Lo scandalo e il silenzio
di Luigi Cancrini *
Il video messo in onda dalla Bbc che tutti noi dovremmo poter vedere nella prossima puntata di Annozero sui preti pedofili è un documento importante. In modo semplice e documentato, esso dà conto delle dimensioni drammatiche di un problema che la Chiesa ha sin qui tentato di ignorare e di nascondere. Intanto parlare di pedofilia e di diritti dei bambini dovrebbe avere accesso anche alla televisione italiana. Per aiutare a capire. Per aprire una discussione seria sul modo in cui questo problema va affrontato.
Nel 1962, con la Crimen Sollicitationis, Roma dette indicazioni ai vescovi del modo un cui doveva essere trattato il problema dei preti pedofili. Riservandone la conoscenza al Tribunale Ecclesiastico e obbligando tutti i fedeli, colpevoli, vittime e famiglie delle vittime, a mantenere il segreto nei confronti delle autorità civili su quello che era accaduto. La pena era, per chi avesse violato questo segreto, quella della scomunica. Nel 2001, pur non parlando più di scomunica, la Congregazione per la difesa della fede presieduta dall’attuale Papa ribadì queste indicazioni in una fase in cui le denunce per pedofilia da parte di preti cattolici raggiungevano negli Stati Uniti il numero di 4.500. Presenti praticamente in tutte le diocesi (secondo il comitato formato da cattolici e non cattolici che tentò di saperne di più «in modo endemico e non epidemico»), mentre un numero purtroppo molto altro di casi simili veniva registrato in Irlanda, in Brasile e in tanti (troppi) paesi del mondo. Motivata dal bisogno di difendere l’immagine della Chiesa, questa posizione ha creato da sempre problemi gravi per le autorità civili incaricate di indagini in questo settore.
Il giudice americano che ha chiesto l’estradizione di preti che erano stati comunque perseguiti e che si erano rifugiati all’estero, in Vaticano, racconta nel video di come le sue richieste venivano rinviate al mittente senza che le buste fossero state aperte. Il giornalista che ha seguito le tracce degli abusati ha incontrato ed intervistato persone che si erano portati il loro segreto nel cuore per decine di anni. Rovinandosi la vita nel tentativo di trovare un perché a quello che era loro accaduto. Fidarsi di un prete, subirne la violenza, essere costretti al silenzio, vederlo ripetere impunemente con altri le violenze che aveva fatto a lui o a lei.
C’è davvero un nesso fra la scelta di diventare prete e il rischio di commettere crimini di questo tipo? Gli studi sulla organizzazione psicologica delle persone che mettono in opera comportamenti pedofili dimostra che si tratta di persone che hanno avuto da sempre problemi con la loro sessualità. Chi ha tendenze perverse reagisce spesso da giovane con una inibizione totale degli interessi sessuali. Fare il prete significa, in alcuni di questi casi, darsi una giustificazione alta per un problema che andrebbe risolto in tutt’altro modo.
Fobie del sesso e problematiche collegate al tentativo di reprimerlo o di controllarlo sono assai diffuse nell’ambito della educazione cattolica e propongono un ambiente particolarmente favorevole per persone con questo tipo di problemi. Capaci spesso di mantenere una astinenza faticosa ma messe in crisi, in altri casi da quella che un prete intervistato e condannato chiama «la forza irresistibile e quasi inconsapevole» da cui le sue condotte finivano per essere determinate.
Mi è capitato spesso di parlare con dei sacerdoti del modo in cui il controllo sulle vocazioni sta cominciando a prendere in considerazione questo tipo di problema. Quello che è stato fatto finora, tuttavia, non è servito a molto se i fatti sono quelli di cui siamo costretti a parlare oggi. Con conseguenze terribili anche per i preti più drammaticamente combattuti tra bene e male perché il suicidio di molti di loro, più o meno pubblicamente accusati, è spesso la prova più evidente del come la pedofilia sia una condanna per chi la mette in opera oltre che per chi la subisce.
La più terribile di tutte le storie riferite nel video è quella del bambino di cinque anni sedotto da un parroco trasferito in un piccolo paese del Brasile più povero dopo che aveva abusato in più sedi di più minori. La promessa era stata quella di dargli lezioni di chitarra.
Quando il bambino parlò e la storia fu conosciuta la zia che inutilmente aveva tentato di protestare con le autorità ecclesiastiche e che non poteva permettersi di avere un avvocato perché viveva in condizioni di totale povertà fu duramente discriminata da tutta la comunità locale. Ridicolizzato dai suoi compagni che lo chiamavano «fidanzata del parroco» il bambino diceva solo di voler morire ma nessuno fece nulla fino a quando, alcuni anni dopo, il diario del parroco, venuto per caso nelle mani di altri inquirenti, non fornì particolari allucinanti sulle strategie che lui aveva stabilito di seguire per sedurre dei bambini «orfani e poveri».
Sta nell’immagine di questo bambino l’accusa più terribile per quella Chiesa che avrebbe dovuto continuare a dire con Gesù «lasciate che i pargoli vengano a me». Un’accusa dura ma seria rivolta a delle procedure che non possono più essere mantenute. Un Papa e un clero che tanto si scandalizzano o dicono di scandalizzarsi per divorzio, aborto e coppie di fatto dovrebbero avere la forza di riconoscere un errore grossolano e porvi riparo. Pubblicamente e con chiarezza. Accettando l’idea per cui i comportamenti pedofili fanno male a chi ne è vittima e ha diritto ad essere protetto e risarcito prima che sia troppo tardi.
Ma accettando anche l’idea che il prete che abusa dei bambini è una persona che ha il diritto ed il dovere di curarsi. Proteggerlo è un modo di fare del male a lui, agli altri bambini che avranno la sfortuna di incontrarlo e alla Chiesa intera. Gesù, da cui tutti abbiamo ancora tanto da imparare, sottolineava quanto siano importanti e necessari gli scandali. L’augurio è che quello proposto dal video della Bbc non sia soffocato, oggi, da chi si preoccupa più o meno strumentalmente o scioccamente per l’immagine della Chiesa invece che dei bambini.
* l’Unità, Pubblicato il: 23.05.07, Modificato il: 23.05.07 alle ore 11.56
VIDEO E TRASCRIZIONE INTEGRALE DEL PARLATO
Scritto da Vania
venerdì 04 maggio 2007
Questo video è stato trasmesso in Inghilterra il 1 ottobre 2006. In Italia non è mai andato in onda, nè i giornali nè gli altri mezzi di informazione vi hanno fatto accenno.
Il paziente lavoro di traduzione e di sottotitolatura che abbiamo fatto, è per sopperire a questa vergognosa lacuna. Ed è dedicato a Maria Di Benedetto. Ovunque sia.
Qui sotto trovate la trascrizione integrale del "parlato" del documentario. Continuate a leggere!
Interno, Tribunale, il Pubblico Ministero e Padre Oliver O’ Grady
PM: Mostri alla telecamera come pensa di apparire quando commette un abuso sessuale, come se lo stesse facendo adesso.
O’ Grady: ok!
PM: Può mostrarcelo ora, Oliver?
O’ Grady: ora ve lo mostro.
Speaker: questo è padre Oliver O’ Grady, un prete cattolico. La Chiesa sapeva che era pedofilo.
PM: Come saluterebbe una ragazzina che sa approcciando? Supponiamo che si chiami Sally.
O’ Grady: Ciao, Sally. Come stai? Vieni, fatti abbracciare. Sei bella lo sai? Tu per me sei davvero speciale, mi piaci molto.
Speaker: Invece di denunciare O’ Grady la Chiesa lo protesse, nascondendolo alle autorità. Quando si venne a sapere quello che succedeva a Ferns, le autorità ecclesiastiche locali, in ossequio alle direttive segrete della Chiesa Cattolica, misero tutto a tacere. Responsabile di quella imposizione fu il Cardinale Joseph Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI. ........
Sul tema, nel sito, si cfr.:
SULLA PEDOFILIA, L’ALLARME DELLA RIVISTA "CONCILIUM" (3/2004) E IL COLPEVOLE SILENZIO DEL VATICANO.
Chiesa e covid /1. De Rita: la Chiesa ha smarrito il gregge durante la pandemia
Parla il sociologo, presidente di «Essere qui», l’associazione che ha pubblicato una ricerca sul rapporto tra i fedeli e vertici ecclesiastici in questo periodo
Il sociologo Giuseppe De Rita
di Riccardo Maccioni (Avvenire, sabato 14 agosto 2021)
L’immagine usata è quella del gregge smarrito. Richiamo evidente alla parabola evangelica, con la differenza che qui a essersi persa non è un’unica pecora che il buon pastore ora cerca lasciando sul monte le altre novantanove. Si tratta invece di rispondere a un disagio più diffuso, al malessere di quella parte di mondo cattolico per niente soddisfatto dalla posizione assunta nell’anno della pandemia dalla Chiesa italiana, di cui sottolinea l’irrilevanza, l’eccessiva sottomissione, l’autoreferenzialità.
Una "denuncia" fotografata e interpretata dall’associazione "Essere qui", nata da un gruppo di amici guidati dal sociologo Giuseppe De Rita con Liliana Cavani vicepresidente e, tra i soci, Gennaro Acquaviva, Ferruccio De Bortoli, Mario Marazziti, Romano Prodi e Andrea Riccardi.
Il risultato è una ricerca confluita nel volume appena pubblicato da Rubettino: "Il gregge smarrito". Chiesa e società nell’anno della pandemia (164 pagine, 15 euro, ebook 8,99). Non un semplice atto d’accusa, spiegano gli autori, semmai uno stress test o, per dirla in termini più consueti, un esame di coscienza, un "discernimento" sia interno alla Chiesa istituzione sia dal punto di vista dei fedeli, necessario per poi poter ripartire con maggiore vigore e consapevolezza del tanto che i cattolici possono offrire nella costruzione del bene comune.
In proposito, secondo la ricerca, la crisi legata al Covid ha fatto emergere alcune criticità latenti nella Chiesa da tempo, come «lo scollamento con la società reale, la distanza tra fedeli e pastori, l’irrilevanza nel pensiero socio-politico».
È risultato evidente, spiega il professor De Rita, «il distacco crescente, forte, che già c’era, tra evangelizzazione e promozione umana. Una separazione che riconduce alla lezione ruiniana, a suo tempo fatta propria da tutta la comunità ecclesiale italiana, secondo cui la Chiesa c’è per evangelizzare, per praticare il Vangelo e non per trasformare la società. Una condizione che durante la pandemia si è rivelata ancora più controproducente, nel senso che il sociale nella realtà ecclesiale non esisteva e quindi non poteva reagire. Si doveva fatalmente ritornare soltanto all’evangelizzazione, per la quale però non c’era più energia pastorale».
Quindi evangelizzazione e promozione umana devono procedere insieme.
Traggono forza l’una dall’altra. Se ne privilegi solo una uno salta tutto. Con la pandemia ce ne siamo accorti. In campo sociale la Chiesa ha manifestato la sua irrilevanza, l’incapacità di discutere con il potere mentre l’evangelizzazione, con le chiese vuote e senza Sacramenti, non è riuscita ad affermarsi.
In qualche modo secondo voi si è creato un fossato tra Chiesa e società.
Durante la discussione del Comitato preparatorio sul titolo da dare al Convegno ecclesiale nazionale del 1976, il segretario generale della Cei, monsignor Enrico Bartoletti impose quello che lui chiamava "l’et et", nel senso che la Chiesa non vive di contrapposizioni, di "aut aut". Non l’una o l’altra ma insieme, "et et" appunto. Una cultura ecclesiale, quella di Bartoletti, che abbiamo dimenticato.
Tra i dati evidenziati dalla vostra ricerca uno colpisce in particolare: per il 39% degli italiani e per il 50% dei praticanti, durante la pandemia la Chiesa ha accettato troppo acriticamente le decisioni del governo.
A molti cattolici è sembrato quasi stravagante che la Chiesa accettasse ogni cosa, non discutesse su nulla, che il Papa chiedesse di obbedire all’ordine delle autorità. Che può anche essere giusto nel rapporto con lo Stato ma non dal punto di vista della dimensione partecipante della Chiesa, che anziché esplodere in campo pubblico si è rannicchiata nel privato. C’è tanta gente che in pieno lockdown ha continuato ad andare a Messa magari in chiese periferiche, da amici preti, e molti fedeli erano arrabbiati perché non si celebravano funerali. Ma questa rabbia, questo disagio, li abbiamo tenuti dentro perché in fondo pensavamo che anche se ci fossimo esposti pubblicamente nessuno ci avrebbe dato retta.
E questo vale per la Chiesa a tutti i livelli?
Anche noi laici non siamo stati capaci di uno scatto d’orgoglio, per dire ad esempio che non si può rinunciare all’Eucaristia. Siamo stati irrilevanti non in termini di potere ma di cultura del sociale, del significato sociale di essere cattolici, di essere Chiesa..
Da questa situazione come si esce, quali soluzioni possono essere praticate?
Il nostro gruppo non avanza proposte, non vuole fare politica ecclesiale, non intende mettersi dentro discussioni e assumersi responsabilità che sono della gerarchia. Noi facciamo delle riflessioni a latere, diciamo quello che vediamo, ci limitiamo a fornire un input, perché dare un output sulla base di poche conoscenze e verifiche sarebbe un’avventura idiota.
Un’indicazione però la date, quella di "cercare la Chiesa fuori dalla Chiesa".
Oggi è il problema più importante. Le faccio l’esempio di due amici morti in casa e che non potendosi celebrare i funerali sono stati messi su un furgone per essere portati al luogo dove sarebbero stati cremati. Il parroco però ha voluto che passassero davanti alla parrocchia ed è uscito per un segno di benedizione. Ma quanti hanno fatto come lui? Credo pochissimi. La pandemia ha dimostrato che gli uomini di Chiesa non hanno saputo fare un passo oltre la soglia.
Vogliamo spiegare cos’è l’associazione Essere qui che ha realizzato la ricerca?
Nasce da un mio testo furibondo scritto durante la pandemia, quando ci è stato comunicato l’interdetto ad andare in chiesa, Una dozzina di pagine che mandai ad alcuni amici suscitando reazioni diverse. Qualcuno ha detto "lasciamo perdere", "stiamo buoni", altri invece hanno pensato che fosse bene andare avanti, realizzare un documento più lungo ed articolato. Ne è venuto fuori un secondo testo, meno fiammeggiante, dopodiché si è pensato di fare un passo ulteriore. E abbiamo realizzato una ricerca basata su mille interviste tra i fedeli italiani, poi accompagnata da un testo di commento. Anche la formazione del gruppo è avvenuta progressivamente, alcuni di quelli che all’inizio erano più arrabbiati li abbiamo persi, mentre è arrivato chi era interessato a un’attività quasi scientifica di analisi e di ricerca demoscopica. Devo dire che ripensandoci mi sorprendo di come tutto sia stato all’insegna della spontaneità totale. È la prima volta che nella Chiesa italiana si forma un gruppo organizzato senza assistenza ecclesiastica, senza timbri, senza decreto del parroco o del vescovo.
*
Chiesa e covid /2.
Castellucci: prioritario non perdere il buono nato con l’emergenza (Riccardo Maccioni, Avvenire, sabato 14 agosto 2021
Chiesa e covid /3.
Pagnoncelli: ora i credenti possono fare la differenza nella società (Enrico Lenzi, Avvenire, sabato 14 agosto 2021).
IL VERO INTERESSE VATICANO
Tutti abbiamo l’immagine della Chiesa, del papa, dei vescovi e dei cardinali come entità buone e intoccabili che si preoccupano del nostro bene, che parlano d’amore e di sacralità della vita, che ci conferiscono ops.. ci donano, noi poveri comuni mortali, dogmi e dettami con l’unico scopo di portare a noi il bene e la felicità: niente di più sbagliato. Il Vaticano, sotto mentite spoglie e discorsi abbindolatori, non è altro che la più potente ed antica lobby al mondo, un ciarlatano capace di influenzare grandissime masse e contemporaneamente svuotare le loro tasche. Nulla è lasciato al caso. Un piano studiato e consolidato da secoli, un’equazione poggiata essenzialmente su 2 grossi pilastri: da una parte la ricerca del consenso, dall’altra la ricerca del denaro, l’una complementare all’altra; analizziamo prima il secondo, più palese e a molti già ben noto.
A) La ricerca del denaro: La Chiesa, come molti sanno, dal 1985 ha attuato la più grande truffa legalizzata che prende il nome di 8 per mille: molti sanno già anche cos’è ed evito di riparlarne, mi limito solo a ricordare che la percentuale dei contribuenti che firmano un consenso è di circa il 37%, che poi in sede di liquidazione dell’importo calcolato diventa quasi il 90%: ossia, in caso di non scelta da parte dei contribuenti la destinazione si stabilisce in proporzione e la chiesa cattolica prende quasi il 90%. Dal 2003 è stato per la prima volta superato il miliardo di euro (che farebbe molto comodo alla nostra montagna di debito pubblico...). Come anche è a tutti noto e stranoto solo una minima parte va in progetti umanitari, oltretutto i cui buon fini non sono verificabili e controllabili da nessuno (l’art.44 del titolo 2). In altri paesi chi vuole regalare i soldi alla Chiesa perchè crede a questa lobby, scrive espressamente il suo assenso alla donazione. Ciò che accade in Italia è contro ogni logica di libertà individuale (scusate se esistono quelli che non credono), ma la Chiesa, dopo vedremo, va ben oltre anzi, mai sazia di privilegi e denaro, è riuscita anche a farsi approvare, più o meno 5 anni fa, il più grande scandalo sottaciuto degli ultimi anni: l’ESENZIONE TOTALE RETROATTIVA DI 10ANNI DI TUTTI GLI IMMOBILI appartenenti al Vaticano dall’omonima tassa (I.C.I.). Il bello è, tenetevi forte, che non solo sono soggetti all’esenzione, ripeto, totale, i luoghi di culto di cui se ne potrebbe tranquillamente disquisire, ma anche tutti i loro immobili tra cui banche e alberghi a 5stelle (creando così una palese concorrenza sleale e un ovvio fallimento delle altre attività che rimangono costrette comunque sempre a pagare tasse salate). Le tv contribuiscono in modo significativo a dare un misterioso alone di inviolabilità e di purezza, che di puro ha ben poco (a cominciare dai loro imbellettamenti d’oro!), facendo vedere folle di persone che ascoltano con devota attenzione i loro dettami (condizionando purtroppo così altre masse... si sa che grandi gruppi attirano piccoli gruppi..).
I governi italiani per avere il consenso del Vaticano (che è capace di muovere un bel quantitativo di voti) stanno continuando a regalare un’enorme quantità di denaro nelle casse di uno stato non democratico e non controllabile. Ecco come in Italia una evidente minoranza può diventare una maggioranza. Hanno sempre fatto e continuano a fare semplicemente i loro interessi: denaro...è quello lo scopo punto e basta: il resto sono chiacchiere, speranze e illusioni. L’idea balzana e romantica di stato Vaticano altruista, che pensa agli altri, come un genitore, è credibile solo da parte di quei pochi che ci crederanno sempre e... per necessità.
B) La ricerca del consenso: Ora passiamo alle dolenti note, ovvero alla ricerca del consenso, l’altro pilastro, molto più subdolo, forse anche più importante... se non altro perchè pochissimo se ne parla. Quali sono le persone che con molta più probabilità abbracciano la fede cattolica e quindi appoggiano e concordano tutto ciò che professa il Vaticano anche le cose più fantasiose e difficilmente credibili? Certamente persone in stato di sofferenza...: la Chiesa infatti ha constatato da secoli che il suo maggior bacino di utenza sono i bisognosi. I stessi vangeli secondo Matteo, Marco e Luca hanno ben sottolineato tale concetto, ove con un parallelismo si fa notare che c’è maggior possibilità per un camelo (ossia fune o corda) d’entrare nella cruna di un ago che un ricco "di entrare nel regno di Dio" e, aggiungo, di seguire i dictat della Chiesa (tutti uniscono il concetto di Dio agli attuali individui che risiedono in Vaticano, tuttavia la correlazione non è poi così tanto scontata anzi...). La nostra esperienza è sempre contingentata alla nostra vita, 70-80anni, loro no.. il loro potere è qualcosa di consolidato e gestito con precetti che sono stati ideati e raffinati nel corso di 2000anni. Pertanto come si fa ad incentivare il numero di bisognosi? Andiamo a comporre il puzzle: il Vaticano da secoli spinge la coscienza delle persone verso il senso di colpa e di peccato su tutto ciò che è possibile. Invece di guardare ed accettare le peculiarità dell’uomo, cosa ha inculcato? La teoria del terrore non sulle azioni, che avrebbe anche senso, bensì appena sui pensieri individuali: come si fa, ad esempio, a neanche solo desiderare la donna di qualcun altro. Il desiderio è un qualcosa che nasce, non si può controllare.. L’importante sarebbe in teoria non agire, ma non si può non desiderare: l’uomo infatti ha nel d.n.a. la spinta all’altro sesso e alla riproduzione, grazie al quale la specie sopravvive da 50000 anni: il precetto che vieta ogni rapporto sessuale fuori dal matrimonio (oggi fortunatamente contravvenuto dal 99% dei cattolici) è semplicemente per porre la persona nella condizione di errore e peccato. Ci sarebbero altri milioni di esempi... Ciò che per loro è fondamentale è trasfondere il senso di colpa, la sensazione di essere nel torto, sbagliati, la condizione di sottomissione.. combattono il piacere, la serenità e la spensieratezza.. Ci hanno insegnato prima di andare a dormire a fare una cosa obbrobriosa: l’esame di coscienza! Prima di andare a dormire dovremmo pensare invece a quanto abbiamo goduto, quanto abbiamo sorriso e quanto siamo stati felici: la psiche ha bisogno di questo, non di essere affogato più di quanto faccia con il super-io. Premesso quindi che il Vaticano nelle loro decisioni abbraccia questa direzione, come non poteva anche in termini di leggi? Anche qui lo scopo è incrementare o mantenere persone più possibilmente, per psiche o per salute, infelici e sofferenti: è il loro ossigeno per sopravvivere, senza il quale vivrebbero davvero secondo la virtù dell’umiltà morale e soprattutto economica. Dunque una persona che si trova in uno stato di patimento (e quindi anche i familiari a lui vicino), non è sicuro ma è più probabile che si raccomandi al Signore, ma soprattutto a quella istituzione che si AUTOproclama portatore del volere del Signore, ossia l’istituzione-Chiesa? Dio potrebbe anche non essere d’accordo con tutto ciò che il Vaticano va dicendo (come ad esempio, e ne potrei fare mille, il non uso del preservativo che rappresenta l’unico mezzo per bloccare la trasmissione dell’aids!) e d’altronde come potrebbe esserlo?! Ma il Vaticano vuole denaro e consenso. Continuiamo a osservare come le loro indicazioni vanno tutte in quella direzione: 1) All’Eutanasia è contraria, proprio perchè il malato e la famiglia eliminerebbero così la propria sofferenza...questo non lo può permettere! 2) Alla procreazione assistita è favorevole, perchè chi ha malattie curabili solo con la ricerca scientifica (e penso al povero Luca Coscioni e tutti coloro affetti da malattie degenerative come la S.L.A., distrofia muscolare ecc ecc...) e con le cellule staminali-embrionali non elimini la propria sofferenza..e quelle donne che devono sottoporsi a ripetuti trattamenti ormonali per avere una fecondazione possano tranquillamente aumentare la probabilità di contrarre tumori...(direbbero loro: "Chissenefrega, è più importante l’embrione di 2giorni"!). 3) All’aborto è contraria perchè la futura persona che nascerà con il rifiuto dei genitori, (ammesso che ci siano entrambi o più spesso uno.. se non addirittura nessuno!), e in situazioni spesso disastrose, è probabile che farà una vita sofferta... Poi qui (concedetemi la battuta) fanno pure strike perchè con un evento coinvolgono direttamente almeno 2 persone.. E’ necessario per loro non far decidere la propria coscienza. 4) Ai Dico contraria, perchè chi potrebbe avvalersene eliminerebbe in parte il proprio disagio.. 6) Alla pillola del giorno dopo (e pillola Ru486) contraria, perchè chissà un errore o un’avventura di sesso che situazione difficile e dolorosa può senz’altro creare... 5) Alla contraccezione contraria, preservativo contraria (vedi aborto... e poi senza preservativo si riesce a trasmettere malattie veneree); ...e potrei andare ancora molto avanti... Radio Vaticana invece, quella SI’! Bambini con la leucemia (è noto e stranoto a tutti che le onde elettromagnetiche porta ai bambini in tenera età un elevato rischio di leucemia) di quelli invece chissenegrega.. dell’embrione di 2 giorni quello Sì! Occorre guardare in faccia l’evidenza e la realtà. La storia dovrebbe averci insegnato qualcosa sebbene indubbiamente l’istinto di affidarsi a qualcuno è più forte di qualsiasi evidenza. Sono stufo di sopportare le ingiustizie... Ce ne sono tante è vero, ma questa non si sa.. e loro continuano (da secoli) a fare solo i propri interessi, a prenderci in giro alle nostre spalle e a sfruttare i dolori della povera gente... Spero chiunque legga, non metta da parte questo discorso, ma ci rifletta..e bene: capisco che non è facile mettere in discussione le proprie idee, ormai solidificate e consolidate sin da piccoli, capovolgere completamente un’idea solo in teoria pulita e guardare in faccia la cruda realtà, ma dobbiamo partire dal fatto che le decisioni del Vaticano e i loro dictat NON RAPPRESENTANO il vero volere del Signore (per coloro che ci credono), ossia la felicità dell’uomo, il bene e il meglio per ciascuno di noi, ma semplicemente i loschi affari della lobby più potente e, ripeto, più antica al mondo.
Doverosa precisazione: ovviamente sono il primo che ha la massima stima e il più grande rispetto per quelle piccole-grandi persone, parroci e missionari in Italia e all’estero, che dedicano la loro vita ad aiutare e far sorridere gli altri.
I mercanti (ancora) nel tempio
risponde Luigi Cancrini (il’Unità 25.03.2010)
Anziché preoccuparsi di non dare scandalo, non solo con gravi fatti di pedofilia sempre negati o coperti, i signori ecclesiastici intervengono ancora in soccorso alla destra di Berlusconi con la solita lezioncina sull’aborto, platealmente sconsigliando il voto per i candidati della sinistra.
Convinto come sono del fatto che l’etica di un uomo moderno debba fondarsi ancora sulla lettura dei Vangeli e del fatto che la Chiesa come comunità di fedeli è molto più avanti di chi la guida, sento in modo particolarmente acuto (e quasi doloroso) la contraddizione che c’è fra la parola di Gesù e la pratica politica recente del Vaticano. Vicino a coloro che soffrono e alle ragioni della loro sofferenza, Gesù sarebbe stato assai infastidito da un circo come quello di Berlusconi e dai vescovi che con tanto cinismo lo sostengono nelle sue battaglie elettorali: utilizzando, stavolta, il dolore della donna (e dell’uomo) che arriva (arrivano) a ritenere necessario un aborto per attribuire all’uomo di Arcore il ruolo di custode della moralità.
Qualcuno arriverà ancora una volta, forse, a scacciare i mercanti dal tempio. Quello di oggi è davvero un momento buio, comunque, per una gerarchia assediata dalle denunce sulla pedofilia e dalle proteste di chi, credente, le chiede conto di questo brutto aiuto elettorale dato, come al tempo del Family Day, a un uomo la cui straripante immoralità è sotto gli occhi di tutti.
La mia Irlanda complice dei preti pedofili
di Joseph O’Connor (la Repubblica, 22.05.2009)
L’Irlanda in questi giorni sta vivendo un trauma inverosimile e terribile. Dopo aver trascorso il decennio scorso a crogiolarci in una cappa di autocompiacimento per i nostri successi economici, ci troviamo di fronte a una realtà completamente diversa, dalla quale risulta che quel boom è stato illusorio. Politici corrotti, avidi banchieri, speculatori immobiliari hanno quasi mandato a rotoli il nostro Paese e, come se non bastasse, la notizia ufficiale di questi giorni dei maltrattamenti e delle sevizie dei preti sui bambini a loro affidati conferma ciò che sapevamo da tempo nel fondo dei nostri cuori.
In altri Paesi i pedofili si nascondono: in Irlanda si nascondono in piena vista. Nella maggioranza dei casi, i bambini vittime di soprusi e violenza non sono stati creduti. Nessuno ha dato loro retta, nemmeno le loro famiglie. Poiché le rivelazioni delle sistematiche violenze e sopraffazioni sui bambini irlandesi arrivano in questa fase della nostra storia è inevitabile che scatenino rabbia e collera profonde. In parte questa reazione è dovuta ai racconti, così strazianti, così pieni di episodi crudeli da far venire le lacrime agli occhi di chi li legge.
In parte, però, è dovuta anche al fatto che è ormai palese che per decenni l’organizzazione più potente e ricca di Irlanda, la Chiesa Cattolica nelle sue molteplici denominazioni, ha fatto tutto ciò che le era possibile per mettere a tacere le sue vittime. Le scuse - se mai ci sono state - sono state equivoche e ambigue. Sono state assunte frotte di avvocati, incaricati di contestare le accuse. Quando, per le pressioni delle associazioni dei violentati e di un’opinione pubblica sempre più inferocita, si è riusciti a ottenere dalla Chiesa un programma di risarcimenti di natura finanziaria, le sue condizioni si sono rivelate talmente generose nei confronti dei colpevoli che molti hanno giudicato il comportamento del governo a dir poco inadeguato.
Dal mio punto di vista, però, esiste un contesto più ampio in grado di spiegare l’ira del popolo irlandese. Sappiamo che la responsabilità è di molti: le colpe non sono solo della Chiesa Cattolica, né solo di una sfilza di ingiustificabili governi irlandesi, ma della società stessa, di ogni suo elemento. È proprio questo a far sentire così profondamente a disagio l’Irlanda. Quasi tutti erano a conoscenza dei preti pedofili e violenti.
Non sto esagerando: una delle organizzazioni di sopravvissuti a questi abominevoli reati si chiama "One in Four" ("Uno su quattro") perché è stato statisticamente provato che circa un quarto dei bambini irlandesi ha subito un maltrattamento fisico o una violenza sessuale, a casa propria, a scuola, ovunque avrebbe dovuto sentirsi invece protetto. C’è chi ha distolto gli occhi guardando, chi si è tappato le orecchie. I bambini sono stati trattati con un’irrilevanza sovrumana in Irlanda, una società che per difendere un prete sarebbe disposta a mettersi a testa in giù in una contorsione morale, ma che per un bambino vittima di stupro non muoverebbe un dito.
Mio padre, cresciuto in un quartiere della classe operaia nella parte antica di Dublino, ricevette l’unica istruzione dai Christian Brothers: malgrado non abbia subito maltrattamenti, né sia mai stato molestato sessualmente, e benché parli con rispetto di quegli istitutori che si occupano dei bambini più poveri, a scuola visse sempre nella paura.
Certo, mi riferisco agli anni Quaranta, quando forse i metodi di insegnamento erano ovunque autoritari e brutali. Ma un amico mio coetaneo, che ha frequentato la stessa scuola negli anni Ottanta, mi ha parlato del suo terrore sui banchi di scuola, giorno dopo giorno. Il panico lo assaliva non appena varcava i cancelli della scuola e si dileguava soltanto quando rientrava a casa. Ancora oggi, non è mai tornato a visitare la sua scuola, si tiene alla larga addirittura dalla strada dove si trova, proprio come un vicino di casa che ha riferito a mia moglie di non poter vedere nemmeno da lontano l’edificio nel quale ha studiato, quello stesso istituto gestito dai Christian Brothers. È inevitabile a questo punto chiedersi: dove erano gli ispettori del governo? Dove erano i funzionari? E i burocrati? Come si è potuto permettere che tutto ciò accadesse?
Devo sottolineare che il contributo dato dalla giornalista irlandese Mary Raftery sul canale televisivo nazionale Rte è stato determinante per porre fine all’omertà. La leadership audace e coraggiosa di cui ha dato prova il giornalista Colm O’Gorman - egli stesso vittima di violenze sessuali e maltrattamenti dai preti - è stata fondamentale per costringere le autorità a guardare in faccia la verità. Persone come loro si sono rifiutate di essere messe a tacere, pur avendo incontrato nella loro ricerca di giustizia un numero davvero irrisorio di alleati. Ora penso di sapere perché. Il comportamento di alcuni preti e di alcune suore è stato sicuramente delinquenziale, nella piena accezione del termine. Ma niente è mai stato fatto per fermarli. L’Irlanda, già afflitta dal senso di colpa per gli insuccessi finanziari, ora lo è anche per questi casi di maltrattamento e violenza su minori. Siamo entrati in un vortice di recriminazione, una spirale nella quale gli innocenti sono puniti con i colpevoli.
È comprensibile. Alcuni esponenti del clero meritano sicuramente di essere oggetto di stigma, ma il mio ammonimento è che questa è un’altra forma di equivoco morale. Per evitare le accuse si deve essere scioccati, o quanto meno fingere di esserlo. Solo così si riesce a frapporre della distanza tra sé e simili avvenimenti osceni. C’è tuttavia un dato, nudo e crudo, di cui non si può non tener conto: non possiamo dimenticare quanto poco lo Stato abbia fatto per proteggere i poveri irlandesi, e in che misura i bambini irlandesi poveri, più vulnerabili e deboli, affidati a istituzioni di crudeltà dickensiana, siano stati letteralmente abbandonati nella santità dei bassifondi morali. Si tratta di una vecchia storia, una storia terribile. Quando puntate un dito per accusare, siate sempre consapevoli che tre delle dita della vostra stessa mano puntano contro di voi.
Traduzione di Anna Bissanti. Il romanzo "La moglie del generale" di Joseph O’Connor è pubblicato in Italia da Ugo Guanda Editore
I casi di pedofilia in Irlanda sono l’ultima fermata della via crucis. E in Italia? Cronaca dall’ultima frontiera della Chiesa
Pedofilia, il lato oscuro della Chiesa
Per don Luigi Ciotti "serve trasparenza, bisogna ripensare la formazione dentro i seminari" "Quei resoconti sono terribili. La crisi è profonda, senza ritorno" dice don Antonio Mazzi Spesso i bambini devono diventare adulti per riuscire a descrivere ciò che hanno subito. Così è accaduto a fine 2008 in un collegio veronese per sordi
di Maria Novella De Luca (la Repubblica, 22.05.2009)
Raccontano di stanze buie, di violenze nelle camerate, di molestie nel confessionale. Ricordano nel dettaglio botte, sevizie, ricatti, attenzioni morbose, paura e vergogna. Anche se sono passati venti, trenta, quarant’anni. Loro, gli ex bambini, non dimenticano. Erano piccoli, adolescenti, disabili, orfani. La Chiesa apre il suo archivio più sconvolgente, per la prima volta in tutto il mondo le vittime parlano e vengono ascoltate, e si scopre che i casi di pedofilia sono migliaia e migliaia. La Chiesa americana, quella australiana, e ieri, dopo nove anni di inchiesta, la chiesa irlandese: negli enti per minori gestiti da religiosi generazioni di bambini hanno subito stupri e soprusi. Per colpa di "preti traditori", così li aveva chiamati un anno fa papa Ratzinger a Sydney, affermando che chi si macchia di queste colpe «è una vergogna per la Chiesa» e deve essere processato. Il risultato è che le storie vengono alla luce, è di pochi mesi fa la denuncia degli ex allievi dell’Istituto "Antonio Provolo" di Verona, bambine e bambini sordomuti oggi adulti di mezza età, che in sessanta hanno raccontato di essere stati «violentati e bastonati per anni», dai religiosi che li avrebbero dovuti accudire e proteggere, e che oggi nonostante le accuse sono ancora lì, in quello stesso istituto. Dal 2000 ad oggi sono almeno 60 i casi di preti condannati o in attesa di giudizio perché colpevoli di abusi sessuali. Una presa d’atto durissima per chi nella Chiesa lavora e alla dedizione agli altri ha consacrato la propria vita. Come don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele di Torino, presidente di Libera, che dice: «Ci vuole trasparenza, quanti silenzi complici ci sono stati, bisogna ripensare la formazione nei seminari, il cammino verso il sacerdozio».
Con un dolore tremendo però. «Come si fa a non sentirsi sconvolti leggendo che cosa è successo in Irlanda, è giusto cercare la verità, punire chi ha coperto gli abusi. Ma ci vuole attenzione, questa è una pagina oscura che non deve infangare la parte sana della Chiesa, anche se è necessario fermarsi, riflettere. Difendendo le vittime, ma accogliendo anche chi ha sbagliato». E don Ciotti racconta di aver seguito più di un prete accusato di pedofilia, e di averlo "accompagnato" verso il processo. Cercando di guardare quel lato oscuro, malato, che poi diventa crimine.
La Chiesa si apre e svela il lato buio. A scorrere le cronache giudiziarie i casi italiani sono decine e decine. Alcuni più noti, e a lungo coperti dalle gerarchie ecclesiastiche, come quello di don Lelio Cantini, sacerdote fiorentino ritenuto colpevole di «abusi sessuali pluriaggravati e continuati su minori», ma restato al suo posto di parroco fino al 2005, quando ormai ottantenne è stato "punito" dal Papa con la riduzione allo stato laicale. Per 10 anni, dal 1975 al 1985 aveva imposto rituali sessuali di ogni tipo a ragazzi e ragazze adolescenti che soltanto anni dopo avrebbero trovato il coraggio di denunciare.
Perché spesso accade così. Gli ex bambini devono diventare adulti per riuscire a descrivere ciò che hanno subito. A volte perché l’orrore è tale che si cerca di dimenticare, più spesso però perché non vengono creduti. C’è da osservare infatti il contesto in cui questi fatti accadono, collegi, comunità, scuole, oratori. Contesti fragili, di storie difficili. Come la Comunità Incontro di don Pierino Gelmini ad Amelia, famosa e iper-sponsonsorizzata comunità di recupero per tossicodipendenti. Nell’agosto del 2007 due ex pazienti della comunità accusano don Gelmini di averli ripetutamente molestati e abusati trai il 1999 e il 2004, quando erano ancora minorenni. «Ci portava nella stanza del camino e ci faceva quelle carezze». Gli inquirenti ritengono le accuse fondate, decine di politici si mobilitano in difesa del sacerdote, che viene però rinviato a giudizio.
La Chiesa svela il suo lato oscuro. Don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, parla con il dolore nella voce e con veemenza. «Leggendo il resoconto delle sevizie fatte sui bambini negli istituti gestiti da religiosi ho capito che la crisi è totale, senza ritorno, che questa Chiesa pensa soltanto ad esibire ricchezza e potere, dimenticando le scritture, profezia. Non sono pochi casi, è un orrore che va dall’America all’Australia, dall’Irlanda all’Italia: noi dobbiamo guardarci dentro, ci vuole un nuovo concilio - incalza don Mazzi - com’è possibile che centinaia di preti abbiano distrutto le vite di bambini innocenti, approfittando dei più fragili, gli organi, i disabili, che avrebbero invece dovuto proteggere. Come a Verona, nell’istituto per piccoli sordomuti...Davvero è accaduto tutto questo? E il Vaticano che fa, dov’è?».
La malattia è estesa, aggredisce più lati, avanza. Ma la Chiesa ne parla, apre gli archivi, condanna. Proprio sull’Avvenire, il quotidiano della Cei, lo psichiatra Vittorino Andreoli, in una serie di riflessioni dedicate alla vita del prete, spezza il tabù, e parla dei sacerdoti pedofili. «Il sacerdote, che è uomo della sacralità, si rivolge ai bambini ma come oggetto di piacere sessuale. Il che produce l’immagine peggiore che possa venire da un prete e dà il senso proprio della degenerazione...Per questo credo che nel caso dei preti pedofili sia fondamentale poter intervenire presto, se ciò è dato; e che in ogni caso la pena sia applicata con severità. E, assieme gli sia accordata la cura...».
Certo, la reticenza c’è, ed è ancora forte, soprattutto ad uscire dalle pieghe delle istituzioni vaticane, dei propri tribunali e consegnare i preti pedofili ai tribunali dello Stato. E di questo cupo castello ancora presente di omertà e resistenze, dà conto un piccolo ma dettagliato libro dal titolo provocatorio «Lasciate che i pargoli vengano a me. Storie di preti pedofili in Italia» di Paolo Pedote. Un viaggio attraverso quindici casi di religiosi condannati per violenza sessuali. Nomi a volte poco noti, o dimenticati, se non ci fossero le vittime, piccole, spesso inascoltate, a volte addirittura messe al bando, a ricordare il lato oscuro della Chiesa. Ecco allora don Marco Gamba, giovane parroco di Chiusa San Michele (Torino), condannato a 4 anni (con un notevole sconto) per il possesso di materiale pedopornografico e per violenza sessuale aggravata su due giovani chierichetti. O don Giorgio Mazzoccato, parroco della borgata di Arpinova, a due passi da Foggia, condannato a sei anni di reclusione per aver molestato e abusato di 10 bambine e bambini dai 7 ai 12 anni, attirandoli in casa sua, dentro il confessionale, durante le gite della parrocchia. E poi don Giuseppe Rassello, don Luciano Michelotti, don Giorgio Carli, don Bruno Puleo, don Romano Dany, don Mauro Stefanoni, don Paolo Pellegrini, don Marco Cerullo. Centinai di preti, centinaia di piccole vittime. Un catalogo lungo, dettagliato, triste.
Noi vittime dei preti pedofili
di Paolo Tessadri (l’Espresso, 23.01.2009) *
Decine di bambini e ragazzi sordi violentati e molestati in un istituto di Verona fino al 1984. E dopo decenni di tormenti, gli ex allievi trovano la forza di denunciare gli orrori. Ma molti dei sacerdoti sono ancora lì
Per oltre un secolo è stato un simbolo della carità della Chiesa: una scuola specializzata per garantire un futuro migliore ai bambini sordi e muti, sostenendoli negli studi e nell’inserimento al lavoro. L’Istituto Antonio Provolo di Verona ospitava i piccoli delle famiglie povere, figli di un Nord-est contadino dove il boom economico doveva ancora arrivare. Fino alla metà degli anni Ottanta è stato un modello internazionale, ma nel tetro edificio di Chievo, una costruzione a metà strada tra il seminario e il carcere, sarebbero avvenuti episodi terribili.
Solo oggi, rincuorati dalle parole di condanna pronunciate da papa Ratzinger contro i sacerdoti pedofili, decine di ex ospiti hanno trovato la forza per venire allo scoperto e denunciare la loro drammatica esperienza: "Preti e fratelli religiosi hanno abusato sessualmente di noi". Un’accusa sottoscritta da oltre 60 persone, bambini e bambine che hanno vissuto nell’Istituto, e che ora scrivono: "Abbiamo superato la nostra paura e la nostra reticenza".
Gli abusi di cui parlano sarebbero proseguiti per almeno trent’anni, fino al 1984. Sono pronti a elencare una lunga lista di vittime e testimoni, ma non possono più rivolgersi alla magistratura: tutti i reati sono ormai prescritti, cancellati dal tempo. I sordomuti che dichiarano di portarsi dentro questo dramma sostengono però di non essere interessati né alle condanne penali né ai risarcimenti economici. Loro, scrivono, vogliono evitare che altri corrano il rischio di subire le stesse violenze: una decina dei religiosi che accusano oggi sono anziani, ma restano ancora in servizio nell’Istituto, nelle sedi di Verona e di Chievo. Per questo, dopo essersi rivolti al vescovo di Verona e ai vertici del Provolo, 15 ex allievi hanno inviato a ’L’espresso’ le testimonianze - scritte e filmate - della loro esperienza.
Documenti sconvolgenti, che potrebbero aprire uno squarcio su uno dei più gravi casi di pedofilia in Italia: gli episodi riguardano 25 religiosi, le vittime potrebbero essere almeno un centinaio.
La denuncia
Gli ex allievi, nonostante le difficoltà nell’udito e nella parola, sono riusciti a costruirsi un percorso di vita, portandosi dentro le tracce dell’orrore. Dopo l’esplosione dello scandalo statunitense che ha costretto la Chiesa a prendere atto del problema pedofilia, e la dura presa di posizione di papa Benedetto XVI anche loro hanno deciso di non nascondere più nulla. Si sono ritrovati nell’Associazione sordi Antonio Provolo e poi si sono rivolti alla curia e ai vertici dell’Istituto. Una delle ultime lettere l’hanno indirizzata a monsignor Giampietro Mazzoni, il vicario giudiziale, ossia il magistrato del Tribunale ecclesiastico della diocesi di Verona. È il 20 novembre 2008: "I sordi hanno deciso di far presente a Sua Eminenza il Vescovo quanto era loro accaduto. Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell’Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave).
I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all’Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna". E ancora: "Come non bastasse, i bambini e ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza". Seguono le firme: nome e cognome di 67 ex allievi.
Le storie
I protagonisti della denuncia citano un elenco di casi addirittura molto più lungo, che parte dagli anni Cinquanta. Descrivono mezzo secolo di sevizie, perfino sotto l’altare, in confessionale, dentro ai luoghi più sacri.
Quei bambini oggi hanno in media tra i 50 e i 70 anni: il più giovane compirà 41 anni fra pochi giorni. Qualcuno dice di essere stato seviziato fino quasi alla maggiore età. Gli abusi, raccontano, avvenivano anche in gruppo, sotto la doccia. Scene raccapriccianti, impresse nella loro memoria. Ricorda Giuseppe, che come tutti gli altri ha fornito a ’L’espresso’ generalità complete: "Tre ragazzini e tre preti si masturbavano a vicenda sotto la doccia". Ma la storia più angosciante è quella di Bruno, oggi sessantenne, che alla fine degli anni Cinquanta spiccava sugli altri bambini per i lineamenti angelici: era il ’bello’ della sua classe. E solo ora tira fuori l’incubo che lo ha tormentato per tutta la vita: "Sono diventato sordo a otto anni, a nove frequentavo il Provolo che ho lasciato a 15 anni. Tre mesi dopo la mia entrata in istituto e fino al quindicesimo anno sono stato oggetto di attenzioni sessuali, sono stato sodomizzato e costretto a rapporti di ogni tipo dai seguenti preti e fratelli.". Ha elencato 16 nomi. Nella lista anche un alto prelato, molto famoso a Verona: due sacerdoti del Provolo avrebbero accompagnato Bruno nel palazzo dell’ecclesiastico.
"Era il 1959, avevo 11 anni. Mi ha sodomizzato e preteso altri giochi sessuali. È stata un’esperienza terribile che mi ha procurato da adulto gravi problemi psicologici".
Il dramma
Un altro ex allievo, Guido, dichiara di essere stato molestato da un prete: "Avveniva nella sua stanza all’ultimo piano. E mi costringeva a fare queste cose anche a Villa Cervi durante le colonie estive e al campeggio sul lago di Garda". Carlo è rimasto all’istituto dai 7 ai 18 anni, e chiama in causa un altro sacerdote: "Mi costringeva spesso con punizioni (in ginocchio per ore in un angolo) e percosse (violenti schiaffi e bastonature) ad avere rapporti con lui". Altre volte si sarebbe trattato di bacchettate sulle mani, mentre di notte "nello stanzone dove dormivo con altri sordi spesso mi svegliava per portarmi nei bagni dove mi sodomizzava o si faceva masturbare. Non ho mai dimenticato".
Sono racconti simili. Tragedie vissute da bambini di famiglie povere, colpiti dalla sordità e poi finiti tra le mura dell’istituto; drammi tenuti dentro per decenni. Ricostruisce Ermanno: "La violenza è avvenuta nei bagni e nelle stanze dell’Istituto Provolo e anche nella chiesa adiacente". "Se rifiutavo minacciava di darmi un brutto voto in condotta, questi fatti mi tornano sempre in mente", scrive un altro. Giuseppe qualche volta a Verona incontra il suo violentatore, "ancora oggi quando lo vedo provo molto disagio. Non sono mai riuscito a dimenticare". Stando alle denunce, le vittime erano soprattutto ragazzini. Ma ci sono anche episodi testimoniati da bambine. Lina ora ha cinquant’anni, è rimasta "all’istituto per sordomuti dai sei ai 17 anni. A tredici anni nella chiesa, durante la confessione faccia a faccia (senza grata), il sacerdote mi ha toccata il seno più volte. Ricordo bene il suo nome. Io mi sono spaventata moltissimo e da allora non mi sono più confessata". Giovanna scrive che un altro prete "ha tirato fuori il membro e voleva che lo toccassi". E per molte ragazzine i fatti avvenivano nella chiesa dell’istituto, sotto l’altare. A qualcuna, però, è andata molto peggio.
Gli esposti
Oggi l’Istituto Antonio Provolo ha cambiato completamente struttura e missione. Le iniziative per il sostegno ai sordomuti sono state ridimensionate e vengono finanziate anche dalla Regione Veneto. Adesso l’attività principale è il Centro educativo e di formazione professionale, gestito interamente da laici, che offre corsi d’avanguardia per giovani ed è specializzato nella riqualificazione di disoccupati. Al vertice di tutto ci sono sempre i religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria per l’educazione dei sordomuti, che dipendono direttamente dalla Santa Sede. Alla Congregazione si sono rivolti gli ex allievi chiedendo l’allontanamento dei sacerdoti chiamati in causa. Secondo la loro associazione, "c’è già stata più di un’ammissione di colpa". La più importante risale al 2006, quando don Danilo Corradi, superiore generale dell’Istituto Provolo, avrebbe incontrato più di 50 ex allievi. Secondo l’Associazione, il superiore a nome dell’Istituto avrebbe chiesto 12 volte scusa per gli abusi commessi dagli altri religiosi. I testimoni ricostruiscono una riunione dai toni drammatici: don Corradi che stringe il capo fra le mani, suda, chiede perdono, s’inginocchia. Ma i sordomuti avrebbero preteso l’allontanamento dei sacerdoti coinvolti, senza ottenerlo. A ’L’espresso’ don Danilo Corradi fornisce una versione diversa: "Ho sentito qualcosa, ma io sono arrivato nel 2003 e di quello che è successo prima non so. Non rispondo alle accuse, non so chi le faccia: risponderemo dopo aver letto l’articolo".
La Curia
Da quasi due anni gli ex allievi si sono appellati anche alla Curia di Verona, informandola nel corso di più incontri. Il presidente della Associazione sordi Antonio Provolo, Giorgio Dalla Bernardina, ne elenca tre: a uno hanno preso parte 52 persone. E scrive al vescovo: "Nonostante i nostri incontri in Curia durante i quali abbiamo fatto presente anche e soprattutto gli atti di pedofilia e gli abusi sessuali subiti dai sordomuti durante la permanenza all’istituto, a oggi non ci è stata data alcuna risposta". L’ultima lettera è dell’8 dicembre 2008. Pochi mesi prima, a settembre, avevano fatto l’ennesimo tentativo, inviando una raccomandata al vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti. Senza risposta, "nonostante le sue rassicurazioni e promesse di intervento". Questa missiva è stata firmata da tre associazioni di sordi: Associazione Sordi Antonio Provolo, Associazione non udenti Provolo, Associazione sordi Basso Veronese-Legnago.
Il vescovo, interpellato da ’L’espresso’, replica con una nota scritta: "Il Provolo è una congregazione religiosa. In quanto tale è di diritto pontificio e perciò sotto la giurisdizione del Dicastero dei religiosi. La diocesi di Verona, sul cui territorio è sorta la Congregazione, apprezza l’opera di carattere sociale da essa svolta in favore dei sordomuti". Poi monsignor Giuseppe Zenti entra nel merito: "Per quanto attiene l’accusa di eventuale pedofilia, rivolta a preti e fratelli laici, che risalirebbe ad alcune decine di anni fa, la diocesi di Verona è del tutto all’oscuro. A me fecero cenno del problema alcuni di una Associazione legata al Provolo, ma come ricatto rispetto a due richieste di carattere economico, nell’eventualità che non fossero esaudite. Tuttavia a me non rivolsero alcuna accusa circostanziata riferita a persone concrete, ma unicamente accuse di carattere generico. Non ho altro da aggiungere se non l’impegno a seguire in tutto e per tutto le indicazioni contenute nel codice di diritto canonico e nelle successive prese di posizione della Santa Sede. Nella speranza che presto sia raggiunto l’obiettivo di conoscere la verità dei fatti".
L’Associazione sordi Antonio Provolo risponde al vescovo negando qualunque ricatto o interesse economico: "Gli abbiamo soltanto fatto presente i problemi, noi vogliamo che quei sacerdoti vengano allontanati perché quello che hanno fatto a noi non accada ad altri".
* (22 gennaio 2009)
La diocesi di Los Angeles paga la cifra record. Gli abusi compiuti dai suoi sacerdoti su una ragazza di 16 anni
E il cardinale Mahony rivela: un anno fa aggredito da un uomo inferocito per lo scandalo pedofilia nella Chiesa
Usa, violentata da sette preti
risarcita con 500mila dollari *
LOS ANGELES - Violentata per anni da sette preti, ha vinto un risarcimento record. Rita Milla, che oggi ha 46 anni, ha subito violenze sessuali a partire dall’età di 16 anni; ma oggi l’arcidiocesi di Los Angeles, retta dal cardinale Roger Mahony, ha dovuto tirare fuori dalle proprie casse mezzo milione di dollari. E lo stesso cardinale ha fatto le spese in prima persona della rabbia della gente sconvolta per gli scandali sessuali in cui è rimasta coinvolta la Chiesa californiana: lo scorso anno Mahony è stato vittima di un’aggressione violenta da parte di un uomo per strada, secondo quanto hanno raccontato alcuni sacerdoti con cui il cardinale si confidò.
Il caso di Rita Milla, riferito dalla rete tv Cbs e finito su tutte le prime pagine dei giornali americani, è particolarmente crudo: la donna ha una figlia da uno di questi sacerdoti, mentre un altro aveva cercato di farla abortire dandole il denaro per recarsi nelle Filippine dove mettere in atto l’interruzione della gravidanza.
Per la diocesi di Los Angeles è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di abusi sessuali: di recente la Chiesa della metropoli californiana ha pagato ingenti risarcimenti per centinaia di casi di violenze e molestie sessuali di cui si sono resi colpevoli negli anni sacerdoti del proprio clero. L’aggressione del cardinale Mahony si colloca in questo contesto: è avvenuta lo scorso anno, proprio dopo un patteggiamento di 660 milioni di dollari per gli abusi sessuali compiuti su oltre 500 minori della comunità. E’ stato il maggiore ad essere mai stato pagato negli Stati Uniti per un caso di questo tipo. L’aggressione di Mahony, finora rimasta segreta, è stata riferita da alcuni preti che erano presenti all’incontro in cui lui la raccontò. Nessun commento ufficiale arriva oggi da parte del cardinale, che, secondo i racconti, ci mise un mese per rimettersi dall’assalto.
E’ stata l’avvocato di Rita Milla, Gloria Allred, a rivelare alcuni particolari della vicenda giudiziaria. La donna aveva 16 anni quando il prete Santiago Tamayo cominciò a molestarla sessualmente e poi iniziò ad avere una relazione con lei. Quindi Tamayo le presentò altri sei sacerdoti che abusarano sessualmente di lei, e uno di essi la mise incinta.
Poco prima di morire, nel 1999, don Tamayo si scusò con la donna e fornì le prove che incastrarono gli altri preti colpevoli di aver compiuto violenze sessuali su Rita Milla. Ancora nel 2003 un tribunale dello Stato della California stabilì che il padre della figlia della donna era proprio un sacerdote, Valentie Tugade.
Sullo scandalo l’arcidiocesi di Los Angeles non ha voluto commentare, ma il cardinale Mahony ha rilasciato una dichiarazione con la quale ha voluto riconfermare l’impegno della Chiesa degli Stati Uniti nella protezione dei bambini e nella prevenzione degli abusi sessuali.
E’ solo dei giorni scorsi un altro caso di abusi sessuali aveva colpito la Chiesa americana. La diocesi di Davenport, nello Stato dell’Iowa, aveva accettato un accordo legale in base al quale dovrà sborsare 37 milioni di dollari a 156 vittime di abusi sessuali commessi dai suoi sacerdoti fra il 1930 e il 2003.
* la Repubblica, 5 dicembre 2007.
Le mele marce impazzano
Aumenta a dismisura il numero dei vescovi beccati mentre si comportavano in modo poco consono al loro ruolo e costretti alle dimissioni.
Fonte: http://www.resistenzalaica.it/index.php?option=com_content&task=view&id=486&Itemid=1
Il sesso si sta facendo strada a tutti i livelli persino nelle strutture clericali che sembravano destinate a esserne indenni. Respinto finora al grido "Vade retro, Satana", oggi ha vinto la sua millenaria battaglia, conseguendo l’ambizioso obiettivo di distruggere la dignità dei prelati che occupano gli scranni più alti nella scala gerarchica. Da un timeline del sito dei "Sopravvissuti agli abusi del clero", che riporta notizie riprese dai network di tutto il mondo, apprendiamo che il frutto proibito è così gustoso che neppure i vescovi riescono più a resistere al suo richiamo. Costoro sceglievano le persone da violentare tra donne sole, preti sottomessi, orfani, genitori vhe vivevano nella miseria più nera e parrocchiane bisognose di affetto. Hanno abusato dei preti che dipendevano da loro, ad esempio, Patrick Ziemann, Rembert Weakland, Bernard Law e Julius Paetz. Il primo è stato accusato da un prete che aveva rubato i fondi della parrocchia di averlo sodomizzato per punirlo di quanto aveva fatto, ma il vescovo ha obiettato che col tempo la relazione era diventata consensuale, come se questo costituisse una esimente. Il secondo ha messo a tacere con 450.000 dollari un suo dipendente che aveva violentato attirandolo in una trappola. Gli altri due si sono limitati a molestare un discreto numero di preti che appartevano alla loro parrocchia.
Hanno ingravidato le loro parrocchiane, tradendo la loro fiducia, Eugene Marino, Robert Sanchez, James Mc Carthy, HansJoerg Vogel, Robert Wright. Sono stati condannati per pedofilia Keith Symmons, Antony O’ Connell, Kendrick Williams, Hubert O’ Connor, Hans Herman Groer e Edgardo Storni, per aver perseguitato per anni ragazzi e ragazze, studenti e seminaristi di tutte le età e appartenenti a tutte le parrocchie dei dintorni. Sono stati accusati di aver nascosto gli abusi dei loro preti Thomas O’ Brien, Alfonso Penney, John Aloysius Ward e Brendon Komiskey. Casi particolari sono quelli di Eamon Casey e Franziscus Eisenback. Il primo ha confessato di aver comprato il silenzio della madre di un bambino di cui si era incapricciato e il secondo ha approfittato di una donna che fingeva di esorcizzare.
La stranezza dei comportamenti e gli eccessi a cui si sono lasciati andare prelati tenuti nella più alta considerazione per la loro specchiata condotta fa pensare ai crolli morali improvvisi e spaventosi che preannunciano la fine di una civiltà.
* Il dialogo.org, Mercoledì, 26 settembre 2007
OFFENSIVA LEGALE DEL VATICANO
Un Perry Mason per i preti pedofili
All’americano Lena il contenzioso sugli abusi sessuali
di FILIPPO DI GIACOMO (La Stampa, 4/11/2007 - 8:30).
ROMA. Sulla porta dell’ufficio che occuperà, nella segreteria di Stato vaticana, c’è già il suo nome. Si chiama Jeffrey Lena l’avvocato americano che la Santa Sede ha assunto per occuparsi del contenzioso che la oppone, in vari stati del mondo, alle vittime di abusi sessuali da parte di preti. Questa, la motivazione ufficiale. Quella ufficiosa, suggerita dai fatti recentemente accaduti anche dentro le mura leonine, appare confermata dalla collocazione dell’ufficio dell’avvocato Lena, situato a metà strada tra la sezione amministrativa e quella legale del Vaticano. Insomma, una sorta di addentellato dell’ufficio del personale e di quello disciplinare, per un problema che sembra decisamente avviarsi ad essere seriamente preso in mano. La Chiesa Cattolica è l’unica confessione cristiana ad avere un sistema di archivi completo e preciso. E dall’analisi delle cartelle dei 150 mila sacerdoti e religiosi che hanno servito la Chiesa negli Usa dagli Anni Sessanta al 1980, risulta che le accuse di pedofilia hanno colpito circa 500 persone, quindi lo 0,3% del clero e dei religiosi. Le accuse che poi sono state anche provate, fanno scendere la statistica allo 0,2%. I dati americani risultano confermati anche dallo studio incrociato condotto negli archivi di altre circoscrizioni ecclesiastiche.
Tuttavia, gli stessi studi, fanno emergere una situazione più complessa sulla presenza di ministri consacrati di indole omosessuale. Quanti siano, non è dato sapere. Qualche anno fa Donald Cozzens, il rettore del seminario cattolico di Cleveland, in The Changing Face of the Priesthood, riportava tassi che oscillavano dal 23 al 80%. Un altro studioso, Leon J. Podles, suggerisce invece, probabilmente in modo più compiuto, che il tasso tra gli ordinati attualmente in servizio si attesta sotto il 20%, cioè con una percentuale da 7 a 8 volte maggiore rispetto a quello della popolazione generale. Come sostiene Michael Rose nel suo libro Goodbye! Good Men, c’è un’attiva sub-cultura omosessuale dentro la Chiesa Cattolica. Frutto, secondo molti, della confusione conseguente alla rivoluzione sessuale degli Anni 60 associata ai tumulti dottrinali e disciplinari conseguenti al Concilio Vaticano II ed alla maggiore approvazione del comportamento omosessuale nella società. Il tutto, in un mix che ha facilitato agli omosessuali attivi l’ammissione al sacerdozio e, non di rado, ha creato l’ambiente per la loro cooptazione ad incarichi importanti. Con le strutture vaticane ormai non in condizione, per ovvi motivi, di controllare alcuno, il compito dell’avvocato Jeffrey Lena appare importante e, probabilmente, destinato a diventare presto assai ingrato.
Così appare anche il lavoro che il cardinale Giovan Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi, sta svolgendo in questo particolare momento della vita della Chiesa. Voci insistenti lo danno prossimo alla cessazione dell’incarico per un oscuro intreccio con le vicende del suo amico Antonio Fazio e di altri personaggi coinvolti in bancopoli. Un quotidiano lo aveva indicato, qualche mese fa, destinatario del fervorino che un Fiorani, appena uscito dal carcere avrebbe indirizzato a un non meglio precisato porporato: «Voi vedete uno che vi dà i soldi, come io v’ho sempre dato i soldi in contanti, e tutto andava bene. Poi, quando una persona è in disgrazia non fate neanche una chiamata a sua moglie per sapere se sta bene o se sta male». La risposta del porporato sarebbe stata: «La Chiesa è fatta di uomini e gli uomini sbagliano». E Fiorani, di rimando: «Sì, è vero, è fatta di uomini, ma io sto parlando con lei, non sto parlando con un parroco di campagna».
Perché poi, notizie non pubblicate di recente tornino a circolare ogni volta che la Santa Sede deve provvedere ad una nomina importante, sembra abbastanza facile da spiegare. Ormai è chiaro che l’edizione ecclesiastica del manuale Cencelli non funziona più. E la Congregazione dei Vescovi ha ripreso a fare il proprio mestiere. Monsignor Domenico Segalini, il vero organizzatore della giornata mondiale della gioventù del 2000, conterraneo e amico del cardinale Re, è stato nominato ieri assistente generale dell’Azione Cattolica. Il Papa lo ha preferito a don Gianni Ambrosio, ruiniano, attuale assistente spirituale della Cattolica di Milano. A Palestrina, diocesi finora retta da monsignor Segalini, potrebbe essere destinato uno di quei personaggi che la regola del promoveatur ut amoveatur vorrebbe già allontanati da Roma.
Preti pedofili
Un unico messaggio per le vittime: uscite dal silenzio e denunciate.
di Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Dalle vittime che sono uscite dal silenzio arriva l’appello alle vittime che vivono in silenzio: liberatevi di questo peso.
“Non abbiate paura di uscire fuori!”.
È l’appello lanciato dall’Associazione per la Mobilitazione Sociale rivolto a tutte le vittime della pedofilia. “Dobbiamo uscire dal silenzio per sconfiggere il muro di omertà attorno agli abusi” a parlare è una ex vittima, Marco Marchese, oggi presidente dell’AMS ONLUS, di cui fanno parte anche altre vittime di abusi.
L’AMS interviene proprio a seguito dell’ennesimo caso scoppiato che ha coinvolto un sacerdote: non dobbiamo emettere sentenze di colpevolezza o di assoluzione, la società, tantomeno i politici, non deve schierarsi da una parte o dall’altra, soprattutto in una fase di accertamento giudiziario. Ma è importante che le vittime sappiano che possono uscire dal silenzio anche se il pedofilo veste la tonaca, il camice o altro!
“Abbiamo il dovere di sostenere le vittime - continua Marchese - e in questi giorni ho sentito troppe persone che si sono schierate da parte di presunti pedofili pronti a giurare sulla loro innocenza. Ignoriamo troppo spesso che l’abuso si consuma in silenzio, nel buio e senza testimoni!”
Marchese continua ricordando che in molti casi, le vittime trovano la forza di parlarne solo da adulti e che quasi mai hanno il coraggio di denunciare per paura di non essere creduti!
“Sono tante le persone che ci hanno raccontato la loro esperienza. Si tratta soprattutto di persone fragili che il pedofilo riesce facilmente a soggiogare. Oggi ci siamo attrezzati anche con legali e psicologi, lavorando in sinergie con altre associazioni, perché chi ha subito un abuso ha il diritto e il dovere di denunciare e di essere risarcito”. Dal 2005 ad oggi l’AMS ha raccolto i racconti di 38 persone che hanno vissuto sulla loro pelle il tradimento da parte di chi aveva la loro fiducia, di cui 12 hanno subito abusi da parte di sacerdoti o religiosi. Marchese conclude lanciando un appello agli organi di stampa e a chiunque si trovi a parlare di questi fatti: “Non trattate queste vicende come notizie di cronaca, ma soprattutto date un unico messaggio a tutte le vittime che vivono in silenzio e cioè che possono uscire dal silenzio perché non sono sole! In ogni caso possono scrivere a emailamica@mobilitazionesociale.it ”
L’Associazione invita chiunque abbia subito abusi a chiedere aiuto e soprattutto a denunciare perché abbiamo il dovere di fermare l’orco.
Maggiori info:
Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Via Malaspina 27, Palermo
http://www.mobilitazionesociale.it
info@mobilitazionesociale.it
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* La redazione de "il dialogo" si associa a questo appello e, come già sta facendo, mette a disposizione la sua email redazione@ildialogo.org per chi volesse denunciare gli abusi subiti ma non riesce ancora a trovare il coraggio per farlo. Scriveteci.
Lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale
di Fausto Marinetti *
Caro Bruno Zanin,
grazie per il coraggio di riconoscere di essere un uomo. Non hai paura di te. E neppure "al figlio dell’uomo" fai paura, perché lui, ama ogni figlio d’uomo, qualunque cosa abbia fatto.
Tu non ti riempi la bocca di belle parole come facciamo "noi", uomini di chiesa. Sei quello che sei: "Sì, sì, no, no". Fai parte di quella stirpe, che il Cristo cercava allora come oggi: i pubblicani e le meretrici. E lui ha il coraggio di metterli in prima fila, scandalizzando gli osservanti della legge, i benpensanti, compresi coloro che dicono di "amare la chiesa, perché amano Cristo" (attenzione alla cripto-ipocrisia!). Quelli che antepongono la diplomazia al vangelo, quelli che predicano bene e razzolano male, quelli che impongono agli altri dei pesi che loro non muovono con un dito.
Il tuo coraggio ha dato frutto: altre vittime si sono fatte avanti a raccontare il loro trauma. E’ la riprova della mia ipotesi: se tutte le diocesi mettessero a disposizione un telefono verde, quante altre vittime verrebbero alla luce? Quello che noi vediamo è solo il top dell’iceberg... la "sporcizia" è sotto sotto, ma basta stuzzicarla e viene a galla.
Alcuni hanno rivelato nomi eccellenti, ma sono ancora in "coma emotivo", impigliati nella ragnatela della paura, del tradimento, dell’orrore che li paralizza.
Confessano di non aver neppure la forza di denunciare. Non ne vogliono sapere di andare in tribunale, sarebbe rivivere il Calvario, che stanno tentando di cancellare dalla loro carne. E poi ci sono monsignori intoccabili, una sorta di casta, perché, a volte, si servono delle "opere buone" per coprire i loro delitti. Il brutto è che non sono capaci di gettare la maschera come, invece, fai tu. Ma se è gente che fa professione di fede e di carità; se è gente votata al vangelo, come fa a servire Dio e stuprare i suoi figli? E si fanno chiamare "padri"...
Vedi? Io vengo dal di dentro e conosco certi meccanismi o strategie clericali. Credo che uno dei fattori ai quali imputare questa contraddizione, sia la "troppa verità", che li porta all’arroganza della verità (quella che in passato ha fatto le "sante" crociate, bruciato streghe, condannato Galilei, collaborato con la "conquista" e con la shoà, ecc.). Quanta saggezza nelle parole di Paolo: "Chi sta in piedi non si esalti troppo, perché anche lui può cadere...".
Oh se tutti i Fisichella avessero un po’ di spazio dentro di sé (oltre che per la teologia e il catechismo) per accogliere le vittime! Forse è per la troppa verità di cui sono sazi; forse è per la troppa dottrina, che hanno bisogno di nascondersi dietro agli "operai del bene", che, per fortuna, ci sono ancora tra le loro fila, e spesso tollerati quando non ostacolati, contrariati, ecc.? Tu sai che io sono stato dieci anni con uno perseguitato da loro: Don Zeno, il quale non gliele mandava a dire e, con il suo esempio ha criticato e messo in evidenza certa cultura cattolica che non ha niente a che fare con il vangelo. Non si tratta di virgole, ma di vedere la dignità umana secondo gli occhi e il cuore di Dio. Ti faccio qualche esempio:
1 - La cultura clericale non ha sempre trattato il figlio della ragazza-madre come "figlio del peccato"? E lui ironizzava: "Mai sentito dire che il diavolo abbia fatto dei figli!". Quando veniva accolta in comunità una gestante, ci insegnava che era come un ostensorio della vita e, quindi, dovevamo rispettarla, onorarla e anche venerarla come si venera l’eucarestia.
2 - Nel 1943 all’ombra del Santuario di Pompei trova un istituto con la scritta "Casa dei figli dei carcerati". E lui va in bestia: "Questi bambini non sono i figli dei carcerati, ma i gioielli di Dio Padre, carne battezzata, senza macchia d’origine" (27.2.1943). E quando la comunità verrà sciolta dal braccio secolare, con il beneplacito della S. Sede, circa 700 "figli" sono strappati alle madri e riportati negli istituti, scoppiando dal dolore, dirà: "C’è da meravigliarsi che il clero abbia accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei hanno fatto perfino la Casa dei figli dei carcerati. Una scritta a caratteri cubitali. Tu, prete, hai il coraggio di chiamare così coloro, che Dio ha scelto, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É lecito commettere di questi guai? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità e Cristo continua a dire alla Chiesa: Donna, ecco tuo figlio. E alle vittime: Figli, ecco vostra madre".
3- Di fronte a un’Italia alla fame, nel dopoguerra, scrive a Pio XII: "In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme benestanti e i figli poveri, affamati, ignudi, senza casa. Si è visto e si vede spesso l’inverso. Noi ecclesiastici, padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo quindi contro natura, in peccato, dal quale hanno diritto di difendersi. Vuol cambiare rotta? Io ci sto e chissà quanti ci stanno..." (25.5.1953).
Ma Fisichella crede proprio che basta mascherarsi con le opere buone di madre Teresa per cancellare le migliaia di vittime della pedofilia clericale? Altro che insistere nel dire che si tratta di "casi isolati", di responsabilità personale di alcuni preti che "non dovevano diventare preti"! E quella dei vescovi che li hanno smistati qua e là? E la copertura...
La tua confessione "coram populo" ci invita tutti a gettare la maschera, a riconoscerci semplicemente uomini, a non ritenerci migliori degli altri, perché il nostro vanto è proprio quello di essere della stessa pasta di Adamo, creature fragili e perfettibili. Chi non ha bisogno di farsi perdonare qualche cosa? Perché i prelati non dovrebbero ammetterlo? Per salvare l’immagine? Che cosa è questa benedetta immagine se non, appunto, un’immagine?
Fisichella ha perso un’occasione unica durante la trasmissione di Annozero? Se invece di arrampicarsi sui vetri per difendere a tutti i costi la chiesa, (Cristo non ha bisogno di crociati, vecchi o nuovi), si fosse inginocchiato davanti alla donna stuprata per anni da don Contini, che cosa sarebbe successo? Un’occasione d’oro mancata. Mancanza di coraggio o di fede?
Certo, meglio la diplomazia, l’arte di non perdere la faccia, "l’istituzione va salvata ad ogni costo"! Ma Cristo, altro che faccia...!, non ha perso tutto quanto quando è andato ad "abitare" sul Calvario? Se è vero che vi sta a cuore l’istituzione, perché non prevenire tanto male, tanta aberrazione coltivata nei seminari, tanta cultura sessuofobica, che non vi fa vedere la corporeità, i figli, le donne, ecc. con gli occhi di Dio?
Perché non si ha questo santo coraggio? Perché siamo diventati ecclesio-latri, abbiamo messo la chiesa al posto di Dio? Ma dove esiste nel vangelo il "culto" alla chiesa, al papa, ai principi della Chiesa?
E quanti disastri continua a fare l’idolatria del prete? Cosa non si fa per fargli credere di essere "altro" dal popolo, un diverso, un eletto, un predestinato? Non si è forse elaborata una "dottrina" per metterlo sul piedestallo di Dio stesso?
La teologia distingue tra il sacerdozio di "uomini speciali" e il "sacerdozio comune dei fedeli". Al sacerdote sono affidati poteri essenziali per la salvezza: celebrare l’eucarestia e perdonare in nome di Dio. Il concilio di Trento dichiara: "Se uno dice che nel Nuovo Testamento non c’è traccia visibile del sacerdozio e del potere di consacrare il corpo e il sangue di Cristo e di rimettere i peccati, sia anatema" (n°. 961). Il celibato obbligatorio rinforza la mistica del prete, che lo pone al di sopra dei laici. Quando viene ordinato si unisce a Cristo in tale maniera che è sostanzialmente diverso dagli altri (catechismo, 1581), perché "possiede l’autorità di agire con il potere e nella persona di Cristo stesso" (1548). Viene messo sul pulpito, accanto a Dio, di cui gode onori e privilegi. Il curato d’Ars dice: "Che cosa è un prete? Un uomo che sta al posto di Dio, investito di tutti i suoi poteri. Quando perdona non dice "Dio ti perdoni", ma "Io ti perdono". Se incontrassi un prete e un angelo, prima saluterei il prete poi l’angelo. Questi è amico di Dio, il prete sta al suo posto". S. Teresa baciava dove passava un prete. "Il sacerdote agisce in persona Christi e questo culmina quando consacra il pane e il vino" (Giovanni Paolo II, giovedì santo 2004). La divisione tra preti e laici è di origine divina (can. 207). Ma l’aureola anzitempo gioca brutti scherzi: ti illude di essere costituito in grazia, immune dal peccato, specie da quello banale e volgare del sesso, che spetta ai comuni mortali. Il passaggio dal potere al privilegio, dall’elite alla casta è breve. E così va a finire che il clericalismo distorce, distrugge, avvelena la missione della Chiesa. Se non è la causa di molti problemi, certo li causa per conservare privilegi, potere, prestigio, immagine. Quindi non è ammessa nessuna debolezza, lo scandalo va soppresso, le vittime messe a tacere. Corruzione e abuso inevitabili (cf "Sex, priests & secret codes, R. Sipe, T. Doyle, P. Wall, Los Angeles, 2006).
Se si fa credere al prete di essere "come Dio", è chiaro che questo influisce e condiziona la sua psiche al punto di considerarsi al di sopra della legge umana e inconsciamente si permette delle libertà, che non sono concesse ai comuni mortali.
Non ce n’è abbastanza per riflettere e decidere di cambiare rotta?
* Il dialogo, Sabato, 04 agosto 2007
*Ringraziamo Fausto Marinetti per averci inviato questa sua lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale che ha raccontato la sua storia in un libro che fa tremare: "Nessuno dovrà saperlo" dove con raro coraggio ammette, come conseguenza, di essere diventato omosessuale, non pedofilo. Per lui, come per tanti altre vittime della pedofilia dei preti, nessuno muove un dito, neppure le scuse come avviene in America dove le vittime hanno diritto alle pubbliche scuse del vescovo, possono "raccontare" in chiesa il "fattaccio" o scriverlo sul giornale della diocesi. Possono anche giungere ad erigere nella piazza di Davenport, davanti alla casa del vescovo, una macina da mulino con le parole di Cristo: "Chi scandalizza un bambino sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare".
Verrà il giorno in cui in piazza S. Pietro, al posto della fontana, si metterà una gigantesca macina da mulino a perpetua memoria delle vittime dei preti?
Preti pedofili
NELL’ISOLA "MERCER" (Seattle, USA) LA POLIZIA CONTROLLA LA CONDOTTA DI UN PRETE.
(Tradotto in collaborazione da Umberto P. Lenzi e Fausto Marinetti) *
Mentre in Italia i politici fanno di tutto per condizionare giudici e magistrati, negli USA la chiesa stessa, costretta dagli eventi, cambia solfa. Finalmente ha il coraggio di mettere un numero verde per le vittime di pedofilia clericale, pubblica sul suo sito un regolamento per tutelare i minori e denunciare i preti pedofili, ecc.
Tutto il contrario di quello che succede in Italia. Non sarebbe ora che anche i prelati e le Congregazioni romane seguano l’esempio dell’arcivescovo Brunett di Seattle?
NELL’ISOLA "MERCER" (Seattle, USA) LA POLIZIA CONTROLLA LA CONDOTTA DI UN PRETE.
Il Rev.do Kemp, accusato ma non ancora condannato, lascia l’incarico.
Di Mary L. Grady
Isola Mercer Reporter (giornale)
I parrocchiani di St.a Monica, chiesa cattolica dell’Isola di Mercer, vengono a sapere alla Messa del passato fine-settimana, che il loro pastore da cinque anni, il Rev.do. Dennis Kemp, è indagato per condotta indecente con un minore. L’investigazione è portata a termine dalla polizia dell’isola Mercer il 24 luglio, a causa delle denuncie esposte ai primi di luglio da un ragazzo di 12 anni e la sua famiglia. Kemp adesso è in licenza amministrativa, pagato regolarmente, mentre l’Arcidiocesi di Seattle investiga ulteriormente. Il più alto responsabile della Chiesa cattolica di Washington Occidentale, l’Arcivescovo Alex Brunett, a turno con l’Ausiliare il Vewscovo Joe Tyson ed altri incaricati della chiesa, sabato e domenica scorsi assiste ad ogni Messa a St.a. Monica per comunicare ai fedeli queste notizie. Alla Messa vespertina di domenica, l’annuncio, letto dal Vescovo Tyson, viene accolto con sospiri d’incredulità e a suon di pianti.
L’Arcidiocesi ha aspettato ad informare il pubblico, informando, prima i parrocchiani di St.a Monica. "La reazione è confusa", dice Larry McDonald, l’amministratore della parrocchia. Da una parte si è contenti che l’Arcivescovo stesso sia venuto a darne l’annuncio. Come è da aspettarselo, c’è tristezza e dolore. Ma questa parrocchia "sa che tutto converge in Cristo Gesù e, con Lui, supereremo anche questa". Greg Magnoni dichiara: "L’Arcidiocesi di Seattle, che controlla la Chiesa cattolica del Washington Occidentale, ha ricevuto le dichiarazioni attraverso il canale che ha montato appositamente per questo tipo di lamentele". L’Arcidiocesi ha riferito le informazioni all’ufficio del Procuratore della Contea di King. Il Comandante della Polizia dell’Isola Mercer, sig.a Leslie Burns, dichiara che il prete è stato controllato nei sei mesi trascorsi per fatti di contatto fisico avvenuti con il ragazzo. Il fatto è accaduto in chiesa. E l’investigazione è stata veloce. Dopo la lamentela fatta all’inizio di luglio attraverso l’Arcidiocesi, i Procuratori della Contea di King chiamano la polizia dell’Isola Mercer il 12 luglio. E loro cominciano immediatamente ad investigare, dice Burns: "Più volte gli incaricati intervistano il ragazzo e la sua famiglia. Almeno una delle interviste viene condotta da un investigatore speciale che, in questi casi, lavora con i ragazzi". Anche Kemp viene intervistato approfonditamente dalla polizia. Il MIPD (Mercer Island Police Department) spedisce le indagini all’ufficio del Procuratore della Contea di "King", aggiunge la Burns. L’Ufficio del Procuratore, tuttavia, non inoltra accuse criminali, perchè tale comportamento non rientra nello standard della normativa di un atto criminale. "Il comportamento è ritenuto improprio, ma non arriva al punto di costituire un’offesa criminale", spiega il capo della polizia dell’Isola Mercer, Ed Holmes. Benché si ritenga che non sia successo un atto criminale, l’Arcidiocesi interviene subito a sospendere il prete dal servizio parrocchiale. Kemp lascia spontaneamente la parrocchia il giovedì 26 Luglio. Secondo Magnoni, l’Arcidiocesi farà la sua indagine per verificare se le accuse sono credibili e stabilire se Kemp ha trasgredito la legge della chiesa e può continuare ad esercitare come prete. "La chiesa ha dei criteri diversi da quelli del Procuratore", spiega. "La procedura consiste nello stabilire se una persona ha le doti per esercitare il ministero nell’Arcidiocesi". Burns dice che la polizia dell’Isola non ha registrato altre lagnanze riguardo a Kemp e non è stata informata di altri problemi riguardanti il prete in questione: "Non abbiamo nessuna indicazione che cose simili siano successe con altre famiglie qui nell’Isola di Mercer". Magnoni sostiene, che, da tempo, questo è il primo caso di "comportamento scorretto", che succede nell’Arcidiocesi. Recentemente ha portato a termine le indagini degli abusi del passato compiuti da 13 preti. "Con le attuali procedure adesso siamo in grado di intervenire subito". McDonald è d’accordo. Dichiara: "Dal punto di vista della parrocchia, l’Arcidiocesi di Seattle sta intervenendo in modo impeccabile, secondo le loro norme e quelle della Conferenza dei Vescovi cattolici. Si può essere sicuri che l’Arcidiocesi, attraverso questa procedura, non sta occultando nulla e la giustizia e la verità verranno alla luce per quanti sono coinvolti. Posso anche dire che la nostra parrocchia è molto grata ai vescovi che sono venuti alle nostre Messe Domenicali. E staranno qui, per quanto possibile, anche durante tutto il mese di agosto. Siamo riconoscenti per la loro premura e il loro rispetto".
Kemp era arrivato in parrocchia nel luglio del 2002, come successore del Rev.do. John Bowman che era stato parroco per 12 anni. Kemp era stato assegnato a St.a Monica per tre anni dopo essere stato ordinato prete nel 1973 e poi assegnato ad altre due parrocchie, è stato amministratore della scuola superiore "Kennedy" dal 1978 fino al 1994. Per il clero cattolico è normale essere assegnati a posti diversi per la loro attività. Secondo Magnoni non è stata esposta nessuna altra lagnanza contro Kemp. Cresciuto in Seattle e Burien, prima di entrare in seminario per l’università e gli studi teologici, si era licenziato alla scuola superiore O’Dea.
L’Arcidiocesi cattolica di Seattle ha un regolamento particolareggiato, pubblicato sul suo sito Web, circa le denunce e la prevenzione dell’abuso sessuale. C’è anche un telefono verde e l’indirizzo e-mail per riferire i sospetti di abuso. Espone anche i modi nei quali la chiesa tenta di proteggere sia le vittime che l’accusato. Spiega come la chiesa esamina quelli che si preparano al ministero, i metodi per tutelare e riconciliare le famiglie e le vittime ed l’impegno per assicurare il giusto e dovuto processo all’accusato. Insieme, clero, membri della comunità e polizia vigilano, affinché venga applicato il regolamento.
Le norme sono quelle "decise dalla Conferenza Episcopale Americana a Dallas nel 2002," messe a punto per rispondere alla crisi degli abusi nella chiesa degli Stati Uniti.
St.a. Monica fu fondata nel 1958 e ha più di 1.300 famiglie. La chiesa celebra Messa e altre funzioni nella palestra della scuola, perché si sta rifacendo il pavimento del santuario.
In un pezzo apparso sul "Reporter" di Dicembre 2002, Kemp faceva delle riflessioni sulle implicazioni dei crescenti scandali dell’abuso sessuale nella chiesa. Aveva scritto: "Un prete ha una tale posizione di fiducia, che è difficile capire come qualcuno possa approfittare di questo privilegio". E, mentre affermava che il numero dei preti coinvolti negli scandali era piccolo, "anche un solo caso è di troppo", scriveva.
(Tradotto in collaborazione da Umberto P. Lenzi e Fausto Marinetti)
* Il dialogo, Domenica, 05 agosto 2007 - ripresa parziale
Don Gelmini indagato dalla procura di Terni per abusi sessuali *
Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni con l’accusa di abusi sessuali. Ad accusarlo - secondo quanto riporta La Stampa - alcuni ex ospiti delle strutture della comunità ad Amelia. L’indagine, sottolinea il quotidiano, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni con l’obiettivo di ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni di accusa sarebbero molte e abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti - giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con la droga, qualcuno anche scivolato nella delinquenza - ripeterebbero sempre gli stessi racconti. I pm hanno anche già sentito il diretto interessato in un «lungo e drammatico interrogatorio».
Ma sulle indagini le bocche in procura sono più che cucite. Per vari motivi, spiega il quotidiano torinese. Primo poiché «il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga..». Terzo giacché gli accusatori sono giovani che hanno avuto o hanno tutt’ora a che fare con le droghe, «insomma sono testimoni non propriamente granitici» scrive La Stampa.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.08.07, Modificato il: 03.08.07 alle ore 9.41
IL SACERDOTE NELLA BUFERA
Abusi, don Gelmini indagato
Alcuni ragazzi della comunità contro il prete anti-droga: molestati sessualmente FRANCESCO GRIGNETTI (La Stampa, 3/8/2007 - 7:42)
TERNI. L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.
Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.
C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.
Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.
E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.
Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Preti pedofili
Fisichella scrive, Marinetti risponde
di Fausto Marinetti
Marinetti aveva inviato p. c. a Mons. Fisichella la lettera aperta a don Di Noto e Monsignore gli risponde: *
Caro Marinetti,
ho ricevuto la Sua lettera e La ringrazio. Mi dice che mi riguarda!L’ho letta con attenzione e per quanto mi riguarda non ho nulla da rimproverarmi. Temo che il Suo giudizio e la Sua lettura siano parziali e non sempre conformi alla realtà. Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica! Non riesco a seguirLa su questo cammino. Sembra che per Lei sia oro colato quanto provenga da una denuncia e falsità e tentativo di insabbiare se è fatto dalla Chiesa, dai Vescovi e dai Sacerdoti.
Mi spiace, ma non è così come le Iene o i reportage a cui fa riferimento. Da parte mia, non mi ritraggo ma non voglio neppure essere utilizzato strumentalmente per aggredire la Chiesa e le migliaia di Sacerdoti (e Vescovi) che ogni giorno con fatica e coerenza vivono la loro vocazione a sevizio di tutti!
Con la stessa schiettezza che Lei ha usato, ma con tono differente mi sono sentito di risponderLe.
Suo
† Rino Fisichella
La risposta di Marinetti
24.7.2007
Caro Mons. Fisichella,
Le chiedo lo sforzo di non dare per scontato che ogni critica è una "AGGRESSIONE". Non tutti riescono a battervi le mani, sempre e comunque, come certi "giornali di corte" e certi movimenti educati al servilismo e all’adulazione. A volte, quelli che riteniamo "i nostri nemici" sono assetati di giustizia e ci dicono la verità più degli ossequienti. "Salutem ex inimicis nostris"? Lei mi invita a nozze: "Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica!".
Ha ragione: non possiedo "elementi" teorici, nozioni astratte, "sentito dire" e quant’altro, ma l’esperienza sulla mia pelle, voragini nella mia psiche: sono stato in seminario dal 1953 al 1968. Quindi, produco fatti, esperienze, comportamenti, situazioni, insegnamenti. Porto in me le stigmate di quella cultura: l’incapacità di "accogliere" il mondo femminile "come altro da me"; l’ideologia del sacrificio (come se Dio fosse un contabile); "fare il bene" agli altri per sentirsi buoni; la vita è una "valle di lacrime"; ecc.
Entro in seminario nel 1953, anno in cui i religiosi, riuniti in congresso internazionale, discutono sulla "funzione educativa del pallone nei seminari", non un cenno all’educazione sessuale. Altri tempi, nei quali l’unica presenza femminile ammessa in seminario è la Vergine Maria. Segregazione assoluta, per quattro anni non torno in famiglia. A un undicenne non resta che votarsi a una beata incoscienza, tra gioco, studio e abbondanti pratiche di pietà. Il termine più "familiare": peccato! Onnipresente, più di Dio. Le virtù per eccellenza: obbedienza cieca, rinnegare se stessi, mortificazione dei sensi. Altro che fuga mundi, cancellazione del mondo! Si esalta la santa purità, inculcandoci che il corpo è occasione di peccato. Ogni fine mese il direttore fa il "rendiconto" delle nostre malefatte: bere fuori pasto, andare al gabinetto senza permesso (sfuggendo al controllo), troppa passione per il gioco, troppa amicizia sospetta, ecc. La colpa meritevole dell’inferno: l’amicizia particolare. Non capisco, ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. I colpevoli vengono svergognati: "Mele marce, traditori della vocazione, peggio di Giuda". Un dubbio: un ragazzino della mia età come può avere tanta forza da colpire il Cristo in persona? Per prevenire il contagio, l’isolamento del colpevole è immediato, l’espulsione celebrata come una cacciata dal paradiso.
Un giorno sparisce anche il sacerdote-assistente, che "dovevamo" chiamare "padre". Ogni sera, ispezionando la camerata, con gesto fulmineo ci strappa di dosso le lenzuola per verificare che cosa succede sotto di esse. Poi arriva l’ordine di dormire con le braccia sopra le coperte. Prediche e conferenze insistono ossessivamente sulla "bella virtù". Per essa preghiamo forsennatamente. Dall’alto della pala dell’altare una "donna vestita di luce" è la nostra donna ideale: incorporea, asessuata, un fantasma. Ogni sera, con la nostalgia, una domanda: "Ma la mia mamma dove è andata a finire?". Al suo posto il direttore spirituale, un vecchietto di 70 anni, buono come il pane, ma incompetente per aiutarci a gestire l’insorgere delle prime pulsioni. Ogni mattina, al suo confessionale, una fila di clienti-bambini per saldare, con un Dio-giustiziere, il conto di una notte inquieta. Il buon padre non sa dire altro che: "Prega, prega! Con la preghiera tutto va a posto". Mi sembra di non essere preso sul serio. Ma, sotto l’imperversare della minaccia dei castighi divini per il delitto di masturbazione, comincio ad avere paura del mio corpo: "Dio me lo avrà dato per punirmi? Cosa gli ho fatto di male?".
Gli zelanti sono quelli che fanno la doccia più in fretta, non indugiano nei gabinetti, spiano i compagni che si appartano e li denunciano. Ci viene insegnato, che la purezza consiste nel fingere di non avere un corpo, ignorare la sua crescita, finalità, movimenti. Non sono in grado di capire, ma, con il tempo, mi renderò conto che questo clima produce turbe e danni psicologici irreparabili. Sul conto di chi saranno messi? Chi si preoccuperà di ripararli? Io non so cosa sia lo stupro del corpo, ma quello dell’anima sì.
A forza di parlare di "peccato impuro" non si ingenera la sua ossessione? Educazione sessuale? Nel paradiso terrestre del seminario il sesso non deve esistere e, se esiste, è solo in confessionale per chiedere perdono a Dio di averci dato un corpo, che sarebbe meglio non avere. I seminaristi più sfrontati osano bisbigliare: "E’ vero che i bambini nascono dal petto delle donne?".
Il bambino e la donna sono presenze così insignificanti (o pericolose?) per una formazione umana integrale? Potrà mai Dio vergognarsi di quello che ha fatto? Se un ragazzo fa indigestione di spiritualità disincarnata, come si fa a farne un cristiano senza prima farne un uomo? Può essere condannato ad una specie di anoressia del cuore? A furia di "fare" il cristiano, abbiamo perso di vista l’uomo o abbiamo preteso di fare il cristiano alle spese dell’uomo? Se per 15-20 anni un giovane è tagliato fuori dal suo habitat naturale, la famiglia, è come una pianta coltivata in serra. Appena la si espone è soggetta a tutte le intemperie. Se un uomo passa dalla cassaforte del seminario a quella della canonica; se gli si impone una cintura di castità con il terrore dell’inferno e l’ossessione del peccato mortale, potrà mai venirne fuori un uomo capace di condividere la sorte dei fratelli, che pur si dibattono con la "lussuria degli occhi, della carne, del mondo"? Può il seminario sostituire la famiglia? O forse solo una comunità di padri e madri di famiglia sarebbe in grado di educare dei giovani candidati al ministero, come avveniva all’inizio del cristianesimo ?
Ci imbottiscono di vite di santi, che non hanno fatto altro che castigare il loro corpo con digiuni e cilici. Ignoranza, paura, sacro terrore faranno il resto. Un collega mi confiderà: "A furia di parlare contro il sesso mi hanno talmente condizionato, che, quando vedevo stesi al sole degli indumenti intimi femminili, li rubavo e li indossavo per eccitarmi. Eppure m’hanno convinto che quelle "cose" erano sfoghi di gioventù e m’hanno fatto prete lo stesso. Giro da una diocesi all’altra fin che trovo un vescovo, il quale mi manda dal suo medico di fiducia, che mi prescrive un farmaco. Il farmacista, mio conoscente, mi chiede: "Per chi è?". "Per me". "Sai che serve per la sterilizzazione chimica?".
Cose d’altri tempi? Ho degli amici appena usciti dal seminario e mi confermano che sono cambiate le forme, è rimasta intatta la sostanza. Si dice: "I seminaristi d’oggi la sanno lunga, hanno già fatto le loro esperienze!". Ma se sono esperienze negative, come potrà il candidato fare una scelta serena? A 25/30 anni uno può decidere per tutto il resto della sua vita, quando non sa niente di "crisi di paternità", di complementarietà uomo/donna, non ha ancora sentito nella sua carne i morsi della solitudine, non ha fatto esperienza dell’esigenza di perpetuarsi come specie? Come fa a rinunciare a ciò che non conosce, a ciò che è stato sublimato, inculcandogli che "il prete rinuncia ad un amore per amare tutti"? E poi, quando si ritrova in parrocchia, solo, la sera, s’avvede che "amare tutti con cuore indiviso", può essere una scusa per non amare nessuno? Se uno viene abituato fin da piccolo ad amare nell’intenzione, a fare atti di amore spirituale, non sarà un alienato per sempre? O l’amore è concreto, come quello della mamma, che è pane e latte, bacio e carezza, o che amore sarà mai? In seminario non c’è, tutt’oggi, la presunzione di far scalare ai neofiti la cima della "santa purità" senza fornire loro l’attrezzatura indispensabile per le alte quote? Che cosa può fare un prete che sui 40-50 anni s’accorge di non essere in grado di portare il "giogo" della castità? Se il prete giovane decide di lasciare non può sposarsi in chiesa, non può insegnare religione, deve allontanarsi dalla parrocchia, ecc. Diritti umani, valore supremo della persona? Forse il Cristo direbbe alla sua Chiesa che è stata lei a tradire l’uomo-prete? Dove sono i preti che denunciano i loro superiori di violenza psicologica, di intimidazione spirituale ed economica? "Se non stai alle nostre regole ti tagliamo i viveri...". Allora uno che fa? Si arrangia. Uno se la fa con le suore, con l’amante, oppure, oppure... (che tragedia!) con dei bambini. E che dire del superiore che invita il "prete bollente" ad andare a donne di nascosto?
E’ forse cambiata la cultura clericale, che vede la sessualità con gli occhiali neri dei pagani gnostici e manichei? Lei sa meglio di me che i cristiani della prima ora considerano il matrimonio un male necessario. Per S. Ambrogio la donna è tentazione, per S. Gerolamo il marito che ama troppo la moglie commette adulterio. Quanti coniugi sono stati ammessi alla gloria del Bernini per aver esercitato in grado eroico le virtù proprie del matrimonio? Ma quali sono? La rinuncia, il sacrificio, la negazione del piacere? Ha mai meditato sul testo della teologa e madre C. Jacobelli, Risus Pascalis - Il fondamento teologico del piacere sessuale?
Basta forse ammettere tra i docenti una zitella, inviare i seminaristi in vacanza o a fare apostolato domenicale? Un amico seminarista mi racconta: "Di ritorno dalle vacanze, 2005, corro dal padre spirituale. "Padre, ho provato simpatia per una ragazza". "E’ una tentazione, il maligno in persona, fuggi, fuggi da lei. Prometti di non vederla mai più". Trasformare la donna da sostegno, compagna dell’uomo (per "ordine di Dio") in un pericolo, in una tentazione, in una rivale di Dio è proprio secondo il suo cuore? Non è come cancellare metà della nostra stessa umanità? I preti pedofili avranno la loro responsabilità personale, ma non saranno anche frutto di questa cultura misogina e manichea? Un’amica, saggia e attempata, mi racconta: "Il prete in predica ha inveito talmente contro il sesso, che l’ho aspettato all’uscita e gli ho spiattellato in faccia: "Scusi, padre: si ricordi che anche lei è nato da un amplesso coniugale, non dagli angeli!".
Non mancheranno i preti osservanti del celibato (si parla, forse, del 6/10 %). Ma si tratta di regola o di eccezione? Si è giunti a tale conquista mediante o nonostante il seminario? Sono stato nei monasteri buddisti in Cambogia, Sri Lanka, Tailandia e ho studiato la loro iniziazione alla vita celibataria. C’è da invidiare tanta serenità, che è il risultato di un metodo di auto-dominio con pratiche ascetiche e il controllo del pensiero attraverso quello della respirazione.
Apprezzo troppo il celibato volontario per vederlo svilito ad una imposizione. Può essere mistificante sostenere che il celibato volontario non risolverebbe il problema, perché la pedofilia è una piaga, di cui non sono immuni nemmeno i padri di famiglia. Ma questi, almeno, non si dicono "rappresentanti di Dio"! Eliminiamo le anomalie educative; facciamo uomini concreti, calati nella realtà e così si potrà dire che non è colpa dell’istituzione. La pedofilia dei preti non è che un sintomo di un male sotterraneo. La gerarchia continuerà a colpire gli effetti, ignorando le radici del male? Non si addomestica il cuore, mettendolo in quarantena.
La Commissione dei vescovi americani non ha riconosciuto che l’educazione del seminario può inclinare all’omosessualità, quando non la favorisce? Non c’è terreno migliore di quello esclusivamente maschile per innescare curiosità morbose, ricercare il "surrogato" in mancanza del "prodotto originale". L’unico e insostituibile ambiente educativo è quello familiare e ogni altro rischia di essere contro natura (Cf Carta dellONU, 1989). Di fatto i seminari minori negli Usa, Canadà, Irlanda, Messico, ecc. sono stati chiusi. Per caso o proprio perché finalmente si ammette che non funzionano e, spesso, si innescano varie forme di omosessualità? Un’amica psicologa spiega: "In quei contesti si "ingenera" una omosessualità "situazionale", legata cioè non ad una scelta omosessuale di fondo, ma all’impossibilità di accedere all’oggetto sessuale femminile, per cui lo sfogo della libido si riversa su un altro oggetto. Non potendo riversarsi su una donna, la pulsione sessuale viene dirottata su altri uomini, che sono gli unici oggetti sessuali disponibili. Per coloro che hanno un’inclinazione alla omosessualità, il seminario diventa l’ambiente "ideale" per esprimerla, con tutte le ovvie ripercussioni su quanti non hanno questo orientamento di fondo".
Di fronte all’ "11 settembre della Chiesa americana" si parla di innominabile tradimento di Cristo. Ma l’unico e solo "colpevole" è il prete pedofilo? Pedofili si nasce o si diventa? Se si diventa, che cosa vi ha contribuito? Non sarebbe stato opportuno convocare in Vaticano gli "indegni", per sentire la loro versione e offrire al mondo le loro scuse? Prendersela con gli effetti non elimina le cause. Chi più e meglio di loro ci potrebbe dire che cosa ha fatto difetto nella loro educazione psico-affettiva, a che cosa attribuire i buchi neri della formazione? E cosa è successo nei primi anni del ministero? Che cosa i cristiani avrebbero potuto e dovuto fare per dare al prete non solo offerte ma anche sostegno umano?
Forse il papa potrebbe convocare anche le vittime in piazza San Pietro e chiedere loro perdono insieme ai cardinali? Non creda che ce l’abbia con Tizio o Caio, che passano, ma con il sistema, che non passa e continua a immolare le sue/nostre vittime. Imparassimo ad ascoltarle, almeno!
Distinti saluti,
Fausto Marinetti
PS. Perché non ripassiamo il n° 3 di Concilium del 2004? Non sono degli "anticlericali", ma teologi/ghe, ricercatori seri che parlano, non a caso, di pedofilia clericale come di tradimento strutturale della fiducia.
* Il dialogo, Mercoledì, 25 luglio 2007
Preti pedofili
Lettera aperta a Mons. Rino Fisichella
di Fausto Marinetti *
Caro Mons. Fisichella,
anche noi, le vittime dei preti pedofili, abbiamo letto la tua intervista: "Atti gravissimi, una grande amarezza. Ma la Chiesa sa riconoscere gli sbagli" (Corriere della sera, 16.7.2007). Quello che hai detto è quello che hai nel cuore o si tratta di una "difesa d’ufficio"?
1. Affermi, che "una seria presa di coscienza" consiste nel "buttarsi dietro le spalle questa dolorosa vicenda sapendo riconoscere il male che c’è stato da una parte, ma al tempo stesso il grande bene fatto quotidianamente". Metti sulla bilancia da una parte le nostre tragedie (i suicidi, gli impazziti, i disperati, ecc.) e dall’altra "il grande bene fatto quotidianamente". Secondo te, da che parte pende? E secondo quel Cristo che citi più avanti: "Chi scandalizza un bambino... meglio si butti nel mare"? Queste parole non valgono anche per te e soprattutto per i tuoi confratelli nell’episcopato che hanno collaborato con gli stupratori del nostro corpo e della nostra anima? E poi, hai forse dimenticato quel: "Non sappia la destra quello che fa la sinistra"? Se ami davvero la verità, perché negli spot dell’8 per mille non ci infili qualche prete pedofilo a chiedere perdono per la strage degli innocenti? "Buttarsi dietro alla spalle questa dolorosa vicenda..."? Siamo noi, non voi, che dovremmo sbarazzarcene. E, alle volte, non ce la facciamo. Come una paralisi dell’anima per lo shok subito. E, se anche riuscissimo, sarebbe come buttare via noi stesse, vittime immolate, perché noi non siamo una "dolorosa vicenda", di cui disfarsi, ma siamo la vostra tragedia, il vostro Calvario. Volete disfarvi di noi come di zavorra che appesantisce la barca di Pietro e offusca la vostra immagine? La zavorra è il vostro crimine, noi siamo leggeri come gli angeli... Come è circospetto il tuo uso delle parole! All’inizio parli di "vicenda dolorosa"; poi attraversi "gli sbagli dei propri uomini", arrivi agli "errori di alcuni", agli "episodi così gravi" per sbarcare sul terreno degli "atti esecrabili" e del "male commesso". Nooo! Noi non siamo né una vicenda, né degli sbagli, né errori di alcuni, né episodi, né atti esecrabili: noi siamo il vostro crimine. Ogni altra parola ("peccato" compreso) è fuori contesto, tradisce i fatti, ci uccide una seconda volta.
2. "...la Chiesa, ancora una volta, è stata capace di riconoscere gli sbagli dei propri uomini". Dovremmo battere le mani, applaudire la scaltrezza nell’occultare i rei (almeno 200 fuggitivi), smistarli da una parrocchia all’altra, diffondendo l’infezione? Parli degli "sbagli dei propri uomini", quindi non dell’istituzione. Ma non si trattava di una prassi dettata da Roma? Non venivano dall’alto le direttive di coprire, non fare scandalo, tenere tutto sotto chiave? Almeno il card. Law l’ha ammesso: "Noi sapevamo che era un peccato, non un delitto". Non è forse questo che fa la differenza? Peccato, è una categoria ecclesiale, crimine è una categoria del codice penale. Se si vuol fare prevalere la chiesa (con i suoi privilegi, le sue caste, ecc.) sulla società anche in materia penale, non ti sembra un’ingerenza, un disastro che produce, appunto, tragedie? Se un prete commette un furto, un omicidio, cosa c’entra la legge canonica? Il delitto è delitto sia che venga commesso da un laico come da un prete, vero? Visto che ci tieni ad esprimere la tua solidarietà con le vittime, perché alla fine della trasmissione "Annozero" non hai abbracciato Marco Marchese, chiedendo perdono, in lui, a tutte le vostre vittime?
3. Insisti: "l’errore di alcuni", "una piccola minoranza nel clero". Sono "alcuni" i più di 5.000 preti pedofili solo negli Stati Uniti? E i 1.700 in Brasile? Bada bene: le cifre parlano di quelli denunciati o già condannati. E tutti gli altri che l’hanno fatta franca? E quelli che sono scappati all’estero con l’appoggio dei loro prelati? Perché non aprire uno sportello nazionale (gestito da laici, non da don Di Noto) per fare venire a galla tutto il sommerso della "parrocchia italiana" del papa? Se ci amate, come dite; se vi sta a cuore il nostro bene e quello della Chiesa, perché non promuovete degli spot che esortino le vittime alla denuncia del prete, che "non avrebbe dovuto essere ordinato prete", dici tu; "del vescovo che non avrebbe dovuto diventare vescovo", diciamo noi? Non puoi indurci a pensare che avete paura della verità.
4. "Si tratta di atti esecrabili che vengono registrati, e in modo anche più frequente, anche dentro altre categorie sociali". Intendi giustificare l’ingiustificabile? Le altre categorie sociali non hanno fatto nessuna promessa di celibato; non si presentano alle loro "prede" come "rappresentanti di Dio". Capisci che per noi il prete è "tutto", è più del cielo che della terra? Come avremmo potuto immaginare che avrebbe abusato dell’aureola di "uomo di Dio", di quel potere sacro che voi gli avete dato, convincendolo di "agire in nome di Dio", di essere le sue mani? (catechismo: 1548, 1581). Noi non siamo stati "colpiti", ma distrutti, assassinati nello spirito oltre che nel corpo. Messi in croce, quindi, due volte.
"... c’è da applaudire la Chiesa americana per il coraggio che ha avuto di voltare pagina...". Dovremmo battere le mani a chi si è fatto complice, mettendoci in croce? Quanto tempo c’è voluto prima che arrivasse il coraggio di voltare pagina? E a che prezzo? Già nel 1968 i vescovi americani ordinano una ricerca sul fenomeno; nel 1976 Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo; nel 1984 viene offerto loro un "Manuale" con le "istruzioni per l’uso": il ciclone è preannunciato, ma i vescovi fanno orecchie da mercante. Non solo: si fanno complici, piazzando i preti pedofili qua e là di modo che, per esempio, p. James Porter riesce a stuprarne 200. Il vero coraggio sarebbe mettere in pratica le direttive della "Commissione ordinata dai vescovi americani" (2004) per la quale il seminario è un apartheid affettivo, che blocca lo sviluppo emozionale "normale" e, in quanto ambiente di soli maschi, può inclinare alla omosessualità . Senti, in sintesi, cosa si afferma: "I responsabili non hanno capito l’evidente natura del problema, considerando le accuse come fatti sporadici e isolati.
Il timore dello scandalo li ha indotti a ricorrere alla segretezza e all’occultamento (Un vescovo, richiamato dal suo prete per aver giurato il falso in tribunale, risponde: "Io mento solo quando devo mentire". La minaccia del processo ha indotto alcuni a trascurare il loro dovere pastorale e a adottare verso le vittime un atteggiamento contrario e indegno per la Chiesa. Altri non hanno capito pienamente l’ampiezza e la gravità del danno sofferto dalle vittime. Hanno riposto troppa fiducia negli psichiatri, psicologi e avvocati. Alcuni hanno messo gli interessi dei colpevoli al di sopra di quelli delle vittime e troppo spesso hanno rifiutato di ascoltarle. Il codice e i procedimenti canonici hanno reso troppo difficile destituire il prete pedofilo dal ministero e i vescovi non hanno fatto abbastanza ricorso a ciò che la legge canonica li autorizza a fare per proteggere i minorenni. Il risultato è che, ai preti pedofili è stato concesso, con allarmante frequenza, di restare dove avevano commesso l’abuso o di essere trasferiti, divenendo per i bambini un’ulteriore prevedibile minaccia, che si è materializzata con altri abusi".
"... la Chiesa degli Stati Uniti... è riuscita a ritrovare un rapporto di fiducia con il suo popolo". Perché non lo chiedi ai vari gruppi laicali nati dallo scandalo, che si sono stancati di essere trattati come sudditi, meri elementi decorativi di una Chiesa clericale, di essere munti per pagare le malefatte dei preti pedofili? Interpella SNAP, Call to action, Voice of the faithfull, ecc.
Se vuoi entrare nel cuore e nell’anima della vittima, perché non ne prendi in casa qualcuna? Se ogni vescovo ne ospitasse almeno una in casa sua, questo sì sarebbe un vero atto di coraggio. E il papa, quanti ne potrebbe ospitare in Vaticano? E le congregazioni femminili quante case romane trasformate in albergo potrebbero mettere a disposizione?
E, per finire, dichiari: "la Chiesa, in generale, non ha nulla di cui vergognarsi". Quindi "gli sbagli", "gli atti esecrabili", il male non è esistito? Non è evidente che il non riconoscere il delitto, non fa che perpetuarlo? Il papa stesso non ha parlato di "sporcizia", di "crimini enormi"? Non c’è da vergognarsi di queste "cose"?
Vogliamo sapere da un teologo come te: ma quando ci ritroveremo in paradiso, tutti insieme, quale sarà il posto assegnato ai preti e vescovi pedofili? Cosa proveremo noi, le vittime, accanto ai nostri carnefici? Prega con noi: "Padreterno, tu che sei un vero padre, non infliggerci altro dolore! Almeno tu, non metterci in croce un’altra volta... E’ vero che farai per loro una sezione separata, magari blindata, affinché non nuocciano più? E a chi li ha coperti, occultati, sottratti all’autorità giudiziaria, quale angolino riserverai?". Non vogliamo accomiatarci senza produrre delle proposte positive:
a - un telefono verde in ogni diocesi riservato alle vittime dei preti. Ma, chiaro, sia gestito dai laici, perché i bimbi, ormai, hanno paura delle vesti nere.
b - i delitti di pedofilia non siano soggetti a prescrizione
c - siano riconsegnati alla giustizia i preti pedofili fuggitivi dai loro paesi
d - si chiudano tutti i seminari e i preti siano solo uomini maturi, educati dalla comunità, scelti dalla gente, come si faceva all’inizio
e - siano rivedute e corrette le norme canoniche con la consulenza delle vittime
f - i preti pedofili siano affidati alla polizia come si fa per qualsiasi reato previsto dal codice penale per ogni cittadino.
Ma Voi, preti e prelati, siete proprio disposti a dare la vita per noi come farebbe ogni padre, ogni madre per suo figlio/a?
Ci firmiamo, Le Tue/Vostre vittime (Fausto (Alberto) Marinetti, ci ha solo imprestato la penna
iscritto all’album dei giornalisti, Milano, N°. 60127)
Postilla 1. Una proposta per la Chiesa, se saprà uscire purificata dal Giordano del nostro sangue e delle nostre lacrime: fino a quando chierici e laici non saranno fratelli alla pari; fino a quando non si realizzerà la conversione dei"buoni a tutti i costi"; fino a quando i ministri non scenderanno dal piedestallo per servire i fratelli e il popolo di Dio non avrà diritto alla libertà di coscienza, di parola, di pensiero, di cultura, vano sarà stato il nostro Calvario. Il cardinale Ratzinger lo esprimeva con parole sacrosante: "Abbiamo molto da imparare: siamo troppo interessati a noi stessi, alle questioni strutturali, al celibato, all’ordinazione delle donne, ai concili pastorali, ai diritti di questi concili e dei sinodi. Lavoriamo sempre sui nostri problemi interni e non ci rendiamo conto che il mondo ha bisogno di risposte, e noi rimaniamo coi nostri problemi". La conversione non è appannaggio né degli accusatori né dei difensori della Chiesa, ma di chi si lascia invadere dallo Spirito, che soffia sempre dove vuole. Non senti che "soffia" forte anche attraverso di noi, le vittime?
Postilla 2. Se ti sta a cuore la nostra difesa, perché non dedichi i tuoi ultimi anni alle nostre cure, magari fondando una casa di accoglienza per le vittime della pedofilia clericale in uno dei vostri 24.000 immobili romani?
* Il Dialogo, Venerdì, 20 luglio 2007
CHI HA PROTETTO I PRETI PEDOFILI?
di Mario di Carlo (*)
Cifre astronomiche per il risarcimento dei danni alle vittime hanno determinato l’amministrazione controllata dal tribunale in diverse diocesi degli USA. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia *
http://www.italialaica.it/cgi-bin/news/view.pl?id=007435
Da Critica liberale n. 138
Da oltre un decennio i casi di pedofilia da parte di sacerdoti attirano l’attenzione e le censure dei media, della magistratura e della società civile. Negli Stati Uniti d’America il fenomeno ha assunto dimensioni talmente rilevanti (1 ) da richiedere prese di posizione ufficiali dell’allora Pontefice Giovanni Paolo II, una commissione di inchiesta ordinata dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici e soprattutto cifre astronomiche per il risarcimento dei danni, che hanno portato all’amministrazione controllata dal tribunale (un istituto simile al fallimento) diverse diocesi. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia.(2)
Nel 2001 la Lettera apostolica Sacramentorum sancitatis tutela (a firma Giovanni Paolo II) e l’Epistola De delictis gravioribus (a firma Joseph Ratzinger) si occupano dei delitti canonici da attribuire alla cognizione della Congregazione per la dottrina della fede e tra questi dei delitti «contro la santità del sacramento della Penitenza» compresa l’«istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo [non commettere atti impuri, ndr], se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore» e dei delitti «contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni». In questi documenti si fa riferimento alla Instructio Crimen sollicitationis emanata nel 1962 dal Sant’Uffizio presieduto dall’allora Pontefice Giovanni XXIII coadiuvato dal Prefetto card. Alfredo Ottaviani.
Tale documento era rimasto sino ad allora segreto essendo per sua espressa disposizione «da custodire accuratamente nell’archivio segreto della curia come regolamento interno da non pubblicare né da ampliare con note di commento». Negli Stati Uniti si ottenne che l’Instructio fosse prodotta in giudizio ed in questo modo si è venuti a conoscenza del documento che pubblichiamo di seguito , in estratto, nella traduzione di Gennaro Lopez, professore di Lingua latina presso l’Università di RomaTre. [su Italialaica nella rubrica I Documenti, ndr]
Nel 2006, poi, la Bbc ha trasmesso il documentario sull’argomento Sex crimes and the Vatican che è stato aspramente criticato da parte della Conferenza episcopale cattolica inglese. Lo stesso documentario è stato corredato di sottotitoli in italiano e reso disponibile via internet (3) in Italia suscitando lo scandalo di chi ignorava quei fatti e quei documenti e l’indignata protesta di alcuni settori del mondo cattolico (4). Ovviamente non ci occuperemo qui del documentario della Bbc ma dei documenti e di taluni fatti, cercando di fornire una guida alla lettura.
Innanzi tutto, come in qualsiasi analisi di un testo giuridico ci si può domandare se l’Instructio Crimen sollicitationis (d’ora in avanti l’Instructio) sia tuttora in vigore. Secondo l’autorevole, ma non convincente, parere del card. Julian Herranz «il documento del ’62 è stato abrogato nel 1983 dal Codice di diritto canonico». In senso contrario depone però la lettura della citata Epistola De delictis gravioribus del 2001 (d’ora in avanti l’Epistola) in cui si fa riferimento alla «direttiva Crimen sollicitationis (5) ancora vigente» da reinterpretare in funzione dei nuovi codici. La lettura congiunta dei canoni e dell’Epistola non fanno peraltro emergere sostanziali novità (6) ad eccezione dell’attribuzione delle cause in questione alla giurisdizione e competenza (sembrerebbe esclusiva e non più concorrente con quella dei tribunali diocesani) della Congregazione per la dottrina della fede.
Sembra utile chiarire, inoltre, che i testi normativi di cui si discute appartengono all’ordinamento canonico. Ne deriva che i termini delitto e reato si riferiscono non alla legislazione penale dello Stato ma a quella della Chiesa cattolica. Il crimen sollicitationis è il reato, canonico appunto, di istigazione ad atti sessuali con un sacerdote. Il par. 1 dell’Instructio, che definisce il reato di istigazione, fa riferimento alla confessione, come momento, luogo, circostanza o pretesto degli atti o conversazioni impure ed oscene.
I parr. 71, 72 e 73 stabiliscono, inoltre, che le stesse procedure e le stesse pene si applicano agli atti osceni peccaminosi di un appartenente al clero con una persona dello stesso sesso (definito crimen pessimus) nonché a «qualsiasi atto osceno esterno, gravemente peccaminoso, in qualunque modo compiuto o tentato da appartenente al clero con bambini di ambo i sessi o con esseri viventi non umani» (par. 73). Similmente l’Epistola si riferisce ai «Reati contro la santità del sacramento della Penitenza, cioè: [...] 2) istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo, se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore»; ed al «reato contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni» (par. quarto). Come già detto i reati a cui i testi si riferiscono sono reati canonici. Evidentemente però taluni di quegli atti e, specificamente, gli atti sessuali con minori di anni sedici (o quattordici in taluni casi) costituiscono reato per il nostro codice penale, per l’esattezza il delitto previsto all’art. 609-quater (7) (oltre al caso della violenza sessuale per abuso di autorità ex art. 609-bis). Il diritto canonico quindi prevede delle proprie sanzioni per comportamenti che costituiscono reato anche per il diritto statale. Ma quale rapporto vi è fra le due sfere? In teoria nessuno, se non quello del dato oggettivo. Il diritto penale “canonico” dovrebbe disciplinare il processo canonico e le pene canoniche per il sacerdote provato colpevole dell’istigazione a peccare contro il sesto comandamento, il diritto penale “civile” dovrebbe disciplinare il processo e le pene contro chiunque (nel caso anche sacerdote) “compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia [..] persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore e’ affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza”.
Un punto di conflitto fra i due ordinamenti sembra però sorgere in relazione al segreto imposto dal diritto canonico. L’Instructio impone che questi casi «siano condotti nella massima segretezza e, una volta definiti con sentenza esecutiva, vengano coperti da silenzio perpetuo; tutti coloro che, in qualunque modo, sono personalmente addetti al tribunale, ovvero per il loro ufficio sono ammessi alla conoscenza delle questioni in causa, hanno l’obbligo di osservare inviolabilmente il segreto strettissimo, che vale comunemente come segreto del Sant’Uffizio, su tutto e con tutti, sotto pena di incorrere nella scomunica latae sententiae, ipso facto e senza altra dichiarazione, riservata alla sola persona del Sommo Pontefice, con esclusione anche della Sacra Penitenzierìa » (par. 11) e dispone per tutti una stretta formula di giuramento sull’osservanza del segreto. Tale giuramento deve essere prestato anche da «gli accusatori, coloro che sporgono denuncia e i testi» (par. 13). L’Epistola più succintamente stabilisce che «le cause di questa natura sono soggette al segreto pontificio», il più rigido dei segreti previsti dal diritto canonico dopo il sigillo della confessione (8).
Su tale segreto sorgono due domande, la prima sul senso che esso assume nel suo contesto e la seconda sulla possibilità che influenzi ed ostacoli il corso della giustizia dello Stato.
A giustificazione del silenzio i commentatori di parte ecclesiastica hanno argomentato che dal punto di vista pragmatico la consegna assoluta del silenzio servirebbe a garantire l’onorabilità di accusato ed accusatore o accusatrice fino al termine del processo, per ragioni di garantismo, nonché a consentire ai testi di farsi avanti senza esporsi, ma mai di impedire a costoro di rivolgersi o collaborare con l’autorità giudiziaria statale. A conferma di ciò si è sottolineato come il paragrafo 15 (in realtà i parr. 15-18) impongano la denuncia, quasi sempre a pena di scomunica. L’argomento però è debole. Tali autori dimenticano infatti di precisare che l’obbligo di denuncia non si riferisce alla denuncia alla magistratura dello Stato ma alla denuncia alle autorità ecclesiastiche, per lo stesso principio per cui quelle norme si occupano dei reati “canonici” e non “civili”. Non spiegano neppure come mai il segreto è posto non solo per il tempo necessario a definire il processo, con garantismo estremo, ma sia un “silenzio perpetuo”. Peraltro il garantismo, così come comunemente inteso, è un’esigenza molto poco sentita dal diritto canonico, che, a titolo di esempio, non conosce il principio di legalità e certezza delle pene. Più convincente, ma non più confortante, la spiegazione che dal punto di vista teologico è offerta dal card. Herranz, il quale richiama tre princìpi: «evitare lo scandalo, tutelare la libertà dei testi, garantire il corso della giustizia», in ragione del fatto che «nella Chiesa chi governa deve cercare il bene delle anime». In altre parole lo scandalo che potrebbe sorgere dalla notizia del peccato (che qui è il reato canonico) rischierebbe di smarrire altre anime, a tutela delle quali primariamente è posto il vincolo del segreto. L’argomento, ovviamente, è un fondamento sufficiente ai credenti, ma non gli si può negare una logica. Eppure anche qui qualche altra domanda sorge. Non si vedono altre esigenze meritevoli di essere valutate assieme al timore di uno scandalo? Dov’è la pietà per le vittime e la considerazione delle sofferenze e dei turbamenti che costoro sono costretti a subire anche a grande distanza dagli avvenimenti? Ha senso prevedere una pena canonica più grave per la vittima che violi il vincolo del segreto (scomunica riservata al Pontefice) piuttosto che per il reo (dimissione dallo stato clericale)? Ma soprattutto, che senso può avere non offrire una fattiva collaborazione una volta che lo scandalo sia venuto alla luce? In quella stessa logica il silenzio successivo allo scandalo sembra aggravare lo smarrimento dei fedeli, piuttosto che aiutarli. Basti un esempio. Nel 2002 la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti insediò una commissione di laici, il “National Review Board”, incaricata di verificare, tramite audizioni, ricerche, incontri ed interviste l’applicazione della Carta per la protezione dei bambini e dei giovani di cui la Conferenza si era dotata. Dopo un anno il suo presidente si dimise in polemica con alcuni vescovi, dopo aver affermato che i comportamenti di cui era venuto a conoscenza (rifiutare di deporre, distruggere i nomi dei colpevoli, nascondere, offuscare, minimizzare) rispondevano più all’atteggiamento di una famiglia mafiosa che a quello di una comunità di fede (9).
Il timore dello scandalo insomma, sembra rispondere non solo alla tutela del benessere spirituale dei fedeli, ma anche, se non soprattutto, alla tutela dell’immagine pubblica della gerarchia cattolica come illibata maestra di pubblici costumi, alla tutela delle casse delle diocesi (laddove queste potrebbero essere aggredite per via dei risarcimenti dei danni) e, non ultimo, alla stabilità di gerarchie mai davvero abituate al confronto e allo scrutinio trasparente e democratico (10). Ma veniamo al secondo punto, può il segreto imposto dal diritto canonico collidere con il diritto dello Stato? Ovviamente queste considerazioni non possono che essere svolte relativamente all’ordinamento italiano. Come giustamente affermato da molti osservatori, il nostro diritto penale non impone al semplice cittadino l’obbligo di denunciare i reati di cui sia venuto a conoscenza se non nel caso di reati contro la personalità lo Stato puniti con l’ergastolo (artt. 364 c.p. e 333 c.p.p.). Il prelato che venga a conoscenza del reato in ragione del suo ufficio può ritenere, anche a torto, di non sporgere denuncia contro il suo sottoposto, senza per questo violare la legge. Ma qui sembra esserci un passo oltre. La normativa in questione infatti non si limita a chiedere o suggerire il silenzio ma lo impone. Per di più lo impone non solo all’autorità ecclesiastica, ma a chiunque venga a conoscenza dei fatti di causa e soprattutto lo impone alla vittima. L’art. 378 c.p. punisce a titolo di favoreggiamento personale «chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione [...] aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa». Le modalità con cui l’Instructio chiede il rispetto del silenzio, un giuramento formale orale e scritto, e le pene canoniche previste, fino alla scomunica, sembrano essere tali da condizionare fortemente la volontà di coloro che volessero rivolgersi alla giustizia dello Stato. Se questo integri il favoreggiamento, o l’induzione a non rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria di cui all’art. 377-bis c.p., spetterebbe ad un giudice accertarlo tenuto conto di tutte le circostanze di fatto. Peraltro la responsabilità penale è personale e andrebbero individuati i necessari collegamenti di causalità e colpevolezza. Da coloro che invece sostengono che il principio di leale collaborazione con le autorità supera l’imposizione del silenzio attendiamo l’indicazione di tutti i casi in cui la gerarchia ecclesiastica ha ritenuto di dover collaborare al benessere della società indicando alla giustizia questi crimini e questi criminali, senza coprirli e senza portarli in giro per le parrocchie di mezzo mondo.
(*) Mario Di Carlo è ricercatore della Fondazione Critica liberale e coordinatore della Consulta Romana per la laicità delle Istituzioni.
NOTE
(1) Per un’ampia documentazione di veda il sito www.bishop- accountability.org .
(2) Cfr. S. Bolognini, Preti pedofili: tolleranza e titubanza, “Critica liberale” 135-137, gennaio-marzo 2007, p. 102.
(3) Il documentario è andato successivamente in onda il 31 maggio 2007 durante la trasmissione Anno Zero di Rai 2.
(4) A. Galli, Infame calunnia via internet, “Avvenire”, 19-5-2007; M. Introvigne, La congiura degli ignoranti, “Il Giornale”, 23-5-2007 e Molto rumore per nulla, in www.cesnur.org; M. Politi, intervista con J. Herranz, “La Repubblica”, 24-5-2007.
(5) “Quia Instructio Crimen sollicitationis hucusque vigens, a Suprema Sacra Congregatione Sancti Officii edita die 16 mensis martii anno 1962, recognoscenda erat novis Codicibus canonicis promulgatis”.
(6) Cfr. in part. i canoni 1387 e 1395.
(7) Art. 609-quater, co. 1 (Atti sessuali con minorenni) «Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza».
(8) Cfr. Costituzione apostolica Secreta continere, Acta apostolicae sedis 1974, pp. 89-92.
(9) “Catholic News Service”, 19 giugno 2003.
(10) Non ci si può esimere da notare, inoltre, che la sciagurata politica di trasferimenti dei sacerdoti in odore di pedofilia è (o era) il retaggio di una cultura che fatica a confrontarsi con (e ad accettare) i dati scientifici.
Nella rubrica I documenti: CRIMEN SOLLICITATIONIS (16 Marzo 1962), EPISTOLA (18 maggio 2001)
(15-7-2007)
L’inchiesta, prima parte:
250mila quelli censiti, ne vengono
chiusi a centinaia ma risorgono in continuazione
Pedofilia, ecco la Rete degli orchi
Su Internet i siti dell’orrore
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - Per entrare nella stanza dell’orco non bisogna nemmeno bussare. Si saltano le presentazioni. Nessuna maschera o identità posticcia. Al massimo: un nickname a scadenza. In molti casi neanche quello. Entri e fai i tuoi porci comodi, e anche ottimi affari. Indisturbato. Impunito. Senza pagare un centesimo. Anche se con Internet non sei un drago. Bastano un minimo di dimestichezza telematica e un paio di dritte giuste per accedere gratuitamente alla galleria degli orrori della pedofilia on line. Lì si può mettere in piedi, in quattro e quattr’otto, un mercato nostrano, redditizio. Scarichi, gratis, foto vietatissime, e le rivendi.
Spiega un italiano che si firma Eric e che conosco su un forum cileno: "Crei un free book a costo zero, lo immetti sul web, attivi le modalità di pagamento attraverso il solito sistema di carte di credito, e il gioco è fatto". In un giorno puoi mettere in cascina anche 10 mila contatti. Che sono un bel po’ di soldi. Su 10 mila visitatori il 10 per cento (1000 utenti) acquista; un book di 10 foto viene sugli 80 euro (70 $); in ventiquattro ore i più furbi riescono a tirare su anche 80mila euro. Si chiamano pedosciacalli. Sono i nuovi raider della pedofilia telematica. Scaricano gratis e rivendono. Una figura di pedofilo autarchico, furbetto. Il business prima del piacere sessuale. O assieme. Sono loro, oggi, il vero incubo delle polizie postali di tutto il mondo.
Per un po’ di giorni abbiamo navigato nel mare grande della pedopornografia: per capire quanto fosse diffuso, e quanto fosse facile entrarci. Troppo, in entrambi i casi. Abbiamo conosciuto i pedosciacalli e i pedofili delle chat, quelli che si scambiano materiale non a fini di lucro ma solo per piacere. E i pedofili culturali, certo, la versione sofisticata, solo apparentemente platonica, dell’orco. E poi i pedofili sfacciati, quelli che si mostrano in viso e ti invitano a entrare nella loro "grande famiglia". Quella dove l’amore "non ha barriere", e "i nostri angeli e le nostre ninfe meritano solo dolci carezze". Entrando in queste "grandi famiglie" - sono 256.302 i siti web monitorati dal 2001 a oggi dalla polizia postale, 155 quelli chiusi in Italia, 10.376 quelli segnalati all’estero - abbiamo visto foto e video di bambini e bambine di ogni età. Nudi, seminudi, qualcuno cosciente, la maggior parte no, tutti abusati, ridotti a pupazzi con lo sguardo vitreo dai loro aguzzini. È stato un viaggio nell’orrore, in un nero mercato che prevede anche la morte. I pedofili immettono nel circuito telematico immagini delle loro prede da morte dandole in pasto - a pagamento, fino a 20 mila euro in Europa, molto meno se riesci a scovarle sugli ormai diffusissimi e più economici portali mediorientali, soprattutto iraniani e iracheni o africani - ai maniaci del pedosnuff (snuff, morire). Oppure le fissano sul digitale quando devono ancora nascere.
Quando sono feti di sette-otto mesi. "La merce più rara e più ambita della pedofilia estrema, assieme ai bambini sfigurati vittime di incidenti stradali, oggi sono le ecografie neonatali - spiega don Fortunato Di Noto, dell’associazione Meter impegnata da anni nella lotta alla pedofilia - . Gli "infantofili", e cioè gli amanti del genere da 0 a 4 anni, una tipologia in continua crescita, se le contendono a caro prezzo: anche 10 mila euro se l’immagine è nitida. E il commercio sul web è sempre più fiorente". Alcune ecografie provengono dagli ospedali e dagli studi medici del Sud Italia, da Napoli, da Palermo, o dai paesini sonnacchiosi dell’entroterra dove tutto accade e nessuno sa. Non sanno i medici, non sanno le ostetriche, non sanno i genitori. Chi sa benissimo ciò che sta facendo sono i cyber utenti. Una tribù che ogni giorno a tutte le ore si scambia materiale, esperienze, curiosità, indirizzi web, consigli, sulla loro ossessione.
Sono un esercito gigantesco i pedofili virtuali. Alex, americano del New Jersey, barba e capelli stile Bee Gees, non si fa problemi a mostrarsi in viso, sbracato in poltrona, o nel letto, in compagnia delle sue lolite. Nel suo portale - del quale omettiamo volutamente l’indirizzo ma che è in assoluto uno dei più frequentati e forniti - Alex espone i prodotti della ditta. Si va dai neonati alle bambine di sette-otto anni. Ci sono foto da voltastomaco. Decine di porn lover page e in mezzo lui, in canottiera, orgoglioso, che tiene in braccio una bambina con addosso solo il pannolino. Mi informa che questo mese c’è un’offerta speciale: "79 $ per tutta la settimana". In pratica: paghi e per sette giorni hai accesso alle immagini. Ma decine di foto sono scaricabili senza pagare. Crearsi un quaderno personale è un attimo. Rivenderlo, pure. Una delle cose più impressionanti di questo mercato è la facilità con cui da consumatore puoi diventare produttore. Per dire: ci sono navigatori italiani che hanno spremuto il sito di Alex e ne hanno fatto un pozzo di approvvigionamento per i loro business. Non daremo il nome di questi e altri siti e chat e forum - l’iniziale e basta - per evidenti ragioni. Se ne occuperà la polizia postale. Gli adolescenti sono già bombardati dai pedofili via telefonino: una pioggia di messaggi per invogliarli a spogliarsi, a inviare foto in cambio di ricariche telefoniche e piccole regalie. Un adescamento sempre più diffuso, che ha per obiettivo finale l’incontro.
I primi connazionali con cui entriamo in contatto li incrociamo sul forum "K...". Una chat di boylover e girlover dove si danno appuntamento pedofili di tutto il mondo. Non ci sono foto, su "K"; solo messaggi. Dopo essere stati esaminati e accettati accediamo alla room chiamata the lounge. Michele-Ita e Salvatore-Ita: ci si firma così, con nome - vero o falso che sia - e sigla della nazione di provenienza. Michele mi dà il benvenuto in inglese: "Ciao, sono felice di conoscere una persona come me libera da pregiudizi. Questo - aggiunge con soddisfazione - è l’unico forum dove si può conversare liberamente e condividere in allegria la passione per i bambini e le bambine". Provo a rivolgere a Michele qualche domanda vagamente personale. E’ evasivo. Mi dice solo: "Ho 48 anni e adoro i bambini tra i 10 e i 14 anni". I pedofili (a eccezione dei "culturali") non amano parlare troppo di sé. Di solito vanno subito al sodo. Si concentrano sulla preda. Sulle fotografie, sui video. Scambiano dritte sui siti dove poter reperire materiale. Salvatore-Ita snocciola un indirizzo buono fatto di molti numeri: "Vai su "2..." e troverai roba interessante". Clicco. Si schiude l’home page di uno dei portali più grossi e hard nel panorama della pedofilia virtuale. Sequenze interminabili di neonati e bambini ritratti in pose oscene. Mi accolgono in modo ospitale: "Benvenuto nella "sick...", il paradiso della depravazione infantile". Scene di sesso tra adulti e bambini, o solo tra bambini. Sono minori di varie nazionalità. A occhio, soprattutto Europa dell’Est, Asia, Africa. Secondo i dati raccolti dall’associazione Meter e incrociati coi colleghi di altre nazioni, i bambini coinvolti nel mercato pedopornografico sono oltre 2 milioni: il 78% femmine, il 22% maschi. Per il 70% sono di razza bianca, per il 20 di provenienza asiatica e africana, e per il 10 di origine araba e mediorientale. (Continua)
(la Repubblica, 16 luglio 2007)
II PARTE
Un giro di affari spaventoso.
Su Internet si presentano come "grandi famiglie"
Pedofilia, olocausto bianco
due milioni le vittime in Rete
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - L’archivio di free photo su "2...." è corposo. Basta cliccarci sopra e le puoi scaricare. La prima e anche l’ultima cosa che pensi è: possibile che nessuno riesca a bloccare quella sequenza di immagini? Domenico Vulpiani è il direttore capo della polizia postale: "I siti a pagamento, che in effetti contengono anche delle foto e dei video scaricabili gratuitamente, in realtà offrono sempre lo stesso materiale: sono come un film porno, le immagini sono sempre quelle. Ai veri pedofili oggi interessa roba nuova, produzione domestica, casalinga, non i posati, pure hard e molto spinti, dei pay site. Il materiale se lo scambiano nelle chat. Tra una discussione e l’altra. Anche se apparentemente innocuo, il terreno più infetto e pericoloso oggi sono proprio le chat". Lolita, Fiordaliso, Ninfe. Nomi da retorica pedopornografica. Parole chiave con cui accedere alle decine di forum dell’orgoglio pedofilo. E alle loro bacheche. Sempre su "2...": "Mi intriga molto la sezione dei ragazzini", scrive un tedesco che si firma Hans B. Eric, dalla Francia, ringrazia: "Complimenti per l’ottimo lavoro. Questo è in assoluto il sito che preferisco". Hans B lo ritrovo un paio di giorni dopo chattando su "C...", una chat creata dal cileno Alain (vive a Santiago, fa l’insegnante, film preferiti Fucking Amal e Lolita). "Vieni a trovarmi su "f..." e su "l...". Poi mi dici cosa ne pensi, a proposito di amore libero e senza più barriere. Ok?". Aggiunge: "Ho molto materiale da offrirti, tu ne hai? Potremmo scambiare qualche video, cose con piccoli angeli di due o tre anni... ".
"La centrale mondiale della pedopornografia oggi è San Pietroburgo - continua don Di Noto - La maggior parte dei bambini e anche la produzione di video e fotografie provengono da là. Gli italiani quei siti li divorano, ne creano di loro ma su server stranieri. Perché sui server italiani c’è un controllo capillare e ormai serratissimo, divulgare materiale è rischioso". Usa, Russia, Iran, Iraq, Israele, Sudafrica, Nigeria: la mappa dell’"olocausto bianco", come lo chiamano le decine di organizzazioni che combattono la pedofilia in tutto il mondo, è in continuo e sfuggente movimento.
Su 158 milioni di minori sfruttati ogni anno in tutto il pianeta, si calcola siano almeno 2 milioni quelli coinvolti nel mercato pedopornografico. Una tratta da 1 milione e 200 mila piccoli schiavi ogni anno. I loro corpi ingrassano gli affari dei pedosciacalli. Le persone arrestate per pedofilia on line dalla polizia postale, dal 2001 a oggi, sono state 187; 3.346 le perquisizioni, 3.655 i soggetti denunciati in stato di libertà. "Stiamo mettendo a punto una black list. In pratica vieteremo l’accesso a tutti i siti pedopornografici con i provider italiani - spiega Marcello La Bella, direttore della polizia postale di Catania - Almeno con quelli... Perché con i provider stranieri uno può accedervi comunque". Per questo la maggior parte dei nostri pedofili on line si sposta, almeno virtualmente, in Olanda e in Belgio e nel Lichtenstein (patria dei pedofili culturali). Per la serie: fatta la legge, trovato l’inganno.
L’americano Alex è un pedofilo sfacciato. Sa di rischiare la galera, anzi, come informa nel suo sito, al fresco ci è già stato. Ma tant’è, "amo i bambini e amo passare il tempo in loro compagnia. Questo sito è una grande famiglia dove chiunque può accedere". Altri, più subdoli di Alex, autosdoganandosi e rivendicando il loro diritto ad "amare i minori", si nascondono dietro il fragile paravento della pedofilia culturale. Teorizzano. Filosofeggiano sui portali dove è tutto un inno all’orgoglio pedofilo. Si ammantano di una patina culturale, tirano in ballo il Simposio di Platone. Poi abbandonano i sofismi e si fiondano nella vetrina-labirinto dove sono esposte le loro vittime: e lì comprano "piccole creature" con cui divertirsi. Una delle principali porte di accesso italiane alla pedofilia culturale è il sito "J...". Sull’home page campeggia il ritratto di un adolescente con la folta chioma pettinata a caschetto. Sopra c’è scritto: ""J" è stato creato apposta per quanti scoprono di potersi innamorare di bambini o giovani. Di questi tempi - si legge - non è cosa facile scoprire questa parte di sé. Qui si può parlare di questi sentimenti in un’atmosfera confidenziale. Potrai ascoltare come altre persone vivono questa condizione e ti sarà possibile fare la tua scelta. Ricordati che non sei solo!". E poi: "Ti aiuteremo a vivere questo amore in un modo responsabile e rispettoso delle leggi".
Sono discussioni che vorrebbero apparire igieniche, quelle dei pedofili culturali. Chattando nei loro forum si possono tracciare dei profili umani. Uomini dai 30 ai 60 anni, cultura medio-alta, affetti da un apparente sdoppiamento della personalità. Pedofili sì, ma in senso buono, è la loro tesi. Che poi non si capisce come sia possibile. Il confine è molto, troppo labile. Scrive Carlo M, 46 anni, divorziato: "L’unica forma di amore puro e innocente puoi provarla per un bambino. Non credo più alle storie con gente adulta, uomo o donna che sia. Tradiscono, mentono. Non hanno la purezza e la sincerità dei nostri splendidi angeli". Gli diamo corda, e così anche a Eugenio che si fa chiamare Gene. Scrive: "Lo studio come lo sport sono ambiti dove il bambino o l’adolescente può e deve trovare libero sfogo. A noi tocca il compito di incanalare quello sfogo in una crescita formativa". Può sembrare una frase innocente, ma a leggere tra le righe mette i brividi. Né conforta la tesi di Domenico Vulpiani: "In realtà al vero pedofilo della pedofilia culturale non importa nulla. Non gli servono le parole ma le immagini".
Vado per l’ultima volta nella child room di "2...", e subito in quella, violentissima, di "P...". Un link mi trascina nell’archivio "Lolita...". E’ un pugno al ventre. Mi inviano una cartolina dal Canada. Non avrei mai voluto riceverla. Mi assale un conato di vomito. Esco dalla stanza dell’orco con il desiderio di non entrarci più.
(Fine)
Preti pedofili, la chiesa di Los Angeles
pagherà 660 milioni di indennizzi
LOS ANGELES - L’Arcidiocesi cattolica di Los Angeles pagherà un indennizzo record di 660 milioni di dollari, più di un milione a testa, a circa 500 vittime di abusi sessuali commessi da preti pedofili a partire dagli anni Quaranta. L’accordo è stato raggiunto solo poco prima dell’inizio del processo fissato per domani.
L’indennizzo è il più dispendioso negli ultimi anni per la Chiesa cattolica americana, bersagliata da richieste per numerosi casi di abusi sessuali commessi da preti nei confronti di minori.
* la Repubblica, 15-07-2007
Bergamo
Prete pedofilo condannato a 4 anni per violenza su 11enne
Val Scalve: prete condannato per pedofilia
http://www.montagna.tv/?q=node/5534
Cronaca - Inserito da montagnatv il Ven, 2007-07-13 16:32
BERGAMO -- Come la bellezza delle montagne può essere rovinata dalle miserie umane. La vicenda che andiamo a raccontarvi viene dalla Valle di Scalve, in Bergamasca. Un sacerdote di 36 anni è stato condannato a quattro anni di reclusione per abusi sessuali su una ragazzina di 16 anni che, all’epoca in cui cominciarono le violenze (nel 2002), era solo undicenne.
Il giudice ha condannato per lo stesso reato, ma con una pena di sei anni, anche un altro uomo di 64 anni, interdetto a vita dai pubblici uffici. Secondo l’accusa, nel 2001 fu l’uomo ad avvicinare per primo la bambina. Due anni più tardi la piccola conobbe il curato del paese, ma il rapporto di affetto, stando a quanto appurato durante il processo, si sarebbe poi trasformato in attenzioni piu pesanti.
* Il Dialogo, Venerdì, 13 luglio 2007
Preti pedofili
Roma. Prete pedofilo recidivo condannato a 4 anni e 2 mesi.
E il cardinal vicario di Roma ed ex presidente della CEI Ruini dov’era? E mons. Fisichella non ha nulla da dichiarare? *
Dieci anni fa era già stato in prigione per lo stesso reato Roma: prete condannato per pedofilia A.D. 58 anni sacerdote e insegnante alla scuola Media Salvo D’acquisto dovrà scontare 4 anni e due mesi di carcere
ROMA - Sacerdote, insegnate e anche pedofilo, secondo la magistratura. E’ stato condannato, in rito abbreviato, dal gup Claudio Mattioli, a 4 anni e due mesi, un sacerdote accusato di aver abusato di due ragazzini. Il prete, A.D., di 58 anni, di origine siciliana, officiava nella diocesi dedicata alla Madonna di Czestokova, alla Rustica, e insegnava religione alla scuola media di Roma «Salvo D’Acquisto». L’uomo, che per i fatti oggetto del procedimento era anche finito in manette, è da tempo agli arresti domiciliari in un convento di Benedettini Silvestrini a Bassano Romano. Il capo d’imputazione per A.D. è: atti sessuali con minori, aggravati dal fatto che le vittime erano a lui affidate «per ragioni di educazione e di vigilanza». Il giudice ha imposto anche una provvisionale di 15mila euro di rimborso alle vittime.
GIA’ CONDANNATOPER LO STESSO REATO - In passato era già stato condannato dieci anni fa per una storia molto simile ma, scontata la pena, era tornato alla sua attività a scuola e all’oratorio. Arrestato nell’estate scorsa, il religioso, inizialmente, aveva negato tutto, ma in seguito aveva confessato, almeno in parte, cercando però di sminuire la gravità delle violenze. La prima denuncia a carico di A.D. venne presentata dai genitori di un dodicenne con gravi problemi psichici, un ragazzo "affetto da un disturbo del comportamento nell*ambito dell*organizzazione cognitiva borderline". Il giovane, che frequentava l*oratorio della Rustica, raccontò di essere stato palpeggiato e molestato dal sacerdote e, qualche giorno dopo, alcuni amichetti della stessa età gli raccontarono di aver subìto lo stesso tipo di violenze. In seguito si accertò un secondo caso, avvenuto, stavolta, durante un campo scuola nell*isola di Ventotene. A.D. aveva sorpreso un gruppo di ragazzi che scherzavano e si misuravano gli organi genitali. Il religioso avrebbe approfittato della circostanza per rivolgere pesanti avances a un altro adolescente, anche lui di 12 anni.
05 luglio 2007
Fonte: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/07_Luglio/05/prete_pedofilo.shtml
* Il Dialogo, Venerdì, 06 luglio 2007
Preti pedofili
USA/ Abusi sessuali, 5 anni al prete che si dichiara colpevole
Il reverendo McCormack ottiene sconto di pena *
di Ap- Apcom
New York, 2 lug. (Ap- Apcom) - Cinque anni di carcere per il reverendo Daniel McCormack, il prete della chiesa cattolica di Sant’Agata a Chicago incriminato nel gennaio del 2006 per abusi sessuali nei confronti di cinque ragazzini di età compresa tra 8 e 12 anni. McCormack ha ammesso la sua colpevolezza, ottenendo così uno sconto di pena. La dichiarazione di colpevolezza ha anche posto fine al processo, senza che le vittime abbiano dovuto testimoniare in aula.
Gli episodi per i quali McCormack andrà in pigione risalgono al 2001; ma non sarebbero i soli. All’epoca, era anche insegnante di algebra e allenatore di basket nella scuola di Nostra Signora del Westside: i bambini dei quali ha abusato erano suoi allievi, o loro amici.
Dopo l’emergere del caso, nel settembre del 2005, l’Arcidiocesi di Chicago non aveva preso alcun provvedimento nei confronti del prete, sospeso solo dopo l’incriminazione formale. Adesso, annnuncia il cardinale Francis George, McCormack dovrà rinunciare ai voti: la procedura è già stata istruita, perchè "l’abuso sessuale sui bambini è un peccato e un crimine".
* Il Dialogo, Mercoledì, 04 luglio 2007
Preti pedofili
Convegno su chiesa e pedofilia: tutto quello che Santoro non ha detto ad "anno zero"
di Agenzia ADISTA n. 49 del 7-7-2007 *
33961. ROMA-ADISTA. È una sorta di contro-Annozero il convegno organizzato lo scorso 22 giugno dalla Rosa nel Pugno su “La repressione sessuale: una politica che genera violenza”. Ed infatti il deputato radicale Maurizio Turco apre i lavori con un durissimo attacco alla puntata della trasmissione di Michele Santoro andata in onda il 31 maggio (vedi Adista n. 43/07): “Santoro ha sacrificato la verità sull’altare dell’audience - ha dichiarato Turco -. Pur di andare in onda ha accettato di concordare la trasmissione con Fisichella. Senza questo accordo la trasmissione non avrebbe ricevuto l’autorizzazione perché il Vaticano l’avrebbe impedito ed è per questo che il conduttore ripeteva continuamente che si trattava di ‘casi personali’. Bisognava accreditare i vertici della gerarchia come estranei alla vicenda, assolvendo l’istituzione nel suo complesso in quanto non responsabile del comportamento dei suoi singoli membri. È esattamente il contrario di ciò che si è fatto negli Stati Uniti”. Lo stesso Fisichella - ha rivelato il deputato radicale - ha posto il veto sull’invito in studio di Daniel Shea, l’avvocato di alcune vittime di preti pedofili che negli Usa ha tentato di trascinare in tribunale anche Joseph Ratzinger. L’accusa era quella di aver “ostacolato la giustizia” attraverso la lettera del 2001 con la quale l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede imponeva il “segreto pontificio” sui casi di pedofilia nel clero cattolico. Ma dopo la sua elezione al soglio pontificio, Ratzinger è stato ‘stralciato’ dal processo grazie all’immunità di cui gode in quanto “capo di Stato”.
Daniel Shea - che prima di diventare avvocato ha frequentato il seminario di Lovanio ed è un omosessuale dichiarato - è stato quindi invitato a partecipare al convegno della Rosa nel Pugno, in cui sono intervenuti, fra gli altri, anche Marco Marchese dell’“Associazione per la mobilitazione sociale”, Fausto Marinetti, Paolo Falcone ed Umberto Lenzi, del movimento dei preti sposati, Massimiliano Frassi, dell’“Associazione Prometeo onlus”, e Marco Pannella.
L’incontro è stato aperto dalla proiezione, in anteprima italiana, del film The Hand of God del regista italoamericano Joe Cutrera, presente al convegno insieme al fratello Paul, vittima di abusi. “Lo avevamo offerto gratuitamente a Santoro - ha dichiarato Turco all’agenzia Dire - che ha invece preferito pagare per il documentario della Bbc. Siamo certi che la Rai continuerà a sottrarre alla conoscenza pubblica i fatti mentre noi chiediamo che i fatti siano resi noti perché l’opinione pubblica li possa giudicare”. “La storia di Paul Cutrera è la mia storia - ha commentato Marco Marchese -; è la storia di tutte le vittime di abusi da parte di membri del clero. La Chiesa si dice ‘non responsabile’ di questi fatti, ma la responsabilità della Chiesa è oggettiva. Nel documento della Congregazione per i vescovi ‘Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Apostolorum successores’ si legge che ‘la chiamata agli ordini è responsabilità personale del vescovo e del superiore maggiore’ i quali ‘hanno il dovere di accertarne la maturità affettiva’. Quindi se ci sono dei pedofili che sono diventati preti la responsabilità è di qualcuno, qualcuno che non sa discernere, e che non dovrebbe guidare nessun ‘gregge di Dio’”.
Secondo Fausto Marinetti - ex cappuccino, già missionario in Brasile - occorre “tentare di scoprire la cause a monte di tali atrocità. È troppo facile puntare il dito contro i preti pedofili. Alla base di tutto c’è l’educazione impartita nei seminari, ambienti artefatti ed asettici nei quali si impone una visione cupa della corporeità e della sessualità”. “Anch’io sono stato abusato - ha detto Marinetti, visibilmente commosso - sono stato abusato nell’anima! L’unica donna ammessa in seminario è la vergine Maria. La figura femminile diventa una sorta di fantasma, una figura disincarnata. Ricordo quando a 13 anni andavo a cercare sulle riviste dell’epoca i volti di donna per scorgere una figura materna”. Tutto ciò compromette in maniera profonda un sano sviluppo della maturità affettiva e sessuale dei seminaristi: “L’ambiente naturale di crescita è la famiglia”. In seminario, invece, l’impostazione repressiva esclude qualsiasi “educazione al controllo delle pulsioni e dei sentimenti”. Ed ecco quali sono i risultati. (emilio carnevali)
Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma
Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24
Fax +39 06 686.58.98
E-mail info@adista.it
Sito www.adista.it
* Il Dialogo, Lunedì, 02 luglio 2007
Gli ex parrocchiani che subirono gli abusi scrivono ad Antonelli
Le vittime di don Cantini: "Per lui un processo penale" *
di Maria Cristina Carrutù
Un processo penale giudiziario. Le vittime di don Lelio Cantini, il prete accusato di violenza sessuale a plagio da suoi ex parrocchiani della Regina della pace, non si rassegnano. E, «fortemente incoraggiati» dall’intervento di monsignor Rino Fisichella alla trasmissione «Annozero» del 31 maggio scorso, hanno scritto all’arcivescovo Ennio Antonelli. Per chiedere alla Curia fiorentina quello che avevano già chiesto, finora inutilmente: e cioè, un processo penale giudiziario contro don Cantini, a norma del diritto canonico. Con ascolto dei testimoni e delle vittime, e un giudizio finale collegiale, laddove, nel processo penale amministrativo, è l’arcivescovo a prendere personalmente provvedimenti. Nel caso di don Cantini Antonelli ha sospeso il prete dalla celebrazione dei sacramenti e della messa in pubblico per cinque anni, ma le vittime hanno sempre ritenuto che per i crimini ammessi dall’ex parroco fosse una pena del tutto insufficiente.
E così, in una lettera firmata da ben diciotto di loro e inviata il 7 giugno scorso, per conoscenza, anche alla Congregazione per la dottrina della fede, ad Antonelli le vittime danno questa volta un mese di tempo per rispondere, trascorso il quale, annunciano, richiederanno il diretto intervento della Congregazione, alto organismo della Santa Sede.
Fisichella, si legge nella lettera, «ha pubblicamente e privatamente ringraziato tutti noi del coraggio e della determinazione finora mostrate, esprimendo chiaramente e inequivocabilmente la necessità di istruire un processo canonico giudiziario» per «far luce e chiarezza su tutti gli aspetti delle vicende legate a don Cantini». Comprese, ricordano le vittime, «le eventuali reiterazioni in epoca recente dei reati», che così non sarebbero soggetti a prescrizione. Fra i reati attribuiti a don Cantini, ricordano, c’è oltretutto l’assoluzione del complice istigato a commettere peccato, che comporta la scomunica immediata latae sententiae riservata alla Santa Sede. E se è vero che in presenza di prove certe, come in questo caso, e dell’ammissione del colpevole, si può ricorrere al processo amministrativo, su reati come la pedofilia e l’assoluzione del complice, considerati «gravissimi» dal diritto canonico, a giudicare non deve essere una Curia locale ma direttamente la Congregazione per la dottrina della fede. Lo ricorda Paolo Moneta, uno dei massimi esperti di diritto canonico: sebbene quanto prefigurato da Fisichella «non rientri nelle procedure normali», dice, «la Congregazione può disporre che, per fare maggiore giustizia su reati gravissimi, una procedura giudiziaria si possa riaprire», e un decreto amministrativo già emesso da un vescovo «revocare».
* Il Dialogo, Mercoledì, 20 giugno 2007
E’ il potere oppressivo che genera violenza sessuale
Alla radice di un problema, la pedofilia del preti, che è strettamente legato alla concezione della chiesa come struttura di potere
di Giovanni Sarubbi *
La messa in onda il 31 maggio scorso da parte di "Anno Zero", la trasmissione di radio 2 diretta da Santoro, del documentario della BBC sui preti pedofili, non ha secondo noi messo il dito nella piaga di un fenomeno che è un male antico e che è legato al modo stesso di intendere la chiesa da parte del cattolicesimo romano ma non solo di esso. Fin dai primi concili ecumenici, dal quarto secolo in poi, sono state emesse infatti norme contro i preti o i religiosi che abusano del loro potere sia sul piano delle violenze sessuali, sia per quanto riguarda l’appropriazione di beni delle comunità. Questi fenomeni sono nati in concomitanza con la trasformazione della Chiesa in religione dell’impero romano.
La questione dei preti pedofili mette in crisi, secondo noi, quella che i teologi chiamano “ecclesiologia”, in particolare ciò che è in discussione è il ruolo del clero, atteso che i fenomeni di perversione sessuale aventi come autori preti, e non parliamo solo di pedofilia, sono legati strettamente al ruolo di “confessori” che essi svolgono all’interno delle comunità e al potere religioso che essi esercitano sui fedeli. La quasi totalità delle testimonianze rese sia nel documentario della BBC che dagli ospiti in diretta nella trasmissione AnnoZero del 31 maggio scorso, hanno fatto esplicito riferimento a tale momento della vita comunitaria, quello della confessione.
Ma andiamo con ordine.
Durante la trasmissione di Santoro ad un certo punto il vescovo presente, mons. Fisichella, ha detto una frase a cui nessuno a risposto come si doveva. Fisichella ha detto indignato e rivolto ai preti pedofili: “Quelle persone non avrebbero mai dovuto diventare preti”. Ha, ovviamente, ragione. Ma ha torto quando si ferma a tale frase e non va oltre questa affermazione, non mettendo in discussione i criteri di reclutamento e formazione dei preti, atteso che i preti cattolici, ma ciò vale per i funzionari di tutte le religioni, vengono ordinati dalle gerarchie cattoliche, che li sceglie liberamente, che li sottopone a lunghi anni di studi in appositi luoghi di formazione che sono i seminari e di cui ha quindi la piena responsabilità. Se tanti preti, con percentuali oscillanti dal 5 al 10 percento del totale dei preti, è affetto da questi gravi disturbi della personalità riguardanti la sfera sessuale, qualche motivo di fondo ci deve pur essere. E quali sono tali motivi di fondo? Cosa non ha funzionato nella scelta di così tante persone pedofili per il ruolo di prete?
Nessuno ha posto a mons. Fisichella tali questioni, che pongono inevitabilmente sul banco di accusa oltre che il tipo di formazione che i preti ricevono in seminario, anche due altre questioni, quella del celibato obbligatorio per i preti di rito latino e quella dell’esistenza di seminari minori che accolgono bambini in età scuola elementare-media inferiore. Quest’ultima questione viola apertamente la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989 che fra l’altro all’Articolo 16 sancisce che : Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Togliere i bambini dalla famiglia in cui sono nati per chiuderli in seminario è una grave offesa alla loro dignità.
Nel passato i seminari minori erano gremiti, soprattutto di bambini di famiglie numerose e povere che decidevano di far diventare prete di solito l’ultimo nato. Ma ancora oggi esistono seminari minori, soprattutto nei paesi poveri ma anche in Italia, dove ragazzi di 10 anni vengono avviati al “sacerdozio” prima ancora di un completo sviluppo psicofisico, e quindi di una piena e completa maturazione sessuale. Sessualità che in tutti modi viene repressa, con la donna descritta come il diavolo in persona, da cui stare debitamente alla larga perchè “tentatrici” pronte a tentare sessualmente i preti per il solo gusto di “farli peccare”. Del resto l’equazione che viene insegnato a tutti i bambini è ancora oggi che sesso è uguale a peccato.
Mi permetto di citare un caso che conosco bene di un prete che è diventato tale perché verso l’età di sette anni fu sodomizzato da un adulto che aveva il doppio dei suoi anni. La cosa si ripetè più volte e la famiglia del ragazzo ne venne a conoscenza. Invece di denunciare il sodomizzatore, la famiglia prese la decisione di chiudere il ragazzo in seminario da dove è poi uscito prete e lo è tuttora. Erano gli anni subito dopo la guerra e la violenza sessuale veniva vissuta non come una violazione della propria persona ma come un proprio peccato. Sono convinto, per altri racconti che ho raccolto nel corso degli anni, che fatti simili a questi sono stati moltissimi. E chi ha subito violenze sessuali nell’infanzia è segnato per tutta la vita. Per combattere il fenomeno della pedofilia è dunque importante, secondo noi, eliminare i seminari minori ed il celibato obbligatorio che è innaturale se non è una libera scelta. Ma ciò non basta ancora per eliminare del tutto il fenomeno e ridurlo veramente ai minimi termini.
Per fare ciò bisogna cambiare radicalmente il modo di concepire la chiesa ed il ruolo del clero e questo è un problema che riguarda tutte le confessioni religiose cristiane. Il clero, variamente definito nelle varie confessioni, sacerdoti, pastori, pope, svolge un ruolo di potere all’interno delle singole comunità. I preti cattolici, in particolare, vengono formati ad essere “immagine di Cristo”, suoi vicari in terra. Il clero cattolico, che però non ha l’esclusiva di tale comportamente, è quello che maggiormente si identifica con l’idea stessa della chiesa secondo la formula “dove c’è il vescovo li c’è la chiesa”, con la nomina di preti, vescovi, cardinali e Papa che è diventata da secoli un fatto interno al clero che si riproduce per cooptazione, senza alcun controllo da parte del “popolo di Dio”.
E dove c’è un potere da gestire, qualunque esso sia, questo potere inevitabilmente comporta abusi di tipo sessuale.
E’ questa una caratteristica dominante di tutti gli imperi che di volta in volta si sono affacciati sulla scena dell’umanità. Basti pensare, per non andare molto lontano, allo sfoggio di una sessualità prorompente da parte di Berlusconi, che ultimamente si è fatto fotografare in compagnia di quello che i giornali subito hanno definito “harem”, senza che alcuno abbia gridato allo scandalo. Potere e violenza sessuale, potere e perversione sessuale vanno di pari passo.
E quando ad un prete viene dato il potere di rimettere i peccati, ascoltando in segreto i peccati degli altri, gli si da la possibilità di approfittarne se, dall’altro lato, lo si costringe ad avere una vita profondamente diversa da quella del resto della comunità, con restrizioni violente della sessualità che non può che creare i mostri di cui il video della BBC e la trasmissione Anno Zero ha mostrato solo un piccolo campionario.
Allora bisogna ribaltare il concetto su cui è costruita la chiesa. Non più “dove c’è il vescovo li c’è la chiesa”, ma l’evangelico “chi vuol esser primo serva”, o “dove c’è la comunità, l’assemblea, li può esserci un vescovo, un presbitero, qualcuno che è a servizio della chiesa”, senza alcun potere per alcuno, senza alcun tipo di mediazione con il sacro da gestire. Niente sacramenti di cui c’è un immondo commercio, niente potere di “consacrare eucaristie” con il popolo inerte. Tutti uguali, tutti impegnati a praticare il comandamento dell’amore fraterno, che esclude conversioni forzate o uso del sacro per sottomettere persone e per creare imperi. Allora si che pedofilia e violenza sessuale saranno un triste ricordo del passato.
* IL DIALOGO, Martedì, 05 giugno 2007
Preti pedofili
La diocesi di Chicago risarcisce con 6 milioni di dollari le vittime di abusi sessuali *
Fonte: http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsID=70549
La diocesi di Chicago che ha pagato 6,6 milioni di dollari a 15 vittime di abusi messi in atto da un gruppo di 12 sacerdoti fra il 1960 e il 1990. Si tratta dell’ennesimo accordo extragiudiziale raggiunto da una diocesi degli Stati Uniti in seguito a un procedimento giudiziario e quindi alle richieste di risarcimenti per episodi di pedofilia. La notizia è stata confermata dall’arcidiocesi e dal rappresentante legale delle vittime.
Secondo quanto sostiene la Chiesa di la maggior parte dei sacerdoti colpevoli degli abusi sono morti o gli è stato impedito di continuare ad esercitare il proprio ministero. Fino ad ora l’arcidiocesi di Chicago, secondo fonti ecclesiastiche ufficiali, ha pagato la somma di 52 milioni di dollari a 214 persone che hanno presentato domanda di risarcimento in seguito a dei procedimenti giudiziari per casi di abuso sessuale su minori.
Le cifre delle violenze
Negli Stati Uniti, secondo cifre fornite dalla stessa Conferenza episcopale, dal 1950 ad oggi, 10.667 persone sono state vittime di abusi sessuali, 4.392 i preti coinvolti nello scandalo. Numeri destinati a crescere ancora e che comunque vanno considerati per difetto in quanto in molti casi le violenze non sono mai state denunciate. Casi gravi e a volte gravissimi, come quello del seminario di Sant Polten, in Austria dove intervenne la stessa Santa Sede per fare pulizia, sono stati registrati dall’opinione pubblica in questi anni in Brasile, Argentina, Polonia, Messico.
Crimine enorme
Lo scorso ottobre il Papa avendo ricevuto in visita i vescovi irlandesi affermò che il reato di pedofilia è ancora piu’ grave quando è commesso da un prete e che in ogni caso si tratta "di un crimine enorme".
* IL DIALOGO, Venerdì, 01 giugno 2007
Don Marco Dessì, ha scelto il rito abbreviato e ha avuto una riduzione di un terzo Dovrà risarcire le sue vittime con 100 mila euro ciascuno
Parma, 12 anni al missionario pedofilo
Abusava dei bambini in Nicaragua *
PARMA - Dodici anni di reclusione con rito abbreviato per don Marco Dessì, il missionario sardo accusato di abusi sessuali nei confronti di minori e detenzione di materiale pedopornografico.
Il Gup del Tribunale di Parma Roberto Spanò ha riconosciuto il sacerdote colpevole di tutte le accuse che sono state mosse dalla procura parmigiana. La sentenza tiene conto dello sconto di pena di un terzo previsto dal rito abbreviato con il quale il missionario di 59 anni è stato giudicato.
La Pm Lucia Russo, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del comando Provinciale di Parma e ha sostenuto in aule le accuse, aveva chiesto una condanna a 16 anni di reclusione. Le motivazioni saranno depositate entro quindici giorni. Alla lettura del dispositivo, Dessì, presente in aula, non ha avuto alcun tipo di reazione.
Ai tre ex ragazzi del coro del Gestsemani, vittime degli abusi perpetrati dal sacerdote e oggi tutti maggiorenni, il Gup ha riconosciuto una provvisionale "immediatamente esigibile" di 100 mila euro ciascuno.
I ragazzi si erano costituiti parti civili attraverso l’avvocato reggiano Marco Scarpati, che rappresentava in giudizio anche le associazioni ’Rock no war’ di Modena, ’Solidando’ di Cagliari e il Comune di Correggio (Reggio Emilia). Le due associazioni di volontariato per anni avevano aiutato don Dessì nella raccolta dei fondi da destinare alla missione ’Betania’, creata dal sacerdote a Chinandega una poverissima città del Nicaragua. Il sacerdote venne arrestato alla fine del 2006 al rientro in patria a Cagliari per farsi curare da una grave malattia.
Proprio dalle denunce raccolte in Nicaragua dai volontari italiani sono partite le indagini della procura parmigiana. Le violenze sessuali contestate al sacerdote (da mesi sospeso a divinis dal Vaticano) si riferiscono a ad abusi commessi a metà degli anni ’90 su piccoli componenti del coro fondato da Dessi’.
Quella per il sacerdote è "una pena severa che deve essere accolta con rispettò", ha detto la Pm Russo. L’avvocato Romano Corsi, che assiste Dessì assieme al collega cagliaritano Pierluigi Concas, ha già annunciato che la difesa ricorrerà in appello appena preso visione delle motivazioni della sentenza.
Prima di essere ricondotto in carcere, Dessì, come ieri sera, ha ricevuto il saluto e l’incoraggiamento di alcuni amici e sostenitori. "Abbi fede, Marco", hanno gridato al sacerdote mentre questi montava sul cellulare che lo avrebbe ricondotto nel carcere di via Burla.
* la Repubblica, 23 maggio 2007
Preti pedofili
Le vittime di abusi rispondono alle decisioni riguardo le molestie del clero *
Dichiarazione di David Clohessy di St. Louis, direttore nazionale di SNAP, la Rete Nazionale delle Vittime di Abusi da parte dei Preti (Tel. 314 566 9790 cell, 314 645 5915 abitazione) Ci fa piacere che almeno alcuni tra quelli che sono stati gravemente danneggiati da questi preti avranno l’opportunità di trascinare loro e i loro capi corrotti in processo. Allo stesso tempo, siamo dispiaciuti ogni qualvolta apprendiamo che la gerarchia cattolica assolda avvocati o "spacca il capello" nel tentativo di assicurarsi il silenzio dei minori vittime di abusi, evadendo dalla propria responsabilità nei casi di crimini orrendi del clero. Questo tipo di rigidità legale è molto dannosa per le vittime e per tutti i cattolici, che meritano di sapere la verità, in sede di processo, riguardo crimini devastanti e ingiustificabili coperture. Raccomandiamo a queste coraggiose vittime di avere il coraggio di uscire allo scoperto, di ricercare saggiamente un supporto legale, e di essere perseveranti allo scopo di ottenere giustizia e guarigione.
(SNAP, La Rete Nazionale delle Vittime di Abusi da parte dei Preti, è il più grande gruppo di supporto a livello nazionale per le vittime di abusi da parte del clero. Esistiamo da 17 anni e abbiamo 7.000 membri in tutto il paese. Anche se nella nostra ragione sociale nominiamo solo i "preti", abbiamo sottoscrittori che sono stati molestati da altre figure, incluse suore, rabbini, vescovi e pastori protestanti. Il nostro sito è SNAPnetwork.org)
Potete contattare David Clohessy (314-566-9790 cell, 314-645-5915 home), Barbara Blaine (312-399-4747), Barbara Dorris (314-862-7688), Mary Grant (626-419-2930), Mark Serrano (703-727-4940)
La corte di appello si rifiuta di respingere i casi di abusi
Associated Press - 22 maggio 2007 h. 3:45 PM ET
SPOKANE , Wash. (AP) - l’ordine religioso cattolico che ha formato il prete Patrick O’Donnell può essere citato in giudizio da dozzine di vittime di abusi sessuali le quali affermano che l’ordine sapeva che lui era un pedofilo e non avrebbe dovuto essere ammesso al presbiterato.
Questo è stato deciso recentemente dalla corte di appello dello stato.
La Associazione dei Sulpiziani [la congregazione a cui appartiene il religioso incriminato] degli Stati Uniti ha chiesto che le cause fossero respinte sulla base del fatto che non può essere ritenuta responsabile per i crimini sessuali di O’Donnell.
Tale mozione è stata inizialmente rigettata dalla corte, e la Corte di Appello di Seattle ha respinto l’ulteriore richiesta dell’ordine religioso di rivedere la suddetta decisione della corte.
Copyright 2007 The Associated Press. All rights reserved. This material may not be published, broadcast, rewritten or redistributed.
http://www.kndo.com/Global/story.asp?S=6553165
* IL DIALOGO, Mercoledì, 23 maggio 2007