ANTROPOLOGIA. La "legge della casa" ("eco-nomia"), Il "caro-prezzo" ("caritas") del Dio-Mammona e il "Dio" di "Maria" e di "Giuseppe" (Amore: "Charitas")!!!

ECONOMIA E TEOLOGIA. ALLARME MUTUI: IL CROLLO DELLA CASA. UN GRIDO D’AIUTO E UN’INDICAZIONE DAGLI STATI UNITI: "SAN GIUSEPPE, AIUTACI TU!". Una nota di Ennio Caretto e un’analisi di Ilvo Diamanti - a cura di Federico La Sala

"IN GOD WE TRUST", "DEUS CARITAS EST": L’ORDINE SIMBOLICO DEL "DIO" DI "MAMMASANTISSIMA" E’ CROLLATO.
giovedì 1 novembre 2007.
 

-  lo fanno banche, agenzie e privati. il Wall street journal,: Molti i "miracolati"

-  «San Giuseppe, aiutaci tu!»
-  E i "miracolati" vendono le case

-  Contro la crisi immobiliare riprende piede in America l’abitudine di seppellire la statuetta del santo in cortile

WASHINGTON - «San Giuseppe, aiutaci tu!». Questa è l’invocazione dei proprietari di case, delle agenzie immobiliari e delle banche che non riescono più a vendere gli immobili a causa della crisi dei mutui e che hanno bisogno di realizzare subito per fare fronte ai debiti. Affinché San Giuseppe li ascolti, corrono a comprarne la statuina, qualcuno anche a farla benedire, e la seppelliscono in cortile, in giardino o in cantina. Su come vada a finire non esistono statistiche attendibili, ma a quanto dichiarato dagli interessati al Wall street journal, sovente il Santo li esaudisce.

I "MIRACOLATI" - Alcuni "miracolati" non solo riescono a vendere la casa, ci guadagnano, anche sebbene negli ultimi mesi si siano molto deprezzate. Da sempre in America San Giuseppe, falegname e forse muratore, è il Santo protettore del settore immobiliare. Certe imprese forniscono agli agenti, oltre che la sua statua, anche biscotti di San Giuseppe per possibili acquirenti, una biografia, e via di seguito. L’usanza di seppellirla era limitata ai cattolici, ma nella crisi dei mutui subprime, ossia ad alto rischio, vale anche per i fedeli di altre religioni. Cari Luna, una ebrea convertita al buddismo, ha riferito al Wall street journal di avere concluso un buon affare nel giro di una settimana grazie a San Giuseppe: "E sì che per sei mesi non ho venduto nulla!".

BOOM DI VENDITE - Good fortune online, uno dei fornitori della statuina, è passato da 2 spedizioni alla settimana a 25 al giorno, mentre un negoziante di New York, Richard Weingard, ne ha triplicato le vendite mensili, oltre 400. Il costo varia dai 5 ai 30 dollari a seconda della qualità e delle dimensioni, se San Giuseppe sia solo, lavori il legno o porti Gesù in braccio. In genere, si tratta di statue "made in China" con scritte in inglese. Per buona misura, con quella di San Giuseppe, Good fortune offre adesso anche la statuina di San Giuda, il Santo protettore delle cause perse.

COI FIORI E A TESTA IN GIU’ - James Martin è un gesuita, autore del libro «La mia vita con i santi». Ha spiegato al Wall street journal che secondo la tradizione americana la statuina deve essere interrata a testa in giù, e che chi vuole vendere un appartamento può metterla in un vaso di fiori. La intercessione del Santo sarebbe tanto più probabile quanto più la statua fosse vicina al cartello "in vendita". Lo storico Jaime Lara ritiene che il rito risalga al medioevo, quando chi occupava un lotto di terreno vi erigeva una croce o una statua. E aggiunge che le ragazze da marito seguivano un rito analogo: temevano in casa una statua di Sant’Antonio a testa in giù fino a quando non si sposavano.

Ennio Caretto

* Corriere della Sera, 30 ottobre 2007 (modificato il: 31 ottobre 2007)


Sul tema, in generale, si cfr. nel sito:

DIO: GESU’, MARIA ... E GIUSEPPE, DOV’E’?!

MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI: "VA’ RIPARA LA MIA CASA"!!!

"DEUS CARITAS EST": LA VERITA’ RECINTATA!!!

"IN GOD WE TRUST": TUTTO A "CARO-PREZZO" ("DEUS CARITAS EST"!!!

RIPENSARE L’"AMERICA" E IL SOGNO DEL "NUOVO MONDO".

COPYRIGHT E PIRATERIA VATICANA!!!



Se la casa crolla

di ILVO DIAMANTI (la Repubblica, 02.09.07)

C’è qualcosa di «familiare» - e di inquietante - in questa crisi finanziaria, «esportata» dagli Usa sulle piazze finanziarie di tutto il mondo. Perché il collasso delle borse non è stato prodotto dal crollo di una grande impresa o delle Torri gemelle. Ma dal crollo della «casa». Dalle difficoltà di milioni di americani, incapaci di pagare le rate dei mutui contratti per comprare la loro abitazione. Persone a basso reddito, a cui istituti bancari, assicurativi e altre agenzie hanno concesso «credito», per sostenere il mercato immobiliare, divenuto il principale motore del mercato finanziario, dopo la crisi della new-economy. E perché il rischio era, comunque, diluito, diffuso, polverizzato. Sparso nel mondo, dalle stesse banche, attraverso fondi, bond e altri «prodotti finanziari» derivati. Scaricato, una volta di più, sui risparmiatori, spesso ignari.

Così, l’insolvenza degli americani poveri, incapaci di pagare le rate del mutuo, di mese in mese più pesanti, non solo ha privato loro della casa (si calcola che questo rischio coinvolga circa 2 milioni di persone). Ma ha ridotto i prezzi immobiliari, negli Usa. Ha, inoltre, scosso le borse e i mercati di tutto il mondo. E, con esse, ha minacciato i risparmi di molte persone e di molte famiglie. Infine: ha colpito la «casa» stessa come istituzione. Non ne ha solo ridotto il «valore di mercato», ma anche il «valore sociale». L’ ha «svalutata». E ha reso evidenti le conseguenze che una globalizzazione senza controlli può avere sulla vita e sulla sicurezza delle persone.

Questa considerazione, riteniamo, ha influito in modo determinante sulla decisione di Bush, nei giorni scorsi, di varare misure a favore delle famiglie maggiormente a rischio. Quasi che lo spirito di Keynes fosse tornato a soffiare sugli Usa, dopo anni di ultraliberismo. Più delle possibili conseguenze finanziarie, hanno pesato, a nostro avviso, quelle sociali. E, quindi, politiche. La perdita di consenso, irreparabile, che avrebbe potuto produrre un popolo di «homeless».

La questione, ovviamente, vale a maggior ragione per l’ Italia. Dove l’ importanza della casa assume un ruolo perfino iperbolico. Idealtipico.

-  a) Oltre sette italiani su dieci, infatti, sono proprietari dell’ abitazione in cui vivono (Dato ricavato, come i seguenti, dall’ Osservatorio sul Capitale sociale di Demos-coop, maggio 2006). Oltre due su dieci ne possiedono almeno un’ altra. Il 13% ha in animo di acquistarne una, nel prossimo futuro (ma il dato risale, appunto, a un anno fa).
-  b) La casa, infatti, è considerata non solo in quanto «residenza», ambiente di vita. Ma come «patrimonio» che si mantiene, riproduce e trasferisce, di generazione in generazione. Tanto che oltre il 70% sostiene che, in futuro, lascerà o riceverà un’abitazione in eredità. Ovvio che ogni intervento «fiscale», in questo ambito, produca una reazione generalizzata e trasversale. Dal punto di vista sociale e politico. Lo ha verificato il centrosinistra, al momento del voto nel 2006, quando ha pagato a caro prezzo le affermazioni, incaute, di alcuni leader (in testa Prodi), a proposito delle successioni e di altre tasse sulle abitazioni.
-  c) La casa è motivo di gratificazione e di distinzione. Il 90% degli italiani se ne dice soddisfatto. Il 20% la ritiene una delle principali fonti di «considerazione sociale».
-  d) Al di là degli aspetti che riguardano il patrimonio e la condizione di vita, la «casa» è importante dal punto di vista della sicurezza. E’ , infatti, considerata l’ estremo confine tra sé e gli altri. Tra sé e il mondo. Il luogo del «privato», in cui ci si sente liberi. A proprio agio. Sicuri. Insieme ai propri cari. In famiglia. «A casa propria», come si è soliti dire. Per questo motivo, la criminalità definita «micro», dalle statistiche e dagli esperti, per le persone è, invece, «macro». Suscita il massimo grado di inquietudine. Perché colpisce soprattutto le abitazioni. Viola i confini del nostro privato. I limiti della nostra incolumità.
-  e) Negli ultimi anni, peraltro, l’ importanza della casa è cresciuta. Per reagire all’ insicurezza e alle paure, Le persone si sono asserragliate fra le mura domestiche. Hanno eretto barriere sempre più alte per difendere se stesse e la propria famiglia dal mondo esterno. Recinzioni sorvegliate da sistemi di sicurezza e d’ allarme sempre più sofisticati, cani mostruosi, videocamere, porte e finestre blindate. Ci siamo costruiti da soli la nostra sing-sing quotidiana.

Tuttavia, nessun confine e nessuna barriera può fermare la globalizzazione; può tenere il mondo fuori dalla nostra casa. Dal punto di vista cognitivo, soprattutto. Attraverso i media, che portano il mondo a casa nostra. E ci trasmettono l’ angoscia di avvenimenti drammatici che si ripetono dovunque, nei luoghi più impensati. Senza soluzione di continuità. Peraltro, le tecnologie comunicative ci permettono di tenerci in contatto continuo con persone lontane, nello spazio. Ma ci rendono contattabili e controllabili, a nostra volta. La nostra casa, cioè, riesce sempre più a fatica a «difenderci» dagli altri e dal mondo.

Il problema ulteriore, esploso in questi giorni, è che la casa stessa sta perdendo il tradizionale significato di «rifugio». Da spazio privato e familiare si sta riducendo in un «prodotto». Usato non tanto per trasferire il patrimonio, in famiglia. Di genitore in figlio. Ma per fini speculativi. Il tempo in cui, per costruire la propria casa, le famiglie si affidavano a un’ impresa oppure se le facevano da soli, sfruttando i fine settimana e le ferie, appartengono a un altro millennio.

Oggi le case le costruiscono solo grandi imprese immobiliari, sostenute da istituti assicurativi e finanziari. Erigono palazzi, grandi centri residenziali, interi quartieri. A prescindere dalla domanda «effettiva». Non a caso, le nostre città sono divenute irriconoscibili. Il nostro territorio: incomprensibile. Gli immobiliaristi e i grandi costruttori, da parte loro, hanno conquistato non solo ricchezze, ma un potere inimmaginabile fino a pochi anni fa. Li trovi dovunque. Controllano giornali. Incrociano la politica e la finanza. Il calcio. Condizionano le politiche locali: i piani regolatori e i progetti territoriali. Riempiono perfino le cronache rosa. Esibiscono una visibilità sfacciata.

Oggi, la crisi che ha colpito i fondi legati ai mutui immobiliari maggiormente a rischio marca un passo ulteriore. Agli occhi delle persone, trasforma definitivamente la «casa» in un’entità fantasmatica. Una «attività finanziaria», che appartiene alla categoria «subprime». Ad alto rischio. Può produrre alti rendimenti e, per lo stesso motivo, provocare alti costi. Che si scaricano sui proprietari delle case acquistate «a credito». Ma anche su risparmiatori di tutto il mondo.

Inconsapevoli (come noi, fino a ieri) di cosa siano i subprime. Incapaci, a maggior ragione, di capire perché il loro reddito sia minacciato, eroso, dall’ insolvenza degli americani poveri, non più in grado di pagare il mutuo. Perché, se le case perdono valore negli Usa, ci dobbiamo perdere noi. In Italia. Anche se, magari, non abbiamo mutui e neppure case, ad esclusione di quella in cui viviamo. E’ un cortocircuito cognitivo, che trasforma un bene «rifugio» (in ogni senso) in un male oscuro, prodotto dalla globalizzazione. Pericoloso. Perché sgretola una certezza, un’istituzione sociale. La casa come garanzia per il reddito, ma anche per la condizione personale e familiare. Ma soprattutto, la casa come riferimento della stabilità e dell’integrazione sociale. Rischia di crollare. Di lasciare gli individui soli e vulnerabili ad affrontare il mondo. Senza pareti e senza tetti. Senza muri e senza porte. Senza casa.


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