Larve di fanciulloni più che cristiani
di fra’ Calvino
Caro fra’ Calvino mi capita da qualche tempo di visitare il sito di sedicenti "cattoliciromani" dove si trova di tutto e di più:
Milingo... "negli anni in cui era arcivescovo, era un eminente prelato e teologo, poi si è dato alla stregoneria". E perciò ora che non sta tra i gerarchi... "è mela marcia da... scomunicare, da cacciare a pedate anzi a ciabattate..."
"A 76 anni... meglio sospenderlo a divinis, e attendere che lo Spirito Santo faccia il suo lavoro...(sic!)
... ma che lo riducano allo stato di verme!"
Poi questi cattolici "confermati" fanno tesoro della sprezzante saccenza di un mons Maggiolini, che spero usi il plurale maiestatis e non voglia coinvolgerci tutti: "siamo stufi di rincorrere un adolescente attempato che si lascia plagiare a intermittenza. E se proprio vuole la scomunica, gliela si dia. Milingo crede ancora?" Pare di vedere il pastore "autenticato", sicuro di averla la fede... interrogarsi, untuoso, su quella di Milingo...
"Ma quanti anni ha? Forse ci si può prospettare una soluzione "biologica" del problema Milingo..."
In quanto a pericoli di scisma...
Già... "lo scisma è fuori dalla Chiesa e non la intacca, intacca i fessi, per la Chiesa è una liberazione..."
I rimedi? "penso vi sia bisogno di un mese di ricovero coatto in qualche struttura specializzata, somministrando al sig. Milingo una buona dose di bromuro (il quale placherebbe i suoi sensi indomiti e la sua mente obnubilata)..."
... tanto egli "serve il mondo e la carne e non il Signore... lo stregone africano..."
Poi ecco l’invocazione sacerdotale: "Signore Gesù Cristo, ti preghiamo:
spalanca gli occhi al nostro fratello Emanuel... oppure (è l’aut, aut a Gesù Cristo!) chiudiglieli per sempre!"
’Milingo vuole una prelatura personale del Papa, sul modello dell’Opus Dei, per i preti sposati’? "è pazzo" ma da accertare...
"Il Sig. Milingo e i suoi quattro compagni di merende... i suoi amichetti? quattro vecchi coglioni (sic!) dall’aria piuttosto compassata..."
E poi per chi intervista: "il nostro Corradino Mineo, dando prova ancora una volta dell’ignoranza che caratterizza la razza giornalistica ha fatto una domanda imbecille a Milingo: ma lei può ordinare vescovo un sacerdote? Il gaudente negrone non credeva alle sue orecchie..."
Ed ecco la sentenza del sapiente:
"ora, vi domando, chi dobbiamo temere veramente: il demente africano o la nostra diffusa ignoranza di religione e fondamentali della disciplina ecclesiastica?"
...l’immagine della Santissima Vergine Immacolata sulla mitria di Milingo!?
"La Madonna, Mater Ecclesiae, sta solo con la Chiesa Cattolica!
Ma si... abbiamo trovato l’anello mancante tra l’uomo e la scimmia!
Ma si... (è la conclusione di tutta... la sviolinata) si, il papa ci legge! Che bello!" e ovviamente si fregano le mani...
Ora, tutto questo o peggio viene scritto... finchè si tratta di dare addosso a chi si trova... in disgrazia: il tono, invece, si ribalta appena è di turno l’eroica morte di uno che era rampante per essere nelle grazie del card. Ruini, anzi che dico, del papa stesso... ma che!!! "sarebbe stato il prossimo papa", se non fosse morto prematuramente e forse un po’ troppo misteriosamente: costui era l’Arcivescovo Cataldo Naro.
Ebbene, poi ci meravigliamo... ma i talebani li abbiamo dentro... sponsorizzati dalla curia romana.
È troppo se al caro fra’ Calvino chiedo parole di chiarezza? Grazie
Ferdinando
Larve di fanciulloni più che cristiani
Caro Ferdinando e cari fratelli e sorelle nel Signore,
pace e bene a tutti voi.
Una pesante sensazione di pena mi pervade nel constatare che veramente nel sito dei “cattoliciromani” si dicono quelle cose di cui parla Ferdinando. Pena per questi strani individui, che appaiono informati di prima mano e quindi collegati, anzi a servizio (e che lurido servilismo!) di ambienti curiali cui dicono di ispirarsi e conformarsi. Che tristezza pensare che negli ambienti del potere (l’emblema delle chiavi di Pietro!) la spregiudicatezza si fa ingiuria, disprezzo, vendetta e poi lotta senza quartieri per restare al timone che...ti ha dato Dio! Ed ecco apparire uno spaccato in cui altissimi prelati, ormai accecati, si agitano in convulse lotte intestine all’ultimo sangue. Che guerra ci sia, (leggasi “guerre di successione”) ce lo assicura su chiaro mandato, “the voice” dall’alto della serotina postazione lateranense.
La confusione, il buio è fitto, la tempesta appare imminente: ma se la guerra è già in atto, segno è che costoro che si rincorrono nel lanciare anatemi in nome del Dio-Amore, in nome del diritto naturale... essi! sono fuori dal disegno di Dio che il Signore ci ha rivelato. Il Signore assicura che le forze del male non prevarranno, che Egli è e sarà con la sua chiesa... e costoro, ammalati di presunzione senza fede, non fanno altro che manifestare al mondo la loro “paura di perdere”. Chi è il loro maestro? È come se avessero accantonato Gesù per ergersi a petulanti, maestri dementi...
Probabilmente nel corso dei decenni del postconcilio, i criteri di selezione dell’alta gerarchia sono diventati “così umani e così poco cristiani” da portare ai livelli direttivi una genìa di imbecilli purché fedeli, amici, obbedienti, “appiattiti” sul capocordata. Il Concilio aveva aperto fiducia al mondo e costoro invece si sentono assediati, in pericolo: i nemici della chiesa-popolo di Dio? Sembrerebbero proprio loro... la struttura solo burocrazia, solo glaciale istituzione. Ma. se è così, non c’è da disperare, perché data la Parola del Signore, vuol dire che la “chiesa altra” è già in essere: probabilmente è già in cantiere un papa “altro”, una direzione collegiale “altra”, presbiteri e vescovi “altri” cioè non “pupattoli” sagomati da “cattoliciromani”.
Ma guarda la Provvidenza! un segnale stamane arriva da Madrid, da un “maturo” neoparroco che per 33 anni, invece di fare il prete, su dispensa... ha fatto l’imprenditore: un gruppo di orfani da lui raccolti ed organizzati... viene reso capace di gestire in autonomia una catena di ristoranti. Il prete si era preparato a fare il parroco buttandosi a formare... un meraviglioso “capitale umano”. E oggi il neoparroco, sviolinando per papa Benedetto, si permette di insegnare che “la chiesa... propone e non impone”; i preti devono presentarsi non come uomini del sacro... improduttivi ma come soggetti capaci di interagire con gli uomini del proprio tempo, ovviamente, testimoniando Cristo!
Un raro vescovo cristiano! Eppure...
E dopodiché, c’è poco da fare: tra i molti di mia conoscenza, anche il vescovo il più intelligente e colto e...cristiano (tant’è che non fece carriera)... anche lui risentiva della sagomatura impressagli: mi capitò di passargli l’idea che “una tantum”, durante l’ultimo giubileo, il papa, facendo atto di carità anche verso la chiesa, concedesse ai “preti che per amore, cioè per fare famiglia” avevano abbandonato... ma avevano conservato la fede, di rientrare nei ranghi con moglie e figli! L’avevo preso alla sprovvista il vescovo ottuagenario e lui aveva sbottato “ruggente” come negli anni verdi:”già, così se ne vanno tutti!”. Al mio contestargli la paura per mancanza di fede nelle promesse del Signore, si era morso la lingua e aveva glissato:”ma poi... il papa può fare quello che vuole!”. E tuttavia quella persona intelligente non si sognò di rintuzzare, come oggi si usa, il povero fraticello per “avere osato insegnare a un vescovo”. “Piuttosto, ti dicono, impara a pregare e a tacere... obbediente!” Non si accorgono che i tempi non consentono più autoritarismi di fatta e che la corda troppo tesa...! Non si accorgono! Tale è ormai la decadenza? Decisamente: quelli che hanno messo su famiglia... sembrano i migliori, i più cristiani!
Il caso Milingo docet!
Nella parata di menti eccelse...(ne parliamo in dettaglio a proposito della morte del povero vescovo Naro) vediamo in altra luce proprio il tanto disprezzato arcivescovo Milingo. Egli ha il torto, per i predoni che infestano la chiesa, di chiamare le cose con il loro nome, di vivere la realtà alla luce del Vangelo e del Concilio.
Questo appare se guardate e confrontate il linguaggio arido, distaccato del burocrate (sembra non fregargliene proprio niente) cardinale prefetto e la vivacità passionale di Milingo. Certo si potrà azzardare che Milingo cerca di salvare anche “i suoi fondelli” ma scorrendo il suo argomentare (magari come lui stesso dice, non soltanto suo) mi diranno i ridanciani fanciulloni “cattoliciromani” che Milingo non è lineare e veritiero? Non esprime esigenze che trovano accoglienza nel pensiero del Signore?
Io ho l’impressione che il ridicolo suscitato da alcune espressioni “immediatamente veritiere”, grazie alla potenza mass-mediale di oggi, non potrà più rientrare, non potrà più essere represso. “Si, risponde il pacioso Milingo al minacciatogli fuoco eterno, si vero, si sta avvicinando in fretta il momento in cui il Santo Padre, il Cardinal Re, l’Arcivescovo Milingo... si troveranno davanti al trono di Cristo e dovranno rispondere in coscienza, personalmente e fedelmente, sia all’amore e al messaggio evangelico ricevuto...”
E non potrà essere presa sotto gamba, come espressione di un mentecatto, tutta la serie di stringenti argomentazioni su fatti finora tenuti nascosti per non “scandalizzare”:
“in molti luoghi, noti anche al Santo Padre, preti e vescovi vivono con moglie e figli, più o meno in segreto. La madre Chiesa sembra tollerare questa situazione a causa della fruttuosità e necessità del loro ministero. Dove sarebbe l’onestà di coscienza della Chiesa se tagliasse fuori dal ministero quei preti, che pubblicamente manifestano il loro amore per moglie e figli in maniera sacramentale? Il Santo Padre, i Vescovi, il Sinodo dei Vescovi menzionati nella lettera devono sentire sulla coscienza il peso dell’inganno e la vergogna della Loro ostinazione.”
“diversi preti divorziati sono stati riammessi al pieno esercizio del ministero anche se non hanno provveduto al mantenimento della moglie e dei figli. La riammissione dei preti divorziati costituisce un precedente infelice, perché avviene solo in funzione dello strappo del matrimonio e della famiglia. Noi speriamo che lo Spirito Santo prevarrà... Non sono stati i preti a infrangere la promessa del celibato, è stata la Chiesa a rompere il patto di fedeltà all’umanità”.
“c’è un altro precedente in cui preti e vescovi sposati sono stati reintegrati nella Chiesa di Rito Latino e riguarda il Vescovo sposato Salomao Ferraz dell’ICAB in Brasile. E’ stato riammesso con la moglie e la famiglia ed è intervenuto durante il Concilio Vaticano II”.
Nota: per saperne di più su Salomao Ferraz e l’ICAB vedi:www.eresie.it/id783.htm
la proposta della prelatura personale come espediente per risolvere il problema dei preti sposati “ha un precedente quando Giovanni Paolo II nel gennaio 1985 ha istituito l’Ordinariato Internazionale come Prelatura Personale del Papa sotto la guida del russo mons. Arcivescovo Josef De Brulle. Lo scopo dichiarato della Prelatura, benché “sotto osservazione”, era di sorvegliare la preparazione, l’internato e successiva supervisione di uomini sposati (viri probati) per l’ordinazione presbiterale e metterli a disposizione dei Vescovi. Siccome la Prelatura era più in sintonia con il Rito Orientale e non aveva il sostegno pubblico della Santa Sede, l’esperienza non è andata in porto”. E dunque era fondata la notizia di un decennio fa che dava per istituito in prova a Torino un “seminario” per “viri probati”, cioè a dire uomini sposati cristiani maturi. Chi ha bocciato l’iniziativa? Con quali poteri? Con quali strumenti? Con quali mostruose scuse?
Fatti scaltramente divulgati...
E così, tutto si potrà dire... ma non che Milingo sia un povero scemo: egli dimostra di sapere il fatto suo, di agire in sintonia con la mens di Gesù (Gesù offrirebbe il perdono e direbbe: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra” (Gv 8,7). Ma soprattutto emerge che egli è più accorto di quanto si creda e che sa maneggiare gli argomenti e i mass media con più passione degli aridi... concorrenti di curia.
Giovanotti, sveglia! Saranno, proprio i mass media, le trombe angeliche ai quattro punti cardinali che impediranno l’arroccamento su comode “rendite di posizione”! La chiesa “altra”, quella voluta da Gesù , è già qui! Anche per merito dell’esecrato Milingo. “stregone africano e dei suoi quattro compagni di merende”.
Vostro nel Signore,
FRA’ CALVINO
* IL DIALOGO, Sabato, 24 febbraio 2007
Sul tema, nel sito, si cfr. anche:
Il capo dei vescovi tedeschi ammette "La Chiesa ha nascosto gli abusi"
La stampa: Benedetto XVI sapeva e taceva. Indagati 14 sacerdoti
Mea culpa del cardinale Zollitsch
Centinaia i casi denunciati ma sarebbero migliaia
di Andrea Tarquini (la Repubblica, 22.03.2010)
BERLINO - «Sì, è vero, la Chiesa ha nascosto casi di abusi sessuali per anni. È un problema di tutta la società, ma ognuno di questi casi oscura il volto della Chiesa». La clamorosa ammissione viene, per la prima volta, dal presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zollitsch. Nella patria del pontefice, il cattolicesimo, la Chiesa e le sue istituzioni sono ormai sprofondate in una crisi ogni giorno più grave. Almeno 14 religiosi sono indagati dalla magistratura per sospetto di abusi o violenze su minori, e 250 sono i casi accertati tra gli anni Cinquanta e Ottanta, quindi in maggioranza prescritti.
E l’edizione cartacea di Der Spiegel rincara il tono delle accuse al Papa in persona già lanciate sabato, e riportate da Repubblica: quando era vescovo di Monaco e Frisinga, Joseph Ratzinger sapeva che padre Peter Hullermann, trasferito da Essen a Monaco, aveva precedenti pedofili. Esaminò i dossier, accettò il suo trasferimento, per dargli ospitalità e seguire una terapia. Ma appena due settimane dopo il suo arrivo in Baviera, il sacerdote - con ogni probabilità all’insaputa di Ratzinger - era di nuovo attivo: diceva la messa, era a contatto con minori.
Quattordici religiosi indagati, è quanto dicono le procure che hanno accettato di fornire dati su inchieste su sacerdoti. Altre tacciono. E soprattutto tacciono ancora, oppresse dalla vergogna, molte vittime. Per cui il numero degli abusi, ufficialmente di qualche centinaio, secondo fonti vicine allo stesso mondo cattolico potrebbe essere anche di venti volte superiore.
La confessione di monsignor Zollitsch - in un’intervista al settimanale conservatore Focus che esce oggi - è una svolta. «Da anni ormai seguiamo una pratica del tutto diversa, ma sebbene l’intera società abbia taciuto e rimosso per decenni e la maggior parte degli abusi sia avvenuta fuori dalla Chiesa, provo vergogna e spavento davanti a un numero così elevato di casi commessi nelle nostre istituzioni», dice il presidente della Conferenza episcopale. «Spesso le vittime non sono disposte a denunciare gli atti di violenza subìti, e questo per noi è un problema morale, perché noi siamo interessati a portare i responsabili davanti al giudice, affinché con un processo si arrivi a una sentenza».
Un altro caso grave è emerso al Windsbacher Knabenchor, un’istituzione protestante. Dove, almeno fino al 2004, ai ragazzi venivano somministrate botte da orbi, secondo i media tedeschi.
La posizione del Papa, anche dopo la sua lettera, è difficile in patria. «Ratzinger, figlio di un poliziotto, sapeva che nessuno (nella Chiesa) aveva mai chiamato la polizia», accusa Der Spiegel. E continua: non solo a Monaco, ma anche più tardi a Roma, come prefetto della Congregazione della dottrina della fede, si lasciò sfuggire la possibilità di affrontare il problema. Una vittima - una donna oggi sulla quarantina, abusata da un sacerdote e poi da un altro da quando aveva dieci anni - ha detto ieri: «Per la lettera del Papa provo solo disgusto e rabbia, questi freddi vecchi uomini non vogliono modificare le strutture della Chiesa, soprattutto riguardo alla sessualità». Un clima pesante, e alcuni prelati reagiscono oltre misura. Il vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Mueller, ha accusato ieri i media di «attaccare la Chiesa come facevano i nazisti con le loro campagne contro il cristianesimo».
Parla Christian Weisner, leader del movimento dei cattolici critici "Wir sind Kirche"
"Crisi da affrontare con urgenza il Pontificato mai così oscurato"
Dobbiamo accettare che gli stupri sono un problema globale cui serve una risposta globale di A. T. (la Repubblica, 22.03.2010)
BERLINO - Christian Weisner, leader di Wir sind Kirche la Chiesa siamo noi (il forte movimento dei cattolici critici), è deluso dalla lettera del Papa ma esorta a incoraggiarlo a fare chiarezza fino in fondo. È la grande chance, altrimenti la crisi acquisterà qualche parallelo con quella del socialismo reale sovietico.
Signor Weisner, come giudica la lettera del Papa?
«Il dramma della violenza sessuale viene affrontato con grande apertura. È inusuale per un pontefice. Ma sulle cause e i consigli per la prevenzione futura purtroppo è molto deludente. Egli è all’inizio della presa di coscienza. Lui vede più le tendenze secolari mondiali nella morale come cause, e mi sembra mostruoso anche che veda una falsa lettura del Concilio Vaticano II come concausa. Allora lavorò per il Concilio ma oggi cerca di tornare a più tradizione che innovazione».
E non una parola sulla Germania. Che ne dice?
«Un silenzio accettabile, ma i tedeschi si aspettavano almeno una parola di compassione per le vittime tedesche quando il Papa il 12 marzo ricevette il rapporto dei vescovi tedeschi. Purtroppo il Papa tacque allora e tace in questa lettera. Posso in parte accettarlo, riguarda la ben più grave situazione irlandese. Ma tutti noi cristiani, da ogni fedele al Papa, dobbiamo accettare che la violenza sessuale contro bimbi, minori o donne nella Chiesa è un problema globale e necessita d’una risposta globale».
Il pontificato di Benedetto è in pericolo?
«La crisi deve essere affrontata con urgenza. Mai, nemmeno nei secoli più bui, la luce del Vangelo è stata tanto oscurata come oggi, lo scrive anche il Papa. È cosciente della gravità del problema. Ma la crisi non finisce così. Nessuno chiede le sue dimissioni. Tutti nella Chiesa, vescovi e cardinali, devono aiutarlo in questa tempesta. Egli non ha ancora individuato i problemi strutturali».
Ritiene il Papa responsabile di silenzi e insabbiamenti?
«Vedo una corresponsabilità. Dirlo non è chiederne le dimissioni, ma un vescovo deve avere un’alta autorità morale ma anche amministrativa. Manager e politici pagano gli errori dimettendosi, nella Chiesa c’è la riconciliazione. Ma se lui riconoscesse sue responsabilità, ciò gioverebbe alla sua autorità e a quella della Chiesa».
La difesa del sistema non ricorda l’autunno del socialismo reale sovietico?
«Anche all’Est mancava, ai vertici, la consapevolezza della gravità della crisi. Paralleli ci sono, tra sistemi centralisti e gerarchici, con dogmi. La differenza che mi fa sperare è che cristianesimo non è solo strutture centraliste, ma messaggio di Gesù. Se il sistema entra in una crisi di quel tipo, il messaggio cristiano resta, ben più vitale del socialismo. Ma la mancata riforma della Curia è stata un grave errore». (a.t.)
Il segretario di Stato, Tarcisio Bertone: "Si diffonde un atteggiamento di anti-cristianesimo"
Il Papa: "Fermezza sul peccato ma indulgenza con i peccatori"
Attesa per quello che dirà oggi il cardinale Bagnasco sulla situazione in Italia
di M. Ans. (la Repubblica, 22.03.2010)
CITTA’ DEL VATICANO - «Impariamo a essere intransigenti con il peccato, a partire dal nostro, e indulgenti con le persone». All’Angelus di ieri in piazza San Pietro, il Papa preferisce non tornare sulla Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda, presente già sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Ma gli echi di un messaggio unico nella sua forma sono ancora nelle orecchie di tutti, fedeli e non.
Prendendo spunto dal celebre brano evangelico dell’adultera, e dalla famosa frase di Cristo «chi è senza peccato lanci la prima pietra», Ratzinger ha esortato a imparare «da Gesù a non giudicare e a non condannare il prossimo». La folla, oltre 50 mila persone, ha lanciato un fragoroso applauso quando Benedetto XVI ha ricordato Papa Wojtyla attraverso l’evento di domenica prossima: «Il 25esimo anniversario dell’inizio delle Giornate mondiali della Gioventù, volute dal Venerabile Giovanni Paolo II».
A tornare sulla Lettera è stato il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone: «Molto bella speriamo che venga capita a cominciare dai giornalisti e da tutti i destinatari», facendo così intendere che la missiva pontificia ha una valenza capace di oltrepassare i confini irlandesi.
Parlando poi della necessità di armonia fra vita attiva e contemplativa espressa da San Benedetto, Bertone ha affermato che «oggi sembrano diffondersi in forma strisciante atteggiamenti di anti-cristianesimo radicale e micidiale in tutta Europa», dove c’è «un diffuso deficit di etica».
Un commento interessante alla Lettera è stato poi quello dell’arcivescovo di Chieti Vasto, monsignor Bruno Forte, considerato dagli osservatori come un teologo progressista. «C’è una forza, una chiarezza nel dire le cose - ha detto alla Radio Vaticana - che mi sembra assolutamente salutare, liberante; nello stesso tempo, però, c’è un velo di misericordia che guarda anche al colpevole, al carnefice, proprio perché ne vuole la redenzione». Forte ha considerato come condivisibili le cause indicate dal Papa per spiegare i troppi casi di abusi sessuali avvenuti negli anni ‘70 e ‘80 del post Concilio Vaticano II, come un indebolimento della fede che ha fatto venir meno la necessaria vigilanza.
C’è attesa dunque per oggi per quello che dirà sul testo pontificio e sulla situazione in Italia anche il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che aprirà i lavori del Consiglio episcopale permanente.
Svizzera. Il consiglio del priore: registro consultabile dei religiosi pedofili (l’Unità, 22.03.2010)
Un registro dei sacerdoti sospettati di pedofilia che possa essere consultato dai vescovi in tutto il mondo per prevenire nomine di sospettati di abusi sessuali. Lo suggerisce al Vaticano Martin Werlen, membro della conferenza episcopale svizzera e priore dell’abbazia benedettina di Einsiedeln. Il priore teme «che la gerarchia cattolica a Roma non abbia preso abbastanza sul serio la situazione... È in gioco la nostra credibilità». Nel monastero di Einsiedeln, in Svizzera, cinque monaci sono stati coinvolti in casi di abusi o molestie sessuali dal 1970. La Chiesa svizzera sta esaminando «con serietà» almeno nove casi di presunti abusi sessuali negli ultimi anni.
Appello a tutti coloro che hanno subito violenze da
parte dei religiosi, appuntamento il prossimo settembre
"Basta col silenzio anche in Italia"
nasce
l’associazione delle vittime
All’incontro già molte le iscrizioni da Brescia, Mantova e Verona
Caso agghiacciante a Chievo: piccoli sordomuti violentati dai sacerdoti
di Marco Ansaldo (la Repubblica, 22.03.2010)
CITTA’ DEL VATICANO - Il senso del programma è già nel titolo: "Anch’io ho subito violenza dal prete". E il manifesto scelto, solo in apparenza un paradosso: un bambino che porta la sua croce, trascinandola sulla tonaca nera di un sacerdote impassibile. La rabbia delle vittime è tanta, covata a volte per decenni, e le parole forti usate dal Papa nella sua Lettera pastorale contro i preti pedofili sono appena un balsamo sulle ferite ancora aperte.
Adesso però basta con il silenzio. Anche in Italia, i genitori di bambini abusati dai sacerdoti hanno deciso di reagire. Gruppi di famiglie si sono mobilitati organizzando, per il 25 settembre, a Verona, il loro primo incontro. E hanno chiamato a raccolta tutti coloro che sono stati abusati, molestati, violentati dai sacerdoti in seminari e parrocchie. Un raduno che avrà come titolo "Noi vittime dei preti pedofili". Nel Nord Italia, fra Brescia, Mantova e Verona, sono tante le persone che stanno iscrivendosi all’incontro, attraverso l’indirizzo mail lacolpalibero. it.
Un’iniziativa sorta anche con il contributo dell’Associazione "Antonio Provolo" di Verona, da decenni impegnata nel sostegno a bambini sordi, che lo scorso anno ha denunciato decine di casi di bambini abusati dai sacerdoti. Spiega il loro portavoce udente, Marco Lodi Rizzini: «Molta gente si vergogna di avere subito violenza, anche se la colpa non è loro. Scopo di questa iniziativa è di dare il coraggio di uscire allo scoperto. Noi indichiamo una strada. Poi la giustizia farà il suo corso».
Agghiacciante è il caso di quest’istituto di Chievo, dove per trent’anni, fino al 1984, molti piccoli sordi e muti furono abusati dai sacerdoti. «Bambini - ricorda Lodi Rizzini - messi in istituto dalle famiglie, e che ovviamente non potevano esprimersi e spiegare quel che accadeva». Sevizie patite nei luoghi più sacri, dentro i confessionali o dietro gli altari. Lo scorso anno 15 di loro, ormai fra i 40 e i 70 anni, hanno infine pubblicato le violenze subite, con tanto di firme e testimonianze video. Per tre anni l’istituto aveva chiesto inutilmente l’intervento della Curia di Verona.
Ora il vescovo Giuseppe Zenti, denunciato dall’Associazione, dovrà presentarsi in tribunale per un’udienza fissata dai magistrati il 9 giugno prossimo. «La triste storia in cui ci troviamo - dice a Repubblica una delle famiglie del Nord Italia coinvolte negli abusi - ci ha insegnato che per le vittime e per i parenti delle vittime è di aiuto il confronto con altre persone che hanno attraversato il medesimo dramma. Nel caso poi di violenze perpetrate da religiosi si aggiunge la sofferenza del rapporto con l’istituzione ecclesiastica. Così abbiamo pensato di tentare un collegamento fra noi».
All’incontro di Verona saranno presenti dei professionisti per un confronto sulle questioni psicologiche, sociali e legali. Una mobilitazione concreta anche sul piano operativo. Le famiglie hanno compilato un data-base, con i casi già noti in Italia e pubblicati sui giornali negli ultimi anni, e una bibliografia ragionata su libri e testi che hanno approfondito la pedofilia ecclesiale.
Ma il fenomeno è trasversale in Italia. E molto spesso è lo stesso fronte cattolico a tenere utilmente conto di numeri, dati e statistiche. La rivista Il Regno, quindicinale di attualità e documenti edita a Bologna dai sacerdoti dehoniani, enumera decine di casi nel periodo 2005-08. L’Associazione "Meter" di don Fortunato Di Noto, da anni attiva a Palermo contro la pedofilia, ha seguito solo lo scorso anno 824 casi di abusi con il supporto psicologico dei propri volontari. E adesso un’altra organizzazione, "La caramella buona", di Reggio Emilia, attraverso il suo presidente Roberto Mirabile vuole di più: «Che il Papa vada oltre la giusta presa di posizione sui preti pedofili nel mondo, e chieda ora ai vescovi italiani di fare chiarezza su troppi episodi oscuri a casa nostra».
IL CASO
Nella testimonianza di Viktor Bede, ex prete e amico del dittatore, un «testamento» ben diverso da quello ufficiale: «Ci mancano dieci san Francesco»
Il «mea culpa» di Lenin
Sul letto di morte un’amara riflessione sulla necessità della violenza. Eppure concludeva: «Tra cent’anni sotto le macerie delle istituzioni vivrà ancora la gerarchia cattolica»
di Paolo Vicentin (Avvenire, 12.07.2007)
Era il 9 aprile del 1917 allorché si misero in viaggio dal loro esilio in Svizzera, 31 rivoluzionari russi, con Lenin quale capo: erano diretti in Svezia, attraverso la Germania, in un vagone piombato. Il governo del Reich tedesco di allora aveva concesso, attraverso il proprio territorio, questo passaggio, con la speranza che la rivoluzione russa, già incominciata, desse il colpo decisivo ad uno dei nemici allora in guerra contro la Germania, la Russia appunto. In quanto a Lenin, era noto essere un ateo a tutto campo. In seguito tuttavia venne diffusa una dichiarazione del morente rivoluzionario ben singolare, che sembrò significare una sconfessione di tutto il suo operato.
Alla presenza di un ex-prete ungherese, suo collega giornalista a Parigi e suo confidente, sicuro dell’imminenza della morte - come avevano affermato i medici - avrebbe dichiarato: «Ho sbagliato. Senza dubbio è stato necessario liberare masse di persone dalla repressione, ma i nostri metodi hanno avuto, come conseguenza, l’oppressione e il terrificante massacro di altri oppressi». Proseguiva, rivolto all’amico ungherese: «Tu sai che la mia malattia mi porterà presto alla morte e mi sento abbandonato nell’oceano di sangue di infinite vittime. Per salvare la nostra Russia ciò è stato necessario, ma è troppo tardi per cambiare ora: avremmo bisogno di dieci Francesco d’Assisi». Così scriveva su una pubblicazione cattolica tedesca, nel 1977, il vescovo di Ratisbona di allora, Rudolf Graber, citando gli articoli che Viktor Bede avrebbe scritto per L’Osservatore romano, pubblicati il 23 agosto e il 24 settembre 1924 e usciti senza firma. Di questi incontri tra l’ex-ecclesiastico ungherese, che si chiamava Viktor Bede, e il fondatore del comunismo, ha parlato anche il giornalista tedesco Hansjakob Stehle in un volume dal titolo Die Ostpolitik des Vatikans.
Nel ricordare sul quotidiano vaticano i suoi incontri con Lenin, questo ex-prete riportava altre dichiarazioni del rivoluzionario: «L’umanità percorre la via sovietica e fra cento anni non esisterà altra forma di governo». Aggiungendo: «Credo, tuttavia, che sotto le macerie delle attuali istituzioni vivrà ancora la gerarchia cattolica... nel prossimo secolo ci sarà solo una forma di governo, quella sovietica, e una religione, la cattolica». E avrebbe concluso, il morente Lenin: «Peccato che noi, allora, non ci saremo più...».
L’articolo Pensieri di Lenin sul cattolicesimo di Viktor Bede informa che l’autore aveva conosciuto Lenin, a Parigi, per la «comune professione di giornalisti», definendo il loro rapporto «molteplice e cordiale». Pochi mesi prima della morte del dittatore, egli si recò a Mosca «per far visita al suo vecchio collega e fu ricevuto, nella sua privata abitazione al Cremlino, con la consueta cordialità». Annota ancora: «Potevo andare a trovarlo, senza grandi difficoltà, in quanto, ad eccezione di lui, nessuno sapeva che ero un ex-prete. E, in tal modo, ho potuto procurarmi importanti documenti fornitimi dal dittatore». Prosegue: «Come era consuetudine, i nostri colloqui erano discussioni piuttosto che conversazioni e ciò mi piaceva, perché il mio interlocutore aveva mantenuto tutta la semplicità e schiettezza del passato, che mi permetteva di ricordare più l’amico e il giornalista che l’ideatore di una delle più spaventose rivoluzioni della storia. Da questi incontri personali, da uomo a uomo, avevo l’impressione che la persona che veniva presentata come crudele e tiranna era, a suo tempo, vittima della sua concezione sociale e che lui, contro la sua volontà, era stato indotto a commettere misfatti, a motivo della ragione di Stato...».
Continua l’ex-ecclesiastico: «In realtà si svelò dinanzi a me un carattere, nonostante tutto, ancora così mite, come un tempo avevo apprezzato a Parigi, di una, chiamiamola pure, dolcezza di uomo che molto ebbe da sopportare. Lo soffocava l’idea che si era fatta della sua missione, spinta fino a quella forma di misticismo politico, suo proprio, nei sentimenti dell’uomo privato, per lasciare mano libera al dittatore a decidere, di sua volontà, di liberare l’umanità, allargando su tutto il mondo la sovranità sovietica, della quale necessità era intimamente convinto».
Continua questo rapporto: «Mi disse ancora un giorno: cosa vuoi tu quando mi rimproveri che noi sovietici dobbiamo usare la violenza e i metodi più radicali per tenere lontani dalla nostra nazione, tutti gli elementi nocivi al nostro programma... Con questi non si può discutere ragionevolmente, come non lo si può fare con una vipera che ti punge: la si uccide. Molti, purtroppo, non lo sanno o, viziosi, non sono in grado di capire la necessità di destinare il loro soprappiù a beneficio della grande massa che non possiede nulla: è questo il motivo perché si mette in atto l’inflessibile espropriazione e lo sterminio di quanti a ciò si oppongono».
Lenin affermò poi, in un altro colloquio: «Vedi, l’umanità, quasi seguendo il suo destino, ha intrapreso il cammino dell’Unione Sovietica. È solo questione di tempo. Fra un secolo tra i popoli civilizzati non ci sarà altra forma di governo. Tuttavia credo che continuerà a sussistere, sotto le macerie delle attuali istituzioni, la gerarchia cattolica, perché in essa si effettua sistematicamente l’educazione di coloro i quali hanno il compito di guidare gli altri. Non nascerà alcun vescovo o papa, come finora è nato un principe, un re o un imperatore, perché per diventare un capo, una guida, nella Chiesa cattolica, è necessario aver già dato prova di capacità. È in questa saggia disposizione la grande forza morale del cattolicesimo che da duemila anni resiste a tutte le tempeste e rimarrà invincibile anche in futuro. La forza di questa Chiesa è totale, è una forza morale e non estorta. L’umanità ha bisogno dell’una e dell’altra potenza».
Nel secondo articolo, apparso su L’Osservatore romano il 24 settembre 1924, l’autore tratta il problema russo dal punto di vista del dittatore. Bede rimproverava a Lenin di non avere egli alcuna convinzione morale, anzi di distruggere tale fondamento, perché sradica i sentimenti religiosi dal cuore degli uomini. Lenin rispose: «Voi volete dunque che io lasci venire i vostri confratelli, affinché essi incitino il popolo contro i sovietici». Rispose Bede: «Che la vita dei nostri confratelli sia l’applicazione del più puro comunismo, viene confermato da tanti secoli di esperienza: se si crede cioè alla possibilità di una educazione del popolo verso il disinteressamento e l’altruismo, non si può presentare miglior esempio di quello dei membri dei nostri ordini religiosi». Prosegue il racconto: «Lenin mi fissò con i suoi occhi penetranti. Mi resi conto che in lui i pensieri erano in subbuglio e lo udii mormorare queste parole: "No, non è possibile..."».
Annota l’amico: «Dopo aver atteso un po’, insistetti nel suo dovere di garantire la libertà di religione. Lenin mi fissò con i suoi grandi occhi, senza aprir bocca. Poi, con accento duro, sarcastico, mi chiese: "È il tuo papa che ti ha mandato da me?" Era il tono di voce del dittatore, non più dell’amico. Lo assicurai che non avevo avuto alcun incarico, da nessuno, e che ero venuto a Mosca senza aver parlato del viaggio a chicchessia, nemmeno ai più fidati amici. Lenin si calmò di nuovo e disse: "Ti ammiro... sento che vivrò ancora per poco tempo. Ciò che tu pensi è troppo bello perché io lo potessi esprimere, è troppo grande perché io potessi realizzarlo. Ci saranno altri, spero, i quali invece di misure violente e di crimini, adotteranno metodi che tu proponi per far felice l’umanità"». Questo secondo articolo dell’ex prete ha questa conclusione: «Era dunque troppo tardi: il terribile dittatore sentiva di non possedere più la forza per accettare le grandi idee che egli ancora ammirava. Sentiva di non avere più la forza di distruggere la banda che lo teneva attanagliato, dopo che essa l’aveva innalzato sul trono degli zar». Insomma, il padre della rivoluzione bolscevica si diceva disgustato per gli orrori provocati, ma li giustificava. Lenin moriva poco tempo dopo. Fu pubblicato un suo testamento: «Ma questo è davvero il testamento di Lenin? - si chiede Viktor Bede - Io ne dubito molto...».
Colloqui singolari. Citati anche dallo storico Andrze J. Kaminski nel volume I campi di concentramento dal 1896 a oggi (Bollati Boringhieri 1997) e dal vaticanista Sergio Trasatti nel libro La croce e la stella (Mondadori 1993). Non esiste alcun dubbio sulla loro autenticità, affermava il vescovo di Ratisbona, Rudolf Graber, nel 1977, sottolineando che bisognava aggiungere qualche cosa, però, all’immagine di Lenin, con queste parole: «Io non sono in grado di affermare se i colloqui riferiti rappresentano una condanna della sua opera; ciononostante possono indurre anche noi a una riflessione».
Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione
di ADISTA *
Importante iniziativa di Adista che ha tradotto e messo a disposizione gratuitamente il libro "Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione" edito dalla Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo, in risposta alla notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino.
Care lettrici, cari lettori,
segnaliamo un’importante novità sul nostro sito. Si può leggere finalmente anche in italiano, scaricandolo gratuitamente dalla home page di www.adista.it, il libro digitale "Bajar de la cruz a los pobres: cristología de la liberación" ("Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione") della Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo.
La traduzione italiana, curata da Adista, dell’originale spagnolo (che, insieme alla traduzione in inglese, è disponibile agli indirizzi www.eatwot.org/TheologicalCommission e http://www.servicioskoinonia.org/LibrosDigitales) è presentata dal teologo Carlo Molari e presenta due contributi in più: di Aloysius Pieris e dello stesso Molari (è possibile leggere l’originale )
Il libro della Asett è la risposta di circa 40 teologi della liberazione alla Notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino (autore dell’epilogo del libro), ma non solo: è una difesa, appassionata e potente, della cristologia della liberazione, quella che Leonardo Boff, nel prologo, definisce "una teologia militante che lotta per ’far scendere dalla croce i poveri’".
È questa voce potente quella che è oggi offerta anche al pubblico italiano, attraverso un nuovo metodo che l’Asett ha voluto sperimentare: quello di un libro digitale, libero e gratuito, che, scrive José María Vigil, coordinatore della Commissione Teologica Internazionale della Asett/Eatwot, "può essere regalato e inviato da chiunque per posta elettronica e che potrà anche essere stampato su carta mediante il procedimento della "stampa digitale", un metodo che permette di stampare su carta quantità minime di esemplari (5, 10, 20...), a un prezzo praticamente uguale a quello di un libro normale".
Per scaricare il libro, clicca qui
* IL DIALOGO, Mercoledì, 06 giugno 2007