Benedetto XVI parteciperà alla Giornata mondiale della Gioventù
di Roberto Monteforte (l’Unità, 13.07.2008)
IL FUTURO DEL PIANETA e l’ambiente. La speranza e i giovani, ma come negli Stati Uniti, soprattutto lo scandalo degli abusi sessuali che ha coinvolto la Chiesa cattolica anche in Australia. Sono queste le sfide con le quali si misurerà Benedetto XVI da ieri in volo intercontinentale per Sydney, dove, dopo tre giorni di riposo, giovedì 17 luglio presenzierà la 23/ma edizione della Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg).
Come nella sua visita apostolica negli Usa dello scorso aprile, il Papa non eluderà il problema degli abusi sessuali, ferita ancora aperta per la Chiesa. Anzi. «Essere prete è incompatibile con gli abusi sessuali, con questo comportamento che contraddice la santità» ha scandito ieri mattina, rispondendo alle domande dei giornalisti a bordo dell’aereo papale, il Boeing 777 dell’Alitalia che da Fiumicino lo sta conducendo in Australia per il volo più lungo del suo pontificato.
Benedetto XVI, come a Washington e a New York, chiederà perdono a nome della Chiesa alle vittime degli abusi sessuali commessi dai preti del «nuovo continente». Lo ha assicurato lui stesso. Negli Usa è stato «portato a parlare degli abusi per la centralità del tema in America». «In Australia sarà lo stesso». «È essenziale per la Chiesa - ha aggiunto - rappacificare, prevenire, aiutare e vedere la colpa insita in questo problema». La linea è quella della tolleranza zero. «Deve essere chiaro che il vero sacerdozio non è compatibile» con gli abusi sessuali «perché i preti sono al servizio di nostro Signore». Papa Ratzinger punta a sanare le ferite che hanno scosso la credibilità della Chiesa e che pesano ancora. Stando almeno alle iniziative di protesta preannunciate dalle associazioni delle famiglie e delle vittime degli abusi, come la «Broken Rites Australia» i cui aderenti hanno assicurato che accoglieranno il pontefice con una t-shirt con sopra stampati i 107 nomi dei preti condannati dal 1993 per aver commesso crimini sessuali.
Quella degli scandali sessuali non è la sola preoccupazione di Benedetto XVI. Anche se saranno la gioia e la speranza a contrassegnare l’appuntamento con i giovani che da tutto il mondo si sono dati appuntamento a Sydney per la Gmg, gli organizzatori prevedono 250mila presenze, il Papa ha anticipato ai giornalisti uno dei temi presenti in questa Gmg: la preoccupazione per il futuro del pianeta. «Parlare dello Spirito Santo - ha spiegato - è parlare della creazione e della nostra responsabilità nei suoi confronti».
L’obiettivo della Chiesa è di «risvegliare le coscienze per rispondere a questa grande sfida e ritrovare la capacità etica di cambiare in bene la situazione dell’ambiente». Non compete alla Chiesa trovare soluzioni. Così Ratzinger chiama in causa la responsabilità della «politica e degli specialisti». Quello che, però, rilancia è l’invito a «cambiare stili di vita». Sono i temi affrontati nel suo recente messaggio ai grandi del G8 e in quello diffuso ieri per la 82a Giornata Missionaria Mondiale. «Il progresso tecnologico, quando non è finalizzato alla dignità e al bene dell’uomo, né ordinato ad uno sviluppo solidale - afferma-, perde la sua potenzialità di fattore di speranza e rischia anzi di acuire squilibri e ingiustizie già esistenti».
Tra i temi affrontati durante la conversazione con i giornalisti del volo papale vi è stato pure quello dell’ecumenismo e della difficile situazione che attraversa la Chiesa Anglicana, con minacce di scisma per la recente apertura all’ordinazione episcopale alle donne». «Il mio desiderio - ha risposto il pontefice - è che gli anglicani evitino lo scisma e trovino il cammino dell’unione. Innanzitutto pregherò. Non dobbiamo intervenire in questo momento della discussione».
L’aereo papale dopo uno scalo tecnico atterrerà a Richmond (Sydney) alle 15 ore locali. Con ben 21 ore di viaggio e 8 fusi orari da smaltire, il Papa si riposerà per tre giorni a Kenthurst, nei dintorni di Sydney. Solo giovedì, a bordo di un battello, raggiungerà Barangaroo East Darling Harbour, la grande baia di per il primo incontro con i giovani.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
IL NOME DI DIO, SENZA GRAZIA ("CHARIS")! L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"
Australia: l’inno nazionale cambia in nome degli aborigeni
Scompare la parola ’giovani’ da sempre contestata dai nativi, al suo posto ’uniti’
di Redazione ANSA *
SYDNEY L’Australia cambia con il nuovo anno una parola chiave nell’inno nazionale ’Advance Australia Fair’ (Avanza Australia giusta) per dare riconoscimento alle Prime Nazioni, i popoli aborigeni cha vivono in questo continente da 65 mila anni, e per riconoscerne meglio il ruolo, le culture e la storia. Nell’ultimo giorno del 2020 il primo ministro Scott Morrison ha annunciato che il verso ’siamo giovani e liberi’ è sostituito da ’siamo uniti e liberi’.
E il cambiamento è stato approvato dal governatore generale David Hurley, che rappresenta la regina, tuttora capo di stato anche dell’Australia.
Scompare così la parola ’giovani’, a cui da tempo obiettavano i leader aborigeni, per far posto alla parola ’uniti’. Un riconoscimento del multiculturalismo di una nazione cha ha accolto immigrati e profughi da ogni paese del mondo, ma sta riscoprendo e recuperando le lingue e le culture di centinaia di ’nazioni’ aborigene.
"L’Australia, come nazione moderna, è relativamente giovane, ma la storia del nostro paese è antica, come lo sono le storie delle Prime Nazioni, di cui riconosciamo e rispettiamo lo spirito", ha dichiarato Morrison. La modifica "non toglie nulla, ma credo che aggiunga veramente senso al testo", ha detto.
’Advance Australia Fair’ è opera del compositore nato in Scozia Peter Dodds McCormick e fu eseguita la prima volta nel 1878, ma solo nel 1984 ha sostituito come inno nazionale ’God Save The Queen’, in vigore dal tempo dell’insediamento britannico.
Il simbolico cambiamento viene in un tempo in cui gli australiani indigeni ancora devono affrontare ostacoli significativi nel raggiungere uguaglianza di opportunità. Gli uomini indigeni hanno un’aspettativa di vita di 71,6 anni, quasi nove anni meno degli australiani non indigeni. Per le donne indigene, l’aspettativa di vita è 75,6 anni, circa otto anni meno delle donne non indigene. E la mortalità sotto i cinque anni è doppia rispetto al resto della popolazione. All’inizio del 2020, sull’onda del movimento Black Lives Matter, manifestazioni in diverse città d’Australia hanno domandato di mettere fine alle morti di aborigeni in stato di arresto o di detenzione, più di 400 negli ultimi 30 anni.
* ANSA, 01 gennaio 2021 (ripresa parziale).
Il cardinale Pell prosciolto. Quando la «giustizia» è solo accanimento
Sono passati 12 anni e, dei ricordi della Giornata mondiale della Gioventù ospitata da Sydney nell’estate 2008, due si affacciano tra gli altri leggendo del proscioglimento del cardinale George Pell
di Francesco Ognibene (Avvenire, mercoledì 8 aprile 2020)
Sono passati 12 anni e, dei ricordi della Giornata mondiale della Gioventù ospitata da Sydney nell’estate 2008, due si affacciano tra gli altri leggendo del proscioglimento del cardinale George Pell. Il primo è legato alla festa con cui migliaia di giovani italiani vollero ringraziarlo per l’ospitalità, regalando una felpa azzurra a quel pastore imponente, sempre paterno e lieto con tutti. Un simbolo.
Ma c’è soprattutto l’esperienza che i nostri ragazzi e ragazze fecero della Chiesa australiana: Chiesa d’immigrazione, dalla parte dei marginali, mix di lingue e tradizioni, paladina degli aborigeni, spina nel fianco di una società che attira gli stranieri ma si mostra selettiva come i più chiusi lembi d’Occidente. Il successo di quella Giornata smentì le ritrosie di un Paese condizionato da polemiche mediatiche e, invece, sorpreso dalla vitalità di una Chiesa fuori da schemi perbenisti e già oggetto delle accuse per i primi casi di abuso. Molte cause seguirono, arrivando infine - e quasi fatalmente - a colpire il bersaglio grosso, quel cardinale Pell che dopo essere diventato nel 2014 uno dei più stretti collaboratori del Papa aveva accresciuto la sua visibilità. Colpito il pastore, il gregge sarebbe stato disperso, e Francesco forse ridimensionato.
Una strategia inesorabile che il processo ha evidenziato come un caso da manuale, inclusa l’onta delle manette per condurre in aula un vescovo di 78 anni in diretta tv. L’umiliazione che ha deciso di non risparmiarsi arriva ora al suo rovesciamento per l’inconsistenza delle tesi accusatorie, apparsa sempre più lampante, tra lo scetticismo dei tanti che ormai avevano deciso per la colpevolezza di Pell, quasi fosse un inevitabile sacrificio espiatorio.
La Chiesa sta pagando un prezzo altissimo per gli abusi di consacrati la cui responsabilità è aggravata dalla vulnerabilità delle vittime, segnate per sempre. L’opera di pulizia e prevenzione praticata per l’azione di tre Papi deve ancora percorrere molta strada, la stessa Chiesa italiana vi si è incamminata con determinazione rendendo operativo il Servizio nazionale per la Tutela dei Minori. Ma la lezione dell’”affaire Pell” impone oggi di non archiviare quello che il Papa stesso ha definito un «accanimento». La verità sugli abusi va perseguita sempre, fino in fondo, evitando sentenze preventive, pronti a riconoscere i propri errori. E questo non vale solo per la Chiesa.
Australia, una cultura che brucia
di Giulia Tabacco (Il Mulino, 05 febbraio 2020])
Ben di mestiere appicca incendi. È nato nel bush, quella boscaglia talvolta fitta di alberi talaltra composta da arbusti gialli, bassi e puntuti che contorna l’Australia; è cresciuto in una giungla in cui i pitoni fanno compagnia agli ananas e ai bufali e ha una solida consapevolezza del territorio. Conosce le piante, le impronte e i versi degli animali, parla la lingua degli aborigeni, sa regolarsi con l’alternarsi delle stagioni e con un clima che pare funzionare per estremi: estremamente umido o estremamente caldo, a tratti secco come terracotta altre volte travolto dalle spirali violette dei cicloni.
Ben lavora per un’agenzia governativa nel Northern Territory, lo Stato con la minore densità abitativa d’Australia, un rettangolone che va dal Mare di Timor, tropicale e verdissimo, fino ai deserti centrali ventosi, pietrosi e sciapi. Lo Stato che custodisce il cuore dell’isola, che batte rosso nella mitica Uluru, la grande roccia, il luogo dove per millenni le famiglie aborigene trovarono riparo e acqua, dove storie e tradizioni venivano narrate e condivise, dove ai ragazzini si insegnavano le regole della vita.
Gli incendi in Australia ci sono sempre stati. La natura del suolo e della vegetazione, il clima nella parte centrale da milioni di anni in prevalenza arido, sono tra le cause principali. Da quarantamila anni gli incendi fanno parte dell’ambiente, come sanno e dicono coloro che vi abitano da sempre e per i quali il fuoco ha un valore concreto e, contemporaneamente, simbolico e spirituale. Non un nemico di cui avere paura ma, al contrario, uno strumento.
Il fuoco è parte della vita, è un elemento da osservare, da capire e con il quale confrontarsi. Intorno a esso gli aborigeni costruirono e trasmisero conoscenze che avevano una doppia finalità: la prima, più evidente, era evitare che fiamme incontrollate e incontrollabili mangiassero ettari ed ettari di terreno e che mettessero a repentaglio la vita di esseri umani, fauna e piante; la seconda era contribuire al mantenimento del suolo e al suo stato di salute.
Per fare questo, praticavano una tecnica di incendi di natura preventiva: incendi bassi, delimitati e controllati che permettevano la sopravvivenza e il rinnovamento del terreno. Affinché fossero sicuri ed efficaci era necessario saper leggere in profondità l’ambiente, avere una grande dimestichezza con le condizioni climatiche e naturali: aspetti, questi, che erano parte fondante della loro quotidianità. Perché queste genti per millenni abitarono spazi enormi e spesso difficili, per millenni tramandarono cantandole le storie e le caratteristiche della terra, degli animali e degli esseri mitologici: questo ne fa dei poeti e dei saggi conoscitori.
I fuochi volontari dovevano essere appiccati al momento giusto e servivano a delimitare il propagarsi, nei mesi più caldi e asciutti, di quelli provocati dai fulmini o dal vento. Allo stesso tempo, contribuivano a rigenerare l’ecosistema, alla sua biodiversità. Agivano cioè in sintonia con i ritmi della terra: attiravano animali che venivano cacciati, arricchivano il suolo di cenere, che agiva come fertilizzante, rendevano il terreno più ricco di minerali e di fonti di sostentamento e “pulivano” il suolo, bruciando foglie secche e cortecce, entrambe altamente infiammabili.
Gli aborigeni hanno una bella definizione per queste tecniche: le chiamano “fuoco culturale” (cultural burning). “Culturale”, sì, perché basato su una somma di saperi preziosa, fatta di consapevolezza, rispetto e volontà di preservare l’ambiente. Ben di lavoro fa quello che le genti originarie hanno sempre fatto. Studia tempi e spazi, analizza il terreno, percorre chilometri e chilometri, interpella e avvisa le persone, controlla i venti, delimita e monitora le aree di intervento.
Lo fa nello Stato con la più alta percentuale di popolazione aborigena, che sfiora il 30% (negli altri Stati la media supera di poco il 3%). Nel Northern Territory il governo opera congiuntamente con le popolazioni indigene e integra le tecniche degli “incendi tradizionali” con altre strategie, assolutamente necessarie in un Paese che ha vissuto rilevanti cambiamenti antropici e di sfruttamento del suolo negli ultimi 230 anni, cioè con l’arrivo e la colonizzazione britannica.
Va specificato che questi metodi sono utilizzati anche in altri Stati australiani: sinora, però, in maniera circoscritta e locale. La tecnica del fuoco prescritto, d’altra parte, è stata usata a partire dalla prima metà del Novecento anche in diversi ambienti forestali, arbustivi, di savana e prateria del Nord America, dell’Asia e dell’Africa nonché, dagli anni Ottanta, in alcune regioni italiane.
Ben mi racconta che per dare fuoco al bush bisogna avere una profonda esperienza del quando e del come. È fondamentale appiccare il fuoco al momento opportuno, in modo che non arrechi danni. Il periodo in cui si concentra questo lavoro è l’inizio della stagione secca, a partire dal mese di aprile. Allora abitualmente le piogge dei mesi precedenti lasciano il posto a giornate umide, ma con cieli perlopiù limpidi. Il bush è verde ma non ancora arso. Se l’incendio volontario viene appiccato troppo presto, c’è il rischio che gli arbusti abbiano tempo a sufficienza per crescere e svilupparsi nuovamente, diventando un potenziale combustibile. Se, al contrario, si arriva tardi, la vegetazione sarà assai più secca e, quindi, più incline a bruciare.
In questo periodo capita, percorrendo le lunghissime strade del Paese, di filare di fianco a terra nera che alita calore, sotto un cielo spesso e acre di fumo. Capita anche di vedere un camioncino bianco con il simbolo del Northern Territory fermo in prossimità di un cartellone a forma di mezza luna: un uomo con pantaloni cachi e scarponi sta regolando una lancetta gialla. La mezza luna ha spicchi di colori differenti che aggiornano sul livello di pericolo incendi: verde vuol dire moderato, azzurro sta per alto, giallo molto alto, rosso è estremo. L’ultimo spicchio, rosso acceso, indica uno stato catastrofico.
Ben dà fuoco alla boscaglia utilizzando una fiamma bassa per far sì che non brucino gli alberi, prezioso elemento ambientale oltre che dimora di uccelli, marsupiali e altri animali. La terra bruciata crea una barriera che impedirà agli incendi che dovessero sorgere spontanei di diramarsi. Il “fuoco freddo” va appiccato di notte o di mattina presto, quando di norma il vento è più lieve e non è ancora sorto il sole, che incoraggia le fiamme. L’incendio si propaga con lentezza, non bruciano i semi delle piante e non si distruggono né le radici né le chiome degli alberi.
Nell’isola abbondano gli alberi resinosi: i più diffusi sono gli eucalipti, dalle foglie molto oleose. Quando prendono fuoco, queste foglie crepitano e scoppiettano come fuochi d’artificio in miniatura, le fiamme salgono rapide e le chiome diventano palle di fuoco: se c’è vento, queste palle si diramano di cresta in cresta a grande velocità (anche dieci chilometri orari), espandendosi e allargandosi per giorni. Li chiamano cacatua fire perché in qualche modo fanno venire in mente i cacatua, grossi pappagalli bianchi con una folta cresta gialla.
“I cambiamenti climatici e la siccità degli ultimi anni hanno un peso rilevante nel fenomeno degli incendi”, dice Ben, l’uomo del fuoco. Sono le cinque di pomeriggio a Katherine e la sua giornata è terminata: ci troviamo a fare il bagno nelle pozze termali appena fuori dalla cittadina. “Di fronte a quello che sta accadendo le tecniche tradizionali, anche se fossero applicate in maniera diffusa, non sarebbero sufficienti né risolutive. Per questo attuiamo i cultural burning in concomitanza con altre politiche di riduzione del pericolo di incendi e con interventi adattati alla vita contemporanea. Tuttavia, sono convinto che diffondere queste conoscenze e metterle in pratica in maniera ampia ci aiuterebbe a preservare e conservare l’ambiente”.
Un ambiente, quello australiano, di una ricchezza grande come i suoi cieli che pare non finiscano mai. Affascinante, potente e unico.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...
RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO".
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE.
Federico La Sala
Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, condannato a sei mesi di prigione per avere coperto abusi sessuali
Il cardinale non aveva denunciato gli abusi sessuali di padre Bernard Preynat nei confronti di un gruppo scout tra il 1986 e il 1996 *
Il cardinale Barbarin condannato a sei mesi di prigione per non avere denunciato gli abusi sessuali di padre Bernard Preynat, accusato di aver abusato di un gruppo scout tra il 1986 e il 1996.
L’arcivescovo di Lione ha sempre ripetuto di non avere idea di cosa potesse essere giudicato colpevole. Di fatto il porporato, in Francia, incarna pienamente la crisi che la Chiesa sta attraversando con gli scandali di abusi e con gli insabbiamenti.
Dopo le audizioni, la procuratrice Charlotte Trabut non aveva formulato accuse precise né contro l’arcivescovo né contro i cinque ex membri della diocesi indagati assieme a lui. Una posizione difficile da tenere dopo le testimonianze, crude e struggenti, consegnate da alcuni ex scout.
Supportati dall’associazione di vittime ’La Parole libérée’, nove uomini hanno prima accusato padre Preynat di averli abusati - fatti per i quali quest’ultimo non è stato processato -, quindi hanno presentato denuncia contro chi avrebbe coperto gli abomini del sacerdote. In assenza di procedimenti giudiziari, nel 2017 hanno fatto richiesta di convocazione diretta davanti al tribunale, che ha garantito loro un processo, bypassando le indagini che si erano chiuse con un nulla di fatto.
"Non ho mai cercato di nascondere nulla, tantomeno questi fatti orribili", si è difeso il prelato 68enne davanti al giudice, spiegando di aver saputo degli abusi di Padre Preynat solo nel 2014, quando una vittima si confidò con lui. Però per l’avvocato di parte civile, Jean Boudot, il cardinale era a conoscenza dei fatti almeno dal 2010, quando parlò con il prete dei rumors che giravano attorno a lui.
La mancata denuncia di aggressione sessuale sui minori di 15 anni è classificata dal codice penale francese tra i reati di ostruzione alla giustizia. C’è però uno scambio di lettere avvenuto nel 2015 tra il vescovo e il Vaticano, che gli consigliava di licenziare il prete "evitando lo scandalo pubblico": istruzioni seguite alla lettera dal cardinale, per sua stessa ammissione.
Australia.
Il cardinale Pell condannato per abusi
Il cardinale è stato riconosciuto colpevole di abusi sessuali su minori. Pell continua a dichiararsi innocente e il suo avvocato prevede di ricorrere in appello
di Gianni Cardinale (Avvenire, martedì 26 febbraio 2019)
Il cardinale George Pell è stato giudicato colpevole da un tribunale in Australia di abusi sessuali su due ragazzi di 13 anni e rischia fino a 50 anni di carcere. Il verdetto unanime dei 12 membri della giuria della County Court dello stato di Victoria è stato emesso l’11 dicembre dopo oltre due giorni di deliberazione, ma il tribunale aveva vietato ai media di darne notizia fino ad oggi.
Pell, 77 anni, avrebbe molestato i due giovani componenti del coro dopo aver presieduto la messa nella cattedrale di San Patrizio a Melbourne nel 1996, quando all’epoca aveva 55 anni ed era arcivescovo di quella diocesi. La giuria ha anche dichiarato che Pell si è reso colpevole di aver aggredito in modo indecente uno dei ragazzi in un corridoio più di un mese dopo. L’udienza di condanna inizierà domani. Il cardinale, che rimane libero su cauzione, continua a dichiararsi innocente e il suo avvocato prevede di ricorrere in appello.
Pell è stato ordinato prete a Roma nel 1966, dove ha studiato. E’ stato nominato arcivescovo di Melbourne nel 1996, poi di Sydney nel 2001 e creato cardinale due anni dopo da Giovanni Paolo II. Nel 2013 Papa Francesco lo ha nominato membro del Consiglio di cardinali, il C9, e nel 2014 lo ha scelto come prefetto della Segreteria per l’economia per promuovere la riforma delle finanze della Santa Sede.
Nel giugno 2017 il cardinale Pell era stato rinviato a giudizio ed era rientrato in patria per affrontare il processo. Nell’occasione la Sala Stampa vaticana aveva emesso un comunicato in cui si riferiva che il Papa gli aveva “concesso un periodo di congedo per potersi difendere”. Nella nota si specificava poi che “la Santa Sede esprime il proprio rispetto nei confronti della giustizia australiana che dovrà decidere il merito delle questioni sollevate”.
“Allo stesso tempo - aggiungeva il comunicato - va ricordato che il Cardinale Pell da decenni ha condannato apertamente e ripetutamente gli abusi commessi contro minori come atti immorali e intollerabili, ha cooperato in passato con le Autorità australiane (ad esempio nelle deposizioni rese alla Royal Commission), ha appoggiato la creazione della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e, infine, come Vescovo diocesano in Australia ha introdotto sistemi e procedure per la protezione di minori, e per fornire assistenza alle vittime di abusi”.
Il cardinale Pell ricopre ancora formalmente l’incarico di prefetto della Segreteria per l’economia, mentre da dicembre non fa più parte del C9.
Papa ’commissaria’ diocesi di Adelaide
Nomina amministratore apostolico dopo condanna del vescovo
di Redazione Ansa *
CITTA’ DEL VATICANO. Papa Francesco ha nominato Amministratore Apostolico "Sede Plena" dell’arcidiocesi di Adelaide in Australia mons. Gregory O’Kelly. Nei giorni scorsi il vescovo di Adelaide, in Australia, mons.Philip Wilson, era stato condannato per aver coperto casi di pedofilia, e aveva deciso di autosospendersi temporaneamente, non dimettersi, dai suoi compiti di arcivescovo.
Abusi
Australia: vescovi su condanna arcivescovo Wilson, “la sicurezza dei bambini è una priorità assoluta per la Chiesa e i suoi ministri” *
“La sicurezza dei bambini e degli adulti vulnerabili è una priorità assoluta per la Chiesa e i suoi ministri”. È quanto ribadisce in una nota diffusa oggi mons. Mark Coleridge, arcivescovo di Brisbane, presidente dei vescovi australiani, in seguito alla condanna dell’arcivescovo Philip Wilson, accusato di aver coperto abusi sessuali su minori.
“L’arcivescovo Philip Wilson - si legge nella nota della Conferenza episcopale - è stato dichiarato colpevole per non aver informato la polizia in merito alle accuse di abusi sessuali su minori. L’arcivescovo Wilson ha sostenuto la sua innocenza durante questo lungo processo giudiziario. Non è ancora chiaro se farà appello al verdetto”.
Detto questo, i vescovi australiani ribadiscono la loro linea, intrapresa alla luce della pubblicazione del Rapporto stilato dalla Royal Commission australiana sulle risposte istituzionali agli abusi sessuali e alle raccomandazioni che ne sono seguite. “La Chiesa cattolica, come altre istituzioni - scrivono infatti oggi i vescovi australiani - ha imparato molto sulla tragedia degli abusi sessuali su minori e ha implementato programmi, politiche e procedure più forti per proteggere i bambini e gli adulti vulnerabili”.
Philip Wilson è arcivescovo di Adelaide. La città è stata da poco scelta dalla Chiesa cattolica di Australia per ospitare nel 2020 una “Plenary Assembly” che riunirà centinaia di leader cattolici di tutto il Paese con lo scopo di discutere sul futuro della Chiesa in Australia, sulla “sua missione in una società che sta cambiando ed evolvendo”. La condanna dell’arcivescovo Wilson segue l’altro grande caso del cardinale George Pell, rinviato a giudizio anche lui per abusi sessuali.
Insabbiamento pedofilia, arcivescovo condannato in Australia
Philip Wilson accusato aver coperto abusi prete, rischia 2 anni *
E’ stato condannato e rischia una pena detentiva di due anni l’arcivescovo australiano Philip Wilson, 67 anni, accusato di aver coperto abusi sessuali su minori commessi da un altro sacerdote. Wilson, il più alto prelato cattolico al mondo condannato per questo reato, è stato giudicato colpevole dal tribunale di Newcastle, a nord di Sydney. L’arcivescovo si era sempre dichiarato non colpevole.
* Redazione ANSA 22 maggio 2018 (ripresa parziale, senza immagini).
Pedofilia, tutta la Chiesa ha i problemi del Cile
Linea dura - Il Papa ha ammesso di aver sottovalutato il caso e ha fatto dimettere i vescovi. Ma le omertà in diocesi e nei seminari sono la norma
di Marco Marzano (Il Fatto, 20.05.2018)
La decisione dei vescovi cileni di rassegnare in blocco le dimissioni dai loro incarichi al papa è clamorosa. Segnala la consapevolezza di una responsabilità collettiva dell’episcopato cileno per i gravi crimini commessi da membri della Chiesa in quel Paese. Il gesto giunge dopo decenni di insabbiamenti ed è la conseguenza di un drastico cambiamento di linea di Francesco nel contrasto alla pedofilia clericale in Cile.
Sino al gennaio di quest’anno e cioè al suo viaggio nel Paese andino, Francesco non sembrava scontento di come andavano le cose nella chiesa cilena. Nel 2015, aveva promosso, nominandolo vescovo, Juan Barros, un “allievo” e amico del pedofilo abusatore Don Fernando Karadima. Quando Francesco lo ha nominato vescovo sul capo di Barros pendeva già l’accusa di aver assistito impassibile alle violenze che Karadima infliggeva ai minori.
Proprio durante quel viaggio, Francesco aveva reagito con fastidio alla domanda di chi gli aveva chiesto conto del suo sostegno a Barros rispondendo che della complicità di quel vescovo con i crimini di don Karadima non c’erano riscontri certi e quindi, fino a prova contraria, quelle contro di lui erano calunnie. Quelle parole parvero l’ennesima manifestazione della complicità vaticana con gli abusatori e suscitarono la reazione indignata di molta parte dell’opinione pubblica, non solo cilena.
È a quel punto che il papa fece mostra di esser pronto a cambiar linea, ammise di essersi sbagliato nel giudicare la situazione cilena, dichiarò di essere stato male informato e di voler andare finalmente a fondo della questione. Mandò un Cile un suo investigatore che acquisì nuove informazioni, poi convocò i dirigenti cileni a Roma e ottenne le loro dimissioni. Adesso gli toccherà procedere alle necessarie epurazioni, cioè al licenziamento di massa dei vescovi cileni. Se ciò non avvenisse, se il papa prendesse tempo e nel frattempo la vicenda venisse dimenticata dai media, ci troveremmo dinanzi a una sceneggiata sulla pelle delle vittime.
In una lettera indirizzata ai vescovi cileni che doveva rimanere riservata (e di cui alcuni giornali hanno pubblicato stralci) Francesco ammette che i problemi in Cile vanno ben al di là del caso Karadima-Barros, che nella chiesa cilena si sono verificati nel tempo abusi e mancanze di tutti i generi, che sono stati distrutti documenti che compromettevano alcuni preti, coperti e protetti o trasferiti precipitosamente da una parrocchia all’altra e subito incaricati di occuparsi di altri minori. Le accuse hanno riguardato anche le istituzioni formative, i seminari, colpevoli di non aver arrestato la carriera di preti che già da studenti mostravano chiari segni di un comportamento patologico nella sfera sessuale e affettiva. Il problema è “il sistema” ha concluso il papa.
Ed è verissimo. Il punto è: quale sistema? A meno di non voler credere che la chiesa cilena abbia sviluppato patologie tutte peculiari, che fosse una sorta di associazione a delinquere fuori controllo e a meno di negare che fenomeni identici a quelli descritti dal papa nella sua lettera si sono verificati ovunque nel mondo bisogna ammettere che il sistema è la chiesa stessa nella sua attuale forma organizzativa. Il problema è cioè un’organizzazione strutturata intorno alla supremazia di una casta clericale tutta maschile e celibe formata intorno ai valori della fedeltà assoluta e della disciplina di corpo all’interno di istituzioni totali e claustrofobiche come i seminari e poi investita del monopolio assoluto nella gestione del sacro, della competenza esclusiva di tutti gli aspetti cruciali della vita dell’istituzione.
Se il pontefice vuole davvero combattere fino in fondo il sistema e debellarlo, perché non prende tutti in contropiede e assume l’iniziativa di avviare una grande riflessione collettiva e pubblica, eventualmente attraverso un sinodo straordinario, sul tema della responsabilità dei funzionari e delle istituzioni cattoliche nei tantissimi casi di abusi sui minori commessi dai membri della Chiesa nella sua storia recente? E perché non invita a farne parte anche quegli studiosi che da anni sostengono che il problema degli abusi sessuali da parte del clero cattolico va affrontato mettendo in conto l’eventualità di dover smantellare la tradizionale strutturale clericale che da secoli, e senza alcuna discontinuità sino al presente, governa la Chiesa ai quattro angoli della terra? Questo sì che sarebbe l’inizio della rivoluzione.
Nuova denuncia abusi scuote Chiesa Cile
Vescovo Goic, compromesso dallo scandalo, chiede perdono
di Redazione ANSA SANTIAGO DEL CILE
20 maggio 2018
(ANSA) - SANTIAGO DEL CILE, 20 MAG - Una nuova denuncia di abusi sessuali da parte di un gruppo di sacerdoti cileni - organizzati in una ’confraternita’ di abusatori - ha scosso la Chiesa cilena e compromesso uno dei suoi vescovi più autorevoli, monsignor Alejandro Goic, appena tornato dal viaggio in Vaticano in cui tutto l’episcopato del paese sudamericano ha rassegnato le dimissioni al Pontefice. Il caso è stato sollevato da un reportage tv del programma T13. Una testimone ha raccontato di aver avuto consegnato a Goic una lista di 17 sacerdoti che hanno messo su una "confraternita", con al vertice un "nonno" e "zie" e "nipoti", al femminile, al di sotto di lui, che si dedicano ad abusi sessuali. Goic, che inizialmente aveva negato ogni addebito oggi, ha invece chiesto perdono, riconoscendo che aveva "agito senza l’adeguata agilità nell’inchiesta su Luis Rubio e altri sacerdoti". Goic - già presidente della Conferenza episcopale cilena - presiede dal 2011 il Consiglio nazionale per la prevenzione degli abusi contro i minori.
Lo scandalo pedofilia
La resa dei vescovi cileni
di Alberto Melloni (la Repubblica, 19.05.2018)
L’episcopato cileno ha preso una decisione senza precedenti: l’intera conferenza dei vescovi ha consegnato ieri a papa Francesco le proprie dimissioni. Un gesto clamoroso di auto-decapitazione di una chiesa, che segna una tappa drammatica nella vicenda che ha visto denunziare i crimini dei pedofili preti e l’omertà dei vescovi.
Esplosa un quarto di secolo fa, la crisi dei pedofili in talare ha visto cadere a fatica i tentativi di minimizzare la cosa o di ridurla a casi confinabili alla procedura penale canonica. È venuta poi la stagione della “vergogna” e della “tolleranza zero”, affidata alla voce ferma e alle capacità di empatia del papa: il che ha aiutato a scoperchiare un male, anche a rischio di dare ansa a denigrazioni, che ha colpito diocesi, ordini, movimenti. Solo in un caso, nel 2010, Ratzinger si scostò da questa linea scrivendo una lettera alla chiesa di Irlanda che aveva come tema la pedofilia. Fedele alla sua teologia, Benedetto XVI aveva indicato nella presunta cedevolezza della chiesa irlandese davanti alla secolarizzazione una delle ragioni di tanto vasta e inconfessata tragedia. Un atto di accusa collettivo giustamente duro, ma che puntava l’indice contro un episcopato che non si era nominato da solo, contro una chiesa che non aveva mai domandato l’indipendenza da Roma.
Recentemente la vicenda di un vescovo cileno ha riportato in discussione non solo il comportamento di singoli religiosi, ma di un’intera chiesa nazionale. Dove le violenze sessuali perpetrate da un religioso molto amato da preti e presuli - padre Fernando Karadima - erano state denunciate all’autorità ecclesiastica, che non aveva creduto alle vittime. Per le coperture e le sordità, era stato sostituito l’arcivescovo di Santiago; e Karadima fu condannato dalla giustizia canonica all’ergastolo canonico perpetuo.
Nel frattempo l’ombra si allungava sui suoi più intimi collaboratori: di uno di questi, monsignor Juan Barros - fatto vescovo da Giovanni Paolo II e trasferito da Francesco a Osorio nel 2015 - sono state chieste le dimissioni dalle vittime del prete-santone, che hanno accusato Barros di aver saputo o di aver assistito agli stupri. Francesco, convinto della sua innocenza, ha respinto le dimissioni offertegli da Barros e ha domandato di fornirgli “le prove”. Una richiesta che aveva sconvolto i sopravvissuti, che sanno benissimo che lo stupratore scommette sempre sulla certezza che nessuno crederà alla vittima.
Bacchettato dal cardinale O’Malley, resosi conto dell’errore, Francesco ha chiesto il perdono delle vittime, ha ascoltato gli esiti di un’inchiesta guidata da monsignor Scicluna, ha convocato i vescovi del Cile per un incontro singolare, a metà fra il processo e il ritiro, al termine del quale ha posto il nodo ecclesiologico della questione in una densa lettera piena di citazioni. Non è una chiesa più “rigida” o più “severa” o più “disciplinata” quella che può evitare i delitti che hanno devastato persone e comunità: ma, sostiene Francesco, solo una “ chiesa profetica” capace di rifiutare le “spiritualità narcisiste”, di liberarsi dalla autoreferenzialità chiesastica e di cercare la compagnia dei poveri.
Le dimissioni collettive sono state la risposta dei vescovi. Un gesto mai visto. Un autodafé con il quale un episcopato intero compie sì un atto di sottomissione al vangelo così come Francesco lo ha personalmente predicato, ma in parte anche un atto di sfida: perché potrebbe postulare una riconferma altrettanto massiva, salva la sanzione di coloro che fossero platealmente compromessi coi delitti. A Francesco il compito di decidere. Anzi discernere; la cosa che un gesuita fa più spesso in vita sua; un atto mai infallibile, mai sterile.
Australia, migliaia di bambini abusati da sacerdoti e insegnanti cattolici
Minori. Conclusa l’inchiesta della Royal commission. Il premier Turnbull: «Tragedia nazionale»*
«Decine di migliaia di bambini sono stati abusati sessualmente in molte istituzioni australiane, non sapremo mai il vero numero. Non si tratta di poche mele marce, le principali istituzioni della società hanno seriamente fallito». È la terribile conclusione a cui è giunta la Royal commission, istituita nel 2013 dal governo laburista di Julia Gillard per fare luce sugli abusi sessuali in Australia, dopo un’inchiesta quinquennale, articolata in 8.013 sessioni private e 57 udienze pubbliche, durante la quale sono state raccolte le testimonianze di oltre 8000 vittime, con più di 1200 testimoni ascoltati in 440 giorni. «La più alta forma di inchiesta pubblica australiana», la definisce la Bbc.
In 17 volumi che ha aggiunto 189 raccomandazioni alle 220 che erano già state rese pubbliche e che saranno ora esaminate dai legislatori, la relazione invita la Chiesa cattolica a rivedere le sue regole sul celibato. Perché secondo il rapporto la maggior parte degli abusi sono stati commessi - tra il 1950 e il 2015 - da ministri religiosi e insegnanti scolastici delle istituzioni cristiane: 4.400 abusi verificati solo nella chiesa cattolica, 1.115 denunce raccolte da quella anglicana, 1000 presunti molestatori nascosti dalla chiesa dei Testimoni di Geova.
Ma «non è un problema del passato», ha avvisato il presidente della commissione McClellan, perché dai sistemi di protezione dell’infanzia alla giustizia civile e la polizia, «molte istituzioni hanno tradito i nostri bambini». Il premier australiano, Malcolm Turnbull, ringraziando «i membri della commissione e coloro che hanno avuto il coraggio di raccontare le loro storie», ha parlato di «tragedia nazionale».
Mentre Denis Hart, l’arcivescovo di Melbourne, ha dichiarato di aver preso «molto seriamente» i risultati dell’inchiesta, ha ribadito le «scuse incondizionate per questa sofferenza e il nostro impegno a garantire giustizia per le persone colpite», ma ha respinto la raccomandazione della commissione di rendere obbligatorie le denunce di molestie raccolte durante le confessioni religiose: «Voglio osservare la legge della terra - ha detto - ma la pena per ogni sacerdote che spezza il sigillo della confessione è la scomunica». Il Papa tace.
*il manifesto, 16.12.2017
Incriminato il cardinale Pell per pedofilia
Provvedimento delle autorità australiane. Atteso in tribunale per il 18 luglio. Papa Francesco: ’Periodo congedo a Pell per difendersi da accuse’
di Redazione ANSA SYDNEY *
Preceduta da indiscrezioni di stampa, è stata confermata dalla polizia australiana dello Stato di Victoria l’incriminazione del cardinale George Pell, attualmente prefetto degli Affari economici del Vaticano. I fatti contestati risalirebbero agli anni ’70, quasi 50 anni fa, quando Pell era un semplice sacerdote a Ballarat, sua città natale. Le notifiche di reato sono state consegnate questa mattina dalla polizia ai rappresentanti legali di Pell a Melbourne e presentate al tribunale davanti al quale il prelato è chiamato a comparire il 18 luglio. Pell ha sempre respinto le accuse e non si è mai sottratto agli interrogatori. La sua volontà di collaborare sarà nuovamente messa alla prova in questa occasione, visto che l’Australia ha accordi di estradizione con l’ Italia ma non con il Vaticano.
Il cardinale George Pell ha dichiarato di "rifiutare in tutto le accuse" che gli vengono rivolte di abusi sessuali, di voler tornare in Australia per difendersi e di avere più volte nei mesi scorsi e anche recentissimamente, messo il corrente il Papa di questa situazione - ha dichiarato ai giornalisti in sala stampa vaticana - Rifiuto in blocco le accuse contro di me. Sono false. Aborrisco la sola idea degli abusi sessuali", ha proseguito Pell. Il portavoce Greg Burk, confermato che Pell partirà per l’Australia, con il permesso del Papa, per potersi difendere, ha informato che il porporato da questo momento non parteciperà a impegni pubblici né rilascerà altre dichiarazioni.
Il Papa è stato "messo al corrente del provvedimento" a cui il cardinale Pell è sottoposto in Australia, "nel pieno rispetto delle leggi civili e riconoscendo l’importanza che il processo possa svolgersi in modo giusto", visto che il cardinale "è deciso fare ritorno nel suo paese per affrontar le accuse", gli ha "concesso un periodo di congedo per potersi difendere". La segreteria per l’economia continua i propri compiti istituzionali, restano in carica i segretari per affari ordinari".
Il cardinale George Pell, il più alto prelato cattolico australiano, e dal 2014 nel terzo grado della gerarchia vaticana in quanto prefetto degli Affari economici, è stato incriminato per reati sessuali riferiti a diversi episodi avvenuti molti anni fa. E’ il più alto rappresentante vaticano mai coinvolto in una inchiesta di pedofilia. Le notifiche di reato - riferisce la radio nazionale Abc - sono state notificate dalla polizia dello stato australiano di Victoria questa mattina ai rappresentanti legali di Pell a Melbourne e presentate al tribunale detto Magistrates Court, davanti a cui il prelato è chiamato a comparire il 18 luglio. Nel dare l’annuncio il vice commissario di polizia Shane Patton ha precisato che le accuse riguardano più querelanti e che le indagini hanno riguardato reati che sarebbero stati commessi negli anni 1970 a Ballarat, città nativa di Pell dove allora era sacerdote.
Patton ha sottolineato che" il processo e le procedure seguite sono state le stesse di quelle applicate in una vasta gamma di reati sessuali storici, tutte le volte che li investighiamo". Pell ha ripetutamente respinto ogni asserzione contro di lui. Quando in una recente intervista da Roma a una TV australiana gli è stata menzionata la possibilità di essere incriminato, ha detto: "Vorrei solo riaffermare la mia innocenza. Confermo tutto quanto ho detto davanti alla commissione australiana d’inchiesta (sulle risposte istituzionali agli abusi sessuali su minori, ndr) e in altre sedi. Dobbiamo rispettare i dovuti procedimenti, aspettiamo la conclusione e ovviamente continuerò a cooperare pienamente", ha aggiunto.
Alla domanda se fosse disposto ad andare in Australia ha ripetuto: "continuerò a cooperare pienamente". Lo scorso ottobre tre detective della task force della polizia del Victoria, istituita per indagare su fatti emersi durante i lavori della Commissione d’inchiesta sugli abusi sessuali su minori, si erano recati a Roma per interrogare Pell, il quale non si è sottratto alle domande. La sua collaborazione sarà necessaria anche adesso per far andare avanti il procedimento, dato che l’Australia ha un trattato di estradizione con l’Italia ma non con il Vaticano.
* ANSA SYDNEY, 29 giugno 2017 (ripresa parziale).
Dopo premio e l’appello degli autori di Spotlight, l’accusato monsignor Pell ricevuto in udienza da Bergoglio
Il cardinale chiamato dalla Royal commision di Sydney a difendersi per casi insabbiati, è stato nominato dal pontefice Segretario all’Economia
di Luca Kocci (il manifesto, 01.03.2016)
Il premio Oscar come miglior film a Il Caso Spotlight, che racconta gli abusi sessuali sui minori commessi da decine di preti dell’arcidiocesi di Boston negli anni ‘80 e ‘90, solleva nuovamente il coperchio del pentolone in cui, nonostante i tentativi di gettare acqua sul fuoco, continua a bollire lo scandalo della pedofilia ecclesiastica. «Questo film dà voce ai sopravvissuti, e questo Oscar amplifica questa voce che noi tutti speriamo possa arrivare fino al Vaticano», ha dichiarato Michael Sugar, produttore del film, con ancora in mano la statuetta appena ricevuta sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles. E poi, rivolgendosi direttamente al pontefice: «Papa Francesco, è arrivato il momento di proteggere i bambini e restaurare la fede!».
Il film, scritto da Tom Mc Carthy e Josh Singer e premiato anche per la migliore sceneggiatura originale, racconta «la madre» di tutte le vicende di pedofilia ecclesiastica: la storia dello Spotlight, il team di giornalisti investigativi del Boston Globe che nel 2002, a partire dalla notizia di cronaca di un parroco locale accusato di aver abusato sessualmente di molti giovani nel corso di un trentennio, con un’inchiesta premiata con il Pulitzer, rivelò la miriade di abusi sessuali commessi su centinaia di minori da parte di circa 80 preti dell’arcidiocesi di Boston, allora guidata dal cardinale Bernard Law - attualmente arciprete emerito della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma - e l’insabbiamento dello scandalo da parte delle istituzioni ecclesiastiche.
Un film che ha ricevuto il plauso di monsignor Charles Scicluna, attuale arcivescovo di Malta e per anni promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, in prima linea nel contrasto agli abusi sessuali del clero, il quale ha consigliato a preti e vescovi di andare a vederlo. E del gesuita padre Hans Zollner, membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori e presidente del Centro per la protezione dei minori dell’Università pontificia Gregoriana: «C’è un grande apprezzamento per il film e ovviamente anche un apprezzamento per il messaggio e il modo in cui viene trasmesso», ha dichiarato a Radio Vaticana.
«È un forte invito a riflettere e a prendere sul serio il messaggio centrale, cioè che la Chiesa cattolica può e deve essere trasparente, giusta e impegnata nella lotta contro gli abusi e che deve impegnarsi affinché non si verifichino più. Dobbiamo cambiare quel nostro atteggiamento che in italiano si può esprimere con quella famosa parola “omertà”. Non parlare, voler risolvere tutto spazzando via tutto sotto il tappeto, nascondersi e pensare che tutto passerà. Bisogna capire che non passerà: ormai dobbiamo renderci conto che o ci pensiamo noi con molto coraggio e la capacità di affrontare le cose guardandole in faccia, oppure un giorno, prima o poi, saremo obbligati a farlo. E questo penso sia uno dei messaggi centrali di questo film».
Se la vicenda narrata da Spotlight oggi è chiusa, tanto che l’attuale arcivescovo della capitale del Massachusetts, il cardinale cappuccino Sean Patrick O’Malley inviato a Boston per “ripulire” la diocesi dopo le dimissioni di Law, è il presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori, resta ancora aperta la questione pedofilia nella Chiesa cattolica.
Prova ne è il fatto che, per singolare coincidenza, l’assegnazione dell’Oscar al Caso Spotlight è arrivata nella stessa notte in cui il cardinale australiano conservatore George Pell, potente prefetto della Segreteria per l’economia, nominato da papa Francesco (una sorta di superministro vaticano dell’economia), ha testimoniato in videoconferenza, dall’hotel Quirinale di Roma - era stata chiesto che si recasse a Sidney per deporre, ma il cardinale ha presentato un certificato medico che gli evitato il viaggio - di fronte alla Commissione governativa australiana che da quasi tre anni indaga sugli abusi sui minori commessi anche da preti e religiosi.
Come in altri Paesi, anche in Australia quasi sempre i preti pedofili non sono stati denunciati dai loro vescovi, ma poi solo trasferiti in altre parrocchie, dove hanno proseguito a compiere abusi.
Pell non è accusato di aver commesso abusi, ma di aver insabbiato alcuni scandali e coperto alcuni preti pedofili nelle diocesi in cui ha lavorato come parroco e come vescovo (accuse sempre respinte dal cardinale). La Chiesa cattolica «ha commesso enormi errori, ha causato gravi danni in molti luoghi, ha deluso i fedeli, ma sta lavorando per rimediare», ha dichiarato Pell alla Royal commission.
«Non sono qui a difendere l’indifendibile», ha aggiunto, in quel periodo la Chiesa era «fortemente propensa» ad accettare smentite degli abusi da parte di chi ne era accusato. L’istinto allora era più di «proteggere dalla vergogna l’istituzione, la comunità della Chiesa».
Dopo la deposizione - a cui hanno assistito anche una quindicina di vittime arrivate direttamente dall’Australia -, ieri mattina Pell è stato ricevuto in udienza (già programmata) da papa Francesco. E nella notte appena trascorsa c’è stata una seconda udienza, a cui ne seguiranno altre due o tre, nelle quali inevitabilmente si entrerà nel merito dei singoli casi addebitati al cardinale.
Tutto è partito dall’inchiesta giornalistica che ha ispirato il film premiato con l’Oscar: centinaia di episodi di violenze con oltre 250 sacerdoti coinvolti
Boston, effetto “Spotlight” indennizzi per 4 miliardi l’arcidiocesi è al collasso
di Federico Rampini (la Repubblica, 01.03.2016)
UNA vera svolta, dopo l’inchiesta nulla sarà più come prima. Oppure: un disastro economico da 4 miliardi di dollari, ma non sufficiente a estirpare gli abusi sessuali. L’impatto del reportage investigativo realizzato dal Boston Globe, e raccontato nel film “Spotlight”, sulla chiesa cattolica americana c’è stato certamente. Su quale sia stato l’effetto “Spotlight”, però, esistono due versioni diametralmente opposte. I vertici della chiesa Usa sostengono di aver voltato pagina, di avere preso misure drastiche per prevenire ogni abuso contro i minori. Alcune associazioni di vittime parlano invece di «riforme di facciata, operazioni di relazioni pubbliche».
Nessuno minimizza il ruolo dell’inchiesta del Boston Globe, né del film che l’ha ricostruita meritandosi l’Oscar. Le stesse autorità ecclesiali all’uscita del film nelle sale americane lo trattarono con molto rispetto, limitandosi a precisare che la vicenda risale a 15 anni fa e da allora tutto è cambiato. «Gli spettatori non devono pensare che Spotlight descriva la situazione attuale» fu il commento del sito The Catholic Free Press.
Sul film intervenne per la chiesa Francesco Cesareo: storico del Rinascimento e della Riforma, preside dell’università agostiniana Assumption College, l’italo-americano Cesareo è stato nominato presidente del National Review Board, un organo consultivo della conferenza episcopale Usa creato nel 2002 proprio per reagire allo scandalo di pedofilia rivelato dal Boston Globe. Nel commentare “Spotlight”, Cesareo ha scritto: «Al di là degli indennizzi alle vittime, dopo le rivelazioni del Boston Globe abbiamo adottato misure così onnicomprensive per proteggere i minori, che siamo diventati un modello per altre organizzazioni che si occupano di giovani”.
Il programma “Safe Environment Training” - addestramento per un ambiente sicuro - fu lanciato nel giugno 2002. Secondo il National Review Board il 98% degli adulti (quasi due milioni) che lavorano nelle parrocchie e nelle scuole cattoliche hanno seguito questi corsi speciali, e il 93% dei minori (4,4 milioni) sono stati addestrati su come proteggersi dagli abusi, o denunciare gli incidenti. Il riferimento di Cesareo al ruolo che la chiesa cattolica oggi può svolgere rispetto ad “altri”, è un’allusione agli scandali di pedofilìa che hanno colpito i boy-scout ed alcune comunità ebraiche.
Il portavoce dell’arci-diocesi di Boston, Terry Donilon, è ancora più categorico. Interpellato di recente dal Boston Globe, ha dichiarato che nella chiesa di Boston oggi ci sono «zero abusi».
Di certo l’inchiesta del giornale ha provocato conseguenze enormi. Le prime rivelazioni del Boston Globe spinsero tante vittime a denunciare abusi che erano rimasti sotto silenzio, fino a coinvolgere 250 sacerdoti nell’arcidiocesi. Altri giornali seguirono l’esempio del Boston Globe. Le inchieste fecero emergere nuovi scandali in cento città americane.
Intanto a Boston fu costretto a dimettersi il cardinale Bernard Law, sostituito da Sean O’Malley. Lo Stato del Massachussetts varò nuove leggi sull’obbligo di denuncia delle molestie sessuali da parte dei superiori gerarchici. L’impatto economico, valutato dal National Catholic Reporter, sarebbe di 4 miliardi di dollari a livello nazionale, per indennizzi e patteggiamenti vari (spesso coperti da clausole di segretezza). A questo il Journal of Public Economics ha aggiunto 2,36 miliardi di elemosine perdute annualmente, per l’effetto di quelle rivelazioni sulla comunità dei fedeli. Nella sola Boston la chiesa dovette vendere molte proprietà fra cui la lussuosa residenza cardinalizia di Lake Street.
Ma gli scandali non sono finiti. Dopo Boston i casi più gravi si sono scoperti a Philadelphia nel 2011, poi a Kansas City e a Saint Paul-Minneapolis l’anno scorso: cioè poco prima che arrivasse negli Stati Uniti papa Francesco.
Perfino sull’arcidiocesi di Boston il giudizio è negativo secondo David Clohessy, direttore dell’associazione di vittime Survivors Network of those Abused by Priests (Snap). Al Boston Globe, Clohessy ha detto: «Con l’arrivo del cardinale O’Malley sono cambiate procedure e protocolli, ma si è trattato di un’operazione di relazioni pubbliche». Da 15 anni, ogni domenica gruppi di vittime continuano la loro silenziosa protesta all’ingresso della messa, davanti alla Cattedrale di Santa Croce nel centro di Boston.
Il cardinal Pell alla fine ammette:
“Sui nostri preti ho sbagliato. Credevo a loro, non alle famiglie”
Audizione internazionale a Roma sui casi insabbiati in Australia
di Andrea Tornielli (La Stampa, 01.03.2016)
Nell’affrontare i casi di pedofilia tra il clero «la Chiesa ha commesso errori tremendi»: si credeva sempre alla versione dei preti accusati di abusi e non a quella delle vittime e dei loro familiari. Il cardinale australiano George Pell, 74 anni, fisico da gigante, «ministro dell’Economia» della Santa Sede, dopo aver giurato sulla Bibbia di dire tutta la verità risponde con calma per quattro ore di fila alle domande puntuali di Gail Furness, la consulente dell’Australian Royal Commission che indaga sui casi dei bambini abusati da religiosi. L’avvocatessa, tailleur bianco e capelli biondi a caschetto, ha condotto in modo impeccabile l’interrogatorio a distanza. Lei a Sydney, lui presente in videoconferenza da una sala dell’hotel Quirinale di Roma, non potendo per ragioni di salute affrontare il viaggio transoceanico.
Quella della notte tra domenica e lunedì, conclusasi alle 2.30 di mattina, è stata la prima di quattro audizioni che proseguiranno per tutta la settimana. Il quadro che è emerso parla ancora una volta di preti pedofili che invece di essere fermati e processati, sono stati semplicemente spostati di parrocchia, potendo così continuare a compiere le loro immonde azioni. Mentre le vittime e i loro familiari sono state tenute lontane e non credute.
Il prefetto della Segreteria per l’economia non ha minimizzato, ammettendo la generale sottovalutazione delle curie nei decenni passati: «Non sono qui per difendere l’indifendibile, la Chiesa ha commesso errori enormi e sta lavorando per porvi rimedio», anche se la responsabilità «non è delle strutture della Chiesa, ma degli errori, sconvolgenti, delle persone coinvolte».
Durante la prima audizione le domande di Gail Furness sono state incentrate soprattutto sulla rete di conoscenze del cardinale negli anni Settanta: quali persone erano vicine a lui mentre era sacerdote e collaboratore del vescovo a Ballarat. Quanto ha eventualmente saputo degli abusi avvenuti e quando l’ha saputo; quali competenze aveva nei trasferimenti dei preti da una parrocchia all’altra. Si è parlato, tra l’altro, dei casi specifici di monsignor John Day e poi del caso più famoso di padre Gerald Ridsdale, pedofilo seriale riconosciuto colpevole di aver abusato 153 ragazzi, oggi rinchiuso in prigione. Sul primo, Pell ha detto di essere venuto a conoscenza delle accuse di abusi su minori ma anche di aver saputo che Day le aveva negate. Per quanto riguarda invece Ridsdale, con il quale ha abitato per qualche mese nella stessa residenza, Pell ha affermato di non aver mai saputo delle accuse contro di lui.
Il cardinale è stato molto duro con il vescovo emerito di Ballart, Ronald Austin Mulkearns, per come questi ha gestito di caso del prete pedofilo Ridsdale, definendo l’atteggiamento del prelato «una catastrofe per la Chiesa». Ma ha anche riconosciuto di aver commesso all’epoca l’errore di credere alla versione dei preti piuttosto che a quella delle vittime. «Devo dire - ha precisato Pell - che in quell’epoca, se un prete negava questo tipo di comportamenti, io ero fortemente incline ad credergli».
Un terzo caso specifico è quello degli abusi nelle scuole gestite dai Fratelli Cristiani a Ballarat. Il cardinale ha detto di non aver mai saputo il nome delle vittime né che vi fosse un alto numero di abusi o che gli atteggiamenti dell’insegnante Edward Dowlan, poi giudicato colpevole di abusi su venti ragazzini e condannato a sei anni di reclusione, fossero di pubblico dominio nella scuola. Il cardinale ha però ammesso di essere stato avvertito dai parrocchiani che uno dei Fratelli Cristiani, Leo Fitzgerald, nuotava nudo insieme agli alunni ed era solito baciare i bambini per salutarli.
Durante tutta l’audizione Pell è rimasto sempre calmo. E si è detto disponibile a incontrare le vittime giunte a Roma dall’Australia per assistere dal vivo alla sua deposizione. Ieri mattina il cardinale è stato anche ricevuto in udienza da Papa Francesco.
Pedofilia: la testimonianza del cardinale Pell: "La chiesa ha commesso enormi errori"
Il prelato Australiano sarà ricevuto dal Papa. Ieri l’appello del produttore di ’Spotlight’ sugli abusi
di Redazione ANSA *
La Chiesa cattolica "ha commesso enormi errori, ma sta lavorando per rimediare. Ha causato gravi danni in molti luoghi, ha deluso i fedeli". Lo ha ammesso il cardinale George Pell, già arcivescovo di Melbourne e poi di Sydney e ora prefetto degli Affari economici del Vaticano, testimoniando in videoconferenza dall’Hotel Quirinale a Roma davanti alla Commissione d’inchiesta sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali a minori negli anni 1970 e 1980.
"Non sono qui a difendere l’indifendibile", ha aggiunto. In quei giorni la Chiesa era "fortemente propensa" ad accettare smentite degli abusi da parte di chi ne era accusato. L’istinto allora era più di "proteggere dalla vergogna l’istituzione, la comunità della Chiesa", ha detto fra l’altro il prelato, che ha tuttavia negato di aver avuto alcuna conoscenza delle malefatte dei preti pedofili che operavano nella diocesi di Ballarat in cui era viceparroco e assistente al vescovo Ronald Mulkearns. La prima di tre o quattro udienze, in collegamento con la Commissione in seduta a Ballarat presso Melbourne, si è conclusa oggi alle 12 ora australiana (le 2 in Italia). La testimonianza del prelato, interrogato puntigliosamente dal legale della commissione Gail Furness, riprenderà domattina in Australia (alle 22 ora italiana).
Alla deposizione assistono di persona 14 vittime e loro sostenitori, il cui viaggio è finanziato da una raccolta fondi che ha superato l’equivalente di 130 mila euro. Il cardinale ha ammesso che la maniera in cui il prete pedofilo seriale Gerald Ridsdale è stato trasferito da una parrocchia all’altra invece di essere denunciato alla polizia è stata una "catastrofe", che gli ha consentito di continuare ad abusare di minori. Ha tuttavia negato nuovamente di essere a conoscenza che Ridsdale commetteva abusi sessuali a minori mentre lavorava al suo fianco nella diocesi di Ballarat, dove lo stesso Pell è stato viceparroco fra il 1973 e il 1983. Ridsdale è in carcere dopo essere stato condannato per 138 reati ai danni di 53 vittime e Pell ha condiviso l’alloggio con lui quando erano giovani preti.
Lo ha anche accompagnato alla prima udienza del processo a suo carico nel 1993. Una delle vittime, il nipote Ridsdale, che è tra i 14 sopravvissuti di abusi presenti alla testimonianza, in passate udienze ha accusato Pell non solo di aver ignorato gli abusi, ma anche di aver tentato di comprare il suo silenzio. In un comunicato diffuso prima della deposizione, Pell ha ribadito il suo sostegno al lavoro della Commissione e ha promesso di incontrarsi individualmente con le vittime che sono venute ad ascoltare la sua deposizione a Roma.
Il cardinale Pell sarà ricevuto dal Papa in mattinata.
Ieri dopo la vittoria di Spotlight come miglior film agli Oscar il produttore ha sottolineato: "Questo premio dà voce ai sopravvissuti. Una voce che arriverà al Vaticano. Papa Francesco, è arrivato il momento di proteggere i bambini". Così Michael Sugar, il produttore del film premio Oscar "Spotlight", durante il discorso di ringraziamento al Dolby Teathre di Los Angeles dopo aver ricevuto la statuetta.
Preti pedofili e tutto il resto
di Luca Kocci (il manifesto, 4 aprile 2013)
Quella che si è aperta ieri in Australia è la più grande inchiesta sugli abusi sessuali commessi ai danni dei minori mai avviata al mondo.
Una Commissione nazionale, istituita dal governo australiano, indagherà a 360 gradi per almeno tre anni in modo da quantificare l’entità del fenomeno degli abusi, individuare le responsabilità delle istituzioni e delle organizzazioni sia pubbliche che private e punire i colpevoli.
La Royal Commission, dotata dei massimi poteri di inchiesta, punterà ad accertare non solo le responsabilità dirette dei singoli, ma anche le omissioni, le coperture, le connivenze e le complicità da parte di vari soggetti: amministrazioni locali, forze di polizia, scuole, gruppi sportivi, associazioni di volontariato e caritatevoli come l’Esercito della salvezza, organizzazioni giovanili come i boy scout e soprattutto la Chiesa cattolica.
Gerarchie ecclesiastiche
Del resto la decisione del governo di dare vita alla Commissione d’inchiesta è scaturita proprio dal dilagare in Australia - uno dei Paesi maggiormente coinvolti nel mondo, insieme agli Usa e all’Irlanda - dello scandalo dei preti pedofili: le denunce da parte delle numerose associazioni delle vittime, le pressioni di molti parlamentari, la scoperta delle azioni di insabbiamento e di depistaggio messe in atto dalle gerarchie ecclesiastiche cattoliche per coprire i religiosi accusati di aver compiuto abusi e violenze sui minori hanno convinto il governo federale di Julia Gillard, nello scorso novembre, ad annunciare la costituzione della Commissione che ieri a Melbourne ha iniziato ufficialmente i lavori, cominciando l’analisi del documenti e ascoltando i primi tra gli almeno cinquemila testimoni - che potranno avvalersi di un servizio gratuito di consulenza legale - previsti da qui fino a tutto il 2015.
La Commissione - spiegano in un comunicato congiunto la premier laburista Gillard e i ministri della giustizia, Mark Dreyfus, e della famiglia, Jenny Macklin -, permetterà a «migliaia di australiani che hanno sofferto da bambini di riferire le loro esperienze e di esprimere sentimenti che molti portano ancora con sé in conseguenza del danno loro causato Il riconoscimento formale di questi torti è di enorme importanza, se vogliamo impedire che accadano di nuovo».
Dal 1930 a oggi
A finire sotto le lenti dei sei magistrati della Royal Commission sarà principalmente la Chiesa cattolica, ai cui vertici il presidente, il giudice Peter McClellan, ha chiesto la consegna di una serie di documenti.
La Commissione non si muoverà al buio, dal momento che nel recente passato da parte delle istituzioni ecclesiastiche ci sono già state ammissioni di responsabilità ma anche tentativi di depistaggio: a Victoria - lo Stato dell’estremo sud-est continentale - i vescovi hanno confessato che oltre 600 bambini hanno subito abusi sessuali da parte di preti e religiosi dal 1930 ad oggi; e in New South Galles le autorità ecclesiastiche - a cominciare dall’arcivescovo di Sidney, card. George Pell, che in più di un’occasione ha dovuto giustificare i propri comportamenti - sono state accusate di ostacolare le indagini, distruggere le prove e trasferire i preti pedofili per proteggerli dalle inchieste.
Inoltre in tutta l’Australia oltre 110 preti religiosi sono stati già condannati per abusi e violenze sessuali su minori. Tanto che Ratzinger, durante il suo viaggio in Australia nel 2008, incontrò alcune vittime dei preti pedofili e chiese pubblicamente scusa per le colpe degli uomini di Chiesa.
Dal Vaticano per ora nessuna reazione all’inchiesta australiana. Ma il tema della pedofilia del clero sarà uno dei primi impegnativi banchi di prova di papa Bergoglio
Australia. Inchiesta globale sulla pedofilia
di Stefano Vergine (il Fatto, 14.11.2012)
Perth (Australia) Il governo australiano ha annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta sugli abusi sessuali subiti dai minori. La premier laburista Julia Gillard ha sottolineato che le indagini non riguarderanno solo la Chiesa cattolica ma tutte le istituzioni, dalle scuole alle organizzazioni no-profit.
Date le circostanze, è però evidente che l’obiettivo della commissione, che ha potere giudiziario, verrà puntato sugli eventuali insabbiamenti operati dal Vaticano. “Ci sono state rivelazioni su aggressori trasferiti da una sede a un’altra - ha detto Gillard - troppi adulti hanno preferito chiudere gli occhi”.
Giusto una settimana fa le dichiarazioni di Peter Fox, un ispettore di polizia, avevano riportato la Chiesa di Roma al centro dell’attenzione degli australiani, uno dei popoli meno religiosi al mondo, dove a perdere fedeli negli ultimi anni è stato soprattutto il cristianesimo. Fox ha detto di avere prove inconfutabili sul tentativo di “un arcivescovo, un vescovo e un prete” di insabbiare casi di abuso avvenuti nella Valle di Hunter, 170 chilometri da Sydney.
Finora la Chiesa cattolica ha ammesso che dal 1930 a oggi 620 bambini sono stati violentati da preti. Secondo diverse associazioni il numero delle vittime sfiora invece quota 10mila. I membri della commissione, la cui istituzione è sostenuta anche dal partito conservatore, dovrebbero essere nominati entro l’anno.
L’annuncio è stato accolto con favore dalle associazioni delle vittime di abusi, che hanno parlato di “fine del tradimento” dello Stato. Positivo anche il commento dell’arcivescovo di Sidney, George Pell: “Credo che l’aria debba essere ripulita: dovremo cooperare pienamente con la commissione”
Il teologo David Berger:
“Papa Benedetto XVI è gay”
Secondo lo studioso “quando si parla tra studiosi in privato, tutti concordano sull’omosessualità di Ratzinger”. Indignati i cattolici
di Emiliana Costa *
“Papa Ratzinger è gay”. La scioccante dichiarazione è di David Berger, il teologo tedesco che nel novembre scorso era salito alla ribalta delle cronache per aver fatto coming out e aver lanciato input pruriginosi sull’omosessualità di molti preti nella chiesa cattolica. A distanza di pochi mesi, Berger è tornato con un pettegolezzo choc sulle inclinazioni sessuali di Benedetto XVI. E lo ha fatto dalle colonne del mensile gay “Fresh”.
Secondo il teologo “quando si parla tra studiosi in privato, tutti concordano sull’omosessualità di Ratzinger. Lui viene da una cultura clericale nella quale il tema dell’amore per persone dello stesso sesso era totalmente tabù. Quello che odia in sé lo proietta sugli altri e lo disprezza”.
Nel suo libro “Una sola illusione: un teologo gay nella Chiesa cattolica”ci sarebbero anche le dichiarazioni della giornalista Valeska von Roques, secondo cui Benedetto XVI durante la sua attività di cardinale avrebbe avuto storie omosessuali con alcune guardie svizzere.
“Il Papa - ha aggiunto Berger - è costantemente preoccupato dell’omosessualità, la prima cosa che ha fatto nel 2005 è stato un documento contro i preti gay, per lui sono pericolosi”. Secondo il teologo, Benedetto XVI avrebbe avuto contatti regolari con cardinali omosessuali.
Mentre sul web, la notizia rimbalza da un portale all’altro, il mondo cattolico si indigna davanti a simili dichiarazioni. Il sito cattolico kath.net sostiene che quella di Berger sia pura diffamazione di un uomo potente come papa Ratzinger. Anzi alcuni sono molto taglienti e ribattono che la tesi di Berger dimostrerebbe come l’omosessualità spenga il cervello.
Kreuz.net definisce Berger una “latrina omosessuale”, in quanto “avrebbe insultato il Papa nello squallido mensile omosessuale descrivendolo come un sodomita”.
* REPORTER: Emiliana Costa, 15 aprile 2011
Le violenze di un sacerdote del Wisconsin sui piccoli affetti da sordità
La rivelazione del New York Times: "La priorità era proteggere la Chiesa"
Usa, sacerdote abusò di 200 bambini
"Ratzinger e Bertone occultarono il caso" *
ROMA - I vertici del Vaticano, tra cui il futuro Papa Benedetto XVI, occultarono gli abusi di un prete americano, sospettato di aver violentato circa 200 bambini sordi di una scuola del Wisconsin. Lo scrive il New York Times, sulla base di alcuni documenti ecclesiastici di cui è venuto in possesso. La corrispondenza interna tra vescovi del Wisconsin e l’allora cardinale Joseph Ratzinger, scrive il New York Times, mostra che la priorità era, a quel tempo, quella di proteggere la chiesa dallo scandalo.
La vicenda in questione riguarda un prete del Wisconsin, il reverendo Lawrence C. Murphy, che aveva lavorato nella scuola dal 1950 al 1977. Nel 1996, riferisce il quotidiano americano, l’allora cardinale Joseph Ratzinger non fornì alcuna risposta a due lettere che gli furono inviate dall’arcivescovo di Milwaukee, Rembert G. Weakland, mentre solo otto mesi più tardi il cardinale Tarcisio Bertone diede istruzioni, ai vescovi del Wisconsin, di avviare un processo canonico segreto che avrebbe potuto portare all’allontanamento di padre Murphy.
Ma Bertone, precisa il New York Times, fermò questo processo dopo che lo stesso padre Murphy scrisse al cardinale Ratzinger ricordando che il caso era sostanzialmente caduto in prescrizione. "Voglio solo vivere il tempo che mi resta nella dignità del mio sacerdozio. Chiedo il vostro aiuto in questa vicenda", chiese il sacerdote.
Nei documenti, ottenuti dal quotidiano dai legali di cinque uomini che hanno fatto causa alla diocesi di Milwaukee, non c’è traccia della risposta di Ratzinger a questa lettera. Ma secondo quanto si legge, padre Murphy non ricevette mai alcuna punizione o sanzione e fu trasferito in segreto in alcune parrocchie e scuole cattoliche, prima di morire nel 1998.
* la Repubblica, 25 marzo 2010
QUESTIONARIO A RISPOSTA ’CHIUSA’.
IN AUSTRALIA, PUBBLICATE LE DOMANDE SEGRETE AGLI ASPIRANTI VESCOVI
da Agenzia ADISTA n. 10 del 06/02/2010 *
35423. CANBERRA-ADISTA. Nessun riferimento alla comunità diocesana, nessun riferimento alla Scrittura o al Credo, a fronte di una sottolineatura dell’importanza della fedeltà al papa e al Vaticano: è questo il contenuto del testo di un questionario sub secreto pontificio riguardante i candidati all’episcopato in Australia, reso pubblico dal gruppo Catholics for Ministry, animato dal giornalista cattolico, ex prete, Paul Collins. Il "Questionario per i candidati all’episcopato" - questo il titolo del documento - porta il sigillo della Nunziatura apostolica australiana e può essere visionato sul sito www.catholica.com.au. Esso è destinato a persone di fiducia - per lo più vescovi e qualche prete - alle quali vengono chieste informazioni riguardo al candidato.
Nel processo di selezione per la nomina dei vescovi in Australia, osserva Paul Collins su Catholica, "viene tenuto ben poco conto della comunità diocesana o della maggioranza dei preti, e spesso persino vescovi non allineati vengono completamente scavalcati o ignorati". Il documento segreto, secondo Collins, viola in primo luogo il diritto alla privacy del candidato: nella sezione dedicata ai dati personali, ad esempio, si chiedono informazioni sulle "condizioni" della famiglia di origine e su eventuali "predisposizioni" a malattie ereditarie.
Nella sezione relativa alle "informazioni biografiche" si torna sulla questione con domande sulla "condizione della famiglia del candidato: religiosa, morale, civile, economica, riguardante la salute fisica e mentale". "Che diritto ha, un nunzio apostolico (un non cittadino australiano che, in quanto straniero, si trova qui tollerato), di chiedere informazioni che nessun datore di lavoro australiano porrebbe per timore di denunce?", si chiede Collins.
Altra area di interesse è la sezione del documento dedicata all’"ortodossia"; non si parla, però, di credo e di teologia ma di "completa, miope fedeltà al papato e al Vaticano senza alcun interesse teologico per i numerosi e variegati ruoli episcopali nella Chiesa, per non parlare dell’affidabilità verso la diocesi nella quale viene nominato". In questo senso, il Concilio Vaticano II è citato solo una volta, mentre la descrizione del ruolo episcopale "è completamente radicata nel Concilio Vaticano I" e focalizzata sulla fedeltà ai documenti della Chiesa riguardanti tematiche teologiche secondarie che hanno a che fare con il sacerdozio, l’ordinazione femminile, il matrimonio, l’etica sessuale e, ultima in ordine di comparizione, la giustizia sociale; si parla di "fedeltà alla genuina tradizione della Chiesa" e di "autentico rinnovamento promosso dal Vaticano II".
L’aspetto più grottesco, tuttavia, è la richiesta di fedeltà al documento, citato in grassetto nel questionario, Statement of Conclusions, del 1998. "Questo documento piuttosto strano - spiega Collins - fu imposto ai vescovi australiani come una trappola da un gruppo di burocrati vaticani al Sinodo per l’Oceania nel 1998. Nessuno di questi ecclesiastici vaticani era anglofono, meno che mai australiano. Sei erano italiani, quattro latinoamericani e uno tedesco. Pochi di loro avevano un’esperienza pastorale in una parrocchia. Certamente nessuno di loro aveva mai visitato l’Australia, ma questo non impedì loro di informare i vescovi che i cattolici australiani soffrivano una "crisi di fede. che si manifesta nell’aumento del numero di persone senza religione e nella diminuzione della frequenza in chiesa [dovuta] alla tolleranza e all’apertura australiana", una crisi che toccava la "cristologia, l’antropologia e l’ecclesiologia".
Questo ritratto della Chiesa nel Paese, racconta Collins, lasciò sbigottiti i cattolici locali, dal momento che questi cliché sul cattolicesimo australiano erano veicolati da "un minuscolo gruppo assolutamente non rappresentativo di reazionari, teologicamente illetterati, ma forse appoggiato in segreto da un paio di vescovi al massimo". Questa visione distorta della Chiesa, sintetizzata in un documento imposto alla fine del Sinodo, fece infuriare la maggioranza dei vescovi australiani, che si sentì "completamente ignorata". "Ed è stupefacente - conclude Collins - che ora un documento tanto superficiale ed ignorante diventi un prerequisito normativo per l’episcopato in Australia, mentre la Bibbia o il Credo "sono semplicemente ignorati".
Anche dal punto di vista dell’aspetto della disciplina il questionario lascia molto a desiderare. Si parla infatti di "devozione al Santo Padre, alla Santa Sede e alla gerarchia episcopale", di appoggio al celibato sacerdotale e alle leggi della Chiesa, in particolare alla "disciplina liturgica e clericale"; e anche la sezione dedicata alle esperienze pastorali e alle attitudini del candidato è molto povera (predicazione, insegnamento, attitudine al parlare in pubblico, disponibilità ad amministrare i sacramenti, promozione di vocazioni, interesse per le missioni e le attività ecumeniche e, solo per ultima, formazione dei laici "nei campi dell’apostolato familiare e sociale"). Va un po’ meglio con il capitolo dedicato alla leadership, in cui si fa riferimento al dialogo e alla collaborazione, alla capacità di delegare e di condividere le responsabilità. Nessun cenno, invece, alla responsabilità del vescovo nei confronti della sua diocesi: elemento, questo, che riflette - nota Collins - "l’ecclesiologia del Concilio Vaticano I più che quella del Concilio Vaticano II".
Collins ha informato il nunzio mons. Giuseppe Lazzarotto di essere entrato in possesso di una copia del questionario segreto, e la risposta del prelato è stata "aperta e cortese", sottolineando il fatto che tale questionario rappresenta solo "uno degli elementi nel processo di ricerca". Resta il fatto, conclude lo scrittore australiano, "che il Vaticano e il nunzio hanno in mano tutti gli atout e il processo resta segreto e non trasparente"; di qui la campagna promossa da Catholics for Ministry per coinvolgere il nunzio pontificio e la Congregazione per i Vescovi in Vaticano nell’elaborazione di un "processo migliore per la nomina dei vescovi". (ludovica eugenio)
da Adista Notizie n. 10 del 06/02/2010
Articolo tratto da
ADISTA
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* Il Dialogo,Lunedì 01 Febbraio,2010 Ore: 16:40
Gay in piazza contro il Vaticano: appoggia le peggiori dittature *
Sono scesi in piazza per protestare contro le dichiarazioni del Vaticano che non ha firmato i documento dell’Onu in cui si chiedeva agli 80 paesi che ancora considerano l’omosessualità un reato, di depenalizzarlo. Sono i gay, trans, lesbiche e bisessuali italiani che non ci stanno ad essere considerati dei criminali. A capitanarli, c’è l’ex deputato di Rifondazione Comunista Vladimir Luxuria: porta il cappio al collo, per ricordare tutte quelle persone che, a causa del proprio orientamento sessuale, vengono uccise e torturate. «Il Vaticano - spiegano gli organizzatori del sit-in - non firmando il documento che la Francia ha proposto all’Onu per chiedere la depenalizzazione dell’omosessualità, di fatto sostiene gli oltre 80 paesi del mondo che perseguitano gli omosessuali, in 9 dei quali è prevista la pena di morte».
Alla manifestazione, promossa dalle associazioni Certi Diritti, Arcigay e Arcilesbica, hanno aderito Radicali Italiani e, tra le altre, le associazioni lgbt Mario Mieli, DjGayProject, GayLib, Libellula, Rosa Arcobaleno, oltre alle Associazioni Luca Coscioni e Nessuno Tocchi Caino. In piazza c’è anche l’ex deputato socialista Franco Grillino: «Con il rifiuto di sottoscrivere la mozione europea all’Onu - dice - il Vaticano getta la maschera del suo presunto buonismo schierandosi con le peggiori dittature islamiche comprese quelle dove governi islamo-fascisti comminano la pena di morte agli omosessuali: Iran, Mauritania, Sudan, Emirati arabi uniti, Yemen, Arabia Saudita, Nigeria».
Secondo Luxuria, quella del Vaticano contro i gay è una vera e propria crociata: «Ormai hanno un’ossessione di odio nei nostri confronti da rimanerne accecati - dice - non c’è nulla di evangelico nè di cristiano contro la depenalizzazione gay e la difesa della vita - conclude - non può essere fatta solo per gli embrioni o per Eluana Englaro».
* l’Unità, 06 Dic 2008
Benedetto XVI a Sidney sceglie di affrontare senza mediazioni gli scandali
che hanno travolto anche la chiesa australiana: "Dolore per le vittime"
Dal Papa anatema sui preti pedofili
"Una vergogna, siano giudicati"
SYDNEY - Condanna "inequivocabile" dei preti pedofili, che "devono essere portati davanti alla giustizia", "vergogna" per i loro "misfatti" e "condivisione del dolore e della sofferenza delle vittime", che devono riceve compassione e cura". Condanna senzi mezzi termini del Papa da Sydney, dove si trova per la XXIII Giornata mondiale della gioventù.
In Australia, secondo i dati della associazione delle vittime di abusi sessuali ’Broken Rites’, sono già stati condannati per violenza sui minori 107 tra preti e religiosi cattolici. E altri processi sono in corso.
Alla notizia dell’arrivo di Benedetto XVI a Sydney le associazioni di abusati hanno cominciato a chiedere con insistenza che, analogamente a quanto ha fatto lo scorso aprile negli Stati Uniti - dove il fenomeno dei preti pedofili ha avuto portata molto ampia, portando la chiesa americana a una gravissima crisi di immagine e finanziaria - Papa Ratzinger chiedesse scusa per le colpe dei preti pedofili.
Benedetto XVI ha detto: "Desidero qui fare una pausa per riconoscere la vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni sacerdoti o religiosi di questa Nazione". A questo punto, integrando il testo del discorso scritto, ha aggiunto: "Davvero sono profondamente addolorato per il dolore e la sofferenza subita dalle vittime e assicuro loro che come loro pastore anche io condivido la loro sofferenza". "Questi misfatti - ha proseguito riprendendo il testo -, che costituiscono un così grave tradimento della fiducia, devono essere condannati in modo inequivocabile. Essi hanno causato grande dolore e hanno danneggiato la testimonianza della Chiesa. Chiedo a tutti voi di assistere i vostri vescovi e di collaborare con loro per combattere questo male. Le vittime devono ricevere compassione e cura, e i responsabili di questi misfatti devono essere portati davanti alla giustizia". "E’ una priorità urgente - ha aggiunto subito dopo - quella di promuovere un ambiente più sicuro e sano, specialmente per i giovani". Nei giorni scorsi sono giunti a Sydney da Londra i genitori di due bambine ripetutamente violentate da un sacerdote di Melbourne, padre O’Donnell, negli anni tra il 1988 e il 1993, e hanno pubblicamente chiesto che il Papa le riceva. La coppia, Anthony e Christine Foster, accusa inoltre l’arcivescovo di Sydney, George Pell, di aver insabbiato l’inchiesta contro padre O’Donnel, riconosciuto responsabile delle violenze sulle loro due figlie, Emma e Katherina.
* la Repubblica, 19 luglio 2008.
Ansa» 2008-07-14 15:40
PAPA: RELAX TRA MOZART E PARCO, MENTRE LA GMG SCALDA I MOTORI
dell’inviata Giovanna Chirri
SYDNEY - Sorridente mentre passeggia nel parco del "buen retiro" australiano, e contento mentre ascolta Mozart, Schumann e Schubert suonati per lui da un gruppo di sette concertisti di Sydney. Le immagini diffuse dal Centro televisivo vaticano mostrano un Papa tranquillo che si prepara all’incontro con i ragazzi della Giornata mondiale della gioventù, e che sta ben recuperando lo sforzo del lungo viaggio con il cambiamento di otto fusi orari.
"Per coloro che si sono fatti preoccupazioni per la sua salute, non ce ne sono" spiega il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, che riferisce la giornata papale svoltasi nel Kenthurst Study Centre a una quarantina di chilometri da Sydney, alle propaggini delle Montagne Blu, messo a disposizione dall’Opus Dei per la vacanza australiana di papa Ratzinger.
Una giornata tra passeggiate nel parco, letture e relax, ma anche con un incontro significativo con l’arcivescovo di Sydney George Pell e il vescovo coordinatore della Gmg mons. Anthony Fischer: hanno illustrato al Papa gli sviluppi della Giornata, l’arrivo dei ragazzi che sta superando le previsioni, con molti giovani pellegrini che si presentano senza prenotazione e fanno crescere la partecipazione al raduno mondiale cattolico.
"Sono ottimista", ha commentato il segretario di Stato Tarcisio Bertone di fronte ai numeri che crescono di giorno in giorno. La distanza non è stata un ostacolo per il Papa ottantunenne, e lunghezza del viaggio e costi non hanno scoraggiato tanti teenager dal mettersi sulla via dell’Australia. Tra loro la più giovane iscritta alla Gmg, Cecilia, 17 mesi, milanese, in braccio ai genitori Simona e Fabio. Gli italiani, tradizionalmente tra i gruppi più numerosi alle Gmg, per l’edizione 2008 sono diecimila, un numero di presenze inferiore soltanto a australiani e neozelandesi.
Dall’Iraq invece sono in 27, hanno faticato per ottenere il visto dalla ambasciata di Amman e sperano in una parola di incoraggiamento del Papa. La macchina organizzativa della città sta lavorando a pieno ritmo per ospitare tutti e anche la "Malek Fahed Islamic School" ha aperto le sue porte ai ragazzi cattolici: il direttore Mazen Bakhour ha spiegato che è un modo perché i credenti in differenti religioni creino legami di pace.
Intanto le vittime dei preti pedofili non hanno giudicato sufficienti le parole dette dal Papa sull’aereo che lo portava a Sydney e vorrebbero un incontro personale con il Pontefice. "Non ho previsioni su questo", ha detto padre Lombardi ricordando che "anche negli Stati Uniti non ci sono state previsioni".
Negli Usa lo scorso aprile papa Ratzinger ha incontrato un gruppo di vittime dei preti pedofili, senza che l’incontro fosse nella sua agenda di quei giorni, quindi nulla toglie che in Australia succeda lo stesso, nei modi e tempi che il Papa sceglierà. Non sembra destare preoccupazione tra chi cura la sicurezza di Benedetto XVI il fatto che un poliziotto australiano in servizio a Kenthurst si sia ferito ad una mano con un congegno esplosivo, facendo scattare un allarme sicurezza, rientrato poco dopo.
"L’episodio - ha riferito padre Lombardi - non ha suscitato nessun tipo di preoccupazione nell’entourage del Papa", "il poliziotto si è fatto male da solo e non c’é stato nessun tentativo di entrare nella residenza papale" da parte di malintenzionati. Smentita da padre Lombardi inoltre la notizia diffusa da giornali locali che al Papa sia stato regalato un gatto: "Non c’é nessun gatto a Kenthurst", ha detto.
Per Benedetto XVI la giornata di domani seguirà lo schema di oggi, mentre la città entrerà nel vivo della Gmg con la celebrazione della messa inaugurale, a Barangaroo, presieduta dal cardinale Pell.
Ansa» 2008-07-15 08:05
Bagnasco: non fine vita con una sentenza
SYDNEY - "Non possiamo tacere" la nostra "preoccupazione" "se si dovesse procedere a una consumazione di una vita per una sentenza". Lo ha detto il presidente dei vescovi italiani Angelo Bagnasco interpellato sul caso Eluana durante una conferenza stampa a Sydney nell’ambito della Giornata mondiale della gioventù".
"Da una parte - ha osservato il cardinale Bagnasco rispondendo a una domanda sul caso di Eluana - sono doverosi sentimenti di partecipazione al dolore, di rispetto per una situazione di grandissima sofferenza". "Ma - ha aggiunto - non possiamo tacere che si tratta di un momento delicato, difficile, drammatico: se si dovesse procedere a una consumazione di una vita per sentenza". "Togliere idratazione e nutrimento nel caso specifico è come togliere da mangiare e da bere a una persona che ne ha bisogno, come ne ha bisogno ognuno di noi". Si tratta dunque, ha concluso di un "momento di forte preoccupazione, che deve far preoccupare e riflettere seriamente tutti noi e tutte le persone di buona volonta".
Accolto dal premier Kevin Rudd, inizierà la visita ufficiale giovedì
Benedetto XVI in Australia: ’’I govani confusi cercano risposte’’
Messaggio del pontefice ai ragazzi che parteciperanno alla XXIII Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Sydney nei prossimi giorni. Lotta alla povertà, alle ingiustizie, all’avidità umana e ai disastri ambientali i temi affrontati
Città del Vaticano, 13 lug. - (Adnkronos/Ign )- I giovani del mondo che stanno affluendo in Australia spesso sono confusi e incalzati da un mondo senza Dio e cercano risposte alla povertà, alle ingiustizie, all’avidità umana e ai disastri ambientali. La verità cristiana, la buona novella ’’puo’ soddisfare le attese più profonde dei loro cuori’’. Dai giovani puo’ arrivare il rinnovamento cristiano del mondo. E’ quanto ha detto il Papa in un messaggio rivolto al popolo australiano e ai giovani che prenderanno parte alla Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà nei prossimi giorni (dal 15 al 20) a Sydney. Il pontefice è già sbarcato in Australia e ora per qualche giorno si riposerà per poi prendere parte alle grandi iniziative della Gmg.
’’E’ mia ferma convinzione -ha detto il Papa nel messaggio- che i giovani sono chiamati ad essere strumenti di questo rinnovamento, comunicando ai loro coetanei la gioia che hanno sperimentato nel conoscere e nel seguire Cristo, e condividendo con gli altri l’amore che lo Spirito riversa nei loro cuori, in modo che anch’essi siano colmi di speranza e di gratitudine per tutto il bene che hanno ricevuto da Dio, nostro Padre celeste’’.
’’Molti giovani oggi -ha detto ancora Ratzinger- mancano di speranza. Rimangono perplessi di fronte alle domande che si presentano loro in modo sempre più incalzante in un mondo che li confonde, e sono spesso incerti verso dove rivolgersi per trovare risposte. Vedono la povertà e l’ingiustizia e desiderano trovare soluzioni’’. ’’Sono sfidati -ha detto il Papa- dagli argomenti di coloro che negano l’esistenza di Dio e si domandano come rispondervi. Vedono i grandi danni recati all’ambiente naturale dall’avidità umana e lottano per trovare modi per vivere in maggiore armonia con la natura e con gli altri. Dove possiamo cercare risposte? Lo Spirito ci orienta verso la via che conduce alla vita, all’amore e alla verità’’.
Ad accogliere il pontefice all’aeroporto militare di Richmond c’erano il primo ministro australiano, il laburista Kevin Rudd, e il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney. Durante il suo soggiorno in Australia il Papa trascorrerà le prime quattro notti in un centro studi dell’Opus Dei a Kenthurst, nel Parco nazionale delle Montagne Azzurre a una quarantina di chilometri da Sydney. La visita ufficiale comincerà a pieno ritmo giovedì 17, con una serie di incontri con le massime autorità e l’atteso corteo di imbarcazioni nella baia di Sydney, che sarà seguito da decine di migliaia di persone dai punti panoramici lungo la costa, e si concluderà nel parco di Barangaroo, dove lo attende un raduno di giovani.
La notizia ha suscitato grande interesse
Governatorato Vaticano, Boccardo lascia l’incarico di segretario generale
Lo apprende Ign. Ricopriva il ruolo dal febbraio 2005. Al momento non si conoscono le ragioni di questo improvviso cambio di guardia. Sarà avvicendato anche il vice segretario generale Mons. Giorgio Corbellini
Città del Vaticano, 16 lug. (Ign) - A quanto apprende IGN, testata on line del Gruppo Adnkronos, Sua Eccellenza Mons. Renato Boccardo (nella foto), sarà avvicendato nel suo attuale incarico di segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano, assunto dal febbraio 2005. Anche il vice segretario generale Mons. Giorgio Corbellini non ricoprirà più il ruolo svolto dal 1993 fino ad oggi. La notizia ha suscitato grande interesse, ma al momento non si conoscono le ragioni di questo improvviso cambio di guardia.
Nato a Sant’Ambrogio in provincia di Torino, Mons. Boccardo è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Susa il 25 giugno 1977all’età di 24 anni. Laureato in diritto canonico, nel 1982, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede. Nel 1988 è diventato cerimoniere pontificio e dal 1992 al 2001 è stato capo ufficio della sezione giovani presso il Pontificio Consiglio per i laici.
Ha organizzato le GMG di Denver, Manila, Parigi e Roma. Nel 2001 è stato nominato capo del Protocollo con incarichi speciali presso la Sezione affari generali della Segreteria di Stato e ha assunto l’incarico di organizzatore dei viaggi del Papa. Infine, il 29 novembre 2003 è stato nominato segretario del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali. È stato ordinato vescovo il 24 gennaio 2004. Dal 22 febbraio 2005 ha ricoperto l’incarico di segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano che ora abbandona.
Il Governatorato, articolato in direzioni ed uffici centrali, è il complesso degli organismi attraverso i quali il presidente, con l’aiuto del segretario generale e del vice segretario generale, esercita il potere legislativo ed esecutivo dello Stato della Città del Vaticano.
Primo appuntamento di massa con i giovani cattolici
in occasione della XXIII Giornata mondiale della gioventù
Benedetto XVI incontra i papaboys
"Rispettare vita e dignità dell’uomo"
Bagno di folla per le vie di Sydney dove si stima che siano
circa 500mila i ragazzi provenienti dai cinque continenti
SYDNEY - Una calorosa accoglienza è stata riservata questa mattina a Benedetto XVI per le strade di Sydney. Una grande folla infatti ha accompagnato e salutato il Pontefice nei suoi spostamenti in città che hanno preceduto il primo appuntamento di massa con i giovani cattolici in occasione della XXIII Giornata mondiale della gioventù.
L’uomo conta più dell’ambiente. Il primo discorso di Benedetto XVI ai ragazzi convocati in Australia è iniziato mettendo in evidenza il rischio di assolutizzare l’impegno in difesa della natura perdendo di vista che quello che conta di più: la vita e la dignità dell’uomo, posto da dio come "vertice del creato". Per papa Ratzinger, in effetti, "le ferite che segnano la superficie della terra: l’erosione, la deforestazione, lo sperpero delle risorse minerali e marine per alimentare un insaziabile consumismo" non devono farci perdere di vista che "non solo l’ambiente naturale, ma anche quello sociale, ha le sue cicatrici; ferite che stanno a indicare che qualcosa non è a posto. Anche qui possiamo incontrare un veleno che minaccia di corrodere ciò che è buono e distorcere lo scopo per il quale siamo stati creati".
Violenza come divertimento in tv e su internet. "Gli esempi abbondano, come voi ben sapete" ha proseguito il Pontefice. "Fra i più in evidenza vi sono l’abuso di alcool e di droghe, l’esaltazione della violenza e il degrado sessuale, presentati spesso dalla televisione e da internet come divertimento".
Grembo materno luogo di violenza indicibile. Dobbiamo chiederci, ha proseguito, "quale posto hanno nelle nostre società i poveri, i vecchi, gli immigranti, i privi di voce. Come può essere che la violenza domestica tormenti tante madri e bambini? Come può essere che lo spazio umano più mirabile e sacro, il grembo materno, sia diventato luogo di violenza indicibile?". "Senza una profonda riflessione sull’innata dignità di ogni vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale", ha detto Benedetto XVI, "non si comprendono le preoccupazioni per non violenza, sviluppo sostenibile, giustizia e pace, cura ambiente". "Il nostro cuore e la nostra mente - ha concluso - anelano a una visione della vita dove regni l’amore e dove l’identità sia trovata in una comunione rispettosa. Sia questo il messaggio che voi portate da Sydney al mondo".
C’è chi vorrebbe lasciare dio in panchina. "Vi sono molti, oggi, che pretendono che Dio debba essere lasciato in panchina e che la religione e la fede, per quanto accettabili sul piano individuale, debbano essere o escluse dalla vita pubblica o utilizzate solo per perseguire limitati scopi pragmatici". Secondo papa Ratzinger, "questa visione secolarizzata tenta di spiegare la vita umana e di plasmare la società con nessun riferimento al creatore", anche se "si presenta come una forza neutrale, imparziale e rispettosa di ciascuno, in realtà, come ogni ideologia, impone una visione globale". "Se dio è irrilevante nella vita pubblica - ha osservato il Pontefice - allora la società potrà essere plasmata secondo un’immagine priva di dio, e il dibattito e la politica riguardanti il bene comune saranno condotti più alla luce delle conseguenze che dei principi radicati nella verità". "Quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il bene comincia a svanire. Ciò che ostentatamente è stato promosso come umana ingegnosità si è ben presto manifestato come follia, avidità e sfruttamento egoistico".
"Avevo paura del viaggio in aereo". Benedetto XVI parlando ai ragazzi ha confessato di aver avuto timore di partire alla volta dell’Australia per un viaggio così "logorante". "Ad alcuni di noi - ha detto - può sembrare di essere giunti alla fine del mondo. E se per le persone della vostra età ogni viaggio è comunque una prospettiva eccitante, per me questo volo è stato in qualche misura causa di apprensione". Il coraggio di papa Ratzinger è stato però premiato dalle riflessioni che ha potuto fare nelle oltre 20 ore di volo. "La vista del nostro pianeta dall’alto - ha ammesso - è stata davvero magnifica: il luccichio del Mediterraneo, la magnificenza del deserto nordafricano, la lussureggiante foresta dell’Asia, la vastità dell’Oceano Pacifico, tutto ciò suscita un profondo senso di reverente timore".
La danza degli aborigeni. Dopo il dovere di protocollo delle visite ufficiali al governatore generale e al premier, Benedetto XVI ha voluto incontrare per primi gli aborigeni. Proprio i rappresentanti delle popolazioni native dell’Oceania lo hanno infatti accolto nel pomeriggio (quando in Italia erano le 7 del mattino) alla Rose Bay con "una danza specifica per il Papa". Dal molo papa Ratzinger si è imbarcato su un battello insieme ai giovani provenienti dai cinque continenti con le bandiere della Gmg, scortato da una flottiglia di piccole imbarcazioni di ragazzi fino al molo di Barangaroo dove una guardia d’onore di 43 anziani aborigeni, "custodi della regione", ha preso idealmente in consegna il Papa per poi donarlo ai 150mila ragazzi presenti. Secondo l’organizzazione l’area può contenere 143mila persone, ma i pellegrini sono dislocati in tutta la città e in tutto si stimano circa 500mila papaboys.
Sydney, l’intera città partecipa all’evento. "La numerosa presenza di persone lungo le strade di Sydney al passaggio del Papa - ha sottolineato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi - è un segno di accoglienza e testimonia una cordialità molto grande". "Sydney non aveva mai visto nulla di simile: né per una partita di calcio, né per una finale olimpica e né la precedente visita di un capo religioso aveva mai attirato tanta gente", ha affermato un quotidiano locale. In effetti, l’intera città sembra partecipare al grande appuntamento del Papa con i giovani di tutto il mondo e non appare affatto "distaccata" mentre migliaia di giovani si muovono a sciami nelle sue vie, con le loro bandiere nazionali.
* la Repubblica, 17 luglio 2008.
GMG: PAPA, ATTENTI AI ’FALSI DEI’ *
SYDNEY -Il Papa mette in guardia contro i "falsi dei" del mondo di oggi: "i beni materiali, l’amore possessivo, il potere". "La gente - spiega adora altri dei senza rendersene conto" e questi, "qualunque sia il nome, l’immagine o la forma che loro attribuiamo, sono quasi sempre ricollegabili all’adorazione di queste tre realtà". Benedetto XVI lo ha detto incontrando nell’università di Notre Dame di Sydney, un gruppo di giovani disadattati che seguono un programma di recupero.
Il ’’culto’’ dei tre falsi dei, ha detto, spesso porta ’’la gente a ’comportarsi da Dio: cercare di assumere il controllo totale, senza prestare nessuna attenzione alla sapienza e ai comandamenti...’’ I beni materiali che ’’in se’ sono cose buone’’, ha spiegato il Papa, si trasformano in una ’’falsa divinita’’’ ’’se rifiutiamo di condividere quanto abbiamo con l’affamato e con il povero’’. E questo accade anche se molte volte ’’nella nostra societa’ materialistica, ci dicono che la felicita’ si trova procurandosi il maggior numero possibile di beni e oggetti di lusso’’. L’amore ’’autentico’’ aiuta gli uomini a diventare ’’pienamente umani’’ ma se la gente ’’pensa di amare quando in realta’ tende a possedere o a manipolare l’altro’’ e ’’tratta gli altri come oggetti per soddisfare i suoi propri bisogni piuttosto che come persone da apprezzare ed amare’’ diventa idolo. Ed e’ ’’facile essere ingannati dalle molte voci che nelle nostre societa’ sostengono un approccio permissivo alla sessualita’, senza prestare riguardo alla modestia, al rispetto di se’ e ai valori morali che conferiscono qualita’ alle relazioni umane’’. Infine il ’’potere’’, che ’’utilizzato in modo appropriato e responsabile ci permette di trasformare la vita della gente: tutte le comunita’ hanno bisogno di guide capaci’’. Ma c’e’ sempre la ’’tentazione di sfruttare l’ambiente naturale per i propri egoistici interessi’’. ’’’Abusare di alcool e drogaI di entrare in attivita’ criminali o autolesioniste - ha detto il Papa ai giovani disadattati - vi pote’ apparire come una via di uscita a una situazione di difficolta’ o di confusione. Voi adesso sapete che invece di portare la vita, ha portato la morte’’.
* ANSA» 2008-07-18 14:28 - ripresa parziale
Sydney, mezzo milione di giovani alla messa con Benedetto XVI
SYDNEY - Cinquecentomila giovani si sono radunati a Randwick per la messa conclusiva della Giornata Mondiale della Gioventù con il Papa. A loro Benedetto XVI ha lanciato un appello contro "l’indifferenza", la "stanchezza spirituale", il "cieco conformismo allo spirito di questo tempo". A loro ha chiesto di essere "profeti" e dare vita a una "nuova generazione di cristiani" per la "edificazione di un mondo in cui la vita sia accolta, rispettata e curata amorevolmente, non respinta o temuta come una minaccia e perciò distrutta", in modo da potersi opporre al "deserto spirituale" che nelle nostre società convive con la "prosperità materiale".
Per celebrare la messa conclusiva della XXIII edizione della Giornata mondiale della gioventù, Benedetto XVI è giunto in elicottero a Randwick, il più grande ippodromo dell’Australia, e ha sorvolato la spianata per aver un colpo d’occhio sui ragazzi. Molti avevano trascorso la notte lì, armati di sacchi a pelo, e impegnati in concerti e adorazione eucaristica. Altri erano giunti di primo mattino, marciando e cantando per i circa sei chilometri che separano l’impianto sportivo dalla città. Hanno a lungo festeggiato Benedetto XVI che ha fatto un giro in di una ventina di minuti in papamobile prima di andare all’altare.
Durante la messa il Papa ha amministrato la cresima a 24 ragazzi da diversi paesi. Si è pregato in tedesco, vietnamita, sudanese, arabo. Il Vangelo è stato portato all’altare mentre alcuni danzatori aborigeni con i gonnellini di paglia ballavano sotto al palco, una struttura di 30 metri per 40 sormontata da una colomba, che simboleggia lo Spirito Santo.
* la Repubblica, 20 luglio 2008.
Ansa » 2008-07-21 00:35
PAPA: INCONTRA VITTIME ABUSI SESSUALI PRETI
SIDNEY - Il Papa ha celebrato una messa con un gruppo rappresentativo di vittime di preti pedofili. Benedetto XVI "ha ascoltato le loro storie e li ha consolati assicurando la sua vicinanza spirituale". Lo comunica una nota della sala stampa vaticana. Il Papa ha celebrato la messa con le vittime di abusi a poche ore dalla sua partenza da Sidney per Roma. ’’Assicurando la sua vicinanza spirituale - spiega la nota - ha promesso di continuare a pregare per loro, per le loro famiglie e per tutte le vittime. Con questo gesto paterno - aggiunge il comunicato - il Santo Padre ha voluto dimostrare ancora una volta la sua sollecitudine nei confronti di tutti coloro che hanno sofferto per gli abusi sessuali’’.
In Australia le condanne per abusi sessuali di sacerdoti sono state 107 ma altri casi devono ancora essere giudicati. Sabato scorso Benedetto XVI durante una messa con i vescovi australiani ha espresso la sua ’’vergogna’’ per i ’’misfatti’’ compiuti dai sacerdoti anche in Australia.L’incontro con le vittime e’ avvenuto questa mattina alle ore 07:00 ora australiana nella cappella della Cathedral House dove il Papa ha alloggiato in questi giorni. Erano presenti quattro vittime: due donne e due uomini accompagnati da due assistenti e dal sacerdote che ne cura l’accompagnamento spirituale. Il Papa ha celebrato con il cardinale di Sidney George Pell, con il sostituto alla segreteria di stato mons. Fernando Filoni e con i due segretari. Al termine della messa gli ospiti hanno potuto parlare singolarmente con il Papa che ha rivolto loro ’’affettuose parole di partecipazione e di conforto’’.
L’incontro e’ terminato poco prima delle 08:00 locali e ’’tutto si e’ svolto in un clima di rispetto, di spiritualita’ e di intensa commozione’’. La nota del Vaticano spiega che ’’come gia’ avvenuto negli Stati Uniti il Papa ha desiderato incontrare alcune vittime come gesto concreto per esprimere i sentimenti da lui gia’ manifestati piu’ volte nei suoi interventi sul dramma degli abusi sessuali’’. In Australia il Papa ’’ha desiderato farlo dopo la conclusione delle giornate mondiali della gioventu’ perche’ queste erano il motivo specifico del suo viaggio’’