UNA VIA DELLA VITA, NON DELLA GUERRA E DELLA MORTE.
Una nota su alcune reazioni all’appello di "Cristiani per l’Uguaglianza"
A quanto pare una viva curiosità ha spinto molti “cattolici” ad avventurarsi in terre sconosciute della rete per respirare aria nuova, dove hanno saputo di altri esseri umani, uomini donne e bambini, altre persone, che vivono in modo molto diverso, con una cultura molto diversa dalla loro. E hanno letto l’Appello “Cristiani per l’uguaglianza”.
Per molti di questi è stato uno shock! E la loro prima naturale reazione è stata la paura e la volontà di sterminare chi vive e pensa diversamente la dimensione cristiana della vita (e della morte). E qualcuno è arrivato a formulare con coraggio e determinazione, tutto il proprio sbigottimento e la propria furia distruttiva contro l’appello, fino a definirlo un vero e proprio “obbrobrio morale, etico, ontologico”!
Evidentemente a molti di loro non è ancora arrivata al cuore la buona-notizia: siamo tutti e tutte persone, figli e figlie dell’Amore (“Deus charitas est”: 1 Gv., 4.8) di Maria e Giuseppe, fratelli e sorelle di Gesù Cristo e figli e figlie del “Padre Nostro” - Amore (“Agape”, “Charitas”). E non hanno compreso che dopo Cristo, la legge naturale non è più la legge di Caino (o dei vari Faraoni di Egitto), ma la legge e il comandamento evangelico: Ama Dio (“Agape”, “Charitas”) e fà cio che vuoi (Agostino). E alla loro mente non è arrivata nemmeno la considerazione di Galileo Galilei, vale a dire che la biologia e la genetica dicono come si producono e riproducono gli esseri viventi sulla Terra, ma non come si diventa esseri umani e persone.
Restare sotto il giogo della legge naturale, costringe solo a pensare a se stessi e agli altri caina-mente, “vangelica-mente” - e non eu-angelica-mente, cristianamente!!! C’è da sperare e augurarsi, che il cattivo incontro diventi una buona-occasione per rinnovarsi nello spirito, per riflettere meglio su di sé - in carne e ossa, e pensarsi al di là di Adamo, Eva, e ... Caino!!!
Se, per molti, dinanzi alla prospettiva dell’appello, la prima naturale reazione è stata una paura pazzesca e la volontà di sterminare chi vive e pensa diversamente, ora - dopo aver preso conoscenza dell’Appello - essi sanno qualcosa di altro e di Altri. E sanno che, ora, non è più necessario e obbligatorio morire (o far morire) di paura: “Homo homini lupus” (“L’uomo è un lupo per l’uomo”, come pensava ancora Hobbes). Ora, la paura possono guardarla in faccia, - e amarla e ringraziarla!!! Sì, amare e ringraziare: ha offerto loro, ha donato loro una grande e buona-occasione per riflettere, uscire, e andare a se stessi! E incontro al proprio prossimo in altro modo: “Homo homini Deus” ("L’uomo è Dio per l’uomo”, come ricordava Spinoza, e anche Feuerbach). Al di là della guerra (e del ‘dia-bolo’), il dialogo - il dialogo vero - è possibile!!! In principio era il Logos ....
VAI A TE STESSO, VAI A TE STESSA: QUESTO E’ IL PROBLEMA!!! Se no, come è possibile distinguere e scegliere tra la “Via della Morte” e la “Via della Vita” (come insegna la Didaché, che qualcuno ancora ricorda)?! Se no, come è possibile incontrare, amare il prossimo tuo come te stesso - e lo stesso Dio-Amore?!! Si consideri! Secondo Moni Ovadia, l’espressione ebraica detta dalla voce del Dio ad Abramo tradotta significa proprio questo: “Vai a te stesso!” (Einaudi Edizioni, Torino 2002).
Qualcuno più lucidamente di altri richiama il libro del Genesi e - come fanno papi cardinali e preti - ripete le parole della ‘canzone’ del “due diventano una carne sola”, ma non riesce a pensare al di là della lettera e uccide il suo spirito - oltre che lo Spirito di Dio!!!
Due diventano una carne sola. Innanzitutto, non vuol dire che uno dei due mangia l’altro e fa una carne sola!!! Ma vuol dire che, quando due persone si vogliono bene e si amano (biblicamente, eu-angelica-mente: amore, charitas), la relazione delle due persone produce una nuova, una buona-unità dei due, e una carne sola - quella dei due! A pensarci su, quando due persone si danno la mano, consapevolmente e amichevolmente, già lo fanno: “una carne sola”!
Questa è la premessa per ragionare bene, e per pensare bene anche e successivamente il concepimento e la nascita di “una carne sola”, la nostra stessa condizione di creatura - figlio, figlia, e persona - con e al di là di Adamo ed Eva, e della “Lupa” (legge naturale), nell’ottica di Maria e Giuseppe (di due persone in evangelica relazione), del Figlio e del Padre Nostro: Amore (“Agape”, “Charitas”).
Dopo Cristo, la strada è aperta!!! L’umanità intera può “uscire dallo stato di minorità”(I. Kant). Non siamo più sotto un pedagogo, ateo o devoto: faraone o gran sacerdote, che sia!!! Così per l’Evangelo, così per la Costituzione della Repubblica Italiana.
Così Paolo ai Galati : “(...) non siamo più sotto un pedagogo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati: 3, 25-28).
Così la Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini [...] (art. 3).
DIVENTARE MAGGIORENNI. Andare a se stessi e venir fuori dalla preistoria, da interi millenni di labirinto è possibile ...
Federico La Sala (16.02.2010)
Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:
Stefano Catucci
Le cose stesse:
appunti su un’autocritica
trascendentale della fenomenologia
"X"- FILOSOFIA. A FIGURA DEL "CHI": IL NUOVO PARADIGMA.
FLS
NICODEMO 0 DELLA NASCITA: "SE NON RIDIVENTERETE COME I BAMBINI, NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI" (Mt. 18, 3). *
Luca, l’evangelista delle donne (blog di Gianfranco Ravasi, Cardinale arcivescovo e biblista)
Il caso della donna dai sette mariti
di Gianfranco Ravasi (Famiglia Cristiana, 16 maggio 2019)
Siamo in pieno periodo pasquale ed è quindi significativo affrontare un tema connesso con la risurrezione, un argomento che già ai tempi di Gesù era oggetto di dispute con posizioni antitetiche. Noi consideriamo il soggetto secondo un curioso profilo femminile. Si tratta di un caso estremo ipotetico che gli avversari propongono a Gesù per metterlo in difficoltà (l’episodio, citato anche da Matteo e Marco, è da leggere in Luca 20,27-40). Nell’Antico Testamento era codificata una prassi secondo la quale, se un uomo sposato decedeva senza figli, l’eventuale fratello ne doveva sposare la vedova, così da assicurare una discendenza e una memoria al defunto.
Si trattava del cosiddetto “levirato” (dal latino levir, “cognato”), come facilmente si può comprendere da chi era coinvolto in questa normativa (Deuteronomio 25,5-10). Il nostro compito ora è spiegare il caso limite addotto dagli avversari di Gesù appartenenti alla corrente aristocratico-conservatrice dei sadducei a prevalenza sacerdotale. Essi negavano la risurrezione perché tale dottrina, pur presente nella Bibbia (si veda Ezechiele 37), era assente nella Torah (la Legge), ossia nei primi cinque libri della Sacra Scrittura.
Essi puntano a mettere in imbarazzo il rabbì di Nazaret prospettandogli una catena di “levirati” che hanno per protagonista una sola donna: ben sette fratelli subentrano in matrimoni successivi, morendo però tutti prima di aver assicurato una discendenza alla vedova e, quindi, al loro primo fratello defunto. Il paradosso fittizio è introdotto per costringere Gesù a schierarsi con loro contro i farisei - l’altra corrente giudaica avversaria - negando la risurrezione che questi ultimi sostenevano come dottrina di fede. Infatti, sogghignando, alla fine gli domandano: «Alla risurrezione, di quale dei sette la donna sarà moglie?».
Cristo, nella sua risposta, non cade nel tranello e replica volando alto: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio» (Luca 20,34-36). Egli nega, così, una lettura “materialistica” della risurrezione. E aggiunge una motivazione teologica ulteriore, citando un passo dell’incontro di Mosè con il Signore al roveto ardente del Sinai: «Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui» (Luca 20,37-38; cf. Esodo 3,6).
Dio non si lega a cadaveri, ma a esseri viventi ai quali apre un orizzonte di vita oltre la morte secondo categorie differenti rispetto a quelle meramente “carnali”, basate sulla nostra storia che si muove sulla base delle coordinate spazio-temporali. Si tratta di un nuovo ordine di rapporti, di una nuova creazione, di un orizzonte nel quale i vincoli parentali e sociali sono trasfigurati. Queste parole di Gesù avevano conquistato quel grande filosofo e scienziato credente che fu Blaise Pascal. A partire dal 1654 fino alla morte (1662) egli le portò sempre con sé, scritte su un foglio, cucito nella fodera del farsetto, intitolato “Fuoco”, e scoperto alla morte del pensatore da un domestico.
Eccone il testo modulato sulle parole di Gesù, commentate liberamente da Pascal: «Dio d’Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti. Certezza, certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo. Dio mio e Dio vostro. Il tuo Dio sarà il mio Dio. Oblio del mondo e di tutto fuorché di Dio. Egli non si trova se non per le vie indicate dal Vangelo».
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
DANTE, ERNST R. CURTIUS E LA CRISI DELL’EUROPA. Note per una riflessione storiografica
L’EUROPA IN CAMMINO - SULLA STRADA DI GOETHE O DI ENZO PACI (“NICODEMO O DELLA NASCITA”, 1944)?!
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo".
Federico La Sala
Adottare la violenza ermeneutica
di Vittorio Cristelli (vita trentina, 15 gennaio 2012)
Una delle obiezioni che si fanno al pacifismo, alla predicazione evangelica dell’amore a tutti gli uomini è la mancanza di efficacia, di incisione sulla realtà. Buonisti e sognatori vengono chiamati coloro che credono ancora nella forza dell’amore e all’offesa porgono l’altra guancia. Viene rimproverato loro soprattutto di non riuscire a cambiare nulla e di lasciare le cose come stanno, anche la criminalità ordinaria, perché ignorano che l’uomo è capace anche del male.
Eppure San Giovanni ha detto nella sua prima lettera che abbiamo letto domenica scorsa: "Questa è la forza che vince il mondo, la nostra fede". Ha parlato di forza che vince, non di debolezza che soccombe.
Il prete filosofo Italo Mancini, che ha studiato a fondo il pensiero negativo moderno e il liberismo della nuova destra si è occupato anche di questa apparente debolezza del pacifismo, della predicazione dell’amore e del dialogo.
Ed è approdato a quella che ha chiamato "violenza ermeneutica", che vuol dire lettura inesorabile della realtà senza cedimenti e senza sconti per nessuno, neanche per la Chiesa. Scrive esplicitamente: "Una nuova persuasiva lettura del mondo o della storia o della fede è capace di sconvolgimenti inauditi, suscita fuochi che scaldano il petto e crea fronti di lotta dai coaguli enormi". Cita ad esempio il Mahatma Gandhi che conquista un impero con il suo Satyagraha, ma anche Papa Giovanni e il suo Concilio Vaticano II. Violenza ermeneutica era quella di Sant’Agostino quando scriveva: "Uccidiamo la guerra con la parola, perché non vengano uccisi gli uomini con la guerra". E violenza ermeneutica era pure quella di Gesù quando gridava: "Guai a voi farisei ipocriti!" e quando scacciò con furore i mercanti dal tempio.
Oggi noi potremmo citare come violenza ermeneutica la rivoluzione araba che ha scosso tutto il Nord Africa dall’Egitto alla Tunisia, alla Libia, con effetti inattesi e sorprendenti di abbattimenti di forti dittature e germi promettenti di democrazia. Anche gli "indignados" della Spagna e poi del nostro Paese sono violenza ermeneutica che reclama giustizia sociale senza ricorrere alla violenza fisica, anzi, proprio nelle infiltrazioni dei Black Block incappucciati spacca-vetrine vede il suo principale nemico che rovina dal di dentro la sua concezione nonviolenta. Una lettura inesorabile della situazione può essere anche la via di uscita dalla crisi che ci attanaglia, se diventa, per usare le espressioni di Italo Mancini, "fuoco che riscalda i petti e crea fronti di lotta dai coaguli enormi". E mi pare di intravederla nell’incontro dei cattolici italiani a Todi, cui ha fatto eco e necessario completamento quello del cattolicesimo democratico a Roma.
Interessanti e allusive le tre "C" di quest’ultimo: "Costituzione, Concilio, Cittadinanza", perché se da una parte richiamano un momento alto di dialogo tra forze politiche e ideologie diverse che segnò l’uscita dalla crisi del dopoguerra e la nascita della nostra Repubblica, dall’altra rilanciano il Concilio che fu primavera della Chiesa. Il tutto calato nell’attualità della cittadinanza. Una Costituzione nonviolenta, che all’articolo 11 ripudia esplicitamente la guerra. Un Concilio che definisce la Chiesa "popolo di Dio" in cui c’è pari dignità di tutti. La Cittadinanza infine oggi è planetaria. Utopia, dirà qualcuno. E va bene, ma sul modello del Regno di Dio che deve instaurarsi già su questa terra. Idee-forza, che già ispirano missionari, mondo del volontariato e cristiani fino al martirio. Attendono però di diventare fuochi che riscaldano i cuori di tutti i credenti e fonte di ispirazione dei cosiddetti "nuovi politici cattolici’. E la crisi non farà più paura.