Pegah, che rischia l’estradizione in Iran *
di Fabrizio Spano
Caro Direttore,
entro la fine di agosto una cittadina iraniana rifugiatasi a Londra potrebbe essere rimpatriata nel suo paese dove l’attende una morte lenta, dolorosa a tal punto da essere inimmaginabile, un’agonia che potrebbe protrarsi per più di un’ora. Se venisse rispedita in Iran, Pegah Emambakhsh verrebbe lapidata. Ciò sarebbe già terribile se si trattasse di un’assassina, di una terrorista, di una donna macchiatasi dei crimini più infamanti. Ma Pegah è una innocente. La sua unica colpa è di essere lesbica, una omosessuale. Io non sono un lettore del suo giornale, né un cattolico. Ma mi rivolgo a lei perché credo che sarebbe importante se il mondo cattolico facesse sentire la propria voce, se la Chiesa si esprimesse su questo caso che è solo uno dei tanti nel mondo. Conosco bene le posizioni della Chiesa sull’omosessualità. Le conosco perché le combatto con tutti gli strumenti che la democrazia mi offre. Ma qui non si tratta di Dico o Pacs o simili. Queste discussioni, questi scontri appaiono insignificanti di fronte a quello che succede in altri posti del mondo meno fortunati. E se mi rivolgo a lei è proprio per questo. Sarebbe bello se la Chiesa dicesse: noi non accettiamo e non accetteremo mai le unioni omosessuali, anzi consideriamo l’omosessualità un peccato. Ma non abbiamo dubbi nel condannare l’emarginazione, le discriminazioni, le violenze e l’omicidio nei confronti degli omosessuali in quanto tali. Lei dirà che non c’è bisogno di dire una cosa del genere. È una cosa ovvia. No, non lo è.Io non sono cattolico. Ma sono italiano. Il cattolicesimo, la Chiesa fanno parte della mia storia, della mia cultura, dei miei ricordi e delle mie esperienze. Quante volte perdendomi per Roma ho ritrovato la strada prendendo come punto di riferimento una chiesa, un campanile, una cupola! Sarebbe bello... Grazie per avermi dedicato un po’ del suo tempo.
Fabrizio Spano
L’omosessualità, in se stessa, - contrariamente a ciò che lei scrive - non è un peccato; per la morale cattolica, infatti, l’inclinazione omosessuale non è una colpa che possa essere addebitata a chi la vive. Il Catechismo della Chiesa cattolica dichiara in proposito: «Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. (...) Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (n. 2358). Parole che mi pare non possono essere fraintese e quindi, ciò che lei si attende, è da tempo non solo convinzione pacifica, ma anche atteggiamento generalmente esercitato nella prassi pastorale. Nessuna discriminazione verso le persone omosessuali, ma appunto «rispetto, compassione, delicatezza», pur ribadendo che gli atti di omosessualità «in nessun caso possono essere approvati» (n. 2357). Non ho, così, alcuna difficoltà ad associarmi al suo appello, confermando peraltro la linea di condotta che abbiamo linearmente mantenuto da sempre, anche di fronte agli stravolgimenti e alle polemiche artatamente rinfocolate da chi riteneva utile alzare i toni contro Chiesa e cattolici. Sono con lei, con una cautela - che spiega perché non abbiamo finora dato risalto alla notizia -: sui media inglesi (Times, Independent, Guardian, Bbc...), solitamente molto solerti nel dare eco alle battaglie in favore dei gay, non risulta traccia della vicenda, che ha trovato spazio solo su testate italiane. Con ciò, resto dell’avviso che sia giusto fare tutto il possibile per impedire che in una qualsiasi parte del mondo una persona sia messa a morte o finisca in prigione solo perché omosessuale. Se questo è ciò che rischia Pegah Emambakhsh, uniamo la nostra voce a chi chiede di salvarle la vita.
* AVVENIRE - FORUM - IL DIRETTORE RISPONDE, 25.08.2007.
Sul caso di Pegah e sul tema, nel sito, si cfr.:
PER L’INGHILTERRA E L’EUROPA UN’IMMANE CECITA’ E UNA VERGOGNA PLANETARIA.
PER PEGAH
Roberto Malini
Salvatore Conte
URGENT!
Sign the Petition to stop her deportation to death
And
Send flowers to Ms. Pegah Emambakhsh
Messaggio di Pegah Emambakhsh a tutti i gruppi e le persone che la stanno aiutando *
Grazie a una persona meravigliosa, una donna iraniana che vive in Italia ed è impegnata da molti anni nel campo dei Diritti Umani, un’amica che siamo orgogliosi di annoverare fra i membri del Gruppo EveryOne, siamo in contatto quasi quotidiano con Pegah, detenuta nel carcere di Yarl’s Wood. Oggi, 8 settembre 2007, Pegah Emambakhsh ha affidato alla nostra comune amica un messaggio rivolto a tutti i gruppi, gli attivisti, le personalità politiche, le persone comuni che si stanno occupando del suo caso:
"Cari amici, care amiche,
come sapete, sto vivendo giorni molto difficili, senza sicurezze per il mio futuro e con tanto dolore nell’anima. Non posso nascondere che ho ancora paura e che il distacco dai miei amati figli mi dà un dolore che a volte sembra insopportabile. Non immaginate neanche quanto mi sia di conforto sapere che ci siete voi. Non mi conoscete neanche eppure vi impegnate per me, vi esponete per me, lottate per me, mi scrivete e mi mandate fiori meravigliosi. Non mi aspettavo nulla di simile, ormai. Persino molti degli iraniani con cui ero in contatto qui nel Regno Unito, mi hanno abbandonata, quando hanno saputo il motivo per cui ho presentato domanda di asilo. Non li sento più, non hanno più intenzione di frequentarmi.
Non immaginavo che esistessero gruppi ed esseri umani come voi. Spero che il futuro mi conceda di conoscere una per una le persone che mi hanno dimostrato tanta amicizia. Sono rasserenata, sono felice di tutta questa protezione, di tutto questo amore che mi infonde energia e volontà di continuare a vivere. Cari amici miei, mantengo freschi i fiori che mi avete inviato. Ne sono così orgogliosa! Qui al centro di Yarl’s Wood hanno suscitato un po’ di gelosia da parte delle altre donne.
Leggo e rileggo le lettere e le cartoline che mi avete spedito. Ho tanto tempo per pensare a quello che mi sta succedendo e, nonostante non mi senta ancora pronta per parlare in pubblico, una volta fuori di qui voglio fare qualcosa per l’umanità. Grazie a tutti voi e a presto.
Pegah Emambakhsh".
Pegah Emambakhsh, i media inglesi e il silenzio dei colpevoli
di Roberto Malini
Cara Miriam, cara Elisa, cari amici
di Watch International/Secondo Protocollo,
l’iniziativa "Fiori per Pegah", che il Gruppo EveryOne ha promosso a livello internazionale, ha offerto un grande risultato. Il carcere di Yarl’s Wood, in cui Pegah è rinchiusa, in condizioni di salute fisica e psichica assolutamente precarie, è stato inondato di mazzi di rose, gigli, gerbere, fiori di campo. Il centro di detenzione è entrato in crisi e le autorità, in violazione alle norme che tutelano i profughi, hanno ordinato di gettare fra i rifiuti tutti i fiori e i biglietti di sostegno indirizzati a Pegah.
E’ qualcosa di gravissimo, perchè il Regno Unito nega a Pegah persino il diritto a ricevere corrispondenza. Pensate che persino i nazisti concedevano agli ebrei internati nei lager di ricevere posta. Molti cittadini britannici ci scrivono increduli, affermando di vergognarsi del loro Paese, del loro governo. Noi del Gruppo EveryOne protestiamo in ogni sede, ma l’arroganza dei potenti non ammette ripensamenti e non concede spazio al’umanità: "Pegah deve stare in galera"; "Pegah non può ricevere messaggi dal mondo che le è vicino"; "I fiori per Pegah finiranno nella spazzatura"; "La vita di Pegah è una cosa nostra".
I media, nel frattempo, in ossequio ai potenti, cercano di nascondere la tragedia di Pegah. Ecco il messaggio che, tradotto in lingua inglese, cercheremo di far giungere ai cittadini del Regno Unito, la maggior parte dei quali continua a coltivare la compassione e l’umanità e non si riconosce in questo governo spietato verso i deboli. Rimanete vicini a Pegah e non abandonateci, per favore, in questa azione di umanità. Roberto Malini
Cari amici, la televisione, le radio, la stampa inglese non concedono spazio al caso di Pegah Emambakhsh. E’ semplicemente incredibile. Ascoltate la BBC, sfogliate un quotidiano. Quante notizie futili vengono trasmesse o scritte ogni giorno? Qui parliamo di una profuga fuggita dall’Iran, dove è condannata a 100 frustate (spesso letali e sempre devastanti) perchè è lesbica e alla pena di essere gettata da una rupe, impiccata o lapidata in quanto donna sposata e in quanto fuggita all’estero clandestinamente.
Qui parliamo di uno stato che ha una grande tradizione di civiltà, ma che ha perduto la strada del rispetto dei diritti umani. Uno stato in cui i la vita dei profughi viene decisa in modo affrettato e disumano. Pegah non ha commesso alcun crimine. E’ una donna indifesa che ha chiesto aiuto al Regno Unito. Ma non ha ricevuto Asilo. Hanno tentato di deportarla in Iran, verso la tortura e la morte e adesso si trova in carcere, allo stremo delle forze, senza poter ricevere visite o il sollievo di un mazzo di fiori, che le guardie gettano fra i rifiuti senza neanche farle sapere che qualcuno ha pensato a lei. E’ tutto così atroce, così incredibilmente spietato. E’ un caso su cui si scriveranno libri e si gireranno documentari e film. Eppure i giornali non la ritengono una notizia da divulgare, le televisioni la nascondono.
La BBC ha intervistato me e un altro membro del Gruppo EveryOne. Quando abbiamo chiesto al giornalista perché i media inglesi stanno nascondendo il caso all’opinione pubblica, lui mi ha risposto con orgoglio. "La BBC è diversa e non ha paura di niente. State tranquilli, perché darà ampio spazio alla notizia". Invece niente, l’intervista non è mai andata in onda. State attenti, amici, perché il silenzio é un sipario dietro il quale agiscono i carnefici. La Storia ci insegna che è così, che è sempre stato così.
Con grande civiltà, protestate. Chiedete ai media di informarvi sui fatti che accadono nel Regno Unito, anche se sono scomodi, urtano i potenti e non fanno fare bella figura al Governo. Protestate adesso, alzate la voce adesso, prima che il silenzio divenga ancora più profondo, le urla di dolore siano coperte da jingle pubblicitari e nella profonda quiete apparente comincino a riecheggiare passi ritmici di stivaloni militari. Perché l’orrore ritorna sempre e il silenzio è il suo complice più fedele.
Per il Gruppo EveryOne,
Roberto Malini
Fiori per Pegah
di Roberto Malini *
Il carcere di Yarl’s Wood, triste luogo di transito che si trova vicino a Clapham, nel Bedfordshire, in cui gli immigrati attendono la deportazione è stato raggiunto da un arcobaleno di colori. Da ieri, infatti, centinaia di mazzi di rose, gigli e gerbere vengono consegnati dai fattorini di Interflora alle guardie, che firmano le ricevute con grande stupore. "E’ una situazione difficile," ha detto un responsabile del centro, "perché non ci era mai accaduto niente di simile. I fiori arrivano a un ritmo incessante e noi non sappiamo cosa fare. All’inizio ci hanno detto di separare i biglietti di accompagnamento e mettere da parte i mazzi e le composizioni, in attesa di disposizioni, ma a un certo punto è diventato impossibile, perché ci perviene una montagna di fiori e la situazione è diventata ingestibile". Sui biglietti e le cartoline che accompagnano i fiori sono scritti messaggi di sostegno, di speranza e di amore: "Presto sarai libera", "Non arrenderti, ti siamo vicini", "Attendiamo con ansia che il Regno Unito ti conceda asilo". I fiori e i messaggi sono tutti per lei, Pegah Emambakhsh, il cui nome è scritto spesso in uno stile elegante e graziato.
La portavoce di un’Associazione che vigila sulle deportazioni dall’interno del Centro ha chiesto informazioni su quella marea multicolore proveniente da tutto il mondo all’associazione "Friends of Pegah Campaign" ed ha appreso così che l’iniziativa è partita dall’Italia grazie al Gruppo EveryOne. In poche ore, grazie all’appoggio di gruppi per i diritti umani, siti internet, forum e gente comune, l’idea si è trasformata in una grande manifestazione di solidarietà. Migliaia di cittadini di ogni età, sesso, razza e condizione sociale hanno cominciato a inviare fiori e si può essere certi che l’ondata non si fermerà tanto presto. "Non sono sicura che le guardie si premureranno di separare i fiori dai biglietti, " ha dichiarato in un primo momento E.G., "perché non sono tutte famose per la loro gentilezza. Può darsi che ora le guardie gettino tutti i mazzi fra i rifiuti e che Pegah non ne sia neanche informata. Però il fenomeno è notevole e può darsi che porti attenzione sul caso di Pegah, anche per intervento dello Staff di Immigrazione e del personale della compagnia privata che gestisce il carcere. Chi può dirlo? Ogni azione è come una lama a doppio taglio. Vorrei dire al Gruppo EveryOne che è meraviglioso tutto quello che stanno facendo per Pegah e il coinvolgimento di gente di tutto il mondo. Una cosa è certa: tutto questo solleverà il morale di Pegah e in questa situazione il suo stato di salute psichica è importante tanto quanto il procedimento giudiziario in corso".
Simon Forbes di OutRage! definisce l’azione "Un gesto di incredibile umanità", mentre dall’interno del carcere giungono notizie rassicuranti: le guardie hanno compreso lo spirito dell’iniziativa e, nei limiti delle loro funzioni, si prodigano per manifestare solidarietà alla detenuta.
Chi volesse inviare una cartolina a Pegah (che sicuramente le sarà consegnata, per regolamento del Centro), può inoltrarla a:
Pegah Emambakhsh
Yarl’s Wood Immigration Removal Centre,
Twinwood Road,
Clapham, Bedfordshire MK41 6HL,
United Kingdom
Telephone 01234 821000
Per chiedere giustizia e asilo per Pegah:
United Nations High Commissioner for Refugee hqls@unhcr.org
The President of the European Parliament Hans-Gert Pötterin: info@europarl.eu.int
European Court of Human Rights Webmaster@echr.coe.int
Prime Minister Gordon Brown: http://www.number-10.gov.uk
British Embassy in Italy: RomePoliticalSectionEnquiries@fco.gov.uk
Per inviare messaggi di sostegno a Pegah:
EveryOne Group (Italy): Roberto.malini@annesdoor.com - matteopegoraro@emergentesgomita.com
Friends of Pegah Campaign (Sheffield): pegahletters@mac.com
FRIENDS EveryOnGroeup
OF PEGAH
CAMPAIGN
EveryOne Group
roberto.malini@annesdoor.com
matteo.pegoraro@infinito.it
t: 0039-334-842-9527
Mercoledì 29 agosto 2007
Comunicato Stampa
Pegah Emambakhsh. Messaggio alle Istituzioni, ai Gruppi e agli Amici.
“Friends of Pegah Campaign”, l’associazione che cura gli interessi della signora Pegah Emambakhsh a Sheffield, Regno Unito, affida all’organizzazione per la tutela dei Diritti Umani “EveryOne Group” il compito ufficiale di comunicare in sede italiana e internazionale alle Istituzioni, alle Organizzazioni e ai singoli attivisti le seguenti informazioni, con preghiera di seguire integralmente le richieste formulate.
Innanzitutto “Friends of Pegah Campaign” desidera ringraziare tutti coloro che di propria iniziativa, seguendo l’attivismo organizzato o in sede istituzionale hanno partecipato attivamente alla campagna a favore della signora Pegah Emambakhsh. I frutti del loro impegno sono di valore umano incalcolabile.
In seguito a un incontro con il Pubblico Ministero che si occupa della signora Pegah Emambakhsh avvenuto ieri mattina, 28 agosto 2007, e alla presentazione del caso alla Border and Immigration Agency da parte del team legale che la rappresenta a tutt’oggi, dichiariamo di essere pienamente soddisfatti della rappresentanza legale e politica, che ora sono pienamente efficienti.
La signora Pegah Emambakhsh ha dunque affidato pieno mandato allo studio legale che si occupa del suo caso nel Regno Unito.
Ora che il vostro straordinario supporto ha generato l’atmosfera serena, improntata al rispetto della dignità dell’assistita, fondamentale per lo svolgimento regolare del procedimento, siamo certi che tutti voi avrete la cortesia di comprendere l’estrema delicatezza dei prossimi sviluppi del procedimento e di rispettare una necessità di Pegah Emambakhsh: quella di affidarsi alle procedure, alle decisioni e alle strategie dei suoi rappresentanti legali.
Adesso dobbiamo attendere finché non conosceremo gli esiti delle prossime fasi e riteniamo che ulteriore pubblicità non sia ora necessaria né utile al caso di Pegah.
Naturalmente vi terremo costantemente informati di tutti gli sviluppi
significativi ogni volta che ci sarà possibile. Vi siamo immensamente grati
per il lavoro impegnativo ed eccezionale in favore della signora Pegah
Emambakhsh: il vostro sostegno è risultato essenziale.
Un ringraziamento a ognuno di voi.
Friends of Pegah Campaign (Regno Unito)
Per il Gruppo EveryOne
Roberto Malini, Matteo Pegoraro,
Dario Picciau, Ahmad Rafat, Steed Gamero
Emamabakhshm, Londra rinvia il rimpatrio in Iran
Sit in di protesta davanti alla sede dell’ambasciata britannica a Roma per sostenere Pegah Emamabakhsh, l’iraniana condannata a morte da Teheran perché lesbica. Il ministro per le Pari opportunità Pollastrini ha annunciato il rinvio del suo provvedimento d’espulsione, che dal 2005 si trova in Gran Bretagna. *
Almeno un centinaio di persone si sono radunate davanti alla sede dell’ambasciata britannica a Roma per il sit-in a sostegno di Pegah Emamabakhsh, l’iraniana condannata a morte dalle autorità di Teheran perché lesbica. Negli ultimi giorni diversi esponenti del governo italiano avevano manifestato la propria solidarietà: in un comunicato, il ministro per le Pari opportunità Barbara Pollastrini ha annunciato il rinvio del provvedimento di espulsione della donna, che dal 2005 si trova in Gran Bretagna.
Il segretario generale di Arcigay, Aurelio Mancuso, ha ringraziato il governo italiano per il suo impegno nella vicenda e ha annunciato un incontro martedì mattina con l’ambasciatore britannico a Roma, Edward Chaplin, al quale sarà presente anche il ministro per le Politiche ambientali Alfonso Pecoraro Scanio.
«All’ incontro - ha detto il capogruppo dei Verdi alla Camera, Angelo Bonelli - parteciperà anche il presidente di Arcigay. Il caso di Pegah è molto grave: quando nei confronti dell’Iran ci sono in gioco interessi economici, si arriva a parlare di embargo; in questo caso, invece, c’è voluto un movimento dal basso e la grande sensibilità del governo italiano».
«Il fatto che l’espatrio di Pegah sia stato perlomeno posticipato è senz’altro un’ottima notizia», fa sapere Ivana Bartoletti, responsabile Diritti Civili dei Ds. « Mi auguro che l’Inghilterra sia disposta a sostenere Pegah, accogliendo il suo desiderio di vivere libera - continua l’esponente Ds -. Qualora così non fosse allora l’Italia dovrà essere pronta ad accoglierla offrendole asilo politico. La libertà delle persone, così come il valore dell’autonomia e della vita sono valori irrinunciabili per la politica, per le istituzioni, per l’Europa».
«Rinnovo il mio impegno perché il nostro paese conceda a questa donna l’asilo politico», ha scritto il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero agli organizzatori e ai partecipanti al sit-in. «Il diritto di Pegah Emambakhsh a vivere e amare come vuole - ha sottolineato il ministro - va garantito, come vanno garantiti i diritti di tutte e tutti: il diritto alla libertà, alla felicità e a vivere la propria vita come ciascuno desidera, in modo libero e sereno. La sua battaglia è una battaglia di libertà e di civiltà che riguarda tutti e di cui tutti si devono sentire parte in causa». Per Ferrero «la mobilitazione che si è realizzata a difesa dei diritti di Pegah Emambakhsh sembra aver già indotto le autorità inglesi a rinviare il rimpatrio della donna in Iran, ora si tratta di intervenire perché la sua vita non sia più in pericolo».
* l’Unità, Pubblicato il: 27.08.07, Modificato il: 27.08.07 alle ore 20.19
ASILO A LESBICA IRANIANA, VERSO RINVIO RIMPATRIO
FRATTINI: LONDRA TENGA CONTO DEI RISCHI DEL RIMPATRIO*
La Gran Bretagna dovrebbe tenere conto del fatto che per Pegah Emamabakhsh "il rimpatrio in Iran potrebbe comportare non solo l’imprigionamento, ma anche la tortura e forse la morte". E’ quanto auspica, parlando con l’ANSA, il vice presidente della Commissione Ue Franco Frattini, che invita le autorità britanniche ad andare oltre "la questione tecnico-giuridica" che impedisce alla Gran Bretagna di riconoscere alla lesbica iraniana di 40 anni lo status di rifugiata politica. Frattini accoglie con favore la disponibilità manifestata dal governo italiano ad accogliere Pegah ("se serve a salvare una vita umana, ben venga questa iniziativa"), ma sottolinea che c’é un problema di "rispetto delle regole", che richiede da parte della Gran Bretagna "un approfondimento dell’ istruttoria".
BUTTIGLIONE: SI DEVE ACCETTARE ASILO
"L’Italia può e deve accettare la domanda di asilo politico di Pegah Embabkashsh, la donna iraniana condannata a morte nel suo paese perché lesbica". Lo afferma Rocco Buttiglione (Udc). "In sede di trasposizione di una direttiva europea sulla non discriminazione - spiega Buttiglione - il Senato ha approvato un emendamento, riformulato in Aula su mio suggerimento, che amplia in modo molto generoso il dettato della direttiva e mette l’Italia all’avanguardia nel mondo civile. Il Senato ha deciso che sia possibile accogliere le domande di asilo di chiunque sia perseguito nel suo paese per comportamenti che in Italia non costituiscono reato. Vi rientra il caso di Pegah come quello dei cristiani perseguitati nel mondo. L’emendamento è stato approvato praticamente all’unanimità". "E’ ovvio - aggiunge - che esso non implica nessuna valutazione moralmente positiva della omosessualità ma semplicemente una corretta distinzione fra la sfera della morale e quella del diritto ed il riconoscimento della trascendente dignità della persona umana che va sempre rispettata, anche quando compia delle scelte che possiamo non condividere. La distinzione fra morale e diritto è (dovrebbe essere) un cardine di una società liberale ed è proprio questa distinzione a non essere recepita dagli integralisti islamici".
POLLASTRINI: RIMPATRIO FORZATO SEMBRA RINVIATO
Sulla vicenda di Pegah "giungono primi segni di schiarita. Il rimpatrio forzato sembra, per il momento rinviato". Lo afferma il ministro dei Diritti e delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini in una lettera inviata al gruppo Everyone in occasione del sit-in a sostegno della donna lesbica iraniana. Il ministro ha sottolineato che "l’impegno del governo Prodi per i diritti umani continuerà in questa come in altre vicende drammatiche".
IL POPOLO DELLA RETE FA APPELLO AL GOVERNO
Si moltiplicano i consensi e le iniziative di solidarietà sui siti internet irlandesi e britannici nei confronti di Pegah Emambakhsh, la lesbica iraniana, detenuta dal 13 agosto scorso nel centro detentivo di Yarls Wood (Sheffield), che dovrebbe essere rimpatriata domani in Iran e rischia la morte per lapidazione una volta messo piede nel suo Paese. Mentre il ministero degli Interni britannico mantiene il riserbo sulla questione, in Rete sempre più persone chiedono infatti al governo di cambiare idea e concedere l’asilo alla donna, che in patria ha avuto due figli in seguito ad un matrimonio combinato e ha perso la compagna, condannata a morte per lapidazione. Il portale di informazione britannico ’UK gay news’, che nei giorni scorsi aveva pubblicato articoli al vetriolo come quello intitolato ’Ashamed to be british’ (’Che vergogna essere britannicì), ha riportato oggi con risalto la notizia secondo la quale l’Italia è pronta a offrire asilo politico a Pegah. Il dibattito italiano ha avuto risalto anche sui media tradizionali: il quotidiano ’Guardian’ ha intervistato alcuni membri del Gruppo EveryOne, che che ha manifestato a Roma in sostegno della 38enne iraniana. Il caso di Pegah, che da giorni tiene anche l’Italia col fiato sospeso, è vissuto insomma con trepidazione da migliaia di persone anche nel Regno Unito. "Pegah must stay", Pegah deve rimanere, dice Queera, una utente del forum irlandese ’Sapphic Ireland’ e cita l’Islamic Punishment Act in vigore in Iran, che dagli articoli 127 a 134 regolamenta il reato dell’omossessualità, prevedendo pene che vanno dalle 100 frustate alla lapidazione. Crabapple, un’altra utente di Sapphic Ireland, suggerisce di fare quello che molti in Gran Bretagna hanno già fatto, cioé scrivere un appello a Jacqui Smith, il ministro degli Interni britannico. La Iranian Queer Organization (l’organizzazione dei gay e delle lesbiche iraniani) ha creato, su petitiononline.com, una pagina per Pegah, dove chiunque può sottoscrivere la petizione contro la sua deportazione.
* ANSA» 2007-08-27 17:31
Roma - Manifestazione per salvare Pegah Emambakssh
Roma
lunedì 27 agosto 2007
ore 18.30
davanti all’ambasciata della Gran Bretagna
via XX settembre, 80
Manifestazione
Salviamo Pegah Emambakssh dalla lapidazione!
Arcigay nazionale e Arcilesbica nazionale
con l’adesione del Gruppo EveryOne.
Associazione Culturale Esthia
via San Francesco di Sales, 1c
tel. 06.97613311
www.esthia.net
* IL PAESE DELLE DONNE On line, 24 agosto 2007
URGENTE. MESSAGGIO PER SUA ECCELLENZA L’AMBASCIATORE SUL CASO PEGAH E.
Serenissima Eccellenza,
l’amico e magnanimo Eroe italico, Roberto Malini, mi ha esortato a contattarla, fornendomi un indirizzo ad hoc.
Intanto mi scuso per i toni un poco aspri e scortesi delle mie ultime.
Ma spero che lei comprenda che non si può essere troppo raffinati in certe occasioni.
Lei è un uomo potente e forse si chiederà perché un uomo "che non conta niente" come me si interessi tanto o comunque abbastanza di una donna "che non conta niente" (sto rappresentando l’immaginario collettivo della nostra cinica Europa, per me e Roberto, Pegah conta moltissimo), tanto da essere lapidata senza neanche scomodare le righe dei tabloid inglesi o italiani o europei.
Io non so cosa risponderle. A me viene normale, spontaneo. Io sono un poliziotto. Ogni volta che esco in servizio, io ed i miei colleghi siamo pronti a sacrificarci per un innocente. Se qualcuno aggredisce una donna inerme e indifesa, noi sentiamo il dovere di difenderla, anche se siamo fuori servizio.
Ma di solito interveniamo contro dei criminali, dei banditi, dei drogati eccitati dalla cocaina.
Pensare di dover scrivere ad un Ambasciatore inglese per supplicarlo di non lapidare una donna mi sconcerta.
Io non capisco cosa vi sia successo.
Perfino nel romanzo di Jules Verne, Il giro del mondo in 80 giorni, si narra di una coppia di gentlemen inglesi che pur impegnati nella gara, ritardano di qualche giorno la corsa, per salvare una ragazza dal crudele sacrificio umano dei religiosi Indù.
Quella è la grande Inghilterra che tutti noi conosciamo (non una creazione di Verne) e nella quale sperava anche Pegah.
Si ricorda quella scena, Eccellenza?
L’ha resa famosa il Vs. grande David Niven.
Che cosa vi è successo poi?
Lei ha una figlia, una moglie, un’amica a cui vuole bene?
Perché intendete lapidare una donna indifesa, che non può difendersi e che sta pensando al suicidio?
Why?
Il sig. Malini ha una grande opinione di lei ma io purtroppo non la conosco.
Io avrò una grande opinione di lei dopo che lei avrà stupito il mondo fermando personalmente quell’aereo, rappresentando il sentimento di un popolo che ha percorso con voi 2000 anni di storia e che con voi condivide la medesima lingua, lo stesso Dio, lo stesso concetto di misericordia umana.
Gesù di Nazareth un giorno convinse degli uomini a non lapidare una donna inerme che essi chiamavano prostituta. Lei può fare altrettanto, portando così il massimo onore alla Vs. Grande Regina.
La Vs. Serenissima Nobilissima Altissima Regina, Elisabetta II, che io considero anche la mia Regina, è il Capo della Chiesa Anglicana, che si basa sulla parola di Gesù Cristo, il quale salvò dalla lapidazione quella donna indifesa, ma gli affari correnti sono riservati al Governo inglese e lei è un altissimo funzionario del suo Governo.
Per questo le chiedo, anzi la supplico, da uomo "che non conta niente", di intervenire e far di nuovo grande come poco tempo addietro il suo Paese.
Non potrò mai giovare alla sua carriera, ma forse un giorno lei potrà riconoscermi questo: un uomo che non conta niente, insieme a tanti altri uomini che non contano niente come lui, mi ha dato un buon consiglio. Capita spesso, perché chi è molto in alto, talvolta è preso da tante questioni insieme e rischia di commettere errori che in circostanze normali non commetterebbe mai.
Io invece ho una vita semplice: timbro il cartellino, indosso la divisa e se un bandito cerca di accoltellare una donna indifesa ho l’obbligo di salvarla e sento un mio dovere inderogabile farlo, a qualsiasi ora del giorno.
Una volta, ho tenuto la mano di una ragazza gravemente ferita e l’ho confortata in attesa dell’arrivo dell’ambulanza. Quella ragazza ce l’ha fatta. Io ce l’ho fatta.
Quando fra qualche giorno sapremo che Pegah è stata lapidata, ci sarà perfino qualcuno nelle alte sfere del potere che si indignerà perché "la cosa non era stata adeguatamente considerata".
Eviti tutto questo, la supplico. Se nel suo Paese non hanno capito la cosa, lei adesso l’ha capita.
Fermi lei stesso quell’aereo, anche con il pretesto delle gomme lisce o di una mancata revisione delle turbine. Se vuole qualcuno di noi l’accompagnerà, a nostre spese.
Darà la colpa a noi, se vuole. Ci faccia arrestare, agisca come meglio crede.
A noi interessa solo che una donna "che non conta niente" (sto di nuovo rappresentando l’immaginario collettivo della nostra cinica Europa, per me e Roberto, Pegah conta moltissimo), tanto da essere lapidata senza neanche scomodare le righe dei tabloid inglesi o italiani o europei, possa essere "graziata" e consegnata a qualche civile persona che ancora ricordi le deportazioni naziste in Europa.
Ho parlato fin troppo. A nulla valgono le mie parole di fronte ad una persona intelligente e potente come lei.
Le copio sotto l’umile proposta che le avevo indirizzato all’altro indirizzo e che forse quindi non ha avuto modo di leggere.
In pratica offro la mia ospitalità alla Sig.ra Pegah E., quale cittadino europeo, senza spese per lo Stato. Non conta più l’asilo politico.
Rimarrebbe sotto il comune regime dell’ospite-amico di cittadino europeo, con permesso di soggiorno Schengen.
La prego di contattarmi a qualunque ora se ritiene la cosa giuridicamente praticabile. Sotto ci sono tutti i miei dati personali.
Mi sottometto alla sua autorità, supplicandola di fare tutto il possibile.
Salvatore Conte
La risposta di Michael Petrelis alla proposta del dott. Salvatore Conte (fls).
From: MPetrelis@aol.com To: conte@queendido.org ; michael@petrelisfiles.com Cc: aisha.ayari@gmail.com ; matteo.pegoraro@infinito.it ; roberto.malini@annesdoor.com Sent: Monday, August 27, 2007 2:08 AM Subject: Re: Pegah: asylum and why not a simple hosting?
In a message dated 8/26/2007 3:41:13 A.M. Pacific Daylight Time,
conte@queendido.org writes:
Dear Great Man,
please anyone has thought about the legal chance to simply propose a common hosting in Europe for Pegah?
I mean: they say "NO ASYLUM", she’s not omosexual.
But if an European citizen wants to host and to give a job to a foreign citizen, which is the problem?
Actually many persons wish to host Pegah at their houses and myself too I have sent an official will to Minister Pollastrini in Italy, writing her I wish to host Ms. Pegah as a member of my family (I’m not omosexual, I’m married with a daughter, but I’m not a nazist, dear great man).
Which is the legal opposition here?
I commonly host friends from Arabic Countries and I got for them visa to go here in Europe! And Pegah is just here!
Please reflect to this possibility.
He’s not charged with anything of not legal.
She just need a legal hosting in Europe, I think.
Thank you so much,
Salvatore Conte (Rome)
+39.334.9731301
http://laroutedelissa-friends.over-blog.com/
http://www.lavocedifiore.org/
(you find here my proposal to the Minister)
Hello Savlvatore:
Thanks for writing. Please attend the sit-in on Monday at the British embassy in Roma.
Two Italian gays, Matteo and Roberto, are organizing the demonstration in Roma.
Get in touch with them, even if you cannot make it to the demonstration.
Matteo:
matteo.pegoraro@infinito.it,
Roberto:
roberto.malini@annesdoor.com
I remain very hopeful the British will grant Pegah asylum and not deport her back to the murderers in Iran.
Keep in touch, Salvatore.
hugs,
michael
Re: Pegah: asylum and why not a simple hosting?
Dear Michael,
Thank you so much for your reply.
I think Matteo and Roberto and yourself too are Heroes as in the Epic Poems of Classical Age.
You are the confirm of an ancient model, an ancient challenge, where a holy woman is in the middle of a fight between opposite cosmic Entities.
Not everybody understands this and not everybody acts knowing this, but this is the theatre since millenias.
Sit-in informations were very soon published by Prof. Federico La Sala on his well-known journal on-line:
http://www.lavocedifiore.org/
directed by an Italian Representive at European Parliament, On.le Gianni Vattimo.
Prof. La Sala is following with great energy this terrible case. Grazie dal cuore Federico. Guarda se Gianni può fare il miracolo.
I feel very sad, I have not your braveness.
I thank you all for your incredible moral strenghtness.
Last time I tried to do something was for Simona Torretta when she was prisoner in Iraq. But that time the enemy was invisible.
It seems to me incredible to fight against UK Government as if it was the FARC army (relating to Ms. Betancourt) or a group of common bandits as for Ms. Torretta.
Anyway, the best thing is to have met you.
Ms. Ayari, my beloved friend, tells that - in such a way - we are not saving Pegah; Pegah is saving us. I think this is really true.
We, our society, are dying. Her life can save ours.
The Friends of Pegah can do great things, but now it’s forbidden to talk about it because they want to drink her blood.
With no more words and with no more energies.
Thanks to you all, Heroes of Human kind.
Salvatore
(Les Amis d’Elissa)
http://laroutedelissa-friends.over-blog.com/
[Lunedì, 27/08/2007 - 13.14].
Lunedì a Roma sit-in per Pegah Emambakhsh *
La donna iraniana Pegah Emambakhsh rischia la vita perché lesbica. Lo stabilisce - stando a quanto si è finora appreso - la Shari’a o legge islamica che viene applicata in Iran. Secondo alcune ricostruzioni della sua vicenda, la Emambakhsh è fuggita dall’Iran nel 2005 - passando prima in Turchia e poi andando in Gran Bretagna - dal momento che la sua compagna, nel loro Paese di origine, era stata torturata e condannata a morte per lapidazione. Ma non solo: anche il padre di Pegah sarebbe stato arrestato, interrogato e infine torturato dalle autorità per gli spostamenti della figlia. Che poteva rappresentare - evidentemente - una minaccia per la "immagine" del regime.
Adesso, c’è un pronunciamento del governo inglese da attendere. Per ora, si sa che l’asilo le è sempre stato negato, al punto che per martedì 28 agosto è già stato prenotato il volo per rimpatriarla (volo British Airways, numero BA6633). La partenza è stata fissata alle 21,35 ore britanniche. Per questo, lunedì organizzazioni gay e lesbiche italiane e alcuni gruppi - tra cui Verdi, i Radicali Italiani e i Ds - hanno organizzato un Sit-in di fronte all’ambasciate britannica, a Roma, affinché da Londra arrivi un ripensamento e alla Emambakhsh venga concesso asilo.
Ma se così non fosse, afferma il ministro della Giustizia Clemente Mastella, «la mia opinione e quella del mio governo è cioè di fare tutto perché Pegah Emambakhsh, nel rispetto delle leggi vigenti, abbidiritto di asilo». Aggiunge il viceministro degli Esteri italiano Patrizia Sentinelli: «Abbiamo attivato tutti i canali diplomatici per evitare che Londra la rimpatri in Iran dove rischia la vita. Ma se verrà espulsa siamo pronti ad accoglierla».
«È una battaglia di civilità, mobiliti tutte le coscienze», chiede Ivana Bartoletti, responsabile nazionale Diritti civili dei Ds, e poi annuncia la sua partecipazione alla manifestazione. Anche i Verdi aderiscono al sit-in di lunedì pomeriggio per Pegah: «Mobilitarsi per salvare la vita a una persona condannata a morte solo perché accusata di essere lesbica è un dovere civile», afferma il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. «È necessario formalizzare la disponibilità ad accogliere in Italia Pegah avanzata anche dal ministro Barbara Pollastrini perché altrimenti le dichiarazioni non impediranno il rimpatrio. E il tempo sta per scadere», ha dichiarato l’europarlamentare dei radicali Marco Cappato. Ma c’è anche il sindaco di Venezia ,Massimo Cacciari, che a sua volta aderisce «con totale convinzione alla campagna per la salvezza di Pegah Emambakhsh» e offre ospitalità alla donna nella «tradizione di Venezia città-rifugio per i perseguitati, già onorata in un recente passato».
* l’Unità, Pubblicato il: 25.08.07, Modificato il: 25.08.07 alle ore 18.28
Sereni: «I diritti dei gay vanno difesi sempre e ovunque»
di Umberto De Giovannangeli *
«L’Italia fa bene a ricercare il dialogo con l’Iran su grandi questioni che riguardano la stabilità e la pace, ma questa ricerca deve accompagnarsi all’affermazione dell’intangibilità dei diritti fondamentali delle persone, e tra questi diritti inalienabili c’è quello della scelta nella sfera della sessualità. Per questo la vicenda di Pegah Emambakhsh ha una valenza che va anche al di là di quello che resta oggi l’obiettivo fondamentale: salvare la vita ad una donna che rischia la lapidazione per la sua scelta sessuale. Per raggiungere questo obiettivo occorre esplorare tutte le strade possibili: occorre premere sulle autorità britanniche perché concedano alla donna iraniana l’asilo, ma se questa via si dovesse rivelare impercorribile, l’Italia deve esser pronta ad accogliere Pegah». Ad affermarlo è Marina Sereni, vicepresidente del gruppo parlamentare dell’Ulivo alla Camera.
Sono queste ore decisive per Pegah. Qual è il suo pensiero in proposito?
«Per fortuna la mobilitazione e l’informazione hanno portato a conoscenza dell’opinione pubblica il caso della donna lesbica iraniana, un caso che richiama la necessità di difendere i diritti umani di tutte le persone, in ogni condizione e in ogni contesto. Pegah rischia la pena capitale per il suo orientamento sessuale. Noi già nelle scorse settimane avevamo sollevato nuovamente la necessità di una forte pressione sul governo iraniano affinché cessassero le esecuzioni capitali, perché la campagna che l’Italia sta conducendo a livello internazionale assieme a molti altri Paesi per la moratoria universale sulla pena di morte deve avere anche risultati concreti, non può restare solo una testimonianza di principio. Sul rispetto dei diritti umani non vi può essere un "doppiopesismo": questi diritti vanno difesi sempre e ovunque, non possono essere subordinati a interessi economici o a simpatie ideologiche. Sulla difesa dei diritti umani non c’è realpolitik che tenga. E tra i diritti da salvaguardare vi sono quelli inerenti alla sfera degli orientamenti sessuali».
Questa affermazione come si traduce nel caso di Pegah?
«In questo caso specifico, noi condividiamo e sosteniamo la linea seguita dal governo, siamo convinti che sia necessario continuare a esercitare una doppia pressione -politica e diplomatica, anche sulle autorità britanniche, affinché possa essere accolta la richiesta di asilo per Pegah e possa essere evitato il rimpatrio in Iran. Vanno esplorate tutte le strade che possano evitare alla donna il rimpatrio in Iran, inclusa, se necessario, l’accoglienza di Pegah nel nostro Paese. Una decisione che se dovesse essere assunta dal governo, sono certa che otterrebbe il consenso pressoché unanime del Parlamento, a cominciare dal gruppo parlamentare più grande, quello dell’Ulivo».
Salvare la vita di Pegah: è questa oggi la priorità assoluta. Ma più in generale, quali indicazioni è possibile trarre da questa vicenda?
«Ci sono due profili di cui tener conto. Da un lato, occorre sottolineare con forza come gli orientamenti sessuali non possano essere il terreno della violazione dei diritti umani fondamentali, il che significa non sottovalutare che molte discriminazioni hanno come vittime le donne e gli omosessuali. Dall’altro lato, l’Iran è un Paese nei confronti del quale riteniamo che debba essere esercitata un’azione volta ad aprire un dialogo sulle questioni complesse che riguardano la regione - dalla vicenda irachena a quella afghana, dalla stabilità del Medio Oriente alla questione del nucleare. Mettere all’angolo Teheran non giova alla pace. Al tempo stesso, però, non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani che avvengono in quel Paese. Ed è per questo che crediamo giusta la linea seguita dall’Italia: quella di accompagnare quest’apertura e disponibilità al dialogo con una intransigenza sul terreno dei principi e del rispetto dei diritti umani. Dialogo sì, ma senza censure».
Non ritiene che sino ad oggi la difesa degli orientamenti sessuali sia rimasta troppo ai margini dell’iniziativa per la tutela dei diritti umani, come se ne fosse un aspetto secondario?
«Sì, è così, e oggi invece risulta sempre più evidente che la qualità di una democrazia si misura dalla capacità di rispettare tutte le scelte etiche e gli orientamenti sessuali, e che anche in casa nostra, se vogliamo combattere la violenza, non possiamo trascurare quelle specifiche e odiose forme di violenza a sfondo sessuale o animate da odio omofobico».
* l’Unità, Pubblicato il: 26.08.07, Modificato il: 26.08.07 alle ore 8.31
Commissariato Onu: 40 rifugiati omosessuali in 2 anni in Italia *
ROMA - In poco più di due anni in Italia sono 40 le persone omosessuali provenienti da vari paesi (Algeria, Marocco, Colombia) che hanno ottenuto lo status di rifugiato o un permesso umanitario per sfuggire alla persecuzione per orientamento sessuale. A rilevarlo è Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati(Unhcr) in riferimento alla vicenda di Pegah Emamabakhsh, la donna iraniana condannata a morte nel suo paese perché lesbica. "Abbiamo accolto molto positivamente l’interessamento dell’Italia al caso di Pegah - aggiunge - perché è giusto evitare un’espulsione che sottoponga la donna a pericoli seri". "La facoltà di ottenere lo status di rifugiato per chi è perseguitato per il suo orientamento sessuale è prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951 - ricorda Laura Boldrini - che tra i motivi di persecuzione, oltre alle idee politiche, la razza, la nazionalità, la religione, mette anche l’appartenenza a un gruppo sociale".
"Lo stesso - aggiunge - è previsto da alcune direttive Ue e dalle linee guida della commissione nazionale per il diritto d’asilo del Viminale che recepisce l’interpretazione dell’Unhcr sulla persecuzione per motivi di genere". Una persecuzione che viene riconosciuta, dice ancora Laura Boldrini "non solo in presenza di condanne penali ma anche di discriminazioni tali da rendere la vita intollerabile". "In caso di rischio vero - ribadisce la portavoce dell’Unhcr - è altamente raccomandabile evitare il respingimento di una persona perseguitata". Dunque ciò che ci si aspetta dalla Gran Bretagna ora è: "il riesame del caso sulla base della pubblicità che la storia di questa donna ha avuto, che crea nuovi elementi di pericolo per lei in patria e la rende ancor più bisognosa di protezione, o la sospensione dell’espulsione e la concessione di un permesso umanitario". Se tutto ciò non avvenisse, un altro paese europeo, dunque anche l’Italia, in base al regolamento ’Dublino 2’ potrebbe intervenire contro il trasferimento della donna in Iran. "Questo regolamento - spiega Boldrini - prevede la facoltà per gli Stati di fare ’opt in’, assumersi cioé la responsabilità di un caso specifico anche senza averne diretta competenza. Nel caso di Pegah infatti la competenza è della Gran Bretagna perché è lì che è stata presentata domanda di asilo". "E’ sufficiente che l’Italia si dichiari disposta ad esaminare la concessione del diritto di asilo e - conclude Laura Boldrini - che la Gran Bretagna conceda il trasferimento della donna nel nostro Paese".
* ANSA» 2007-08-27 17:31