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Caro Papa Benedetto XVI ... un piccolo regalo. Una lettera aperta dall’America Latina a Ratzinger, senza "copy right", di Fausto Marinetti - a cura di pfls

domenica 10 giugno 2007.
 
[...] Noi, i crocifissi, vogliamo farti un piccolo regalo, alla portata delle nostre tasche (o della nostra pancia?): ti dedichiamo l’ultimo libro digitale scritto dai nostri difensori (i teologi del terzo mondo): “Bajar de la cruz a los pobres”. Sai ti basta leggere la copertina con un’immagine così significativa che la capiscono anche gli analfabeti, gli indios, i contadini, tutti... Un “uomo qualunque”, tira giù, strappa dalla croce un contadino crocefisso. Perché non l’appendiamo in tutte le chiese, in tutte le banche, in tutti i seminari, su tutti i libri di preghiera, in tutte le case, sul libretto degli assegni dei prelati, preti, religiosi, suore, cristiani del mondo? [...]

Riflessione

Lettera aperta a Ratzinger

di Fausto Marinetti

Date: 05 Jun 2007

20.5.2007

Caro Papa,

sono uno di quei milioni di senza tetto, senza terra, senza dignità, senza lavoro, senza salute, senza riso e fagioli, che sovrabbondano nel “paese della speranza”. Ma tu lo sai che l’America Latina non è “Alice nel paese delle meraviglie”? Ci andavamo un po’ stretti nei 12 discorsi scritti di tuo pugno, in occasione della V Conferenza dei nostri vescovi ad Aparecida. Non averne a male, noi non li leggeremo mai! Tu parli per i colti, i teologi, i professionisti del pensiero. Noi siamo “professionisti della sopravvivenza”, dell’arte di “ingannare la morte ingiusta e prematura”. Sei venuto come capo di Stato, tu, seguace di Uno che non aveva neppure dove posare il capo.

Capo di Stato? Ma non siamo noi, vittime, derelitti, aidetici, ubriaconi, meninos de rua, il tuo “Stato”, l’unico che ti spetta, l’unico possibile per chi si fa chiamare “padre di tutti”? Sì, certo, hai parlato anche “di noi”, non “con noi”. Per compatirci, per farci l’elemosina, per dire ai “buoni” di usarci per accumulare beni per il cielo... Basta! Non ne vogliamo più sapere di briciole umilianti, non siamo della stessa “pasta” di quel Cristo tu adori nell’ostensorio? Trattaci, allora, come se fossimo il Suo ostensorio, almeno.

Non sei venuto “per noi”, ma per i pastori. Va bene. Invece di tante chiacchiere, perché non gli hai dato un esempio concreto, come faceva quel pastore, che è venuto per cercare i malati, i perduti, gli smarriti, i disperati, i non-esistenti, perché nulla-tenenti? Chi cercava il Cristo? Forse i sommi sacerdoti, gli impresari, i capi di Stato, i benefattori?

Sei venuto, come sempre, a portare, a dare, a distribuire: dottrina, tanta dottrina; precetti morali, tanti precetti morali; teologia, tanta teologia. Che ce ne facciamo di questo ben di Dio, tutto asettico, tutto astratto, quando a noi basta un piatto di riso e fagioli? Se Dio è il tuo “tutto”, sappi che, per noi, il “tutto” è un piattino di cibo! Se non riusciamo neppure ad essere uomini, come faremo ad essere cristiani? Ce lo saprà dire chi si presenta alla storia con il “carisma dell’infallibilità”? Tu sei preoccupato per la perdita dei fedeli, che disertano i tuoi templi troppo seri, troppo ingessati, troppo ingombrati di catechismi, teologie euro-centriche, canonizzazioni, spiritualità disincarnata, ecc. Non te ne avvedi che non c’è più spazio per noi? Noi, latino-americani, nasciamo nella culla della musica e della danza. Vai in una favela: non trovi un’aspirina, ma ad ogni angolo c’è un bar con musica a tutto volume. Da noi, musica e danza sovrabbondano, perché non costano nulla. Sai, è il nostro modo di pregare, di ringraziare il cielo. Ma è Lui, il Cielo che ti manda a dire di essere triste quando qualcuno prega, cantando e ballando, a pancia vuota. Lo sai? Musica e danza sono i nostri anestetici. Me l’ha confidato un poveraccio: “Per me, cantare e ballare è uno stratagemma per ingannare la fame”. O è il miracolo della musica, che tu tanto ami?

Lo sai? Un giornalista brasiliano ha osato fare il parallelo tra te e Hitler, in quanto tutti e due puntate su un “popolo guida”: lui sulla razza ariana, tu su quella cristiana, tutta doc! (Nella tua parrocchia italiana andrebbe in galera di filato per vilipendio al Capo dello Stato Vaticano). Ma se per caso ci fosse un briciolo di verità nell’intuizione di quello sfrontato? Non chiami a raccolta i fedelissimi (Opus Dei, CL, Legionari di Cristo, neo-catecumenali, carismatici) per lanciare tutti i giorni la tua crociata contro relativisti, materialisti, edonisti? Non recluti simpatizzanti, lefevriani, integralisti, per “militare” contro abortisti, omosessuali, fautori dell’eutanasia? Non vuoi formare il tuo “popolo-guida”, la cui missione è di salvare il mondo dal male? Ma non l’ha già salvato Cristo? Fondamentalismo, dogmatismo, assolutismo sono così contagiosi che quasi non ce ne accorgiamo di essere infettati.

Ti sei presentato al soglio pontificio con il “Deus caritas est”. Troppo lusso, per noi, sotto-uomini. Scusa tanto, noi siamo ancora in attesa del “Deus justitia est”. Ci basterebbe un Dio che sa fare i conti, che ci insegni a distribuire la torta dei beni del pianeta secondo il numero dei suoi abitanti. Parlare di amore a chi muore di fame non ti pare un po’ troppo amaro, contraddittorio, sarcastico? Perché non hai chiesto conto agli impresari che ti hanno pagato il conto (vitto, alloggio, la casula con 15 km. di filo d’oro, ecc.) quale salario pagano ai loro dipendenti, quale pensione, quali cure mediche? Insomma: se tu stai con loro, come fai a stare con noi? Se benedici loro, come fai a benedire le nostre lacrime, le nostre stigmate, i nostri figli, veri professionisti nell’arte del patire? Si può forse stare con i crocifissi e con i loro crocefissori!

Vedi, noi, “res nullius”, schiavi dei bisogni primari abbiamo un’altra maniera di vedere le cose. Ci rivolgiamo a te, perché a chi si devono rivolgere i “figli” se non al “padre”? Chi li può capire, cioè accogliere, al di là dei relativismi, dei materialismi, che li possono indurre in tentazione di disperazione?

Vedi per noi l’unica cosa “relativa” è proprio la dottrina che, per te, a volte, pare quasi un assoluto. Noi, “figli dell’uomo”, non veniamo prima di ogni dottrina, prima di ogni lotta teologica, prima delle conversioni del riso, prima delle concorrenze tra le varie chiese, perché ci hanno messo su quella croce dalla quale continuiamo a gridare: “Fratelli, dove siete? Non vediamo, non sentiamo il padre, perché non abbiamo fratelli...”.

La nostra fame e la nostra sete (di lavoro, giustizia, pace, salute, ecc.) viene prima di ogni teoria. Sulla dottrina ci potremo scannare, ma dopo, non prima di aver risolto, soddisfatto i diritti umani di tutti. E’ questa la carta d’identità senza della quale non si passa l’esame in umanità (vedi Mt 25). Un dogma dichiarato perfino dai pagani: “Primum vivere, deinde philosophari” e anche teologizzare. Certo, la verità è importante; la dottrina è la sua custode; filosofia e teologia sono le braccia di qualunque “Dio”; Gesù Cristo è l’Uomo che porta a compimento l’uomo e la chiesa è il suo cuore. Su questo non ci piove. Piove invece a dirotto sul fine di tutto questo, noi, uomini, ai quali non è permesso essere uomini. Non siamo eccezioni, ma regola: 840 milioni nel mondo, 205 milioni in America Latina. Ogni due persone che hai incontrato in Brasile, una fa la fame. Perché non lanciare un’alleanza con tutte le religioni, con tutte le ideologie, una specie di patto sull’uomo? Non sarebbe la fine di ogni terrorismo, specie quello più subdolo, quello delle leggi economiche che ci condannano alla fame “legalmente”, come sempre, “secundum legem”?

Famiglia, sessualità, difesa della vita, bioetica, ecc. ecc. tutto è importante, ma se ti preme proprio la “vita dalla concezione al suo esito finale”, non puoi ignorarci, o trattarci come “poverini” che meritano briciole di compassione. Vogliamo dignità, giustizia, ciò che ci spetta per diritto, non per degnazione.

Noi, i crocifissi, vogliamo farti un piccolo regalo, alla portata delle nostre tasche (o della nostra pancia?): ti dedichiamo l’ultimo libro digitale scritto dai nostri difensori (i teologi del terzo mondo): “Bajar de la cruz a los pobres”. Sai ti basta leggere la copertina con un’immagine così significativa che la capiscono anche gli analfabeti, gli indios, i contadini, tutti... Un “uomo qualunque”, tira giù, strappa dalla croce un contadino crocefisso. Perché non l’appendiamo in tutte le chiese, in tutte le banche, in tutti i seminari, su tutti i libri di preghiera, in tutte le case, sul libretto degli assegni dei prelati, preti, religiosi, suore, cristiani del mondo?

Prima di discutere il contenuto, discutiamo sul ritratto: è la fotografia dell’umanità del secolo del consumismo, del lusso, dello sperpero, tutte bestemmie contro l’uomo, prima che contro Dio.

Togliere, staccare, tirar giù dalla croce i popoli del sud del mondo, significa che qualcuno ce li ha messi sulla croce, vero? A noi non interessa “dire la messa” in latino, in ebraico, in cinese... ci interessa che si coniughi le parole più semplici del mondo per celebrare la vita di ognuno di noi: Io mangio, tu mangi, egli, noi, voi, essi mangiano. Non siamo noi la “vostra messa”, noi immolati sull’altare dell’economia globale?

Ti facciamo notare un dettaglio: quei teologi con questa operazione ti lanciano un messaggio: il loro testo è gratuito, “dato” per tutti. Non ti pare che è come la manna in questo deserto della lussuria del lucro ad ogni costo? Non è un esempio eloquente ad un Vaticano, che ha messo il copy right su tutte le tue parole, discorsi, punti e virgole? Una sfida fraterna, una provocazione buona? Qualcosa di più: un esempio da seguire, da proporre a tutti coloro che operano nel campo culturale. Il sudore umano non è riducibile ad un prezzo, non è commerciabile. In attesa di proclamarlo “urbi et orbi” con il timbro dell’ONU, cominciamo con la produzione del pensiero, cioè dell’anima. Che esempio, che schiaffo morale a tutte le dottrine economiche, alle ideologie e alle religioni che hanno tradito l’uomo!

Caro papa, noi ti vogliamo bene, perché anche tu sei un “uomo”, soltanto un uomo come noi. La sera, quando ti togli i paramenti, i paludamenti, la mitria; quando deponi titoli e riconoscimenti; quando si spengono le voci adulatorie e servili che ti chiamano “Sua Santità”, “Santo Padre”, “Servo dei Servi di Dio”, ecc. guardati allo specchio: vedrai, in te, tutti noi. E ci sentirai nel tuo cuore. Sarà il momento della mistica più intensa della tua giornata e noi saremo tutti lì, con te, a fare il tifo per l’uomo, cioè per Cristo, “figlio dell’uomo”, per la sua-nostra fame, sua-nostra sete di umanità.

Grazie.

Dal sito http://www.chiesaincammino.org/

* IL DIALOGO, Giovedì, 07 giugno 2007


Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione

di ADISTA *

Importante iniziativa di Adista che ha tradotto e messo a disposizione gratuitamente il libro "Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione" edito dalla Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo, in risposta alla notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino.

Care lettrici, cari lettori,

segnaliamo un’importante novità sul nostro sito. Si può leggere finalmente anche in italiano, scaricandolo gratuitamente dalla home page di www.adista.it, il libro digitale "Bajar de la cruz a los pobres: cristología de la liberación" ("Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione") della Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo.

La traduzione italiana, curata da Adista, dell’originale spagnolo (che, insieme alla traduzione in inglese, è disponibile agli indirizzi www.eatwot.org/TheologicalCommission e http://www.servicioskoinonia.org/LibrosDigitales) è presentata dal teologo Carlo Molari e presenta due contributi in più: di Aloysius Pieris e dello stesso Molari (è possibile leggere l’originale )

Il libro della Asett è la risposta di circa 40 teologi della liberazione alla Notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino (autore dell’epilogo del libro), ma non solo: è una difesa, appassionata e potente, della cristologia della liberazione, quella che Leonardo Boff, nel prologo, definisce "una teologia militante che lotta per ’far scendere dalla croce i poveri’".

È questa voce potente quella che è oggi offerta anche al pubblico italiano, attraverso un nuovo metodo che l’Asett ha voluto sperimentare: quello di un libro digitale, libero e gratuito, che, scrive José María Vigil, coordinatore della Commissione Teologica Internazionale della Asett/Eatwot, "può essere regalato e inviato da chiunque per posta elettronica e che potrà anche essere stampato su carta mediante il procedimento della "stampa digitale", un metodo che permette di stampare su carta quantità minime di esemplari (5, 10, 20...), a un prezzo praticamente uguale a quello di un libro normale".

Per scaricare il libro, clicca qui

* IL DIALOGO, Mercoledì, 06 giugno 2007


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