le vittime, e inoltre senza un minimo di autocritica. I vescovi, non tutti ma molti, sono ancora, nonostante il Concilio, monarchi che decidono quasi sempre tutto da soli, con la scusa che il loro potere deriva direttamente da Dio. E quando si trovano di fronte a situazioni imbarazzanti come questo scandalo di pedofilia nella chiesa fiorentina, sono incapaci di muoversi, di parlare, di prendere decisioni sagge. Non denuncia proprio questo, seppur con altre parole, monsignor Alessandro Plotti, vescovo di Pisa, già presidente dei vescovi toscani, nell’intervista pubblicata su Repubblica giovedì scorso?
E’ tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etico-morali, simboliche. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.
Ancora un caso di pedofilia nel clero italiano. Ancora il silenzio di una curia *
da Adista
33843. FIRENZE-ADISTA. Sono passati più di trent’anni dai primi abusi. Ma solo ora qualcosa è cominciato a filtrare dal muro di silenzio che ha circondato per decenni la parrocchia "Regina della pace", nella periferia di Firenze. Le accuse rivolte all’ex parroco don Lelio Cantini sono pesantissime: secondo i memoriali presentati dalle vittime alla Curia di Firenze, don Cantini - a partire dal 1975 - avrebbe abusato di ragazzine dai 12 ai 17 anni, avrebbe richiesto alle famiglie denaro ed altri beni, ed avrebbe plagiato giovani ragazzi costringendoli ad entrare in seminario sotto la minaccia di cacciarli "per sempre dalla parrocchia". I racconti delle vittime fanno riferimento anche alla figura di una donna, la "perpetua" del parroco (Rosanna S.), descritta come una sorta di "veggente" che in base alle apparizioni di Gesù indicava a don Cantini gli "eletti" per la "nascita della nuova chiesa dello spirito".
Sempre secondo queste testimonianze, il prete giustificava la richiesta di rapporti sessuali spiegando alle ragazzine che si trattava di una forma di "adesione totale a Dio" e intimando loro il silenzio assoluto pena "il castigo divino". Un silenzio che si è protratto fino al 2004, quando un gruppo di ex ragazzi della parrocchia ha inviato alla Curia di Firenze una lettera con allegati una serie di memoriali sui fatti di quegli anni. Alla lettera sono seguiti alcuni incontri con il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze dall’’83 al 2001, con l’attuale arcivescovo Ennio Antonelli, e con l’ausialiare Claudio Maniago (che proprio nella parrocchia "Regina della Pace" ha maturato la sua vocazione, tanto da celebrare insieme a don Cantini, l’8 settembre del 2003, il secondo anniversario della sua nomina a vescovo). L’unico risultato è stato però, nel settembre del 2005, il trasferimento "per motivi di salute" di don Cantini in un’altra parrocchia della diocesi. A questo punto, gli ex ragazzi della "Regina della Pace" hanno deciso di rivolgersi direttamente al papa con una lettera datata 20 marzo 2006.
A rispondere è stato l’allora presidente della Cei, il card. Camillo Ruini, il quale si è augurato che l’allontanamento di don Cantini dalla diocesi - avvenuto il 31 marzo 2006 - potesse infondere "serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti". Don Contini si è così trasferito a Viareggio insieme alla sua "perpetua" senza che nei suoi confronti fosse avviato alcun processo canonico. Ma al papa, pochi mesi dopo, si è rivolto anche un gruppo di sacerdoti della diocesi fiorentina: "Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio", hanno scritto i sacerdoti denunciando che "a quasi due anni" di distanza dalle prime testimonianze degli abusi non erano ancora arrivate da parte dei vertici della Chiesa fiorentina né "una decisa presa di distanza" dagli accusati, né "una scusa ufficiale", né "un atto riparatore e credibile".
Solo il 17 gennaio del 2007 l’arcivescovo Antonelli ha comunicato agli ex ragazzi della "Regina della pace" alcuni provvedimenti decisi nei confronti di don Cantini, quali il divieto per cinque anni di confessare, di celebrare la messa in pubblico, di assumere incarichi ecclesiastici oltre all’obbligo, per un anno, di fare ogni giorno un’offerta caritativa e recitare il Salmo 51 o le litanie della Madonna. Lo stesso Antonelli, dopo che il quotidiano la Repubblica nei giorni scorsi ha acceso i riflettori sul caso, si è però rifiutato di rilasciare alcun commento sulla vicenda. Ha parlato invece l’ex arcivescovo Piovanelli, che in un’intervista all’Unità (10/4) ha ammesso di aver ricevuto una rivelazione di abusi anche prima della denuncia collettiva del 2004: "Quando io ho avuto a che fare, non con questa storia, ma con un solo fatto, sembrava che ci fosse solo quello, quindi dopo aver parlato con la vittima e dopo aver parlato con il sacerdote, fatta la giusta reprensione, sembrava che ci si doveva fermare lì, perché pareva un solo errore". Alle reiterate domande del giornalista se "una reprensione" poteva essere considerata un provvedimento sufficiente per un abuso sessuale, Piovanelli ha risposto: "Allora sì, perché c’era un fatto solo".
Intanto la Procura di Firenze ha aperto un procedimento penale per abusi sessuali pluriaggravati e continuati. "Ancora non si può dire se gli abusi denunciati siano prescritti o no - ha dichiarato il procuratore Ubaldo Nannucci -. Bisogna vedere fino a quando si sono protratti quei comportamenti. L’unico dato di fatto, per ora, è che questo sacerdote è stato rimosso nel 2005".
Sul caso di don Cantini è intervenuto anche Enzo Mazzi, animatore della Comunità di Base dell’Isolotto, a Firenze: "Gli episodi di pedofilia emersi nella Chiesa fiorentina - afferma Mazzi - come in molte altre Chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione Chiesa. È ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia. Ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione". Secondo Enzo Mazzi, infatti, "fa parte di una pastorale ’normale’, che dovrebbe essere superata nel dopo-Concilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita". "Come chiamare tutto questo se non ’pedofilia strutturale’ della Chiesa? E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?".
Fonte: IL DIALOGO, 17.04.2007
>>> "Come chiamare tutto questo se non ’pedofilia strutturale’ della Chiesa? E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?". <<<
PER FAVORE ... Non confondiamo le questioni .... Molto interessante il tutto, ma un conto è la gestione di casi di pedofilia e un conto è il principio di fondo. Se vogliamo allora anche il matrimonio stesso è una violenza, e se preferiamo arrivare terra terra anche il rispetto del semaforo rosso, anche se per motivi totalmente differenti, è una violenza. Inoltre è totalmente falso parlare di "disprezzo verso il corpo", studiate meglio !! Al contrario Il rapporto sessuale è valorizzato come parte indispensabile ed ineluttabile, oltre che inscindibile in una coppia. Non esiste matrimonio che non sia santificato anche dal sesso. Il fatto è che il proprio corpo ha un valore cosi elevato e il rapporto sessuale è così importante che assolutamente deve essere vissuto con la dovuta importanza ... con la stessa importanza del matrimonio, dell’unione Sacra di due Anime, con il fine della procreazione e tramitato inframezzato, certamente, dall’orgasmo.
Il sesso, l’orgasmo, il godimento, il proprio corpo sono il santuario della vita, di ciò che di più sacro c’è nel mondo.
Il rapporto sessuale, senza la sacralità del Matrimonio ..... è sminuito di valore ... e probabilmente la stessa sacralità del matrimonio diventa una robetta da festa di famiglia e pranzo o cena offerta a parenti ed amici ..... è sminuito l’intero valore dell’unione di due persone.
Il sesso, perdonatemi il termine .... non lo voedo come una "scopata" e via, ma come atto d’amore ... un atto d’amore importante, talmente importante che denigrarlo con dei semplici atti di libidine prematrimoniali e/o matrimoni superficiali (non necessariamente matrimoni religiosi, esiste anche il rito civile .... ed è la coppia che decreta l’importanza dell’unione, non il rito formale .... ).
Quello della Chiesa, in merito alla frase sopra evidenziata, NON E’ UN VETO MA UNO STILE DI VITA dove il valore di certe cose (tra le altre Matrimonio, Sesso, Procreazione, Orgasmo .....) è così elevato che diventa ovvio e facilmente intuibile che è impossibile accontentarsi di fare "certe cose" prima della consacrazione dell’unione della coppia, che per arrivare a tale unione deve aver risolto un percorso di consolidamento interiore, che non è una regola (leggasi violenza) della Chiesa fine a se stesso, ma un ben preciso percorso di vita, di consolidamento e sperimentazione, di approfondimento che mette in discussione la coppia stessa. E’ così importante che prima di arrivarci è opportuno essere veramente sicuri, è opportuno effettuare tutte le verifiche e mettersi in discussione in modo approfondito PRIMA, e non accorgersi dopo di aver fatto un errore ....... E’ troppo importante ......
Inoltre l’approfondire certi aspetti di una unione, la responsabilità di mettersi in discussione e verificarsi il più possibile, probabilmente riuscirebbe ad evitare tanti divorzi e coppie separate che oggi invadono i tribunali, oltre a tanti bambini praticamente quasi orfani di un genitore .......
Scusate le mie imprecisioni e ripetizioni, cercate di desumere il pensiero che cerca di uscire dalle mie parole e non condannatemi se la penso diversamente per quanto riguarda alcuni pensieri della Chiesa.
Preciso che non sono particolarmente preso dal Credo della Chiesa Cattolica, ne condivido però i valori fondamentali, e anche se i pruriti adolescenziali erano fortissimi, oggi a oltre 40 anni mi rendo conto che erano solo pruriti, pruriti positivi ma semplicemente pruriti, istinto primordiale alla procreazione ...e io non sono una scimmia, ma qualche cosa di più elevato, di più importante.
Per quanto riguarda la Pedofilia, la gestione qui raccontata e dalla BBC indagata .... questo è un’altro aspetto, mi si sono "rizzati" i capelli e ancora non ne vogliono sapere di tornare giù ...... Non so se è tutto vero, è vera l’enciclica .... ma non tratta necessariamente di abusi sessuali .... è allargata a qualunque crimine ... La cosa comunque è sconcertante vista così come è stata descritta.
Raccolgo l’informazione e vedremo ... comunque la Chiesa come Istituzione è formata da uomini ed ha fatto danni a iosa nei secoli .... non mi trattengo dal non condividere delle scelte, dettate anche da una forma di gestione di potere ... dove capisco, senza approvare, certe gestioni di occultamento .... quello che mi spavente nello specifico è il sistema di spostare il pedofilo in un’altra parrocchia dove può continuare a "divertirsi" ...... ma questo non ha molto da spartire con il cedo e i principi di base.
Cordiali saluti.
La pedofilia di membri del clero
Comunicato
di Segreteria Tecnica Nazionale delle CDB
Segreteria Tecnica Nazionale
delle Cdb
c/o RosarioCarlig
M.tt. CdB Nord-Milano
Via Petrarca 8/B
22070 Appiano Gentile (CO)
Tel.031.930006
segrcdb@katamail.com
Gli episodi di pedofilia emersi nella chiesa fiorentina, come in molte altre chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione Chiesa. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione.
Fa parte di una pastorale “normale”, che dovrebbe essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita, gli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo maggioritario ed è incoraggiato dal Compendio del Catechismo pubblicato di recente dal Vaticano con domande e risposte prefabbricate; la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio.
C’è inoltre il silenzio dei vertici ecclesiastici. Che è assordante. Grida la mancanza di comunione, di comunicazione, di collegialità che c’è nella Chiesa.
E’ tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etiche-morali, simboliche.
Le Comunità Cristiane di Base
Milano 13/04/2007
* Il Dialogo, Sabato, 14 aprile 2007
Firenze, le vittime scrivono al Papa: "Abusi su donne e bambini per anni". Gli episodi dal 1975 in poi. Nel 2004 le prime denunce alla Curia. Trasferito il prete sotto accusa
Sesso e violenze
scandalo in parrocchia
di MARIA CRISTINA CARRATU’ *
FIRENZE - Anni di violenze, psicologiche e fisiche, di plagi e coercizioni nei confronti di bambini, ragazzi, intere famiglie, abusi e violenze sessuali su bambine e ragazzine minorenni, consumati nell’ombra di una canonica e mai venuti a conoscenza di nessuno fino ad oggi. Famiglie intere convinte di far parte di un progetto di fondazione di una "vera chiesa dello Spirito" contrapposta a quella, corrotta e incapace, "di fuori", e spinte a devolvere alla parrocchia denaro e beni, "per adempiere alla volontà di Gesù Cristo". E poi avviamento di ragazzi al seminario, con l’obiettivo di "colonizzare" la struttura ecclesiale attraverso incarichi di primo piano.
È questo - secondo le vittime dei plagi e degli abusi (così lontani nel tempo da rendere difficile ormai un’azione penale) che solo oggi, dopo tanti anni, hanno trovato il coraggio di parlare e chiedono giustizia appellandosi al Papa - ciò che è avvenuto almeno a partire dal 1975 in una parrocchia della periferia di Firenze, la Regina della Pace. Affidata fino al 2005 a un "carismatico" sacerdote oggi ottantenne, don Lelio Cantini, allontanato dalla città solo un anno fa ma mai privato dell’ordinazione. Con a fianco una donna, presunta "veggente" le cui visioni di Gesù, raccontano le vittime, servivano alla selezione degli "eletti". Oggetto di punizioni esemplari, privati dell’assoluzione e dell’eucaristia, se non avessero obbedito alle imposizioni del "priore", come il sacerdote si faceva chiamare. Fra cui quella sistematicamente rivolta a ragazzine di dieci, quindici, diciassette anni, di avere rapporti sessuali con lui, come forma, diceva, di "adesione totale a Dio". Facendo credere a ognuno di essere il prescelto e intimando il segreto assoluto pena il "castigo divino". Per questo, vinte le rimozioni e preso contatto con i compagni di allora, solo oggi le vittime hanno scoperto di aver condiviso un passato identico e terribile.
Ed è innanzitutto alla Chiesa, anziché ad avvocati e tribunali, che si rivolgono fin dal gennaio 2004, inviando alla Curia di Firenze esposti e memoriali, e ottenendo vari incontri personali - prima con l’allora arcivescovo Silvano Piovanelli e poi con l’arcivescovo Ennio Antonelli e con l’ausiliare Claudio Maniago. Con l’unico risultato, nel settembre 2005, di un trasferimento del "priore" "per motivi di salute" in un’altra parrocchia della Diocesi. Da qui la decisione di appellarsi al Papa. La prima volta con una lettera del 20 marzo 2006, con allegati dieci dettagliati memoriali di venti vittime di abusi, a cui risponde il cardinale Camillo Ruini, ricordando alle vittime, sentito Antonelli, che il sacerdote sotto accusa dal 31 marzo ha lasciato anche la Diocesi e augurandosi che questo "infonda serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti".
Le vittime però non ci stanno. Il ’priorè vive con la "veggente" in una città della costa toscana, ha sempre intorno un gruppo di seguaci ed è tuttora ordinato. E a questo punto si muovono, di loro iniziativa, alcuni sacerdoti. "Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio", spiegano in una nuova lettera al Papa, inviata il 13 ottobre 2006 tramite la Segreteria di Stato. Dove parlano di "iniquo progetto di dominio sulle anime e sulle esistenze quotidiane" perseguito da una setta "purtroppo cresciuta dentro una parrocchia cattolica". E ricordano che a "quasi due anni" dall’inizio delle denunce dalla Chiesa fiorentina non sono ancora arrivati né "una decisa presa di distanza" dai personaggi coinvolti nella vicenda, né "una scusa ufficiale", né "un atto riparatore autorevole e credibile". A Repubblica, che glielo chiedeva, Antonelli ha risposto ieri di non voler fare alcun commento della vicenda.
Intanto la storia circola, e sono ora i parroci vicari foranei, responsabili delle zone della diocesi, a chiedere all’arcivescovo di portarla all’assemblea diocesana, davanti a tutto il clero. Antonelli li ha convocati alla fine di febbraio per mostrare una sua comunicazione alle vittime del 17 gennaio, relativa ai "provvedimenti" a carico del sacerdote adottati, scrive, "sulla base delle vostre accuse", al termine di un "processo penale amministrativo" e sentita la Congregazione per la Dottrina della Fede. Per cinque anni, scrive il cardinale, il "priore" non potrà né confessare, né celebrare la messa in pubblico, né assumere incarichi ecclesiastici, e per un anno dovrà fare un’offerta caritativa e recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna. E quanto alle vittime, l’invito, visto che "il male una volta compiuto non può essere annullato", è a "rielaborare in una prospettiva di fede la triste vicenda in cui siete stati coinvolti", e a invocare da Dio "la guarigione della memoria".
Ma loro, con "stupore e dolore", annunciano che non si fermeranno. Finora non hanno fatto nemmeno causa civile, ma d’ora in poi, dicono, "nulla è più escluso". Nella lettera alla Segreteria di Stato i preti chiedono a loro nome "un processo penale giudiziario", che convochi testimoni e protagonisti, e applichi "tutte le sanzioni previste dall’ordinamento ecclesiastico", che il prete che ha rovinato le loro vite sia "privato dello stato clericale", anche "a tutela delle persone che continuano a seguirlo". E che sia ora la Santa Sede a fare davvero luce su tutta la vicenda.
* la Repubblica, 8 aprile 2007
Le testimonianze
"Mi fece spogliare in camera
ero soltanto una ragazzina"
"Allora ero assolutamente incapace di una scelta libera" *
FIRENZE - Ecco alcune testimonianze raccolte dalle vittime degli abusi avvenuti nella parrocchia fiorentina. "Per vent’anni ho completamente rimosso tutto", racconta una di loro, oggi quarantacinquenne, sposata con figli, seguita dall’associazione Artemisia per le donne abusate. Le "immagini" di allora le tornano agli occhi solo pochi anni fa, all’improvviso, "durante una terapia". Il primo abuso comincia quando ha dieci anni. "Il "priore" mi chiamava su, nel suo studio o nella camera da letto, mi faceva spogliare e mi spiegava come, negli atti che mi avrebbe chiesto, si sarebbe realizzata la più piena comunione eucaristica". Le dice "di pensare alla Madonna, che aveva avuto Gesù a dodici anni, che ero la diletta del Cantico dei Cantici e che quello che avveniva fra noi era lo stesso che avveniva nel giardino dell’Eden". Ripensandoci, B. dice di provare tuttora "attacchi di vomito". I rapporti vanno avanti per quindici anni. "Ero assolutamente incapace di una scelta libera e consapevole".
Anche D. A., oggi quarantenne, a un certo punto diventa la "diletta" dal "priore": "Avevo diciassette anni, è andata avanti finché mi sono sposata" ricorda. "Mi diceva che io avevo bisogno di affetto e che lui poteva darmelo. In nome di Gesù cominciò ad abbracciarmi...". Quando si fidanza, però, D. comincia a chiedersi "perché il priore impedisse a una coppia non sposata anche solo di parlare fra sé, quando con lui si potevano fare quelle cose". Ma il coraggio di parlare del suo passato lo trova solo nel 2004, incontrando alcune ex compagne di allora.
L. A., quarantaquattro anni, artigiano, una moglie e un figlio, è uno dei ragazzi prescelti dal sacerdote a far parte del futuro clero della "vera chiesa". "Prima di una partita di calcio - racconta - mi chiamò e mi disse che "quelli lassù" mi avevano prescelto per fare il sacerdote. Scoppiai in un pianto dirotto, ma il priore disse che se avessi rifiutato mi avrebbe cacciato per sempre dalla parrocchia". Che voleva anche deludere una famiglia legatissima al sacerdote: "Mio padre lo frequentava fin da piccolo, lui si era offerto di aiutarci. Decideva tutto per noi". Fino a farsi consegnare beni e denaro da usare, spiegava, "per costruire la futura chiesa. Alla nostra famiglia, diceva che avrebbe pensato Gesù". L. accetta di entrare in seminario. "Non avevo la forza per oppormi" racconta. La crisi esplode al terzo anno di teologia. Il "priore" lo accusa di essere "una pentola marcia", ma lui abbandona. E, fra mille difficoltà, si ricostruisce la vita.
* la Repubblica, 8 aprile 2007
Il parroco fiorentino, oggi 85 anni, è stato riconosciuto colpevole di abusi sessuali
nei confronti dei suoi giovani parrocchiani tra il 1973 e il 1987
Don Cantini "spretato"
su ordine di Benedetto XVI
Una prima "sentenza" nel 2005 fu considerata troppo debole e inefficiente
La richiesta dei fedeli di un supplemento d’indagine e dell’intervento diretto del Pontefice
ROMA - Il Papa, su proposta della Congregazione per la dottrina della fede, ha ridotto allo stato laicale don Lelio Cantini, il sacerdote di 85 anni ritenuto responsabile di abusi sessuali e psicologici negli anni 1973-1987 nella sua parrocchia fiorentina della Regina della Pace. Quattordici anni di abusi sessuali e ricatti e pressioni psicologiche che hanno trovato la forza di emergere solo nel 2004 quando le denunce delle stesse vittime hanno finalmente trovato ascolto.
"Abuso plurimo e aggravato nei confronti di minori, delitto di sollecitazione a rapporti sessuali compiuto nei confronti di più persone in occasione della Confessione, dell’abuso nell’esercizio della potestà ecclesiastica nella formazione delle coscienze": è questa la conclusione dell’istruttoria supplementare resa nota con una ’Notificazione’ diffusa in serata alla stampa dal cardinale Ennio Antonelli, amministratore apostolico della diocesi di Firenze che il 26 ottobre passerà la guida della Curia al nuovo arcivescovo monsignor Giuseppe Betori.
La sentenza pone la parola fine ad una vicenda che ha molto scosso la chiesa fiorentina e che è esplosa nell’aprile 2007, dopo che alcuni parrocchiani denunciarono di essere stati vittime di questi abusi tanto che la procura di Firenze aprì un’inchiesta.
Quella su cui oggi il Pontefice ha deciso è l’istruttoria bis condotta dalla Curia a carico del prete. "Sono emersi ulteriori riscontri destinati a dare nuove ripercussioni al caso" disse a settembre monsignor Charles Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, il "pubblico ministero" che per conto della Santa Sede ha vagliato per mesi il voluminoso fascicolo con le risultanze del supplemento di indagine imposto da Roma alla Curia fiorentina dopo le insistenze delle vittime, e affidata al padre carmelitano Francesco Romano.
Nel 2005 infatti l’allora cardinale Piovanelli aveva chiuso la vicenda con un semplice processo canonico amministrativo, al termine del quale, pur riconoscendo don Cantini colpevole di "delittuosi abusi sessuali, falso misticismo e dominio delle coscienze", aveva condannato l’anziano prete a pene minime, come il divieto di celebrare messa in pubblico per cinque anni e l’obbligo di recitare litanie alla Madonna. Una condanna leggera, che non teneva conto, ad esempio, del perverso meccanismo psicologico con cui don Cantini costringeva le sue vittime a commettere peccato. La parte più dolorosa della storia.
Di fronte alla cautela di Antonelli le vittime, che avevano già scritto più volte alla Santa Sede, si sono rivolte di nuovo alla Congregazione per la dottrina della fede chiedendo un supplemento di indagine. Nel riserbo più assoluto, padre Romano ha riascoltato le loro voci, ma anche per la prima volta quelle dei tanti che in qualche modo sono stati a conoscenza delle vicende della Regina della pace. E alla fine, il voluminoso dossier con i risultati è stato consegnato all’arcivescovo. Fino alla decisione del Pontefice.
Nella vicenda è stato chiamato in causa dalle vittime anche il vescovo ausiliare Claudio Maniago (proveniente e formatosi nella parrocchia della Regina della Pace) che è stato criticato da alcuni di loro per avere sottostimato il caso. Don Cantini dal dicembre scorso è ricoverato per motivi di salute al Convitto ecclesiastico a Firenze.
* la Repubblica, 12 ottobre 2008
Il caso Don Cantini Abusi, lettera al Papa: il silenzio di Betori e il ruolo di Maniago
Le vittime di don Lelio Cantini scrivono a Benedetto XVI e alla Congregazione per la dottrina della Fede: «Accertate le responsabilità di chi nella curia fiorentina ha coperto per anni l’ex parroco». Fa sempre discutere la riconferma di Maniago a vescovo ausiliario
di Osvaldo Sabato (l’Unità Firenze, 04.05.2010)
Il caso non è affatto chiuso. Per loro la vicenda di don Lelio Cantini è più viva che mai, specie di questi tempi con la Chiesa nella bufera per le denunce contro i preti pedofili. A Francesco, Andrea, Mariangela e tutte le altre vittime di don Lelio Cantini non basta la riduzione allo stato laicale dell’ex prete, parroco della parrocchia fiorentina della Regina della Pace, decisa da Benedetto XVI. Prima di mettere una pietra sopra a questa triste vicenda di ordinari abusi sessuali su minori fatti da don Cantini fra il ‘73 e l’87, le vittime vogliono andare fino in fondo e pretendono chiarezza sulle responsabilità di chi nella curia di Firenze ha coperto l’ex parroco.
Per loro sarà giustizia solo quando saranno riconosciute le responsabilità di tutti i protagonisti di questa storia. Ecco perché una decina di giorni fa hanno spedito una lettera al Vaticano, indirizzandola direttamente al Papa Benedetto XVI e alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Nelle due cartelle le vittime di don Cantini denunciano come non sia stata ancora fatta piena giustizia sulle coperture della curia per oltre trent’anni. Chi ha subìto le violenze di don Cantini si lamenta con l’attuale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori per il suo silenzio. «Per noi il caso non è chiuso, se non si fa chiarezza su tutto, per noi è ancora aperto» spiega Francesco.
Nel mirino c’è sempre il vescovo ausiliario Claudio Maniago, confermato anche da Betori nel suo incarico di vicario della curia, che di don Cantini fu figlioccio spirituale. Fu proprio a lui che nel 2004 si rivolsero le vittime di don Cantini per denunciare gli abusi sessuali consumati in parte nella canonica della parrocchia. Maniago fece finta di non sentire, anzi invitò le vittime a dimenticare. «Vogliamo che sia accertato il suo ruolo, quello della perpetua Rosanna Saveri, vogliamo sapere perché chi aveva saputo non aveva fatto poi niente» afferma Francesco. Anche l’ex arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli viene accusato per aver sottovalutato il caso quando era a capo della Curia.
«Non c’è mai stata la volontà di indagare seriamente su quanto succedeva in quella parrocchia» denuncia Francesco. «Don Cantini è stato messo a tacere, hanno punito solo lui» rilancia Mariangela, che in questa storia ci ha messo anche la faccia andando in televisione per raccontare quando don Cantini le chiedeva di spogliarsi dicendole di pensare alla Madonna.
Ora il Papa invita i vescovi a denunciare i preti pedofili alla magistratura. «Ma quando quattro anni fa era venuta fuori la nostra vicenda la Chiesa ci invitata a stare zitti» ribadisce Mariangela. Ora viene chiesto alle alte sfere del Vaticano di fare ulteriori indagini «vogliamo chiarezza piena sulle responsabilità di tutti quelli che potevano fare, ma non lo hanno fatto» dice Francesco, anticipando all’Unità alcuni passaggi della lettera spedita al Papa e alla Congregazione per la Dottrina della Fede. «Inoltre siamo perplessi per la riconferma di Maniago al suo incarico, decisa da Betori, come se niente fosse» aggiunge Francesco. A distanza di anni, infatti, ci sono ancora molti dettagli da capire. Intanto la linea della Curia resta sempre quella dell’attesa. Anche l’attuale parroco della Regina della Pace, don Paolo Milloschi, fa finta di niente tanto da invitare lo stesso Maniago ad inaugurare, prima di Pasqua, la settimana francescana proprio nella parrocchia dove si sono consumati gli abusi di don Cantini.
Nel frattempo le vittime dell’ex parroco della Regina della Pace, vogliono mettere di fronte alle loro responsabilità i piani alti della curia. «Vogliamo essere messi a confronto con con chi ha coperto don Cantini» insiste Francesco. «Da quando è arrivato Betori ci ha ignorato, mai un segnale di vicinanza» ricordano le vittime. «Non ci è mai venuto a cercare, per lui il caso è chiuso, ha avuto la condanna di don Cantini prima del suo arrivo a Firenze e ai preti che gli hanno chiesto un gesto lui ha sempre ritenuto chiuso l’argomento» conclude Francesco.
Il monito durante la cerimonia della lavanda dei piedi in San Giovanni che ricorda l’ultima cena di Gesù. Ratzinger lo aveva già detto nel 2005 negli ultimi giorni del pontificato di Wojtyla
Il Papa: "Vincere la sporcizia della propria vita
è possibile solo amando e servendo" *
ROMA - La prima cosa da imparare è l’amore, per vincere la "sporcizia della propria vita" ed imitare veramente Gesù. E questo vale soprattutto per i sacerdoti. Per la vigilia del venerdì della passione di Cristo, Benedetto XVI concentra il proprio messaggio sulla "sporcizia" nella Chiesa che può essere superata solo amando e servendo. Ratzinger lo dice e lo ripete, ripetendo il gesto di Gesù nell’ultima cena, mentre lava i piedi a dieci uomini, in San Giovanni in Laterano per la messa in Coena Domini nella quale la Chiesa ricorda l’ultima cena di Gesù con i discepoli, a Gerusalemme.
La "sporcizia" era stata al centro anche della riflessione del mattino in San Pietro quando Ratzinger ha ammonito che senza amore non si entra nel regno dei cieli e la veste bianca richiesta da Dio è la veste dell’amore verso Dio stesso e verso i fratelli. Gli abiti del sacerdote, poi, "sono una profonda espressione simbolica di ciò che il sacerdozio significa", del dover "parlare e agire in persona Christi". Ma proprio celebrando, osserva il Papa, "ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da lui, quanta sporcizia esiste nella nostra vita".
Davanti al Papa, sia nella messa del mattino che in quella del pomeriggio, è sfilato quasi tutto il collegio cardinalizio e una miriade di vescovi e sacerdoti. E’ a loro, quindi, che ha voluto ricordare il comandamento dell’amore, i rischi della caduta, della sporcizia, appunto. Un concetto che, pur molto forte e scomodo, Ratzinger deve sentire molto. Già nel 2005, durante le meditazioni della via crucis alla fine del pontificato di Wojtyla, disse: "Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui. Quanta superbia, quanta autosufficienza".
Un’autocritica coraggiosa che in quelle settimane di due anni fa ha ripetuto anche quando condannò la "dittatura del relativismo" nella missa pro eligendo pontifice in apertura di conclave. Stigmatizzò le "correnti ideologiche" che hanno agitato "la piccola barca dei cristiani": "marxismo, liberalismo, libertinismo, collettivismo, individualismo radicale, vago misticismo religioso, agnosticismo, sincretismo...". Non faceva sconti il cardinale bavarese. E forse proprio questa franchezza spinse molti, il giorno successivo, ad eleggerlo Papa.
La condanna della sporcizia nella Chiesa è una lettura spirituale, le cui ricadute sul modo di governarla di papa Ratznger si potranno valutare in tempi più lunghi degli attuali due anni di regno. Comunque il tema è presente costantemente alla sua riflessione, come dimostra l’omelia di questa mattina.
Per far rivivere anche drammaticamente l’amore di Gesù per i discepoli e invitare allo spirito di servizio, Benedetto XVI, nella cattedrale di Roma gremita di fedeli, ecclesiastici, membri del corpo diplomatico stasera ha dunque ripetuto la lavanda dei piedi a 12 uomini in rappresentanza dei gruppi laici della diocesi di Roma.
* la Repubblica, 5 aprile 2007
La dittatura della coscienza
di Umberto Galimberti (la Repubblica, 26 febbraio 2007)
C’è una parola magica che, quando si è in procinto di fare disastri o a disastri avvenuti, viene evocata per garantirsi l’impunità, quando non addirittura il rispetto anche da parte di chi non ne condivide le posizioni e soprattutto le conseguenze della azioni. Questa parola magica si chiama "coscienza". L’abbiamo sentita evocare da Fernando Rossi e da Franco Turigliatto, i due senatori che, con il loro voto, hanno determinato la caduta del governo Prodi. Alla "coscienza" e a quella sua variante che sono i "princìpi" era ricorso anche Clemente Mastella per giustificare la sua opposizione ai Dico. Alla "coscienza" ricorrono infine tutti quei medici che rifiutano l’interruzione di gravidanza anche nei casi consentiti dalla legge o la sospensione delle cure come nel caso Welby e in altri simili.
Ma cos’è questa "coscienza"? E’ la dittatura del principio della soggettività che non si fa carico di alcuna responsabilità collettiva e tanto meno delle conseguenze che ne derivano. Il medico che, in nome dell’"obbiezione di coscienza", rifiuta l’interruzione di gravidanza a chi nella miseria genera molti figli nella più assoluta indigenza, a chi resta incinta in età infantile, a chi porta in grembo feti affetti da malattie ereditarie, non si fa carico delle condizioni della madre e dell’infelicità futura dei nascituri, ma solo dell’osservanza dei suoi princìpi, che consente alla sua coscienza di sentirsi "a posto", proprio perché rimuove, nega, non vede o non vuol vedere le conseguenze della sua decisione.
Questo tipo di "coscienza" che non assume alcuna responsabilità sociale è una coscienza troppo ristretta, troppo angusta per poter essere eretta a principio della decisione. Se poi, alle sua spalle lavora l’obbedienza a princìpi che qualche autorità, come ad esempio la chiesa, pone come "vincolanti", allora si giunge a quell’autolimitazione della responsabilità che abbiamo conosciuto in epoca nazista, dove tutti, dalle più alte gerarchie ai semplici militari, si sentivano responsabili solo di fronte ai superiori ("Ho obbedito agli ordini") e non responsabili di fronte alle conseguenze delle loro azioni.
Se la dittatura della coscienza soggettiva, che in nome dei propri princìpi non si piega alla mediazione e non si fa carico delle domande sociali (come possono essere quelle delle coppie di fatto o dei malati terminali che chiedono l’interruzione delle cure) diventa principio inappellabile in politica, che è il luogo dove dovrebbe trovare compensazione il conflitto delle diverse posizioni, allora bisogna dire chiaro e forte che coloro che si attengono alla dittatura della coscienza non devono entrare in politica, perché la loro coscienza non prevede alcuna responsabilità collettiva, ma solo l’osservanza dei propri princìpi.
E questo vale tanto per i medici, la cui responsabilità oggi non è più solo tecnico-professionale ma anche sociale, quanto per i politici che, per il solo fatto di aver deciso di entrare in politica, non possono esonerarsi, in nome dei loro princìpi, di ascoltare le domande, le richieste, i desideri di coloro che li hanno eletti. Perché la politica è "mediazione", non "testimonianza". Per la testimonianza ci sono altre sedi, come ad esempio la condotta della propria vita.
Se si attiene unicamente ai propri princìpi, senza farsi carico delle mediazioni e soprattutto delle conseguenze delle proprie azioni, una simile coscienza, che limita a tal punto il "principio di responsabilità collettiva e sociale", è troppo ristretta e troppo angusta per diventare il punto di riferimento della decisione politica, che per sua natura deve farsi carico della mediazione e delle conseguenze delle sue risoluzioni. Per cui la dittatura della soggettività è in ogni suo aspetto incompatibile con l’agire politico, e non salva neppure l’anima perché, come ci ricorda Kant: "La morale è fatta per l’uomo, non l’uomo per la morale". E questo monito vale anche, e forse a maggior ragione, per l’ideologia.
Un’orribile piaga...
FAR LUCE SULLA PEDOFILIA E’ UN DOVERE DI GIUSTIZIA
di Umberto P. Lenzi in collaborazione con Fausto Marinetti
Dal sito http://www.chiesaincammino.org riprendiamo questo importante contributo di Umberto P. Lenzi e Fausto Marinetti
25 Gennaio 2007
Le vittime della pedofilia o efebofilìa, spesso, non vogliono mettere in pubblico le loro dolorose esperienze, specialmente se l’aggressore è anziano, stimato, si è pentito e ha fatto ammenda. E’ evidente che queste persone sono condizionate da una serie di sentimenti repressivi: vergogna, pudore, sensi di colpa, paura, condizionamenti, minacce. Tutto ciò è comprensibile, ma non giustificabile.
Un atteggiamento di “buona intenzione”, se da una parte può essere apprezzabile e, se si vuole, anche caritatevole, dall’altra, è però contrario alla verità e alla giustizia. La vittima e chiunque sia a conoscenza dei fatti, è tenuto in coscienza e, in molti paesi anche per legge, a denunciare il crimine anche per proteggere future vittime. Il cancro non si cura nascondendolo, ma analizzandone meticolosamente le cause e la gravità dell’espansione, mettendo in atto tutto ciò che è necessario al fine di sradicarlo e prevenirlo.
Tutti devono rendersi conto che l’omertà in questa materia grida vendetta al cospetto di Dio ed esige la più rigorosa giustizia di fronte alla società, il “popolo di Dio” e gli “innocenti”, che sono i più indifesi e vulnerabili.
Se si vuole veramente vivere in pace con se stessi e con gli altri, bisogna fare opera di riconciliazione e di giustizia, facendo emergere le cause e ricercando le circostanze che portano, favoriscono, o inducono a questi abusi, affinché si possano applicare misure adeguate per prevenire simili tragedie.
Coprire, occultare, non denunciare il violentatore è, dunque, una carità illusoria ed erronea. Non si può nascondere e seppellire nel silenzio questa grave offesa, la quale prima ancora di essere peccato, è un crimine e, come ogni delitto, deve essere affrontato e risolto in sede civile. La carità senza la giustizia è ingannevole, perché se non denunci ti fai complice di altri possibili reati, quindi la tua carità diventa complicità, perché provoca danni irreparabili.
Quasi tutte le vittime (in particolare negli USA, come evidenziato nel documentario “Hand of God” di Joe Cultrera sul caso di suo fratello Paul) hanno fatto uno sforzo coraggioso nel denunciare e richiamare la pubblica attenzione su queste miserie; hanno capito che, se non avessero rivelato il “cancro” da cui erano state contagiate, le autorità ecclesiastiche avrebbero continuato a nascondere tutto con il pretesto di tutelare la reputazione della Chiesa ed evitare il costo di liti e condanne civili. A spese di chi? Di tante altre vittime innocenti.
Pertanto è un dovere morale, un obbligo di coscienza, denunciare l’accaduto, non per infierire sul colpevole, che del resto in tanti casi, è solo parzialmente colpevole, ma per prevenire il perpetuarsi di questi crimini.
In base a studi approfonditi, statistiche accurate e ricerche scientifiche (vedasi in calce l’abbondante bibliografia) si possono affermare tre tesi:
1- La efebofilìa (termine scientifico per riferirsi a relazioni sessuali con adolescenti; la pedofilia si riferisce a quelle con pre-adolescenti) è una caratteristica, che si riscontra, in modo particolare, nei casi riguardanti il clero cattolico. La maggior parte delle vittime risultano essere chierichetti.
2- La percentuale degli abusi nel clero e nei religiosi/e è proporzionalmente molto più alta di quella riscontrata nella società civile in generale. Da qui si deduce, che ci sono circostanze e condizioni associate allo stato clericale/religioso, come, per esempio, il reclutamento di minorenni ed il celibato obbligatorio, che favoriscono, se non proprio causano, queste aberrazioni.
3- Psicoanalisti e psicologi hanno riscontrato che i preti pedofili sono, per la maggior parte, persone “sessualmente immature” e psicologicamente malate, essendo rimaste bloccate in tenera età nella trappola del narcisismo sessuale, distorsione dei sentimenti e deviazione delle pulsioni. Questo risulta evidente specialmente in coloro che sono entrati in seminario in tenera età.
È anche doveroso segnalare che l’autorità cattolica, non avendo sottoscritto la “carta” dell’UNESCO ed ignorando gli articoli riguardanti il proselitismo di minorenni, continua, magari con le migliori intenzioni, a violare i diritti umani e a favorire queste perversioni.
Negli USA i Vescovi lo hanno finalmente capito, certamente anche in conseguenza dell’alto costo di litigi e risarcimento di danni, e non ammettono più minorenni nei seminari; ma nel resto del mondo, specialmente nei paesi in via di sviluppo o in regioni di forte tradizione cattolica, il reclutamento di minorenni per i seminari e gli istituti religiosi è ancora in vigore.
In nome delle vittime di ieri, di oggi, e, per prevenire quelle di domani, scongiuriamo chi di dovere (autorità civili e religiose) a mettere fine a tutto ciò che può essere “occasione” di questa orribile piaga.
Se veramente e sinceramente ci teniamo alla riconciliazione, giustizia e riparazione non possiamo in nessun modo renderci corresponsabili di questo scandalo ed ingiuria agli “innocenti” ed incorrere nella “maledizione” pronunciata da Gesù stesso: “... guai a chi scandalizza uno di questi piccoli, sarebbe meglio per lui mettersi una macina di mulino al collo ed essere ingoiato dal mare” (Mt 18,6).
Si auspica inoltre che sia rivista la norma del celibato "OBBLIGATORIO" per il clero di rito latino, anche perché, in base a studi e ricerche, è ritenuto, a volte direttamente, ma sempre indirettamente, una delle cause della deviazione, in età evolutiva, delle pulsioni dei candidati. Impreparati, inibiti ed incapaci di gestire la propria sessualità, si rendono colpevoli di abusi e soprusi sessuali non sempre soggetti alla legge civile, ma nondimeno malefici, ingiusti e dannosi alle persone coinvolte, come nei casi di suore abusate, relazioni clandestine, aborti segreti, e prole abbandonata.
Non si può puntare impunemente il dito contro i singoli individui, le cause vanno ricercate a monte nei metodi di reclutamento e nei sistemi educativi, che non sono consoni alle esigenze della natura umana e le circostanze sociali odierne.
Bibliografia:
"Interview with Frederick S. Berlin," United States Conference of Catholic Bishops, 1997-SEP-8, at: http://www.nccbuscc.org/comm/kit6.htm
Philip Jenkins, "Pedophiles and Priests: Anatomy of a contemporary crisis," Oxford University Press, (2001). Read reviews or order this book (http://www.amazon.com/exec/obidos/ISBN=0195145976/ontarioconsultanA/ )
Robyn Suriano, "Pedophilia: Psychologists struggle to treat it without fully understanding its causes." Published in the Seattle Times, 2002-APR-28.
A. W. Richard Sipe, "Sex, Priests and Power: Anatomy of a Crisis," Brunner/Mazel, (1995). Read reviews or order this book (http://www.amazon.com/exec/obidos/ISBN=0876307691/ontarioconsultanA/ )
Ann Coulter, "Should gay priest [sic] adopt?," TownHall.com at: http://www.townhall.com/columnists/anncoulter/ac20020322.shtml
William H. Reid, The Psychiatric Times, 1988-APR-24. Quoted in: A. W. Richard Sipe, "Sex, Priests and Power: Anatomy of a Crisis," Brunner/Mazel, (1995).
Thomas C. Fox, "Sex and power issues expand clergy-lay rift," National Catholic Reporter, 1992-NOV-13, Pages 17 to 19.
Joe Fitzgerald, "Priest fears gays in ranks pose threat to Church," Boston Herald, 2002-MAR-6, at: http://www2.bostonherald.com/news/columnists/fitz03062002.htm
Father Donald Cozzens, "The Changing Face of the Priesthood," quoted in "Meet the Press transcript," ’ ABC News’ Meet the Press, 2002-MAR-31, at: http://www.msnbc.com/news/731454.asp
Bill Blakemore, "Crisis in the Church: Is celibacy to blame?," ABC Newsat: http://abcnews.go.com/sections/community/DailyNews/chat_blakemore020404.html
Barbara Walters, "Priests with AIDS: Crisis within [sic] Catholic church," 20/20, at: http://abcnews.go.com/sections/2020/2020/2020Friday_010105_priestswaids_feature.html
"200 priests investigated for sexual abuses in Philippines," Agence France-Presse, 2002-JUL-9 at: http://sg.news.yahoo.com/020709/1/30cew.html
Charol Shakeshaft, "Educator Sexual Misconduct: A Synthesis of Existing Literature," U.S. Department of Education, 2004-JUN, at: http://www.ed.gov/rschstat/research/pubs/misconductreview/index.html
“The bingo report” by Louise Haggett, 2005. Mandatory celibacy linked to clergy sexual abuse! Center for the Study of Religious Issues (CSRI) http://www.rentapriest.com/
Preti pedofili
Tutti i dati sui preti pedofili degli USA
Un data-base con oltre 2900 nomi e con tutti i dati disponibili (capi d’accusa, sentenze, rassegna stampa, foto, vittime) *
Negli Stati Uniti esiste un sito che ha raccolto tutti i dati sui preti pedofili statunitensi. Si tratta di un data base imponente, con oltre 2900 nomi divisi consultabili per nomi, diocesi di appartenenenza, stati di residenza. Solo poche diocesi sono risultate immune da casi di pedofilia con una media di una cinquantina di preti pedofili per diocesi, con punte di oltre trecento in stati come il Massachusset (Boston). Non pochi casi isolati, dunque, poche mele marce tolte le quali le altre si salvano. Sono dati su cui riflettere e che ci spingono a fare altrettanto anche nel nostro paese nel quale il fenomeno sembra marginale anche se negli ultimi anni, forse anche sulla scia delle notizie provenienti dagli USA, ci sono sempre più persone che riescono a trovare il coraggio di denunciare ciò che hanno subito. Sono così già diverse decine i casi di pedofilia italiani che crediamo siano solo la punta dell’iceberg di una realtà ben più complessa su cui sarebbe criminale non indagare.
Ecco di seguito il link al data base:
http://app.bishop-accountability.org/member/index.jsp
Di seguito invece alla pagina principale del sito che fornisce anche altre informazioni
http://app.bishop-accountability.org/
Entrambi i siti sono in inglese
* www.ildialogo.org, Venerdì, 19 gennaio 2007
Pedofilia
Chi ha subito abusi dai prelati in USA può citare per danni il Vaticano.
http://www.rainews24.rai.it/Notizia.asp?NewsID=66586
Pedofilia. Chi ha subito abusi dai prelati in USA può citare per danni il Vaticano.
New York, 11 gennaio 2007
Lo Stato della citta’ del Vaticano e’ responsabile finanziariamente degli abusi sessuali fatti in passato dal clero della chiesa romana negli Stati Uniti. Le vittime di molestie sessuali da parte del clero possono rivalersi sul Vaticano per i danni subiti da parte di preti dell’arcidiocesi di Louisville: lo ha deciso un giudice federale del Kentucky.
L’azione legale presentata da tre uomini presso il tribunale di Louisville accusava le autorita’ ecclesiastiche di non aver denunciato i casi di abuso di cui erano venuti a conoscenza. Il giudice ha autorizzato i tre uomini a rivolgersi a Roma per danni. I tre avevano sostenuto che il Vaticano sapeva o sospettava che alcuni preti e vescovi erano molestatori ma non aveva messo in guardia il pubblico o le autorita’ locali.
Dal: "Corriere della Sera"
Pedofilia: Usa, vittime abusi dei preti possono fare causa al Vaticano
NEW YORK - I bambini che hanno subito molestie sessuali da parte dei preti cattolici di Louisville, negli Stati Uniti, potranno fare causa al Vaticano. Lo ha stabilito oggi un giudice federale del Kentucky. Tre uomini avevano infatti presentato un’azione legale presso il tribunale della citta’ americana, accusando le autorita’ ecclesiastiche di non aver denunciato i casi di abuso di cui erano venuti a conoscenza, e sostenendo anche che il Vaticano sapesse - o sospettasse - che alcuni preti fossero molestatori, senza tuttavia avvertire le autorita’ locali. Il giudice ha autorizzato i tre uomini a rivolgersi alla Santa Sede per danni.
* www.ildialogo.org, Venerdì, 12 gennaio 2007
Scandalo pedofilia in Messico. Il card. Rivera Carrera accusato di omertà
di Agenzia ADISTA n. 1 6-1-2007 *
33690. CITTÀ DEL MESSICO-ADISTA. "Dimenticherete presto quello che il padre Nicolás Aguilar Rivera vi ha fatto. D’un tratto, non vi ricorderete più. Dovete saperlo perdonare. Il padre è un uomo malato". È con questa frase che il card. Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di Città del Messico, avrebbe tentato di convincere le vittime del parroco pedofilo Nicolás Aguilar, responsabile di abusi sessuali - e non solo in Messico, ma anche in California - nei confronti di più di sessanta bambini, a tacere e a non denunciarlo, secondo quanto riporta la giornalista messicana Sanjuana Martínez, nel libro "Manto Purpura", in circolazione in Messico da alcune settimane, che raccoglie le testimonianze di diverse vittime.
Mentre il Vaticano, come ha annunciato il vescovo di Tehuacán mons. Rodrigo Aguilar, ha intrapreso un’inchiesta sul prete messicano al fine di ridurlo allo stato laicale, numerose testimonianze ora accusano il cardinale Rivera Carrera di aver "protetto il suo subordinato, anziché i bambini", come ha affermato Sergio Sánchez Merino, una delle quattro vittime - su sessanta - che hanno deciso di denunciare il prete tra il 1997 e il 1998.
Il 16 novembre scorso è giunta a Carrera, dalla Corte superiore della California, una denuncia per la protezione del prete pedofilo da parte di un testimone appoggiato dalla statunitense "Rete di Sopravvissuti delle vittime di Abusi sessuali di preti" (Snap). Una prima denuncia era arrivata da un’altra vittima, Joaquín Aguilar, mentre in questa occasione il testimone è protetto ed il fascicolo è intitolato convenzionalmente "John Does 100". Erick Barragán, portavoce della Snap, ha informato che nella denuncia si parla di dodici capi d’accusa contro Rivera (tra i quali negligenza, cospirazione civile, danni emotivi intenzionali), cinque contro l’arcivescovo di Los Angeles card. Roger Mahony e sei contro il prete pedofilo. Mahony ha immediatamente replicato affermando che Rivera Carrera, inviandogli il prete nel 1987, gli aveva nascosto i trascorsi pedofili di questo.
Nel 1997 il porporato aveva già lasciato la diocesi di Tehuacán, in cui era insediato il sacerdote (ne era stato pastore dal 1985 al 1995), ma manteneva stretti contatti con la sua diocesi, tanto da aver personalmente ricevuto le vittime. "Per lui era facile dire che lo avremmo dimenticato. Ci disse che ci avrebbero offerto una terapia, che ci avrebbero mandato uno psicologo. Bugie! L’aiuto non è mai arrivato", racconta Sergio Sánchez.
La pedofilia di Nicolás Aguilar Rivera era nota a tutti. Già negli anni ’80, parroco a Tehuacán, cominciarono a diffondersi sui media notizie riguardanti denunce nei suoi confronti. Rivera Carrera non fu l’unico a coprire il prete pedofilo: anche il vescovo di Puebla, mons. Rodendo Huesca Pacheco, era al corrente della situazione. Il prete si rese anche responsabile di abusi verso 26 bambini a Los Angeles, in California; nel 1989 tornò nuovamente in Messico, dove venne "protetto" per alcuni mesi in una clinica, ma al termine della terapia viene nuovamente restituito al suo ministero, addirittura incaricato della preparazione dei bambini - una sessantina - alla prima comunione. Sergio Sánchez ricorda di come al termine delle lezioni il prete chiedesse sempre a uno dei bambini di fermarsi per un "ripasso", abusandone e facendo ricorso, per garantirsi il suo silenzio, a ricatti e minacce. Quando si diffuse la voce di questi abusi, le famiglie dei bambini cercarono il prete per linciarlo, ma questi fu preavvertito dalle autorità e riuscì a salvarsi. Nel 1998 venne celebrato il processo, che si concluse con la condanna ad un anno di reclusione per "oltraggio al pudore". Ma in carcere non ci mise piede, perché gli venne concessa la libertà condizionale. Alla fine, gli venne persino dato un riconoscimento ufficiale di buona condotta.
La Conferenza episcopale messicana si è mobilitata nel difendere il card. Rivera Carrera dalle accuse di protezione del prete pedofilo. In prima linea, il portavoce dell’arcivescovado, Hugo Valdemar, che ha affermato, in un dibattito radiofonico prima, e in una conferenza stampa poi, di essere in possesso delle prove che scagionerebbero Rivera dalle accuse contenute nel libro della Martínez: ha mostrato infatti documenti, pubblicazioni e fotografie che dimostrerebbero che il cardinale, alla data in cui avrebbe avuto il presunto colloquio con le vittime, nell’autunno del 1997, si trovava in realtà a Roma per partecipare al Sinodo dei vescovi per l’America. Ha detto quindi di aver suggerito al cardinale di denunciare la giornalista messicana per calunnia e diffamazione, ma il cardinale avrebbe rifiutato. "Ho dimostrato - ha aggiunto - che nulla corrisponde al vero e che sono stati usati testimoni falsi". "In ogni caso il cardinale non è tenuto a rispondere ad un tribunale straniero. In Messico abbiamo il nostro sistema di giustizia". Valdemar ha poi chiesto alla giornalista, autrice del libro, di "chiedere perdono al cardinale" e di ritirare il libro dal mercato. Il portavoce dell’arcivescovado chiede che "la casa editrice sia sensibile a questa richiesta e ritiri questo libro che sta diffondendo" e che "chieda perdono al pubblico che ha ingannato con tutte le sue bugie".
La Martínez, nel frattempo, ha informato di essere stata oggetto, negli ultimi tempi, di minacce di morte e pedinamenti. "Le democrazie - ha detto alla France Press - si misurano per la protezione dei propri giornalisti; ora la Chiesa cattolica ha intrapreso la strada facile di cercare di uccidere chi porta un messaggio, quando il problema non è il mio libro, ma i delitti commessi da alcuni sacerdoti e l’impunità che regna in questo Paese". "Ritengo Norberto Rivera - ha aggiunto - responsabile di ciò che può accadere a me e alla mia famiglia, non sono un’eroina ma faccio solo il mio lavoro".
Rivera Carrera, da parte sua, il 15 dicembre ha sollecitato la Procura generale di Giustizia del Distretto federale affinché gli vengano notificati i casi di abusi sessuali commessi da preti dell’arcidiocesi, "per collaborare con le autorità e perché si sappia che non vi sarà impunità". Qualche giorno prima aveva dichiarato: "Difenderò i bambini prima di qualsiasi altra persona". (ludovica eugenio)
* www.ildialogo.org, Giovedì, 11 gennaio 2007
2000: documento dei vescovi francesi *
“lottare contro la pedofilia”
Riprendiamo dal sito www.chiesaincammino.org questo documento dei vescovi francesi contro la pedofilia
A seguito della gentile autorizzazione della Redazione de “Il Regno”, riproduciamo dal n. 13/2002 dell’autorevole rivista bolognese il documento dei Vescovi francesi “Lottare contro la pedofilia”.
I vescovi francesi consegnano questo documento agli educatori.
L’educazione dei bambini e dei giovani si basa sulla fiducia.
Questa fiducia è tradita dagli atti di pedofilia, che destabilizzano profondamente le vittime e, inoltre, tutta la nostra società.
Abbiamo assunto questo impegno a Lourdes nel novembre 2000: vogliamo contribuire a rompere il silenzio che circonda questi atti.
Qui offriamo dei riferimenti per l’educazione affettiva e sessuale dei bambini e dei giovani oggi.
Queste pagine sono scritte alla luce del Vangelo.
A tutti gli educatori assicuriamo il nostro sostegno, esprimendo loro la nostra stima e la nostra fiducia.
(Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux,
Presidente della Conferenza episcopale francese)
* Per la lettura del doc., cfr.: www.ildialogo.org, 17.01.2007
Preti pedofili
Stati Uniti: La diocesi di San Diego in California rischia il fallimento per gli abusi dei sacerdoti
Fonte: Radio Vaticana *
SAN DIEGO, 23feb07 - La diocesi statunitense di San Diego, in California, ha chiesto una protezione giuridica di fronte alla eventualità che venga dichiarata fallita. La diocesi, infatti, è coinvolta in 143 cause per abusi su minori da parte di propri sacerdoti. In caso di riconosciuta colpevolezza, la diocesi sarà chiamata a rifondere danni per svariati milioni di dollari, rischiando quindi il fallimento. Nella prossima settimana comincia l’esame delle prime cause e, in forza del Codice sui fallimenti (Federal Bankrupcy Code), la diocesi può intraprendere la via delle risoluzioni extragiudiziali delle singole cause. Tale via accorcierebbe i tempi per una risoluzione, con conseguenti risparmi sulle spese procedurali. La diocesi di San Diego è la quinta negli Stati Uniti che chiede di avvalersi di questa particolare protezione giuridica.
(Apic - MANCINI)
* www.ildialogo.org, Sabato, 24 febbraio 2007
Preti pedofili
Il Senato messicano si attribuisce la facoltà di inabilitare sacerdoti
E la chiesa Cattolica grida alla violazione della libertà religiosa
di Sergio Grande *
Cosa c’è di religioso nella pedofilia dei preti? Assolutamente nulla. Nessuno, credevamo fino ad oggi, potrebbe mai associare la pedofilia dei preti con l’esercizio della libertà religiosa. Eppure è successo in Messico. Secondo la notizia dell’Agenzia Zenit che di seguito riportiamo, il Senato messicano si è attribuito la facoltà di "inabilitare sacerdoti", quelli che hanno commesso il reato di pedofilia. Ebbene a questo provvedimento sta facendo opposizione la chiesa cattolica messicana seconda la quale la legge approvata comporterebbe "l’intervento delle autorità in affari interni delle associazioni religiose".
Ora come si fa a definire la pedofilia dei preti un "affare interno delle associazioni religiose"?
Ma i vescovi messicani fanno di più, rivendicano il "carattere religioso" dei preti, anche se hanno commesso reati mostruosi.
Questa sarebbe la "tolleranza zero" predicata dallo stesso Ratzinger?
Questa posizione della chiesa cattolica messicana non fa altro che confermare come la questione della pedofilia è qualcosa di molto profondo e radicato nella gerarchia ecclesiastica che essa vuole difendere a tutti i costi, anche a quello di cadere in posizioni che definire obbrobbriose è dir poco.
Quando si violenta un bambino si commette un crimine orribile e chiunque lo fa non deve trovare alcuna compiacenza o copertura, sopratutto da parte di organizzazioni religiose. Non si tratta di panni sporchi da lavare in famiglia, nel silenzio e procurando ancora più violenza alle piccole vittime. Le organizzazioni che ragionano così ben poco hanno non solo di religioso ma anche di semplicemente umano.
http://www.zenit.org/italian/visualizza.php?sid=10864
Data pubblicazione: 2007-02-26
Il Senato messicano si attribuisce la facoltà di inabilitare sacerdoti Violazione della libertà religiosa
CITTA’ DEL MESSICO, lunedì, 26 febbraio 2007 (ZENIT.org).- Attraverso un comunicato stampa, la Conferenza dell’Episcopato Messicano (CEM) ha reso noto questo mercoledì il suo atteggiamento circa i recenti pronunciamenti del Senato messicano sul castigo che si deve infliggere ai sacerdoti che abusano di minori.
In concreto, la CEM ha denunciato che la riforma approvata dai senatori, che permette l’inabilitazione dei sacerdoti pederasti, non solo presenta “errori e lacune” molto gravi, ma entra in conflitto in modo diretto con la Legge delle Associazioni Religiose e del Culto Pubblico che governa le Chiese nel Paese.
Nella riforma in questione, il Senato della Repubblica ha approvato questioni riferite allo sfruttamento sessuale infantile, riservando alle leggi civili l’inabilitazione dall’esercizio sacerdotale di quanti si presume abbiano abusato di minori.
Per la CEM, queste disposizioni entrano in contraddizione con la Legge delle Associazioni Religiose e del Culto Pubblico, intervenendo in affari interni delle Chiese attraverso procedure civili.
La normativa vigente proibisce l’intervento delle autorità in affari interni delle associazioni religiose, come nominare o inabilitare i ministri di culto, avverte il comunicato della CEM.
“Il loro carattere religioso e l’esercizio del loro ministero è una questione che resta nelle mani dell’istituzione religiosa alla quale appartengono, e spetta a questa istituzione religiosa occuparsi dell’inabilitazione, del ritiro o della fine del ministero che svolgono”, ha segnalato la Conferenza dei Vescovi messicani.
La CEM ha riferito che secondo le leggi ecclesiastiche, nel caso di responsabilità di un religioso in una condotta delittuosa, concretamente nel caso della pederastia, l’interessato viene sospeso in modo immediato, oltre a subire un processo interno, che si può concludere con la sospensione definitiva dal ministero.
“E’ molto importante che nelle nostre leggi non ci sia luogo per lacune o errori”, riferisce il testo: spetta solo alla Chiesa, e non a un giudice, come si stabilisce nella riforma legislativa, inabilitare o porre fine al ministero di quei sacerdoti che sono accusati di violenza o abuso di minori, conclude il comunicato della CEM.
* www.ildialogo.org, Martedì, 27 febbraio 2007
VATICANO "Doverosa obiezione di coscienza di medici e politici" *
CITTA’ DEL VATICANO. È necessaria una mobilitazione e che si estenda anche a livello politico in difesa della vita umana. È quanto si legge nella dichiarazione finale della XIII Assemblea della Pontificia accademia per la vita diffusa oggi dalla Sala Stampa vaticana.
Recita il documento: è doverosa una «coraggiosa obiezione di coscienza, da parte di medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo,giudici e parlamentari, ed altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale, laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo»: lo sostiene la Pontificia Accademia per la Vita, nella dichiarazione finale dell’Assemblea generale.
«Le esigenze specifiche della coscienza cristiana - afferma nella dichiarazione - trovano il loro banco di prova nell’applicazione alle professioni sanitarie, allorquando si trovino di fronte al dovere di proteggere la vita umana e di fronte al rischio di trovarsi in situazioni di cooperazione al male nell’applicazione dei doveri professionali».
«Ma, allo stesso tempo - rileva la Pontificia Accademia per la Vita - va anche messo in rilievo come il ricorso all’obiezione di coscienza avvenga, oggi, in un contesto culturale di tolleranza ideologica, che talvolta, paradossalmente, tende a non favorire l’accettazione dell’esercizio di questo diritto, in quanto elemento ’destabilizzantè del quietismo delle coscienze».
«Naturalmente - conclude la dichiarazione - sussiste il dovere di opporre la stessa obiezione di coscienza di fronte ad ogni intervento medico o di ricerca che preveda la distruzione di vite umane».
* La Stampa, 16/3/2007 (14:17)
«Obiezione di coscienza per la difesa della vita»
Nel documento diffuso ieri la Pontificia Accademia per la vita richiamando il Concilio sottolinea che il credente deve innanzitutto obbedire alla voce della legge che Dio ha scritto nel suo cuore
Di Andrea Galli (Avvenire, 17.03.2007)
Si intitolava «La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita» il congresso internazionale tenutosi lo scorso 23 e 24 febbraio nell’Aula nuova del Sinodo, in Vaticano, organizzato dalla Pontificia Accademia per la vita. Un simposio alla presenza di studiosi provenienti dai cinque continenti - dall’Australia al Cile, dagli Stati Uniti alla Polonia - e conclusosi con l’udienza papale. Tema del confronto, appunto, la coscienza, ossia l’importanza e le modalità di una sua retta formazione per affrontare i nuovi nodi bioetici. Coscienza che può voler dire, all’occorrenza, anche obiezione di coscienza. Questo, come ricordato dal presidente della Accademia pro vita, monsignor Elio Sgreccia, per quanto riguarda «l’estensione dell’aborto, in ospedale e con intervento chirurgico, all’aborto chimico: pillola del giorno dopo e Ru 486, e in altre forme con intercettivi: adesivi, strumenti meccanici o vaccini». Ma anche per «l’eutanasia, la sperimentazione sugli embrioni, la partecipazione alla procreazione artificiale, i tentativi di clonazione, la produzione di cellule staminali embrionali con conseguenti soppressioni degli embrioni, senza dire dell’uso selettivo della diagnosi preimpiantatoria e, in molti casi, della stessa diagnosi prenatale e, più globalmente, fuori dell’ambito sanitario, nell’elaborazione dei meccanismi che provocano ingiustizie sociali ed economiche che producono armi di distruzione, miseria, e morte in tanti Paesi ingiustamente sfruttati o dominati». Di grande impatto e profondità il discorso rivolto da Benedetto XVI ai convegnisti. Il Papa, dopo aver denunciato i crescenti attentati alla vita e alla dignità umana - le «sempre più forti pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi dell’America Latina e nei Paesi in via di sviluppo», le «discutibili forme di tolleranza» promosse dalla società secolarizzata, la «nuova ondata di eugenetica discriminatoria», la «promozione di leggi per legalizzare l’eutanasia», «le spinte per la legalizzazi one di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale» - ha ricordato anche che «la formazione di una coscienza vera, perché fondata sulla verità, e retta, perché determinata a seguirne i dettami, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi, è oggi un’impresa difficile e delicata, ma imprescindibile».
Pubblichiamo il testo integrale della Dichiarazione finale della XIII Assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita.
1. Nei giorni 23 e 24 febbraio scorsi, la Pontificia Accademia per la vita, in occasione della sua XIII Assemblea generale, ha organizzato un Congresso internazionale, tenutosi in Vaticano, che ha sviluppato un’approfondita riflessione sul tema: «La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita». Il Congresso ha registrato la presenza dei membri della Pav e di altri studiosi di nota fama provenienti da diversi Paesi, oltre ad un numeroso pubblico (circa 420 presenze) dai cinque continenti.
A conclusione dei lavori, sulla scorta di quanto emerso dalle relazioni proposte e da un vivace e costruttivo dibattito in assemblea, la Pontificia Accademia per la vita desidera offrire alla riflessione della comunità ecclesiale, alla comunità civile e ad ogni persona di buona volontà le seguenti considerazioni.
2. «Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore... L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore; obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato» (Gaudium et spes 16).
Agendo dunque in fedele obbedienza ai giudizi della propria coscienza morale, che rettamente cerca il bene e costantemente si nutre della verità conosciuta, ogni persona esprime e realizza in profondità la sua dignità umana, edificando se stesso e la comunità intera mediante le proprie scelte consapevoli e libere.
3. Perché l’uomo possa essere guidato dai giudizi della sua coscienza morale ad agire sempre per realizzare il bene nella verità, è necessario che egli ne curi con ogni impegno la formazione continua, nutrendola con quei valori che corrispondono alla dignità della persona umana, alla giustizia e al bene comune, come ha ricordato il Santo Padre nel suo discorso alla Pontificia Accademia per la vita: «La formazione di una coscienza vera, perché fondata sulla verità, e retta, perché determinata a seguirne i dettami, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi, è oggi un’impresa difficile e delicata, ma imprescindibile» (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla XIII Assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita, 24/2/2007).
La coscienza del cristiano, in particolare, è illuminata pienamente nella sua ricerca del bene dall’incontro costante con la Parola di Dio, compresa e vissuta nella comunità cristiana, secondo gli insegnamenti del Magistero.
4. Questa esigenza di continua formazione ed approfondimento della coscienza, si rende oggi del tutto evidente di fronte all’emergenza di tante problematiche culturali e sociali che toccano il diritto alla vita nell’ambito della famiglia, nell’assunzione dei compiti propri dell’essere coniugi e genitori, nelle professioni sanitarie e nei compiti politici.
In maniera sempre più necessaria ed urgente, la coscienza cristiana, assumendo gli autentici valori umani, a cominciare da quello fondamentale del rispetto della vita, nella sua esistenza fisica e nella sua dignità, ha il compito di considerare tali problemi, alla luce della ragione illuminata dalla fede, nell’elaborazione dei giudizi sul valore morale dei propri atti.
5. Inoltre, non possono essere taciute le numerose difficoltà che la coscienza cristiana dei credenti incontra oggi nei suoi giudizi e nel suo percorso formativo, a causa del contesto culturale in cui si trova immersa la vita dei credenti, un contesto in cui si sperimenta la crisi di «autorità», la perdita della fede e spesso una tendenza a rifugiarsi in forme di razionalismo estremo.
Altra coordinata che mette alla prova la coscienza cristiana, oltre quella culturale, è costituita dalle norme giuridiche vigenti, sia quelle codificate sia quelle definite dai tribunali e dalle sentenze dei tribunali, che, in misura crescente e sotto una forte pressione di gruppi coalizzati e influenti, hanno aperto e stanno aprendo la breccia rovinosa delle depenalizzazioni: si prevedono eccezioni al diritto individuale alla vita, si vanno legittimando sempre più diversi attentati contro la vita umana, finendo di fatto per disconoscere che la vita è il fondamento di ogni altro diritto della persona, e che il rispetto dovuto alla dignità di ogni essere umano è il fondamento della libertà e della responsabilità. A questo proposito, Benedetto XVI ha ricordato che «il cristiano è chiamato a mobilitarsi per fare fronte ai molteplici attacchi a cui è esposto il diritto alla vita» (Benedetto XVI, ibid).
6. Le esigenze specifiche della coscienza cristiana trovano il loro banco di prova nell’applicazione alle professioni sanitarie, allorquando si trovino di fronte al dovere di proteggere la vita umana e di fronte al rischio di trovarsi in situazioni di cooperazione al male nell’applicazione dei doveri professionali.
In questa situazione, acquista maggiore rilievo l’esercizio doveroso, di una «coraggiosa obiezione di coscienza», da parte di medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo, giudici e parlamentari, ed altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale, laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo.
Ma, allo stesso tempo, va anche messo in rilievo come il ricorso all’obiezione di cosci enza avvenga, oggi, in un contesto culturale di tolleranza ideologica, che talvolta, paradossalmente, tende a non favorire l’accettazione dell’esercizio di questo diritto, in quanto elemento «destabilizzante» del quietismo delle coscienze. Desideriamo sottolineare come, in particolare per le professioni sanitarie, sia difficile l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza, dal momento che questo diritto viene generalmente riconosciuto solo alle singole persone, e non alle strutture ospedaliere o associazioni.
Nel campo della prassi medica, una menzione specifica merita il caso della «contraccezione di emergenza» (in genere realizzata mediante ritrovati chimici), ricordando innanzitutto la responsabilità morale di coloro che ne rendono possibile l’uso ai vari livelli e l’esigenza di ricorrere all’obiezione di coscienza nella misura in cui i suoi effetti siano abortivi (antinidatori o contragestativi); va ribadito anche il dovere morale di fornire al pubblico un’informazione completa sui veri meccanismi d’azione ed effetti di tali ritrovati. Naturalmente, sussiste il dovere di opporre la stessa obiezione di coscienza di fronte ad ogni intervento medico o di ricerca che preveda la distruzione di vite umane.
7. Sempre più opportuna appare una mobilitazione di tutti coloro che hanno a cuore la tutela della vita umana, una mobilitazione che si deve estendere anche a livello politico: è un’esigenza imprescindibile della giustizia il rispetto del principio di uguaglianza, che esige di onorare e proteggere i diritti di tutti, specialmente nel caso dei soggetti più fragili ed indifesi. Riproponiamo con convinzione l’insegnamento specifico in materia di obiezione di coscienza dell’enciclica Evangelium vitae (nei § 72, 73 e 74), particolarmente nella prospettiva dell’adesione dei cristiani ai programmi proposti dai partiti politici, così come auspichiamo una legislazione che completi l’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti uman i, proclamata dalle Nazioni Unite nel 1948, per garantire il diritto all’obiezione di coscienza e difendere questo diritto contro ogni discriminazione nei campi del lavoro, dell’educazione e dell’attribuzione dei benefici da parte dei governi.
8. In conclusione, riproponiamo l’auspicio del Santo Padre, come messaggio di speranza e di impegno per contribuire a costruire una società umana realmente edificata a misura dell’uomo: «Prego, pertanto, il Signore perché mandi fra voi, cari fratelli e sorelle, e fra quanti si dedicano alla scienza, alla medicina, al diritto, alla politica, dei testimoni forniti di coscienza vera e retta, per difendere e promuovere lo "splendore della verità" a sostegno del dono e del mistero della vita. Confido nel vostro aiuto, carissimi professionisti, filosofi, teologi, scienziati e medici. In una società talora chiassosa e violenta, con la vostra qualificazione culturale, con l’insegnamento e con l’esempio, potete contribuire a risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza». (Benedetto XVI, ibid).
Giovanni Paolo e Benedetto. Con stili diversi, sulla stessa strada
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 03.04.2007)*
«Santo subito!» gridava la gente due anni fa, di fronte alla salma di Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro. Oggi è logico chiederci se si leverebbe lo stesso grido o se, invece, il biennio trascorso ha fatto diminuire quell’entusiasmo. E anche - seconda parte dell’interrogativo - ci chiediamo se il nuovo papa ha suscitato - meritato - lo stesso entusiasmo . Il confronto, d’altronde, è inevitabile.
E’ anche facile , almeno a livello superficiale. Vengono subito in mente alcuni aggettivi: significativi ma insufficienti. Più popolare papa Wojtyla, più aristocratico papa Ratzinger. Anche se non si può non osservare che Benedetto XVI, inevitabilmente, ha cercato di seguire la traccia lasciatagli dal predecessore e da quello strepitoso successo. Ha cercato anche lui di stringere le mani e di dare baci ai bambini. Meno viaggi, almeno per ora, ma non meno significativi, come si è visto in Turchia.
L’impressione più diffusa parla di un Benedetto non soltanto più «aristocratico» ma anche più rigido dal punto di vista dottrinale, meno ecumenico. E, ovviamente, si cita la polemica sui «Dico», evidentemente non soltanto italiana. E si pensa che dietro alle recenti polemiche non soltanto italiane ci sia oltre ai cardinali Ruini e Bagnasco anche lo stesso pontefice. Del quale si cita anche qualche frase che ha irritato il mondo islamico.
Tutto vero, ma non vorrei che queste critiche facessero dimenticare gli aspetti discutibili se non proprio negativi del pontificato precedente. Nonostante il «Santo subito!» non si può non pensare, ad esempio, alla stroncatura della teologia della liberazione e quindi ad un certo accantonamento delle novità rappresentate dal Concilio Vaticano II. Citato spesso, ma sostanzialmente dimenticato.
A questo punto si incontrano i percorsi dei due pontefici. Un incontro sulla stessa strada, quella che esalta proprio la figura del pontefice romano. Una esaltazione che , da una parte, rischia di mettere in secondo piano tutte le altre voci nel mondo cattolico, soprattutto quelle più libere (vescovi, preti, ecc.) e, dall’altra, di ostacolare tutti i tentativi di dialogo ecumenico con gli altri cristiani (soprattutto con i protestanti).
Queste tendenze centralizzatrici le abbiamo riscontrate in Giovanni Paolo II e anche nel primo biennio di Benedetto XVI. In questo senso tutti e due i papi «moderni» esaltano il loro pontificato e lo appoggiano sulla potenza della voce dei mass media, anche se si tratta di una voce ambigua, legata come è al grande capitale. In questo senso fra l’uno e l’altro piena continuità e nessuna rottura. Li unisce la pretesa che piazza San Pietro sia il centro del mondo.
Preti pedofili
Chi ha deciso in Vaticano di sottrarre i preti pedofili alla magistratura
di Pino Nicotri
Sorpresa: ecco chi, come e quando ha deciso in Vaticano di sottrarre i preti pedofili alla magistratura. Non lo indovinereste mai... *
Prima si sono rivolti con fiducia alla Chiesa, anziché ad avvocati e tribunali, inviando fin dal gennaio 2004 alla curia di Firenze esposti e memoriali sulle violenze sessuali ai danni di minori consumate per anni dal parroco Lelio Cantini, titolare della parrocchia Regina della Pace. Con la complicità di una donna, la solita “veggente” di turno le cui visioni di Gesù servivano alla selezione degli “eletti”, Cantini ha imperversato per anni e anni imponendo violenze, psicologiche e fisiche, fra cui quella sistematicamente rivolta a ragazzine di dieci, quindici, diciassette anni, di avere rapporti sessuali con lui, come forma, diceva, di “adesione totale a Dio”, facendo credere a ognuno e a ognuna di essere il prescelto e intimando il segreto assoluto pena il “castigo divino”. A furia di insistere, le vittime di Cantini hanno ottenuto qualche incontro con l’allora arcivescovo Silvano Piovanelli, con l’arcivescovo Ennio Antonelli e con l’ausiliare Claudio Maniago. Ma tutto quello che sono riusciti a ottenere è stato il trasferimento del parroco mascalzone in un’altra parrocchia della stessa diocesi nel settembre 2005, cioè ben 20 mesi dopo gli esposti, motivato ufficialmente “per motivi di salute”, vale a dire senza che venisse né denunciato alla magistratura né svergognato in altro modo né privato dell’abito talare con la sospensione “a divinis”.
Deluse, le vittime e i loro familiari si sono allora rivolti al papa, con una lettera del 20 marzo 2006 recante in allegato i dettagliati memoriali di dieci tra le almeno venti vittime di abusi. “Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio”, hanno spiegato al papa il 13 ottobre 2006 con una nuova, nella quale parlano di “iniquo progetto di dominio sulle anime e sulle esistenze quotidiane” e lamentano come a “quasi due anni” dall’inizio delle denunce dalla Chiesa fiorentina non fosse ancora arrivata né “una decisa presa di distanza” dai personaggi coinvolti nella vicenda né “una scusa ufficiale” e neppure “un atto riparatore autorevole e credibile”.
Alla loro missiva ha risposto il cardinale Camillo Ruini, ma in un modo francamente incredibile, di inaudita ipocrisia e mancanza di senso della responsabilità. Il famoso cardinale, tanto impegnato nella lotta incessante contro la laicità dello Stato italiano, a fronte alle porcherie del suo sottoposto si rivela quanto mai imbelle, omertoso e di fatto complice: tutta la sua azione si riduce a una lettera agli stuprati per ricordare loro che il parroco criminale il 31 marzo ha lasciato anche la diocesi e per augurare che il trasferimento “infonda serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti”. Insomma, fuor dalle chiacchiere e dall’ipocrisia, Ruini si limita a raccomandare che tutti si accontentino della rimozione di Cantini e se ne stiano pertanto d’ora in poi zitti e buoni, paghi del fatto che il prete pedofilo e stupratore sia stato spedito a soddisfare le sue brame carnali altrove. Come a dire che i parenti delle vittime della strage di piazza Fontana o del treno Italicus si sentano rispondere dal Capo dello Stato non con il dovuto processo ai colpevoli, bensì con una letterina buffetto sulle guance che annuncia, magno cum gaudio, che i colpevoli anziché andare in galera sono stati trasferiti in altri uffici e che pertanto augura, cioè di fatto ordina, “serenità” tra i superstiti e i parenti delle vittime. Un simile comportamento oggi non ce l’hanno neppure gli Stati Uniti: è vero che non permettono a nessuno Stato estero di giudicare i propri soldati quali che siano i crimini da loro commessi, da Mai Lay al Cermis, da Abu Graib a Guantanamo e Okinawa, ma è anche vero che gli Usa anziché stendere il velo omertoso del segreto li processa pubblicamente in patria e non sempre in modo compiacente.
Come sempre la Chiesa si comporta in tutto il mondo come uno Stato nello Stato, con la pretesa non solo di intervenire - come è particolarmente evidente in Italia - contro l’autonomia della politica, ma per giunta di sottrarre il proprio personale alla magistratura competente. Il dramma però è che Ruini ai fedeli fiorentini che hanno subìto quello che hanno subìto non poteva rispondere altrimenti, perché - per quanto possa parere incredibile - a voler imporre il silenzio, anzi il “segreto pontificio” sui reati gravi commessi dai religiosi, compresi gli stupri di minori, è stato proprio l’attuale papa, Ratzinger. Con una ben precisa circolare inviata ai vescovi di tutto il mondo il 18 maggio 2001 e che più avanti riproduciamo per intero, l’allora capo della Congregazione per la dottrina della fede, come si chiama oggi ciò che una volta era la “Santa” (!) Inquisizione e poi il Sant’Ufficio, non solo imponeva il segreto su questi orribili argomenti, ma avvertiva anche che a volere una tale sciagurata direttiva era il papa di allora in persona. Vale a dire, quel Wojtyla che più si ha la coda di paglia e più si vuole sia fatto “santo subito”, in modo da sottrarlo il più possibile alle critiche per i suoi non pochi errori.
Da notare che per quell’ordine scritto diramato a tutti i vescovi assieme all’allora suo vice, cardinale Tarcisio Bertone (oggi ancor più potente perché scelto dal papa tedesco come nuovo Segretario di Stato, cioè ministro degli Esteri del Vaticano), Ratzinger nel 2005 è stato incriminato negli Stati Uniti per cospirazione contro la giustizia in un processo contro preti pedofili in quel di Houston, nel Texas. Per l’esattezza, presso la Corte distrettuale di Harris County figurano imputati il responsabile della diocesi di Galveston Houston, arcivescovo Joseph Fiorenza, i sacerdoti pedofili Juan Carlos Patino Arango e William Pickand, infine anche l’attuale pontefice. Questi è accusato di avere coscientemente coperto, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, i sacerdoti colpevoli di abusi sessuali su minori. Da notare che l’omertà e la complicità di fatto garantita dalla circolare Ratzinger-Bertone ha danneggiato non solo la giustizia di quel processo, ma anche dei molti altri che hanno scosso il mondo intero scoperchiando la pentola verminosa dei religiosi pedofili negli Stati Uniti (dove la Chiesa ha dovuto pagare centinaia di milioni di dollari in una marea di risarcimenti) e in altre parti del mondo. Un porporato che si è visto denunciare dalle vittime un folto gruppo di preti, anziché punire i colpevoli li ha protetti facendoli addirittura espatriare nelle Filippine, in modo da sottrarli per sempre alla giustizia.
Sono emersi casi imbarazzanti anche in Austria e Polonia, con l’aggravante che si trattava delle massime cariche ecclesiastiche, tra le quali l’arcivescovo di Cracovia pedofilo Julius Paetz, la cui pedofilia era nota fin da quando lavorava in Vaticano nell’anticamera del papa suo connazionale, Wojtyla, e proprio negli anni in cui è “misteriosamente” scomparsa la ragazzina cittadina vaticana Emanuela Orlandi. Ma a scorrere le cronache dei giornali locali si scopre che anche in Italia le condanne di religiosi per pedofilia abbondano, solo che - pur essendo gli stupratori scoperti solo la punta dell’iceberg - vengono tenute accuratamente nascoste. E perché vengano nascoste lo si capisce finalmente bene, e in modo dimostrato, leggendo il testo della circolare emanata dall’ex Sant’Ufficio.
A muovere l’accusa contro l’attuale pontefice, documenti vaticani alla mano, è l’agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore di tre vittime della pedofilia dei religiosi di Galveston Houston. E Ratzinger sarebbe stato trascinato in tribunale, forse in manette data la gravità del reato, se non fosse nel frattempo diventato papa. Nel settembre 2005 infatti il ministero della Giustizia, su indicazione di Bush e Condolezza Rice, ha bloccato il processo contro Ratzinger accogliendo la richiesta dell’allora segretario di Stato del Vaticano, Angelo Sodano, di riconoscere anche al papa, in quanto capo dello Stato pontificio, il diritto all’immunità riconosciuto non solo dagli Stati Uniti per tutti i capi di Stato. A questo punto è doveroso e niente affatto scandalistico porsi una domanda, decisamente scomoda: quanto ha pesato nella scelta di eleggere papa proprio Ratzinger la necessità di sottrarlo alla giustizia americana e di difenderlo per avere in definitiva eseguito la volontà del pontefice precedente? C’è anche un altro particolare: di solito non si riesce a portare in tribunale anche i superiori dei preti stupratori perché in un modo o nell’altro evitano di ricevere l’atto di accusa, specie se risiedono sia pure solo ufficialmente in Vaticano. Ratzinger invece l’atto di citazione ha accettato di riceverlo: si può escludere lo abbia fatto per obbligare i suoi colleghi cardinali ad eleggerlo papa quando Wojtyla - sempre più malato - fosse venuto a mancare?
Come che sia, Shea però non demorde. Due anni fa è venuto a Roma per protestare in piazza S. Pietro assieme ai radicali in occasione della Giornata mondiale contro la pedofilia. E oggi si dice pronto a ricorrere fino alla Suprema Corte di Giustizia degli Stati Uniti per evitare che i firmatari della circolare vaticana che protegge i sacerdoti pedofili la facciano del tutto franca. Intanto dobbiamo constatare con sbigottimento che i tre nomi più impegnati nella lotta contro la laicità dello Stato italiano e del suo parlamento, vale a dire Ratzinger, Ruini e Bertone, sono stati colti con le mani nel sacco della sottrazione alla magistratura dei preti pedofili e strupratori di minori.
Ecco il testo integrale tradotto dal latino dell’ordine impartito per iscritto da Ratzinger e Bertone:
«LETTERA inviata dalla Congregazione per la dottrina della fede ai vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e prelati interessati, circa I DELITTI PIU’ GRAVI riservati alla medesima Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001
Per l’applicazione della legge ecclesiastica, che all’art. 52 della Costituzione apostolica sulla curia romana dice: “[La Congregazione per la dottrina della fede] giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano a essa segnalati e, all’occorrenza, procede a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio”, era necessario prima di tutto definire il modo di procedere circa i delitti contro la fede: questo è stato fatto con le norme che vanno sotto il titolo di Regolamento per l’esame delle dottrine, ratificate e confermate dal sommo pontefice Giovanni Paolo II, con gli articoli 28-29 approvati insieme in forma specifica.
Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali, per determinare “i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti”, per perfezionare anche le norme processuali speciali nel procedere “a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche”, poiché l’istruzione Crimen sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant’Offizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici.
Dopo un attento esame dei pareri e svolte le opportune consultazioni, il lavoro della Commissione è finalmente giunto al termine; i padri della Congregazione per la dottrina della fede l’hanno esaminato più a fondo, sottoponendo al sommo pontefice le conclusioni circa la determinazione dei delitti più gravi e circa il modo di procedere nel dichiarare o nell’infliggere le sanzioni, ferma restando in ciò la competenza esclusiva della medesima Congregazione come Tribunale apostolico. Tutte queste cose sono state dal sommo pontefice approvate, confermate e promulgate con la lettera apostolica data in forma di motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela.
I delitti più gravi sia nella celebrazione dei sacramenti sia contro la morale, riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, sono:
I delitti contro la santità dell’augustissimo sacramento e sacrificio dell’eucaristia, cioè:
1° l’asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate:
2° l’attentata azione liturgica del sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima;
3° la concelebrazione vietata del sacrificio eucaristico assieme a ministri di comunità ecclesiali, che non hanno la successione apostolica ne riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;
4° la consacrazione a scopo sacrilego di una materia senza l’altra nella celebrazione eucaristica, o anche di entrambe fuori della celebrazione eucaristica;
Delitti contro la santità del sacramento della penitenza, cioè:
1° l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo;
2° la sollecitazione, nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso;
3° la violazione diretta del sigillo sacramentale;
Il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età.
Al Tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che sono sopra elencati con la propria definizione.
Ogni volta che l’ordinario o il prelato avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolte un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all’ordinario o al prelato, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione.
Si deve notare che l’azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni. La prescrizione decorre a norma del diritto universale e comune: ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età.
Nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i prelati possono ricoprire validamente per tali cause l’ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei sacerdoti. Quando l’istanza nel tribunale in qualunque modo è conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la dottrina della fede.
Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente dell’uno e dell’altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da applicare in tutto.
Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.
Con la presente lettera, inviata per mandato del sommo pontefice a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, ai superiori generali degli istituti religiosi clericali di diritto pontificio e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio e agli altri ordinari e prelati interessati, si auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli ordinari e dei prelati prelci sia una sollecita cura pastorale.
Roma, dalla sede della Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001.
Joseph card. Ratzinger, prefetto.
Tarcisio Bertone, SDB, arc. em. di Vercelli, segretario»
::::::::::::
Come avrete notato, lo scippo della pedofilia alla magistratura civile e penale di tutti gli Stati dove viene consumata è nascosto tra molte parole che parlano di tutt’altro. E il ruolo “giudiziario”, cioè di fatto omertoso, della Congregazione ex Sant’Ufficio è comunque confermato in pieno dalla vicenda fiorentina. A difendere i fedeli violati sono scesi in campo anche i locali preti ordinari e a causa delle loro insistenze il cardinale Antonelli il 17 gennaio ha scritto alle vittime di Cantini che al termine di un “processo penale amministrativo” tutto interno alla curia e sentita per l’appunto la Congregazione per la dottrina della fede, l’ex parroco “non potrà né confessare, né celebrare la messa in pubblico, né assumere incarichi ecclesiastici, e per un anno dovrà fare un’offerta caritativa e recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna”. Tutto qui! Di denuncia alla magistratura, neppure l’ombra, e del resto il “segreto pontificio” non lascia scampo. Per uno che per anni e anni se l’è fatta da padrone anche con il sesso di ragazzine di soli 10 anni - e di 17 le più “vecchie” - senza neppure scomodarsi con un viaggio nella Thailandia paradiso dei pedofili, si tratta di una pena piuttosto leggerina.... Da far felice qualunque pedofilo incallito! Quanto alle vittime, Antonelli ha anticipato l’ineffabile Ruini: visto che “il male una volta compiuto non può essere annullato”, il cardinale invita le pecorelle struprate a “rielaborare in una prospettiva di fede la triste vicenda in cui siete stati coinvolti”, e a invocare da Dio “la guarigione della memoria”.
Ma a guarire, anche dai troppi condizionamenti opportunistici della memoria, deve essere semmai il Vaticano. E infatti i fedeli fiorentini, che hanno letto la missiva del cardinale con “stupore e dolore”, hanno deciso di non fermarsi. Finora non hanno fatto nemmeno causa civile, ma d’ora in poi, dicono, “nulla è più escluso”. I preti schierati dalla loro parte chiedono al papa - nella lettera inviata tramite la Segreteria di Stato oggi retta proprio da Bertone! - “un processo penale giudiziario”, che convochi testimoni e protagonisti, e applichi “tutte le sanzioni previste dall’ordinamento ecclesiastico”. Chiedono inoltre che Cantini, colpevole di avere rovinato non poche vite, sia “privato dello stato clericale” anche “a tutela delle persone che continuano a seguirlo”.
Però, come avrete notato, neppure i buoni preti fiorentini si sognano di fare intervenire la magistratura dello Stato italiano. I panni sporchi si lavano in famiglia... Che è il modo migliore di continuare a non lavarli. Come per la scomparsa di Emanuela Orlandi. 08.04.2007.
Pino Nicotri
Nella foto, Pino Nicotri giornalista investigativo del settimanale “L’Espresso” e autore di importanti libri inchiesta tra i quali “Mistero Vaticano - La scomparsa di Emanuela Orlandi” Kaos Edizioni.
Fonte e commenti:
* IL DIALOGO, Martedì, 10 aprile 2007
Preti Pedofili
“Un armadio pericoloso”
di MARY GAIL FRAWLEY-O’DEA (Traduzione di Stefania Salomone)
Una psicologa sostiene che l’insistere della Chiesa Cattolica sui preti omosessuali - l’omosessualità è un segreto di cui vergognarsi - ha contribuito allo scandalo degli abusi sessuali *
11 marzo 2007
La posizione della Chiesa Cattolica sull’omosessualità si colloca tra gli altri aspetti della morale cattolica sulla sessualità, che è disattesa in genere sia dai laici che da molti preti. Nondimeno, l’ipocrisia di una chiesa che condanna l’omosessualità mentre può annoverare molti casi di preti omosessuali al suo interno, che amministrano i sacramenti è, tra altri fattori, direttamente implicata nello scandalo sugli abusi sessuali. La sottaciuta evidenza che il presbiterato è molto più omosessuale di quanto non si creda è confermata dall’obbligo imposto ai preti di non parlare apertamente del proprio orientamento sessuale, ma di predicare il peccato della omosessualità praticata. Messaggi contrastanti, segreti sessuali e realtà negate abbondano nell’ambito clericale nel quale la chiesa istituzionale appare l’incontrastata “Regina di Cuori”. La segretezza e la copertura degli abusi sessuali su minori diventa così una componente quasi inevitabile di questo reame folle, che induce alla follia. Ricerche recenti confermano che il 28-56% dei preti americani sia omosessuale. Molti uomini gay psicologicamente sani sono attratti dal presbiterato così come lo sono molti adulti eterosessuali. Essi amano Dio, desiderano perseguire un regime di vita di profonda spiritualità e sono preparati a vivere i valori evangelici in una comunità di fedeli. E’ probabile che gli uomini gay siano stati attratti dal presbiterato in maniera sproporzionata rispetto alla loro presenza nella società in genere. Fino a tempi recenti, e in alcuni casi nel nascondimento, ragazzi cattolici che si sono riconosciuti omosessuali, hanno trovato ostilità dalle famiglie, dagli amici e dalla chiesa. Vittime di insegnamenti che stabilivano che il loro agire omosessuale fosse intrinsecamente sbagliato e fosse peccato mortale, i gay cattolici affrontano dolorosi conflitti tra la propria identità e le proprie relazioni sociali. Abbracciare il presbiterato è una decisione che, fino a non molti anni fa, provocava una forma di orgoglio da parte delle famiglie, rendendo il seminarista o il prete figura grandemente stimata dalla comunità.
E’ anche logico ipotizzare che uomini omosessuali fossero attratti da un ambiente esclusivamente maschile quale rimane il presbiterato. Inoltre, quando i ragazzi entrano in seminario molto giovani, l’esplosione delle proprie pulsioni sessuali adolescenziali prevedeva praticamente una unica direzione verso cui indirizzarsi. Circondati da uomini o ragazzi, in un ambiente che vede la donna come un pericolo, eccetto per figure materne idealizzate o per la Vergine Maria, un seminarista adolescente ha ben poche scelte. Potrebbe essere attratto dalla propria madre o dalle persone che lo circondano, che per lo più sono gay. Ci troviamo così di fronte al paradosso di una organizzazione che insegna che l’omosessualità è un grave disordine e che poi costruisce un ambiente che promuove desideri omosessuali.
Molti uomini gay, cresciuti in quella che fino a pochi anni fa poteva definirsi una società omofobica, hanno vissuto la loro vita in un armadio nel quale hanno talvolta ignorato chi veramente fossero, nascondendolo perfino a se stessi. La teologia anti-omosessuale della chiesa cattolica, applicata nell’ambiente misogino del seminario ha portato a stimolare desideri sessuali proibiti o derisi, spesso costruendo intorno al giovane prete omosessuale un loculo soffocante. Qui, l’odio per se stessi che tormenta molti uomini omosessuali è stato ingigantito nel caso dei preti omosessuali, alcuni dei quali hanno tentato di affrontare la cosa nascondendo strenuamente il proprio orientamento sessuale, divenendo perfino intolleranti verso altri omosessuali. Rifiuto e dissociazione su vasta scala incoraggia a sottacere altri segreti sessuali come gli abusi sessuali sui bambini.
Da questa ipocrisia non può nascere, io credo, nessun sano beneficio né psicologico né spirituale. Sicuramente il papa, i cardinali, i vescovi o i preti che, guardandosi allo specchio, vedano un uomo omosessuale, hanno difficoltà a guardare in faccia un confratello che compie abusi e a dare un nome a ciò che vedono. Piuttosto, chiudono gli occhi di fronte al male, dato che tale umanità è stata etichettata come incline al male. Potrebbero addirittura incolpare o ignorare le vittime di abusi sessuali, prendendo inconsciamente le distanze dal proprio essere vittima della Chiesa e della società. Vengono costruiti quindi armadi dentro gli armadi, stipando mucchi di bugie; la verità diventa introvabile è ancor di più indicibile. Mary Gail Frawley-O’Dea è una psicologa specializzata in abusi sessuali e opera nel centro di Charlotte, North Carolina.
Mandare eventuali commenti a magazine@globe.com.
* IL DIALOGO, Martedì, 24 aprile 2007
Catania, blitz anti pedofilia
Perquisizioni e arresti in tutta Italia
CATANIA - Maxi blitz anti pedofilia organizzato dalla polizia postale di Catania. Le forze dell’ordine, infatti, stanno eseguendo perquisizioni in 31 città italiane nei confronti di 53 persone indagate per detenzione di materiale pedo-pornografico, nell’ambito di un’operazione internazionale di contrasto della pedofilia su Internet, chiamata Max. Migliaia sono i soggetti sospettati identificati all’estero in collaborazione con la polizia tedesca. Le indagini hanno preso l’avvio dopo la scoperta su Internet, tramite un provider operante in Germania, di un filmato di una bambina in tenera età vittima di abusi.
* la Repubblica, 09-05-2007
Preti pedofili *
Prete accusato di pedofilia arrestato a Foggia
http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=1.0.942704807
fatti risalgono ad alcuni mesi fa
Arrestato sacerdote per molestie sessuali
Le vittime, bambine di 10 anni, dovevano fare la prima comunione. La pesante accusa nei confronti di un prete 74enne di una parrocchia di Foggia. Una delle vittime ha raccontato tutto alla madre che ha denunciato l’accaduto alla polizia
Foggia, 12 mag. (Adnkronos/Ign) - Molestie sessuali e palpeggiamenti nei confronti di alcune bambine di 10 anni che dovevano fare la prima comunione: è l’accusa nei confronti di un sacerdote di 74 anni di una parrocchia di Foggia, arrestato da agenti della Squadra mobile della Questura che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip del Tribunale del capoluogo dauno, Rita Curci, su richiesta del pm della Procura, Vincenzo Maria Bafundi.
I fatti si riferiscono ad alcuni mesi fa. Le molestie ripetute avvenivano in parrocchia in occasione dei corsi per la prima comunione. Una delle vittime ha raccontato tutto alla madre che ha denunciato l’accaduto alla polizia. Dall’audizione della piccola e da alcuni riscontri acquisiti dai poliziotti anche su altri casi si è giunti all’emissione del provvedimento cautelare.
Il sacerdote nel frattempo era stato trasferito a Taranto dalla Curia alla quale erano giunte le voci allarmate su possibili molestie. Ora il prete è stato sottoposto ai domiciliari ed è ospitato in una comunità di salesiani a Castellammare di Stabia.
http://www.teleradioerre.it/news/articolo.asp?idart=27253
Avrebbe molestato bambine, arrestato sacerdote
Avrebbe molestato alcune bambine quando si andavano a confessare da lui. Un sacerdote della parrocchia Sacro Cuore, don Nicola Rossi, 75 anni, originario della provincia di Benevento, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale. L’uomo si trova ora ai domiciliari in un istituto dei salesiani in Campania. L’arresto, disposto dal gip del Tribunale di Foggia Rita Curci, su richiesta del pm Vincenzo Bafundi, è stato eseguito ieri a Taranto dove il sacerdote si era trasferito da un po’ di tempo. I fatti risalirebbero al 2006. Le indagini sono partite dalla denuncia di alcune bambine che hanno raccontato di aver ricevuto attenzioni moleste dal sacerdote, durante il corso di catechismo per la prima comunione.
Una bambina in particolare avrebbe raccontato in lacrime alla madre cosa sarebbe avvenuto nel confessionale. E’ scattata la denuncia, le indagini, poi altri casi, a lungo vagliati dagli inquirenti con il supporto di assistenti sociali. Una brutta storia. Don Nicola era molto conosciuto non solo in parrocchia ma anche nell’intera città. Sulla vicenda c’è il massimo riserbo, soprattutto in parrocchia. Una parrocchia di frontiera conosciuta proprio per il suo servizio ai minori, tanti dei quali sottratti alla strada con l’opera dell’oratorio.
Daniela Zazzara
http://www.telenorba.it/home/news_det.php?nid=2572
PEDOFILIA: FOGGIA, ARRESTATO PRETE
MOLESTIE NEL CONFESSIONALE. UN SACERDOTE FINISCE AGLI ARRESTI DOMICILIARI CON L’ACCUSA DI PEDOFILIA. IL PARROCO, 75 ANNI ORIGINARIO DEL BENEVENTANO, AVREBBE MOLESTATO CON CAREZZE DI TROPPO BAMBINE CHE SI PREPARAVANO ALLA PRIMA COMUNIONE NELLA PARROCCHIA DEL SACRO CUORE A FOGGIA, NEL RIONE CANDELARO. E’ QUI CHE FINO AD UN ANNO FA IL SACERDOTE OFFICIAVA, PRIMA DI ESSERE TRASFERITO - ALCUNI MESI FA - IN UN ISTITUTO SALESIANO DI TARANTO, DOVE E’ STATO RAGGIUNTO DAL PROVVEDIMENTO RESTRITTIVO. STANDO AL RACCONTO FATTO DA UNA BAMBINA ALLA MAMMA, IL PRETE LA FACEVA ENTRARE NEL CONFESSIONALE E LA TOCCAVA. E’ SCATTATA LA DENUNCIA. LE INDAGINI DELLA SQUADRA MOBILE DI FOGGIA HANNO ACCERTATO CHE ERA TUTTO VERO E CHE LE GIOVANI VITTIME DELLE ATTENZIONI DEL PRETE ERANO PIU’ DI UNA. 12/05/07 redtno@telenorba.it
12-MAG-07 16:06
PEDOFILIA: SACERDOTE ARRESTATO A FOGGIA, APPELLO DI DON DI NOTO AI VESCOVI
Siracusa 12 mag. - (Adnkronos) - ’’L’abuso sessuale e le molestie ai bambini sono un grave peccato e un grave reato. Per chi se ne macchia dura e’ la condanna. Se e’ veramente successo qualcosa mi appello al sacerdote e alla sua coscienza, nella verita’ dica la verita’ dei fatti ascritti alla sua persona’’. Lo afferma don Fortunato Di Noto, sacerdote e fondatore della Associazione Meter onlus contro la pedofilia, dopo il caso di Foggia, dove un sacerdote e’ stato arrestato per presunte molestie nei confronti di alcune bambine. (Rre/Ct/Adnkronos)
Tratto dalla gazzetta del mezzogiorno del 12 maggio 2007
PEDOFILIA | Fino a qualche mese fa prestava la sua opera spirituale alla chiesa del Sacro Cuore
Arrestato sacerdote
Avrebbe molestato quattro bambine nel confessionale
Il gip gli concede i domiciliari considerata l’età: tutto iniziato con il pianto di una ragazzina
Un sacerdote di 75 anni, che sino a qualche mese fa prestava la sua opera spirituale nella parrocchia del Sacro Cuore a Foggia, è stato arrestato e posto ai domiciliari con l’accusa di violenza sessuale perchè avrebbe molestato alcune bambine, toccandole quando si recavano in chiesa per la confessione. Padre Nicolangelo Rossi, 75 anni, originario di Pesco Sannita un paesino in provincia di Benevento, è stato arrestato ieri mattina in istituto salesiano di Taranto dove si era trasferito da qualche mese proveniente dalla parrocchia foggiana. Adesso si trova detenuto agli arresti domiciliari presso un altro istituto salesiano di Castellammare di Stabia, in attesa di comparire davanti al giudice per le indagini preliminari per fornire la sua versione dei fatti.
L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari è stata firmata dal gip del Tribunale di Foggia Rita Curci, su richiesta del pm Vincenzo Maria Bafundi, il sostituto procuratore titolare di reati a sfondo sessuale. Il provvedimento restrittivo è stato eseguito ieri mattina dagli agenti della sezione reati contro la persona della squadra mobile che hanno condotto le indagini; i poliziotti hanno poi trasferito il sacerdote accusato di pedofilia nell’istituto salesiano campano. Sulla vicenda è calato il massimo riserbo, forse considerato il ruolo dell’indagato: è la seconda volta a Foggia che un uomo di Chiesa, un sacerdote viene arrestato con accuse così infamanti.
I fatti contestati al sacerdote - si tratta di quelli che il codice penale definiva atti di libidine prima della nuova legge sulla violenza sessuale - risalirebbero al 2006 quando padre Nicolangelo Rossi officiava alla parrocchia del Sacro Cuore al rione Candelaro. Sarebbero tre o quattro le bambine che - a dire dell’accusa ed in attesa di conoscere quale sarà la versione difensiva - avrebbero subito le attenzioni moleste del prete. Pare che alcune delle bambine stessero seguendo il corso di preparazione alla prima comunione; nel confessionale il sacerdote ora arrestato le avrebbe accarezzate e toccate. Gesti ritenuti dall’accusa lascivi e non certo fatti senza alcuna malizia.
La vicenda è venuta fuori qualche mese fa perchè una delle presunte vittime avrebbe avuto una crisi dì pianto davanti alla madre per poi confidarsi e raccontarle cosa sarebbe avvenuto nel confessionale della chiesa. E’ scattata la denuncia alla squadra mobile e la bambina è stata interrogata da assistenti sociali e dai poliziotti specializzati in questo tipo di indagini. Si sarebbe poi risaliti ad altre bambine pure vittima delle attenzioni del sacerdote, secondo l’accusa. Pm e gip devono aver ritenuto necessario l’arresto del presunto pedofilo - concedendo gli arresti domiciliari considerata l’età - forse sul presupposto del rischio di reiterazione di reati. Da qualche tempo il sacerdote aveva lasciato Foggia e si era trasferito in un istituto salesiano di Taranto, dove ieri mattina è stato eseguito l’arresto.
E’ la seconda volta che un sacerdote viene arrestato in città per reati a sfondo sessuale. Il precedente risale al 2 aprile del ’98 quando finì prima in carcere e poi ai domiciliari un sacerdote accusato di aver molestato alcuni ragazzini, tra il ’90 e il ’97, quando dirigeva una parrocchia di una borgata a pochi chilometri da Foggia. Per questa vicenda l’imputato, che si è sempre dichiarato innocente, fu condannato a 6 anni e 6 mesi in primo grado, pena ridotta in appello a 5 anni di reclusione.
* IL DIALOGO, Domenica, 13 maggio 2007