BENEDETTO XVI A MALTA, FREUD A LONDRA, E UNA BAMBINA:
LA LEZIONE DI "MOSE’" DA NON DIMENTICARE.
Una nota di Federico La Sala *
VIAGGIO DI BENEDETTO XVI A MALTA, 2010. “A Malta, al momento di pregare per il Papa, sull’altare è salita una bambina di nove anni, sembrava una rappresentazione concreta del concetto cristiano di “angelo”. Ha pregato, a nome di tutti, perché Benedetto XVI «continui ad ascoltare la Parola di Dio con devozione, a meditarla in santità e a testimoniarla con coraggio». Un Papa, una bambina e una preghiera sincera: per immaginare un futuro diverso, basta e avanza”. Così, don Filippo Di Giacomo chiude il suo articolo: La congiura del silenzio. La vicenda dei preti pedofili sta portando alla luce le coperture messe in atto da alti personaggi della Chiesa. E in Vaticano parte lo scaricabarile (l’Unità, 21.04.2010).
Nel baratro dell’inferno che si è spalancato davanti a tutta la gerarchia vaticana sulla vicenda dei pastori che mangiano le pecore e gli agnelli, si può ben capire il suo entusiamo di fronte a questa “patetica” scena del “Pastore” della Chiesa cattolica (“universale”!), mediaticamente composta e volta a tranquillizzare gli animi dei “fedeli”! Ma di fronte a una Istituzione come la Chiesa cattolico-romana, la sua dichiarazione è senza futuro: è “l’avvenire di una illusione” (Sigmund Freud, 1927).
Se non ci si interroga su “il disagio della civiltà” (Sigmund Freud, 1929), e su “Perché la guerra?” (Sigmund Freud - Albert Einstein, 1932), che cosa vogliamo capire di Mosè, di Gesù, di san Paolo, di Hitler, di Pio XII, e di Benedetto XVI e del cattolicesimo romano?!
Freud aveva ben capito che il contenuto principale del cristianesimo "fu sì la riconciliazione con Dio Padre, l’espiazione del delitto commesso contro di lui, ma l’altro lato della relazione emotiva compariva nel fatto che il figlio, che aveva preso su di sé l’espiazione divenne egli stesso dio accanto al padre e propriamente al posto del padre" (L’uomo Mosé e la religione monoteistica). Detto in modo veloce e semplice : Edipo, il papa-re è in Vaticano - ancora,oggi!!! C’è un gran lavoro da fare, un intero mondo da ripensare e da ricostruire - e non nella direzione dei vecchi e nuovi “sacerdoti di Ammone”!!!
VIAGGIO DI FREUD A LONDRA, 1938. Arrivato a Londra, con “L’uomo Mosè e la religione monoteista”, nel pubblicare l’opera completa, nella seconda avvertenza (giugno 1938), Sigmund Freud scrive: “Al mio spirito critico questo lavoro [...] pare una ballerina che cerca di tenersi in equilibrio sulla punta di un solo piede [...] Comunque sia, il dado è tratto”.
Ciò di cui Freud si rende conto ora - e solo ora (a Londra) - e ancor meglio e di più, è che la strada dell’interpretazione dei sogni (1900) è una strada che (lo ha portato e ) porta lontano e che, con l’aiuto della comprensione dell’”edipo completo”, è possibile comprendere cosa ci sia dietro ogni “Totem e Tabù”(Sigmund Freud, 1912), ricomprendere meglio l’eredità della religione e, in particolare, delle tre religioni monoteistiche (l’ebraismo, il cristianesimo, e l’islam) e costruire un futuro diverso per tutta l’umanità. Questa la stella fissa di tutto il suo cammino, non dimentichiamola e non dimentichiamolo.
Nel 1902, in una lettera del 28 settembre, Freud scrive a Theodor Herzl (l’autore di Lo Stato ebraico, 1896), per chiedergli una recensione del suo lavoro. Egli scrive "di avere chiesto all’editore di mandargli una copia dell’Interpretazione dei sogni" e aggiunge, chiarendo il senso del suo invio - e del suo stesso lavoro: “La prego di conservare la copia come testimonianza dell’alta stima in cui ormai da anni, così come molti altri, tengo lo scrittore e il combattente per i diritti umani del nostro popolo” (cfr.: Yosef H. Yerushalmi, Il Mosè di Freud, Einaudi 1996, pp. 18-19)!
Nella Motivazione del "Premio Goethe" conferitogli il 28 agosto 1930, in un passaggio, così è detto: "Sigmund Freud ha posto le basi per una rinnovta collaborazione tra le discipline scientifiche e per una migliore comprensione tra i popoli" (Opere 11, Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 5).
Freud, benché consapevole che il suo lavoro e il suo contributo si porti dietro (ancora non sciolti) elementi della trama edipica, a conclusione della sua vita è contento di quanto ha realizzato, sia per quello che ha fatto nel suo percorso di ricerca sia per quello che ha detto e scritto in L’uomo Mosè e la religione monoteistica. E quest’ultimo lavoro la ritiene una bella e soddisfacente conclusione della sua vita (morirà nel settembre del 1939). E’ proprio contento - grande è la sua gioia: ha dato alla luce una bambina che cammina da sola e sta imparando già a ballare!
Negare al Faraone la vittoria postuma! Se si vuole, e senza nessuna forzatura, si può ben dire che L’uomo Mosè e la religione monoteistica sia il suo più prezioso contributo, a pensare meglio la lotta contro l’antisemitismo e contro il nazismo.
Nel 1970, Emil Fackenheim istituisce la 614ma norma del canone ebraico: “È fatto divieto agli ebrei di concedere a Hitler vittorie postume” (Emil L. Fackenheim, La presenza di Dio nella storia. Saggio di teologia ebraica, Brescia, Queriniana, 1977, pp. 97-99 e 111-112). Nel 1982 pubblica "TIQQUN. Riparare il mondo. I fondamenti del pensiero ebraico dopo la Shoah" (Medusa, Milano 2010): in questo, in particolare, di Sigmund Freud nemmeno una parola. Questo modo di comportarsi non mi sembra sia il modo per "essere giusti con Freud" (Jacques Derrida, 1992) e una buona premessa per trasformare o riparare il mondo!
Federico La Sala (21.04.2010)
* Sul tema, nel sito, si cfr.:
Bonhöffer, la resistenza del mite
di Lorenzo Fazzini (Avvenire, 16 gennaio 2014)
«Tuo padre ti ha comunicato che ho ricevuto notizie dalla Germania che, all’ultimo minuto, devo tornare là il 15 aprile? Alla luce delle decisioni politiche più recenti, talvolta il mio cuore sobbalza al pensiero di cosa mi attende, ma i bisogni della Chiesa sono così urgenti che non esiste altro modo di fare». La coscienza, prima di tutto. Prima del timore di incorrere in restrizioni, persecuzioni, problemi.
Dietrich Bonhoeffer ne era consapevole in quel marzo 1935 quando, ad appena 29 anni, dalla sua nuova sede di azione pastorale - Londra - scriveva queste parole all’amico assai più giovane, Ernst Cromwell, un ragazzo da lui accompagnato spiritualmente. L’ombra lunga del nazismo aveva già avvolto la Germania.
Quando Bonhoeffer aveva scelto Londra come terra di elezione missionaria - arrivato nel 1930, vi restò fino al 1935 - Hitler era ancora lontano dal prendere il potere a Berlino con quel riscontro di popolo e di establishment che comprendeva anche i Deutsche Christen, gruppo di credenti filo-nazisti. Ai quali si oppose ben presto la Bekennende Kirche, la Chiesa confessante che, sopratutto, respingeva il radicato e radicale anti-semitismo del profeta della croce uncinata.
Guida della Bekennende fu proprio quel pastore, Bonhoeffer, che finirà i suoi giorni il 9 aprile 1945 impiccato a Flossemburg su ordine diretto del Führer. Un nuovo tassello biografico di questo grande pensatore di Dio e degli uomini si svela ora in una serie di lettere inedite, pubblicate in queste settimane per la prima volta in Inghilterra, Letters to London, dalla casa editrice SPCK.
Missive indirizzate a Ernst Cromwell, un ragazzo di padre ebreo secolarizzato e madre luterana, conosciuto da Bonhoeffer durante il suo soggiorno londinese. Missive private, quelle destinate al giovane amico, ma che dipanano ancora una volta la fede granitica dell’autore di Sequela. Come testimonia questa affermazione del 20 marzo 1935: «La cosa importante è non diventare assuefatti, inacidirsi o preoccuparsi in maniera non necessaria, ma essere capace, giorno dopo giorno, di diventare incommensurabilmente felici del fatto che esiste una causa così grande come il cristianesimo».
Una volta rientrato in patria, il senso di limitazione della libertà Bonhoeffer iniziò ben presto a viverlo sulla propria pelle, come racconta nella lettera dell’8 giugno 1935, quando parla delle «questioni per le quali abbiamo a che fare con le autorità», ovvero gli interrogatori che doveva già subire per la sua libertà di pensiero. E proprio in quell’anno, appena rientrato dalla City, Bonhoeffer non aveva esitato a far sentire la sua voce per la libertà dei credenti antiregime: «Il richiamo che ho fatto una domenica riguardo i ’nostri fratelli nei campi di concentramento’ ha provocato una tempesta in un bicchier d’acqua ed è stata veramente benefica, ho imparato la lezione». Ovvero, che ormai era chiaro il carattere anticristiano del nazismo.
Di fronte alle difficoltà che il suo essere membro della Bekennende Kirche comportava, Bonhoeffer non si impressionava più di tanto. Ma anzi rintracciava nella propria fede cristiana gli antidoti più veri per vivere quella ’resistenza’ che farà da titolo ad uno dei suoi grandi saggi post mortem (Resistenza e resa): «Stiamo aspettando con ansia Pentecoste. Potrai capire che questa festa ha un significato speciale per noi. Il suo Spirito è lo spirito della nostra comunità. Non uno spirito terrestre, né di cameratismo o di mera amicizia, ma piuttosto di amore fraterno, obbedienza, disciplina e gioia incrollabile. Uno Spirito dall’alto, lo Spirito Santo, quello per cui preghiamo». È in questa priorità dell’elemento spirituale che secondo Bonhoeffer si concretizza la vocazione del suo essere cristiano confessante: «Spero e credo che in questo modo noi stiamo facendo un servizio reale alla Chiesa e alla Germania».
Bonhoeffer si palesò ’confessante’ anche in un’altra occasione, come testimonia questo epistolario. Ovvero, la scelta di uno studio biblico sul Re Davide pubblicato nel 1935 che si meritò gli strali del giornale nazista di Stoccarda “Durchbruch”. Critiche che Bonhoeffer stesso segnala così: «Di recente - scrive il 25 ottobre - mi sono reso abbastanza impopolare sul tema degli ebrei, ma con un certo successo. Questa è la cosa principale. Sono contento di ogni giorno nel quale posso lavorare come sto facendo adesso».
E un mese dopo, la situazione, almeno nella percezione del grande teologo, si fa sempre più chiara del fatto che la propria posizione di opposizione spirituale all’ideologia di Hitler poteva diventare motivo di perniciose conseguenze: «Ho l’impressione - annota il 20 novembre - che il cammino che sto prendendo mi condurrà ad avere seri problemi».
E la profezia si verificò: sebbene il 12 novembre avesse iniziato a tenere lezioni all’università di Berlino, una legge emanata il 2 dicembre impediva ai membri della Chiesa confessante, e quindi allo stesso Bonhoeffer, di tenere esami accademici.
A Ernst Cromwell confessa: «Ho ricevuto un avviso dal ministero della Cultura per cui, alle circostanze attuali, non mi è più permesso tenere lezioni». Ciononostante, ciò cui il teologo luterano tiene maggiormente è un dato preciso, la fondatezza di un rapporto umano che supera ogni avversione e crudezza ideologica: «L’unica preoccupazione è conoscere, prima che venga la notte, chi è un amico e chi no. Posso dirti una cosa - scrive a Cromwell nell’ultima missiva pubblicata, datata 27 marzo 1936 -: la questione più importante di qualsiasi convinzione è avere a fianco delle persone con le quali puoi condividere i tuoi convincimenti».
E Bonhoeffer ricentra ancora tutto in Cristo: Non c’è verità senza amore. L’odio stravolge la verità in falsità. La falsità cambia l’amore in odio. Lo sappiamo da colui che ha promesso che sarebbe stato sempre con noi, Cristo Gesù che noi confessiamo, proprio lui che ha vissuto in mezzo a un mondo di terribile manipolazione, fatto di falsità, ingiustizia e negazione della misericordia ».
"A Malta preti pedofili protetti dalla Chiesa"
Benedetto XVI incontrò ad aprile una delegazione
"Ma da allora nulla è cambiato"
Il processo per gli abusi all’orfanotrofio di Saint Joseph non si è ancora concluso
di Davide Carlucci (la Repubblica, 08.01.2011)
La lettera l’hanno scritta nell’italiano pidgin, contaminato dall’inglese, che tuttora si parla a Malta. Ma il messaggio, indirizzato al Papa, è chiarissimo: «Noi ci ritroviamo molto dispiaciuti perché questi preti da oggi girano per le strade vestiti ancora da preti».
Le vittime degli abusi con le quali Benedetto XVI pregò ad aprile durante la sua visita pastorale nell’arcipelago al centro del Mediterraneo si riferiscono ai responsabili delle violenze: nonostante le scuse e le lacrime di Ratzinger, i religiosi sono ancora al loro posto. «Perché la Chiesa di Malta protegge ancora questi scandali? Perché i preti hanno ammesso nel 2003 e tutto va avanti come se non fosse successo niente?».
Tutto è rimasto come prima, dicono gli ex ragazzi dell’orfanotrofio di Santa Venera, costretti un tempo a vestirsi da donna o ad assecondare, di notte, le perversioni sessuali dei sacerdoti. Della fermezza del Papa - che il 20 dicembre, parlando alla Curia romana, si è di nuovo scagliato contro gli abusi commessi dai sacerdoti, che «sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita» - oltre il canale di Sicilia non arrivano che flebili echi. Il processo penale contro i sacerdoti, dopo sette anni, non si è ancora concluso. E proprio in questi giorni l’avvocato che assiste i sacerdoti sotto accusa, Gianella Caruana Curran, ha depositato un’istanza alla Corte costituzionale maltese contestando la "sovraesposizione mediatica" dei loro assistiti, non ancora giudicati: un artificio legale, a istruttoria conclusa, per prendere tempo in vista della sentenza. Dopo la visita del Papa, infatti, i sacerdoti hanno continuato in aula a proclamarsi innocenti, nonostante nei primi interrogatori avessero ammesso tutto alla polizia.
Non è neppure cominciato, invece, il processo ecclesiastico. Eppure la "investigatio previa", l’indagine interna condotta dal "Response team" della Curia maltese che segue i casi di pedofilia, si è già conclusa, come hanno spiegato con una lettera spedita alle vittime a ottobre, i missionari di San Paolo, l’ordine a cui appartengono i preti accusati, Charles Pulis, Conrad Sciberras (trasferito poi in Italia, ad Albano Laziale) e Joe Bonnet. Nella missiva si spiega che si è presa la precauzione di non far entrare i sacerdoti a contatto con bambini. Quanto alle accuse «risultano fondate, per questo abbiamo trasmesso gli atti a Roma».
Ma le vittime degli abusi non contestano Benedetto XVI. Al contrario, tornano a ringraziarlo per il tempo che ha dedicato loro durante la visita nell’isola. E lo implorano: «Stiamo ancora soffrendo e siamo senza giustizia dopo sette anni. Per favore, ci aiuti Lei, la preghiamo molto». Il timore di Lawrence Grech, uno dei sei firmatari dell’appello, è che alla fine il loro caso finisca per essere insabbiato. «A Malta Chiesa, potere politico e magistratura sono una cosa sola - dice - Tant’è vero che un ministro è venuto in aula a testimoniare a favore dei sacerdoti. Pochi, anche nell’opposizione, vogliono difenderci: la gente è molto religiosa e ha paura di toccare i preti. Ma noi non riusciamo a dimenticare. E neppure a parlarne con i nostri figli».
La loro lettera è arrivata anche nelle mani di monsignor Charles Scicluna, il promotore di giustizia della congregazione per la dottrina della fede cattolica delegato da Ratzinger di occuparsi dei casi di pedofilia. Scicluna, anche lui maltese, preferisce però astenersi da commenti. Ma a stento riesce a nascondere la «mortificazione» per i tempi estenuanti con cui la vicenda è stata trattata dalle autorità e dalla Curia della sua nazione. Una lentezza che rischia di vanificare tutti gli sforzi di Benedetto XVI di far pulizia all’interno della Chiesa, alimentando le frustrazioni delle vittime.
Malta dice sì al divorzio
"Vinta battaglia di laicità"
Il referendum per la legalizzazione è passato con il 54% dei voti.
Duro scontro con la Chiesa che ieri sera ha diramato un messaggio di scuse agli elettori per i toni di alcuni membri del clero ritenuti offensivi
di FRANCESCO VIVIANO *
LA VALLETTA - L’utimo baluardo del divieto di divorziare in Europa è crollato. Malta, unico paese europeo e uno dei pochi al mondo dove non era possibile divorziare, ha votato sì all’introduzione di una legge sul divorzio.
Malta è uno dei paesi più cattolici del mondo, con una quota di fedeli che supera il 98 per cento. E la Chiesa maltese ha fatto sentire pesantemente la sua voce: pastorali lette nelle 427 chiese dell’isola hanno chiesto senza troppi giri di parole ai fedeli di votare per il no. Suggerimenti e consigli che gli si sono rivoltati contro perché i maltesi si sono ribellati al secolare potere politico-religioso della Chiesa ed hanno votato si al divorzio. Ieri sera, quando ancora prima della chiusura dei seggi è stato chiaro che l’offensiva ecclesiastica non aveva sortito gli effetti sperati, la Curia maltese ha diffuso una nota con la quale ha chiesto scusa ai maltesi per le "intromissioni" nella campagna elettorale.
Una svotla storica per Malta provocata da due soli deputati: uno della maggioranza, Joffre Orlando Policicino, Nazionalista, e l’altro dell’opposizione, Evaristo Bartolo, dei laburisti. Nemici politici che si sono uniti in questa battaglia contro i poteri forti di Malta. Il 54 per cento dei maltesi (da queste parti tutti i referendum si giocano sul filo di lana) ha detto si al divorzio ed il Parlamento adesso ne dovrà tenere conto.
Uno dei leader del movimento per il divorzio, l’avvocatessa Deborha Schembri, è felice per il risultato raggiunto e soprattutto per avere inviato un messaggio forte alla Chiesa maltese. In questa campagna elettorale, ha detto a Repubblica Joffre Orlando Pollicino, la Chiesa ha esercitato un "terrorismo spirituale" di enormi proporzioni. "E da oggi a Malta le cose cambieranno", dichiara Evaristo Bartolo. "Questo voto provocherà un vero e proprio terremoto nella società che voleva cambiare ma che era opprressa e controllata dalla Chiesa e dai poteri economici che con la Chiesa vanno a braccetto".
* la Repubblica, 29 maggio 2011