O la chiesa è degli esclusi o non è
Dal gesuita Felice Scalia un’analisi sulla crisi del cristianesimo
di ADISTA N.56 del 22-07-2006*
DOC-1760. MILANO-ADISTA. Se il mondo è scosso da una serie illimitata di problemi - "la maggior parte dell’umanità è nata nel posto sbagliato, da gente sbagliata, e si vede precluso qualsiasi accesso anche ai fondamentali diritti umani" - neppure la Chiesa se la passa troppo bene. Nell’analisi del gesuita p. Felice Scalia, dell’Istituto Superiore di Scienze Umane e Religiose (Issur) di Messina, tracciata a Milano durante un incontro promosso dalla Comunità di Sant’Angelo presso il Convento dei Frati francescani minori (10/5/06), la Chiesa sembra aver perduto la capacità di dire al mondo qualcosa di significativo, inducendo a pensare "che essere cristiani oggi significhi rigettare sempre gli anticoncezionali, esibire una famiglia numerosa, boicottare un referendum, soddisfare l’obbligo domenicale", e finendo così per mostrarsi, malgrado tutta la sua complessa elaborazione di dottrina sociale, "priva di ‘Parola’ per tutti quelli che più di ogni altro ne avrebbero bisogno". La sfida è immane: quella di rendere di nuovo la fede prioritaria rispetto alla religione - "una fede che esce dal tempio e dalle affermazioni dogmatiche per fare ‘altra’ la quotidiana fatica del vivere" -; quella di ridare centralità alle ragioni della Chiesa-mistero rispetto a quelle della Chiesa-istituzione, di riconoscere il primato della libertà dei figli di Dio sul Diritto Canonico; quella di riconoscere la Chiesa non come il fine dei disegni di Dio ma come "un semplice mezzo voluto dal Cristo per l’edificazione del Regno".
Ma se è vero che, afferma p. Scalia, "non vediamo giungere molta luce dall’ufficialità istituzionale", non per questo mancano le ragioni per sperare: la distinzione, che si fa sempre più chiara e diffusa nella Chiesa, tra cristianesimo evangelico e cristianesimo storico, nella convinzione che "non può essere questa banalità la salvezza portata da Cristo, non può essere questa la sua Chiesa"; le voci sempre più insistenti di chi reclama norme "non solo per la vita individuale (spesso legate alla sessualità) ma anche per quella collettiva (fino al coraggio di rompere con l’attuale impero)" e ritiene che non porti molto lontano "la via della determinazione apodittica e senza eccezioni"; il travaglio vissuto da una parte consistente del mondo giovanile; la stessa composizione numerica della Chiesa, che, nei prossimi decenni, "sarà sempre più in mano ai poveri". Di seguito l’intervento (con alcuni tagli) di p. Scalia. (claudia fanti)
di Felice Scalia
Lo scorso anno la rivista di teologia "Concilium" dedicava una monografia a questo interrogativo: "Cristianesimo in crisi?". Forse era pleonastico il punto interrogativo. Si trattava di esaminare una indubbia situazione di transizione, forse di chiamata ad un livello "altro" di quella consistente parte di umanità che si riconosce nel Cristo. Le diagnosi tuttavia sono quanto mai varie, e ancora di più le terapie.
Mons. Bernard Fellah, superiore generale della Fraternità San Pio X fondata nel 1970 dal vescovo Marcel Lefebvre afferma: "La Chiesa universale è in crisi. Le vocazioni diminuiscono, i seminari si svuotano, la fede sembra non fare più presa tra la gente. E la Santa Sede lo sa. Siamo convinti che tutto questo sia stato provocato anche dalla riforma conciliare che ha aperto la Chiesa al mondo contemporaneo a discapito dell’autenticità della fede in Cristo". Opinioni simili vengono espresse nella Chiesa anche da quanti non hanno preso parte al cosiddetto scisma postconciliare.
Altri cristiani, e forse molti di noi con loro, nutrono ben diverse preoccupazioni e fanno ben altre analisi. Se possiamo dirlo, "De homine angamur" prima di tutto. Della situazione umana in genere siamo davvero preoccupati. E conseguentemente anche della Chiesa: "De ecclesia angamur". E questo in un clima di speranza. Siamo infatti del tutto convinti che si "potranno tagliare tutti i fiori" - direbbe Pablo Neruda -, ma "mai si potrà essere padroni della primavera".
Questo nostro mondo ad inizio di millennio! Questa nostra Italia tutt’altro che liberata dai nemici del vivere civile! (...) La maggior parte dell’umanità è nata nel posto sbagliato, da gente sbagliata, e si vede precluso qualsiasi accesso anche ai fondamentali diritti umani. Viviamo in uno stato endemico di paura e di violenza. Si giustifica l’antico detto degli "empi" secondo i quali "la forza è fondamento del diritto" (Sap 2,11). Siamo infelici. Ci riesce difficile andare avanti senza stordirci in una delle mille droghe che la società ci offre.
Di fronte ad una situazione simile la Chiesa sembra non avere nulla da dire, eccetto proporre pratiche di pietà tradizionali, feste patronali, raduni oceanici, proclamazione di "santi" e riaffermazione di principi etici astratti che non sempre, o quasi mai, possono avere realizzazione pratica. Anche le cose più sconvolgenti e cariche di speranza, come l’Eucaristia, sono ridotte a pie pratiche devozionali. Per dirla in termini ancora più espliciti, è tale l’insignificanza di molte nostre proposte ecclesiali che quanti ancora si dicono cristiani e cattolici si accorgono di dovere scegliere tra un appiattimento allo spirito dei tempi o una vita da "clandestini". Clandestini in una fede che devono difendere da una religiosità di facciata, abusivi nella speranza che vedono ogni giorno ridotta ad attesa del dopo-morte, illegittimi nella carità se non vogliono ridurre questa virtù fondamentale ad erogazioni di spiccioli al primo poverocristo incontrato.
Parole come queste possono sembrare generiche. In realtà esprimono un senso di soffocamento che quotidianamente avverto in questa mia testarda volontà di vivere nella Chiesa, leale ai suoi responsabili, ma anche fedele a quel Vangelo che nessuna istituzione può permettersi di tradire con la scusa di difenderlo e diffonderlo (...).
Mi sembra che le preoccupazioni di quanti vivono ad occhi aperti nella Chiesa possano raggrupparsi in due grandi categorie. Alcune riguardano la Chiesa nel suo stesso essere, nel modo come concepisce se stessa, nella mentalità dei suoi ministri; altre emergono quando questa Chiesa prende coscienza del suo necessario rivolgersi al mondo degli uomini in carne ed ossa e non solo alle "anime". Ovviamente prendo il termine "Chiesa" in senso istituzionale. Più correttamente dovrei parlare del "popolo di Dio" che ha nel suo seno una gerarchia. In linea di principio così dovrebbe essere, anche se oggi nessuno ritiene "parola di Chiesa" qualche affermazione di uno sconosciuto parroco o di una comunità di battezzati. Invece si ritiene che parla la Chiesa se a fare determinate dichiarazioni sono il papa e la curia romana. In pratica il "popolo di Dio", i "christifideles laici" non hanno rilevanza, sono ancora "ecclesia discens", oggetto di cure pastorali, mai soggetto. Ma forse uno sguardo al "popolo di Dio" potremo darlo parlando della speranza.
Chiesa, Vangelo, economia di salvezza
Ci fu un tempo in cui la fede tentò di essere prioritaria rispetto alla religione. Si disse - e sembrava liberatorio nella vita di tanti figli di Dio - che la preoccupazione principale di Gesù non era quella di affastellare enigmi e indovinelli teologici su Dio, l’anima, il dopo-morte. Il Falegname di Nazareth, il Verbo di Dio fatto carne, si era messo in cammino tra le case degli uomini per ridare volto all’uomo e per rivelargli il Mistero Santo della vita: assoluta eterna benevolenza.
Dio - dice Gesù - non è abisso misterioso di forza che giustifica i potenti, non è mai volto irato che richiede sacrifici espiatori. È appunto benevolenza che in ogni figlio d’uomo vede un figlio di Dio in cammino con altri "fratelli" verso la sua pienezza di vita umana nella gioia e nella gratitudine. Gesù ci disse di fidarci del Padre, di accoglierlo nella nostra vita. Ci disse di fidarci di ogni uomo nelle cui profondità dell’anima alita lo stesso Spirito di Dio. Ci disse, in altri termini, di imparare quell’unica arte che ha ricadute eterne: l’amore. Così facendo, Gesù distruggeva ogni idolo, metteva in crisi Roma e la sua civiltà, ridonava splendore ad ogni uomo che scorgeva in sé una radicale, inviolabile dignità. Ecco perché l’annunzio del "regno" esigeva una "conversione". Ecco perché era essenzialmente "profezia".
Se chiamiamo "fede" questo complesso di atteggiamenti, possiamo riservare il termine "religione" alla estrinsecazione di quella fede. I sacramenti, la preghiera, gli edifici sacri, le riflessioni dei teologi, l’organizzazione della comunità, i riti dell’assemblea, tutte queste cose sante ed altre ancora, non solo sono utili ma necessarie ed indispensabili. Ad una sola condizione: che come presupposto abbiano la fede. Una fede che si spende prima di tutto nella vita ed è direzione di un cammino. Una fede che esce dal tempio e dalle affermazioni dogmatiche per fare "altra" la quotidiana fatica del vivere.
È priva di legittimità una religione se è un insieme di "pratiche" che pervadono tutta la dimensione sacra dell’in-dividuo. Se cioè esteriorizza in gesti meramente rituali il bi-sogno di una trascendenza messa poi a tacere nella quotidianità (...).
Da un po’ di tempo a questa parte pare che ci si sia rassegnati a favorire la religione a scapito della fede. Non so come esprimere il mio disagio di fronte ad una pratica sacramentale improntata fin troppo allo spettacolo ed all’este-riorità. (...) Né so come definire un devozionismo imperante che con scuse varie (dal turismo religioso scambiato per pellegrinaggio alla riaffermazione dogmatica della presenza reale nell’Eucaristia che diventa adorazione perpetua in chiesa, ben lontana dalla adorazione e cura della presenza del Cristo tra la povera gente dei quartieri a rischio) convoglia masse di persone poco inclini a cambiare vita ma sempre pronte per assistere ad una "bella cerimonia" (...).
Per la Chiesa è difficile cogliere la novità del Vangelo come annunzio di un avvenimento: Dio che irrompe nella storia umana e costruisce, assieme agli uomini di buona volontà, il suo "regno". Parlare di "regno" significa distanziarsi dai potenti del mondo, parlare di pace, di giustizia, di amore, di distacco dalle cose transitorie per quanto seducenti, di priorità delle persone sulle cose, di speranza sempre accordata anche alla più disperata delle creature. Significa parlare di un mucchietto di "lievito", di un pugno di "sale", di un raggio di "luce". Cose inconsistenti e piccole, poco adatte per dare rinomanza e gloria a chi del Vangelo volesse vivere. Certamente parlare di "regno" significa anche accostarsi a chi di quel "regno" è stato il banditore e la piena realizzazione: il Cristo. E questo comporterebbe che ogni cristiano, ogni prete, ricordi e renda presente Lui, assuma il suo stile e perfino la sua disponibilità ad amare "usque in finem", fino alla croce. Sarà strano, ma dobbiamo confessarcelo: il grande problema della Chiesa di oggi è quello di un confronto serio col suo divino fondatore, il Cristo.
Troppo impegnativo essere solo la sua presenza nel nostro tempo. Molto più accattivante "dottrinalizzare" un evento e volgere tutto in teologia, meglio in dottrina, in modo da creare esperti detentori della verità, tribunali della verità con il loro seguito di imbalsamazione di Dio in formule fisse ed eterne, e da fornire il fondamento perché abbiano onori speciali quanti di cose speciali si occupano, nientedimeno che di Dio.
Così è possibile che il Vangelo sfugga, lo si perda di vista, nonostante una complessa elaborazione di dottrina sociale, fin troppo attenta al diritto di proprietà dei cristiani opulenti e fin troppo dimentica di quelli che nulla avevano, perché di tutto erano stati derubati. Perfino la "Centesimus annus" è stata lodata da Wall Street; a quando una enciclica lodata dai miserabili del pianeta?
A volte ho la terribile impressione che siamo senza Vangelo, di averlo smarrito, presi, forse, dalla paura. "Passi echeggiano nella memoria/ lungo il corridoio che non prendemmo/ verso la porta che non aprimmo mai" .
Vivo questa angoscia quando mi trovo di fronte a testi contenenti affermazioni etiche di tutto rispetto, tese a salvaguardare "la legge naturale", elaborate con una pura ragionevolezza umana, ma dove sono latitanti le prospettive aperte dal Vangelo col suo carico sovversivo di ogni ragionevolezza a favore di una vita autenticamente perduta nell’amore e nel rispetto di ogni figlio di Dio. Si cade nel paradosso quando si induce a pensare che essere cristiani oggi significhi rigettare sempre gli anticoncezionali, esibire una famiglia numerosa, boicottare un referendum, soddisfare l’obbligo domenicale. È mai venuto in mente a qualcuno che per Paolo (e qualcosa del Cristo doveva pur saperla...) l’osservanza della legge morale è possibile solo in un regime di "grazia", quando dunque ci si protende in una dimensione di virtù dove nulla è "dovere" ma tutto è possibilità di cammino verso la "perfezione del Padre"? Quante discussioni sul matrimonio e l’etica sessuale! Ne siamo ossessionati. Il matrimonio è accessibile ai preti? Non accessibile? Il voto di castità è trasgredito oppure osservato da celebri frati e dal comune religioso? La famiglia è minacciata dal riconoscimento legale delle unioni di fatto?
Interroghiamoci quanto vogliamo su questi problemi, ma nessuno ci toglie dalla testa che Gesù si preoccupava di altro. Per lui era fondamentale sapere se era stata accolta o no la base risolutiva di ogni etica sessuale e della stessa convivenza civile: una vita spesa nell’amore gratuito, nel dono di sé.
Un vescovo un giorno mi chiedeva cosa poi intendessi con quella mia invocazione di una Chiesa tornata al "nudo Vangelo". In realtà abbiamo difficoltà a custodire il "puro, nudo Vangelo", anche perché siamo soffocati da un’onni-potente istituzionalizzazione ecclesiastica. Le ragioni della Chiesa "istituzione" obnubilano quelle della Chiesa-mistero, soffocano lo stesso Spirito di Dio e la sua creatività. Il Diritto Canonico è legittimo, necessario quanto si vuole, ma forse è troppo sospettoso verso i carismi, la libertà dei figli di Dio, la ricchezza della diversità, la chiarezza costruttiva di una santa "parresìa". Se oggi c’è un paradosso nella Chiesa è la canonizzazione (riduzione a leggi canoniche) dei carismi degli ordini e degli istituti religiosi, con la conseguenza di una omologazione che li rende tutti uguali e tutti inutili.
La Chiesa ha enorme difficoltà a riconoscere che lei non è la salvezza ma solo sua annunciatrice, che non è il fine dei disegni di Dio, ma un semplice umile mezzo voluto dal Cristo per l’edificazione del "regno". Né ha mai accettato pienamente che essa è prima di tutto "popolo di Dio" e poi dotata di gerarchia. La Chiesa in realtà nasce dove "due o tre si uniscono nel Cristo", e "spezzano il pane"; solo dopo diventa Chiesa universale (...).
Una Chiesa per il mondo? Una Chiesa del mondo?
Un altro fascio di difficoltà mi sembra che nella Chiesa sorga dal suo rapporto col mondo (...). È un problema molto serio perché non è affatto scontato per tutti che la Chiesa abbia da dire qualche cosa al mondo. A meno che non si intenda "mondo delle anime". Di solito si concepisce la religione come un settore separato dell’esistenza. Come l’idraulico ha una sua competenza autonoma, come il medico ha un suo settore di lavoro dove nessun carrozziere ha una parola risolutiva, così l’uomo di Dio parla di anima e di eternità, lasciando ai politici e agli economisti il resto del mondo. Uomo di Dio, non uomo di questo mondo né per questo mondo.
Eppure "il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua tenda in mezzo a noi". Eppure Dio ha incontrato uomini in carne ed ossa ed ha loro proposto una esistenza che avesse il sapore dell’eternità fin da ora, fin da subito, perché si fosse grati della vita, e nella pace si vivesse come gloria vivente del Padre. Eppure il "regno" è stato annunziato perché questo mondo fosse trasformato in Corpo di Cristo ed i valori portati dal Cristo divenissero criterio di ogni scelta per la vita di tutti.
La Chiesa però trova difficoltà non solo a parlare al mondo (dovrebbe troppo spesso contestarlo, cioè dovrebbe troppo spesso contestare i potenti che lo dirigono!) ma addirittura a non lasciarsi catturare dalla mentalità di questo mondo.
Abbiamo assistito con sbigottimento, continuiamo anzi ad assistervi, alla divisione che si è verificata nella Chiesa quando qualche "principe" di questo mondo decise di dividere il pianeta in due grandi settori, in due "assi": quello del "bene" e quello del "male". E decise pure, questo "principe", quali popoli appartenessero all’uno o all’altro "asse". Poi stabilì che farne degli "Stati canaglia", e ritenne anche suo dovere - per mandato divino -sterminare il male dalla terra iniziando "guerre preventive" e "guerre infinite". Quanta solitudine attorno a Giovanni Paolo II quando contestò questo schema e con tutte le sue forze vi si oppose! E quanta cecità in tanti uomini di chiesa che confondono perbenismo occidentale con civiltà cristiana, provocando quello strano fenomeno degli "atei devoti", dei "teo-con" che magari non credono in niente, ma non pare loro vero che possano comprarsi il silenzio o l’assenso di una istituzione venerabile come la Chiesa! Ma non si svende così l’unità della famiglia di Dio? Non si operano indebite esclusioni di stampo manicheo? Più radicalmente: non si esce dal cristianesimo e dal "regno"?
Per sé questa storia è vecchia, fin troppo. Agli albori dell’epoca moderna (nel 1492, con l’occupazione del-l’America), la Chiesa consentì a considerare "inesistenti" quei popoli che non erano armati, né bianchi, né tanto meno cristiani. Ed all’inizio della rivoluzione industriale poche "sentinelle" vigilarono sul fatto che si stava progettando una società ineguale. Si diceva allora dei "due terzi", ma comunque si condannava un terzo dei figli di Dio a pagare con la loro disperazione il benessere di quanti invece nascevano al posto giusto da quei genitori "giusti" che ostentavano la loro ricchezza come segno della benevolenza divina nei loro riguardi. In ogni caso sfuggì anche ai più illuminati degli uomini di chiesa che si stava progettando una società dove le cose contavano più delle persone e dove parole come giustizia, amore, dono, solidarietà finivano di essere valori sociali per venire ricacciati nella buona volontà del privato che, attraverso l’elemosina, poteva affermare, ancora una volta, la sua superiorità umana e perfino cristiana. E quando si profilò all’orizzonte un movimento operaio che esigeva correttivi o proponeva modelli alternativi di organizzazione sociale, ancora una volta si fu più attenti a marchiare di ateismo quei "visionari" che a difendere i diritti e la dignità di tutti i figli di Dio. Questa storia continua ancora oggi e rende soffocante quella saccenteria di basso profilo di ecclesiastici lettori del "Foglio" che marchiano di comunismo e di antiamericanismo chiunque oggi parli di diritti umani, di welfare, o sia per il rapido ritiro delle forze di occupazione in Iraq.
Mi sembra di potere amaramente constatare che il mondo entra alla grande nella Chiesa. A volte ho l’impressione che non sia essa ad evangelizzare il mondo ma, al contrario, il mondo ad "evangelizzarla" - se così si può dire. Non vedo con molta evidenza quel tentativo che dovrebbe essere incessante di "non conformarsi alla mentalità di questo mondo" per assumere la "forma del Cristo", la sua mentalità, il suo stile. La "libido dominandi" (che fa tutt’uno con quella "docendi") è ben presente, a volte in maniera tragica, a volte solo patetica, come quando uomini pii sono alla ricerca di una "diocesi di prestigio", di una "parrocchia autorevole", di contatti con "gente che conta", perfino di vittorie elettorali da fare pesare al momento opportuno nelle contrattazioni con i potenti. Il guaio è che spesso si entra così in una cerchia di cattive compagnie. Il potere è un genere quasi sacro, ed i potenti si appoggiano a vicenda. Poco importa se uno è detentore del potere economico, un altro di quello mafioso, altri di quello politico o religioso. Solo che così si volatilizzano altre categorie cristiane: il bene comune, il potere come servizio e la politica come la forma più grande di amore. (...) Quale "bella notizia" oggi è la Chiesa per l’umanità? Come traduce in speranza viva la risurrezione del Cristo per l’uomo disperato del terzo millennio? In giorni bui, in momenti sconsolati, giungo a chiedermi tuttavia se le risposte a queste o simili domande, importino davvero a molti.
Evidentemente non è del tutto insensato il mio dubbio se anche tra i preti si fa strada la figura del manager, l’uomo dalle grandi realizzazioni visibili che ostenta capacità di affari, rilevanza di fatturato, magari - naturalmente - a fin di bene. Quando mi trovo a contatto con questa sete (tutta benedetta in alto loco) di visibilità, di collateralismo con i ceti sociali forti, quando vedo canonizzati uomini che hanno fatto la scelta dei ricchi, e so che in Vaticano sulla politica finanziaria mondiale si decide di ascoltare - a porte chiuse - un Michel Novak, quando dunque mi imbatto in cose come queste, oso ancora avere il coraggio di chiedermi che fine abbia fatto la povertà evangelica e dove sia andata a finire la nostra testimonianza cristiana (...).
Ma con chi sta la Chiesa?
Io non so se quanto preoccupa me, povero anonimo consacrato, tolga il sonno anche a tutti i responsabili della Chiesa contemporanea, quale che sia il loro grado di coinvolgimento istituzionale. Cioè mi chiedo se l’evidente difficoltà dei seguaci di Cristo di essere autentica comunità credente e segno del "regno" nel mondo di oggi sia o no presente nella vita degli uomini di chiesa. Se la risposta a questa domanda fosse sicuramente positiva, oserei dire che... siamo sulla buona strada. La coscienza di un problema (nel nostro caso, la coscienza di un possibile, involontario tradimento del Vangelo), sarebbe premessa per la conversione. Purtroppo non sono così ottimista. Ed allora affermo che mi preoccupa molto questo oscillare della Chiesa tra i benpensanti, gli uomini di ordine con i quali si sente connaturale, e gli esclusi a cui riserva briciole di carità e pranzi natalizi o giubilari. Il mondo produce inesorabilmente "esclusi", "esuberi", ed a chi è inviata questa buona notizia del "regno" se non ad essi? Chi, se non la Chiesa, dovrebbe mostrare con chiara fermezza che si sta stravolgendo ogni pietà, ogni fede ed ogni umanità? Ma sulla Boss-Fini che trasforma in delinquente un disperato continuiamo a tacere. Siamo molto titubanti sui "Centri di Permanenza Temporanea" e sul loro discutibilissimo stile di intervento. E continuiamo a sancire ogni giorno il peccato originale del cristianesimo storico, quello che ai tempi di Costantino mise il segno dello "Sconfitto", la croce, sui labari degli oppressori vincenti. È così che si benedicono bombe atomiche o portaerei o valorose truppe di occupazione.
Pensando a cose così, non mi meraviglio se una filosofia o una affascinante teologia dell’ospitalità la trovo fuori da pagine pie di intellettuali o teologi ortodossi. Questi ultimi sanno tutto su Dio in cielo, ma così poco di quel Dio che nei suoi figli approda sulle coste della Sicilia in cerca di un inferno meno atroce di quello lasciato alle spalle. Del resto l’ospitalità è anch’essa lasciata alla libera iniziativa caritatevole dei privati. Non è un valore politico. Ha rilevanza il commercio, il mercato, e quindi, per necessaria conseguenza, la categoria più plausibile che dirige i rapporti infraumani è quella che si gioca attorno all’asse amico-nemico. L’altro da me è un concorrente, uno con cui sono in necessario conflitto (...).
Non dichiaratamente con gli esclusi, non con i "diversi", essa stessa a volte escludente e fautrice di scomuniche ed emarginazioni, questa mia Chiesa con chi sta? Dove trova l’immagine del Figlio di Dio? Su quale volto vede il suo riflesso? E dobbiamo aggiungere: non con i poveri, non con i giovani, non con la classe operaia, non con i disoccupati. Di chi davvero si preoccupa questa mia madre che è la Chiesa? Perché vede di malocchio quanti dei suoi figli osano trattare non solo il corpo eucaristico di Cristo ma anche il suo corpo mistico, ben visibile tra i crocifissi ed i reietti del Terzo Mondo e delle nostre periferie urbane? Questo silenzio mi scandalizza, mi soffoca, perché vorrei poter dire, non solo in nome di Cristo ma anche in nome di chi credo lo rappresenti in maniera del tutto particolare, vorrei poter dire che la Chiesa c’è per ogni disperato, lei portatrice di una "felice parola" per il mondo dei poveri e degli esclusi.
La conseguenza è davvero tragica. Non può non preoccuparci che una istituzione come la Chiesa appaia a tanti come priva di "Parola" per tutti quelli che più di ogni altro ne avrebbero bisogno. Il disinteresse dei giovani, dei poveri, degli esclusi, questo loro averla scambiata per una agenzia di beneficenza e non per una riserva di speranza e liberazione, questo ricorrere ad essa in certi momenti di vita come elemento quasi folkloristico di identità o scusa di feste molto mondane, tutto questo spiega a sufficienza l’irrilevanza sostanziale della Chiesa in vista della salvezza, come pure l’indifferenza che la circonda.
Quali speranze nella Chiesa di oggi?
Salvo rare eccezioni, non vediamo giungere molta luce dalla ufficialità istituzionale (...). Ma la Chiesa non è solo istituzione. C’è il popolo di Dio, ci sono anonimi vescovi che tirano la carretta anche tra gli scranni della Cei ed aspettano tempi migliori. Ci sono vescovi che scomunicano i mafiosi, remando contro una prassi consolidata di omertosa neutralità. Ci sono istituti religiosi in calma ebollizione, preti che tentano di dare voce al Vangelo rischiando emarginazione e incomprensione. C’è una vivacità nel cattolicesimo italiano che ha stupito laici e credenti (...).
Indubbiamente la mia prima radicale speranza è il fatto che Cristo è risorto. Diceva La Pira: "La pace è ineluttabile perché Cristo è risorto". Qualcosa del genere illumina i miei giorni. La Chiesa vedrà tempi migliori - mi dico. Perché Cristo è risorto. Un mondo più umano è possibile perché Cristo è risorto. I giovani scopriranno la responsabilità e la bellezza della vita, perché Cristo è risorto. Su questa radice fondante si innestano altri "segni" di speranza".
(...) C’è un desiderio di apertura all’Altro, a questo Dio "che viene", senza calcoli, con l’unica precomprensione che non può averci lasciati nella nostra piattezza di creature credenti perché dedite a pie pratiche, e con un’anima di accaniti bottegai. Quasi convinti che non può essere questa banalità la salvezza portata da Cristo, non può essere questa la sua Chiesa; deve esserci altro da cercare sempre di nuovo, sempre più aperti ad accoglierlo.
Circolano sempre più nella Chiesa idee che distinguono con sempre maggiore chiarezza il cristianesimo evangelico da quello storico. Ben presto, molto presto abbiamo cominciato a credere in un Cristo che aveva solo la parvenza di quello conosciuto dagli Apostoli. Forse, a nostro uso e consumo, abbiamo inventato un Vangelo storico che distorceva del tutto quello...evangelico,impedendocosìalCristodiessere noi la sua "invenzione", la novità portata da lui su questa terra.(...)Stodicendo che già nel IV secolo si rese vana lavenutadelVerbo.Rimaneva unapia illusione quel grido angosciato dell’Apocalisse che invocava la sua "venuta": "Vieni, Signore Gesù!". Trasformato il suo messaggio in un calcolabile rischio, o in un motivo di prestigio, lo si adattò alle nostre dimensioni abbastanza terrene, lasciando ad un pugno di uomini il compito di vivere di Vangelo e di "consigli evangelici".
Un Gesù calcolabile, umanamente comprensibile, scusa dello splendore e del potere degli uomini che lo rappresentano in esclusiva, non potrà mai salvare questo mondo. Bisogna ritornare alla "follia della croce", al nudo Vangelo, tentando seriamente che la sua luce sia "la vita degli uomini" perché ne determina scelte e stili di vita. Non c’è altra base plausibile per quella pace che attendiamo, o per la convivialità gioiosa di 6 miliardi di figli di Dio sul pianeta. Si tratta, in altri termini, di fare esperienza del Vangelo nella concretezza di tutta l’esistenza umana, di riportare quindi in primo piano la fede prima della religione, l’autenticità e la convinzione sul-l’appartenenza anagrafica, la qualità di vita umana e cristiana sul numero di battezzati. In questa prospettiva la Chiesa diventa non tanto luogo di riti e neppure custode di una tradizione, ma inerme memoria di un avvenimento e di una promessa che continuano ad interpellarci anche se fino ad oggi siamo stati incapaci di dire al Messia il nostro "vieni!". Credenti che queste speranze nutrono ed in questa direzione tentano di portare la loro comunità ecclesiale sono già di fatto una speranza per la Chiesa intera.
Molto oggi nella Chiesa si investe sulla determinazione di regole etiche. Dio solo sa se non abbiamo bisogno di trovare la strada del bene e le norme del comportamento umano. È davvero urgente un giudizio severo sulle strutture di peccato e sull’abuso del potere. Tuttavia si vanno facendo sempre più insistenti le voci di moralisti cattolici che si pongono criticamente, e con autentico spirito cristiano, di fronte a certe posizioni della morale "romana". Da una parte reclamano norme non solo per la vita individuale (spesso legate alla sessualità) ma anche per quella collettiva (fino al coraggio di rompere con l’attuale "impero", con l’Occidente, per potere rimanere umani e cristiani), dall’altra parte ritengono che la via della determinazione apodittica e senza eccezioni, la moltiplicazione di leggi, la connotazione di "peccato mortale" spesso ad inezie - come si esprimeva K. Rahner - ritengono che tutte queste cose non conducano molto lontano. Si auspica il passaggio dalla legge e dal comandamento alla "legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù", come scrive San Paolo (Rom 8,2). I cristiani osserveranno la "legge" solo se diventeranno innamorati delle beatitudini e della meta di vita indicata da Gesù. Lui, non la "legge", è "via, verità e vita". Non avremo molti sbocchi ai nostri pressanti problemi (bioetica, sicurezza e pace, economia mondiale, ecologia...) se non scopriremo la forza della mitezza liberante tipica del Cristo e dei cristiani. Se non vedremo nell’amore e nella collaborazione amorosa la forza strutturante non solo della nostra vita privata ma anche della stessa storia. Solo queste prospettive salvifiche possono condurci a quel senso di responsabilità verso noi stessi, gli altri ed il creato che preludono ad una svolta dell’attuale andazzo suicida.
(...) Il mondo giovanile, almeno una sua parte consistente, vive un grande travaglio. Si vuole uscire da situazioni che vengono avvertite come soffocanti ed invivibili. Ci sono prese di coscienza, discussioni su cosa cambiare e cosa mantenere, espliciti rigetti di un "pensiero unico" che è benessere per alcuni ma fame e morte per miliardi di persone. Impressionante la presa di posizione dei giovani a Locri ed a Palermo. "Ora ammazzate anche noi" - sfidavano i ragazzi di Calabria. E da Palermo il movimento antiracket "Goodbye Pizzo" fa il giro del mondo .
Nonostante sacche di stupida passività, sembra che per tanti giovani la lotta per una fede più genuina e per una vita umana degna di questo nome non sia una parola vuota. Se questi gruppi si conoscessero di più tra di loro, se continuassero a "fare-rete" come già avviene con "Lilliput", se fossero osservati con meno sospetto dagli adulti, percepiremmo meglio questa ventata di speranza.
Ma forse la speranza maggiore della Chiesa sta nella sua composizione numerica. Può sembrare strano, ma crediamo che quando nei prossimi decenni, forse già entro il 2015, avremo il 75% dei cattolici non in Europa ma in America Latina e nei Paesi del Terzo Mondo, crediamo davvero che tutto potrà rimanere come prima? Il Vangelo ritornerà in mano ai poveri, sarà inculturato nella loro quotidiana fatica di vivere, darà respiro alle loro speranze, camminerà per le strade degli "esclusi" . Quel giorno saremo costretti ad aprire gli occhi sull’essenziale e, dando il debito posto alla comprensione teologica dei dati rivelati, ci concentreremo sulla necessità di una nostra conversione perché il "regno" irrompa davvero sulla terra, gli uomini rialzino la fronte verso il cielo, e ci si liberi da quegli idoli che rendono un inferno la vita di tutti noi. Quel giorno siederanno alla tavola di Dio gli esclusi, "i potenti saranno deposti dai troni, saranno innalzati gli umili", dovunque si trovino, dentro e fuori la Chiesa. Quel giorno Cristo potrà di nuovo gloriarsi della sua Chiesa e vedere nei suoi ministri gli amici appassionati della dignità e della liberazione di ogni suo fratello. Parafrasando Mons. Gaillot, concludo dicendo che non è possibile essere Chiesa di Cristo se non ridiventiamo Chiesa dei poveri e degli esclusi. Non ce la caviamo senza di loro. Se continuiamo ad essere "sale scipito", cristiani fasulli, saranno fasulli la Chiesa e lo stesso Cristo. Il futuro è una Chiesa di solidarietà che annunzia e realizza le "beatitudini" perché ogni figlio di Dio, nella gioia, ritorni ad essere "gloria del Padre". Verso questa Chiesa tendiamo con speranza. Ed a quanti ci dicono che non abbiamo senso storico, che non siamo realisti, forse c’è solo da rispondere con i ricordati stupendi versi di Pablo Neruda: "Potranno tagliare tutti i fiori/ mai saranno i padroni della primavera". Questa è in buone mani. È proprietà assoluta dello Spirito di Dio che fa sempre nuove tutte le cose. Chiesa compresa.
www.adista.it
www.ildialogo.org/Ratzinger/crisichiese, 18 luglio 2006
Sul tema, nel sito, si cfr.:
FLS
Da sudditi a fratelli. Ma quando?
di Felice Scalia *
Ad uno sguardo superficiale, l’attuale innegabile rimonta anticonciliare è dovuta quasi soltanto a “problemi di parole”, a sottigliezze di dottrina, ad accessori liturgici, oppure a beghe personali. Parlare in latino o in italiano al buon Dio? Celebrare col popolo o per il popolo? Fossero questi, o simili a questi, i termini del problema, potremmo lavarcene le mani. Ma non è così. Qui si tratta di sapere se un prete possa dire «la Chiesa sono io» e se un uomo (nominato papa) lo si possa chiamare o no quodammodo Deus, Dominus noster, Alter Deus in terris, come si esprimeva nei riguardi di Giulio II il Concilio Lateranense V nel 1512. Si tratta di sapere se siamo “gregge” di pastori che si credono Dio, o semplicemente “popolo di Dio”.
C’è una questione storica. Dall’editto di Costantino (313) in poi, coloro che prima erano candidati martiri divennero candidati signori: splendidi vescovi e benestanti preti. L’organizzazione della Chiesa diventò sempre più imperiale e si passò dal servizio tra fratelli al potere sui sudditi. Il frutto fu un’istituzione ecclesiastica sempre più piramidale, simile alla istituzione assolutista della società, nei pregi e negli ovvii difetti. Nella Chiesa divennero inevitabili gelosie, odi, caccia all’ordinazione e alla prebenda, sete di denaro e prestigio, congiure, coartazioni nepotistiche, scandali, “partiti”, diplomazie e “ragion di Chiesa”. Ci domandiamo: il modo in cui la Chiesa si organizza, e che vede il suo acme nella riforma di Gregorio VII, appartiene o no alla rivelazione divina definitiva? È di diritto divino?
Si legge spesso che il Vaticano II scombussolò quella Chiesa. Fu chiamato “nuova Pentecoste”, con tanto di fuoco, vento gagliardo, rischio di essere creduti «completamente ubriachi» (At 2,13). Ed è vero. Il Vaticano II ha scosso dalle fondamenta l’organizzazione esterna della Chiesa giungendo a problematizzare ciò che essa pensava e diceva di se stessa. Ha contestato l’assetto assolutistico e piramidale del papato e, per conseguenza, del potere e dell’autorità nella Chiesa. Ha reagito contro una visione istituzionale meramente giuridica e sociologica per affermare che la Chiesa è mistero della salvezza che viene dal Padre.
Senza occupare nessuna Bastiglia, senza stravolgere nulla nei dogmi, nella dottrina trinitaria o cristologica o nella visione del Regno. È bastato che i Padri Conciliari prendessero più contatto con la Scrittura, con la Patristica, col movimento liturgico ed ecumenico, che ci si rendesse meglio conto dell’evoluzione storica della teologia, per essere in grado di scrivere i primi due capitoli della Lumen Gentium e dare in essi la chiave di lettura dell’intera Costituzione come degli altri documenti conciliari: la Chiesa è primariamente “popolo di Dio”.
I Padri conciliari sanno bene che si possono avere molte definizioni di Chiesa e sanno che nessuna definizione ne esaurisce il mistero. E tuttavia privilegiano il concetto-chiave di “popolo di Dio”. La Chiesa dunque non è al suo sorgere, per volere divino, una societas perfecta dotata di potere legislativo, dottrinale e giudiziario con a capo un uomo che si insedia da monarca assoluto per decidere da solo sulle cose spirituali e materiali del mondo. Non è l’arca di Noè, in cui tutti si devono imbarcare se vogliono sfuggire al “diluvio”. Non è il fine della fede, e neppure una sorta di sigillo impresso nell’anima come lasciapassare per il paradiso. Chiesa è un popolo di “fratelli” adunato dal Signore stesso. È il raduno del “popolo salvato” di fronte a Jhwh, che il Padre manda per la liberazione di ogni suo figlio. Un popolo costituito in vista del Regno di Dio, dotato di carismi vari distribuiti dall’unico Spirito per l’edificazione della stessa Chiesa e della pace nel mondo.
Nella Chiesa allora non c’è un “potere-dominio” ma un “ordine di servizio”. Se si vuole, c’è un “potere-servizio”, il dono di “poter servire”. La Chiesa è popolo di Dio in cammino, un popolo sacerdotale, regale, profetico che rende necessario ed attuale il carisma del “reggere”, ma questo non è fonte né della fede né della chiamata. Nella Chiesa insomma ci sono i carismi dell’ammaestrare ed ammonire, ma solo per l’edificazione del popolo intero, non per spadroneggiare sulla fede dei fedeli (1 Ptr 5,1-4). C’è inoltre una guida, ma è plurale. Si tratta del collegio dei vescovi, testimoni del Risorto uniti al papa. Oppure - ed è lo stesso - tra il “popolo di Dio” c’è il papa a reggere la Chiesa ma in unione collegiale coi vescovi del mondo.
Pur sapendo che l’espressione può suscitare perplessità, si può dire che il Concilio “relativizzò” il potere clericale facendo dei battezzati un soggetto di salvezza, non più un mero e passivo gregge. Relativizzò anche il potere dei papi, parlando di collegialità. In altri termini, mettendo il “popolo di Dio” al primo posto, relativizzò il potere della e nella Chiesa, mentre abilitava ogni cultura a trovare risposte di fede e ripensare la propria storia alla luce della Parola.
Sempre secondo il Concilio, la Chiesa vive la realtà di tutti gli esseri umani, legge e giudica quindi la storia in una prospettiva di fede, è una comunità limitata e peccatrice, e tuttavia in essa si rende presente la salvezza portata dal Cristo ed offerta ad ognuno. È casta et meretrix, sempre bisognosa di riforma e tuttavia santa (LG 9).
Che la Chiesa sia “popolo di Dio” non è che piaccia a tutti i christifideles. Per diversi motivi non si è lieti di sapere che anche la base è inviata al mondo. Lo notiamo ogni giorno non solo nelle lotte e faide interne alla comunità e alle curie, ma anche nelle sacche di resistenza allo Spirito che ci sembra pericoloso ascoltare. Nella prospettiva conciliare la Chiesa, in effetti, è una realtà scomoda. È il luogo della nostra fede nel Dio del Regno che sente le urla dei suoi figli e porta salvezza; ma non è il fine ultimo della nostra consegna a Dio. In essa testimoniamo la nostra fede cristiana nel Risorto, purché nella comunità credente tutta intera, chi presiede e le membra, si sia testimoni che un mondo “altro” è possibile, una vita “altra”; che l’ultima parola è la risurrezione e non la putrefazione della morte di ogni anelito umano. In essa nessun individuo solitario (fosse anche il papa) è Chiesa, ma tutto il popolo di Dio lo è nella valorizzazione dei carismi dati per l’edificazione di tutti.
Se questo è vero non dovremmo poi tanto scandalizzarci se oggi viviamo gomito a gomito con chi di potere-servizio non vuole sentir parlare, mentre il “potere-dominio” se lo vuole riprendere ufficialmente. Anche perché, in effetti, una parte numericamente poco consistente ma di grande prestigio, ha lottato, dentro l’aula conciliare e dopo, per non abbandonarlo affatto. Dalle titubanze di Paolo VI ad oggi, la storia della Chiesa ha scritto pagine problematiche e grigie di questo tentativo di riappropriazione e restaurazione di un potere assoluto e piramidale.
C’è da auspicare che i laici smettano di avere paura della responsabilità-libertà, e che i chierici non portino avanti una lotta di “liberazione” per acquisire più potere. Sarebbe una gran magra vittoria ed il “popolo di Dio” risulterebbe di nuovo scippato della sua dignità. Sul tappeto c’è ben altro che mire di caporali in carriera. C’è un maggiore accostamento alla Chiesa così come l’ha voluta il suo Fondatore e non come l’abbiamo manipolata noi. E c’è la preminenza, su tutto, di questo mistero di immersione nell’Amore che è il battesimo (LG 10). Del resto proprio il battesimo rende sensata non solo la missione laicale di laici-protagonisti nella Chiesa e nel mondo, ma anche la consacrazione presbiterale, la professione religiosa, la consacrazione-nuziale. Questi non sono che modi, strade, viae quaedam, sentieri possibili dell’unica via che è il Cristo.
Alla ecclesiologia dell’ubbidienza assoluta, unica garante di affidabilità, si contrappone una ecclesiologia di comunione in cui tutti cercano il volto di Dio, tutti si esprimono da fratelli con parresia, tutti sanno che Dio è più grande dei nostri pensieri e di qualsiasi elaborazione teologica, tutti sono in ascolto della Parola, tutti sono legati in unità misteriosa e reale dall’unico Spirito.
Questo modello di “Chiesa-comunione” e di “Chiesa-popolo-di-Dio” può essere marchiato di “relativismo” anarcoide. In questo caso la teologia e la “retta dottrina” diventano paravento di sete di potere. La storia ci dirà se questo non è già avvenuto presso i lefebvriani ed i vari movimenti autoritari che sono sorti nella Chiesa in questi ultimi decenni: dall’Opus Dei a Comunione e Liberazione, agli Araldi del Vangelo ai Legionari di Cristo.
In poche parole, il problema tanto agitato al Concilio della preminenza della “Chiesa-popolo” sulla “Chiesa-gerarchia”, aveva come oggetto reale il ridimensionamento del potere degli ecclesiastici, così come si era configurato almeno da un millennio. Mentre noi benediciamo questo passaggio alla “Chiesa-comunione”, per altri esso è l’inizio della caduta dello splendore, della ricchezza, della sicurezza, della scalata sociale. Siamo convinti che non servono a nulla le prediche sulla “sporcizia nella Chiesa”, a nulla le sofferenze del papa, di tanti vescovi, di tantissimi laici smarriti per quanto accade di losco e di vergognoso.
Per uscirne la via c’è. Accettiamo di essere senza potere/dominio nella Chiesa, accettiamo di non essere padroni della fede di nessuno, che l’unico potere che abbiamo dal Cristo è quello di “servire”, e di colpo scomparirà ogni sgambetto per nomine di prestigio, ogni scandalo, ogni velleità di percorrere fino al massimo grado il cursus honorum ecclesiastico. E scopriremo d’un colpo che non c’è nessun massimo grado nella Chiesa, perché non esistono piramidi, ma un Dio che si è fatto carne, ha camminato per le nostre strade, ci ha detto di non chiamare nessuno padrone, padre e maestro, perché «nos autem fratres sumus», «nos autem non sic». Dopo la luce di Galilea noi non possiamo conformarci alla mentalità di questo mondo, non possiamo vivere alla maniera di esseri umani-padroni che, credendosi quasi dei, vengono sempre per farsi servire e mai per servire.
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Felice Scalia, gesuita dal 1947, teologo dell’Istituto Ignatianum di Messina, ha insegnato alla Facoltà Teologica dell’Italia meridionale e all’Istituto superiore di Scienze umane e religiose di Messina. Attualmente svolge attività di animazione di gruppi, di comunità e di accompagnamento spirituale di sacerdoti e persone consacrate. È impegnato nell’associazione "Nuovi orizzonti" e animatore del Movimento eucaristico giovanile. Collabora con varie riviste.
Il Regno di Dio e la corte della Chiesa
di Felice Scalia *
Il Regno di Dio è vicino: leggere nella fede l’espressione di Marco non è semplice. Prendo quella affermazione, che fa parte del nucleo centrale del messaggio di Gesù, nel senso che il Regno è possibile, accessibile all’essere umano, dato che Dio si è messo all’opera e non cessa mai di “lavorare” per la sua realizzazione. Alla luce del significativo abbandono della stessa parola Regno nel linguaggio ecclesiastico, e di quanto capita ai nostri giorni nella Chiesa e nella società, mi sembra arduo pensare ad una prossima, “vicina”, realizzazione del Regno o di un deciso cammino verso di esso. Resta la promessa, resta la certezza della sua possibilità come verità ultima dell’individuo e della storia, ma spiragli di realistica speranza se ne vedono pochi.
Punto fondamentale: la Chiesa di oggi, e il Dio che essa presenta, aiutano la creazione di un ambito di libertà che permetta una crescita delle persone in dignità e fratellanza? O la ostacolano? Liberano l’essere umano o lo imprigionano? Lo preparano ad essere libero figlio di un Dio innamorato dell’uomo, o figlio della paura e necessariamente nemico di ogni altro essere umano? In altri termini: aiutano od ostacolano la venuta del Regno? Sono segno del Regno di Dio o fanno pensare alla sacralizzazione del regno degli esseri umani?
Mi sembra di potere affermare che l’invocazione ad una “verità che libera”, il richiamo ad un regime di “grazia” e di libertà profonda fatto da Paolo, una liberazione dai legami della Legge, ecc. furono presto dimenticate dai cristiani e dalla stessa Chiesa gerarchica. A partire dalla “svolta costantiniana” la Chiesa non se la sente più di condannare il potere-dominio esercitato dai re e imperatori che si proclamavano cristiani. Nei secoli successivi non condannerà neppure l’assolutismo. Non le sarà mai facile ridimensionare il potere dell’uomo sulla donna, la società patriarcale e maschilista. Non tirerà mai le conseguenze pratiche del valore della coscienza come criterio ultimo-pratico delle scelte nella vita. La Chiesa condanna solo dettagli, eccessi, ma sostiene il sistema. In fondo, forse, era impossibilitata a farlo, dato che essa stessa ben presto era passata dal potere-servizio (essenziale clima del Regno) che costava sangue e vite umane, al potere-dominio portatore di privilegi, denaro, splendore di guardie armate, infallibilità, immunità, sotto la protezione di imperatori a tutto interessati eccetto che al Vangelo ed al suo annunzio di liberazione totale.
Non mi pare esistano storici giunti ad affermare che la Chiesa, custode del potere-servizio, non abbia mai ceduto alla seduzione del potere-dominio. Tentativi di ieri e di oggi di contestualizzare gli avvenimenti ce ne sono. Apologisti che si imbarcano in imprese perdute, pure. Del resto il lavoro di questi ultimi consiste nell’esporre il contesto storico e nell’evidenziare gli aspetti positivi anche di certi papati oscuri. Il fatto incontestabile che la tentazione del potere-dominio, del “primariato”, della grandezza, accompagna la Chiesa fin dal suo primo vagito, anzi si annida perfino in Gesù di Nazareth, alle prese con Satana nel deserto, con Pietro a Cesarea di Filippo, con la folla dopo la condivisione dei pani, questo fatto meticolosamente registrato dai Vangeli non può indurci a giustificare la libido dominandi presente nella Chiesa di ieri e di oggi. Non dice che le cose devono andare nel senso del cedimento alla tentazione, ma ci avverte che là andremo a finire se non si “vigila”.
La Chiesa è passata dal potere-servizio al potere-dominio per via di un processo di istituzionalizzazione che ha preso per modello i potenti di questo mondo. Societas perfecta si è autodefinita la Chiesa, allontanandosi piuttosto vistosamente da quella “ekklesia di Dio” (assemblea pubblica) con cui la comunità cristiana chiama se stessa a Gerusalemme. Così si è dotata di centralismo imperiale, di palazzi, leggi, tribunali, carceri, soldati, cursus honorum, carriere, privilegi, tanto denaro e quindi corruzione.
Il tutto per garantire l’annunzio del Vangelo e del “Regno” di Dio. Solo che i criteri di un “regno mondano” sono radicalmente opposti a quelli che strutturano il Regno di Dio. Qui amore, giustizia, pace, rispetto della dignità infinita di una persona, legame indissolubile tra fratelli, comune obbedienza alla Parola, cammino di purificazione per giungere alla pienezza della vita del Cristo nella propria carne, sono le caratteristiche di un popolo di fratelli che vanno verso la vita con ruoli diversi ma con uguale dignità. Nessuno è maestro di un altro, ma tutti obbedienti alla Parola ed alle sollecitazioni dello Spirito.
Nel regno degli esseri umani la sottomissione a chi comanda, l’intangibilità dei potenti, il dovere di sottostare a regole rigide anche quando imprigionano la vita, l’uso della coercizione e della forza, la rinunzia alla voce della propria coscienza, sono elementi portanti e, per certi versi, irrinunciabili. Una Chiesa centralizzata, un papa-re, un assolutismo dogmatico che prescinde dalla collegialità dei successori degli apostoli, trasformano inesorabilmente in potere-dominio quel potere-servizio che ci era stato donato.
Quando in una istituzione c’è una persona che ha un enorme potere perché occupa una posizione più elevata e centrale rispetto agli altri, si crea il “sistema della corte”. Chi in questa istituzione ha anche un ruolo dirigenziale, non agisce in nome proprio, ma dell’“unico signore” e da lui solo dipende per avere, conservare, difendere privilegi, status sociale e funzioni. Il signore unico distribuisce benefici materiali e spirituali, onore o disonore, può togliere o aumentare qualsiasi potere delegato. In questo sistema la minima sfumatura di umore o di parere nel signore ha un’enorme importanza per gli uomini di corte, per la loro sopravvivenza. Nelle corti è inutile cercare libertà di pensare e di proporre. Si ha un servilismo più o meno interessato, più o meno onesto. L’obiettivo irrinunciabile è stare in sella col signore, dunque difenderlo anche nell’indifendibile. I cortigiani possono essere tra loro ostili, ma la corte è massa. Il sistema di corte, con questa sua compattezza, con questa autogiustificazione quotidiana, non solo tende a difendere sempre se stesso, ma diventa maestro di vita per tutta la nazione. Chi pensa ed agisce diversamente dal signore e dai cortigiani è nemico del popolo e della stessa civiltà con cui la corte si identifica. In questo sistema il signore è l’unico potente in senso stretto, dunque non può non avere che sottomessi, servi. Nessuno uguale a lui, ma tutti sotto di lui. Chi aspira a crescere troppo è un nemico.
È difficile pensare che la Chiesa-istituzione possa essere pensata immune dai difetti del sistema della corte. Solo che bisognerebbe vigilare molto perché quando la Chiesa-mistero diventa Chiesa-istituzione, il mistero è in pericolo, minacciato dalla stessa istituzione. Quest’ultima non si preoccupa principalmente da fine per cui è nata (la custodia e la trasmissione del mistero cristiano) ma di se stessa, della propria sopravvivenza, del proprio onore. «Ahi, Costantin di quanto mal fu matre», dice Dante. La Chiesa centrata principalmente sull’istituzione rischia di abiurare a Dio e di adorare i nuovi vitelli d’oro derivanti dal potere-dominio. Gli uomini del sistema della corte credono di dovere rivendicare per sé il potere dell’onnipotenza del giudizio, del “potere delle chiavi”. Essi assolvono e condannano tutti gli altri. «Sederanno a giudicare le 12 tribù di Israele», dicono spesso di se stessi.
Sarà questo un «pensare secondo gli uomini e non secondo Dio». Peccato in cui cadono gli amici di Gesù Pietro e Giuda. Gesù si ribella a questi amici che «non pensano secondo Dio», che non vivono nello Spirito della verità-servizio (cfr Gv 14,15-21), siano essi al suo seguito o tra i capi. Per questo anche lui ha un sogno: una Chiesa libera dall’ipocrisia (basta con chi dice ma non fa), dalla vanità (niente preghiere e digiuni sulle piazze), dall’onnipotenza (nessuna persona che sia padrona di altre persone fino ad imporre fardelli insopportabili, e nutrire atteggiamenti severi e umilianti che fanno sentire giusti e grandi chi li commina). Lo abbiamo anche noi questo sogno perché come esseri umani e come credenti vogliamo dilatare cuori e polmoni alla speranza, vogliamo poter respirare. Ma quando nella Chiesa, di fatto, si accumulano ipocrisia, senso di onnipotenza, vanità, allora in essa «manca il respiro» dello Spirito e del Vangelo, come osserva Giorgio Campanini (Saverio Xeres e Giorgio Campanini, Manca il respiro. Un prete e un laico riflettono sulla Chiesa italiana, Ancora, Milano, 2012).
Per me, per noi, credere nel “Regno vicino” è credere che i sogni di Gesù sono come la sua Parola: “Non passeranno”. Sempre avremo il tormento dell’inquietudine di sapere che questo è possibile, desiderato dal profondo di ogni cuore umano, eppure rifiutato ogni giorno, ma ogni giorno disegnato e - almeno dalla ecclesia sancta, casta - costruito.
* Gesuita, teologo dell’istituto Ignatianum di Messina, impegnato nell’associazione "Nuovi orizzonti" (Messina)
* Adista Segni Nuovi n. 36 del 13/10/2012
DEPONIAMO LE ARMI, APRIAMO UN DIBATTITO
di Federico La Sala*
Bisogna cominciare a vaccinarsi: il conto alla rovescia è partito. L’allineamento dei “pianeti” si fa sempre più stretto e minaccioso (Usa, Uk, Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Israele..) e il papa - accerchiato e costretto alla rassegnazione - lo ha detto con decisione e rassegnazione: “Dio sembra quasi disgustato dalle azioni dell’umanità”.
Io credo che non si riferisse solo e tanto all’umanità degli altri, ma anche e soprattutto delle sue stesse “truppe” che lavorano dietro le quinte e alacremente a tale progetto.
Come è già apparso chiaro in varie occasioni (ultima, plateale, nel Kazakistan nel 2001) la gerarchia della Chiesa Cattolico-Romana ha il cuore duro come quello dei consiglieri del faraone. Si è mantenuta a connivente distanza da Hitler, ha appoggiato Mussolini, sta appoggiando il governo Berlusconi, e non finirà per appoggiare Bush? Figuriamoci.
Lo sforzo di memoria e riconciliazione non è stato fatto per riprendere la strada della verità, ma per proseguire imperterrita sulla via della volontà di potenza... Non ha sentito e non vuole sentire ragioni - nemmeno quelle del cuore: la “risata” di Giuseppe (cfr. Luigi Pirandello, Un goj, 1918, “Novelle per un anno”) contro il suo modello-presepe di famiglia (e di società) continua e cresce sempre di più, ma fanno sempre e più orecchi da mercanti! Cosa vogliono che tutti e tutte puntino le armi non solo contro Betlemme (come già si è fatto) ma anche contro il Vaticano?
Credo con Zanotelli che "stiamo attraversando la più grave crisi che l’homo sapiens abbia mai vissuto: il genio della violenza è fuggito dalla bottiglia e non esiste più alcun potere che potrà rimettervelo dentro"; e credo - antropologicamente - che sia l’ora di smetterla con l’interpretazione greco-romana del messaggio evangelico!Bisogna invertire la rotta e lavorare a guarire le ferite, e proporre il modello-presepe correttamente.
Lo abbiamo sempre saputo, ma ora nessuno lo ignora più! Chi lo sa lo sa, chi non lo sa non lo sa, ma lo sanno tutti e tutte sulla terra, nessuno e nessuna è senza padre e senza madre! Dio “è amore” (1Gv.: 4,8) e Gesù (non Edipo, né tanto meno Romolo!) è figlio dell’amore di un uomo (Giuseppe, non Laio né tanto meno Marte, ma un nuovo Adamo) e una Donna (Maria) e non Giocasta né tanto meno Rea Silvia, ma una nuova Eva. Cerchiamo di sentire la “risata”. Deponiamo le armi: tutti e tutte siamo “terroni” - nativi del pianeta Terra, cittadini e cittadine d’Italia, d’Europa, degli Stati Uniti d’America, di Asia, di Africa ecc., come di Betlemme, come di Assisi e di Greccio... E non si può continuare con le menzogne e la violenza!
Non siamo più nella “fattoria degli animali”: fermiamo il gioco, facciamo tutti e tutte un passo indietro se vogliamo saltare innanzi e liberarci dalla volontà di potenza che ha segnato la storia dell’Occidente da duemila anni e più! Si tratta di avere il coraggio - quello di don Milani - di dire ai nostri e alle nostre giovani che sono tutti e tutte sovrani e sovrane o, che è lo stesso, figli e figlie dell’amore di D(ue)IO... dell’amore di "due Soli" esseri umani, come anche Dante aveva già intuito, sul piano politico ma anche sul piano antropologico.
Cerchiamo finalmente di guardarci in faccia e intorno: apriamo il dibattito - o, perché no, un Concilio Vaticano III (come voleva già il cardinale Martini) tra credenti e non credenti - e teniamo presente che Amore non è forte come la morte, ma è più forte di Morte (Cantico dei cantici: 8,6, trad. di G. Garbini, non degli interpreti greco-romani della Chiesa Cattolica).
* Pubblicata su l’Unità del 29 dicembre 2002, p. 30.
La chiesa che non ne può più
di Wanda Marra (il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2011)
“Un giorno chi guida la Chiesa in Italia riuscirà a denunciare i comportamenti inaccettabili con chiarezza e determinazione, perché avrà come unico interesse l’annuncio della Buona Notizia”. Comincia così l’appello di un gruppo di laici del Centro giovanile Antonianum di Padova, un’associazione fatta di persone legata alla Compagnia di Gesù. Una delle tante realtà di base della Chiesa in forte disagio rispetto ai vertici ecclesiastici che non hanno condannato in maniera forte e chiara il bunga-bunga.
“Anche noi abbiamo un sogno” intitolano la loro lettera i cattolici vicini all’Antonianum: ed evidentemente è un sogno condiviso da molti. In 10 giorni - dal 17 al 27 febbraio - l’appello (di cui dà all’inizio notizia il Mattino di Padova) riceve oltre mille firme. Poi viene rilanciato da un post di Paolo Flores d’Arcais sul Fatto quotidiano.it e su MicroMega (che denuncia con toni durissimi “la deriva anticristiana della Chiesa di Ratzinger, Bertone e Bagnasco”). In due giorni di firme ne arrivano altre quattromila. Sono sacerdoti, religiose ed esponenti di varie organizzazioni laiche di ispirazione cristiana, come i Cvx, vicine ai gesuiti, le Acli, l’Azione cattolica, la Caritas, gli scout dell’Agesci. E poi persone che si definiscono “cittadino”, “libero pensante”, “cristiano”, “insegnante cattolico”, “catechista”.
L’appello parla chiaro: un giorno chi guida la Chiesa “dirà che chi offende ed umilia le donne in modo così oltraggioso non può governare un paese. Dirà che coinvolgere minorenni in questo mercato sessuale è, se possibile, ancora più sconcertante”. Ancora: condannerà chi vuole comprare tutto col denaro. E farà un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. “Allora noi smetteremo di pensare che siano gli interessi economici o di potere a giustificare il sostegno a chi si comporta in modo così scandaloso”. Parole pesanti. Che rispecchiano lo stato d’animo di molti nella Chiesa di base. Da quando la questione Ruby è venuta fuori in tutta la sua evidenza il disagio è diffuso. Molti documenti li raccoglie Noi Chiesa, Movimento internazionale per la Riforma della Chiesa cattolica.
Come la lettera dei suoi membri al Cardinal Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella quale si legge: “Siamo sconvolti, perché vediamo la classe politica che governa questo Paese sprofondare sempre più nel degrado morale, nell’arroganza dell’impunità, nella ricerca del tornaconto personale”. E ci sono i contributi di Marcello Vigili, presidente della Comunità di San Paolo, che denuncia la degenerazione “antropologica” della realtà italiana, intrisa del modello berlusconiano. E gli ultimi numeri di Adista, l’agenzia di stampa sul mondo cattolico di base, sono pieni di testimonianze. Che condannano lo spergiuro, la corruzione, l’odio contro i diversi. “L’impressione sta diventando sempre più nitida: in Italia i cristiani investiti di qualche potere, ai potenti tutto perdonano mentre ai poveracci niente risparmiano”, scrive Don Francesco Pasetto, parroco della Chiesa dei ss Vito e Modesto a Lonanno, Pratovecchio (Ar).
E Don Mario Longo, della Parrocchia della Ss. Trinità di Milano: “Dobbiamo dire tutto il nostro sdegno e la nostra riprovazione per il signor Berlusconi che, vestendo panni di difensore della fede, della famiglia, della libertà, dell’amore e dei costumi, si dimostra solo un vecchio falso e laido (non laico, laido) che strumentalizza la sua finta e falsa immagine di cattolico”.
Che si tratti di argomenti scomodi per la Chiesa ufficiale lo dice anche il fatto che dall’Antonianum preferiscono non raccontare troppo di come stanno andando le cose. Dopo l’appello, il gruppo e le persone che vi gravitano intorno si sono incontrate e hanno avviato un percorso di riflessione. Che si interroghi sui temi dell’educazione, della corruzione, dell’onestà e della fatica di educare con i modelli in circolo che non aiutano. Si tratta di una realtà “politicamente trasversale” e non tutti hanno appoggiato l’attacco frontale al premier. Dal centro spiegano che l’appello era nato sulla rabbia e che ora si cerca una riflessione più meditata. L’appuntamento è per l’11 marzo.
L’abiura della profezia
di Felice Scalia (Adista - Segni nuovi, n. 9, 5 febbraio 2011)
Dopo tante “contestualizzazioni” sulle malefatte del Cavaliere in materia di coerenza con una sua proclamata fede cristiana, dalla alte gerarchie cattoliche giungono esecrazioni, richiami, e “forti pressioni”. Nulla da eccepire se non la eccessiva prudenza di ieri che tra i semplici poteva suonare connivenza, e la riduzione di oggi di quanto sta paralizzando la vita politica italiana ad una questione di morale personale poco degna di un “uomo pubblico”. Personalmente resto nella mia preoccupazione, e per una serie di motivi: la vita privata del Cavaliere è stata ed è modello di corruzione del tessuto morale della nazione intera; la sua sfrenatezza nulla è se non la conseguenza di una concezione di vita basata sul potere ed il denaro; l’etica sessuale è intimamente connessa con un’ideologia, il “pensiero unico”, dove tutto è in vendita, anche le persone ridotte a cose, e dove le leggi del mercato sono “la Legge”. Queste interconnessioni sono mine vaganti, questo “insieme” stride con la fede cristiana. E da tempo aspettavamo in tanti una presa di posizione profetica della Chiesa sul “sistema”. Non c’è stata e non c’è. Fino a far sembrare ovvia l’ipotesi di una blasfema nuova “santa alleanza” di alti uomini di Chiesa con questo tipo di potere, ben oltre l’umana simpatia, o la stessa comprensione benevolente per la vita difficile di un “peccatore” atipico.
Confesso che questa ipotesi non mi sembra campata in aria e certi fatti la suggeriscono. Ed una spiegazione plausibile è che quegli uomini di Chiesa, anche se non ne sono coscienti, sono membri della “Chiesa-istituzione” prima che della “Chiesa-mistero”, di quella Chiesa cioè che è presenza storica del Cristo per le nostre strade. Le istituzioni hanno una loro logica, una propria forza di attrazione, si sostengono a vicenda quale che sia il loro contenuto e la finalità per cui esistono. I “potenti” costituiscono una categoria antropologica a parte, sono tutti fratelli, quasi appartenessero ad una tentacolare massoneria planetaria. Il potere è maestà ed arbitrio, non è legge, anche se a sua giustificazione porta avanti il “bene comune”, la tenuta dell’ordine e perfino della legge di Dio.
Questa stupefacente caduta di stile cristiano, questa abiura alla profezia che ci farebbe leggere la storia alla luce della Parola (e mai viceversa) dovrebbe fare riflettere tutti. Ma forse il male denunziato da questo strano neo-collateralismo di certi cattolici col potere rivela un grave scadimento dello stesso cristianesimo. Pare che da «lieto annunzio» di salvezza «per ogni carne», da proclamazione che non esistono pietre tombali sulle nostre sciagure e sui nostri limiti, ma pietre pasquali che sprigionano vita e futuro di gloria, da queste altezze esso sia sceso a quattro “valori non negoziabili” assicurati dal Cavaliere fino a quando rimane in sella.
Qui non si sta dicendo che quei “valori” (difesa della vita umana al suo apparire ed al suo tramonto, tutela della famiglia, diritto all’educazione dei figli...) siano fasulli, ma che essi non esauriscono affatto il Vangelo.
Viene ovvia la conclusione che fino a quando il popolo di Dio tutto continua a non interrogarsi sul “sistema”, sul paradigma che regge il mondo, o addirittura lo “sposa” quasi fosse ovviamente naturale, contentandosi magari di ritenere proprio compito lenire i guai provocati da esso («Il capitalismo globalizzato è legge sacra di natura, ma noi aiuteremo gli affamati della Tunisia...»), fino a quel giorno ogni esecrazione di eccessi, ogni (inimmaginabile) scomunica sarebbe solo un toglierci un bruscolo dagli occhi lasciando che vi prosperi una bella trave.
* Gesuita, teologo dell’istituto Ignatianum (Messina)
Chi imponeva l’omertà
di GIANCARLO ZIZOLA *
Se mai il comportamento di un vescovo è stato irreprensibile di fronte ai doveri della coscienza verso la verità e verso la Chiesa sugli abusi sessuali del clero, questo è il caso dell’arcivescovo di Milwaukee monsignor Weakland, una delle figure più luminose del cattolicesimo degli Stati Uniti d’America.
Egli non avrebbe meritato uno solo dei rimproveri mossi di recente da Benedetto XVI ai vescovi irlandesi. Fin dagli anni Novanta aveva tentato di tutto per fare breccia nelle maglie procedurali del Vaticano in modo da fare entrare nel sistema un approccio più chiaro, realistico e insieme evangelico del trattamento della piaga della pedofilia del clero. Ciò che ha portato alla luce il New York Times della storia di questo pastore, morto con parole di perdono per coloro che lo avevano ingiustamente coinvolto in accuse infamanti, testimonia con chiarezza ciò da cui alcuni circoli cattolici tentano di difendersi. Cioè, che la questione soggiacente alle perversioni dei singoli riguarda alcuni dei funzionamenti strutturali della Chiesa. Alcune buone prove e buone fedi al servizio della missione del vangelo non la rendono immune da deficit di sistema sui quali ha finito per infrangersi la rivolta di vescovi consci della loro vocazione. È troppo evidente che l’omissione di una seria riforma della Chiesa ha fatto marcire i problemi al coperto di palliativi illusori.
"È una conversione strutturale che si impone" ha dichiarato al giornale cattolico francese La Croix la psicologa Isabelle De Gaulmyn, augurandosi che la Chiesa possa servirsi degli scandali per interrogarsi su alcune sue distorsioni istituzionali. Nella stessa logica della verità che Benedetto XVI pone a fondamento della morale, la Chiesa dovrebbe esprimere la propria gratitudine ai media che l’hanno aiutata a far cadere le maschere, invece di attaccarli come aggressori dell’autorità. Ma se è plausibile far risalire a un fallimento di sistema il circuito letale instauratosi fra il crimine di una minoranza del clero e la generale omertà del sistema ecclesiastico, ben prima del fantasma del liberalismo sessuale sessantottino, diverrebbe ben provata la ragione per cui neanche gli sforzi dei più lucidi fra i pastori siano riusciti a rompere questo blocco in cui la considerazione dell’autodifesa istituzionale, la cultura del segreto e della negazione, un concetto idolatrico dell’autorità hanno finito per sottomettere i valori della giustizia, della trasparenza e dei diritti umani degli innocenti.
Quanti guardano alla Chiesa con ammirazione pari alla sincerità, sanno che essa conserva, malgrado le deviazioni di alcuni uomini e dei suoi apparati, le risorse sufficienti per scrutare con lucidità le cause istituzionali della crisi. La "Lettera ai cattolici d’Irlanda" potrebbe essere un primo passo. È possibile presumere che lo stesso papa Ratzinger, al tempo in cui era capo della Congregazione per la Dottrina, avesse fatto l’esperienza del dramma tra la forza della verità e le pressioni istituzionali per il suo insabbiamento. Di fronte alla vastità del fenomeno egli ha finito per prorompere nel grido del Venerdì Santo del 2005 sulla "sporcizia nella Chiesa", che era già la promessa di un programma di moralizzazione presto legato alla sua candidatura alla successione era una denuncia forse a lungo repressa, il segnale di quanto fosse faticoso anche per lui liberare delle linee guida efficaci senza intaccare a fondo la logica del sistema. Non si può dire che non abbia mantenuto le promesse: la bonifica è in corso. D’altra parte, solo annettendo il giusto valore al peso lordo del sistema sarebbe possibile separare ciò che è di Benedetto XVI da ciò che era del cardinale Ratzinger alla testa dell’ex Sant’Uffizio.
L’operazione verità potrebbe essere fruttuosa solo a patto di aprire ogni sipario sui gangli del sistema che l’hanno lungamente inibita. Delle due l’una: o il cardinale Ratzinger aveva gestito il dossier sporco utilizzando da solo o coi suoi propri stretti collaboratori la delega papale, all’insaputa del suo superiore Giovanni Paolo II. Oppure, come è consuetudine specie per i casi più gravi, il prefetto della Congregazione per la Dottrina è andato a riferirne al Papa in una delle sue udienze settimanali di tabella. E ha ricevuto da lui carta bianca per agire nel senso in cui ha agito. Un’ipotesi forse più verosimile ma le cui conseguenze difficilmente lascerebbero indenne la responsabilità di Wojtyla, alla vigilia della sua beatificazione. Anche se proprio quel Papa fu inesorabile coi vescovi americani e il loro clero pedofilo e le coperture del sistema.
© la Repubblica, 26 marzo 2010
Il Papa il potere e il veleno dei cardinali
di Vito Mancuso (la Repubblica, 4 febbraio 2010)
Sarà vero che il documento calunnioso sul direttore di Avvenire è stato consegnato al direttore del Giornale niente di meno che da Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, dietro esplicito mandato del Segretario di Stato vaticano cardinale Bertone, numero due della gerarchia cattolica a livello mondiale? E che l’insigne porporato si è servito di Vian e di Feltri per colpire il direttore di Avvenire in quanto espressione di una Conferenza Episcopale Italiana a suo avviso troppo indipendente e troppo politicamente equidistante? E che quindi il vero bersaglio del cardinal Bertone era il collega e confratello cardinal Bagnasco? Sarà vera la notizia di questo complotto intraecclesiale degno di papa Borgia e di sua figlia Lucrezia?
Come cattolico spero di no, ma come conoscitore di un po’ di storia e di cronaca della Chiesa temo di sì. Del resto fu l’allora cardinal Ratzinger, poco prima di essere eletto papa, a parlare di "sporcizia" all’interno della Chiesa (25 marzo 2005). Qualcuno in questi cinque anni l’ha visto fare pulizia? Direi di no, e forse non a caso proprio ieri egli ha parlato di «tentazione della carriera, del potere, da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di governo nella Chiesa». Quindi è lecito pensare che la sporcizia denunciata dal Papa abbia potuto produrre l’abbondante dose di spazzatura morale di cui ora forse veniamo a conoscenza.
Naturalmente come siano andate davvero le cose è dovere morale dei diretti interessati chiarirlo. Con una precisa consapevolezza: che gli storici un giorno indagheranno e ricostruiranno la verità, la quale alla fine emerge sempre, chiara e splendente, perché non c’è nulla di più forte della verità. Le bugie hanno le gambe corte, dice il proverbio, e questo per fortuna vale anche per il foro ecclesiastico. Siamo in un mondo che è preda di una devastante crisi morale. Le anime dei giovani sono aggredite dalla nebbia del nichilismo. Parole come bene, verità, giustizia, amore, fedeltà, appaiono a un numero crescente di persone solo ingenue illusioni.
La missione morale e spirituale della Chiesa è più urgente che mai. E invece che cosa succede? Succede che la gerarchia della Chiesa pensa solo a se stessa come una qualunque altra lobby di potere, e come una qualunque altra lobby è dilaniata da lotte fratricide all’interno. Certo, nulla di nuovo alla luce dei duemila anni di storia e di certo nessun cattolico sta svenendo disilluso. Rimane però il problema principale, e cioè che oggi, molto più di ieri, il criterio decisivo per fare carriera all’interno della Chiesa non è la spiritualità e la nobiltà d’animo ma il servilismo, e che la dote principale richiesta al futuro dirigente ecclesiastico non è lo spirito di profezia e l’ardore della carità, ma l’obbedienza all’autorità sempre e comunque.
Eccoci dunque al tipo umano che emerge dalle cronache di questi giorni: il cosiddetto "uomo di Chiesa". È la presenza sempre più massiccia di persone così ai vertici della Chiesa che mi rende propenso a credere che le accuse alla coppia Bertone-Vian siano fondate. Impossibile però non vedere che nella storia ecclesiastica misfatti di questo genere contro gli elementari principi della morale ne sono avvenuti in quantità. Anzi, che cosa sarà mai un foglietto calunnioso passato al direttore di un giornale laico per far fuori il direttore del giornale cattolico, rispetto alle torture e ai morti dell’Inquisizione? È noto che il potere temporale dei papi si è basato per secoli su un documento falso quale la Donazione di Costantino, attribuito all’imperatore romano e invece redatto qualche secolo dopo dalla cancelleria papale.
Che cosa concludere allora? Che è tutto un imbroglio? No, il messaggio dell’amore universale per il quale Gesù ha dato la vita non è un imbroglio. L’imbroglio e gli imbroglioni sono coloro che lo sfruttano per la loro sete di potere, per la quale hanno costruito una teologia secondo cui credere in Gesù significa obbedire sempre e comunque alla Chiesa. Secondo l’impostazione cattolico-romana venutasi a creare soprattutto a partire dal concilio di Trento la mediazione della struttura ecclesiastica è il criterio decisivo del credere. Lo esemplificano al meglio queste parole di Ignazio di Loyola rivolte a chi «vuole essere un buon figlio della Chiesa»: «Per essere certi in tutto, dobbiamo sempre tenere questo criterio: quello che io vedo bianco lo credo nero, se lo stabilisce la Chiesa gerarchica». Ne viene che il baricentro spirituale dell’uomo di Chiesa non è nella propria coscienza, ma fuori di sé, nella gerarchia. I "principi non negoziabili" non sono dentro di lui ma nel volere dei superiori, e se gli si ordina di scrivere la falsa donazione di Costantino egli lo fa, e se gli si ordina di torturare gli eretici egli lo fa, e se gli si ordina di appiccare il fuoco alle fascine per il rogo egli lo fa, e se gli si ordina di passare un documento falso egli lo fa. Ecco l’uomo di Chiesa voluto e utilizzato da una certa gerarchia.
È questa la sporcizia a cui si riferiva il cardinal Ratzinger nel venerdì santo del 2005? È questo il carrierismo denunciato ieri da Benedetto XVI? Il messaggio di Gesù però è troppo importante per farselo rovinare da qualche personaggio assetato di potere della nomenklatura vaticana. Una fede matura sa distaccarsi dall’obbedienza incondizionata alla gerarchia e se vede bianco dirà sempre che è bianco, anche se è stato stabilito che è nero. Né si presterà mai a intrighi di sorta "per il bene della Chiesa". La vera Chiesa infatti è molto più grande del Vaticano e dei suoi dirigenti, è l’Ecclesia ab Abel, cioè esistente a partire da Abele in quanto comunità dei giusti. In questa Chiesa quello che conta è la purezza del cuore, mentre non serve a nulla portare sulla testa curiosi copricapo tondeggianti, viola, rossi o bianchi che siano.
Libro sulla restaurazione del Messale tridentino
di Paolo Farinella *
Care Amiche e Amici,
Vi chiedo scusa per l’invadenza e anche a quelli che ricevono in doppio o triplo.
Vi comunico che è in libreria il mio ultimo libretto (Paolo Farinella, Ritorno all’antica Messa. Nuovi problemi e interrogativi, Prefazione di P. Rinaldo Falsini, Il Segno dei Gabrielli Editori, pp. 80, euro 10,00), scritto di getto e pubblicato contro ogni criterio economico in piena estate.
Il libro si compone di 80 pagine, appassionato e a tratti veemente è un grido di opposizione al tentativo di restaurazione della Chiesa che questo papato persegue. Restaurando il vecchio messale del 1570 per venire incontro ad un gruppo di irriducibili nostalgici, il papa non esita a sconfessare il concilio, nonostante le sue intenzioni.
Per la prima volta un prete si dichiara "obiettore di coscienza" a fronte di un documento papale che cerca di riportare la chiesa indietro di cinque secoli.
Il libro ha valore anche per la straordinaria prefazione di P. Rinaldo Falsini, straordinario liturgista e vivente testimone della commissione conciliare della Liturgia di cui fu il verbalista ufficiale.
Paolo Farinella, prete
A tutti coloro che sono interessati a proseguire e sviluppare le riforme e le intuizioni del concilio Vaticano II e a contrastare l’involuzione della chiesa, rivolgo l’invito di scrivere una lettera personale al proprio vescovo di questo tenore:
Al vescovo ________________
Via/Piazza ________________
Cap. Città ________________
Sig. Vescovo,
Ripristinando il messale preconciliare, il Papa riporta la chiesa indietro di 5 secoli, sconfessando così il concilio Vaticano II. Desidero fare giungere al papa il mio atto di fedeltà al concilio che il papa stesso dovrebbe chiedere a quanti ne denigrano lo spirito e le riforme, usando la Messa preconciliare come arma di ricatto. Pertanto non condivido né posso accogliere il motu proprio del papa come vincolante la mia coscienza.
Chi vuole può aggiungere, se ha letto e condiviso:
Condivido gli argomenti contrari al documento pontificio descritti nel libro "Ritorno all’antica Messa. Nuovi problemi e interrogativi" di Paolo Farinella, Il Segno dei Gabrielli Editore, 2007 e ne partecipo l’obiezione di coscienza.
Cordiali saluti
Data
Firma
L’invito è rivolto anche ai non credenti perché il ritorno alll’indietro è una tragedia che tocca tutti: dietro questa restaurazione che una visione fondamentalista del cristianesimo che ha ripercussioni sulla politica, sullo Stato di diritto e sul rapporto chiesa-mondo. Questo documento è il primo passo nella direzione di una "santa alleanza" tra fondamentalismo cattolico/cristiano e islamico: dicono le proiezioni che fra 30 anni saranno le due religioni dominanti in Europa e alleate insieme sapranno imporre agli Stati politiche generali e sociali, creando uno Stato sottomesso, nelle forme formali della democrazia, al potere delle religioni. Altro che Stato etico!!!!!!. Questo, a mio parere è l’obiettivo finale di Benedetto XVI e il ritorno alla Messa del Concilio di Trento ne è solo il primo gradino o tassello.
Quei cattolici e non credenti che riducono la questione ad un fatto interno alla Chiesa o peggio ad una questione di Messa in latino o in italiano, non colgono la dimensione drammatica della strategia religiosa che dominerà ogni questione per i il prossimo.
Cordialmente
Paolo prete
* Il dialogo, Lunedì, 30 luglio 2007
«Non sono solo e neppure cammino libero da solo»
Jon Sobrino, il teologo ammonito da Roma, si trova a Bilbao.
PD/Efe Mercoledì , 13 giugno 2007 *
Il teologo gesuita di Bilbao Jon Sobrino, ha affermato oggi in Bilbao che non si considera affatto speciale, ma nella norma, e, perciò, " non mi sento affatto isolato, e nepure mi metto solo nel cammino, perchè lungo questi 30 anni ho sempre camminato assieme a moltissime persone e molte persone seguono gli stessi sentieri."
Sobrino, che si trova a Bilbao per visitare la sorella e fare una conferenza dal titolo:"Fuori dei poveri non c’è salvezza" , rispose in una conferenza stampa all’invito che ieri gli fece il vescovo di Bilbao, Riccardo Blàsquez, affinchè "Ripensasse quello che gli ha detto la Santa Sede, perchè "è molto meglio camminare umilmente nell’unità e comunione di fede, che andarsene come un sublime isolato".
Il teologo gesuita, ammonito in dicembre dell’anno scorso dal Vaticano per considerare certe sue opinioni sull’umanità e divinità di Gesù Cristo non sono conformi alla dottrina della Chiesa, rispose al prelato di Bilbao: " umilmente tutti dobbiamo camminare dall’ultimo sacrestano fino al Vescovo di Roma".
Sobrino, che fu amico e lavorò con il gesuita basco Inazio Ellacuría in El Salvador, dove fu assassinato da militari dell’esercito durante la guerra civile che il paese centro-americano visse nella decada degli anni 80, manifestó anche di comprendere quello che dice Blázquez, ed affermò di non avere nessun problema per parlare con il vescovo di Bilbao, del quale si considera amico, per spiegargli "un pò di più"’ le sue posizioni teologiche e "chiedergli : che cosa ne pensa lei ,monsignore".
"Quanto a dire che cammino isolato se si intende che io debba essere umile e non superbo per ascoltare ciò che gli altri dicono, devo dire che io ho ascoltato durante tantissimi anni ciò che altri teologi ed anche gerarchi della chiesa dicono di me ed ho risposto a loro". "Roma ed i vescovi hanno una responsabilità formale, ma c’è anche il mondo della teologia, delle università e, per me, il più importante è il mondo delle persone, perchè a me quello che più spiacerebbe sarebbe se la cuoca della mia casa non potesse fidarsi di me o di noi, perchè dietro a tutto ciò ci sono molte maniere di camminare con gli altri".
Sobrino manifestó anche che ’il problema non è la Teologia della Liberazione, perchè molto prima che esistisse la Teologia della Liberazione, Gesús di Nazaret divennne pazzo con le beatitudini e con Matteo 25’.
Dopo aver avvertito che "il destino delle cose non dipende dal destino delle parole" affermò che "molto prima che esistisse la parola Teologia della Liberazione, esisteva la parola dell’Esodo dove Dio disse: "Ho visto un popolo oppresso, ho ascoltato le grida che gli strappano gli aguzzini " e continua dicendo una parolina così : " e sono disceso per liberarlo".
Richiesto della sua opinione al riguardo dell’attuale situazione di minaccia dell’ ETA di ritornare agli attentati terroristici, Sobrino manifestò che ’anche se i contesti di violenza nelle Terre Basche e quelli che io ho vissuto in El Salvador siano distinti , in ogni caso ciò che si deve fare è cambiare trasformando tutto in umanitarismo ed utopie " nel chiedere perdono, ricevere il perdono e lasciarsi perdonare" .
* IL DIALOGO, Venerdì, 15 giugno 2007
Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione
di ADISTA *
Importante iniziativa di Adista che ha tradotto e messo a disposizione gratuitamente il libro "Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione" edito dalla Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo, in risposta alla notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino.
Care lettrici, cari lettori,
segnaliamo un’importante novità sul nostro sito. Si può leggere finalmente anche in italiano, scaricandolo gratuitamente dalla home page di www.adista.it, il libro digitale "Bajar de la cruz a los pobres: cristología de la liberación" ("Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione") della Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo.
La traduzione italiana, curata da Adista, dell’originale spagnolo (che, insieme alla traduzione in inglese, è disponibile agli indirizzi www.eatwot.org/TheologicalCommission e http://www.servicioskoinonia.org/LibrosDigitales) è presentata dal teologo Carlo Molari e presenta due contributi in più: di Aloysius Pieris e dello stesso Molari (è possibile leggere l’originale )
Il libro della Asett è la risposta di circa 40 teologi della liberazione alla Notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino (autore dell’epilogo del libro), ma non solo: è una difesa, appassionata e potente, della cristologia della liberazione, quella che Leonardo Boff, nel prologo, definisce "una teologia militante che lotta per ’far scendere dalla croce i poveri’".
È questa voce potente quella che è oggi offerta anche al pubblico italiano, attraverso un nuovo metodo che l’Asett ha voluto sperimentare: quello di un libro digitale, libero e gratuito, che, scrive José María Vigil, coordinatore della Commissione Teologica Internazionale della Asett/Eatwot, "può essere regalato e inviato da chiunque per posta elettronica e che potrà anche essere stampato su carta mediante il procedimento della "stampa digitale", un metodo che permette di stampare su carta quantità minime di esemplari (5, 10, 20...), a un prezzo praticamente uguale a quello di un libro normale".
Per scaricare il libro, clicca qui
* IL DIALOGO, Mercoledì, 06 giugno 2007
IL TEOLOGO JOSÉ CASTILLO LASCIA LA COMPAGNIA DI GESÙ.
PER "IGIENE MENTALE" *
33930. GRANADA-ADISTA. “Mi sento felice, sono in pace, e ho ora più speranze che mai. Continuerò a lavorare al mio compito, il compito del Vangelo. Per questo sono uscito dai gesuiti. Perché vedo che, così come sta oggi la Chiesa, se si è intrappolati, controllati, censurati in una istituzione dominata dalla Curia Vaticana, non si può godere della libertà indispensabile per far conoscere Gesù. In una simile ‘Chiesa’ non c’è salvezza”.
Così si è espresso il teologo spagnolo José María Castillo, 78 anni, dopo la pubblicazione della notizia del suo abbandono della Compagnia di Gesù, in una lettera ai membri del Comitato Oscar Romero del Cile (pubblicata sul sito della rivista cilena “Reflexión y Liberación”), in risposta a un loro messaggio “di solidarietà, di umanità, di fusione in uno stesso progetto e in una stessa vita”. Era stato il portale Periodista digital, in un articolo apparso il 19 maggio, a rendere nota la decisione del teologo - già raggiunto in passato dai provvedimenti del Vaticano (che, nel 1988, gli revocò l’idoneità all’insegnamento) - di lasciare la Compagnia di Gesù (ma non il sacerdozio), “stanco delle pressioni e degli attacchi del settore più conservatore della gerarchia”. “Castillo - affermava nell’articolo il suo amico e teologo Luis Alemán - vuole recuperare la sua libertà per poter respirare, perché stava soffocando. Non tanto nella Compagnia quanto nel clima attuale della Chiesa spagnola, in cui si sente perseguitato dai vescovi e dai gruppi più conservatori”.
Secondo Alemán, “tre gocce hanno fatto traboccare il vaso”: “la recente ammonizione vaticana a Jon Sobrino, la proibizione della gerarchia alla pubblicazione del libro Espiritualidad para insatisfechos da parte della casa editrice Sal Terrae dei gesuiti, e i continui attacchi che riceveva dal programma di informazione religiosa della emittente radiofonica Cope La linterna de la Iglesia”. “Non se ne va - concludeva - irritato contro la Compagnia. Se ne va per igiene mentale. È un nuovo caso Boff. Come lui, Castillo ha subito talmente tante pressioni da decidere di rompere con tutto per salvaguardare la sua libertà”.
All’interno della Compagnia di Gesù, la voce di Castillo è stata sempre una delle più coraggiose e profetiche. Fino a mettere in discussione la credibilità stessa della Compagnia, la sua fedeltà alla missione di difendere la giustizia nel mondo. Come si può vivere - si interrogava nel 2006 sulle pagine di Promotio Iustitiae (la pubblicazione del Segretariato per la Giustizia Sociale della Curia Generalizia dei gesuiti; v. Adista n. 80/06) - ben integrati nel sistema economico dominante e pretendere di essere credibili nell’impegno di “denunciare, mettere in discussione e modificare questo sistema”? “Se i poteri di questo mondo - sottolineava - ci apprezzano e ci valorizzano, ciò vuol dire che tali poteri non si sentono scomodati, né tanto meno messi in discussione da noi”. (claudia fanti)
La parola ci interpella
Il Vangelo delle chiavi
di Mario Mariotti *
Il discorso delle chiavi del Regno è il fulcro del cristianesimo tradotto in religione, e di conseguenza in potere. Il Signore avrebbe delegato a Pietro il potere di legare o di slegare, di perdono o di non-perdono dei peccati e l’avrebbe costituito Suo vicario in terra, in questo mondo. Da qui anche il potere del Papa, che non può sbagliare perché vicario di Dio in terra. Siccome i cattolici hanno fatto proprie queste convinzioni, che la salvezza della propria anima e resurrezione del proprio corpo passino per la mediazione del Papa e della gerarchia, ecco il grande potere, la grande autorevolezza di S. R. Chiesa, che ha condizionato in senso negativo e condiziona tutt’ora in senso negativo enormi moltitudini di persone, che si autotranssustanziano in pecore credenti e fedeli. Queste, a loro volta, condizionano l’evoluzione della storia umana in senso evolutivo, regressivo, reazionario ed alienante. Non ho bisogno di ribadire il mio pensiero sulla Chiesa e sulla gerarchia che la guida (probabilmente tutte le religioni hanno questi difetti). Essa si è sempre appropriata del soggettivo positivo della base, e l’ha strumentalizzato a vantaggio dei ricchi, dei potenti e di se stessa, diventando ricca e potente.
La simbiosi Tempio-Impero iniziò con Costantino, e prospera tutt’ora. Se oggi non siamo ancora ai tempi di Innocenzo III, non è per merito della evoluzione democratica della gerarchia, ma perché pian piano lo Spirito è riuscito a liberarsi dalle sue ragnatele, si è fatto spazio con l’Illuminismo, la Rivoluzione francese, il marxismo, il socialismo, ed è riuscito ad esplicitare il valore evangelico della laicità, se connotata di solidarietà e condivisione. Questa rivoluzione però, è sempre a rischio: S. R. Chiesa, dopo aver contribuito a sfottere l’utopia della fratellanza, del socialismo, oggi cerca di approfittare della scarsa lucidità dei laici per rimettere in discussione lo stesso Illuminismo. Dato che essa vorrebbe imporsi, dopo la crisi delle ideologie, quale autorità, guida teologica e morale di tutto e di tutti, prima che arrivi anche a mangiarsi anche le scuse le scuse fatte a Galileo, e che torni a condannarlo sempre postumo, sarà opportuno, da parte di coloro che non sono ancora rincoglioniti del tutto, cercare di darsi una mossa.
Ecco il mio piccolo contributo:
È vero che, nel Vangelo c’è il discorso del Signore a Pietro che gli riconosce di essere ispirato da Dio e quindi gli affida le chiavi del Regno dei cieli, ma questo significa che l’affidamento di questo potere dipende dal fatto e dalla condizione di essere ispirati dal Padre, e quindi nella logica dell’Amore, dal Servizio, dalla Condivisione, e non del potere. Se uno, infatti, si prende il disturbo di proseguire la lettura del Vangelo, scoprirà che appena Pietro non fa propria la logica di Dio e ragiona in quella sua propria, (rifiuta la sofferenza per la Verità), il Signore prende le distanze da lui e lo definisce Satana, cioè Divisore. Già questa parola sarebbe più che sufficiente per far capire che il potere delle chiavi è tale se e solo quando non è potere, ma incarnazione dello Spirito, incarnazione della volontà di Dio, che è progetto di amore, servizio, lavoro onesto e professionale per tutti gli altri e condivisione.
Inoltre appare fuori da ogni logica, sia umana che divina, questo messaggio che caratterizzerebbe un Dio che delega i propri poteri all’uomo, il quale si troverebbe nella condizione di essere Dio stesso, ma coi limiti dell’uomo; la qual cosa è semplicemente assurda, dato che l’uomo, pur non potendo conoscere completamente Dio, si troverebbe a gestire il potere, di un Dio che ci è stato rivelato con Amore, e non come potere. Ma quest’ultima considerazione potrebbe venir interpretata come una lettura dell’evento viziata di laicità, e allora a me sembra il caso che il chiarimento definitivo del problema, e quindi il depotenziamento sostanziale dell’enunciato dell’affidamento delle chiavi a Pietro, si possa trovare sempre nella Parola e precisamente in quella che definisce il giudizio finale al quale Dio sottoporrà gli uomini.
La discriminante, il criterio, il fondamentale è la qualità del nostro rapporto col prossimo, con gli altri viventi e con più precisione il nostro rapporto con l’affamato e l’assetato, cioè coi bisogni dei viventi. Dio non ci chiederà se credevamo in Lui, se credevamo nel Papa e nella sua infallibilità, se ubbidivamo ai comandamenti e ai precetti della Chiesa. Saremo giudicati sul tipo di risposta che abbiamo dato alle necessità dell’affamato e dell’assetato, e inoltre anche sulla qualità, sulla trasparenza e sulla gratuità del nostro rapporto positivo col nostro prossimo. Questa Lettura allude ad una gratuità che viene vissuta da soggetti che sono laici o anche atei, i quali esulano da un rapporto di dare-avere con Dio specifico della concezione religiosa di Dio stesso, e saziano e dissetano il loro prossimo semplicemente perchè fanno a lui ciò che vorrebbero ricevere da lui, se essi stessi avessero fame e sete.
Qui il potere delle chiavi va a farsi benedire, come l’assurdità dell’uomo vicario di Dio stesso, la sua infallibilità e tutto l’armamentario liturgico e orante col quale la Chiesa riesce ad alienare i fedeli-credenti, deviandoli dalle proprie responsabilità fondamentali di mani di Dio. Se ci pensiamo bene, anche la necessità della gratuità nel nostro rapporto positivo con gli altri viventi è fondamentale, é strutturale. Essendo noi il "corpus Domini", cioè i terminali di uno Spirito che ci è stato caratterizzato come Amore gratuito e incondizionato (quello del padre per il figliuol prodigo), nel momento che diciamo “si” e amiamo e condividiamo, stiamo materializzando quello Spirito che è Amore gratuito ed incondizionato. Queste qualità sono degli indicatori preziosi della nostra condizione di tralci: stimo agendo come se Dio non ci fosse, possiamo anche pensare di essere atei, ma in quel momento lo Spirito opera attraverso di noi e lavora a costruire il Regno servendosi delle nostre mani.
Voglio fermarmi qui, facendo rilevare come la caratterizzazione del giudizio finale secondo il Vangelo si colloca a distanza siderale da un discorso di potere. Storicamente, purtroppo, gli uomini, invece di fare di sé stessi strumenti di Verità e mani amorose che condividono, si sono determinati come iene della Verità e mani rapaci, per tradurla, la Verità, in potere, in ricchezza, in superbia, in zelante servizio al principe di questo mondo, a sua maestà Mammona.
Dentro a questo peccato S. R. Chiesa ha preso residenza stabile dal tempo di Costantino, prostituendo l’Amore in potere, persiste nella propria simbiosi con l’Impero, bruciando tesori di soggettivo positivo, espressi da tutti coloro che sono in buona fede, a favore dello strutturale maligno, il capitalismo privato, il mercato, la competizione, il beati gli indefinitamente ricchi della cultura occidentale USA-dipendente.
Considerando la cosa da questo punto di vista e guardando ai misfatti del “cristianesimo reale”, appare chiaro che le chiavi hanno sbagliato serratura. Noi le abbiamo adattate alle porte della Geenna, dove sarà pianto e stridore di denti, e dove pavimento e pareti saranno rivestite non dalle pelli delle pecore, ma da quelle dei pastori. Per le pecore però sarà una magrissima consolazione....
Mario Mariotti
* IL DIALOGO, Sabato, 02 giugno 2007
Preti pedofili
Chi ha deciso in Vaticano di sottrarre i preti pedofili alla magistratura
di Pino Nicotri
Sorpresa: ecco chi, come e quando ha deciso in Vaticano di sottrarre i preti pedofili alla magistratura. Non lo indovinereste mai... *
Prima si sono rivolti con fiducia alla Chiesa, anziché ad avvocati e tribunali, inviando fin dal gennaio 2004 alla curia di Firenze esposti e memoriali sulle violenze sessuali ai danni di minori consumate per anni dal parroco Lelio Cantini, titolare della parrocchia Regina della Pace. Con la complicità di una donna, la solita “veggente” di turno le cui visioni di Gesù servivano alla selezione degli “eletti”, Cantini ha imperversato per anni e anni imponendo violenze, psicologiche e fisiche, fra cui quella sistematicamente rivolta a ragazzine di dieci, quindici, diciassette anni, di avere rapporti sessuali con lui, come forma, diceva, di “adesione totale a Dio”, facendo credere a ognuno e a ognuna di essere il prescelto e intimando il segreto assoluto pena il “castigo divino”. A furia di insistere, le vittime di Cantini hanno ottenuto qualche incontro con l’allora arcivescovo Silvano Piovanelli, con l’arcivescovo Ennio Antonelli e con l’ausiliare Claudio Maniago. Ma tutto quello che sono riusciti a ottenere è stato il trasferimento del parroco mascalzone in un’altra parrocchia della stessa diocesi nel settembre 2005, cioè ben 20 mesi dopo gli esposti, motivato ufficialmente “per motivi di salute”, vale a dire senza che venisse né denunciato alla magistratura né svergognato in altro modo né privato dell’abito talare con la sospensione “a divinis”.
Deluse, le vittime e i loro familiari si sono allora rivolti al papa, con una lettera del 20 marzo 2006 recante in allegato i dettagliati memoriali di dieci tra le almeno venti vittime di abusi. “Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio”, hanno spiegato al papa il 13 ottobre 2006 con una nuova, nella quale parlano di “iniquo progetto di dominio sulle anime e sulle esistenze quotidiane” e lamentano come a “quasi due anni” dall’inizio delle denunce dalla Chiesa fiorentina non fosse ancora arrivata né “una decisa presa di distanza” dai personaggi coinvolti nella vicenda né “una scusa ufficiale” e neppure “un atto riparatore autorevole e credibile”.
Alla loro missiva ha risposto il cardinale Camillo Ruini, ma in un modo francamente incredibile, di inaudita ipocrisia e mancanza di senso della responsabilità. Il famoso cardinale, tanto impegnato nella lotta incessante contro la laicità dello Stato italiano, a fronte alle porcherie del suo sottoposto si rivela quanto mai imbelle, omertoso e di fatto complice: tutta la sua azione si riduce a una lettera agli stuprati per ricordare loro che il parroco criminale il 31 marzo ha lasciato anche la diocesi e per augurare che il trasferimento “infonda serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti”. Insomma, fuor dalle chiacchiere e dall’ipocrisia, Ruini si limita a raccomandare che tutti si accontentino della rimozione di Cantini e se ne stiano pertanto d’ora in poi zitti e buoni, paghi del fatto che il prete pedofilo e stupratore sia stato spedito a soddisfare le sue brame carnali altrove. Come a dire che i parenti delle vittime della strage di piazza Fontana o del treno Italicus si sentano rispondere dal Capo dello Stato non con il dovuto processo ai colpevoli, bensì con una letterina buffetto sulle guance che annuncia, magno cum gaudio, che i colpevoli anziché andare in galera sono stati trasferiti in altri uffici e che pertanto augura, cioè di fatto ordina, “serenità” tra i superstiti e i parenti delle vittime. Un simile comportamento oggi non ce l’hanno neppure gli Stati Uniti: è vero che non permettono a nessuno Stato estero di giudicare i propri soldati quali che siano i crimini da loro commessi, da Mai Lay al Cermis, da Abu Graib a Guantanamo e Okinawa, ma è anche vero che gli Usa anziché stendere il velo omertoso del segreto li processa pubblicamente in patria e non sempre in modo compiacente.
Come sempre la Chiesa si comporta in tutto il mondo come uno Stato nello Stato, con la pretesa non solo di intervenire - come è particolarmente evidente in Italia - contro l’autonomia della politica, ma per giunta di sottrarre il proprio personale alla magistratura competente. Il dramma però è che Ruini ai fedeli fiorentini che hanno subìto quello che hanno subìto non poteva rispondere altrimenti, perché - per quanto possa parere incredibile - a voler imporre il silenzio, anzi il “segreto pontificio” sui reati gravi commessi dai religiosi, compresi gli stupri di minori, è stato proprio l’attuale papa, Ratzinger. Con una ben precisa circolare inviata ai vescovi di tutto il mondo il 18 maggio 2001 e che più avanti riproduciamo per intero, l’allora capo della Congregazione per la dottrina della fede, come si chiama oggi ciò che una volta era la “Santa” (!) Inquisizione e poi il Sant’Ufficio, non solo imponeva il segreto su questi orribili argomenti, ma avvertiva anche che a volere una tale sciagurata direttiva era il papa di allora in persona. Vale a dire, quel Wojtyla che più si ha la coda di paglia e più si vuole sia fatto “santo subito”, in modo da sottrarlo il più possibile alle critiche per i suoi non pochi errori.
Da notare che per quell’ordine scritto diramato a tutti i vescovi assieme all’allora suo vice, cardinale Tarcisio Bertone (oggi ancor più potente perché scelto dal papa tedesco come nuovo Segretario di Stato, cioè ministro degli Esteri del Vaticano), Ratzinger nel 2005 è stato incriminato negli Stati Uniti per cospirazione contro la giustizia in un processo contro preti pedofili in quel di Houston, nel Texas. Per l’esattezza, presso la Corte distrettuale di Harris County figurano imputati il responsabile della diocesi di Galveston Houston, arcivescovo Joseph Fiorenza, i sacerdoti pedofili Juan Carlos Patino Arango e William Pickand, infine anche l’attuale pontefice. Questi è accusato di avere coscientemente coperto, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, i sacerdoti colpevoli di abusi sessuali su minori. Da notare che l’omertà e la complicità di fatto garantita dalla circolare Ratzinger-Bertone ha danneggiato non solo la giustizia di quel processo, ma anche dei molti altri che hanno scosso il mondo intero scoperchiando la pentola verminosa dei religiosi pedofili negli Stati Uniti (dove la Chiesa ha dovuto pagare centinaia di milioni di dollari in una marea di risarcimenti) e in altre parti del mondo. Un porporato che si è visto denunciare dalle vittime un folto gruppo di preti, anziché punire i colpevoli li ha protetti facendoli addirittura espatriare nelle Filippine, in modo da sottrarli per sempre alla giustizia.
Sono emersi casi imbarazzanti anche in Austria e Polonia, con l’aggravante che si trattava delle massime cariche ecclesiastiche, tra le quali l’arcivescovo di Cracovia pedofilo Julius Paetz, la cui pedofilia era nota fin da quando lavorava in Vaticano nell’anticamera del papa suo connazionale, Wojtyla, e proprio negli anni in cui è “misteriosamente” scomparsa la ragazzina cittadina vaticana Emanuela Orlandi. Ma a scorrere le cronache dei giornali locali si scopre che anche in Italia le condanne di religiosi per pedofilia abbondano, solo che - pur essendo gli stupratori scoperti solo la punta dell’iceberg - vengono tenute accuratamente nascoste. E perché vengano nascoste lo si capisce finalmente bene, e in modo dimostrato, leggendo il testo della circolare emanata dall’ex Sant’Ufficio.
A muovere l’accusa contro l’attuale pontefice, documenti vaticani alla mano, è l’agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore di tre vittime della pedofilia dei religiosi di Galveston Houston. E Ratzinger sarebbe stato trascinato in tribunale, forse in manette data la gravità del reato, se non fosse nel frattempo diventato papa. Nel settembre 2005 infatti il ministero della Giustizia, su indicazione di Bush e Condolezza Rice, ha bloccato il processo contro Ratzinger accogliendo la richiesta dell’allora segretario di Stato del Vaticano, Angelo Sodano, di riconoscere anche al papa, in quanto capo dello Stato pontificio, il diritto all’immunità riconosciuto non solo dagli Stati Uniti per tutti i capi di Stato. A questo punto è doveroso e niente affatto scandalistico porsi una domanda, decisamente scomoda: quanto ha pesato nella scelta di eleggere papa proprio Ratzinger la necessità di sottrarlo alla giustizia americana e di difenderlo per avere in definitiva eseguito la volontà del pontefice precedente? C’è anche un altro particolare: di solito non si riesce a portare in tribunale anche i superiori dei preti stupratori perché in un modo o nell’altro evitano di ricevere l’atto di accusa, specie se risiedono sia pure solo ufficialmente in Vaticano. Ratzinger invece l’atto di citazione ha accettato di riceverlo: si può escludere lo abbia fatto per obbligare i suoi colleghi cardinali ad eleggerlo papa quando Wojtyla - sempre più malato - fosse venuto a mancare?
Come che sia, Shea però non demorde. Due anni fa è venuto a Roma per protestare in piazza S. Pietro assieme ai radicali in occasione della Giornata mondiale contro la pedofilia. E oggi si dice pronto a ricorrere fino alla Suprema Corte di Giustizia degli Stati Uniti per evitare che i firmatari della circolare vaticana che protegge i sacerdoti pedofili la facciano del tutto franca. Intanto dobbiamo constatare con sbigottimento che i tre nomi più impegnati nella lotta contro la laicità dello Stato italiano e del suo parlamento, vale a dire Ratzinger, Ruini e Bertone, sono stati colti con le mani nel sacco della sottrazione alla magistratura dei preti pedofili e strupratori di minori.
Ecco il testo integrale tradotto dal latino dell’ordine impartito per iscritto da Ratzinger e Bertone:
«LETTERA inviata dalla Congregazione per la dottrina della fede ai vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e prelati interessati, circa I DELITTI PIU’ GRAVI riservati alla medesima Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001
Per l’applicazione della legge ecclesiastica, che all’art. 52 della Costituzione apostolica sulla curia romana dice: “[La Congregazione per la dottrina della fede] giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano a essa segnalati e, all’occorrenza, procede a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio”, era necessario prima di tutto definire il modo di procedere circa i delitti contro la fede: questo è stato fatto con le norme che vanno sotto il titolo di Regolamento per l’esame delle dottrine, ratificate e confermate dal sommo pontefice Giovanni Paolo II, con gli articoli 28-29 approvati insieme in forma specifica.
Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali, per determinare “i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti”, per perfezionare anche le norme processuali speciali nel procedere “a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche”, poiché l’istruzione Crimen sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant’Offizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici.
Dopo un attento esame dei pareri e svolte le opportune consultazioni, il lavoro della Commissione è finalmente giunto al termine; i padri della Congregazione per la dottrina della fede l’hanno esaminato più a fondo, sottoponendo al sommo pontefice le conclusioni circa la determinazione dei delitti più gravi e circa il modo di procedere nel dichiarare o nell’infliggere le sanzioni, ferma restando in ciò la competenza esclusiva della medesima Congregazione come Tribunale apostolico. Tutte queste cose sono state dal sommo pontefice approvate, confermate e promulgate con la lettera apostolica data in forma di motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela.
I delitti più gravi sia nella celebrazione dei sacramenti sia contro la morale, riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, sono:
I delitti contro la santità dell’augustissimo sacramento e sacrificio dell’eucaristia, cioè:
1° l’asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate:
2° l’attentata azione liturgica del sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima;
3° la concelebrazione vietata del sacrificio eucaristico assieme a ministri di comunità ecclesiali, che non hanno la successione apostolica ne riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;
4° la consacrazione a scopo sacrilego di una materia senza l’altra nella celebrazione eucaristica, o anche di entrambe fuori della celebrazione eucaristica;
Delitti contro la santità del sacramento della penitenza, cioè:
1° l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo;
2° la sollecitazione, nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso;
3° la violazione diretta del sigillo sacramentale;
Il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età.
Al Tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che sono sopra elencati con la propria definizione.
Ogni volta che l’ordinario o il prelato avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolte un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all’ordinario o al prelato, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione.
Si deve notare che l’azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni. La prescrizione decorre a norma del diritto universale e comune: ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età.
Nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i prelati possono ricoprire validamente per tali cause l’ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei sacerdoti. Quando l’istanza nel tribunale in qualunque modo è conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la dottrina della fede.
Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente dell’uno e dell’altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da applicare in tutto.
Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.
Con la presente lettera, inviata per mandato del sommo pontefice a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, ai superiori generali degli istituti religiosi clericali di diritto pontificio e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio e agli altri ordinari e prelati interessati, si auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli ordinari e dei prelati prelci sia una sollecita cura pastorale.
Roma, dalla sede della Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001.
Joseph card. Ratzinger, prefetto.
Tarcisio Bertone, SDB, arc. em. di Vercelli, segretario»
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Come avrete notato, lo scippo della pedofilia alla magistratura civile e penale di tutti gli Stati dove viene consumata è nascosto tra molte parole che parlano di tutt’altro. E il ruolo “giudiziario”, cioè di fatto omertoso, della Congregazione ex Sant’Ufficio è comunque confermato in pieno dalla vicenda fiorentina. A difendere i fedeli violati sono scesi in campo anche i locali preti ordinari e a causa delle loro insistenze il cardinale Antonelli il 17 gennaio ha scritto alle vittime di Cantini che al termine di un “processo penale amministrativo” tutto interno alla curia e sentita per l’appunto la Congregazione per la dottrina della fede, l’ex parroco “non potrà né confessare, né celebrare la messa in pubblico, né assumere incarichi ecclesiastici, e per un anno dovrà fare un’offerta caritativa e recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna”. Tutto qui! Di denuncia alla magistratura, neppure l’ombra, e del resto il “segreto pontificio” non lascia scampo. Per uno che per anni e anni se l’è fatta da padrone anche con il sesso di ragazzine di soli 10 anni - e di 17 le più “vecchie” - senza neppure scomodarsi con un viaggio nella Thailandia paradiso dei pedofili, si tratta di una pena piuttosto leggerina.... Da far felice qualunque pedofilo incallito! Quanto alle vittime, Antonelli ha anticipato l’ineffabile Ruini: visto che “il male una volta compiuto non può essere annullato”, il cardinale invita le pecorelle struprate a “rielaborare in una prospettiva di fede la triste vicenda in cui siete stati coinvolti”, e a invocare da Dio “la guarigione della memoria”.
Ma a guarire, anche dai troppi condizionamenti opportunistici della memoria, deve essere semmai il Vaticano. E infatti i fedeli fiorentini, che hanno letto la missiva del cardinale con “stupore e dolore”, hanno deciso di non fermarsi. Finora non hanno fatto nemmeno causa civile, ma d’ora in poi, dicono, “nulla è più escluso”. I preti schierati dalla loro parte chiedono al papa - nella lettera inviata tramite la Segreteria di Stato oggi retta proprio da Bertone! - “un processo penale giudiziario”, che convochi testimoni e protagonisti, e applichi “tutte le sanzioni previste dall’ordinamento ecclesiastico”. Chiedono inoltre che Cantini, colpevole di avere rovinato non poche vite, sia “privato dello stato clericale” anche “a tutela delle persone che continuano a seguirlo”.
Però, come avrete notato, neppure i buoni preti fiorentini si sognano di fare intervenire la magistratura dello Stato italiano. I panni sporchi si lavano in famiglia... Che è il modo migliore di continuare a non lavarli. Come per la scomparsa di Emanuela Orlandi. 08.04.2007.
Pino Nicotri
Nella foto, Pino Nicotri giornalista investigativo del settimanale “L’Espresso” e autore di importanti libri inchiesta tra i quali “Mistero Vaticano - La scomparsa di Emanuela Orlandi” Kaos Edizioni.
Fonte e commenti:
* IL DIALOGO, Martedì, 10 aprile 2007
Fassino: «Una manifestazione giusta»
Tanta gente e ministri in piazza per i Dico
Il corteo a favore del disegno di legge sulle coppie di fatto. Ma interviene il premier Prodi: «Perplesso» per i membri del governo
Piazza Farnese invasa dai manifestanti (Ansa) *
ROMA - La manifestazione per le coppie di fatto a piazza Farnese, organizzata da Arcigay, Cgil e numerose sigle dei movimenti omosessuali, ha raccolto decine di migliaia di persone e vari ministri ed esponenti del governo Prodi. Alle 18, dopo vari interventi dal palco, è scattato il «momento trillo»: i manifestanti hanno fatto squillare sveglie e telefonini come segnale nei confronti del governo. Poi altri ospiti, tra cui Dario Fo e Franca Rame, e il concerto finale. Stracolma la piazza, in un tripudio di bandiere colorate dell’Arcigay, quelle viola dell’Arcilesbica e quelle di Ds, Ulivo, Prc e Rosa nel Pugno. Secondo Alessandro Zan, coordinatore nazionale della manifestazione, dal titolo «Diritti ora!», sono accorse circa centomila persone, molte delle quali nella vicina piazza Campo dè Fiori, dove sono stati montati degli altoparlanti. Più verosimile la cifra indicata dalla questura di circa ventimila presenze, abbastanza per parlare comunque di un successo. Dal palco è poi scoppiato un applauso quando un organizzatore annuncia: siamo in 50mila.
I MINISTRI IN PIAZZA - In piazza anche i ministri Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Ferrero e Barbara Pollastrini, oltre a numerosi parlamentari, assessori ed esponenti politici. Sul palco, dove troneggiava la grande scritta «Sveglia, è l’ora dei diritti», sono saliti anche Alessandro Cecchi Paone, Pierluigi Diaco e Delia Vaccarello. Poi altri ospiti, tra cui Dario Fo e Franca Rame, e il concerto finale.
PRODI «PERPLESSO» -Ma in pieno corteo, nel pomeriggio di sabato, scende in campo, da Bologna, anche il premier: «Non ho mai nascosto la mia perplessitá riguardo alla partecipazione dei ministri a queste manifestazioni, che possono poi ricoprire significati diversi da quello da cui partono». «Speriamo però - osserva con i cronisti che gli chiedono in commento sotto casa - che tutto vada tranquillo».
CONTESTAZIONI - Molto applauditi gli interventi dal palco, ma fischi e proteste hanno punteggiato almeno due momenti: quando lo stesso Zan ha citato il ministro Clemente Mastella ( ■ Guarda il video) e quando l’esponente di Forza Italia Benedetto Della Vedova ha dichiarato dal palco che «si può stare benissimo al fianco di Silvio Berlusconi e al fianco dei gay che rivendicano i propri diritti».
STRISCIONI E SIMBOLI - Come sempre, la fantasia dei manifestanti si è sbizzarrita, con striscioni come «Meno Binetti, più diritti», «Più autodeterminazione, laicità, antifascismo, meno Vaticano», «Siamo uscite dal silenzio», firmato Arcilesbica. Immancabili anche i travestimenti «ecclesiali»: alcuni manifestanti indossano il copricapo vescovile con su scritti slogan come «Meglio gay che Opus Dei». Tra la folla perfino un finto arcivescovo con tanto di incenso, che chiede dieci centesimi per ogni foto. «Questa manifestazione - ha detto Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay - nasce da una proposta del movimento omosessuale rivolta a tutte le nuove famiglie, ma oggi ha un significato ancora più importante, è la punta più avanzata della richiesta di far compiere all’Italia un balzo in avanti verso una democrazia più compiuta».
FASSINO: «MANIFESTAZIONE GIUSTA» - La manifestazione di Roma sui Dico è «giusta». Non essendoci andato perché impegnato in iniziative per il Partito Democratico in Emilia-Romagna, il segretario dei Ds Piero Fassino ha comunque sottolineato la validità delle motivazioni della manifestazione.
* Corriere della Sera, 10 marzo 2007
Si chiama "terza via" il modello cattolico, l’alternativa politica e sociale ai due modelli entro i quali gli uomini si trovano attualmente imprigionati: la via liberale capitalista e la via socialista.
Per adattarsi al mondo di oggi, gli uomini di Chiesa hanno rinunciato al modello di società cattolica insegnato dal Magistero romano. Anche senza essere l’oggetto di un insegnamento diretto, questa società era cresciuta sotto lo sguardo vigilante del Magistero e mille anni di storia ne avevano consacrato la forma.
Nella realizzazione storica della teoria umanista e della teologia del temporale fatta da Maritain, non si vede forse come l’inferno realizzi la propria volontà di sottrarre la società temporale alla dipendenza della Divinità di Cristo ?
Ricordiamo a proposito l’enciclica di Papa Pio XI "QUAS PRIMAS":
"...È necessario rivendicare a Cristo-Uomo nel vero senso della parola il nome e i poteri di Re....; e per conseguenza Egli su tutte le cose create ha il sommo e assolutissimo potere. Cristo ebbe potestà su tutte le creature.
...È DOGMA DI FEDE cattolica che Gesù Cristo è stato dato agli uomini quale Redentore in cui debbono riporre la loro fiducia, ed allo stesso tempo come legislatore a cui debbono ubbidire. Egli ha dunque potestà legislativa...potestà giudiziaria...potestà esecutiva.
...D’altra parte sbaglierebbe gravemente chi togliesse a Cristo-Uomo il potere su tutte le cose temporali, dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create...
...L’impero di Cristo non si estende soltanto ai cattolici....abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo. Né v’è differenza fra gli individui e il consorzio domestico e civile, poichè gli uomini, uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo di quello che lo siano gli uomini singoli.
...Non rifiutino, dunque, i capi delle nazioni di prestare pubblica testimonianza di riverenza e di obbedienza all’impero di Cristo insieme col loro popolo...La peste dell’età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi...
...Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto - che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo - di ammaestrare le genti, di fare leggi, di governare i popoli per condurli all’eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu eguagliata con le altre religioni false, e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale.
...Tale stato di cose va forse attribuito all’apatia o alla timidezza dei buoni, i quali si astengono dalla lotta o resistono fiaccamente; da ciò i nemici della Chiesa traggono maggiore temerità e audacia. Ma quando tutti i fedeli comprenderanno che debbono militare, con coraggio e senza tregua, sotto lo stendardo di Cristo Re...
L’alleanza ’cattolicissima’ di "FORZA Cristo Re" ..... e LA COSTITUZIONE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI - E DI TUTTI GLI ESSERI UMANI DELLA TERRA!!!
Caro Biasi
perché continui a ’bestemmiare’: ormai sei prigioniero di te stesso e del tuo cattivo (gr. caco-) demone e non sai più di di Chi parli e di che cosa - e quale casa’ (ethos) abiti!!! La differenza di Cristo Re e Sacerdote (l’ordine di Melchisedech - e dell’Alleanza dei nostri ’Padri’ [’Giuseppe’] e delle nostre ’Madri’ [’Maria’] ... con la tua alleanza ’cattolica’ di "Mammasantissima", di "FORZA Cristo Re", è abissale. Vai-n-Gèlo .... tranquillo, senza nemmeno saperlo!!! Apri, apri tutti e due gli occhi .... e vedrai, finalmente - chi sei, e dove stai - e che significa ITALIA!!! Sapere aude - abbi il coraggio di farlo!!! Forza, VIVA VIVA CRISTO - Re e Sacerdote!!! Viva ELIA !!! Viva MELCHISEDECH ... e VIVA ,VIVA ADAMO ED EVA e LA LEGGE dei nostri PADRI e delle nostre MAdri. La preistoria è finita ... VIVA PABLO NERUDA ("Potranno tagliare tutti i fiori / Mai saranno i padroni della primavera") e viva, VIVA SAN GIOVANNI E’ IN FIORE !!!
M. saluti, Federico La Sala
Caro Federico, perchè ti agiti ? Il mio messaggio precedente era rivolto a coloro che pensano che la storia è la lotta tra Dio e Satana, tra il Bene e il male. Che credono che la Seconda Persona della Santissima Trinità si è incarnata con tutte le conseguenze religiose, politiche, sociali ed economiche che ciò implica, sotto lo sguardo vigilante del Magistero romano nel corso di venti secoli. Sull’Uomo Dio, la Sua Chiesa, il Suo Ordine sociale, fu fondata l’ammirabile civiltà cristiana del Medioevo "che non è più da inventare" (San Pio X).
Era rivolto a coloro che pensano che con la Rivoluzione umanista si inizia il processo di scristianizzazione che genera a sua volta la Rivoluzione protestante, liberale, socialista. Il Papa Pio XII riassume megistralmente con una saggezza che domina tutta la storia questo lavoro del nemico che: "in questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell’unità nell’organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia...Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto..." (Pio XII, 12.10.1952)
Era rivolto a coloro che pensano anche che i nemici della Chiesa, dopo aver introdotto i principi massonici di libertà, fraternità e uguaglianza nella società temporale, li hanno introdotti nella società ecclesiastica con il Concilio Vaticano II.
Già nella Rivoluzione umanista - ma in forma poetica -i rivoluzionari hanno cercato di diffondere un’alternativa interconfessionale alla Cristianità del Medioevo. Maritain, come avevo citato, con il suo "Umanesimo integrale", cercò di far passare le aspirazioni umaniste dall’"utopia alla scienza". Alcuni cattolici pensano che gli ultimi Papi, con l’aiuto del Concilio, ne hanno tentato la realizzazione storica.
Non posso nascondere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. Non posso NON prenderne atto !Se la Chiesa è come la descrivi tu, allora quel Concilio (Vaticano II), che tanto aveva fatto sperare, ha fallito. Allora la Chiesa ha bisogno di una Restaurazione; torneranno così in auge i tradizionalisti, che saranno perseguitati da parte dello Stato come fondamentalisti.
Saluti cordiali. Biasi
DELLA DIFFERENZA (ancora!) tra ITALIA e "FORZA Italia", tra la Chiesa della BUONA NOTIZIA (Eu-angélo) e la Chiesa della notizia del Van-GéLO!!! Il Cattolicesimo-romano è morto ... che riposi in pace: così sia - Amen!!!
Caro Biasi ..... è inutile ripetere e ripetersi: se non hai ancora capito la differenza tra ITALIA e "FORZA Italia", tra il messaggio eu-angélico di Gesù e il messaggio del van-gélo di "FORZA Gesù", come non precisare e chiarire che lo sguardo dei ’vigilantes’ (... fino all’ultimo Prefetto romano diventato Pontefice Massimo - un vero e proprio abile colpo di teatro e di stato, per travestirsi da papa) del Magistero della chiesa ’cattolica’ è proprio il nodo da sciogliere? Che cosa ha a che fare tutto questo (e quello che scrivi) con il messaggio ev-angélico, e i bambini e le bambine, gli uomini e le donne di oggi, e di tutta la Terra!? Me lo sai dire? Ti rendi conto di cosa c’è intorno a noi? Continua pure, se vuoi, a fare il soldato dell’esercito di "Forza Cristo Re"..... e a van-gelizzare. Forza, Forza..... figlio di "Mammasantissima" - il regno di Dio è Tuo!!!
M. saluti, Federico La Sala
Caro Federico, tu sei un politicizzato e quindi vedi Berlusconi (il vostro spauracchio per ben 5 anni !!)dappertutto ! Chi se ne frega di Forza Italia e della politicuccia del nostro Paese ? Qui parlo di laicizzazione, della tua laicizzazione, che difendi così a spada tratta e che ha coinvolto i Paesi cattolici. Separazione dello Stato dalla Chiesa, laicismo nelle scuole, ospedali, esercito, indebolimento del potere cattolico a tutti i livelli, rivoluzione laica, cultura e vittoria delle filosofie laiche, formazione dei partiti liberali, trionfo del relativismo, libertà e uguaglianza delle religioni, tolleranza universale, critica del passato della Chiesa, diffusione delle sette, accettazione da parte dei cattolici del programma del laicismo, totalitarismo laico, dogmatismo laico e democratico...conservazione delle forme esteriori del cristianesimo vuotato dalla sua essenza, uomini "cattolici" a capo di istituzioni laicizzate, lo Stato padrone e giudice delle religioni, immigrazione dei popoli non cattolici in Europa, gli uomini di Chiesa che predicano le dottrine della Rivoluzione.
È questa la Rivoluzione !Allora gli uomini di Chiesa, difronte a questo scenario, cosa possono fare? Continuare ad adattarsi alla Rivoluzione o entrare in rottura con essa? È questa la domanda fondamentale, il nocciolo della questione. È una domanda che sta molto a cuore a chi crede in questa Istituzione chiamata Chiesa. Per gli altri, come te e Vattimo, che la definiscono "blasfema" e la vedono già seppellita (sic!), la questione, a quanto pare, non esiste.
Sempre con stima e simpatia. Biasi
Laicizzazione, de-sacralizzazione, secolarizzazione .... nell’ordine di Melchisedech, del messaggio eu-angelico, e della COSTITUZIONE dei nostri ’Padri’ (’Giuseppe’) e delle nostre ’Madri’ (’Maria’). E Che cosa significa ITALIA e perché VIVA, VIVA l’ITALIA !!!
Caro Biasi
continui a non capire da dove vieni e che significa messaggio eu-angelico, Gioacchino da Fiore, e Dante, e ITALIA e ... W O ITALY!!! QUella che tu chiami laicizzazione è un processo che spinge oltre e va proprio a togliere "il muro" tra sacro e profano, e porta al di là di tutte le fedi. Come ti ho già detto, e te lo sto ripetendo fin dall’inizio, tutto il pensiero critico e laico è - nella sua lotta contro la Chiesa ’cattolica’, un platonismo per il popolo ("Forza Gesù" o che lo stesso "Forza Italia")!!! - molto più ’religioso’ (cioè - eu-angélico) di tutti i movimenti fondamentalisti dei tre monoteismi e di tutte le religioni storiche .... e va nella direzione di una inedita comprensione proprio del messaggio eu-angelico, molto più vicina a quella appunto di Gioacchino, di Francesco e Chiara d’Assisi, di Dante, di Galilei...., che non a quella di tutti i tuoi papa-re!!! Quello che non capisci (ma qui sei in gandissima compagnia) è che la recente definizione di "Bibbia civile" da parte di Carlo Azeglio Ciampi della nostra COSTITUZIONE non è né una battuta né una figura retorica ad uso e consumo proprio dei ’cattolici’: dice molto di più e di più profondo, eu-angelicamente epocale!!! Contro ogni separazione, vale l’indicazione dell’Amore, dello Spirito Santo, del Padre Nostro - sia sul piano religioso sia sul piano laico: "come in cielo, così in terra" - dappertutto!!! Dopo Lutero (il sacerdozio universale - per tutti e per tutte) e oltre ogni ’cattolicesimo’ hegelo-marxista o nazi-fascista, non possiamo non andare avanti - verso la regalità e la sovranità di tutti e di tutte, come indicato e insegnato proprio da uomini di Chiesa come Dossetti e don Milani!!! Per te che cosa significa essere figli e figlie di AMORE (Dio è Amore)?! Permettimi - lo RIPETO: La differenza di Cristo Re e Sacerdote (l’ordine di Melchisedech - e dell’Alleanza dei nostri ’Padri’ [’Giuseppe’] e delle nostre ’Madri’ [’Maria’]) ... con la tua alleanza ’cattolica’ di "Mammasantissima", di "FORZA Cristo Re", è abissale. Vai-n-Gèlo .... tranquillo, senza nemmeno saperlo!!! Apri, apri tutti e due gli occhi .... e vedrai, finalmente - chi sei, e dove stai - e che significa ITALIA!!! Sapere aude - abbi il coraggio di farlo!!! Forza, VIVA VIVA CRISTO - Re e Sacerdote!!! Viva ELIA !!! Viva MELCHISEDECH ... e VIVA ,VIVA ADAMO ED EVA e LA LEGGE dei nostri PADRI e delle nostre MAdri. La preistoria è finita ... VIVA PABLO NERUDA ("Potranno tagliare tutti i fiori / Mai saranno i padroni della primavera") e viva, VIVA SAN GIOVANNI E’ IN FIORE !!!
M. saluti, Federico La Sala
Caro Federico, sono un battezzato in Gesù Cristo, immerso nella morte e nella resurrezione di questo Dio a cui profondamente credo. Non mi è stata imposta una scelta, come forse qualcuno potrebbe pensare, ma mi è stato aperto davanti un cammino di libertà che attraverso la Comunione e la Confermazione ho liberamente scelto di fare mio.
Mi sento immerso nell’oceano d’amore di Gesù che mi da forza sempre nuova e più grande di me stesso. È questo il coraggio dei miei combattimenti, la chiarezza delle mie scelte, la luce dei miei passi.
Sono stato battezzato in Cristo perchè diventassi un uomo libero e responsabile, in questo mondo talvolta un pò folle. E soprattutto perchè diventassi un fratello che costruisce con Dio l’avvenire della nostra terra.
Un giorno avrei potuto anche dimenticare questo dono immortale (il battesimo), ma sarei comunque rimasto segretamente segnato dal fuoco del suo appello.
Come la Vergine Maria che offrì suo Figlio Gesù nel tempio, anche mia madre e mio padre hanno voluto portarmi sulla soglia della casa del Dio imprevedibile, depormi tra le braccia della sua Chiesa e farmi entrare nel popolo dei ricercatori che diventarono miei fratelli e sorelle.
Quando i nostri padri e le nostre madri non potranno fare più nulla per noi, ci resterà almeno, scolpita nella fronte e nel cuore, la croce di Cristo vincitore.
È lui infatti, lui solo, il mio e il tuo Salvatore, Colui che traccerà per me e per te un cammino di pace e di libertà. Al di là delle nostre angoscie e delle nostre miserie, è lui che ci aprirà la casa del Padre ("lasciatemi andare alla casa del Padre!", esortazione di Papa Giovanni II).
Al nostro ex-Presidente Ciampi e a quello attuale Napolitano rispondo con una canzone di Giorgio Gaber: IO NON MI SENTO ITALIANO
Io G. G. sono nato e vivo a Milano. Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente non è per colpa mia ma questa nostra Patria non so che cosa sia. Può darsi che mi sbagli che sia una bella idea ma temo che diventi una brutta poesia. Mi scusi Presidente non sento un gran bisogno dell’inno nazionale di cui un po’ mi vergogno. In quanto ai calciatori non voglio giudicare i nostri non lo sanno o hanno più pudore.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente se arrivo all’impudenza di dire che non sento alcuna appartenenza. E tranne Garibaldi e altri eroi gloriosi non vedo alcun motivo per essere orgogliosi. Mi scusi Presidente ma ho in mente il fanatismo delle camicie nere al tempo del fascismo. Da cui un bel giorno nacque questa democrazia che a farle i complimenti ci vuole fantasia.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese pieno di poesia ha tante pretese ma nel nostro mondo occidentale è la periferia.
Mi scusi Presidente ma questo nostro Stato che voi rappresentate mi sembra un po’ sfasciato. E’ anche troppo chiaro agli occhi della gente che tutto è calcolato e non funziona niente. Sarà che gli italiani per lunga tradizione son troppo appassionati di ogni discussione. Persino in parlamento c’è un’aria incandescente si scannano su tutto e poi non cambia niente.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente dovete convenire che i limiti che abbiamo ce li dobbiamo dire. Ma a parte il disfattismo noi siamo quel che siamo e abbiamo anche un passato che non dimentichiamo. Mi scusi Presidente ma forse noi italiani per gli altri siamo solo spaghetti e mandolini. Allora qui mi incazzo son fiero e me ne vanto gli sbatto sulla faccia cos’è il Rinascimento.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese forse è poco saggio ha le idee confuse ma se fossi nato in altri luoghi poteva andarmi peggio.
Mi scusi Presidente ormai ne ho dette tante c’è un’altra osservazione che credo sia importante. Rispetto agli stranieri noi ci crediamo meno ma forse abbiam capito che il mondo è un teatrino. Mi scusi Presidente lo so che non gioite se il grido "Italia, Italia" c’è solo alle partite. Ma un po’ per non morire o forse un po’ per celia abbiam fatto l’Europa facciamo anche l’Italia.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo per fortuna o purtroppo per fortuna per fortuna lo sono.
Saluti cordiali. Biasi
LA FOLLIA DI CRISTO .... E LA FOLLIA DELLA GERARCHIA IMPAZZITA !!!
Caro Biasi ti capisco, ma tu cerca di riflettere e, possibilmente, di fare altrettanto - capire: c’è un prima e un dopo la canzone di Gaber. Dopo Ciampi, come Scalfaro, e milioni e milioni di cittadini e di cittadine, si sono svegliati - ci siamo svegliati e abbiamo cominciato a capire il valore della nostra COSTITUZIONE e la natura golpistica del berlusconismo (cosa che nemmeno ora la nostra classe politica intera ha ancora ben capito, analizzato e ... prese le distanze!!!). Di fronte al pericolo, anche i vecchi e i morti si sono sollevati e sono diventati giovani e forti!!! L’ALLARME E’ ROSSO - ed ora lo è anche per la Chiesa ’cattolico’-romana! Al suo interno - di fronte al ’ciclone’ WOJTYLA - tutti si sono spaventati e hanno chiuso porte e finestre e hanno consegnato se stessi e i pieni poteri al Prefetto - che a sua volta li ha consegnati al ’ri-nato’ Bush, non a Cristo il Re-nato!!! Oggi non possiamo più scherzare: mai come ora il pericolo che corre la Chiesa è ENORME - il suo ruolo è diventato zero, zero assoluto!!! A mio modesto parere, ORA E SUBITO, tutti e tutte - i grandi vecchi come i piccoli, gli uomini e le donne della Chiesa cattolico-romana - dovrebbero mostrare tutta la determinazione del loro essere cristiani e cristiane, alzarsi e prendere la Parola da sovrani e sovrane e gridare sopra i tetti, nelle piazze, il loro BASTA ALLA FOLLIA della gerarchia impazzita e il loro VIVA ALLA FOLLIA DI CRISTO: VIVA LA CHIESA e VIVA, VIVA WOJTYLA !!! Spero di essere stato abbastanza chiaro... e che tu abbia capito che significa: W O ITALY - VIVA VIVA L’ITALIA !!! E VIVA, VIVA L’EU-ROPA !!!
M. saluti, Federico La Sala
RADIO MARIA E LA GUERRA di don Franco Barbero *
Per il direttore di "Radio Maria" le cose sono molto semplici, forse troppo... Volete sapere qual è la causa precisa della guerra? Padre Livio Fanzaga ha la risposta: "Ho capito che dietro la guerra c’è Satana". A lui lo ha svelato misteriosamente la madonna di Medjugorie fin dal suo primo pellegrinaggio. Oggi per lui è tutto chiaro: "Qui c’è la Madonna, quindi il cristianesimo è l’unica religone vera" (ADISTA, 1 luglio 2006).
Caro Padre Livio, è molto comodo mettere sul conto di un diavolo le "diavolerie" che hanno precise responsabilità. Non è il diavolo che vuole il petrolio dell’Iraq. Ci sono responsabilità umane, quindi anche le nostre, che bisogna sapersi assumere. Non esiste nessun Satana; esistono, invece, i diavoli di questo mondo che hanno nomi precisi. Sono l’imperialismo, il razzismo, l’idolatria del mercato. Satana è, semmai, la "cirfra linguistica" che esprime queste diavolerie che non si combattono con l’acqua benedetta degli esorcisti.
Franco Barbero
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FOGLIO DI COMUNITA’ supplemento al n°1/2006, anno IX di Viottoli N° 7/8 - LUGLIO-AGOSTO 2006
Caro Federico, capisco cosa "vuoi far dire" al Grande Karol, ma a quanto pare, del Papa polacco, scusa se te lo scrivo apertamente, non hai capito nulla. Il messaggio del Papa è quello della Madonna, di tutte le Madonne del mondo, partendo da Lourdes fino a Medjugorie, fino a Civitavecchia, cioè fino alle porte di Roma !!Il Mondo ha bisogno di PACE e di Amore, quello VERO, quello SINCERO, e non quello che enfantizzi tu su queste pagine. È un Amore che coinvolge tutti, gay e lesbiche, cristiani, musulmani ed ebrei, rossi e neri, bianchi e gialli....
Il Karol WOJTYLA è stato il più grande "figlio di Mammasantissima" apparso da secoli su questa terra. Noi cattolici crediamo fermamente che sia stata Maria stessa a volerlo a capo della nostra Chiesa. Maria, la Nuova Eva, Madre del Risorto, la più bella tra le meraviglie di Dio (una donna !!)sarà la nostra Guida e la nostra Maestra. A Lei Giovanni Paolo II ha affidato la sua vita e il suo cammino cristiano e sacerdotale. "Accepit eam in sua". L’ha scelta come Colei che lo portava per mano alla scoperta della Bellezza delle meraviglie di Dio. Sarà la Sua fede a sostenere la nostra, perchè i nostri occhi siano capaci di vedere le cose più grandi.
Felice di appartenere a quei figli di Mammasantissima che tu schernisci. Felice di possedere una fede convinta, forte e autentica, libera da paure e compromessi, come ci ha insegnato il Papa di Wodowice, imitatore singolare, tra gli Apostoli, di Giovanni, il "discepolo amato", che restò sotto la Croce accanto a Maria nell’ora dell’abbandono e della morte del Redentore.
Cosa dirti, caro Federico, se non che la follia che descrivi io la scorgo nei tuoi scritti, nei tuoi propositi, nelle tue speranze? I cattolici autentici non possono che restare sempre fissi con il loro sguardo su Cristo, "lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13,8), che guida saldamente la sua Chiesa.
Totvs tvvs ego svm, Maria, et omnia mea tva svnt È questa la preghiera e il motto dei figli di Mammasantissima. Imparalo a memoria e non scordarlo mai. Un giorno forse potrà servirti.
Con la stima e la cordialità di sempre. Biasi
Almeno quelli sono in isolamento e non possono più nuocere. Io mi preoccupo di più dei vari "Falce e Mastella" , "Rosy nel Pugno" , "Prodini", "Milingui", "Agnoletti", "Carusoni" "Vladimiri" e "Vendole...
Viva l’Npdv (Partito per l’amore del prossimo, della libertà e della diversità) !!
ab
MAMMASANTISSIMA E MAMMASANTISSIMA .... LA COPIA E L’ORIGINALE - L’ORIGINALE E LA COPIA: DOV’E’ LA DIFFERENZA? "L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilita tecnica" (W. Benjamin).
Caro Biasi a quanto pare non proprio vuoi uscire né dal carcere, né guardare lontano!!! Come dice un vecchio detto zen (senza alcuna offesa!!!), mentre il dito indica il Sole (o, se vuoi, la Luna), l’imbecille guarda il dito!!! O, se vuoi ancora, "Radio Maria"!!! Io ti indico San Giovanni in Fiore... e la Città della Pace - Gerusalemme, e tu mi indichi Roma ... e Palermo. Non ci siamo, non ci siamo proprio!!! Qui c’è qualcosa IN DISCUSSIONE che non torna tra COPIA E ORIGINALE e ORIGINALE e COPIA: Provenzano in carcere scrive ancora i "pizzini" (Attilio Bolzoni, LA Repubblica di oggi, 21.07.2006, p. 1)!!! "Si sveglia sempre all’alba [...] e poi comincia a fare quello che ha sempre fatto: scrive, scrive i suoi "pizzini" [...] segna tutto su carta [...] Anche la cena della sera prima. E la visita del medico, l’incontro con il prete. E’ il suo diario da recluso [...] è l’ossessione del Padrino di Corleone [...] Per i suoi promemoria, gli appunti, i messaggi che invia a Dio e gli altri che ormai invia solo a se stesso"(p. 1). Non c’ è nulla da eccepire: è un santo, un Padrino dal Cor di Leone, tutto devoto alla Sua santa santa Mammasantissima - che ’cattolicissimo’ uomo!!! Questo il problema, a mio parere, da pensare .... L’urlo di WOjTYLA contro la MAFIA e contro la GUERRA fa ancora tremare tutto il VATICANO!!! Egli guardava a tutta la terra, e non al suo orticello ’cattolico’: metà del suo cuore era polacco, e metà era ebraico ,,, e, ancora, a Casablanca baciò il Corano. Al di là del suo ’cattolicesimo’, egli sapeva di Melchisedech e Abramo ... e di Elia e di Francesco: ricorda, Assisi !!! Basta: smettila di biasi-marti - non avere paura, e ... parti, parti per il tuo (e di tutti e di tutte) San Giovanni in Fiore!!! Bupn viaggio ... e VIVA VIVA l’ITALIA !!!
Caro Federico, tu dovresti dedicarti al giornalismo scandalistico, quello popolare, qualunquista, drogato di iperbole, di eccezionalità, che alla fine risulta piatto e ottuso, simile a un film porno. Per te "la notizia c’è solo se un uomo morde il cane" e ciò da risalto alla tua "capacità" di saper giocare con le notizie.
Ti conosco oramai da tempo e, imbecille come sono, so sempre, in anticipo, dove vai a parare.
Noto che sei un attento osservatore degli "uomini d’onore". Il tuo preferito è Provenzano ? E Riina, l’hai dimenticato ? Ricordati anche di quelli più vicini a te, quelli della ndrangheta, la più potente. Oppure ti interessa di più, tanto per "sputtanare" meglio la Chiesa, la "Sacra Corona Unita" ??
Essere cristiani o cattolici, non significa essere automaticamente più buoni degli altri. Non penso proprio d’essere più buono di te ! La Chiesa non è costituita solo di Santi ma soprattutto di peccatori. Scrivere queste cose facendo finta di non ricordare i sacerdoti cattolici,iniziando per esempio da Padre Puglisi, i veri figli di Mammasantissima, caduti sotto i colpi di quelle organizzazioni criminose, non ti fa onore !
Comunque mi fa piacere che continui a citare il Papa polacco, anche se lo ricordi solamente quando ti fa comodo, strumentalizzandolo. Vedrai che prima o poi ti illuminerà e potrai finalmente capire cosa significhi essere veramente "figlio di Mammasantissima".
Baciamo le mani. Biasi
DOPO CRISTO, LA PREISTORIA E’ FINITA: DALLA CAVERNA PLATONICO-CATTOLICO-ROMANA SI PUO’ USCIRE. Che BUONA-NOTIZIA, che BEL-MESSAGGIO - finalmente l’Eu-Angélo ( non il Van- Gélo) !!!
Caro Biasi
esci dalla caverna platonico-cattolico-romana!!! E non continuare a baciare mani: Gesù non baciava le mani ... a nessun Padrino e a nessun Padrone, e a nessun Santo Padre!!! A chi gli domandava di chi sei figlio, Gesù rispondeva (ieri come oggi e sempre) che era semplicemente figlio dell’Amore di Maria e di Giuseppe - e che, sulla terra, nessuno e nessuna era nato e nata senza l’Amore di un ’Padre’ e di una ’Madre’, ma che tutti e tutte erano figli e figlie dell’AMORE di D(ue)IO !!! La preistoria è finita .... sta a tutti e a tutte capirlo!!! E noi, cittadini italiani e cittadine italiane, l’abbiamo capito: i nostri ’Padri’ e le nostre ’Madri’ Costituenti l’hanno scritto nella nostra COSTITUZIONE: art. 3 !!! Questo è tutto. IL CATTOLICESIMO-ROMANO è MORTO: Per la la gerarchia della Chiesa ’cattolico’-romana, se non vuole chiudere miseramente la sua tragica storia, che riconosca e restituisca GIUSEPPE a Maria e Gesù!!! Pirandello (Un "goj", 1918) aspetta ancora la risposta da BenedettoXV...............................................................!!!!
M. saluti, Federico La Sala
Continua a vaneggiare e a scrivere castronerie, caro Federico !Divertente quello che scrivi. Ora sai pure le risposte del Cristo (da quale Vangelo le hai dedotte ? Oppure sei un nuovo Profeta ?). Gesù non baciava le mani, ma lavava i piedi !!Servizio umilissimo che difficilmente potrai comprendere, preso come sei dalla tua logica dell’apparenza, dalla tua vanità, dal tuo orgoglio.
Il cattolicesimo e sempre più vivo, e non morirà mai. Rassegnati, contro i figli di Mammasantissima non hai chance, perchè Mammasantissima è una Madre che non cessa MAI di dare alla luce i suoi figli !
Arrenditi, perchè agrapparti ai tuoi Dante, Pirandello, Freud e compagnia bella non ti servirà a nulla. Non aver paura d’abbandonarti a Maria, la Madre della nostra Chiesa. Accogli questo dono supremo che Dio ci ha fatto offrendoceLa come madre. Diventa pure tu un figlio di Mammasantissima !!!
Sempre con la solita simpatia, ti saluto. Biasi
GESU’ NON E’ EDIPO ... E, dopo W O ITALY, LA GERARCHIA DELLA CHIESA ’CATTOLICO’-ROMANA E’ GIUNTA AL SUO CAPOLINEA
Caro Biasi
GESU’ viene dopo, non prima: NON E’ EDIPO - e, se sua madre era Maria (non Giocasta), suo padre era GIUSEPPE (non Laio)!!! Approfitta della pausa estiva e studia, studia - e pensa all’AMORE di tuo padre (’Giuseppe’) e di tua madre (’Maria’) ... e non credere alle favole ’costantiniane’!!! Capisco che preferisci (con questo caldo di luglio) rintanarti sempre più giù nella caverna e e godere del Van-Gélo, ma resisti e cerca di trovare l’uscita dalla caverna, .... troverai la primavera, San Giovanni in Fiore - e la SEMPRE VIVA ITALIA!!! Dai ...
Buone vacanze e m. saluti, Federico la Sala
Questa è proprio divertente ! Uno che legge il "Codice da Vinci" e "Harry Potter" accusa me di credere alle favole !! Federico, sei un "Suchende", una persona "in ricerca", che ancora deve fare molta, ma molta strada prima di rendersi conto che gli studi, i libri soltanto non bastano per trovare la verità, la felicità e la pace ineteriore.
Continua a citare quel "pederasta" di Freud...a quanto pare manco lui conosci !
Sempre con simpatia ed empatia. Biasi
MONTE DEGLI ULIVI - GETSEMANI: MONTEULIVETO - SAN GIOVANNI IN FIORE - W O ITALY !!!
Caro Biasi prima che il ... gélo bruci tutto - via, deciditi, segui il sentiero e l’indicazione del monaco-papa Morrone (Celestino è tornato, come da profezia !!!), rileggi il testo di p. FELICE SCALIA.... e torna a San Giovanni in Fiore!!! SALI, sali SUL Monte de los Olivos, Montoliveto, Monteuliveto, MONTE DEGLI ULIVI. Dai..., riacquisterai la memoria e la vista ... e ti accorgerai in quale sonno profondo sei caduto, con tutta la tua gerarchia ’cattolico’-’costantiniana’. Leggi l’Eu-Angelo (Luca - 22, Matteo - 14) ... non dormire, sveglia!!! Vai, parti... Buon viaggio e Buon arrivo!!!
M. saluti, Federico La Sala
Caro Federico, la battaglia della mia gerarchia è forte, fortissimamente forte, contro la menzogna del nuovo totalitarismo che rappresenti.
“Con la testa in giù e le gambe in aria, Pietro è ancora Pietro per l’umanità: sebbene con la testa in basso, egli non cessa di dominare l’Europa ancor oggi, e milioni di creature non respirano che nella sua Chiesa”.
Parti tu in quella direzione, verso quel Monte Sacro, e liberarati finalmente dalla menzogna del potere che pretende di dare il nome "famiglia" anche a quelle contro la natura dell’uomo.
Scopri finalmente che esiste una Verità e che di fronte ad essa le tue opinioni sono innocue e perdono persino di legittimità.
Saluti cordiali a te e al "nuovo Lazzaro". Biasi