IRLANDA: RAPPORTO-SHOCK SU ABUSI FATTI DA RELIGIOSI CATTOLICI *
LONDRA - "Centinaia" di preti e suore cattolici irlandesi sono stati coinvolti in abusi sessuali e fisici ai danni di minori in istituzioni pubbliche in Irlanda: lo afferma il rapporto della Child Abuse Commission, che ha condotto la più grande indagine di sempre sugli ordini religiosi irlandesi. Lo scrive la stampa britannica.
Il rapporto (3.500 pagine) ha raccolto le testimonianze di circa 2.500 vittime di questi abusi tra gli anni ’40 e ’80; oltre 100 istituzioni gestite da ordini religiosi - riformatori, scuole "per ragazzi difficili" e case che ospitavano disabili - sono state indagate.
Nel 2003, un rapporto ad interim pubblicò le testimonianze di 700 uomini e donne che raccontarono di essere stati picchiati in ogni parte del corpo con ogni tipo di oggetto. Altri raccontarono di essere stati violentati, alcuni da varie persone contemporaneamente. Alcuni degli abusi risalgono a 60 anni fa e molti dei presunti colpevoli sono morti, sottolinea il Daily Mail.
La commissione fu creata nel 2000 dal premier Bertie Ahern dopo che un documentario tv fece emergere la lunga storia delle violenze ai danni di minori nelle istituzioni gestite da ordini religiosi.
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[...] "Nell’esercizio del vostro ministero pastorale, negli ultimi anni avete dovuto rispondere a molti casi dolorosi di abusi sessuali su minori. Questi sono ancora più tragici quando a compierli è un ecclesiastico. Le ferite causate da simili atti sono profonde, ed è urgente il compito di ristabilire la confidenza e la fiducia quando queste sono state lese. Nei vostri sforzi continui di affrontare in modo efficace questo problema, è importante stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi" [...]
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IL DISCORSO DI BENEDETTO XVI
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DI IRLANDA
RICEVUTI IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"
Incoraggiate i vostri sacerdoti
a riscoprire la gioia di prendersi cura del loro gregge *
"Incoraggiate i vostri sacerdoti a cercare sempre il rinnovamento spirituale e a scoprire di nuovo la gioia di prendersi cura del loro gregge in seno alla grande famiglia della Chiesa": è l’esortazione rivolta da Benedetto XVI ai Presuli della Conferenza Episcopale di Irlanda, ricevuti in udienza nella mattina di sabato 28 ottobre, nella Sala del Concistoro, in occasione della visita "ad limina Apostolorum". Questi sono i punti nodali del discorso pronunciato dal Santo Padre:
"La costante testimonianza di innumerevoli generazioni di irlandesi della loro fede in Cristo e la loro fedeltà alla Santa Sede hanno forgiato l’Irlanda al livello più profondo della sua storia e della sua cultura";
"Siamo tutti consapevoli dell’eccezionale contributo che l’Irlanda ha dato alla vita della Chiesa, e dello straordinario coraggio dei suoi figli e delle sue figlie missionari";
"La vostra gente deve guardare ai cambiamenti nella società con discernimento, ed è in questo che guardano a voi come guida. Aiutatela a riconoscere l’incapacità della cultura secolare e materialistica a dare una gioia e una soddisfazione autentiche. Siate audaci nel parlarle della gioia che viene dal seguire Cristo e dal vivere secondo i suoi comandamenti";
"Sebbene sia necessario esprimersi con forza contro i mali che ci minacciano, dobbiamo correggere l’idea che il cattolicesimo sia solo "una serie di proibizioni"";
"Nell’esercizio del vostro ministero pastorale, negli ultimi anni avete dovuto rispondere a molti casi dolorosi di abusi sessuali su minori. Questi sono ancora più tragici quando a compierli è un ecclesiastico. Le ferite causate da simili atti sono profonde, ed è urgente il compito di ristabilire la confidenza e la fiducia quando queste sono state lese. Nei vostri sforzi continui di affrontare in modo efficace questo problema, è importante stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi";
"L’ottimo lavoro e il generoso impegno della grande maggioranza dei sacerdoti e dei religiosi in Irlanda non devono essere oscurati dalle trasgressioni di alcuni loro fratelli";
"Soprattutto spetta a voi, Vescovi, e al vostro clero, offrire ai giovani un’immagine ispiratrice e attraente del sacerdozio ordinato";
"Per molti anni, i rappresentati cristiani di tutte le denominazioni, i leader politici e molti uomini e donne di buona volontà sono stati impegnati a cercare i mezzi per assicurare un futuro più luminoso all’Irlanda del Nord... Prego affinché l’impegno delle persone coinvolte porti alla creazione di una società caratterizzata da uno spirito di riconciliazione, da rispetto reciproco e dalla volenterosa cooperazione per il bene di tutti".
* (L’Osservatore Romano - 29 Ottbre 2006)
IRLANDA: RAPPORTO-SHOCK SU ABUSI FATTI DA RELIGIOSI CATTOLICI *
LONDRA - "Centinaia" di preti e suore cattolici irlandesi sono stati coinvolti in abusi sessuali e fisici ai danni di minori in istituzioni pubbliche in Irlanda: lo afferma il rapporto della Child Abuse Commission, che ha condotto la più grande indagine di sempre sugli ordini religiosi irlandesi. Lo scrive la stampa britannica.
Il rapporto (3.500 pagine) ha raccolto le testimonianze di circa 2.500 vittime di questi abusi tra gli anni ’40 e ’80; oltre 100 istituzioni gestite da ordini religiosi - riformatori, scuole "per ragazzi difficili" e case che ospitavano disabili - sono state indagate. Nel 2003, un rapporto ad interim pubblicò le testimonianze di 700 uomini e donne che raccontarono di essere stati picchiati in ogni parte del corpo con ogni tipo di oggetto. Altri raccontarono di essere stati violentati, alcuni da varie persone contemporaneamente. Alcuni degli abusi risalgono a 60 anni fa e molti dei presunti colpevoli sono morti, sottolinea il Daily Mail. La commissione fu creata nel 2000 dal premier Bertie Ahern dopo che un documentario tv fece emergere la lunga storia delle violenze ai danni di minori nelle istituzioni gestite da ordini religiosi.
Tradizioni.
Nella ninnananna si condensa la prima teologia
La ninnananna è il convincimento alla fiducia in una presenza affidabile, che assicura al risveglio il ritrovamento di tutti gli affetti: coagula la prima filosofia e la prima teologia della storia
di Giovanni Cesare Pagazzi (Avvenire, martedì 28 luglio 2020)
Si può guardare all’universale usanza della ninnananna con gli occhi altezzosi di chi ha cose ben più serie da studiare, o solo con la simpatia suscitata dalle cose infantili. In realtà essa contribuisce a comporre la prima visione del mondo, offerta a chi da poco è venuto alla luce. È quanto emerge anche dalle ricerche dell’antropologa Gianfranca Ranisio, dell’etnomusicologo Sandro Biagiola e del musicista e teologo Pierangelo Sequeri.
Da tempo immemorabile è avvertita l’esigenza di accompagnare il bambino nel sonno, garantendogli vicinanza corporea e affettiva, inventando un genere letterario e musicale specifico: la ninnananna, appunto. Ritmicità, musicalità, vocalità e corporeità sono i punti fermi di questi componimenti che esaltano il rapporto tra il bambino e l’adulto nel momento più critico del giorno: il sopraggiungere della notte.
In genere si tratta di nenie cantilenanti dal movimento moderato e dal ritmo pari che ben si accompagna al movimento binario del cullare. Il sistema musicale non è temperato, si avvale cioè della sonorità originaria, ben più complessa e ricca rispetto alla classificazione artificiale dei suoni data dal sistema temperato. -L’aspetto fortemente ripetitivo di testo, musica e gesto accende nel bambino il senso di affidabilità e di attendibilità. Infatti qualsiasi evento ripetuto inclina ad attenderlo nuovamente, abituando al suo arrivo, tanto da coglierlo come “attendibile”: lo si può aspettare, poiché arriverà; è affidabile.
Per l’adulto è scontato che domani sorga il sole, camminando passo dopo passo il terreno continui a sostenere il corpo e la persona amata si faccia trovare all’appuntamento fissato. Per il bambino non è così; la fiducia deve essergli accesa da esperienze che affettivamente gli dimostrino l’esistenza di realtà attendibili: come la mamma che arriva tutte le volte che piange, i giocattoli rimasti al loro posto e sempre pronti a far compagnia, il pavimento che esibisce metro dopo metro la sua fedele solidità mentre il piccolo, gattonando, lo tasta. -Senza l’accensione del senso di affidabilità fin dagli inizi della vita, non ci si aspetterebbe niente da nessuno, per l’ottima ragione che niente e nessuno risulterebbe attendibile (e, naturalmente, questo vale anche per Dio). È indicativo che tutto nella ninnananna abbia la forma della ripetizione e che a questo genere di composizione si ricorra all’inizio della notte, per favorire il sonno del piccolo. Il bambino spesso non vuole addormentarsi, rifiuta di andare a letto non per capriccio infantile, ma per paura di essere abbandonato dalla mamma, dal papà, dai giocattoli, dalla casa che l’oscurità della notte si porta via.
La paura del bimbo è spesso evocata dalle ninnananne riferendo di pericoli, minacce, animali mostruosi; in Europa il lupo è il predatore più spaventoso.
Al richiamo del rischio notturno fa comunque da contrappunto l’assicurazione della presenza vigile della mamma che in alcuni casi chiede aiuto a un angelo, un santo, alla Madonna, o Gesù stesso, invocato con riferimenti alla sua infanzia. La garanzia della cura e il coinvolgimento di Dio evidenziano quanto il momento dell’abbandono al sonno da parte del piccolo sia effettivamente drammatico e quanto gli adulti intuiscano e rispettino il dolore del bimbo come ne fossero esperti.
Non per nulla, infatti, il linguaggio musicale, gestuale e testuale delle ninnenanne è molto simile alle oscillazioni ritmiche e cantilenate dei lamenti funebri. Sicché la ninnananna è anche il rimedio agli oscuri presentimenti degli adulti che intuiscono quanto il dormire somigli alla morte.
La ninnananna è il convincimento alla fiducia a motivo di una presenza affidabile che assicura, insieme al risveglio, la permanenza e il ritrovamento di tutti gli affetti. Avanzando la pretesa di dire una parola decisiva sul sonno e sulla notte, la ninnananna coagula la prima filosofia e la prima teologia della storia, capaci di integrare il buio e la morte. Una filosofia e una teologia gestuale, vocale, musicale.
Il bimbo si abbandona al sonno quando è sicuro che non sarà abbandonato; solo a patto che gli risulti affidabile la promessa del ritorno del mattino e, con esso, della mamma, del papà, dei giocattoli e della casa. Esigendo la vicinanza dei genitori al lettino (come il morente desidera avere al capezzale tutti i suoi affetti), il bimbo si lascia andare, sicuro che essi staranno con lui, anche se non visti, per tutta la durata della notte. Il suo sonno risulta dalla veglia di qualcun altro che gli annuncia e prepara il domani.
Se Benedetto XVI si fosse chiamato Francesco I o Zeffirino I
di Paolo Farinella, prete (Il dialogo, Giovedì 25 Marzo, 2010) *
Signore e Signori, donne e uomini d’Irlanda,
non vi chiamo «Carissime e carissimi figlie e figli» come è usanza edulcorata nei documenti ecclesiastici anche perché non posso rivolgermi a voi con espressioni affettuose come se nulla fosse successo. Mi rivolgo a voi, non con distacco, ma con timore e tremore, con rispetto, stando a debita distanza, in punta di piedi e consapevole che nessuna parola può lenire la vostra rabbia, il vostro dolore e il marchio che in modo indelebile è stato impresso sulla vostra carne viva. Io non sono degno di rivolgermi a voi con parole di affetto.
Vi scrivo per dirvi che presto verrò a trovarvi, verrò solo, senza seguito e senza fanfare: a piedi nudi e a capo scoperto, umile e penitente, sì, come si addice al «servo dei servi di Dio». Verrò per inginocchiarmi davanti a voi e chiedervi perdono dal profondo del cuore perché su una cosa non possiamo, voi ed io, avere dubbi: la responsabilità di tutto ciò che ha coinvolto i vostri figlie e figlie, virgulti innocenti, rovinati per sempre, è mia, solo mia, esplosivamente mia. Mi assumo totalmente la responsabilità della colpa di pedofilia di cui si sono macchiati molti preti e religiosi in istituti e collegi sotto la giurisdizione della Chiesa cattolica.
In quanto vescovo della Chiesa universale non ho parole e sentimenti per alleviare il tragico giogo che è stato posto sulle vostre spalle. Sono stato per oltre un quarto di secolo a capo della congregazione della dottrina della fede e non ho saputo valutare la gravità di ciò avveniva in tutto il mondo: negli Stati Uniti, in Irlanda, in Germania e ora anche in Italia e, ne sono certo, anche in tutti gli altri paesi del mondo. La piaga è enorme, estesa e dilagante e io non sono stato capace di leggerne la gravità, la pericolosità e l’ignominia.
Ho preferito salvare la faccia dell’Istituzione e a questo scopo nel 2001 ho emanato un decreto con cui avocavo a me i casi di pedofilia e imponevo il «silenzio papale»: ciò significa che chiunque avesse parlato era scomunicato «ipso facto», cioè immediatamente. Se vi è stata omertà, se vi è stata complicità dei preti, religiosi, vescovi e laici, la colpa è mia e solo mia. Per salvare la faccia, ho finito di dannare uomini e donne, bambini e bambine che sono stati macellati nell’ignominia dell’abuso sessuale che è grave quando accade tra adulti, ma è terribile, orribile, blasfemo e delinquenziale quando avviene su minori.
Non si tratta di poche persone che hanno sbagliato. Mi ero illuso che fosse così, invece ora prendo atto amaramente che la responsabilità sta principalmente in quella struttura che si chiama «seminario» i cui criteri di formazione, io e gli altri responsabili della Chiesa abbiamo varato, mantenuto e preteso che fossero attuati. Con i nostri metodi educativi poco umani e disincarnati, abbiamo creato preti e religiosi devoti, ma avulsi dalla vita e dalla problematicità di essa, uomini e donne inconsistenti, pronti ad ubbidire perché senza spina dorsale e senza personalità. In una parola abbiamo creato mostri sacri che si sono avventati sulle vittime innocenti, appena si sono scontrati con la realtà che non hanno saputo reggere e con cui non hanno potuto confrontarsi. Personalità infantili che hanno abusato di bambini senza nemmeno averne coscienza.
Oggi ritengo che una grande responsabilità sia da mettere in conto al celibato obbligatorio per preti e religiosi, un sistema che oggi non regge, come non ha mai retto nella storia della Chiesa: dietro la facciata formale, ben pochi hanno osservato questo stato che in se stesso è un valore, ma solo se voluto per scelta di vita, libera e consapevole. Su questo punto, prendo l’impegno di mettere all’ordine del giorno il senso del celibato perché si arrivi ad un clero coniugato, ma anche celibe per scelta e solo per scelta.
Vengo a voi, spoglio di ogni autorevolezza perché l’ho perduta e con le mani vuote per chiedervi perdono e subito dopo nella curia romana e nelle chiese locali licenzierò tutti coloro che in qualsiasi modo sono stati implicati in questa dramma. Infine, mentre la giustizia umana farà il suo corso, affiderò il personale responsabile di queste ignominie per curarlo perché si tratta di menti e cuore malati.
Infine, rassegnerò le dimissioni da papa e lo farò dalla terra d’Irlanda, il paese, forse più colpito. Mi ritirerò in un monastero a fare penitenza per i giorni che mi restano perché ho fallito come prete e come papa. Non vi chiedo di dimenticare, vi supplico di guardare avanti, sapendo che il Signore che è Padre amorevole, di cui siamo stati indegni rappresentanti, non abbandona alcuno e non permette che l’angoscia e la sofferenza abbiano il sopravvento. Che Dio mi perdoni, e con lui, se potete, fatelo anche voi. Con stima e trepidazione.
*
Roma, 19 marzo 2010, memoria di S. Giuseppe, padre adottivo di Gesù.
«La pedofilia ha minato la credibilità della Chiesa» di Franca Giansoldati in “Il Messaggero” del 18 giugno 2012
È con un videomessaggio di inusitata durezza inviato a Dublino, al cinquantesimo Congresso Eucaristico internazionale, che Papa Ratzinger è tornato a parlare dello scandalo della pedofilia in Irlanda. Un capitolo nero per la Chiesa irlandese, oltre che per la Chiesa intera vista la diffusione del fenomeno degli abusi esistente all’interno delle strutture cattoliche. «È stata minata la credibilità del messaggio cristiano».
Negli ultimi cinquant’anni in Irlanda, all’ombra dei campanili ma anche dentro scuole e orfanotrofi retti da religiosi si sono consumate autentiche tragedie, tanto che il Parlamento e il governo irlandesi, alcuni anni fa, hanno deciso di nominare una commissione ad hoc incaricata di fare luce sulle denunce e di redigere un rapporto finale. Il risultato è contenuto in due faldoni che hanno letteralmente choccato Papa Ratzinger tanto erano pieni di episodi scabrosi. In tutto si parla di centinaia di preti-orchi coinvolti e migliaia di vittime.
Per Benedetto XVI si tratta di un capitolo dolorosissimo che la Chiesa di Dublino fatica ad archiviare. Nel videomessaggio ai cattolici irlandesi il Papa ripercorre la storia millenaria vissuta nel segno del Vangelo della Chiesa sull’isola. Una Chiesa che oggi «è scossa in maniera orribile dalla rivelazione di peccati commessi da sacerdoti nei confronti di persone affidate alle loro cure» e che «al posto di mostrare ad essi la strada verso Cristo, al posto di dar testimonianza della sua bontà, hanno compiuto abusi su di loro e minato la credibilità del messaggio della Chiesa».
A chiudere il congresso eucaristico è toccato al cardinale Diarmud Martin, arcivescovo di Dublino, uno dei più strenui fautori della linea della tolleranza zero verso i pedofili nonostante abbia incontrato sul cammino della pulizia interna parecchie resistenze anche da parte di alcuni vescovi coinvolti nelle inchieste. In passato questi prelati pur sapendo quello che succedeva in alcune delle strutture parrocchiali hanno preferito voltare lo sguardo altrove per non compromettere il buon nome della Chiesa. E così finivano per trasferire il parroco pedofilo in un’altra parrocchia, dove a contatto con i bambini tornava a commettere altri abusi. Una catena di dolore e crimini.
Papa Ratzinger si chiede: «Come possiamo spiegare il fatto che persone che hanno ricevuto regolarmente il corpo del Signore e confessato i propri peccati nel sacramento della Penitenza abbiano offeso in tale maniera? Rimane un mistero. Eppure evidentemente il loro cristianesimo non veniva più nutrito dall’incontro gioioso con Gesù Cristo: era divenuto semplicemente un’abitudine».
Venerdì Benedetto XVI firmerà la lettera pastorale per gli irlandesi "scossi da una situazione dolorosa"
L’ammissione di colpa di Sean Brady: "Mi vergogno per non aver detto nulla. Rifletterò sul mio ruolo"
Pedofilia, il Papa: "Guarire le ferite"
Primate d’Irlanda si scusa: "Ho taciuto"
Merkel al Parlamento: "Gli abusi sessuali sui minori sono un dramma che affligge la società Necessario fare chiarezza, ma senza puntare il dito su un solo gruppo" *
BERLINO - Dalla Germania all’Irlanda, si torna a parlare degli scandali dei preti pedofili che negli ultimi tempi hanno travolto ambienti della Chiesa cattolica. Oggi il Papa ha annunciato che venerdì prossimo firmerà una lettera per i fedeli irlandesi scossi dagli episodi di pedofilia, nella speranza che possa essere di aiuto nel "processo di pentimento, guarigione e rinnovamento". E nel giorno di San Patrizio ha parlato anche il capo della Chiesa cattolica irlandese, il cardinale Sean Brady, che ha fatto le sue scuse per non aver avvertito la polizia dei comportamenti di un sacerdote pedofilo a metà anni Settanta. Brady, rivolgendosi ai fedeli, ha anche detto che "rifletterà" sul suo ruolo nel futuro. Per quanto riguarda la Germania, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha condannato duramente gli abusi sui minori, invitando però a non demonizzare un unico gruppo, perché "la pedofilia è un problema abominevole che tocca tutta la società e non solo la Chiesa cattolica".
La lettera del Papa agli irlandesi. Il Papa ha annunciato che questo venerdì, giorno di San Giuseppe, firmerà la lettera ai fedeli irlandesi sui casi degli abusi sessuali sui bambini. "Come sapete - ha detto il Papa salutando i pellegrini irlandesi nella festa di San Patrizio - negli ultimi mesi la Chiesa in Irlanda è stata severamente scossa in conseguenza della crisi degli abusi sui minori". "Come segno della mia profonda preoccupazione - ha aggiunto - ho scritto una lettera pastorale che tratta di questa dolorosa situazione. La firmerò nella solennità di San Giuseppe, il guardiano della Sacra Famiglia e patrono della Chiesa universale, e la manderò presto". "Vi chiedo - ha concluso il Pontefice - di leggerla voi stessi, con cuore aperto e spirito di fede. La mia speranza è che aiuti nel processo di pentimento, guarigione e rinnovamento".
Le scusa di Sean Brady. "Questa settimana mi è tornato davanti un episodio doloroso del mio passato", ha detto il cardinale Brady. "Ho ascoltato la reazione della gente al mio ruolo negli eventi di 35 anni fa. Voglio dire a chiunque sia stato ferito da qualsiasi mancanza da parte mia che gli chiedo perdono con tutto il cuore. Chiedo perdono a coloro che sentono che li ho delusi. Guardando indietro, mi vergogno di non aver sempre tenuto fede ai valori che professo e in cui credo’’. Per il porporato, la Chiesa d’Irlanda deve ’’continuare ad affrontare l’enorme dolore causato dall’abuso di bambini da parte di alcuni preti e religiosi e dalla risposta disperatamente inadeguata a questi abusi nel passato’’. ’’Come San Patrizio e San Pietro - ha proseguito - noi vescovi, successori degli apostoli nella Chiesa d’Irlanda, dobbiamo oggi riconoscere i nostri errori. L’integrità della nostra testimonianza del Vangelo ci sfida a confessare e a assumerci la responsabilità per ogni errore nella gestione o per ogni copertura degli abusi sui minori. Per il bene dei sopravvissuti, per il bene dei fedeli cattolici e dei preti e dei religiosi di questo Paese, dobbiamo mettere fine allo stillicidio quotidiano di rivelazioni di errori".
Merkel: "Problema che affligge tutta la società". "Il dramma degli abusi sessuali sui minori è un problema abominevole che si è ripetuto in numerosi settori della società", e dunque non riguarda solo il Vaticano. Lo ha detto oggi la cancelliera tedesca Angela Merkel, dopo l’emersione di una serie di casi di pedofilia avvenuti negli istituti scolastici. "Non ha senso - ha spiegato Merkel al Bundestag, la Camera bassa del Parlamento tedesco - puntare il dito su un solo gruppo, anche se i primi casi sono emersi nella Chiesa cattolica". La conferenza episcopale tedesca, da parte sua, si è impegnata a far luce sullo scandalo dei preti pedofili in Germania.
"C’è solo una possibilità affinché la nostra società venga a capo di questi casi - ha detto Merkel - fare chiarezza e appurare la verità su ciò che è successo". La cancelliera ha inoltre sottolineato che si deve parlare anche dei termini di prescrizione per questo tipo di reati e dei risarcimenti alle vittime. "Questa è una prova per la società", ha poi sottolineato, spiegando che "la gente che ha fatto queste esperienze terribili" deve almeno poter "ricevere un pezzo di risarcimento".
Denunce di abusi nel coro dei Piccoli Cantori di Vienna. Nel mentre crescono le denunce di abusi sessuali e fisici avvenuti all’interno del rinomato coro dei Piccoli Cantori di Vienna negli anni Ottanta. Dopo le rivelazioni di un giornale austriaco, la direzione del coro - che è un’istituzione privata e non dipende dalla Chiesa - ha istituito una linea telefonica per raccogliere ulteriori testimonianze. Da allora altri otto ex allievi del coro hanno fornito le loro testimonianze. Secondo il quotidiano Der Standard, i ragazzi avrebbero subito "forti pressioni" e "umiliazioni permanenti" e nelle accuse il coro viene paragonato a un "campo di concentramento". La responsabile del servizio telefonico, Tina Breckwoldt, non ha specificato la natura degli abusi segnalati, né se le vittime fossero bambini o adulti. Le denunce finora pubblicate dalla stampa riguardano due ex membri del coro, oggi adulti, che hanno raccontato di essere stati vittime di violenze sessuali.
* la Repubblica, 17 marzo 2010
SCANDALO PEDOFILIA
"Si dimetta il primate d’Irlanda"
di GIACOMO GALEAZZI (La Stampa, 14/3/2010)
Associazioni irlandesi per la difesa delle vittime di abusi sessuali hanno chiesto oggi le
dimissioni del cardinale Sean Brady, primate d’Irlanda, dopo la sua conferma di aver partecipato a riunioni nel corso delle quali le presunte vittime si sarebbero impegnate al silenzio.
La Chiesa cattolica ha confermato, in un comunicato, che il cardinale, che all’epoca era sacerdote e segretario part time dell’arcivescovo di Kilmore, Francis McKiernan, ora deceduto, aveva partecipato nel 1975 a tali riunioni.Sean Brady ha partecipato a due riunioni con due vittime presunte, nel corso delle quali queste ultime «hanno firmato impegni promettendo di rispettare la confidenzialità della raccolta d’informazioni», ha confermato la Chiesa.
Maeve Lewis, direttrice dell’associazione di difesa delle vittime ’One in Four’ ritiene che il cardinale debba lasciare le sua funzioni perchè, ha detto, «il cardinale Brady è il capo
della Chiesa irlandese. Deve dare risposte a diversi scandali su abusi sessuali che sono emersi. Questa rivelazione toglie ogni credibilità al cardinale Brady che deve dimettersi».
Le ferite d’Irlanda
di Enrico Franceschini (la Repubblica, 5 marzo 2010)
Era una bambina di otto anni, quando la strapparono dalle braccia della madre, giudicata incapace di provvedere ai suoi bisogni, e la rinchiusero in orfanotrofio. «Ho vissuto prigioniera di un incubo fino alla maggiore età», ricorda Kathleen O’Sullivan, una delle vittime delle violenze e degli abusi sessuali perpetrati per decenni nelle scuole, nei riformatori, nelle parrocchie di tutta l’Irlanda. «Le suore ci affamavano, mangiavo la carne, una salsiccia, soltanto a Natale, e ricevevo un uovo sodo per Pasqua. Ma questo era il meno. Ci picchiavano per un nonnulla. Ci seviziavano fisicamente e psicologicamente. Facevo la pipì a letto dalla paura tutte le notti, e loro per punizione mi costringevano a sfilare nuda per la camerata con in testa le lenzuola bagnate di urina. Era un sistema sadico, satanico. I giornali hanno scritto che è stato il nostro Olocausto».
«Ma se è così, aspettiamo ancora la Norimberga che faccia piena luce e giustizia su quel mostruoso abominio». Luce e giustizia dovevano venire con l’inchiesta ordinata dal governo, durata dieci anni e conclusa nel maggio scorso da un voluminoso rapporto. Cinquemila pagine di testimonianze e indagini sull’attività di 216 istituti gestiti da preti, frati, suore, dai quali tra il 1914 e il 2000 sono passati 35 mila minorenni.
La pubblicazione ha sconvolto l’Isola di Smeraldo. Il 90 per cento dei testimoni hanno riportato di avere subito violenze fisiche. La metà hanno raccontato di avere sofferto abusi sessuali. Molti erano orfani. Altri, come Kathleen O’Sullivan, venivano strappati a famiglie povere senza alcuna ragione, per essere trasformati in schiavi del lavoro.
Malnutrizione, percosse, terrore e stupri erano il loro pane quotidiano. Tra gli irlandesi, lo shock è stato immenso. E’ perfino diminuito, secondo le statistiche, il numero dei fedeli a messa. Molta gente ha perso la fede: nella Chiesa, nello Stato, nel prossimo. L’Irlanda si è guardata allo specchio, e quel che ha visto l’ha fatta rabbrividire.
Eppure, a sei mesi di distanza dalla pubblicazione, si moltiplicano le accuse secondo cui il rapporto è stato una «copertura», un «insabbiamento» o «solo la punta dell’iceberg», come sostiene Kathleen, una delle poche vittime che è riuscita a ricostruirsi un’esistenza: oggi fa il giudice di pace e ha scritto un libro, "Childhood interrupted" (Infanzia interrotta), sulla tragedia vissuta da lei e da migliaia di suoi compatrioti. Il processo di riparazione e di espiazione, affermano le associazioni formate dai "superstiti", è stato sommario, sbrigativo, riduttivo. Per cominciare, il rapporto non fa nomi, né delle vittime, e questo è in parte comprensibile, né dei carnefici - a meno che non siano già stati condannati in sede giudiziaria, e questo protegge decine o centinaia di individui non solo dalla giustizia penale ma dall’essere almeno identificati in pubblico.
«Due delle suore che mi hanno torturato per anni sono ancora vive, libere», dice la signora O’Sullivan, «io vorrei ritrovarmi con loro in un’aula di tribunale, guardarle in faccia, sentire cosa rispondono alle accuse, e non è possibile». In secondo luogo, soltanto una parte delle vittime sono state rintracciate e interrogate: «Nessuno ha interrogato me, e chissà quante altre non sono state ascoltate», accusa Kathleen. E inoltre, per effetto di un accordo con i Christian Brothers, la più vasta associazione religiosa nazionale, è soprattutto lo stato, non la Chiesa, a pagare risarcimenti alle vittime che fanno causa, 12 mila delle quali hanno finora ricevuto compensazioni per un totale di un miliardo di euro. La Chiesa irlandese se l’è cavata con un indennizzo una tantum di 34 milioni di euro e l’accordo la mette al sicuro da ulteriori rivendicazioni legali.
Se non in denaro, la Chiesa ha pagato in mortificazioni. Un cardinale irlandese è andato in pensione in anticipo. Quattro vescovi, su pressioni del Vaticano, sono stati costretti a dimettersi. Un pugno di sacerdoti sono finiti in prigione. Uno si è suicidato. E a Roma Benedetto XVI ha chiesto che siano prese misure per impedire che "accadano di nuovo simili abusi». Ma è abbastanza? Non per le vittime.
Il rapporto rivela che l’Archidiocesi di Dublino ha «ossessivamente» nascosto gli abusi per almeno trent’anni. Tredici vescovi erano a conoscenza delle violenze e non le denunciarono. Un prete ammise di avere abusato sessualmente di oltre cento bambini, e non venne rimosso dall’incarico. Un altro confessò di avere abusato sessualmente di un bambino alla settimana per venticinque anni, e non perse il posto. «Non ci sono stati arresti o dimissioni di massa, né tra i religiosi, né tra le autorità che ne sono diventate complici, coprendone i crimini», dice Kathleen O’Sullivan. La commissione d’inchiesta è stata creata sull’onda dello scandalo suscitato da un coraggioso documentario televisivo che rivelò per la prima volta cosa si nascondeva dietro le mura di chiese e conventi, accusano le associazioni delle vittime, ma lo scopo era «voltare pagina, chiudere il doloroso capitolo, se non insabbiare». Dice ancora Kathleen nel suo j’accuse senza più lacrime da spargere: «Il primo presidente della commissione si è dimesso dopo tre anni affermando che non aveva libertà di manovra, insomma che non poteva lavorare. Il presidente che ne ha preso il posto era un giudice legato all’establishment religioso. Il risultato si vede».
Beninteso, le cinquemila pagine del rapporto non sorvolano su quello che accadeva dentro le «case degli orrori», come le definiscono le vittime. I giornali ne hanno finora riassunto il contenuto ed è bastato per farli sommergere di lettere che dicono: «Mi vergogno di essere irlandese». Non è una lettura facile, ma bisogna farla, per cercare di capire. E’ come se da quegli edifici adornati dal crocefisso su cui è morto il Signore, da quelle case di Dio in cui vigeva, per gran parte della giornata, la regola del silenzio, tutto a un tratto fuoriuscissero le urla disperate di generazioni di bambini. Ascoltiamoli.
I bambini venivano «presi a pugni, a calci, frustati, accoltellati, obbligati a inginocchiarsi o a restare in piedi per giorni, costretti a dormire all’aperto in inverno, a fare docce gelate, appesi a un palo, assaliti da cani, legati per essere picchiati meglio». Dice uno: «Non feci bene il letto. Il prete mi fece denudare e mi frustò lungamente con una frusta di cuoio a cui erano attaccate delle monete». Un altro: «Appena arrivato, il frate mi fece spogliare, piegare a gambe larghe su una scrivania, mi ordinò di dire il Padre Nostro e si mise a frustarmi». Un terzo: «Non dimenticherò mai il gatto a nove code». Un altro: «Il prete lasciava la frusta di cuoio all’aperto di notte, perché si gelasse e facesse più male». Ancora: «Mi mettevano sale nelle ferite perché bruciassero di più». Un altro: «Gli piaceva tenermi la testa fra le gambe e frustarmi nel sedere».
Ancora: «La notte era la cosa peggiore, se non venivano a prendere te, sentivi che portavano via un altro e le urla risuonavano per tutto l’edificio». Elenco di abusi sessuali in un istituto religioso: «89 masturbazioni forzate, 68 stupri anali, 6 penetrazioni digitali». Un ragazzino: «Il prete mi prese la mano, e se la mise nelle parti private. Scoppiai a piangere. Mi schiaffeggiò. La notte dopo tornò e feci come voleva». Un altro: «Mi chiudeva a chiave nella sua stanza, mi spogliava, si faceva toccare, mi picchiava e poi mi stuprava». Un terzo: «Un frate guardava mentre l’altro mi stuprava, poi facevano cambio». Una bambina: «La suora mi frustava con una cintura dalla fibbia di metallo». Un’altra: «La suora mi faceva mangiare il mio vomito». Una terza: «Mi legò al letto e mi diede cento frustate».
Elenco di abusi sessuali, stavolta su femminucce: «27 stupri vaginali, 22 masturbazioni forzate, 10 contatti genitali». Un esempio per tutti: «La suora mi portò da un uomo. Lei mi spogliò, mi lavò, mi toccò, poi mi diede a lui perché mi stuprasse».
Tutti i giorni, tre volte al giorno, i rintocchi della campana dell’Angelus risuonano sul primo canale della televisione nazionale irlandese, come a scandire il tempo del paese più ferventemente cattolico d’Europa. Ma oggi gli irlandesi si chiedono angosciosamente per chi suona davvero quella campana. Per le migliaia di vittime dell’abominio, che hanno ottenuto solo una parvenza di giustizia? Per la chiesa cattolica irlandese, avvilita da dimissioni e processi? Oppure per il Vaticano e per papa Benedetto XVI, che le associazioni di sopravvissuti alla tragedia accusano di una condanna tardiva e troppo debole? O suona per l’Irlanda intera, per le sue istituzioni, sospettate di avere lanciato l’inchiesta più per nascondere che per fare emergere fino in fondo le dimensioni dell’orrore e le responsabilità collettive?
«Ecco cosa mi fa più orrore», dice Kathleen O’Sullivan. «L’idea che così tanti abbiano potuto fare così tanto male, o almeno l’abbiano tollerato, abbiano preferito non vederlo e anche oggi preferiscano dimenticare. Viene da chiedersi se erano tutti mostri o se questa è la normalità umana». Non solo per vittime e carnefici, non solo per preti e suore, per politici e poliziotti, suona a Dublino la campana dell’Angelus. Essa suona per tutti.
di Marco Politi (il Fatto, 25.02.2010)
È il cancro nascosto nel corpo della Chiesa. Migliaia e migliaia di casi di pedofilia, un rosario di violenze dal Brasile agli Usa, dall’Australia, all’Irlanda. L’Italia, con 80 casi segnalati, non è immune. L’ultimo scandalo è scoppiato in Germania, dove si parla di circa 120 vittime abusate tra gli anni 70 e 80 in un prestigioso liceo di gesuiti a Berlino e poi in altri istituti di Amburgo, Hannover, Gottinga, Hildesheim e nel famoso collegio Aloisius di Bad Godesberg. Il presidente della conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zoellitsch, si è detto “sconvolto” e ha rivolto le scuse della Chiesa ai giovani rimasti vittime di un “crimine ripugnante”. Ma, cosa più importante, il prelato ha preannunciato che la Chiesa denuncerà alla magistratura i colpevoli.
L’orrendo rituale è ovunque lo stesso: un lento gioco di seduzione da parte del religioso che finisce per soggiogare la vittima, quando non scatta l’aggressione improvvisa. Un abuso di fiducia - oltre che del corpo predato - compiuto da chi al riparo dell’abito sacro avrebbe dovuto proteggere e anzi “elevare spiritualmente” i minori affidatigli. A Bad Godesberg s’è ripetuto quanto accaduto altrove. Chi è stato violentato dal sacerdote-educatore e chi ne è diventato il giocattolo, chi è stato costretto a masturbarsi sotto gli occhi di un religioso e chi spinto ad accarezzarlo per dargli eccitazione. Con danni psicologici indelebili.
Il bubbone è veramente scoppiato, quando negli Usa sono state lanciate azioni collettive di risarcimento. La diocesi di Boston ha versato 85 milioni di dollari a oltre 500 vittime. Quella di Los Angeles ha pagato 660 milioni di dollari per un numero altrettanto elevato. Nei processi di Boston, chiusi con un patteggiamento nel 2003, era emersa l’altra dimensione della grande vergogna: la tendenza dei vescovi (a Boston il cardinale Law) a spostare di parrocchia in parrocchia i preti colpevoli, sperando che si quietassero. Tipico il caso del reverendo John Geoghan, responsabile di un centinaio di abusi compiuti durante le sue trasferte e poi finito strangolato in carcere da un altro detenuto.
Ancor oggi troppi vescovi, che non sono intervenuti con determinazione, restano al loro posto. Il cardinal Law ha lasciato Boston, ma ora presiede a Roma alla basilica di Santa Maria Maggiore: uno scandalo per molti cattolici Usa. La svolta ai vertici della Chiesa cattolica avviene sul volgere del millennio.
I vescovi statunitensi scelgono la linea della tolleranza zero e papa Wojtyla leva la sua voce contro i preti “traditori”. È il momento in cui si incrina la metodologia di assoluta “segretezza” (durante i procedimenti ecclesiastici e persino dopo l’individuazione dei colpevoli) propugnata da un documento dell’ex Sant’Uffizio risalente al 1962. Il testo, Crimen Sollicitationis, esige il segreto totale - pena la scomunica - dalle autorità ecclesiastiche implicate nei procedimenti e, ancora peggio, il “perpetuo riserbo” anche dopo l’eventuale sentenza. È un sistema che penalizza le vittime, costrette a umilianti attese solo per farsi ascoltare.
Il vento cambia nel 2001 con un nuovo documento elaborato dall’allora cardinale Ratzinger. La Santa Sede sposta i tempi della prescrizione decennale, facendola scattare (in modo più garantista) non dal momento del crimine, ma dalla maggiore età della vittima. Ogni fatto va poi segnalato immediatamente alla Congregazione per la dottrina della fede, mentre l’indicazione che viene dal Vaticano è di allontanare subito i sospetti dal contatto con l’ambiente giovanile.
Ratzinger è stato accusato in passato d’avere gestito burocraticamente la linea della “segretezza”, derivante dal documento Crimen Sollicitationis. Certo è che da pontefice Benedetto XVI ha iniziato sistematicamente un mutamento di strategia, tendendo a maggiore trasparenza, maggiore attenzione alle vittime, maggiore rigore e - ciò che rappresenta una rivoluzione rispetto al passato - esortando le autorità ecclesiastiche a deferire alla magistratura i colpevoli.
Poco dopo la sua elezione ha dato l’esempio, decretando che il capo dei Legionari di Cristo, il padre Maciel (accusato di ripetuti abusi, ma il cui dossier era stato insabbiato per anni) fosse costretto a ritirarsi in una “vita di penitenza, rinunciando a ogni ministero pubblico”. Nei suoi viaggi negli Usa e in Australia nel 2008 s’è incontrato con rappresentanze di vittime e ha dettato il percorso da seguire. “Mi vergogno”, ha detto recandosi in America. E a più riprese ha chiarito che per i preti pedofili “non c’è posto nella Chiesa”.
Nei fatti si sono ancora verificate nel passato recente molte resistenze, in vari paesi, a intervenire immediatamente e senza remore contro i preti-predatori. In Irlanda il rapporto del giudice Yvonne Murphy ha accusato ben 4 vescovi di avere negletto la “protezione di bambini indifesi" anteponendo la “reputazione della Chiesa”. Con casi raccapriccianti: come quel prete che ha ammesso di avere abusato di cento bambini e un altro che approfittava di un minore diverso ogni due settimane. Ecco perché la Lettera che Benedetto XVI trasmetterà fra breve all’episcopato d’Irlanda avrà il carattere di un documento d’indirizzo per la Chiesa universale. Il primo testo solenne sulla pedofilia di un pontefice dell’era contemporanea.
L’Irlanda e la pedofilia: vescovi a rapporto dal Papa
di Bruno Bartoloni (Corriere della Sera, 16 febbraio 2010)
A parte l’indignazione per lo sconvolgente scandalo dei preti pedofili in Irlanda, Benedetto XVI ed il suo governo non hanno nascosto la loro forte preoccupazione sia per l’immagine dei sacerdoti e della Chiesa in generale sia per le possibili gravi ricadute dello scandalo sulle istituzioni
Ma c’era anche il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, con il Sostituto monsignor Filoni ed il ministro degli Esteri monsignor Mamberti, oltre al nunzio in Irlanda Leanza. C’era perfino il più alto consulente giuridico della Chiesa, il presidente del Consiglio per i testi legislativi monsignor Coccopalmerio, a riprova delle intenzioni del pontefice d’inserire nell’annunciata lettera alla Chiesa d’Irlanda indicazioni che avranno un peso canonico per l’intera Chiesa universale e che dovrebbero mettere fino alla tradizionale «cultura dell’insabbiamento» degli scandali ed al loro costante occultamento alle autorità civili. Si deve ricorrere anche alla «giustizia ordinaria» per «accertare oggettivamente la responsabilità» dei sacerdoti colpevoli di pedofilia o abusi sessuali, ha dichiarato con molta chiarezza il cardinale Claudio Hummes, ministro per il clero. Non sarà «un semplice esercizio cosmetico» ha detto prima di andare in Vaticano il vescovo Joseph Duffy, responsabile per le comunicazioni della Conferenza episcopale irlandese.
«Per la Chiesa le prove possono venire dall’esterno o dall’interno. Entrambe sono dolorose, ma quelle che provengono dall’interno sono naturalmente più dure e umilianti», ha detto il cardinale Bertone riferendosi agli «atti particolarmente esecrabili» commessi da uomini della Chiesa d’Irlanda. «La tempesta più pericolosa è quella che tocca il cuore dei credenti, scuotendo la loro fede», ha poi ammonito, alludendo così al pericolo più concreto, una perdita di fiducia dei fedeli nel clero e, soprattutto, nei sacerdoti impegnati nel mondo della scuola. Una vera iattura, se si pensa che per la Chiesa la formazione dei giovani è alla base della sua opera di evangelizzazione.
Il cardinale Grocholewski, ministro per l’Educazione, ha ricordato di recente che vi sono nel mondo circa 250 mila istituti scolastici cattolici, frequentati da poco meno di 42 milioni di allievi. Gli insegnanti delle scuole cattoliche sono circa 3,5 milioni, dei quali una gran parte sacerdoti o religiosi. In Italia la scuola cattolica costituisce circa l’11% dell’intera popolazione scolastica. Le circa diecimila sedi, dalle scuole per l’infanzia a quelle superiori, sono frequentate da quasi un milione di iscritti. Un bacino di utenza allargato anche alle scuole dello Stato dove migliaia d’insegnanti cattolici, tra cui moltissime persone consacrate, svolgono la loro missione educativa.
Il cardinale Hummes ha voluto spezzare una lancia a favore di tutti questi apostoli che rischiano di pagare le spese dei loro cattivi confratelli: «La grandissima maggioranza dei sacerdoti nel mondo sono persone degne. Purtroppo, ha commentato, i loro comportamenti ammirevoli non fanno notizia». Rimangono le cifre dello scandalo: un cardinale e tre vescovi accusati di «insabbiamenti», anni ed anni di abusi, centinaia di vittime con veri «mostri» che hanno confessato chi abusi su un centinaio di bambini, chi abusi ogni due settimane per venticinque anni, chi abusi negli istituti per ragazzi «difficili». «Ammetto con molta franchezza quello che tutti sanno - avrebbe detto il responsabile per le Comunicazioni della Conferenza episcopale irlandese, monsignor Joseph Duffy, vescovo di Clogher- episodi che hanno inferto alla Chiesa ferite profonde, mettendola in una situazione molto seria».
Benedetto XVI: "Violati i diritti dei minori"
La chiesa condanna i preti pedofili *
CITTA’ DEL VATICANO - "La Chiesa non manca e non mancherà di deplorare e di condannare i suoi membri che purtroppo, in diversi casi, agendo in contrasto con questo impegno, hanno violato i diritti dei minori". Così nel discorso rivolto questa mattina ai membri del Pontificio consiglio per la famiglia, papa Benedetto XVI è tornato a condannare gli abusi sessuali sui minori commessi dai preti, proprio mentre sta portando a termine la stesura della Lettera alla Chiesa irlandese dopo lo scandalo pedofilia che ha portato alla dimissioni di quattro vescovi. La pubblicazione della Lettera è prevista in occasione di un incontro con i vescovi irlandesi che si terrà il 15 e 16 febbraio.
"La Chiesa, lungo i secoli, sull’esempio di Cristo, ha promosso la tutela della dignità e dei diritti dei minori e, in molti modi, si è presa cura di essi’’, ha detto il Pontefice, aggiungendo che "la tenerezza e l’insegnamento di Gesù, che considerò i bambini un modello da imitare per entrare nel regno di Dio, hanno sempre costituito un appello pressante a nutrire nei loro confronti profondo rispetto e premura", mentre "le dure parole di Gesù contro chi scandalizza uno di questi piccoli impegnano tutti a non abbassare mai il livello di tale rispetto e amore".
Il Papa ha quindi ricordato come la Convenzione sui diritti dell’infanzia sia stata accolta "con favore" dalla Santa Sede, "in quanto contiene enunciati positivi circa l’adozione, le cure sanitarie, l’educazione, la tutela dei disabili e la protezione dei piccoli contro la violenza, l’abbandono e lo sfruttamento sessuale e lavorativo".
* la Repubblica, 08 febbraio 2010
Avvenire, 16 febbraio 2010
ABUSI SESSUALI
Il Papa ai vescovi irlandesi:
«Pedofilia peccato contro Dio»
Alla base dello scandalo degli abusi in Irlanda ci sono stati «senza dubbio errori di giudizio e omissioni», tuttavia adesso sono state adottate «misure significative per la sicurezza dei bambini e dei giovani» con l’impegno «a cooperare» con le autorità sia giudiziarie che ecclesiali «per garantire che gli standard delle politiche e delle procedure della Chiesa in questo ambito siano i migliori».
E’ quanto hanno ribadito i vescovi irlandesi, secondo quanto riporta una nota diffusa oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede, al termine del loro incontro con Benedetto XVI e cardinali di Curia. «Ognuno dei vescovi - si legge nel comunicato - ha fatto le sue osservazioni e dato i suoi suggerimenti. I vescovi hanno parlato con sincerità del senso di pena e di rabbia, di tradimento, di scandalo e di vergogna loro espresso, in più occasioni, dalle vittime degli abusi».
«Da parte sua - prosegue la nota - il Papa ha osservato che l’abuso sessuale di bambini e di giovani non è solo un crimine odioso ma anche un grave peccato che offende Dio e ferisce la dignità della persona umana» ed ha esortato i vescovi ad «affrontare i problemi del passato con determinazione e risolverli e di far fronte alla crisi presente con coraggio ed onestà».
Benedetto XVI ha anche espresso «la speranza che l’incontro possa aiutare ad unire i vescovi e renderli capaci di parlare con una sola voce nell’individuare i passi concreti per aiutare le vittime di abusi, e di incoraggiare un rinnovamento di fede in Cristo».
«Il Santo Padre - si legge nel comunicato - ha, inoltre, evidenziato la più generale crisi di fede che riguarda la Chiesa collegandola alla mancanza di rispetto per la persona umana e a come l’indebolimento della fede abbia rappresentato un fattore decisivo nel fenomeno degli abusi su minori».
Da qui la necessità, ravvisata da Benedetto XVI, di «una più profonda riflessione teologica sull’intero problema» e «di una migliore preparazione, umana, spirituale, accademica e pastorale per i candidati al sacerdozio, per quelli alla vita religiosa, e per coloro che sono già ordinati e professi». La nota della Santa Sede informa, infine, che i presuli irlandesi hanno discusso con il Pontefice una bozza della lettera pastorale che Benedetto XVI indirizzerà ai cattolici irlandesi e che sarà diffusa in questa Quaresima.
«Ognuno dei vescovi - silegge - ha fatto le sue osservazioni e dato i suoi suggerimenti. I vescovi hanno parlato con sincerità del senso di pena e di rabbia, di tradimento, di scandalo e di vergogna loro espresso, in più occasioni, dalle vittime degli abusi». «Da parte sua - prosegue la nota - il Papa ha osservato che l’abuso sessuale di bambini e di giovani non è solo un crimine odioso ma anche un grave peccato che offende Dio e ferisce la dignità della persona umana» ed ha esortato i vescovi ad «affrontare i problemi del passato con determinazione e risolverli e di far fronte alla crisi presente con coraggio ed onestà».
Benedetto XVI ha anche espresso «la speranza che l’incontro possa aiutare ad unire i vescovi e renderli capaci di parlare con una sola voce nell’individuare i passi concreti per aiutare le vittime di abusi, e di incoraggiare un rinnovamento di fede in Cristo». «Il Santo Padre - sottolinea il testo - ha, inoltre, evidenziato la più generale crisi di fede che riguarda la Chiesa collegandola alla mancanza di rispetto per la persona umana e a come l’indebolimento della fede abbia rappresentato un fattore decisivo nel fenomeno degli abusi su minori». Da qui la necessità, ravvisata da Benedetto XVI, di «una più profonda riflessione teologica sull’intero problema» e «di una migliore preparazione, umana, spirituale, accademica e pastorale per i candidati al sacerdozio, per quelli alla vita religiosa, e per coloro che sono già ordinati e professi».
Nuovo scandalo pedoflia nella cattolica Irlanda del Nord
Irlanda sotto choc, Adams rivela: "Mio padre abusava di noi figli"
di Redazione *
Il leader del principale partito cattolico rivela alla radio le attenzioni sessuali del padre, morto nel 2003 a 77 anni **
Belfast - Choc nella cattolica Irlanda per le rivelazioni fatte ieri da Gerry Adams, leader del partito nazionalista nordirlandese Sinn Feín, braccio politico dei terroristi dell’Irish Republican Army (Ira). Adams ha dichiarato in un’intervista alla Radio Telefis Eireann che suo padre, Gerry Adams senior, ha abusato fisicamente, sessualmente e psicologicamente di diversi membri della sua famiglia, inclusi i figli dello stesso leader politico.
Gerry Adams, che ha condotto i nazionalisti repubblicani dell’Irlanda del Nord a un accordo di pace sponsorizzato da Londra con gli unionisti dopo trent’anni di spargimenti di sangue, ha oggi 61 anni. Suo padre è morto nel 2003 all’età di 77 anni dopo una lunga malattia: aveva sempre negato queste accuse infamanti e morì in solitudine. Nell’intervista Adams ha spiegato di essere venuto a conoscenza degli abusi del padre solo nel 1998, ma di aver tenuto nascosta la notizia per proteggere la famiglia «fino a quando non fosse stata sufficientemente forte». Secondo il racconto fatto, il leader del Sinn Feín da piccolo non avrebbe subìto personalmente le attenzioni morbose del padre. Ma è certamente sconvolgente che i suoi stessi figli ne fossero caduti vittime.
Gerry Adams ha ammesso che la scoperta di questi fatti ha avuto «effetti devastanti» sulla sua famiglia. Con i fratelli ha discusso a lungo se fosse necessario rendere pubblico ciò che era successo nella sua casa e la decisione di farlo è stata dettata dalla «speranza che, con il tempo, le vittime possano affrontare ciò che è successo e riescano a venirne fuori». Le rivelazioni di Gerry Adams seguono di pochi giorni la notizia che suo fratello Liam è ricercato dalla polizia per aver a sua volta abusato per parecchi anni della figlia, Aine Tyrell. Nella stessa intervista radiofonica, Gerry Adams ha quindi anche rivolto un appello al fratello affinché si consegni alle autorità che lo ricercano per questo reato.
Solo quattro giorni fa l’Irlanda era stata scossa dalle conseguenze di un altro gravissimo scandalo di pedofilia. Il vescovo cattolico Donald Brendan Murray aveva dato le dimissioni dopo che papa Benedetto XVI aveva tenuto un vertice urgente per stigmatizzare duramente i fatti vergognosi messi in luce da due rapporti governativi. Il vescovo Murray era responsabile di aver coperto con la sua autorità alcuni sacerdoti che nel corso degli anni avevano abusato sessualmente di diversi bambini. La commissione Murphy, in particolare, aveva evidenziato su incarico del governo di Dublino, dopo anni di reticenze e di omertà, una situazione particolarmente scandalosa: il caso di 46 preti accusati di avere abusato di minori tra il 1975 e il 2004. Ne emergevano le gravi responsabilità della gerarchia ecclesiastica, rea di avere coperto i pedofili, spostandoli di parrocchia in parrocchia per tutelare il buon nome della Chiesa e probabilmente il suo patrimonio. Ma già nel maggio scorso la commissione Ryan aveva scoperchiato un altro verminaio, raccontando le sevizie e i maltrattamenti cui erano sottoposti i bambini negli istituti gestiti da ordini religiosi.
* Fonte: http://www.ilgiornale.it/
** Il Dialogo, Lunedì 21 Dicembre,2009 Ore: 17:28.
Pedofilia, si dimette vescovo irlandese
Il Papa: «Tradimento e vergogna» *
Benedetto XVI ha accolto oggi le dimissioni del vescovo irlandese Donald Brendan Murray, accusato dal Rapporto del Governo di Dublino di aver coperto sacerdoti pedofili.
All’epoca dei fatti, mons. Murray, attuale vescovo di Limerick, era ausiliare di Dublino. Il Rapporto Murphy lo accusa di aver reagito in modo «imperdonabile» («inexcusable»), nascondendo di fatto le informazioni relative ai preti pedofili che venivano spostati da una parrocchia all’altra.
«Scosso e addolorato» dalla lettura del Rapporto governativo, le cui risultanze gli sono state confermate dai vertici dell’Episcopato Irlandese, Papa Ratzinger aveva assunto la settimana scorsa impegni precisi verso le vittime degli abusi sessuali perpetrati su minorenni da parte di membri del clero dell’arcidiocesi di Dublino: i responsabili pagheranno, aveva assicurato annunciando anche una sua imminente Lettera Pastorale sulla dolorosa vicenda. Ad aumentare lo sdegno del Papa è il fatto che i sacerdoti colpevoli (una cinquantina) sono spesso stati semplicemente ammoniti e trasferiti dai loro vescovi. «Il Santo Padre - affermava la nota diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede venerdì 11 dicembre - condivide l’oltraggio, il tradimento e la vergogna percepiti da così tanti fedeli in Irlanda, e si è unito a loro nella preghiera in questo momento difficile nella vita della Chiesa», invitando allo stesso tempo i cattolici irlandesi e in tutto il mondo «ad unirsi a lui nella preghiera per le vittime, le loro famiglie e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini efferati».
Inoltre, prosegue il comunicato, Benedetto XVI «assicura tutti gli interessati che la Chiesa continuerà a seguire la grave questione con la massima attenzione, al fine di meglio comprendere come tali vergognosi eventi siano accaduti e il modo migliore per sviluppare strategie efficaci così da evitare il loro ripetersi». La Santa Sede, ribadisce la nota letta e approvata dal Pontefice, «prende molto sul serio le questioni centrali sollevate dalla relazione, ivi comprese le questioni relative alla guida dei responsabili della Chiesa locale che hanno la responsabilità ultima nella cura pastorale dei bambini».
Il Papa esprime una volta di più «il proprio rammarico per le azioni di alcuni membri del clero che hanno tradito le loro solenni promesse a Dio», aveva aggiunto venerdì scorso il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, che oggi si è limitato invece a comunicare la notizia dell’accettazione delle dimissioni senza ulteriori commenti.
Mentre la sala stampa vaticana annunciava le dimissioni del vescovo irlandese Donal Murray dalla guida della diocesi di Limerick, in seguito allo scandalo dei preti pedofili, lui stesso ha chiesto «umilmente» scusa in un incontro con i dipendenti nella cattedrale di St. John.
«Ho incontrato lunedì 7 dicembre - ha detto il presule a quanto riportato in una nota sul sito della diocesi - il Cardinale Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Gli ho chiesto di portare le mie dimissioni come Vescovo di Limerick a Papa Benedetto. Il Santo Padre ha accettato le mie dimissioni che hanno effetto immediato da questa mattina. Ho sentito le opinioni di molti sopravvissuti - ha aggiunto il vescovo - soprattutto nei giorni successivi alla pubblicazione del Rapporto Murphy. Alcuni hanno espresso il desiderio affinché rassegnassi le mie dimissioni, altri mi hanno chiesto di non farlo. So bene che le mie dimissioni non possono annullare il dolore che le vittime di abuso sopravvissute hanno sofferto in passato e continuano a soffrire ogni giorno. Chiedo umilmente scusa ancora una volta a tutti coloro che sono stati abusati quando erano bambini piccoli. A tutti i sopravvissuti ripeto che la mia principale preoccupazione è quella di aiutare in ogni modo possibile, il loro cammino verso la sperata serenità».
«Un vescovo - ha proseguito il vescovo Murray - è chiamato ad essere una persona che cerca di guidare e ispirare tutto il popolo della diocesi a vivere come una comunità unita nella verità e nell’amore di Cristo. Ho chiesto al Santo Padre accogliere le mie dimissioni e di nominare un nuovo vescovo per la diocesi, perché credo che la mia presenza possa creare difficoltà ad alcuni dei sopravvissuti, che devono avere il primo posto nei nostri pensieri e preghiere». Il vescovo ha poi espresso il desiderio che le sue «ultime parole come vescovo di Limerick» fossero quelle pronunciate il 29 novembre scorso: «Siamo persone che credono che la misericordia di Dio e la salvezza di Dio sono senza limiti. Siamo chiamati ad essere portatori di quella speranza l’uno all’altro e in particolare a coloro la cui fiducia è stata tradita quando erano solo bambini piccoli e che hanno vissuto il terrore, l’impotenza e le sofferenze inflitte da adulti spaventosi e dominanti. Essi dovrebbero avere sempre un posto speciale nelle nostre preghiere».
La nota della diocesi di Limerick si conclude con le seguenti parole: «Né il vescovo Murray né alcun portavoce della diocesi farà altri commenti».
* l’Unità, 17 dicembre 2009
Il Vaticano di fronte ai preti pedofili
risponde Corrado Augias (la Repubblica, 15.12.2009)
Dott. Corrado Augias,
«Rabbia e vergogna», così papa Ratzinger si è espresso sull’insabbiamento degli abusi nei confronti dei minori nell’arcidiocesi di Dublino. La stampa anglosassone ha dato risalto al rapporto della Commissione Murphy, indagine durata anni durante i quali la preoccupazione dei quattro arcivescovi che hanno retto la diocesi è stata di «mantenere il segreto, evitare lo scandalo, proteggere la reputazione della chiesa e salvare le sue proprietà. Tutte le altre considerazioni, compreso benessere dei bambini e giustizia per le vittime, erano subordinate a queste priorità». Che questa fosse la vera preoccupazione è provato dal fatto che fin dal 1987 venne stipulata una polizza assicurativa relativa a future spese legali e a risarcimenti.
E’ il secondo rapporto su questo problema, dopo quello della Commissione Ryan, pubblicato a maggio scorso, che riguardava gli abusi sessuali commessi su 2.500 bambini delle scuole cattoliche tra il 1940 e il 1980. Quasi nulla è trapelato in Italia. Stampa e Tv hanno oscurato o relegato in posizione poco visibile la notizia, salvo rare eccezioni. Ora c’è stata la reazione ufficiale del Vaticano al rapporto Murphy e finalmente se ne parla. Che tempestività e che coraggio!
Massimo Rubboli rubboli@unige.it
Nel maggio scorso Enrico Franceschini scrisse una corrispondenza da Londra per questo giornale che apriva così: « È una delle pagine più nere della storia d’Irlanda, e della storia della Chiesa cattolica: l’abuso sessuale sistematico e ampiamente diffuso ai danni di bambini e adolescenti di entrambi i sessi, in scuole, orfanotrofi, riformatori e altri istituti gestiti da ordini religiosi cattolici irlandesi». Racconti atroci «di uomini e donne oggi adulti che ricordano di essere stati picchiati in ogni parte del corpo, seviziati, stuprati, talvolta da più persone.
Una discesa agli inferi nascosta per decenni, solo ora svelata in tutta la sua mostruosa realtà». Il problema è delicatissimo e come tale lo avvertono gli ambienti più avanzati della stessa Chiesa. Nel giugno scorso il cardinale di Vienna Schönborn, ha consegnato a Benedetto XVI un appello dei fedeli austriaci che chiedevano di abolire l’obbligo del celibato.
Gianni Gennari, teologo e firma di ’Avvenire’, fa notare che « il celibato dei preti non è verità di fede, è una legge della Chiesa latina del 1139 poi fissata dal Concilio di Trento tra l’altro convocato da Paolo III, Farnese, padre di quattro figli, due dei quali legittimati».
Il prof Bubboli aggiunge però che nel 2001 il cardinale Ratzinger aveva inviato a tutti i vescovi una lettera riservata per ribadire l’obbligo di mantenere segrete, pena la scomunica, le notizie relative ad abusi sessuali compiuti da preti mettendone al corrente solo il Vaticano.
Il governo irlandese “La Chiesa cattolica ha coperto i pedofili”
di Giacomo Galeazzi (La Stampa, 27 novembre 2009)
Un prete ha ammesso di aver abusato di oltre 100 bambini, un altro di aver violentato «un bambino ogni due settimane» nel corso di 25 anni di sacerdozio, un parroco denunciato per un caso ha confessato di averne compiuti altri sei.
La Chiesa cattolica ha coperto per decenni centinaia di abusi pedofili e crudeltà compiuti da sacerdoti a Dublino. Violenze e stupri anche nelle scuole e nelle istituzioni per ragazzi «difficili» gestiti da ordini religiosi. «Quattro arcivescovi ossessionati dalla segretezza hanno protetto i responsabili e la loro reputazione ad ogni costo, mentre le autorità civili si voltavano dall’altra parte e concedevano l’immunità alla Chiesa», denuncia il rapporto della Commissione presentato dal ministro della Giustizia Dermot Ahern. «I colpevoli di questi orribili crimini verranno perseguiti», ha promesso il ministro, per il quale le vittime di queste violenze «oggi possono dire, avevamo ragione, e siamo stati finalmente creduti».
L’attuale arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin ha offerto «personalmente ad ognuno dei superstiti scuse, dolore e vergogna per gli errori devastanti del passato», deplorando l’atteggiamento dei vertici ecclesiastici che coprirono le violenze: «Il male causato ai bambini non potrà mai essere riparato e nessuna scusa sarà mai sufficiente».
Il giudice Yvonne Murphy per tre anni ha indagato su quanto avveniva in una delle più grandi diocesi d’Europa e in 700 pagine documenta 45 casi tra il 1975 e il 2004: «La reputazione della Chiesa veniva prima della protezione di bambini indifesi. L’unica preoccupazione era mantenere la segretezza, evitare scandali, salvaguardare i beni e il buon nome della Chiesa». Chiamati in causa sono gli arcivescovi McQuaid, Ryan, McNamara e il cardinale Connell che spinse per processi segreti secondo la legge canonica, conclusi con due preti spretati. Pur essendo al corrente delle denunce, non segnalarono i preti colpevoli alle autorità giudiziarie. I sacerdoti pedofili venivano al massimo trasferiti in altre parrocchie: lì in molti casi, trovavano addirittura nuove «prede». Intanto, davanti alla sentenza che in Argentina introduce il matrimonio tra uomini, la Chiesa condanna le nozze gay come «assolutamente illegali» e stigmatizza «un grave precedente legislativo che scardina l’ordinamento giuridico familiare e l’istituzione-matrimonio da sempre costituita sull’unione tra uomo e donna».
Monsignor Murray è stato criticato per come gestì le accuse di pedofilia contro un sacerdote: dopo la pubblicazione del rapporto sugli abusi sessuali del clero, il prelato aveva detto che si sarebbe preso un mese per decidere del suo futuro
Pedofilia,vescovo dimesso
Il vescovo di Limerick (Irlanda) Donal Murray dovrebbe presentare le sue dimissioni al Papa, nel corso di un prossimo incontro con Benedetto XVI in Vaticano
di GIACOMO GALEAZZI (La Stampa, 7/12/2009)
Il vescovo di Limerick (Irlanda) Donal Murray dovrebbe presentare le sue dimissioni al Papa, nel corso di un prossimo incontro con Benedetto XVI in Vaticano. Il cardinale irlandese Sean Brady si recherà in Vaticano la prossima settimana per discutere con papa Benedetto XVI i risultati del rapporto Murphy sulla copertura da parte della chiesa cattolica degli abusi commessi sui bambini dai preti dell’arcidiocesi di Dublino. Il cardinale ha inoltre affermato di essere d’accordo con l’intenzione del ministero britannico della Sanità e dei Servizi sociali di condurre un’inchiesta in Irlanda del Nord, sullo stampo del rapporto Ryan che alcuni mesi fa si è concentrato sugli abusi e sulle molestie commessi sui bambini nella repubblica irlandese. Secondo quanto rivela la Bbc, il ministero avrebbe ora incaricato alcuni dei suoi dipendenti di esaminare, nell’arco di un mese, i costi, gli obiettivi e le questioni legali di un’inchiesta simile a quella che ha dato origine al rapporto Ryan.
Il presule risulta a Roma, ma al momento non è stata comunicata alcuna udienza con Ratzinger. Murray era stato duramente criticato nel recente rapporto Murphy sulla gestione dei casi di pedofilia tra i sacerdoti della diocesi di Dublino, dove egli era vescovo ausiliario. Rte, la tv pubblica irlandese, ha spiegato che pur non essendoci stato alcun commento ufficiale in merito, Murray ha detto ai fedeli durante un messaggio letto ieri: «Ho bisogno delle vostre preghiere questa settimana». Tra giovedì e venerdì prossimi sarà in Vaticano anche il capo della chiesa cattolica d’Irlanda, cardinale Sean Brady. Con il Papa dovrebbe discutere non solo del rapporto Murphy, ma anche del rapporto di alcuni mesi fa nel cui si denunciavano decenni di abusi «endemici» nelle istituzioni gestite da ordini religiosi cattolici. Murray, in particolare, è stato criticato per come gestì le accuse di pedofilia contro un sacerdote: dopo la pubblicazione del rapporto, l’alto prelato aveva detto che si sarebbe preso un mese per decidere del suo futuro. Il cardinale Brady, pur non chiedendo apertamente le sue dimissioni, aveva detto di avere «fiducia che il vescovo Donal farà la cosa giusta».
Lettera pastorale dopo gli abusi nei confronti dei minori nell’arcidiocesi di Dublino Il Pontefice: "Rabbia e vergogna. Scriverò ai fedeli". Annunciati provvedimenti sui responsabili
Preti pedofili, la promessa del Papa
"Crimini odiosi, interverremo in Irlanda" *
ROMA - Il Papa prova "rabbia e vergogna" per gli abusi sessuali compiuti da alcuni preti irlandesi nei confronti di bambini. "Sono crimini odiosi. Indicherò con chiarezza le iniziative da prendere". Per un’ora e mezza il Pontefice si è riunito in Vaticano con il presidente della Conferenza episcopale irlandese e l’arcivescovo di Dublino. Insieme hanno riletto il Rapporto Ryan, l’inchiesta statale sugli abusi sessuali commessi su 2.500 bambini delle scuole cattoliche tra il 1940 e il 1980. E alla fine il Pontefice ha promesso un intervento a carico dei responsabili. "La Santa Sede prende molto sul serio la questione", ha detto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
Alla vigilia del vertice in Vaticano, i vescovi d’Irlanda avevano chiesto pubblicamente scusa per gli episodi di pedofilia e per il tentato insabbiamento dello scandalo: "Chiediamo scusa a coloro che hanno subito gli abusi dei sacerdoti quando erano piccoli, ai loro familiari e a tutti coloro che, giustamente, se ne sono scandalizzati",hanno scritto i vescovi irlandesi. "Ci sentiamo anche coperti di vergogna di fronte ai tentativi di insabbiamento messi in atto dall’arcivescovato di Dublino".
Ma per Benedetto XVI non basta: "Quel clero ha tradito le solenni promesse", tuona il Papa che intende inviare una "lettera pastorale ai fedeli irlandesi in cui indicherà chiaramente le iniziative da prendere in risposta alla situazione". Forse già oggi alcuni vescovi irlandesi potrebbero rassegnare le dimissioni.
Il Papa chiede scusa per una delle pagine più nere della storia della Chiesa cattolica. "Fu un abuso sessuale sistematico e ampiamente diffuso ai danni di bambini e adolescenti di entrambi i sessi, in scuole, orfanotrofi e riformatori gestiti da cattolici", documenta i Rapporto Ryan. Racconti atroci, di uomini e donne oggi adulti che ricordano di essere stati picchiati, seviziati, stuprati talvolta da più persone contemporaneamente. Le vittime erano spesso giovani "difficili", orfani, disabili, abbandonati, che speravano di ricevere dalla Chiesa il conforto che non avevano mai conosciuto e si sono ritrovati invece inghiottiti in un orrore.
* la Repubblica, 11 dicembre 2009
Preti pedofili, il grido di Ratzinger
Il Papa ai vescovi irlandesi: "Giustizia per le vittime, adesso tolleranza zero"
"Il Santo Padre ha esortato la Chiesa a continuare a stabilire la verità su ciò che è accaduto"
di Orazio La Rocca (la Repubblica, 12.06.2009)
CITTÀ DEL VATICANO - La Chiesa irlandese prova «vergogna» e «umiliazione» per le violenze sessuali avvenute negli anni passati negli istituti religiosi dell’Irlanda. E per questo, la gerarchia cattolica dell’isola - su richiesta di papa Ratzinger - ora si batte il petto, chiede scusa, invoca giustizia per le vittime, assicura che farà tutto il «possibile per continuare a stabilire la verità di ciò che è accaduto e perché», ma, soprattutto, annuncia «tolleranza zero» nei confronti di quegli ecclesiastici che si macchino di «crimini tanto orrendi».
Quando venerdì scorso in Vaticano i vertici della Chiesa irlandese illustrarono il resoconto del Rapporto Ryan - l’inchiesta statale sugli abusi sessuali commessi su 2500 bambini delle scuole cattoliche tra il 1940 e il 1980 - Benedetto XVI, «visibilmente turbato», chiese interventi drastici per porre fine ad uno dei più grandi scandali che abbia scosso le fondamenta del cattolicesimo d’Irlanda. Ieri, sono stati gli stessi vertici ecclesiastici irlandesi a renderlo noto in un comunicato a firma del cardinale Sean Brady, arcivescovo di Armagh e primate di Irlanda, e monsignor Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino.
«Proviamo vergogna, siamo umiliati e chiediamo scusa se il nostro popolo si è allontanato così tanto dagli ideali cristiani», scrivono, tra l’altro, i vescovi irlandesi, esprimendo «profonda tristezza» per gli abusi che migliaia di minori hanno subito negli anni ‘40-80’ nei loro istituti religiosi. Quasi contemporaneamente alla pubblicazione del comunicato vescovile, ieri a Dublino migliaia di persone sono scese per strada per manifestare la loro solidarietà alle vittime e per protestare contro il mancato dibattito parlamentare sul Rapporto Ryan, rinviato all’ultimo momento per far posto ad una mozione di sfiducia al governo.
«Il Rapporto Ryan - ammettono i vescovi - rappresenta la più recente e inquietante incriminazione di una cultura che, per troppo tempo, è stata prevalente nella Chiesa cattolica in Irlanda. Crimini odiosi sono stati perpetrati contro i più deboli e i più vulnerabili, e sono stati commessi atti vili con effetti duraturi nella vita con il pretesto della missione di Gesù Cristo. E’ un grave atto di tradimento della fiducia che il nostro popolo ha da sempre riposto nella Chiesa. Chiediamo perdono e non ci stancheremo di cercare di capire - alla luce del Rapporto Ryan - le vere cause che hanno provocato tanto dolore a degli innocenti». «La nostra prima reazione a quanto accaduto - confessano i vescovi irlandesi - è di profonda tristezza per le sofferenze di tanti, provate per così lungo tempo. Vogliamo invitare le vittime ad impegnarsi con noi per vedere come possiamo aiutare coloro che sono stati abusati. Vogliamo rispondere come pastori... invitiamo tutta la Chiesa ad unirsi con noi in preghiera per il benessere e la pace della mente per tutti coloro che hanno sofferto».
La mia Irlanda complice dei preti pedofili
di Joseph O’Connor (la Repubblica, 22.05.2009)
L’Irlanda in questi giorni sta vivendo un trauma inverosimile e terribile. Dopo aver trascorso il decennio scorso a crogiolarci in una cappa di autocompiacimento per i nostri successi economici, ci troviamo di fronte a una realtà completamente diversa, dalla quale risulta che quel boom è stato illusorio. Politici corrotti, avidi banchieri, speculatori immobiliari hanno quasi mandato a rotoli il nostro Paese e, come se non bastasse, la notizia ufficiale di questi giorni dei maltrattamenti e delle sevizie dei preti sui bambini a loro affidati conferma ciò che sapevamo da tempo nel fondo dei nostri cuori.
In altri Paesi i pedofili si nascondono: in Irlanda si nascondono in piena vista. Nella maggioranza dei casi, i bambini vittime di soprusi e violenza non sono stati creduti. Nessuno ha dato loro retta, nemmeno le loro famiglie. Poiché le rivelazioni delle sistematiche violenze e sopraffazioni sui bambini irlandesi arrivano in questa fase della nostra storia è inevitabile che scatenino rabbia e collera profonde. In parte questa reazione è dovuta ai racconti, così strazianti, così pieni di episodi crudeli da far venire le lacrime agli occhi di chi li legge.
In parte, però, è dovuta anche al fatto che è ormai palese che per decenni l’organizzazione più potente e ricca di Irlanda, la Chiesa Cattolica nelle sue molteplici denominazioni, ha fatto tutto ciò che le era possibile per mettere a tacere le sue vittime. Le scuse - se mai ci sono state - sono state equivoche e ambigue. Sono state assunte frotte di avvocati, incaricati di contestare le accuse. Quando, per le pressioni delle associazioni dei violentati e di un’opinione pubblica sempre più inferocita, si è riusciti a ottenere dalla Chiesa un programma di risarcimenti di natura finanziaria, le sue condizioni si sono rivelate talmente generose nei confronti dei colpevoli che molti hanno giudicato il comportamento del governo a dir poco inadeguato.
Dal mio punto di vista, però, esiste un contesto più ampio in grado di spiegare l’ira del popolo irlandese. Sappiamo che la responsabilità è di molti: le colpe non sono solo della Chiesa Cattolica, né solo di una sfilza di ingiustificabili governi irlandesi, ma della società stessa, di ogni suo elemento. È proprio questo a far sentire così profondamente a disagio l’Irlanda. Quasi tutti erano a conoscenza dei preti pedofili e violenti.
Non sto esagerando: una delle organizzazioni di sopravvissuti a questi abominevoli reati si chiama "One in Four" ("Uno su quattro") perché è stato statisticamente provato che circa un quarto dei bambini irlandesi ha subito un maltrattamento fisico o una violenza sessuale, a casa propria, a scuola, ovunque avrebbe dovuto sentirsi invece protetto. C’è chi ha distolto gli occhi guardando, chi si è tappato le orecchie. I bambini sono stati trattati con un’irrilevanza sovrumana in Irlanda, una società che per difendere un prete sarebbe disposta a mettersi a testa in giù in una contorsione morale, ma che per un bambino vittima di stupro non muoverebbe un dito.
Mio padre, cresciuto in un quartiere della classe operaia nella parte antica di Dublino, ricevette l’unica istruzione dai Christian Brothers: malgrado non abbia subito maltrattamenti, né sia mai stato molestato sessualmente, e benché parli con rispetto di quegli istitutori che si occupano dei bambini più poveri, a scuola visse sempre nella paura.
Certo, mi riferisco agli anni Quaranta, quando forse i metodi di insegnamento erano ovunque autoritari e brutali. Ma un amico mio coetaneo, che ha frequentato la stessa scuola negli anni Ottanta, mi ha parlato del suo terrore sui banchi di scuola, giorno dopo giorno. Il panico lo assaliva non appena varcava i cancelli della scuola e si dileguava soltanto quando rientrava a casa. Ancora oggi, non è mai tornato a visitare la sua scuola, si tiene alla larga addirittura dalla strada dove si trova, proprio come un vicino di casa che ha riferito a mia moglie di non poter vedere nemmeno da lontano l’edificio nel quale ha studiato, quello stesso istituto gestito dai Christian Brothers. È inevitabile a questo punto chiedersi: dove erano gli ispettori del governo? Dove erano i funzionari? E i burocrati? Come si è potuto permettere che tutto ciò accadesse?
Devo sottolineare che il contributo dato dalla giornalista irlandese Mary Raftery sul canale televisivo nazionale Rte è stato determinante per porre fine all’omertà. La leadership audace e coraggiosa di cui ha dato prova il giornalista Colm O’Gorman - egli stesso vittima di violenze sessuali e maltrattamenti dai preti - è stata fondamentale per costringere le autorità a guardare in faccia la verità. Persone come loro si sono rifiutate di essere messe a tacere, pur avendo incontrato nella loro ricerca di giustizia un numero davvero irrisorio di alleati. Ora penso di sapere perché. Il comportamento di alcuni preti e di alcune suore è stato sicuramente delinquenziale, nella piena accezione del termine. Ma niente è mai stato fatto per fermarli. L’Irlanda, già afflitta dal senso di colpa per gli insuccessi finanziari, ora lo è anche per questi casi di maltrattamento e violenza su minori. Siamo entrati in un vortice di recriminazione, una spirale nella quale gli innocenti sono puniti con i colpevoli.
È comprensibile. Alcuni esponenti del clero meritano sicuramente di essere oggetto di stigma, ma il mio ammonimento è che questa è un’altra forma di equivoco morale. Per evitare le accuse si deve essere scioccati, o quanto meno fingere di esserlo. Solo così si riesce a frapporre della distanza tra sé e simili avvenimenti osceni. C’è tuttavia un dato, nudo e crudo, di cui non si può non tener conto: non possiamo dimenticare quanto poco lo Stato abbia fatto per proteggere i poveri irlandesi, e in che misura i bambini irlandesi poveri, più vulnerabili e deboli, affidati a istituzioni di crudeltà dickensiana, siano stati letteralmente abbandonati nella santità dei bassifondi morali. Si tratta di una vecchia storia, una storia terribile. Quando puntate un dito per accusare, siate sempre consapevoli che tre delle dita della vostra stessa mano puntano contro di voi.
Traduzione di Anna Bissanti. Il romanzo "La moglie del generale" di Joseph O’Connor è pubblicato in Italia da Ugo Guanda Editore
I casi di pedofilia in Irlanda sono l’ultima fermata della via crucis. E in Italia? Cronaca dall’ultima frontiera della Chiesa
Pedofilia, il lato oscuro della Chiesa
di Maria Novella De Luca (la Repubblica, 22.05.2009)
Per don Luigi Ciotti "serve trasparenza, bisogna ripensare la formazione dentro i seminari" "Quei resoconti sono terribili. La crisi è profonda, senza ritorno" dice don Antonio Mazzi Spesso i bambini devono diventare adulti per riuscire a descrivere ciò che hanno subito. Così è accaduto a fine 2008 in un collegio veronese per sordi
Raccontano di stanze buie, di violenze nelle camerate, di molestie nel confessionale. Ricordano nel dettaglio botte, sevizie, ricatti, attenzioni morbose, paura e vergogna. Anche se sono passati venti, trenta, quarant’anni. Loro, gli ex bambini, non dimenticano. Erano piccoli, adolescenti, disabili, orfani. La Chiesa apre il suo archivio più sconvolgente, per la prima volta in tutto il mondo le vittime parlano e vengono ascoltate, e si scopre che i casi di pedofilia sono migliaia e migliaia. La Chiesa americana, quella australiana, e ieri, dopo nove anni di inchiesta, la chiesa irlandese: negli enti per minori gestiti da religiosi generazioni di bambini hanno subito stupri e soprusi. Per colpa di "preti traditori", così li aveva chiamati un anno fa papa Ratzinger a Sydney, affermando che chi si macchia di queste colpe «è una vergogna per la Chiesa» e deve essere processato. Il risultato è che le storie vengono alla luce, è di pochi mesi fa la denuncia degli ex allievi dell’Istituto "Antonio Provolo" di Verona, bambine e bambini sordomuti oggi adulti di mezza età, che in sessanta hanno raccontato di essere stati «violentati e bastonati per anni», dai religiosi che li avrebbero dovuti accudire e proteggere, e che oggi nonostante le accuse sono ancora lì, in quello stesso istituto. Dal 2000 ad oggi sono almeno 60 i casi di preti condannati o in attesa di giudizio perché colpevoli di abusi sessuali. Una presa d’atto durissima per chi nella Chiesa lavora e alla dedizione agli altri ha consacrato la propria vita. Come don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele di Torino, presidente di Libera, che dice: «Ci vuole trasparenza, quanti silenzi complici ci sono stati, bisogna ripensare la formazione nei seminari, il cammino verso il sacerdozio».
Con un dolore tremendo però. «Come si fa a non sentirsi sconvolti leggendo che cosa è successo in Irlanda, è giusto cercare la verità, punire chi ha coperto gli abusi. Ma ci vuole attenzione, questa è una pagina oscura che non deve infangare la parte sana della Chiesa, anche se è necessario fermarsi, riflettere. Difendendo le vittime, ma accogliendo anche chi ha sbagliato». E don Ciotti racconta di aver seguito più di un prete accusato di pedofilia, e di averlo "accompagnato" verso il processo. Cercando di guardare quel lato oscuro, malato, che poi diventa crimine.
La Chiesa si apre e svela il lato buio. A scorrere le cronache giudiziarie i casi italiani sono decine e decine. Alcuni più noti, e a lungo coperti dalle gerarchie ecclesiastiche, come quello di don Lelio Cantini, sacerdote fiorentino ritenuto colpevole di «abusi sessuali pluriaggravati e continuati su minori», ma restato al suo posto di parroco fino al 2005, quando ormai ottantenne è stato "punito" dal Papa con la riduzione allo stato laicale. Per 10 anni, dal 1975 al 1985 aveva imposto rituali sessuali di ogni tipo a ragazzi e ragazze adolescenti che soltanto anni dopo avrebbero trovato il coraggio di denunciare.
Perché spesso accade così. Gli ex bambini devono diventare adulti per riuscire a descrivere ciò che hanno subito. A volte perché l’orrore è tale che si cerca di dimenticare, più spesso però perché non vengono creduti. C’è da osservare infatti il contesto in cui questi fatti accadono, collegi, comunità, scuole, oratori. Contesti fragili, di storie difficili. Come la Comunità Incontro di don Pierino Gelmini ad Amelia, famosa e iper-sponsonsorizzata comunità di recupero per tossicodipendenti. Nell’agosto del 2007 due ex pazienti della comunità accusano don Gelmini di averli ripetutamente molestati e abusati trai il 1999 e il 2004, quando erano ancora minorenni. «Ci portava nella stanza del camino e ci faceva quelle carezze». Gli inquirenti ritengono le accuse fondate, decine di politici si mobilitano in difesa del sacerdote, che viene però rinviato a giudizio.
La Chiesa svela il suo lato oscuro. Don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, parla con il dolore nella voce e con veemenza. «Leggendo il resoconto delle sevizie fatte sui bambini negli istituti gestiti da religiosi ho capito che la crisi è totale, senza ritorno, che questa Chiesa pensa soltanto ad esibire ricchezza e potere, dimenticando le scritture, profezia. Non sono pochi casi, è un orrore che va dall’America all’Australia, dall’Irlanda all’Italia: noi dobbiamo guardarci dentro, ci vuole un nuovo concilio - incalza don Mazzi - com’è possibile che centinaia di preti abbiano distrutto le vite di bambini innocenti, approfittando dei più fragili, gli organi, i disabili, che avrebbero invece dovuto proteggere. Come a Verona, nell’istituto per piccoli sordomuti...Davvero è accaduto tutto questo? E il Vaticano che fa, dov’è?».
La malattia è estesa, aggredisce più lati, avanza. Ma la Chiesa ne parla, apre gli archivi, condanna. Proprio sull’Avvenire, il quotidiano della Cei, lo psichiatra Vittorino Andreoli, in una serie di riflessioni dedicate alla vita del prete, spezza il tabù, e parla dei sacerdoti pedofili. «Il sacerdote, che è uomo della sacralità, si rivolge ai bambini ma come oggetto di piacere sessuale. Il che produce l’immagine peggiore che possa venire da un prete e dà il senso proprio della degenerazione...Per questo credo che nel caso dei preti pedofili sia fondamentale poter intervenire presto, se ciò è dato; e che in ogni caso la pena sia applicata con severità. E, assieme gli sia accordata la cura...».
Certo, la reticenza c’è, ed è ancora forte, soprattutto ad uscire dalle pieghe delle istituzioni vaticane, dei propri tribunali e consegnare i preti pedofili ai tribunali dello Stato. E di questo cupo castello ancora presente di omertà e resistenze, dà conto un piccolo ma dettagliato libro dal titolo provocatorio «Lasciate che i pargoli vengano a me. Storie di preti pedofili in Italia» di Paolo Pedote. Un viaggio attraverso quindici casi di religiosi condannati per violenza sessuali. Nomi a volte poco noti, o dimenticati, se non ci fossero le vittime, piccole, spesso inascoltate, a volte addirittura messe al bando, a ricordare il lato oscuro della Chiesa. Ecco allora don Marco Gamba, giovane parroco di Chiusa San Michele (Torino), condannato a 4 anni (con un notevole sconto) per il possesso di materiale pedopornografico e per violenza sessuale aggravata su due giovani chierichetti. O don Giorgio Mazzoccato, parroco della borgata di Arpinova, a due passi da Foggia, condannato a sei anni di reclusione per aver molestato e abusato di 10 bambine e bambini dai 7 ai 12 anni, attirandoli in casa sua, dentro il confessionale, durante le gite della parrocchia. E poi don Giuseppe Rassello, don Luciano Michelotti, don Giorgio Carli, don Bruno Puleo, don Romano Dany, don Mauro Stefanoni, don Paolo Pellegrini, don Marco Cerullo. Centinai di preti, centinaia di piccole vittime. Un catalogo lungo, dettagliato, triste.
La Chiesa irlandese nella bufera "Abusi sessuali su migliaia di bimbi"
Rapporto shock: per 40 anni violenze "endemiche" negli istituti religiosi
Scoperti 2500 casi avvenuti tra il 1940 e il 1980. Il primate Brady: "Dispiaciuto profondamente"
di Enrico Franceschini (la Repubblica, 21.05.2009)
LONDRA - È una delle pagine più nere della storia d’Irlanda, e della storia della Chiesa cattolica: l’abuso sessuale sistematico e ampiamente diffuso ai danni di bambini e adolescenti di entrambi i sessi, in scuole, orfanotrofi, riformatori e altri istituti gestiti da ordini religiosi cattolici irlandesi. Una macchia vergognosa, di cui finora si conosceva l’esistenza attraverso documentari televisivi, film di denuncia come il pluripremiato "Magdalene" di qualche anno fa, inchieste dei giornali e indagini preliminari. Ma adesso la Child Abuse Commission, la commissione istituita dall’allora primo ministro irlandese Bertie Ahern, per fare luce su questo indegno scandalo, ha concluso i suoi lavoro dopo nove anni di inchieste e presentato un rapporto che fotografa con esattezza le dimensioni e i dettagli di quanto è avvenuto.
Il risultato suscita orrore: un dossier con le testimonianze di 2500 vittime di violenze, avvenute tra gli anni ‘40 e gli anni ‘80, negli istituti gestiti da preti e suore in Irlanda. Racconti atroci, di uomini e donne oggi adulti che ricordano di essere stati picchiati in ogni parte del corpo con le mani e con ogni tipo di oggetti, seviziati, stuprati, talvolta da più persone contemporaneamente.
E’ la cronaca di una discesa agli inferi, tenuta nascosto per decenni, poi trapelata qui e là, ma solo ora svelata in tutta la sua mostruosa realtà. Che questo sia avvenuto nel paese più cattolico d’Europa, dove la Chiesa ha per lungo tempo sovrastato con la sua influenza ogni aspetto della società civile, è ancora più grave e raccapricciante, commenta la stampa irlandese. Il rapporto non è una lettura facile. «Credevo che mi avrebbero rivoltato le budella», dichiara un testimone. Altri parlano di «predatori sessuali che colpivano sistematicamente e abusavano sessualmente i bambini più vulnerabili». Le vittime erano spesso giovani "difficili", orfani, disabili, abbandonati, che speravano di ricevere dalla Chiesa il conforto che non avevano mai conosciuto e si ritrovavano invece inghiottiti in un feroce cuore di tenebra. La pedofilia e l’abuso sessuale nei confronti dei bambini erano un fatto «endemico», conclude il documento.
Il fatto che questo orrore sia venuto pienamente alla luce, per iniziativa del governo, è un segno di quanto sia cambiata l’Irlanda negli ultimi vent’anni: oggi è colpita come tanti dalla crisi economica, ma è un paese irriconoscibile, trasformato dalla globalizzazione, moderno e aperto. La Chiesa cattolica irlandese piega la testa: il cardinale Sean Brady dice di essere «profondamente dispiaciuto» per gli abusi sessuali. «Mi vergogno che dei bambini abbiano sofferto in un modo così orribile in queste istituzioni», afferma in un comunicato l’arcivescovo di Armagh e Primate di tutta Irlanda.
Tra gli ordini religiosi investigati dalla commissione ci sono anche le Sisters of Our Lady of Charity Refuge, le suore che gestivano la Magdalene Laundry di Dublino, il soggetto dell’omonimo film del 2002. Ma le resistenze di associazioni religiose e del ministero dell’Istruzione hanno prolungato l’inchiesta, cosicché molti dei carnefici sono già morti; e in base a restrizioni legali la commissione non ha potuto nominarli, tranne nei rari casi in cui un prete o una suora abbia già subito una condanna giudiziaria.
Botte, umiliazioni e violenze sessuali nei racconti degli ex bambini
Sadie, Thomas e gli altri "Eravamo i loro schiavi"
di e. f. (la Repubblica, 21.05.2009)
LONDRA - Sadie O’Meara aveva 15 anni quando gli ispettori dell’assistenza sociale la strapparono alla madre, che non era sposata - una colpa imperdonabile nell’Irlanda bigotta e clericale del primo dopoguerra - e la consegnarono alle Sisters of Our Lady of Charuty of Refuge, le Magdalene Sisters, le famigerate suore protagoniste del film che tanto scalpore ha suscitato quando è apparso nelle sale di tutto il mondo nel 2002. «Mi misero a lavorare in una delle "Magdalene Laundries", le lavanderie dove ragazze orfane o private della famiglia venivano sfruttate come schiave», racconta. «Ci facevano alzare alle sei del mattino, marciare in un cortile, assistere alla messa, senza mangiare un boccone e neanche bere un bicchiere d’acqua. Ogni mattina c’erano ragazze che svenivano in chiesa per la debolezza». Sadie è una dei testimoni che hanno parlato con la commissione governativa d’inchiesta, per la compilazione del rapporto di 2500 pagine pubblicato ieri a Dublino. «Dormivo in una cella simile a quella di una prigione. La notte mi chiudevano dentro a chiave. C’era un letto di ferro e un secchio d’acqua come unica forma d’igiene. C’erano sbarre alla finestra, da cui si vedeva solo un grigio cortile. Il cibo era immangiabile. E poi la cosa peggiore erano le botte, le umiliazioni costanti, le violenze sessuali. Mia madre morì mentre ero dentro, non me lo dissero nemmeno».
Una sua compagna di sofferenze, che preferisce non rendere pubblico il proprio nome, testimonia gli abusi sessuali a cui era sottoposta dalle suore del medesimo istituto. «Scrissi una lettera per rivelare cosa stava accadendo lì dentro e riuscii a darla a un uomo che ci portava il pane. Ma lui la restituì alla madre superiora, che mi convocò nel suo studio e mi fece picchiare così selvaggiamente da aprirmi delle ferite nella carne viva delle gambe».
Thomas Wall, un orfano di Limerick, fu affidato all’orfanatrofio dei Christian Brothers all’età di tre anni. «Da quando ne avevo otto, fui abusato sessualmente e violentato dai sacerdoti dell’istituto», racconta. «Se piacevi a qualcuno, era finita, non avevi scampo. Non c’era modo di nascondersi o difendersi, avevano accesso a te 24 ore su 24. Mi sono rimaste le cicatrici delle percosse che ho subito». Tom Hayes, anche lui orfano, finì nel medesimo orfanotrofio, ma oltre alle violenze dei preti gli toccarono quelle dei ragazzi più grandi: «Era la norma essere svegliato nel mezzo della notte e stuprato dai tuoi compagni. Da adulto non sono più riuscito ad avere rapporti normali». Dice John Kelly, un’altra vittima di abusi sessuali: «Il Rapporto non basta. Vogliamo che quegli istituti siano perseguiti e puniti dalla giustizia».
L’inchiesta del governo accusa gli istituti cattolici
Un rapporto di 2575 pagine. «Intervenga il Pontefice»
«Migliaia di casi». Il cardinale Brady: provo vergogna
di Fabio Cavalera (Corriere della Sera, 21.05.2009)
LONDRA - Thomas Wall è oggi un signore di sessant’anni e porta dentro di sé l’incubo di quelle giornate trascorse nella scuola-riformatorio gestita dalla congregazione dei «Fratrum Christianorum», i Brother Christians di Glin, la città irlandese sul fiume Shannon. Lì dentro la vita quotidiana era segnata dagli orrori. «Ero un bambino e ogni giorno un presule abusava di me. No, non c’era modo di evitarlo, era così per tutti, ventiquattro ore su ventiquattro, la tua intimità veniva violata». E i piccoli dovevano piegarsi alle perversioni degli uomini di Chiesa o dei compagni più grandi che avevano la «supervisione» notturna sulle camerate.
Accadeva pure negli altri istituti della contea di Limerick, sempre sotto l’insegna dei «Fratrum Chritianorum» il cui motto è «Facere e docere», fare e insegnare. Ma ciò che facevano e insegnavano era qualcosa di orribile, di disgustoso. Come anche in altri collegi dell’Irlanda: ad esempio governati dalle «Sorelle della Pietà» le quali scambiavano le opere di bene per un diritto assoluto di appropriazione dei minori che imprigionavano. Sadie O’Meara era un’adolescente: «Mi rinchiudevano a chiave la sera, il cibo era fetente, alle finestre c’erano le sbarre, mi maltrattavano, non mi dissero neppure che mia madre era morta». Era questa la regola: scuole lager, orfanotrofi lager.
Un rapporto choc di 2575 pagine e si alza il sipario su un teatro raccapricciante nel quale «stupri, molestie e abusi erano endemici». È durata nove anni l’inchiesta della commissione presieduta dal giudice dell’alta corte, Sean Ryan, e alla fine i risultati rivelano che le «industrial schools» irlandesi per 35 mila bambini e ragazzi abbandonati o in difficoltà, devianti o senza più i genitori, un network di 250 istituti organizzati dagli ordini religiosi cattolici per oltre mezzo secolo, fino alla chiusura decisa negli Anni Novanta, sono stati il palcoscenico segreto di crudeltà «che avevano lo scopo di provocare dolore e umiliazione».
Centinaia di testimonianze descrivono il clima di schiavitù e di terrore. In una scuola della contea di Galway, remota, fondata nel 1885, per decenni tre presuli si sono accaniti contro i giovani. In un’altra la «San Giuseppe » per i sordi, a Cabra, i superiori hanno coperto, persino davanti agli ispettori, le scorribande punitive sugli ospiti. Sei riformatori hanno accolto mister John Brander, un educatore. Solamente di facciata. Era un «serial sexual and physical abuser», un maniaco violento. Fino a che ha concluso la «carriera » in prigione. E al riformatorio di San Patrizio tenevano addirittura un registro con il diario delle punizioni corporali inflitte dallo «staff religioso». Nella istituzione controllata dalle «Sorelle della Pietà», nella contea di Waterford, i ragazzi e le ragazze erano malnutriti, in compenso riempiti di alcol.
Uno scandalo che sconquassa la Chiesa cattolica nel Regno Unito. Quasi tutti i responsabili degli abusi e delle violenze sono garantiti da «immunità penale » perché nel 2004 la magistratura, su appello delle Congregazioni, assicurò l’anonimato degli aguzzini. Ora i vertici ecclesiali invocano il perdono, promettono il repulisti. Il Primate della Chiesa irlandese, Sean Brady, è esplicito: «Provo vergogna». Il comitato che tutela le vittime delle violenze scoperte dalla commisione si ribella. «Tocca al Papa convocare un concistoro speciale per investigare le attività della Chiesa cattolica in Irlanda».
Pedofilia, travolto il segretario di tre Papi
Troppe accuse, si dimette Magee, in Vaticano da Paolo VI a Wojtyla
di Pietro Del Re (la Repubblica, 08.03.2009)
Segretario privato di ben tre papi, tra cui Giovanni Paolo II, il vescovo irlandese John Magee è stato costretto ieri a dimettersi, travolto da un’inchiesta su presunti casi di pedofilia. Magee, vescovo dal 1987 di Cloyne, nel sud dell’Irlanda, si è trovato al centro di uno scandalo scoppiato nella sua diocesi su presunti abusi sessuali su minori da parte di preti. Negli ultimi anni, la Chiesa cattolica irlandese è stata sconvolta da diversi episodi di pedofilia ed accusata di aver coperto alcuni di questi casi. Più volte, le autorità ecclesiastiche si sarebbero limitate a spostare di parrocchia i preti accusati degli abusi dai minori. Lo scorso dicembre, proprio il vescovo Magee fu criticato dal "Comitato nazionale per la salvaguardia dei bambini" per il caso di due preti della diocesi di Cloyne accusati di violenze su minori. Nei confronti di quei religiosi non era stata adottata nessuna sanzione ecclesiastica. Solo nel 2008, ventisei diocesi irlandesi hanno sporto cinquantasei denunce per abuso, una ventina delle quali coinvolgevano preti già deceduti. Un solo prete è stato incriminato. Queste ed altre vicende hanno seriamente intaccato l’autorità morale della Chiesa cattolica irlandese.
Lo scorso 4 febbraio il vescovo Magee avrebbe chiesto direttamente al papa Benedetto XVI di nominare un amministratore apostolico per gestire la diocesi fino a quando non sarà nominato un nuovo vicario. Per ricoprire questo ruolo, il Vaticano ha scelto l’arcivescovo Dermot Clifford. «La rapidità con cui il Santo padre ha preso questa decisione indica l’importanza che la Chiesa accorda alla salvaguardia dei bambini e quanto abbia a cuore i bisogni delle vittime», ha dichiarato il cardinale Sean Brady, primate d’Irlanda. Un prelato della diocesi di Cloyne ha detto che «questa nomina consentirà al vescovo Magee di cooperare pienamente con la commissione d’inchiesta voluta dal governo irlandese per far luce sugli abusi commessi sui bambini».
John Magee è nato nel 1936 in Irlanda ed è stato segretario privato di ben tre papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Nel 1992 papa Wojtyla lo nominò Maestro di cerimonie pontificie.
Irlanda
Il vescovo lascia per un’inchiesta su abusi che ha coinvolto la diocesi
Pedofilia, si dimette l’ex segretario di tre papi
Magee ha assistito da Paolo VI a Wojtyla. Trovò Luciani morto
La decisione per le critiche su come ha gestito lo scandalo che ha travolto la diocesi di Cloyne
di Mario Porqueddu (Corriere della Sera, 08.03.2009)
John Magee è nato nel 1936 in Irlanda ed è stato segretario privato di ben tre Papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I (fu lui a trovare il cadavere del Pontefice) e Giovanni Paolo II. Nel 1982 è stato nominato Maestro di cerimonie pontificie. Attualmente è vescovo di Cloyne, nel sud dell’Irlanda
Dagli Stati Uniti all’Austria
È a Boston che si è consumato il più grosso scandalo pedofilia che ha coinvolto la Chiesa cattolica: nel 2002 fu costretto alle dimissioni il cardinale Bernard Law. Ma lo scandalo ha interessato, in modo pesante, anche la California: nel luglio del 2007 l’arcidiocesi di Los Angeles dovette stanziare 600 milioni come risarcimento per 508 vittime di preti pedofili. Dagli Usa al Brasile, dove centinaia di preti sono stati coinvolti in casi di «cattiva condotta sessuale». Infine l’Austria: nel 2004 nel seminario di Sankt Polten (poi chiuso) si sarebbero svolti festivi gay e scaricate dal Web foto pedofile
MILANO - Il vescovo irlandese John Magee si è dimesso ieri dopo essere stato travolto dalle polemiche per come aveva gestito un’inchiesta su presunti casi di pedofilia nella sua diocesi. Magee è stato segretario privato di tre pontefici, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Fu lui il primo a vedere il cadavere di papa Luciani. E nel 1982 fu nominato Maestro di cerimonie pontificie.
Nato nel 1936 in Irlanda, Magee fino a ieri era il vescovo di Cloyne, nel sud del Paese. Proprio nella diocesi che reggeva dal 1987 alla fine dell’anno scorso è scoppiato uno scandalo su presunti abusi sessuali nei confronti di minori. Il 19 dicembre era stato pubblicato il «rapporto Cloyne», preparato dall’organismo della Chiesa cattolica che si occupa di salvaguardia dei bambini, una struttura messa in piedi dalla Chiesa ma indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche.
Il rapporto
Secondo quel rapporto, le pratiche di protezione dei minori a Cloyne sarebbero state «inadeguate e sotto certi aspetti dannose», e proprio per questo i bambini erano stati «messi a rischio ». Il 7 gennaio una commissione d’inchiesta dell’arcidiocesi di Dublino è stata incaricata di esaminare quello che accadeva nella diocesi retta da John Magee. Una settimana più tardi il cardinale Sean Brady, primate cattolico, aveva risposto a chi pretendeva le dimissioni del vescovo, spiegando che Magee aveva promesso «cambiamenti e progressi nella sua diocesi». Ma le polemiche non si erano fermate. In particolare, da parte dei portavoce dell’associazione «One in four» che supporta le vittime di abusi sessuali, che invocava l’intervento del governo. Pare che il 4 febbraio Magee si sia rivolto direttamente al Vaticano preannunciando l’intenzione di dimettersi e chiedendo di nominare un «amministratore apostolico» che gestisca la diocesi in vece sua.
Il commiato
«Mi sono impegnato a collaborare in tutti i modi con il lavoro della Commissione d’inchiesta - ha detto ieri sera Magee parlando ai fedeli raccolti a messa nella cattedrale di St. Colman -. Sono consapevole del fatto che dovendo dedicare tempo ed energie a questo scopo, condurre la normale attività di amministrazione della diocesi diventerebbe molto complicato ». È stato il suo commiato. Magee mantiene la carica di vescovo. Ma un comunicato diffuso ieri dalla conferenza episcopale irlandese ha già annunciato che papa Benedetto XVI ha stabilito che sia sostituito alla guida della diocesi di Cloyne dall’arcivescovo di Cashel ed Emly, Dermot Clifford. «Darò tutti i contributi necessari alla Commissione d’inchiesta» ha detto Clifford.
Le polemiche
«La decisione del Santo Padre - ha spiegato il primate Brady - è un’indicazione di quanto per la Chiesa siano importanti la tutela dei minori e il prendersi cura delle vittime». Negli ultimi anni l’autorità della Chiesa cattolica irlandese è stata toccata da diversi episodi di pedofilia e di abusi sessuali. In particolare, le gerarchie ecclesiastiche erano state accusate di aver coperto alcuni di questi casi, trasferendo altrove i preti finiti sotto accusa.
In Irlanda realizzato un database sugli abusi sessuali dei chierici
Riprendiamo questo articolo dal sito IFGonline
Irlanda: database su abusi sessuali dei chierici *
L’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin dà il benvenuto alle “Linee guida per la salvaguardia dell’infanzia”, che saranno a breve pubblicate dal Comitato nazionale per la tutela dei bambini nella Chiesa cattolica (Nbsccc). Il report comprenderà anche un database degli abusi sessuali commessi dai chierici: solo nel 2008, ventisei diocesi irlandesi hanno sporto 56 denunce per abuso, 21 delle quali coinvolgevano preti già deceduti. Un prete è stato incriminato.
Per monsignor Martin «è spaventoso» che non sia possibile stabilire l’esatto numero di abusi sessuali in ogni diocesi: i report sono attualmente inaffidabili e lacunosi. Ha, poi, chiesto agli altri vescovi e alle autorità religiose locali severità e rigore nell’applicare, in tutto il paese, le linee guida della Chiesa cattolica. «Questo documento», ha detto Martin, «costituisce un passo importante nella ricerca, da parte della chiesa irlandese, di maggiori tutele per l’infanzia. È un segnale di speranza per il futuro».
L’aspetto più scottante (e significativo) delle linee guida è il nuovo database che raccoglierà tutte le denunce di abusi contro preti e figure religiose, sulla base di informazioni raccolte ogni due mesi nelle diocesi e nelle congregazioni. L’obiettivo è, in generale, di coltivare una «più matura cultura della responsabilità all’interno della Chiesa»; la nuova politica scritta servirà, inoltre, a suggerire procedure e modalità di risposta alle accuse e ai sospetti.
Il Comitato nazionale ha rinnovato la fiducia nelle diocesi irlandesi, certo che d’ora in poi riferiranno ogni denuncia di abuso: le linee guida servono, infatti, a eliminare ogni ambiguità nella tutela dell’infanzia. «Chiunque possegga informazioni riguardanti sospetti, accuse e denunce è responsabile e rigorosamente tenuto a renderle note: ora non ci saranno più equivoci né ipocrisia», ha commentato il cardinale Sean Brady. «Le linee guida testimoniano l’irremovibile decisione della chiesa di proteggere i bambini in qualsiasi modo». La Chiesa cattolica irlandese si assume così la responsabilità di passare ogni informazione, concernente la protezione dei minori, alle autorità civili, anche qualora le accuse o i sospetti non coinvolgano direttamente membri ecclesiastici.
Gli impegni assunti dai vescovi irlandesi sono giunti a conclusione di un incontro sulla salvaguardia e tutela dei bambini: dibattito sollevato dalla recente decisione del Ministro per l’infanzia di avviare un’inchiesta sui casi di abusi nella diocesi di Cloyne. Questa diocesi ha, accuratamente, evitato di commentare l’adozione delle linee guida: reticenza che ha scatenato le ire delle vittime di abusi sessuali. «È difficile restare ottimisti basandosi sugli eventi passati», ha commentato Marie Collins, una delle vittime di violenza da parte di un prete quando era bambina. «Finché non sarà dimostrato che la realtà è davvero cambiata, è duro avere speranza e ancor più duro entusiasmarsi per la stesura di nuove linee guida».
Camilla Tagliabue
In Irlanda il papa potrebbe trovarsi di fronte a forti proteste sugli abusi sessuali *
Traduzione di Stefania Salomone
10 marzo 2008
LA prima visita del papa in Irlanda dopo 29 anni potrebbe essere guastata dalle proteste qualora il papa si rifiutasse di incontrare le vittime degli abusi sessuali dei preti.
Una organizzazione che rappresenta le vittime dei preti pedofili ha scritto alla Conferenza Episcopale irlandese, chiedendo un incontro con papa Benedetto XVI durante la visita prevista per il prossimo anno.
I vescovi dovrebbero ricevere l’avviso durante una sessione speciale tenuta in data odierna per discutere svariate tematiche, ivi inclusi gli scandali della pedofilia.
Sean O’Conaill, coordinatore irlandese di Voice of the Faithful, che comprende preti cattolici e vittime di abusi, ha dichiarato che se i vescovi rifiutassero di organizzare l’incontro tra le vittime e il pontefice, sarebbe un vergognoso oltraggio. "In una situazione di questo tipo saremmo costretti a prendere in considerazione una protesta durante la visita papale. Un boicottaggio silenzioso rimarrebbe inascoltato. Ma sarebbero molto serie le ripercussioni di una reale protesta". Ha aggiunto che l’organizzazione affiliata nell’area Atlantica, Voice of the Faithful USA, considererà un’azione simile se il papa rifiuterà di incontrare i suoi membri durante la visita negli Stati Uniti.
O’Conaill ha affermato: "E’ impensabile che papa Benedetto XVI visiti l’Irlanda in un prossimo futuro senza menzionare il tradimento avvenuto nei confronti dei bambini. Se lasciasse l’Irlanda senza un incontro, un dialogo, una riunione con i rappresentanti delle vittime, questo sarebbe l’ennesimo segnale di tradimento e la prova certa che i nostri leader ecclesiastici non mettono in pratica il principio di eguale dignità di tutti i membri della chiesa. Tale visita non sarebbe un segnale di rivitalizzazione della chiesa irlandese, ma il definitivo trionfo del diniego e della fuga, e la fine di qualunque iniziativa di "Nuova Evangelizzazione" dell’Irlanda".
Gli scandali dei preti pedofili irlandesi hanno fatto si che l’influenza della chiesa cattolica sia diminuita nell’ultimo decennio. La frequentazione della messa, nei centri a maggiore densità di popolazione, in particolare a Dublino, è sempre più bassa. Al contempo, il presbiterato irlandese sembra avviarsi al suo definitivo declino. Secondo il Catholic News Service, entro il 2028 in Irlanda ci saranno soltanto 1.500 preti. Lo scorso anno sono stati ordinati solo 9 nuovi preti in tutta l’Irlanda.
* Il dialogo, Martedì, 11 marzo 2008
Le mele marce impazzano
Aumenta a dismisura il numero dei vescovi beccati mentre si comportavano in modo poco consono al loro ruolo e costretti alle dimissioni.
Fonte: http://www.resistenzalaica.it/index.php?option=com_content&task=view&id=486&Itemid=1
Il sesso si sta facendo strada a tutti i livelli persino nelle strutture clericali che sembravano destinate a esserne indenni. Respinto finora al grido "Vade retro, Satana", oggi ha vinto la sua millenaria battaglia, conseguendo l’ambizioso obiettivo di distruggere la dignità dei prelati che occupano gli scranni più alti nella scala gerarchica. Da un timeline del sito dei "Sopravvissuti agli abusi del clero", che riporta notizie riprese dai network di tutto il mondo, apprendiamo che il frutto proibito è così gustoso che neppure i vescovi riescono più a resistere al suo richiamo. Costoro sceglievano le persone da violentare tra donne sole, preti sottomessi, orfani, genitori vhe vivevano nella miseria più nera e parrocchiane bisognose di affetto. Hanno abusato dei preti che dipendevano da loro, ad esempio, Patrick Ziemann, Rembert Weakland, Bernard Law e Julius Paetz. Il primo è stato accusato da un prete che aveva rubato i fondi della parrocchia di averlo sodomizzato per punirlo di quanto aveva fatto, ma il vescovo ha obiettato che col tempo la relazione era diventata consensuale, come se questo costituisse una esimente. Il secondo ha messo a tacere con 450.000 dollari un suo dipendente che aveva violentato attirandolo in una trappola. Gli altri due si sono limitati a molestare un discreto numero di preti che appartevano alla loro parrocchia.
Hanno ingravidato le loro parrocchiane, tradendo la loro fiducia, Eugene Marino, Robert Sanchez, James Mc Carthy, HansJoerg Vogel, Robert Wright. Sono stati condannati per pedofilia Keith Symmons, Antony O’ Connell, Kendrick Williams, Hubert O’ Connor, Hans Herman Groer e Edgardo Storni, per aver perseguitato per anni ragazzi e ragazze, studenti e seminaristi di tutte le età e appartenenti a tutte le parrocchie dei dintorni. Sono stati accusati di aver nascosto gli abusi dei loro preti Thomas O’ Brien, Alfonso Penney, John Aloysius Ward e Brendon Komiskey. Casi particolari sono quelli di Eamon Casey e Franziscus Eisenback. Il primo ha confessato di aver comprato il silenzio della madre di un bambino di cui si era incapricciato e il secondo ha approfittato di una donna che fingeva di esorcizzare.
La stranezza dei comportamenti e gli eccessi a cui si sono lasciati andare prelati tenuti nella più alta considerazione per la loro specchiata condotta fa pensare ai crolli morali improvvisi e spaventosi che preannunciano la fine di una civiltà.
* Il dialogo.org, Mercoledì, 26 settembre 2007
OFFENSIVA LEGALE DEL VATICANO
Un Perry Mason per i preti pedofili
All’americano Lena il contenzioso sugli abusi sessuali
di FILIPPO DI GIACOMO (La Stampa, 4/11/2007 - 8:30).
ROMA. Sulla porta dell’ufficio che occuperà, nella segreteria di Stato vaticana, c’è già il suo nome. Si chiama Jeffrey Lena l’avvocato americano che la Santa Sede ha assunto per occuparsi del contenzioso che la oppone, in vari stati del mondo, alle vittime di abusi sessuali da parte di preti. Questa, la motivazione ufficiale. Quella ufficiosa, suggerita dai fatti recentemente accaduti anche dentro le mura leonine, appare confermata dalla collocazione dell’ufficio dell’avvocato Lena, situato a metà strada tra la sezione amministrativa e quella legale del Vaticano. Insomma, una sorta di addentellato dell’ufficio del personale e di quello disciplinare, per un problema che sembra decisamente avviarsi ad essere seriamente preso in mano. La Chiesa Cattolica è l’unica confessione cristiana ad avere un sistema di archivi completo e preciso. E dall’analisi delle cartelle dei 150 mila sacerdoti e religiosi che hanno servito la Chiesa negli Usa dagli Anni Sessanta al 1980, risulta che le accuse di pedofilia hanno colpito circa 500 persone, quindi lo 0,3% del clero e dei religiosi. Le accuse che poi sono state anche provate, fanno scendere la statistica allo 0,2%. I dati americani risultano confermati anche dallo studio incrociato condotto negli archivi di altre circoscrizioni ecclesiastiche.
Tuttavia, gli stessi studi, fanno emergere una situazione più complessa sulla presenza di ministri consacrati di indole omosessuale. Quanti siano, non è dato sapere. Qualche anno fa Donald Cozzens, il rettore del seminario cattolico di Cleveland, in The Changing Face of the Priesthood, riportava tassi che oscillavano dal 23 al 80%. Un altro studioso, Leon J. Podles, suggerisce invece, probabilmente in modo più compiuto, che il tasso tra gli ordinati attualmente in servizio si attesta sotto il 20%, cioè con una percentuale da 7 a 8 volte maggiore rispetto a quello della popolazione generale. Come sostiene Michael Rose nel suo libro Goodbye! Good Men, c’è un’attiva sub-cultura omosessuale dentro la Chiesa Cattolica. Frutto, secondo molti, della confusione conseguente alla rivoluzione sessuale degli Anni 60 associata ai tumulti dottrinali e disciplinari conseguenti al Concilio Vaticano II ed alla maggiore approvazione del comportamento omosessuale nella società. Il tutto, in un mix che ha facilitato agli omosessuali attivi l’ammissione al sacerdozio e, non di rado, ha creato l’ambiente per la loro cooptazione ad incarichi importanti. Con le strutture vaticane ormai non in condizione, per ovvi motivi, di controllare alcuno, il compito dell’avvocato Jeffrey Lena appare importante e, probabilmente, destinato a diventare presto assai ingrato.
Così appare anche il lavoro che il cardinale Giovan Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi, sta svolgendo in questo particolare momento della vita della Chiesa. Voci insistenti lo danno prossimo alla cessazione dell’incarico per un oscuro intreccio con le vicende del suo amico Antonio Fazio e di altri personaggi coinvolti in bancopoli. Un quotidiano lo aveva indicato, qualche mese fa, destinatario del fervorino che un Fiorani, appena uscito dal carcere avrebbe indirizzato a un non meglio precisato porporato: «Voi vedete uno che vi dà i soldi, come io v’ho sempre dato i soldi in contanti, e tutto andava bene. Poi, quando una persona è in disgrazia non fate neanche una chiamata a sua moglie per sapere se sta bene o se sta male». La risposta del porporato sarebbe stata: «La Chiesa è fatta di uomini e gli uomini sbagliano». E Fiorani, di rimando: «Sì, è vero, è fatta di uomini, ma io sto parlando con lei, non sto parlando con un parroco di campagna».
Perché poi, notizie non pubblicate di recente tornino a circolare ogni volta che la Santa Sede deve provvedere ad una nomina importante, sembra abbastanza facile da spiegare. Ormai è chiaro che l’edizione ecclesiastica del manuale Cencelli non funziona più. E la Congregazione dei Vescovi ha ripreso a fare il proprio mestiere. Monsignor Domenico Segalini, il vero organizzatore della giornata mondiale della gioventù del 2000, conterraneo e amico del cardinale Re, è stato nominato ieri assistente generale dell’Azione Cattolica. Il Papa lo ha preferito a don Gianni Ambrosio, ruiniano, attuale assistente spirituale della Cattolica di Milano. A Palestrina, diocesi finora retta da monsignor Segalini, potrebbe essere destinato uno di quei personaggi che la regola del promoveatur ut amoveatur vorrebbe già allontanati da Roma.
Preti pedofili
Lettera aperta a don Gelmini
di Fausto Marinetti
Se volete fare un "Gelmini day" fatelo in P.zza San Pietro per chiedere perdono alla vittime dei preti pedofili *
10.8.2007
Caro don Pierino,
all’avvicinarsi del "Gelmini-Day", perché non collaborare con la verità e la giustizia? Sei la persona più indicata, perché hai la stoffa del martire, come dice il tuo portavoce, che ti mette alla pari di Cristo, "tradito" come Giuda. Sei un uomo votato agli altri, che non ha neppure bisogno del "santo subito". Sei uno che sfida tutti quanti, Dio compreso: «A costo di strisciare per terra, voglio andare avanti. Cadrò quando Dio vorrà, ma rimarrò in mezzo ai miei ragazzi, qualsiasi cosa pensino di me».
E allora, affinché la tua apoteosi sia piena, perché, invece di cantare le tue litanie ad ogni comunicato stampa, non inviti tutti gli abusati a venire alla luce? Suvvia, sottoponiti spontaneamente a una specie di prova del fuoco. Sii tu a lanciare una santa proposta o, se vuoi, una crociata: in tutte le chiese le vittime di qualsiasi pedofilia siano esortate a farsi avanti; si metta su tutti i blog cattolici e non-cattolici un invito a ripulire la chiesa dalla "sporcizia" dei preti pedofili; ogni episcopio, ogni parrocchia abbia un numero verde per le vittime. Non sarebbe il più bel servizio di testimonianza ai tuoi figli e aficionados? Non sarebbe il segno più efficace che prendi sul serio quel Cristo, che grida ancora: "Chi scandalizza un bambino meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi in mare"?
Stai tranquillo, sei al sicuro nella mani di Dio e della magistratura umana. Chi non ha debiti da saldare non ha bisogno di sbraitare, attaccare ebrei, massoni, gay, "magistrati mascalzoni", ecc. Hai visto? Le tue esternazioni hanno fatto un certo effetto perfino al tuo avvocato, perché sei "ingestibile". Anche qualche prelato, a titolo personale (secondo lo stile della diplomazia vaticana) ti invita a metterti da parte. Come mai a te non viene applicata la regola d’oro della "tolleranza zero"? Il manuale dei prelati americani (loro si, che se ne intendono) prevede che il solo sospetto di abusi sessuali su minori, è sufficiente per mettere subito il prete in isolamento. Una misura precauzionale (non è mai troppa) per prevenire possibili ricadute e perché fedeli e genitori hanno diritto alla massima sicurezza dei loro figli, siano essi chierichetti, ragazzini del catechismo, seminaristi, tossici, ecc. E allora perché a te è riservato un trattamento speciale, per cui non ti viene imposto, ma sei "invitato" a tirarti da parte? [Vale la pena ricordarti che don Zeno, al quale pensi di assomigliare, non solo aveva in orrore qualsiasi forma di assistenzialismo, ma riteneva che l’unico ambiente educativo è la famiglia di origine o adottiva. E’ evidente che la presenza di uomini e donne previene le aberrazioni degli ambienti a sesso unico, comunità terapeutiche e seminari compresi, che negli USA si sono rivelati vivai di omosessualismo; che ogni comunità è bene sia gestita da adulti e sia sotto il controllo dei laici, ecc.]
L’hanno capita anche in Vaticano: un’eccessiva auto-esaltazione rischia di essere, quantomeno, sospetta: "Chi troppo si loda, s’imbroda". Ti invitano a fare un passo indietro e tu ne fai due in avanti, paragonandoti ai "martiri", che hanno sofferto per mano di santa madre chiesa, come don Orione, p. Pio, don Zeno di Nomadelfia. Non è vano ricordare la saggezza popolare: "Scherza con i fanti, non con i santi". Zeno prendeva i soldi dai ricchi, ma gli diceva in faccia: "I soldi non sono vostri, ma del popolo che lavora, suda e soffre". Non li blandiva con pagelle e onorificenze; non dedicava loro lapidi di benemerenza, ma, mentre con una mano prendeva i soldi, con l’altra puntava il dito, ricordando loro: "Il ricco? O iniquo o erede di un iniquo". Nessun vescovo ha mosso un dito per difendere Zeno "nell’ora di Barabba". L’hanno affogato, perché urlava ai politici (alleati, fin da allora, con la gerarchia ecclesiastica) il dovere della giustizia. Gridava in faccia agli uni e agli altri, come Giovanni Battista: "Fate i conti, fate i conti. Le calcolatrici davanti al confessionale! Senza giustizia non si può neanche parlare di cristianesimo". Per questo l’hanno eliminato.
Converrai che i tuoi fans, devoti, ammiratori, anche se per lo più fascisti o di destra (con qualche ingenuo sinistrorso), dovrebbero almeno stupire della tua tanto esaltata "Cristo-terapia". Che la religione offra delle buone ragioni per delle esistenze distrutte dalla "felicità chimica" è un conto, ma ridurre il Cristo ad una ricetta magica è un altro: lui non è venuto a rubare il lavoro a psicoterapeuti, psicologi e psichiatri (sarà utile rileggersi il testo di Marco Salvia, il quale ha affermato di aver voluto descrivere proprio te...).
Non si può mettere in dubbio la tua generosità: 250 case di recupero, 300.000 assistiti, salti mortali per i 5 continenti, zelo "eccessivo" per aiutare i "poveri drogati", ecc. Se hai fatto tanto del bene, non devi avere paura di niente, vero? E allora? Allora non senti quello che ti suggeriscono le vittime della pedofilia, comprese quelle che ti hanno denunciato?
"Caro don,
perché non vai fino in fondo al tuo cammino di gloria? La vita ti ha dato tutto: macchine, ville, soldi, soddisfazioni, gratificazioni, amici "onnipotenti", ecc. Di noi, gli intimi, quelli che più ti hanno dato soddisfazioni spirituali, hai detto tutto il male che hai potuto. Ci hai definito "quei quattro farabutti, quegli sbandati, quei delinquenti...". Ce lo meritiamo, certo, ma non siamo sempre tuoi figli? Noi, tutti i violentati dai preti (senza allusione a te, aspettiamo il giudizio degli addetti ai lavori), abbiamo perso tutto, anche noi stessi, non abbiamo più niente da perdere.
Allora ti facciamo una proposta: alle tue benemerenze ne manca una sola, un gesto coraggioso, degno di te. Lo vedi?, ad ogni momento, viene fuori "un pezzo" di pedofilia clericale. Perché, sia pur innocente, non prendi in mano la bandiera degli "agnelli immolati"? Fino a quando non si avrà la forza di chiedere perdono a chi è stato distrutto non solo nel corpo, ma anche nell’anima dai rappresentanti di Dio, come potremo credergli? Se sei buono, come affermano i tuoi devoti ("È un padre e un santo"), perché non prendi l’iniziativa?
Lo sai: chi è stato "assassinato nell’anima", solo dopo anni di tortura interiore, di incubo notturno ha il coraggio di buttare fuori la verità. Se proprio i tuoi figli e ammiratori ci tengono, se proprio un "Gelmini-day" s’ha da fare, ebbene facciamolo come si conviene ad un patriarca come te: in piazza S. Pietro con tutte le tv del mondo.
Ma, sia chiaro, stiano a casa i leccapiedi. Solo tu, con il papa, i cardinali, i vescovi e noi, le vittime dei vizietti clericali, con i nostri parenti ed amici. Voi, sommi sacerdoti, vestiti di sacco, la testa coperta di cenere, vi inginocchierete davanti a noi (tutti gli abusati del mondo, compresi quei dieci, che ti hanno denunciato), ci laverete i piedi, li bacerete (quelli sì) e direte, urbi et orbi: "Vi chiediamo perdono in nome dei nostri confratelli preti e vescovi, che hanno calpestato anime fragili, le quali hanno visto in noi dei padri, che si sono rivelati dei traditori; chiediamo perdono per non aver fatto tutto quello che era in nostro potere per prevenire il delitto. E siccome non basta chiedere scusa a parole, ci impegniamo a risarcire i danni per giustizia. Vogliamo riparare le nostre colpe. Vi chiediamo perdono anche di avervi calunniato, dicendo che siete dei farabutti, sporchi ricattatori, che volete il nostro denaro (che è dei fedeli, dei genitori delle vittime e dei benefattori). Vi spetta per diritto, non per elemosina: un dovuto atto di GIUSTIZIA.
Noi, le vittime, solo a queste condizioni, assolveremo preti e prelati, alleggerendo la vostra coscienza e vi daremo la giusta penitenza: pane ed acqua per il resto dei vostri giorni. Ma non potremo opporci, anche se lo volessimo, al corso della giustizia, il quale non può che finire in una santa prigione. Solo lì la vostra coscienza troverà pace, lavandosi, giorno e notte con lacrime di dolore.
Così sia".
PS. Notizia dell’ultima ora: il portavoce di don Gelmini, Alessandro Meluzzi, dirotta l’annunciato "Gelmini-day" su un giorno di festa e di preghiera ad uno dei protettori della comunità: S. Michele Arcangelo, perché è "l’unico che può sconfiggere i demoni che stanno arrivando da ogni parte".
"Caro don, anche noi pregheremo con te, per te. Ma la proposta di cui sopra, è sempre valida, anzi raccomandabile".
Preti pedofili
Un unico messaggio per le vittime: uscite dal silenzio e denunciate.
di Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Dalle vittime che sono uscite dal silenzio arriva l’appello alle vittime che vivono in silenzio: liberatevi di questo peso.
“Non abbiate paura di uscire fuori!”.
È l’appello lanciato dall’Associazione per la Mobilitazione Sociale rivolto a tutte le vittime della pedofilia. “Dobbiamo uscire dal silenzio per sconfiggere il muro di omertà attorno agli abusi” a parlare è una ex vittima, Marco Marchese, oggi presidente dell’AMS ONLUS, di cui fanno parte anche altre vittime di abusi.
L’AMS interviene proprio a seguito dell’ennesimo caso scoppiato che ha coinvolto un sacerdote: non dobbiamo emettere sentenze di colpevolezza o di assoluzione, la società, tantomeno i politici, non deve schierarsi da una parte o dall’altra, soprattutto in una fase di accertamento giudiziario. Ma è importante che le vittime sappiano che possono uscire dal silenzio anche se il pedofilo veste la tonaca, il camice o altro!
“Abbiamo il dovere di sostenere le vittime - continua Marchese - e in questi giorni ho sentito troppe persone che si sono schierate da parte di presunti pedofili pronti a giurare sulla loro innocenza. Ignoriamo troppo spesso che l’abuso si consuma in silenzio, nel buio e senza testimoni!”
Marchese continua ricordando che in molti casi, le vittime trovano la forza di parlarne solo da adulti e che quasi mai hanno il coraggio di denunciare per paura di non essere creduti!
“Sono tante le persone che ci hanno raccontato la loro esperienza. Si tratta soprattutto di persone fragili che il pedofilo riesce facilmente a soggiogare. Oggi ci siamo attrezzati anche con legali e psicologi, lavorando in sinergie con altre associazioni, perché chi ha subito un abuso ha il diritto e il dovere di denunciare e di essere risarcito”. Dal 2005 ad oggi l’AMS ha raccolto i racconti di 38 persone che hanno vissuto sulla loro pelle il tradimento da parte di chi aveva la loro fiducia, di cui 12 hanno subito abusi da parte di sacerdoti o religiosi. Marchese conclude lanciando un appello agli organi di stampa e a chiunque si trovi a parlare di questi fatti: “Non trattate queste vicende come notizie di cronaca, ma soprattutto date un unico messaggio a tutte le vittime che vivono in silenzio e cioè che possono uscire dal silenzio perché non sono sole! In ogni caso possono scrivere a emailamica@mobilitazionesociale.it ”
L’Associazione invita chiunque abbia subito abusi a chiedere aiuto e soprattutto a denunciare perché abbiamo il dovere di fermare l’orco.
Maggiori info:
Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Via Malaspina 27, Palermo
http://www.mobilitazionesociale.it
info@mobilitazionesociale.it
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* La redazione de "il dialogo" si associa a questo appello e, come già sta facendo, mette a disposizione la sua email redazione@ildialogo.org per chi volesse denunciare gli abusi subiti ma non riesce ancora a trovare il coraggio per farlo. Scriveteci.
Lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale
di Fausto Marinetti *
Caro Bruno Zanin,
grazie per il coraggio di riconoscere di essere un uomo. Non hai paura di te. E neppure "al figlio dell’uomo" fai paura, perché lui, ama ogni figlio d’uomo, qualunque cosa abbia fatto.
Tu non ti riempi la bocca di belle parole come facciamo "noi", uomini di chiesa. Sei quello che sei: "Sì, sì, no, no". Fai parte di quella stirpe, che il Cristo cercava allora come oggi: i pubblicani e le meretrici. E lui ha il coraggio di metterli in prima fila, scandalizzando gli osservanti della legge, i benpensanti, compresi coloro che dicono di "amare la chiesa, perché amano Cristo" (attenzione alla cripto-ipocrisia!). Quelli che antepongono la diplomazia al vangelo, quelli che predicano bene e razzolano male, quelli che impongono agli altri dei pesi che loro non muovono con un dito.
Il tuo coraggio ha dato frutto: altre vittime si sono fatte avanti a raccontare il loro trauma. E’ la riprova della mia ipotesi: se tutte le diocesi mettessero a disposizione un telefono verde, quante altre vittime verrebbero alla luce? Quello che noi vediamo è solo il top dell’iceberg... la "sporcizia" è sotto sotto, ma basta stuzzicarla e viene a galla.
Alcuni hanno rivelato nomi eccellenti, ma sono ancora in "coma emotivo", impigliati nella ragnatela della paura, del tradimento, dell’orrore che li paralizza.
Confessano di non aver neppure la forza di denunciare. Non ne vogliono sapere di andare in tribunale, sarebbe rivivere il Calvario, che stanno tentando di cancellare dalla loro carne. E poi ci sono monsignori intoccabili, una sorta di casta, perché, a volte, si servono delle "opere buone" per coprire i loro delitti. Il brutto è che non sono capaci di gettare la maschera come, invece, fai tu. Ma se è gente che fa professione di fede e di carità; se è gente votata al vangelo, come fa a servire Dio e stuprare i suoi figli? E si fanno chiamare "padri"...
Vedi? Io vengo dal di dentro e conosco certi meccanismi o strategie clericali. Credo che uno dei fattori ai quali imputare questa contraddizione, sia la "troppa verità", che li porta all’arroganza della verità (quella che in passato ha fatto le "sante" crociate, bruciato streghe, condannato Galilei, collaborato con la "conquista" e con la shoà, ecc.). Quanta saggezza nelle parole di Paolo: "Chi sta in piedi non si esalti troppo, perché anche lui può cadere...".
Oh se tutti i Fisichella avessero un po’ di spazio dentro di sé (oltre che per la teologia e il catechismo) per accogliere le vittime! Forse è per la troppa verità di cui sono sazi; forse è per la troppa dottrina, che hanno bisogno di nascondersi dietro agli "operai del bene", che, per fortuna, ci sono ancora tra le loro fila, e spesso tollerati quando non ostacolati, contrariati, ecc.? Tu sai che io sono stato dieci anni con uno perseguitato da loro: Don Zeno, il quale non gliele mandava a dire e, con il suo esempio ha criticato e messo in evidenza certa cultura cattolica che non ha niente a che fare con il vangelo. Non si tratta di virgole, ma di vedere la dignità umana secondo gli occhi e il cuore di Dio. Ti faccio qualche esempio:
1 - La cultura clericale non ha sempre trattato il figlio della ragazza-madre come "figlio del peccato"? E lui ironizzava: "Mai sentito dire che il diavolo abbia fatto dei figli!". Quando veniva accolta in comunità una gestante, ci insegnava che era come un ostensorio della vita e, quindi, dovevamo rispettarla, onorarla e anche venerarla come si venera l’eucarestia.
2 - Nel 1943 all’ombra del Santuario di Pompei trova un istituto con la scritta "Casa dei figli dei carcerati". E lui va in bestia: "Questi bambini non sono i figli dei carcerati, ma i gioielli di Dio Padre, carne battezzata, senza macchia d’origine" (27.2.1943). E quando la comunità verrà sciolta dal braccio secolare, con il beneplacito della S. Sede, circa 700 "figli" sono strappati alle madri e riportati negli istituti, scoppiando dal dolore, dirà: "C’è da meravigliarsi che il clero abbia accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei hanno fatto perfino la Casa dei figli dei carcerati. Una scritta a caratteri cubitali. Tu, prete, hai il coraggio di chiamare così coloro, che Dio ha scelto, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É lecito commettere di questi guai? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità e Cristo continua a dire alla Chiesa: Donna, ecco tuo figlio. E alle vittime: Figli, ecco vostra madre".
3- Di fronte a un’Italia alla fame, nel dopoguerra, scrive a Pio XII: "In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme benestanti e i figli poveri, affamati, ignudi, senza casa. Si è visto e si vede spesso l’inverso. Noi ecclesiastici, padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo quindi contro natura, in peccato, dal quale hanno diritto di difendersi. Vuol cambiare rotta? Io ci sto e chissà quanti ci stanno..." (25.5.1953).
Ma Fisichella crede proprio che basta mascherarsi con le opere buone di madre Teresa per cancellare le migliaia di vittime della pedofilia clericale? Altro che insistere nel dire che si tratta di "casi isolati", di responsabilità personale di alcuni preti che "non dovevano diventare preti"! E quella dei vescovi che li hanno smistati qua e là? E la copertura...
La tua confessione "coram populo" ci invita tutti a gettare la maschera, a riconoscerci semplicemente uomini, a non ritenerci migliori degli altri, perché il nostro vanto è proprio quello di essere della stessa pasta di Adamo, creature fragili e perfettibili. Chi non ha bisogno di farsi perdonare qualche cosa? Perché i prelati non dovrebbero ammetterlo? Per salvare l’immagine? Che cosa è questa benedetta immagine se non, appunto, un’immagine?
Fisichella ha perso un’occasione unica durante la trasmissione di Annozero? Se invece di arrampicarsi sui vetri per difendere a tutti i costi la chiesa, (Cristo non ha bisogno di crociati, vecchi o nuovi), si fosse inginocchiato davanti alla donna stuprata per anni da don Contini, che cosa sarebbe successo? Un’occasione d’oro mancata. Mancanza di coraggio o di fede?
Certo, meglio la diplomazia, l’arte di non perdere la faccia, "l’istituzione va salvata ad ogni costo"! Ma Cristo, altro che faccia...!, non ha perso tutto quanto quando è andato ad "abitare" sul Calvario? Se è vero che vi sta a cuore l’istituzione, perché non prevenire tanto male, tanta aberrazione coltivata nei seminari, tanta cultura sessuofobica, che non vi fa vedere la corporeità, i figli, le donne, ecc. con gli occhi di Dio?
Perché non si ha questo santo coraggio? Perché siamo diventati ecclesio-latri, abbiamo messo la chiesa al posto di Dio? Ma dove esiste nel vangelo il "culto" alla chiesa, al papa, ai principi della Chiesa?
E quanti disastri continua a fare l’idolatria del prete? Cosa non si fa per fargli credere di essere "altro" dal popolo, un diverso, un eletto, un predestinato? Non si è forse elaborata una "dottrina" per metterlo sul piedestallo di Dio stesso?
La teologia distingue tra il sacerdozio di "uomini speciali" e il "sacerdozio comune dei fedeli". Al sacerdote sono affidati poteri essenziali per la salvezza: celebrare l’eucarestia e perdonare in nome di Dio. Il concilio di Trento dichiara: "Se uno dice che nel Nuovo Testamento non c’è traccia visibile del sacerdozio e del potere di consacrare il corpo e il sangue di Cristo e di rimettere i peccati, sia anatema" (n°. 961). Il celibato obbligatorio rinforza la mistica del prete, che lo pone al di sopra dei laici. Quando viene ordinato si unisce a Cristo in tale maniera che è sostanzialmente diverso dagli altri (catechismo, 1581), perché "possiede l’autorità di agire con il potere e nella persona di Cristo stesso" (1548). Viene messo sul pulpito, accanto a Dio, di cui gode onori e privilegi. Il curato d’Ars dice: "Che cosa è un prete? Un uomo che sta al posto di Dio, investito di tutti i suoi poteri. Quando perdona non dice "Dio ti perdoni", ma "Io ti perdono". Se incontrassi un prete e un angelo, prima saluterei il prete poi l’angelo. Questi è amico di Dio, il prete sta al suo posto". S. Teresa baciava dove passava un prete. "Il sacerdote agisce in persona Christi e questo culmina quando consacra il pane e il vino" (Giovanni Paolo II, giovedì santo 2004). La divisione tra preti e laici è di origine divina (can. 207). Ma l’aureola anzitempo gioca brutti scherzi: ti illude di essere costituito in grazia, immune dal peccato, specie da quello banale e volgare del sesso, che spetta ai comuni mortali. Il passaggio dal potere al privilegio, dall’elite alla casta è breve. E così va a finire che il clericalismo distorce, distrugge, avvelena la missione della Chiesa. Se non è la causa di molti problemi, certo li causa per conservare privilegi, potere, prestigio, immagine. Quindi non è ammessa nessuna debolezza, lo scandalo va soppresso, le vittime messe a tacere. Corruzione e abuso inevitabili (cf "Sex, priests & secret codes, R. Sipe, T. Doyle, P. Wall, Los Angeles, 2006).
Se si fa credere al prete di essere "come Dio", è chiaro che questo influisce e condiziona la sua psiche al punto di considerarsi al di sopra della legge umana e inconsciamente si permette delle libertà, che non sono concesse ai comuni mortali.
Non ce n’è abbastanza per riflettere e decidere di cambiare rotta?
* Il dialogo, Sabato, 04 agosto 2007
*Ringraziamo Fausto Marinetti per averci inviato questa sua lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale che ha raccontato la sua storia in un libro che fa tremare: "Nessuno dovrà saperlo" dove con raro coraggio ammette, come conseguenza, di essere diventato omosessuale, non pedofilo. Per lui, come per tanti altre vittime della pedofilia dei preti, nessuno muove un dito, neppure le scuse come avviene in America dove le vittime hanno diritto alle pubbliche scuse del vescovo, possono "raccontare" in chiesa il "fattaccio" o scriverlo sul giornale della diocesi. Possono anche giungere ad erigere nella piazza di Davenport, davanti alla casa del vescovo, una macina da mulino con le parole di Cristo: "Chi scandalizza un bambino sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare".
Verrà il giorno in cui in piazza S. Pietro, al posto della fontana, si metterà una gigantesca macina da mulino a perpetua memoria delle vittime dei preti?
INTERVISTA
"Dopo Wojtyla la Chiesa tace sugli scandali"
Il pm Pietro Forno
di ALBERTO GAINO *
TORINO. Dottor Piero Forno, lei è il responsabile del pool «fasce deboli» che segue anche questo caso di violenza: il mix di ricatti e sesso con sacerdoti l’ha fatto schizzare in vetta alla cronaca.
«La stragrande maggioranza dei preti è gente per bene. Le dico di più: nell’antichità l’abuso dei minori non era considerato un abuso.
Furono i cristiani a sollevare la questione morale: la Didaké, 80 anni dopo Cristo, ne è una testimonianza forte». Il suo messaggio è chiaro: comportamenti di singoli. Lei si era già occupato di casi come questo?
«Ricordo quello di un parroco dell’hinterland milanese: denunciò come suoi estorsori alcuni ragazzi sbandati. I quali, per la parte in cui spiegarono i motivi del loro ricatto, ci fornirono la possibilità di un riscontro bancario: gli 80 milioni di lire che il sacerdote aveva versato loro. I ragazzi furono condannati, e pure il prete».
Negli Stati Uniti lo scandalo dei preti pedofili ha avuto echi e strascichi enormi. Le pare che in Italia le autorità religiose abbiano avuto reazioni adeguate?
«No. C’è stata la denuncia di quel grande papa che è stato Giovanni Paolo II: “Vergognatevi”. Altro? Credo, per quest’aspetto, di aver contribuito a rompere il ghiaccio. Dobbiamo risalire al 2001, a un mio intervento su “Minori e Giustizia”. Scrissi che la nostra autorità ecclesiastica, a differenza di quanto accaduto all’estero (Francia, Usa, Canada), non ha ancora preso posizione di fronte ai mali sociali. Tanto meno rispetto all’emergente fenomeno della pedofilia nella Chiesa. Ne parlai a proposito di un documento dell’associazione delle comunità cattoliche (l’Uneba) sulle responsabilità degli operatori. Dopo le condanne di taluni, quali autori di violenze sui minori loro affidati, si è posta una maggior attenzione sull’obbligo della denuncia all’autorità giudiziaria. Resto dell’idea che in Italia vi sia tuttora ritardo culturale rispetto a Francia, Stati Uniti, Canada».
Lei parla anche del Canada.
«Tenga presente che dalla Chiesa canadese è stata fatta un’indagine da cui è emerso che il 5 per cento dei suoi preti era un pedofilo. Io, certo non so. Si tratta di un numero spaventoso».
Parlando in generale, in Italia vi sono più denunce di violenze ai minori.
«C’è una maggior sensibilità. Ed è molto importante. Voglio citarle il “paradosso” di Tocqueville: quando un male diminuisce, ciò che resta appare insopportabile. Valeva per le guerre, può calzare anche per queste realtà».
Può parlarci dei ragazzi di vita?
«Il fenomeno è cambiato con l’arrivo dei giovani romeni. A Milano me ne sono occupato a lungo: ragazzini sotto i 14 anni mandati a prostituirsi di notte, e di giorno sfruttati da una rete inquietante di adulti anche come borseggiatori. Scoprimmo una scala gerarchica alla cui base c’era il nonnismo: ciascun piccolo aveva come referente un sedicenne o giù di lì. Il quale a sua volta rispondeva a un adulto. Siamo arrivati a processarne parecchi e a ottenerne la condanna, per riduzione in schiavitù di minori».
Era un fenomeno organizzato, e i capi?
«I capi giravano da un paese all’altro. Non furono presi. Stiamo parlando di un’organizzazione che spostava di continuo anche le proprie vittime. Associava la condizione di clandestinità dei minori sfruttati alla loro mobilità. I nostri investigatori, con l’aiuto di bravissimi operatori, ne agganciarono alcuni».
Come vi riuscirono?
«Il ragazzino fermato con un cliente veniva portato in comunità. Faceva la doccia, ringraziava e scappava. Con alcuni funzionò chieder loro: “Che ti serve scappare di continuo?”».
E adesso?
«Uno si domanda: che cosa sarà di queste creature? Rapinate dell’infanzia, dei giochi, della spensieratezza dell’età. Bambini, o poco più, che hanno conosciuto con tutti gli adulti, a cominciare dai clienti, solo un rapporto di sfruttamento dei loro corpi. E’ chiaro che poi uno è portato ad atteggiamenti di rivalsa, leciti e no. Il che non vuol dire giustificarli».
* La Stampa, 9/8/2007 (7:49) -
Don Gelmini indagato dalla procura di Terni per abusi sessuali *
Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni con l’accusa di abusi sessuali. Ad accusarlo - secondo quanto riporta La Stampa - alcuni ex ospiti delle strutture della comunità ad Amelia. L’indagine, sottolinea il quotidiano, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni con l’obiettivo di ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni di accusa sarebbero molte e abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti - giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con la droga, qualcuno anche scivolato nella delinquenza - ripeterebbero sempre gli stessi racconti. I pm hanno anche già sentito il diretto interessato in un «lungo e drammatico interrogatorio».
Ma sulle indagini le bocche in procura sono più che cucite. Per vari motivi, spiega il quotidiano torinese. Primo poiché «il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga..». Terzo giacché gli accusatori sono giovani che hanno avuto o hanno tutt’ora a che fare con le droghe, «insomma sono testimoni non propriamente granitici» scrive La Stampa.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.08.07, Modificato il: 03.08.07 alle ore 9.41
IL SACERDOTE NELLA BUFERA
Abusi, don Gelmini indagato
Alcuni ragazzi della comunità contro il prete anti-droga: molestati sessualmente FRANCESCO GRIGNETTI (La Stampa, 3/8/2007 - 7:42)
TERNI. L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.
Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.
C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.
Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.
E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.
Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Preti pedofili
Fisichella scrive, Marinetti risponde
di Fausto Marinetti
Marinetti aveva inviato p. c. a Mons. Fisichella la lettera aperta a don Di Noto e Monsignore gli risponde: *
Caro Marinetti,
ho ricevuto la Sua lettera e La ringrazio. Mi dice che mi riguarda!L’ho letta con attenzione e per quanto mi riguarda non ho nulla da rimproverarmi. Temo che il Suo giudizio e la Sua lettura siano parziali e non sempre conformi alla realtà. Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica! Non riesco a seguirLa su questo cammino. Sembra che per Lei sia oro colato quanto provenga da una denuncia e falsità e tentativo di insabbiare se è fatto dalla Chiesa, dai Vescovi e dai Sacerdoti.
Mi spiace, ma non è così come le Iene o i reportage a cui fa riferimento. Da parte mia, non mi ritraggo ma non voglio neppure essere utilizzato strumentalmente per aggredire la Chiesa e le migliaia di Sacerdoti (e Vescovi) che ogni giorno con fatica e coerenza vivono la loro vocazione a sevizio di tutti!
Con la stessa schiettezza che Lei ha usato, ma con tono differente mi sono sentito di risponderLe.
Suo
† Rino Fisichella
La risposta di Marinetti
24.7.2007
Caro Mons. Fisichella,
Le chiedo lo sforzo di non dare per scontato che ogni critica è una "AGGRESSIONE". Non tutti riescono a battervi le mani, sempre e comunque, come certi "giornali di corte" e certi movimenti educati al servilismo e all’adulazione. A volte, quelli che riteniamo "i nostri nemici" sono assetati di giustizia e ci dicono la verità più degli ossequienti. "Salutem ex inimicis nostris"? Lei mi invita a nozze: "Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica!".
Ha ragione: non possiedo "elementi" teorici, nozioni astratte, "sentito dire" e quant’altro, ma l’esperienza sulla mia pelle, voragini nella mia psiche: sono stato in seminario dal 1953 al 1968. Quindi, produco fatti, esperienze, comportamenti, situazioni, insegnamenti. Porto in me le stigmate di quella cultura: l’incapacità di "accogliere" il mondo femminile "come altro da me"; l’ideologia del sacrificio (come se Dio fosse un contabile); "fare il bene" agli altri per sentirsi buoni; la vita è una "valle di lacrime"; ecc.
Entro in seminario nel 1953, anno in cui i religiosi, riuniti in congresso internazionale, discutono sulla "funzione educativa del pallone nei seminari", non un cenno all’educazione sessuale. Altri tempi, nei quali l’unica presenza femminile ammessa in seminario è la Vergine Maria. Segregazione assoluta, per quattro anni non torno in famiglia. A un undicenne non resta che votarsi a una beata incoscienza, tra gioco, studio e abbondanti pratiche di pietà. Il termine più "familiare": peccato! Onnipresente, più di Dio. Le virtù per eccellenza: obbedienza cieca, rinnegare se stessi, mortificazione dei sensi. Altro che fuga mundi, cancellazione del mondo! Si esalta la santa purità, inculcandoci che il corpo è occasione di peccato. Ogni fine mese il direttore fa il "rendiconto" delle nostre malefatte: bere fuori pasto, andare al gabinetto senza permesso (sfuggendo al controllo), troppa passione per il gioco, troppa amicizia sospetta, ecc. La colpa meritevole dell’inferno: l’amicizia particolare. Non capisco, ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. I colpevoli vengono svergognati: "Mele marce, traditori della vocazione, peggio di Giuda". Un dubbio: un ragazzino della mia età come può avere tanta forza da colpire il Cristo in persona? Per prevenire il contagio, l’isolamento del colpevole è immediato, l’espulsione celebrata come una cacciata dal paradiso.
Un giorno sparisce anche il sacerdote-assistente, che "dovevamo" chiamare "padre". Ogni sera, ispezionando la camerata, con gesto fulmineo ci strappa di dosso le lenzuola per verificare che cosa succede sotto di esse. Poi arriva l’ordine di dormire con le braccia sopra le coperte. Prediche e conferenze insistono ossessivamente sulla "bella virtù". Per essa preghiamo forsennatamente. Dall’alto della pala dell’altare una "donna vestita di luce" è la nostra donna ideale: incorporea, asessuata, un fantasma. Ogni sera, con la nostalgia, una domanda: "Ma la mia mamma dove è andata a finire?". Al suo posto il direttore spirituale, un vecchietto di 70 anni, buono come il pane, ma incompetente per aiutarci a gestire l’insorgere delle prime pulsioni. Ogni mattina, al suo confessionale, una fila di clienti-bambini per saldare, con un Dio-giustiziere, il conto di una notte inquieta. Il buon padre non sa dire altro che: "Prega, prega! Con la preghiera tutto va a posto". Mi sembra di non essere preso sul serio. Ma, sotto l’imperversare della minaccia dei castighi divini per il delitto di masturbazione, comincio ad avere paura del mio corpo: "Dio me lo avrà dato per punirmi? Cosa gli ho fatto di male?".
Gli zelanti sono quelli che fanno la doccia più in fretta, non indugiano nei gabinetti, spiano i compagni che si appartano e li denunciano. Ci viene insegnato, che la purezza consiste nel fingere di non avere un corpo, ignorare la sua crescita, finalità, movimenti. Non sono in grado di capire, ma, con il tempo, mi renderò conto che questo clima produce turbe e danni psicologici irreparabili. Sul conto di chi saranno messi? Chi si preoccuperà di ripararli? Io non so cosa sia lo stupro del corpo, ma quello dell’anima sì.
A forza di parlare di "peccato impuro" non si ingenera la sua ossessione? Educazione sessuale? Nel paradiso terrestre del seminario il sesso non deve esistere e, se esiste, è solo in confessionale per chiedere perdono a Dio di averci dato un corpo, che sarebbe meglio non avere. I seminaristi più sfrontati osano bisbigliare: "E’ vero che i bambini nascono dal petto delle donne?".
Il bambino e la donna sono presenze così insignificanti (o pericolose?) per una formazione umana integrale? Potrà mai Dio vergognarsi di quello che ha fatto? Se un ragazzo fa indigestione di spiritualità disincarnata, come si fa a farne un cristiano senza prima farne un uomo? Può essere condannato ad una specie di anoressia del cuore? A furia di "fare" il cristiano, abbiamo perso di vista l’uomo o abbiamo preteso di fare il cristiano alle spese dell’uomo? Se per 15-20 anni un giovane è tagliato fuori dal suo habitat naturale, la famiglia, è come una pianta coltivata in serra. Appena la si espone è soggetta a tutte le intemperie. Se un uomo passa dalla cassaforte del seminario a quella della canonica; se gli si impone una cintura di castità con il terrore dell’inferno e l’ossessione del peccato mortale, potrà mai venirne fuori un uomo capace di condividere la sorte dei fratelli, che pur si dibattono con la "lussuria degli occhi, della carne, del mondo"? Può il seminario sostituire la famiglia? O forse solo una comunità di padri e madri di famiglia sarebbe in grado di educare dei giovani candidati al ministero, come avveniva all’inizio del cristianesimo ?
Ci imbottiscono di vite di santi, che non hanno fatto altro che castigare il loro corpo con digiuni e cilici. Ignoranza, paura, sacro terrore faranno il resto. Un collega mi confiderà: "A furia di parlare contro il sesso mi hanno talmente condizionato, che, quando vedevo stesi al sole degli indumenti intimi femminili, li rubavo e li indossavo per eccitarmi. Eppure m’hanno convinto che quelle "cose" erano sfoghi di gioventù e m’hanno fatto prete lo stesso. Giro da una diocesi all’altra fin che trovo un vescovo, il quale mi manda dal suo medico di fiducia, che mi prescrive un farmaco. Il farmacista, mio conoscente, mi chiede: "Per chi è?". "Per me". "Sai che serve per la sterilizzazione chimica?".
Cose d’altri tempi? Ho degli amici appena usciti dal seminario e mi confermano che sono cambiate le forme, è rimasta intatta la sostanza. Si dice: "I seminaristi d’oggi la sanno lunga, hanno già fatto le loro esperienze!". Ma se sono esperienze negative, come potrà il candidato fare una scelta serena? A 25/30 anni uno può decidere per tutto il resto della sua vita, quando non sa niente di "crisi di paternità", di complementarietà uomo/donna, non ha ancora sentito nella sua carne i morsi della solitudine, non ha fatto esperienza dell’esigenza di perpetuarsi come specie? Come fa a rinunciare a ciò che non conosce, a ciò che è stato sublimato, inculcandogli che "il prete rinuncia ad un amore per amare tutti"? E poi, quando si ritrova in parrocchia, solo, la sera, s’avvede che "amare tutti con cuore indiviso", può essere una scusa per non amare nessuno? Se uno viene abituato fin da piccolo ad amare nell’intenzione, a fare atti di amore spirituale, non sarà un alienato per sempre? O l’amore è concreto, come quello della mamma, che è pane e latte, bacio e carezza, o che amore sarà mai? In seminario non c’è, tutt’oggi, la presunzione di far scalare ai neofiti la cima della "santa purità" senza fornire loro l’attrezzatura indispensabile per le alte quote? Che cosa può fare un prete che sui 40-50 anni s’accorge di non essere in grado di portare il "giogo" della castità? Se il prete giovane decide di lasciare non può sposarsi in chiesa, non può insegnare religione, deve allontanarsi dalla parrocchia, ecc. Diritti umani, valore supremo della persona? Forse il Cristo direbbe alla sua Chiesa che è stata lei a tradire l’uomo-prete? Dove sono i preti che denunciano i loro superiori di violenza psicologica, di intimidazione spirituale ed economica? "Se non stai alle nostre regole ti tagliamo i viveri...". Allora uno che fa? Si arrangia. Uno se la fa con le suore, con l’amante, oppure, oppure... (che tragedia!) con dei bambini. E che dire del superiore che invita il "prete bollente" ad andare a donne di nascosto?
E’ forse cambiata la cultura clericale, che vede la sessualità con gli occhiali neri dei pagani gnostici e manichei? Lei sa meglio di me che i cristiani della prima ora considerano il matrimonio un male necessario. Per S. Ambrogio la donna è tentazione, per S. Gerolamo il marito che ama troppo la moglie commette adulterio. Quanti coniugi sono stati ammessi alla gloria del Bernini per aver esercitato in grado eroico le virtù proprie del matrimonio? Ma quali sono? La rinuncia, il sacrificio, la negazione del piacere? Ha mai meditato sul testo della teologa e madre C. Jacobelli, Risus Pascalis - Il fondamento teologico del piacere sessuale?
Basta forse ammettere tra i docenti una zitella, inviare i seminaristi in vacanza o a fare apostolato domenicale? Un amico seminarista mi racconta: "Di ritorno dalle vacanze, 2005, corro dal padre spirituale. "Padre, ho provato simpatia per una ragazza". "E’ una tentazione, il maligno in persona, fuggi, fuggi da lei. Prometti di non vederla mai più". Trasformare la donna da sostegno, compagna dell’uomo (per "ordine di Dio") in un pericolo, in una tentazione, in una rivale di Dio è proprio secondo il suo cuore? Non è come cancellare metà della nostra stessa umanità? I preti pedofili avranno la loro responsabilità personale, ma non saranno anche frutto di questa cultura misogina e manichea? Un’amica, saggia e attempata, mi racconta: "Il prete in predica ha inveito talmente contro il sesso, che l’ho aspettato all’uscita e gli ho spiattellato in faccia: "Scusi, padre: si ricordi che anche lei è nato da un amplesso coniugale, non dagli angeli!".
Non mancheranno i preti osservanti del celibato (si parla, forse, del 6/10 %). Ma si tratta di regola o di eccezione? Si è giunti a tale conquista mediante o nonostante il seminario? Sono stato nei monasteri buddisti in Cambogia, Sri Lanka, Tailandia e ho studiato la loro iniziazione alla vita celibataria. C’è da invidiare tanta serenità, che è il risultato di un metodo di auto-dominio con pratiche ascetiche e il controllo del pensiero attraverso quello della respirazione.
Apprezzo troppo il celibato volontario per vederlo svilito ad una imposizione. Può essere mistificante sostenere che il celibato volontario non risolverebbe il problema, perché la pedofilia è una piaga, di cui non sono immuni nemmeno i padri di famiglia. Ma questi, almeno, non si dicono "rappresentanti di Dio"! Eliminiamo le anomalie educative; facciamo uomini concreti, calati nella realtà e così si potrà dire che non è colpa dell’istituzione. La pedofilia dei preti non è che un sintomo di un male sotterraneo. La gerarchia continuerà a colpire gli effetti, ignorando le radici del male? Non si addomestica il cuore, mettendolo in quarantena.
La Commissione dei vescovi americani non ha riconosciuto che l’educazione del seminario può inclinare all’omosessualità, quando non la favorisce? Non c’è terreno migliore di quello esclusivamente maschile per innescare curiosità morbose, ricercare il "surrogato" in mancanza del "prodotto originale". L’unico e insostituibile ambiente educativo è quello familiare e ogni altro rischia di essere contro natura (Cf Carta dellONU, 1989). Di fatto i seminari minori negli Usa, Canadà, Irlanda, Messico, ecc. sono stati chiusi. Per caso o proprio perché finalmente si ammette che non funzionano e, spesso, si innescano varie forme di omosessualità? Un’amica psicologa spiega: "In quei contesti si "ingenera" una omosessualità "situazionale", legata cioè non ad una scelta omosessuale di fondo, ma all’impossibilità di accedere all’oggetto sessuale femminile, per cui lo sfogo della libido si riversa su un altro oggetto. Non potendo riversarsi su una donna, la pulsione sessuale viene dirottata su altri uomini, che sono gli unici oggetti sessuali disponibili. Per coloro che hanno un’inclinazione alla omosessualità, il seminario diventa l’ambiente "ideale" per esprimerla, con tutte le ovvie ripercussioni su quanti non hanno questo orientamento di fondo".
Di fronte all’ "11 settembre della Chiesa americana" si parla di innominabile tradimento di Cristo. Ma l’unico e solo "colpevole" è il prete pedofilo? Pedofili si nasce o si diventa? Se si diventa, che cosa vi ha contribuito? Non sarebbe stato opportuno convocare in Vaticano gli "indegni", per sentire la loro versione e offrire al mondo le loro scuse? Prendersela con gli effetti non elimina le cause. Chi più e meglio di loro ci potrebbe dire che cosa ha fatto difetto nella loro educazione psico-affettiva, a che cosa attribuire i buchi neri della formazione? E cosa è successo nei primi anni del ministero? Che cosa i cristiani avrebbero potuto e dovuto fare per dare al prete non solo offerte ma anche sostegno umano?
Forse il papa potrebbe convocare anche le vittime in piazza San Pietro e chiedere loro perdono insieme ai cardinali? Non creda che ce l’abbia con Tizio o Caio, che passano, ma con il sistema, che non passa e continua a immolare le sue/nostre vittime. Imparassimo ad ascoltarle, almeno!
Distinti saluti,
Fausto Marinetti
PS. Perché non ripassiamo il n° 3 di Concilium del 2004? Non sono degli "anticlericali", ma teologi/ghe, ricercatori seri che parlano, non a caso, di pedofilia clericale come di tradimento strutturale della fiducia.
* Il dialogo, Mercoledì, 25 luglio 2007
Preti pedofili
Lettera aperta a Mons. Rino Fisichella
di Fausto Marinetti *
Caro Mons. Fisichella,
anche noi, le vittime dei preti pedofili, abbiamo letto la tua intervista: "Atti gravissimi, una grande amarezza. Ma la Chiesa sa riconoscere gli sbagli" (Corriere della sera, 16.7.2007). Quello che hai detto è quello che hai nel cuore o si tratta di una "difesa d’ufficio"?
1. Affermi, che "una seria presa di coscienza" consiste nel "buttarsi dietro le spalle questa dolorosa vicenda sapendo riconoscere il male che c’è stato da una parte, ma al tempo stesso il grande bene fatto quotidianamente". Metti sulla bilancia da una parte le nostre tragedie (i suicidi, gli impazziti, i disperati, ecc.) e dall’altra "il grande bene fatto quotidianamente". Secondo te, da che parte pende? E secondo quel Cristo che citi più avanti: "Chi scandalizza un bambino... meglio si butti nel mare"? Queste parole non valgono anche per te e soprattutto per i tuoi confratelli nell’episcopato che hanno collaborato con gli stupratori del nostro corpo e della nostra anima? E poi, hai forse dimenticato quel: "Non sappia la destra quello che fa la sinistra"? Se ami davvero la verità, perché negli spot dell’8 per mille non ci infili qualche prete pedofilo a chiedere perdono per la strage degli innocenti? "Buttarsi dietro alla spalle questa dolorosa vicenda..."? Siamo noi, non voi, che dovremmo sbarazzarcene. E, alle volte, non ce la facciamo. Come una paralisi dell’anima per lo shok subito. E, se anche riuscissimo, sarebbe come buttare via noi stesse, vittime immolate, perché noi non siamo una "dolorosa vicenda", di cui disfarsi, ma siamo la vostra tragedia, il vostro Calvario. Volete disfarvi di noi come di zavorra che appesantisce la barca di Pietro e offusca la vostra immagine? La zavorra è il vostro crimine, noi siamo leggeri come gli angeli... Come è circospetto il tuo uso delle parole! All’inizio parli di "vicenda dolorosa"; poi attraversi "gli sbagli dei propri uomini", arrivi agli "errori di alcuni", agli "episodi così gravi" per sbarcare sul terreno degli "atti esecrabili" e del "male commesso". Nooo! Noi non siamo né una vicenda, né degli sbagli, né errori di alcuni, né episodi, né atti esecrabili: noi siamo il vostro crimine. Ogni altra parola ("peccato" compreso) è fuori contesto, tradisce i fatti, ci uccide una seconda volta.
2. "...la Chiesa, ancora una volta, è stata capace di riconoscere gli sbagli dei propri uomini". Dovremmo battere le mani, applaudire la scaltrezza nell’occultare i rei (almeno 200 fuggitivi), smistarli da una parrocchia all’altra, diffondendo l’infezione? Parli degli "sbagli dei propri uomini", quindi non dell’istituzione. Ma non si trattava di una prassi dettata da Roma? Non venivano dall’alto le direttive di coprire, non fare scandalo, tenere tutto sotto chiave? Almeno il card. Law l’ha ammesso: "Noi sapevamo che era un peccato, non un delitto". Non è forse questo che fa la differenza? Peccato, è una categoria ecclesiale, crimine è una categoria del codice penale. Se si vuol fare prevalere la chiesa (con i suoi privilegi, le sue caste, ecc.) sulla società anche in materia penale, non ti sembra un’ingerenza, un disastro che produce, appunto, tragedie? Se un prete commette un furto, un omicidio, cosa c’entra la legge canonica? Il delitto è delitto sia che venga commesso da un laico come da un prete, vero? Visto che ci tieni ad esprimere la tua solidarietà con le vittime, perché alla fine della trasmissione "Annozero" non hai abbracciato Marco Marchese, chiedendo perdono, in lui, a tutte le vostre vittime?
3. Insisti: "l’errore di alcuni", "una piccola minoranza nel clero". Sono "alcuni" i più di 5.000 preti pedofili solo negli Stati Uniti? E i 1.700 in Brasile? Bada bene: le cifre parlano di quelli denunciati o già condannati. E tutti gli altri che l’hanno fatta franca? E quelli che sono scappati all’estero con l’appoggio dei loro prelati? Perché non aprire uno sportello nazionale (gestito da laici, non da don Di Noto) per fare venire a galla tutto il sommerso della "parrocchia italiana" del papa? Se ci amate, come dite; se vi sta a cuore il nostro bene e quello della Chiesa, perché non promuovete degli spot che esortino le vittime alla denuncia del prete, che "non avrebbe dovuto essere ordinato prete", dici tu; "del vescovo che non avrebbe dovuto diventare vescovo", diciamo noi? Non puoi indurci a pensare che avete paura della verità.
4. "Si tratta di atti esecrabili che vengono registrati, e in modo anche più frequente, anche dentro altre categorie sociali". Intendi giustificare l’ingiustificabile? Le altre categorie sociali non hanno fatto nessuna promessa di celibato; non si presentano alle loro "prede" come "rappresentanti di Dio". Capisci che per noi il prete è "tutto", è più del cielo che della terra? Come avremmo potuto immaginare che avrebbe abusato dell’aureola di "uomo di Dio", di quel potere sacro che voi gli avete dato, convincendolo di "agire in nome di Dio", di essere le sue mani? (catechismo: 1548, 1581). Noi non siamo stati "colpiti", ma distrutti, assassinati nello spirito oltre che nel corpo. Messi in croce, quindi, due volte.
"... c’è da applaudire la Chiesa americana per il coraggio che ha avuto di voltare pagina...". Dovremmo battere le mani a chi si è fatto complice, mettendoci in croce? Quanto tempo c’è voluto prima che arrivasse il coraggio di voltare pagina? E a che prezzo? Già nel 1968 i vescovi americani ordinano una ricerca sul fenomeno; nel 1976 Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo; nel 1984 viene offerto loro un "Manuale" con le "istruzioni per l’uso": il ciclone è preannunciato, ma i vescovi fanno orecchie da mercante. Non solo: si fanno complici, piazzando i preti pedofili qua e là di modo che, per esempio, p. James Porter riesce a stuprarne 200. Il vero coraggio sarebbe mettere in pratica le direttive della "Commissione ordinata dai vescovi americani" (2004) per la quale il seminario è un apartheid affettivo, che blocca lo sviluppo emozionale "normale" e, in quanto ambiente di soli maschi, può inclinare alla omosessualità . Senti, in sintesi, cosa si afferma: "I responsabili non hanno capito l’evidente natura del problema, considerando le accuse come fatti sporadici e isolati.
Il timore dello scandalo li ha indotti a ricorrere alla segretezza e all’occultamento (Un vescovo, richiamato dal suo prete per aver giurato il falso in tribunale, risponde: "Io mento solo quando devo mentire". La minaccia del processo ha indotto alcuni a trascurare il loro dovere pastorale e a adottare verso le vittime un atteggiamento contrario e indegno per la Chiesa. Altri non hanno capito pienamente l’ampiezza e la gravità del danno sofferto dalle vittime. Hanno riposto troppa fiducia negli psichiatri, psicologi e avvocati. Alcuni hanno messo gli interessi dei colpevoli al di sopra di quelli delle vittime e troppo spesso hanno rifiutato di ascoltarle. Il codice e i procedimenti canonici hanno reso troppo difficile destituire il prete pedofilo dal ministero e i vescovi non hanno fatto abbastanza ricorso a ciò che la legge canonica li autorizza a fare per proteggere i minorenni. Il risultato è che, ai preti pedofili è stato concesso, con allarmante frequenza, di restare dove avevano commesso l’abuso o di essere trasferiti, divenendo per i bambini un’ulteriore prevedibile minaccia, che si è materializzata con altri abusi".
"... la Chiesa degli Stati Uniti... è riuscita a ritrovare un rapporto di fiducia con il suo popolo". Perché non lo chiedi ai vari gruppi laicali nati dallo scandalo, che si sono stancati di essere trattati come sudditi, meri elementi decorativi di una Chiesa clericale, di essere munti per pagare le malefatte dei preti pedofili? Interpella SNAP, Call to action, Voice of the faithfull, ecc.
Se vuoi entrare nel cuore e nell’anima della vittima, perché non ne prendi in casa qualcuna? Se ogni vescovo ne ospitasse almeno una in casa sua, questo sì sarebbe un vero atto di coraggio. E il papa, quanti ne potrebbe ospitare in Vaticano? E le congregazioni femminili quante case romane trasformate in albergo potrebbero mettere a disposizione?
E, per finire, dichiari: "la Chiesa, in generale, non ha nulla di cui vergognarsi". Quindi "gli sbagli", "gli atti esecrabili", il male non è esistito? Non è evidente che il non riconoscere il delitto, non fa che perpetuarlo? Il papa stesso non ha parlato di "sporcizia", di "crimini enormi"? Non c’è da vergognarsi di queste "cose"?
Vogliamo sapere da un teologo come te: ma quando ci ritroveremo in paradiso, tutti insieme, quale sarà il posto assegnato ai preti e vescovi pedofili? Cosa proveremo noi, le vittime, accanto ai nostri carnefici? Prega con noi: "Padreterno, tu che sei un vero padre, non infliggerci altro dolore! Almeno tu, non metterci in croce un’altra volta... E’ vero che farai per loro una sezione separata, magari blindata, affinché non nuocciano più? E a chi li ha coperti, occultati, sottratti all’autorità giudiziaria, quale angolino riserverai?". Non vogliamo accomiatarci senza produrre delle proposte positive:
a - un telefono verde in ogni diocesi riservato alle vittime dei preti. Ma, chiaro, sia gestito dai laici, perché i bimbi, ormai, hanno paura delle vesti nere.
b - i delitti di pedofilia non siano soggetti a prescrizione
c - siano riconsegnati alla giustizia i preti pedofili fuggitivi dai loro paesi
d - si chiudano tutti i seminari e i preti siano solo uomini maturi, educati dalla comunità, scelti dalla gente, come si faceva all’inizio
e - siano rivedute e corrette le norme canoniche con la consulenza delle vittime
f - i preti pedofili siano affidati alla polizia come si fa per qualsiasi reato previsto dal codice penale per ogni cittadino.
Ma Voi, preti e prelati, siete proprio disposti a dare la vita per noi come farebbe ogni padre, ogni madre per suo figlio/a?
Ci firmiamo, Le Tue/Vostre vittime (Fausto (Alberto) Marinetti, ci ha solo imprestato la penna
iscritto all’album dei giornalisti, Milano, N°. 60127)
Postilla 1. Una proposta per la Chiesa, se saprà uscire purificata dal Giordano del nostro sangue e delle nostre lacrime: fino a quando chierici e laici non saranno fratelli alla pari; fino a quando non si realizzerà la conversione dei"buoni a tutti i costi"; fino a quando i ministri non scenderanno dal piedestallo per servire i fratelli e il popolo di Dio non avrà diritto alla libertà di coscienza, di parola, di pensiero, di cultura, vano sarà stato il nostro Calvario. Il cardinale Ratzinger lo esprimeva con parole sacrosante: "Abbiamo molto da imparare: siamo troppo interessati a noi stessi, alle questioni strutturali, al celibato, all’ordinazione delle donne, ai concili pastorali, ai diritti di questi concili e dei sinodi. Lavoriamo sempre sui nostri problemi interni e non ci rendiamo conto che il mondo ha bisogno di risposte, e noi rimaniamo coi nostri problemi". La conversione non è appannaggio né degli accusatori né dei difensori della Chiesa, ma di chi si lascia invadere dallo Spirito, che soffia sempre dove vuole. Non senti che "soffia" forte anche attraverso di noi, le vittime?
Postilla 2. Se ti sta a cuore la nostra difesa, perché non dedichi i tuoi ultimi anni alle nostre cure, magari fondando una casa di accoglienza per le vittime della pedofilia clericale in uno dei vostri 24.000 immobili romani?
* Il Dialogo, Venerdì, 20 luglio 2007
CHI HA PROTETTO I PRETI PEDOFILI?
di Mario di Carlo (*)
Cifre astronomiche per il risarcimento dei danni alle vittime hanno determinato l’amministrazione controllata dal tribunale in diverse diocesi degli USA. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia *
http://www.italialaica.it/cgi-bin/news/view.pl?id=007435
Da Critica liberale n. 138
Da oltre un decennio i casi di pedofilia da parte di sacerdoti attirano l’attenzione e le censure dei media, della magistratura e della società civile. Negli Stati Uniti d’America il fenomeno ha assunto dimensioni talmente rilevanti (1 ) da richiedere prese di posizione ufficiali dell’allora Pontefice Giovanni Paolo II, una commissione di inchiesta ordinata dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici e soprattutto cifre astronomiche per il risarcimento dei danni, che hanno portato all’amministrazione controllata dal tribunale (un istituto simile al fallimento) diverse diocesi. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia.(2)
Nel 2001 la Lettera apostolica Sacramentorum sancitatis tutela (a firma Giovanni Paolo II) e l’Epistola De delictis gravioribus (a firma Joseph Ratzinger) si occupano dei delitti canonici da attribuire alla cognizione della Congregazione per la dottrina della fede e tra questi dei delitti «contro la santità del sacramento della Penitenza» compresa l’«istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo [non commettere atti impuri, ndr], se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore» e dei delitti «contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni». In questi documenti si fa riferimento alla Instructio Crimen sollicitationis emanata nel 1962 dal Sant’Uffizio presieduto dall’allora Pontefice Giovanni XXIII coadiuvato dal Prefetto card. Alfredo Ottaviani.
Tale documento era rimasto sino ad allora segreto essendo per sua espressa disposizione «da custodire accuratamente nell’archivio segreto della curia come regolamento interno da non pubblicare né da ampliare con note di commento». Negli Stati Uniti si ottenne che l’Instructio fosse prodotta in giudizio ed in questo modo si è venuti a conoscenza del documento che pubblichiamo di seguito , in estratto, nella traduzione di Gennaro Lopez, professore di Lingua latina presso l’Università di RomaTre. [su Italialaica nella rubrica I Documenti, ndr]
Nel 2006, poi, la Bbc ha trasmesso il documentario sull’argomento Sex crimes and the Vatican che è stato aspramente criticato da parte della Conferenza episcopale cattolica inglese. Lo stesso documentario è stato corredato di sottotitoli in italiano e reso disponibile via internet (3) in Italia suscitando lo scandalo di chi ignorava quei fatti e quei documenti e l’indignata protesta di alcuni settori del mondo cattolico (4). Ovviamente non ci occuperemo qui del documentario della Bbc ma dei documenti e di taluni fatti, cercando di fornire una guida alla lettura.
Innanzi tutto, come in qualsiasi analisi di un testo giuridico ci si può domandare se l’Instructio Crimen sollicitationis (d’ora in avanti l’Instructio) sia tuttora in vigore. Secondo l’autorevole, ma non convincente, parere del card. Julian Herranz «il documento del ’62 è stato abrogato nel 1983 dal Codice di diritto canonico». In senso contrario depone però la lettura della citata Epistola De delictis gravioribus del 2001 (d’ora in avanti l’Epistola) in cui si fa riferimento alla «direttiva Crimen sollicitationis (5) ancora vigente» da reinterpretare in funzione dei nuovi codici. La lettura congiunta dei canoni e dell’Epistola non fanno peraltro emergere sostanziali novità (6) ad eccezione dell’attribuzione delle cause in questione alla giurisdizione e competenza (sembrerebbe esclusiva e non più concorrente con quella dei tribunali diocesani) della Congregazione per la dottrina della fede.
Sembra utile chiarire, inoltre, che i testi normativi di cui si discute appartengono all’ordinamento canonico. Ne deriva che i termini delitto e reato si riferiscono non alla legislazione penale dello Stato ma a quella della Chiesa cattolica. Il crimen sollicitationis è il reato, canonico appunto, di istigazione ad atti sessuali con un sacerdote. Il par. 1 dell’Instructio, che definisce il reato di istigazione, fa riferimento alla confessione, come momento, luogo, circostanza o pretesto degli atti o conversazioni impure ed oscene.
I parr. 71, 72 e 73 stabiliscono, inoltre, che le stesse procedure e le stesse pene si applicano agli atti osceni peccaminosi di un appartenente al clero con una persona dello stesso sesso (definito crimen pessimus) nonché a «qualsiasi atto osceno esterno, gravemente peccaminoso, in qualunque modo compiuto o tentato da appartenente al clero con bambini di ambo i sessi o con esseri viventi non umani» (par. 73). Similmente l’Epistola si riferisce ai «Reati contro la santità del sacramento della Penitenza, cioè: [...] 2) istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo, se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore»; ed al «reato contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni» (par. quarto). Come già detto i reati a cui i testi si riferiscono sono reati canonici. Evidentemente però taluni di quegli atti e, specificamente, gli atti sessuali con minori di anni sedici (o quattordici in taluni casi) costituiscono reato per il nostro codice penale, per l’esattezza il delitto previsto all’art. 609-quater (7) (oltre al caso della violenza sessuale per abuso di autorità ex art. 609-bis). Il diritto canonico quindi prevede delle proprie sanzioni per comportamenti che costituiscono reato anche per il diritto statale. Ma quale rapporto vi è fra le due sfere? In teoria nessuno, se non quello del dato oggettivo. Il diritto penale “canonico” dovrebbe disciplinare il processo canonico e le pene canoniche per il sacerdote provato colpevole dell’istigazione a peccare contro il sesto comandamento, il diritto penale “civile” dovrebbe disciplinare il processo e le pene contro chiunque (nel caso anche sacerdote) “compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia [..] persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore e’ affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza”.
Un punto di conflitto fra i due ordinamenti sembra però sorgere in relazione al segreto imposto dal diritto canonico. L’Instructio impone che questi casi «siano condotti nella massima segretezza e, una volta definiti con sentenza esecutiva, vengano coperti da silenzio perpetuo; tutti coloro che, in qualunque modo, sono personalmente addetti al tribunale, ovvero per il loro ufficio sono ammessi alla conoscenza delle questioni in causa, hanno l’obbligo di osservare inviolabilmente il segreto strettissimo, che vale comunemente come segreto del Sant’Uffizio, su tutto e con tutti, sotto pena di incorrere nella scomunica latae sententiae, ipso facto e senza altra dichiarazione, riservata alla sola persona del Sommo Pontefice, con esclusione anche della Sacra Penitenzierìa » (par. 11) e dispone per tutti una stretta formula di giuramento sull’osservanza del segreto. Tale giuramento deve essere prestato anche da «gli accusatori, coloro che sporgono denuncia e i testi» (par. 13). L’Epistola più succintamente stabilisce che «le cause di questa natura sono soggette al segreto pontificio», il più rigido dei segreti previsti dal diritto canonico dopo il sigillo della confessione (8).
Su tale segreto sorgono due domande, la prima sul senso che esso assume nel suo contesto e la seconda sulla possibilità che influenzi ed ostacoli il corso della giustizia dello Stato.
A giustificazione del silenzio i commentatori di parte ecclesiastica hanno argomentato che dal punto di vista pragmatico la consegna assoluta del silenzio servirebbe a garantire l’onorabilità di accusato ed accusatore o accusatrice fino al termine del processo, per ragioni di garantismo, nonché a consentire ai testi di farsi avanti senza esporsi, ma mai di impedire a costoro di rivolgersi o collaborare con l’autorità giudiziaria statale. A conferma di ciò si è sottolineato come il paragrafo 15 (in realtà i parr. 15-18) impongano la denuncia, quasi sempre a pena di scomunica. L’argomento però è debole. Tali autori dimenticano infatti di precisare che l’obbligo di denuncia non si riferisce alla denuncia alla magistratura dello Stato ma alla denuncia alle autorità ecclesiastiche, per lo stesso principio per cui quelle norme si occupano dei reati “canonici” e non “civili”. Non spiegano neppure come mai il segreto è posto non solo per il tempo necessario a definire il processo, con garantismo estremo, ma sia un “silenzio perpetuo”. Peraltro il garantismo, così come comunemente inteso, è un’esigenza molto poco sentita dal diritto canonico, che, a titolo di esempio, non conosce il principio di legalità e certezza delle pene. Più convincente, ma non più confortante, la spiegazione che dal punto di vista teologico è offerta dal card. Herranz, il quale richiama tre princìpi: «evitare lo scandalo, tutelare la libertà dei testi, garantire il corso della giustizia», in ragione del fatto che «nella Chiesa chi governa deve cercare il bene delle anime». In altre parole lo scandalo che potrebbe sorgere dalla notizia del peccato (che qui è il reato canonico) rischierebbe di smarrire altre anime, a tutela delle quali primariamente è posto il vincolo del segreto. L’argomento, ovviamente, è un fondamento sufficiente ai credenti, ma non gli si può negare una logica. Eppure anche qui qualche altra domanda sorge. Non si vedono altre esigenze meritevoli di essere valutate assieme al timore di uno scandalo? Dov’è la pietà per le vittime e la considerazione delle sofferenze e dei turbamenti che costoro sono costretti a subire anche a grande distanza dagli avvenimenti? Ha senso prevedere una pena canonica più grave per la vittima che violi il vincolo del segreto (scomunica riservata al Pontefice) piuttosto che per il reo (dimissione dallo stato clericale)? Ma soprattutto, che senso può avere non offrire una fattiva collaborazione una volta che lo scandalo sia venuto alla luce? In quella stessa logica il silenzio successivo allo scandalo sembra aggravare lo smarrimento dei fedeli, piuttosto che aiutarli. Basti un esempio. Nel 2002 la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti insediò una commissione di laici, il “National Review Board”, incaricata di verificare, tramite audizioni, ricerche, incontri ed interviste l’applicazione della Carta per la protezione dei bambini e dei giovani di cui la Conferenza si era dotata. Dopo un anno il suo presidente si dimise in polemica con alcuni vescovi, dopo aver affermato che i comportamenti di cui era venuto a conoscenza (rifiutare di deporre, distruggere i nomi dei colpevoli, nascondere, offuscare, minimizzare) rispondevano più all’atteggiamento di una famiglia mafiosa che a quello di una comunità di fede (9).
Il timore dello scandalo insomma, sembra rispondere non solo alla tutela del benessere spirituale dei fedeli, ma anche, se non soprattutto, alla tutela dell’immagine pubblica della gerarchia cattolica come illibata maestra di pubblici costumi, alla tutela delle casse delle diocesi (laddove queste potrebbero essere aggredite per via dei risarcimenti dei danni) e, non ultimo, alla stabilità di gerarchie mai davvero abituate al confronto e allo scrutinio trasparente e democratico (10). Ma veniamo al secondo punto, può il segreto imposto dal diritto canonico collidere con il diritto dello Stato? Ovviamente queste considerazioni non possono che essere svolte relativamente all’ordinamento italiano. Come giustamente affermato da molti osservatori, il nostro diritto penale non impone al semplice cittadino l’obbligo di denunciare i reati di cui sia venuto a conoscenza se non nel caso di reati contro la personalità lo Stato puniti con l’ergastolo (artt. 364 c.p. e 333 c.p.p.). Il prelato che venga a conoscenza del reato in ragione del suo ufficio può ritenere, anche a torto, di non sporgere denuncia contro il suo sottoposto, senza per questo violare la legge. Ma qui sembra esserci un passo oltre. La normativa in questione infatti non si limita a chiedere o suggerire il silenzio ma lo impone. Per di più lo impone non solo all’autorità ecclesiastica, ma a chiunque venga a conoscenza dei fatti di causa e soprattutto lo impone alla vittima. L’art. 378 c.p. punisce a titolo di favoreggiamento personale «chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione [...] aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa». Le modalità con cui l’Instructio chiede il rispetto del silenzio, un giuramento formale orale e scritto, e le pene canoniche previste, fino alla scomunica, sembrano essere tali da condizionare fortemente la volontà di coloro che volessero rivolgersi alla giustizia dello Stato. Se questo integri il favoreggiamento, o l’induzione a non rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria di cui all’art. 377-bis c.p., spetterebbe ad un giudice accertarlo tenuto conto di tutte le circostanze di fatto. Peraltro la responsabilità penale è personale e andrebbero individuati i necessari collegamenti di causalità e colpevolezza. Da coloro che invece sostengono che il principio di leale collaborazione con le autorità supera l’imposizione del silenzio attendiamo l’indicazione di tutti i casi in cui la gerarchia ecclesiastica ha ritenuto di dover collaborare al benessere della società indicando alla giustizia questi crimini e questi criminali, senza coprirli e senza portarli in giro per le parrocchie di mezzo mondo.
(*) Mario Di Carlo è ricercatore della Fondazione Critica liberale e coordinatore della Consulta Romana per la laicità delle Istituzioni.
NOTE
(1) Per un’ampia documentazione di veda il sito www.bishop- accountability.org .
(2) Cfr. S. Bolognini, Preti pedofili: tolleranza e titubanza, “Critica liberale” 135-137, gennaio-marzo 2007, p. 102.
(3) Il documentario è andato successivamente in onda il 31 maggio 2007 durante la trasmissione Anno Zero di Rai 2.
(4) A. Galli, Infame calunnia via internet, “Avvenire”, 19-5-2007; M. Introvigne, La congiura degli ignoranti, “Il Giornale”, 23-5-2007 e Molto rumore per nulla, in www.cesnur.org; M. Politi, intervista con J. Herranz, “La Repubblica”, 24-5-2007.
(5) “Quia Instructio Crimen sollicitationis hucusque vigens, a Suprema Sacra Congregatione Sancti Officii edita die 16 mensis martii anno 1962, recognoscenda erat novis Codicibus canonicis promulgatis”.
(6) Cfr. in part. i canoni 1387 e 1395.
(7) Art. 609-quater, co. 1 (Atti sessuali con minorenni) «Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza».
(8) Cfr. Costituzione apostolica Secreta continere, Acta apostolicae sedis 1974, pp. 89-92.
(9) “Catholic News Service”, 19 giugno 2003.
(10) Non ci si può esimere da notare, inoltre, che la sciagurata politica di trasferimenti dei sacerdoti in odore di pedofilia è (o era) il retaggio di una cultura che fatica a confrontarsi con (e ad accettare) i dati scientifici.
Nella rubrica I documenti: CRIMEN SOLLICITATIONIS (16 Marzo 1962), EPISTOLA (18 maggio 2001)
(15-7-2007)
L’inchiesta, prima parte:
250mila quelli censiti, ne vengono
chiusi a centinaia ma risorgono in continuazione
Pedofilia, ecco la Rete degli orchi
Su Internet i siti dell’orrore
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - Per entrare nella stanza dell’orco non bisogna nemmeno bussare. Si saltano le presentazioni. Nessuna maschera o identità posticcia. Al massimo: un nickname a scadenza. In molti casi neanche quello. Entri e fai i tuoi porci comodi, e anche ottimi affari. Indisturbato. Impunito. Senza pagare un centesimo. Anche se con Internet non sei un drago. Bastano un minimo di dimestichezza telematica e un paio di dritte giuste per accedere gratuitamente alla galleria degli orrori della pedofilia on line. Lì si può mettere in piedi, in quattro e quattr’otto, un mercato nostrano, redditizio. Scarichi, gratis, foto vietatissime, e le rivendi.
Spiega un italiano che si firma Eric e che conosco su un forum cileno: "Crei un free book a costo zero, lo immetti sul web, attivi le modalità di pagamento attraverso il solito sistema di carte di credito, e il gioco è fatto". In un giorno puoi mettere in cascina anche 10 mila contatti. Che sono un bel po’ di soldi. Su 10 mila visitatori il 10 per cento (1000 utenti) acquista; un book di 10 foto viene sugli 80 euro (70 $); in ventiquattro ore i più furbi riescono a tirare su anche 80mila euro. Si chiamano pedosciacalli. Sono i nuovi raider della pedofilia telematica. Scaricano gratis e rivendono. Una figura di pedofilo autarchico, furbetto. Il business prima del piacere sessuale. O assieme. Sono loro, oggi, il vero incubo delle polizie postali di tutto il mondo.
Per un po’ di giorni abbiamo navigato nel mare grande della pedopornografia: per capire quanto fosse diffuso, e quanto fosse facile entrarci. Troppo, in entrambi i casi. Abbiamo conosciuto i pedosciacalli e i pedofili delle chat, quelli che si scambiano materiale non a fini di lucro ma solo per piacere. E i pedofili culturali, certo, la versione sofisticata, solo apparentemente platonica, dell’orco. E poi i pedofili sfacciati, quelli che si mostrano in viso e ti invitano a entrare nella loro "grande famiglia". Quella dove l’amore "non ha barriere", e "i nostri angeli e le nostre ninfe meritano solo dolci carezze". Entrando in queste "grandi famiglie" - sono 256.302 i siti web monitorati dal 2001 a oggi dalla polizia postale, 155 quelli chiusi in Italia, 10.376 quelli segnalati all’estero - abbiamo visto foto e video di bambini e bambine di ogni età. Nudi, seminudi, qualcuno cosciente, la maggior parte no, tutti abusati, ridotti a pupazzi con lo sguardo vitreo dai loro aguzzini. È stato un viaggio nell’orrore, in un nero mercato che prevede anche la morte. I pedofili immettono nel circuito telematico immagini delle loro prede da morte dandole in pasto - a pagamento, fino a 20 mila euro in Europa, molto meno se riesci a scovarle sugli ormai diffusissimi e più economici portali mediorientali, soprattutto iraniani e iracheni o africani - ai maniaci del pedosnuff (snuff, morire). Oppure le fissano sul digitale quando devono ancora nascere.
Quando sono feti di sette-otto mesi. "La merce più rara e più ambita della pedofilia estrema, assieme ai bambini sfigurati vittime di incidenti stradali, oggi sono le ecografie neonatali - spiega don Fortunato Di Noto, dell’associazione Meter impegnata da anni nella lotta alla pedofilia - . Gli "infantofili", e cioè gli amanti del genere da 0 a 4 anni, una tipologia in continua crescita, se le contendono a caro prezzo: anche 10 mila euro se l’immagine è nitida. E il commercio sul web è sempre più fiorente". Alcune ecografie provengono dagli ospedali e dagli studi medici del Sud Italia, da Napoli, da Palermo, o dai paesini sonnacchiosi dell’entroterra dove tutto accade e nessuno sa. Non sanno i medici, non sanno le ostetriche, non sanno i genitori. Chi sa benissimo ciò che sta facendo sono i cyber utenti. Una tribù che ogni giorno a tutte le ore si scambia materiale, esperienze, curiosità, indirizzi web, consigli, sulla loro ossessione.
Sono un esercito gigantesco i pedofili virtuali. Alex, americano del New Jersey, barba e capelli stile Bee Gees, non si fa problemi a mostrarsi in viso, sbracato in poltrona, o nel letto, in compagnia delle sue lolite. Nel suo portale - del quale omettiamo volutamente l’indirizzo ma che è in assoluto uno dei più frequentati e forniti - Alex espone i prodotti della ditta. Si va dai neonati alle bambine di sette-otto anni. Ci sono foto da voltastomaco. Decine di porn lover page e in mezzo lui, in canottiera, orgoglioso, che tiene in braccio una bambina con addosso solo il pannolino. Mi informa che questo mese c’è un’offerta speciale: "79 $ per tutta la settimana". In pratica: paghi e per sette giorni hai accesso alle immagini. Ma decine di foto sono scaricabili senza pagare. Crearsi un quaderno personale è un attimo. Rivenderlo, pure. Una delle cose più impressionanti di questo mercato è la facilità con cui da consumatore puoi diventare produttore. Per dire: ci sono navigatori italiani che hanno spremuto il sito di Alex e ne hanno fatto un pozzo di approvvigionamento per i loro business. Non daremo il nome di questi e altri siti e chat e forum - l’iniziale e basta - per evidenti ragioni. Se ne occuperà la polizia postale. Gli adolescenti sono già bombardati dai pedofili via telefonino: una pioggia di messaggi per invogliarli a spogliarsi, a inviare foto in cambio di ricariche telefoniche e piccole regalie. Un adescamento sempre più diffuso, che ha per obiettivo finale l’incontro.
I primi connazionali con cui entriamo in contatto li incrociamo sul forum "K...". Una chat di boylover e girlover dove si danno appuntamento pedofili di tutto il mondo. Non ci sono foto, su "K"; solo messaggi. Dopo essere stati esaminati e accettati accediamo alla room chiamata the lounge. Michele-Ita e Salvatore-Ita: ci si firma così, con nome - vero o falso che sia - e sigla della nazione di provenienza. Michele mi dà il benvenuto in inglese: "Ciao, sono felice di conoscere una persona come me libera da pregiudizi. Questo - aggiunge con soddisfazione - è l’unico forum dove si può conversare liberamente e condividere in allegria la passione per i bambini e le bambine". Provo a rivolgere a Michele qualche domanda vagamente personale. E’ evasivo. Mi dice solo: "Ho 48 anni e adoro i bambini tra i 10 e i 14 anni". I pedofili (a eccezione dei "culturali") non amano parlare troppo di sé. Di solito vanno subito al sodo. Si concentrano sulla preda. Sulle fotografie, sui video. Scambiano dritte sui siti dove poter reperire materiale. Salvatore-Ita snocciola un indirizzo buono fatto di molti numeri: "Vai su "2..." e troverai roba interessante". Clicco. Si schiude l’home page di uno dei portali più grossi e hard nel panorama della pedofilia virtuale. Sequenze interminabili di neonati e bambini ritratti in pose oscene. Mi accolgono in modo ospitale: "Benvenuto nella "sick...", il paradiso della depravazione infantile". Scene di sesso tra adulti e bambini, o solo tra bambini. Sono minori di varie nazionalità. A occhio, soprattutto Europa dell’Est, Asia, Africa. Secondo i dati raccolti dall’associazione Meter e incrociati coi colleghi di altre nazioni, i bambini coinvolti nel mercato pedopornografico sono oltre 2 milioni: il 78% femmine, il 22% maschi. Per il 70% sono di razza bianca, per il 20 di provenienza asiatica e africana, e per il 10 di origine araba e mediorientale. (Continua)
(la Repubblica, 16 luglio 2007)
II PARTE
Un giro di affari spaventoso.
Su Internet si presentano come "grandi famiglie"
Pedofilia, olocausto bianco
due milioni le vittime in Rete
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - L’archivio di free photo su "2...." è corposo. Basta cliccarci sopra e le puoi scaricare. La prima e anche l’ultima cosa che pensi è: possibile che nessuno riesca a bloccare quella sequenza di immagini? Domenico Vulpiani è il direttore capo della polizia postale: "I siti a pagamento, che in effetti contengono anche delle foto e dei video scaricabili gratuitamente, in realtà offrono sempre lo stesso materiale: sono come un film porno, le immagini sono sempre quelle. Ai veri pedofili oggi interessa roba nuova, produzione domestica, casalinga, non i posati, pure hard e molto spinti, dei pay site. Il materiale se lo scambiano nelle chat. Tra una discussione e l’altra. Anche se apparentemente innocuo, il terreno più infetto e pericoloso oggi sono proprio le chat". Lolita, Fiordaliso, Ninfe. Nomi da retorica pedopornografica. Parole chiave con cui accedere alle decine di forum dell’orgoglio pedofilo. E alle loro bacheche. Sempre su "2...": "Mi intriga molto la sezione dei ragazzini", scrive un tedesco che si firma Hans B. Eric, dalla Francia, ringrazia: "Complimenti per l’ottimo lavoro. Questo è in assoluto il sito che preferisco". Hans B lo ritrovo un paio di giorni dopo chattando su "C...", una chat creata dal cileno Alain (vive a Santiago, fa l’insegnante, film preferiti Fucking Amal e Lolita). "Vieni a trovarmi su "f..." e su "l...". Poi mi dici cosa ne pensi, a proposito di amore libero e senza più barriere. Ok?". Aggiunge: "Ho molto materiale da offrirti, tu ne hai? Potremmo scambiare qualche video, cose con piccoli angeli di due o tre anni... ".
"La centrale mondiale della pedopornografia oggi è San Pietroburgo - continua don Di Noto - La maggior parte dei bambini e anche la produzione di video e fotografie provengono da là. Gli italiani quei siti li divorano, ne creano di loro ma su server stranieri. Perché sui server italiani c’è un controllo capillare e ormai serratissimo, divulgare materiale è rischioso". Usa, Russia, Iran, Iraq, Israele, Sudafrica, Nigeria: la mappa dell’"olocausto bianco", come lo chiamano le decine di organizzazioni che combattono la pedofilia in tutto il mondo, è in continuo e sfuggente movimento.
Su 158 milioni di minori sfruttati ogni anno in tutto il pianeta, si calcola siano almeno 2 milioni quelli coinvolti nel mercato pedopornografico. Una tratta da 1 milione e 200 mila piccoli schiavi ogni anno. I loro corpi ingrassano gli affari dei pedosciacalli. Le persone arrestate per pedofilia on line dalla polizia postale, dal 2001 a oggi, sono state 187; 3.346 le perquisizioni, 3.655 i soggetti denunciati in stato di libertà. "Stiamo mettendo a punto una black list. In pratica vieteremo l’accesso a tutti i siti pedopornografici con i provider italiani - spiega Marcello La Bella, direttore della polizia postale di Catania - Almeno con quelli... Perché con i provider stranieri uno può accedervi comunque". Per questo la maggior parte dei nostri pedofili on line si sposta, almeno virtualmente, in Olanda e in Belgio e nel Lichtenstein (patria dei pedofili culturali). Per la serie: fatta la legge, trovato l’inganno.
L’americano Alex è un pedofilo sfacciato. Sa di rischiare la galera, anzi, come informa nel suo sito, al fresco ci è già stato. Ma tant’è, "amo i bambini e amo passare il tempo in loro compagnia. Questo sito è una grande famiglia dove chiunque può accedere". Altri, più subdoli di Alex, autosdoganandosi e rivendicando il loro diritto ad "amare i minori", si nascondono dietro il fragile paravento della pedofilia culturale. Teorizzano. Filosofeggiano sui portali dove è tutto un inno all’orgoglio pedofilo. Si ammantano di una patina culturale, tirano in ballo il Simposio di Platone. Poi abbandonano i sofismi e si fiondano nella vetrina-labirinto dove sono esposte le loro vittime: e lì comprano "piccole creature" con cui divertirsi. Una delle principali porte di accesso italiane alla pedofilia culturale è il sito "J...". Sull’home page campeggia il ritratto di un adolescente con la folta chioma pettinata a caschetto. Sopra c’è scritto: ""J" è stato creato apposta per quanti scoprono di potersi innamorare di bambini o giovani. Di questi tempi - si legge - non è cosa facile scoprire questa parte di sé. Qui si può parlare di questi sentimenti in un’atmosfera confidenziale. Potrai ascoltare come altre persone vivono questa condizione e ti sarà possibile fare la tua scelta. Ricordati che non sei solo!". E poi: "Ti aiuteremo a vivere questo amore in un modo responsabile e rispettoso delle leggi".
Sono discussioni che vorrebbero apparire igieniche, quelle dei pedofili culturali. Chattando nei loro forum si possono tracciare dei profili umani. Uomini dai 30 ai 60 anni, cultura medio-alta, affetti da un apparente sdoppiamento della personalità. Pedofili sì, ma in senso buono, è la loro tesi. Che poi non si capisce come sia possibile. Il confine è molto, troppo labile. Scrive Carlo M, 46 anni, divorziato: "L’unica forma di amore puro e innocente puoi provarla per un bambino. Non credo più alle storie con gente adulta, uomo o donna che sia. Tradiscono, mentono. Non hanno la purezza e la sincerità dei nostri splendidi angeli". Gli diamo corda, e così anche a Eugenio che si fa chiamare Gene. Scrive: "Lo studio come lo sport sono ambiti dove il bambino o l’adolescente può e deve trovare libero sfogo. A noi tocca il compito di incanalare quello sfogo in una crescita formativa". Può sembrare una frase innocente, ma a leggere tra le righe mette i brividi. Né conforta la tesi di Domenico Vulpiani: "In realtà al vero pedofilo della pedofilia culturale non importa nulla. Non gli servono le parole ma le immagini".
Vado per l’ultima volta nella child room di "2...", e subito in quella, violentissima, di "P...". Un link mi trascina nell’archivio "Lolita...". E’ un pugno al ventre. Mi inviano una cartolina dal Canada. Non avrei mai voluto riceverla. Mi assale un conato di vomito. Esco dalla stanza dell’orco con il desiderio di non entrarci più.
(Fine)
Bergamo
Prete pedofilo condannato a 4 anni per violenza su 11enne
Val Scalve: prete condannato per pedofilia *
http://www.montagna.tv/?q=node/5534
Cronaca - Inserito da montagnatv il Ven, 2007-07-13 16:32
BERGAMO -- Come la bellezza delle montagne può essere rovinata dalle miserie umane. La vicenda che andiamo a raccontarvi viene dalla Valle di Scalve, in Bergamasca. Un sacerdote di 36 anni è stato condannato a quattro anni di reclusione per abusi sessuali su una ragazzina di 16 anni che, all’epoca in cui cominciarono le violenze (nel 2002), era solo undicenne.
Il giudice ha condannato per lo stesso reato, ma con una pena di sei anni, anche un altro uomo di 64 anni, interdetto a vita dai pubblici uffici. Secondo l’accusa, nel 2001 fu l’uomo ad avvicinare per primo la bambina. Due anni più tardi la piccola conobbe il curato del paese, ma il rapporto di affetto, stando a quanto appurato durante il processo, si sarebbe poi trasformato in attenzioni piu pesanti.
* Il Dialogo, Venerdì, 13 luglio 2007
Preti pedofili
Roma. Prete pedofilo recidivo condannato a 4 anni e 2 mesi.
E il cardinal vicario di Roma ed ex presidente della CEI Ruini dov’era? E mons. Fisichella non ha nulla da dichiarare? *
Dieci anni fa era già stato in prigione per lo stesso reato Roma: prete condannato per pedofilia A.D. 58 anni sacerdote e insegnante alla scuola Media Salvo D’acquisto dovrà scontare 4 anni e due mesi di carcere
ROMA - Sacerdote, insegnate e anche pedofilo, secondo la magistratura. E’ stato condannato, in rito abbreviato, dal gup Claudio Mattioli, a 4 anni e due mesi, un sacerdote accusato di aver abusato di due ragazzini. Il prete, A.D., di 58 anni, di origine siciliana, officiava nella diocesi dedicata alla Madonna di Czestokova, alla Rustica, e insegnava religione alla scuola media di Roma «Salvo D’Acquisto». L’uomo, che per i fatti oggetto del procedimento era anche finito in manette, è da tempo agli arresti domiciliari in un convento di Benedettini Silvestrini a Bassano Romano. Il capo d’imputazione per A.D. è: atti sessuali con minori, aggravati dal fatto che le vittime erano a lui affidate «per ragioni di educazione e di vigilanza». Il giudice ha imposto anche una provvisionale di 15mila euro di rimborso alle vittime.
GIA’ CONDANNATOPER LO STESSO REATO - In passato era già stato condannato dieci anni fa per una storia molto simile ma, scontata la pena, era tornato alla sua attività a scuola e all’oratorio. Arrestato nell’estate scorsa, il religioso, inizialmente, aveva negato tutto, ma in seguito aveva confessato, almeno in parte, cercando però di sminuire la gravità delle violenze. La prima denuncia a carico di A.D. venne presentata dai genitori di un dodicenne con gravi problemi psichici, un ragazzo "affetto da un disturbo del comportamento nell*ambito dell*organizzazione cognitiva borderline". Il giovane, che frequentava l*oratorio della Rustica, raccontò di essere stato palpeggiato e molestato dal sacerdote e, qualche giorno dopo, alcuni amichetti della stessa età gli raccontarono di aver subìto lo stesso tipo di violenze. In seguito si accertò un secondo caso, avvenuto, stavolta, durante un campo scuola nell*isola di Ventotene. A.D. aveva sorpreso un gruppo di ragazzi che scherzavano e si misuravano gli organi genitali. Il religioso avrebbe approfittato della circostanza per rivolgere pesanti avances a un altro adolescente, anche lui di 12 anni.
05 luglio 2007
Fonte: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/07_Luglio/05/prete_pedofilo.shtml
* Il Dialogo, Venerdì, 06 luglio 2007
Preti pedofili
USA/ Abusi sessuali, 5 anni al prete che si dichiara colpevole
Il reverendo McCormack ottiene sconto di pena *
di Ap- Apcom
New York, 2 lug. (Ap- Apcom) - Cinque anni di carcere per il reverendo Daniel McCormack, il prete della chiesa cattolica di Sant’Agata a Chicago incriminato nel gennaio del 2006 per abusi sessuali nei confronti di cinque ragazzini di età compresa tra 8 e 12 anni. McCormack ha ammesso la sua colpevolezza, ottenendo così uno sconto di pena. La dichiarazione di colpevolezza ha anche posto fine al processo, senza che le vittime abbiano dovuto testimoniare in aula.
Gli episodi per i quali McCormack andrà in pigione risalgono al 2001; ma non sarebbero i soli. All’epoca, era anche insegnante di algebra e allenatore di basket nella scuola di Nostra Signora del Westside: i bambini dei quali ha abusato erano suoi allievi, o loro amici.
Dopo l’emergere del caso, nel settembre del 2005, l’Arcidiocesi di Chicago non aveva preso alcun provvedimento nei confronti del prete, sospeso solo dopo l’incriminazione formale. Adesso, annnuncia il cardinale Francis George, McCormack dovrà rinunciare ai voti: la procedura è già stata istruita, perchè "l’abuso sessuale sui bambini è un peccato e un crimine".
* Il Dialogo, Mercoledì, 04 luglio 2007
Preti pedofili
Convegno su chiesa e pedofilia: tutto quello che Santoro non ha detto ad "anno zero"
di Agenzia ADISTA n. 49 del 7-7-2007 *
33961. ROMA-ADISTA. È una sorta di contro-Annozero il convegno organizzato lo scorso 22 giugno dalla Rosa nel Pugno su “La repressione sessuale: una politica che genera violenza”. Ed infatti il deputato radicale Maurizio Turco apre i lavori con un durissimo attacco alla puntata della trasmissione di Michele Santoro andata in onda il 31 maggio (vedi Adista n. 43/07): “Santoro ha sacrificato la verità sull’altare dell’audience - ha dichiarato Turco -. Pur di andare in onda ha accettato di concordare la trasmissione con Fisichella. Senza questo accordo la trasmissione non avrebbe ricevuto l’autorizzazione perché il Vaticano l’avrebbe impedito ed è per questo che il conduttore ripeteva continuamente che si trattava di ‘casi personali’. Bisognava accreditare i vertici della gerarchia come estranei alla vicenda, assolvendo l’istituzione nel suo complesso in quanto non responsabile del comportamento dei suoi singoli membri. È esattamente il contrario di ciò che si è fatto negli Stati Uniti”. Lo stesso Fisichella - ha rivelato il deputato radicale - ha posto il veto sull’invito in studio di Daniel Shea, l’avvocato di alcune vittime di preti pedofili che negli Usa ha tentato di trascinare in tribunale anche Joseph Ratzinger. L’accusa era quella di aver “ostacolato la giustizia” attraverso la lettera del 2001 con la quale l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede imponeva il “segreto pontificio” sui casi di pedofilia nel clero cattolico. Ma dopo la sua elezione al soglio pontificio, Ratzinger è stato ‘stralciato’ dal processo grazie all’immunità di cui gode in quanto “capo di Stato”.
Daniel Shea - che prima di diventare avvocato ha frequentato il seminario di Lovanio ed è un omosessuale dichiarato - è stato quindi invitato a partecipare al convegno della Rosa nel Pugno, in cui sono intervenuti, fra gli altri, anche Marco Marchese dell’“Associazione per la mobilitazione sociale”, Fausto Marinetti, Paolo Falcone ed Umberto Lenzi, del movimento dei preti sposati, Massimiliano Frassi, dell’“Associazione Prometeo onlus”, e Marco Pannella.
L’incontro è stato aperto dalla proiezione, in anteprima italiana, del film The Hand of God del regista italoamericano Joe Cutrera, presente al convegno insieme al fratello Paul, vittima di abusi. “Lo avevamo offerto gratuitamente a Santoro - ha dichiarato Turco all’agenzia Dire - che ha invece preferito pagare per il documentario della Bbc. Siamo certi che la Rai continuerà a sottrarre alla conoscenza pubblica i fatti mentre noi chiediamo che i fatti siano resi noti perché l’opinione pubblica li possa giudicare”. “La storia di Paul Cutrera è la mia storia - ha commentato Marco Marchese -; è la storia di tutte le vittime di abusi da parte di membri del clero. La Chiesa si dice ‘non responsabile’ di questi fatti, ma la responsabilità della Chiesa è oggettiva. Nel documento della Congregazione per i vescovi ‘Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Apostolorum successores’ si legge che ‘la chiamata agli ordini è responsabilità personale del vescovo e del superiore maggiore’ i quali ‘hanno il dovere di accertarne la maturità affettiva’. Quindi se ci sono dei pedofili che sono diventati preti la responsabilità è di qualcuno, qualcuno che non sa discernere, e che non dovrebbe guidare nessun ‘gregge di Dio’”.
Secondo Fausto Marinetti - ex cappuccino, già missionario in Brasile - occorre “tentare di scoprire la cause a monte di tali atrocità. È troppo facile puntare il dito contro i preti pedofili. Alla base di tutto c’è l’educazione impartita nei seminari, ambienti artefatti ed asettici nei quali si impone una visione cupa della corporeità e della sessualità”. “Anch’io sono stato abusato - ha detto Marinetti, visibilmente commosso - sono stato abusato nell’anima! L’unica donna ammessa in seminario è la vergine Maria. La figura femminile diventa una sorta di fantasma, una figura disincarnata. Ricordo quando a 13 anni andavo a cercare sulle riviste dell’epoca i volti di donna per scorgere una figura materna”. Tutto ciò compromette in maniera profonda un sano sviluppo della maturità affettiva e sessuale dei seminaristi: “L’ambiente naturale di crescita è la famiglia”. In seminario, invece, l’impostazione repressiva esclude qualsiasi “educazione al controllo delle pulsioni e dei sentimenti”. Ed ecco quali sono i risultati. (emilio carnevali)
Articolo tratto da
ADISTA
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* Il Dialogo, Lunedì, 02 luglio 2007
Gli ex parrocchiani che subirono gli abusi scrivono ad Antonelli
Le vittime di don Cantini: "Per lui un processo penale" *
di Maria Cristina Carrutù
Un processo penale giudiziario. Le vittime di don Lelio Cantini, il prete accusato di violenza sessuale a plagio da suoi ex parrocchiani della Regina della pace, non si rassegnano. E, «fortemente incoraggiati» dall’intervento di monsignor Rino Fisichella alla trasmissione «Annozero» del 31 maggio scorso, hanno scritto all’arcivescovo Ennio Antonelli. Per chiedere alla Curia fiorentina quello che avevano già chiesto, finora inutilmente: e cioè, un processo penale giudiziario contro don Cantini, a norma del diritto canonico. Con ascolto dei testimoni e delle vittime, e un giudizio finale collegiale, laddove, nel processo penale amministrativo, è l’arcivescovo a prendere personalmente provvedimenti. Nel caso di don Cantini Antonelli ha sospeso il prete dalla celebrazione dei sacramenti e della messa in pubblico per cinque anni, ma le vittime hanno sempre ritenuto che per i crimini ammessi dall’ex parroco fosse una pena del tutto insufficiente.
E così, in una lettera firmata da ben diciotto di loro e inviata il 7 giugno scorso, per conoscenza, anche alla Congregazione per la dottrina della fede, ad Antonelli le vittime danno questa volta un mese di tempo per rispondere, trascorso il quale, annunciano, richiederanno il diretto intervento della Congregazione, alto organismo della Santa Sede.
Fisichella, si legge nella lettera, «ha pubblicamente e privatamente ringraziato tutti noi del coraggio e della determinazione finora mostrate, esprimendo chiaramente e inequivocabilmente la necessità di istruire un processo canonico giudiziario» per «far luce e chiarezza su tutti gli aspetti delle vicende legate a don Cantini». Comprese, ricordano le vittime, «le eventuali reiterazioni in epoca recente dei reati», che così non sarebbero soggetti a prescrizione. Fra i reati attribuiti a don Cantini, ricordano, c’è oltretutto l’assoluzione del complice istigato a commettere peccato, che comporta la scomunica immediata latae sententiae riservata alla Santa Sede. E se è vero che in presenza di prove certe, come in questo caso, e dell’ammissione del colpevole, si può ricorrere al processo amministrativo, su reati come la pedofilia e l’assoluzione del complice, considerati «gravissimi» dal diritto canonico, a giudicare non deve essere una Curia locale ma direttamente la Congregazione per la dottrina della fede. Lo ricorda Paolo Moneta, uno dei massimi esperti di diritto canonico: sebbene quanto prefigurato da Fisichella «non rientri nelle procedure normali», dice, «la Congregazione può disporre che, per fare maggiore giustizia su reati gravissimi, una procedura giudiziaria si possa riaprire», e un decreto amministrativo già emesso da un vescovo «revocare».
* Il Dialogo, Mercoledì, 20 giugno 2007
OPINIONI
Preti pedofili? La Chiesa sia credibile
Una macchia che coinvolge il 3% del clero: la stessa percentuale dei ministri di culto di altre confessioni che finiscono in tribunale ma sono ignorati dai giornali
di FILIPPO DI GIACOMO (La Stampa, 1/6/2007)
E’ la Chiesa Cattolica la "grande prostituta" del mondo»? Il pregiudizio urlato dal leader degli unionisti calvinisti dell’Ulster davanti a Giovanni Paolo II, nell’emiciclo di Strasburgo l’11 ottobre 1988, fa parte dei vari linciaggi subiti attraverso i secoli dalla gerarchia e dal clero cattolici. Un pregiudizio antico quanto il cristianesimo, particolarmente coltivato e diversamente declinato in ambiente anglosassone da quando la riforma protestante prima e l’illuminismo poi gli hanno anche attribuito un valore confessionale e nazionalistico con un mix gradito alla politica.
Un pregiudizio tira l’altro e, man mano che la marea immonda dei preti cattolici accusati di pedofilia montava, sui media anglosassoni negli ultimi due decenni si è letto spesso: «è la Chiesa il vero pedofilo». Una macchia, attribuita alla persistenza della legge sul celibato per i sacerdoti cattolici di rito latino, ed estesa, proprio per questo, a decine di migliaia di chierici. In realtà, fonti non confessionali stabiliscono allo 0,3 per cento del clero la percentuale di infamia che si riferisce alla Chiesa Cattolica. Una percentuale del tutto simile a quella che colpisce i ministri di culto di altre confessioni religiose i quali forse perché non cattolici e perché operanti in terre anglosassoni, finiscono in tribunale ma vengono ignorati dai giornali.
L’infamia di una parte
Una percentuale notevolmente inferiore alle condanne per pedofilia inflitte agli educatori e agli insegnanti delle scuole pubbliche statunitensi e irlandesi, i due Paesi dove la pruderie di Sex crimes and the Vatican - il video che ha tanto eccitato Santoro e i suoi - ha pescato, casualmente, nel torbido. È stato il Wall Street Journal, in un editoriale di qualche anno fa, a elencare, per stigmatizzare e rigettare, la spendibilità politica a stelle e strisce della «grande prostituta». Sull’Unità del 29 maggio una intervistatrice chiedeva a uno scrittore anticattolico irlandese: «Di cattolicissimi restiamo solo noi italiani: ci faccia sognare, ci dica, come è avvenuto nel suo paese il crollo del cattolicesimo?». Il giornale per il quale scrive la giornalista con i sogni, in teoria, si rivolge a un elettorato che in un recente sondaggio si è dichiarato «credente» al 70% e «praticante» per quasi il 30%.
Se qualcuno spera di tradurre politicamente l’infamia di una parte del corpo clericale della Chiesa, moderando così la spinta verso il centro intravista nelle ultime (e nelle future) tornate elettorali, vuol dire che, almeno politicamente, non abbiamo più argomenti.
Il «mistero dell’iniquità»
E che, nello specifico del problema pedofilia, ancora non vogliamo dire realisticamente nulla; visto che, secondo i dati dell’Onu, è un problema che colpisce circa 150 milioni tra bambini e bambine. Le vere inchieste, quelle per cui vale la pena mettere in campo la libertà di stampa, dovrebbero riguardare fenomeni come il turismo sessuale, la pedopornografia, lo sfruttamento sessuale di minori...
Proprio per questo motivo, è particolarmente importante che la Chiesa ci dica con tutta sincerità come mai è successo che, anche al suo interno, quel «mistero di iniquità» che Giovanni Paolo II aveva riconosciuto nel mondo ha così pervicacemente colpito. Dovrà dirci ancora, con parole credibili, come farà a ricostruire quella fiducia tradita che tanti papà e mamme avevano riposto nella loro Chiesa. Perché, al di là di ogni fatto confessionale, l’immonda macchia della pedofilia ha gettato sulla testimonianza della Chiesa quel «tradimento» definito e stigmatizzato con dolore da Giovanni Paolo II, il Giovedì Santo del 2002, il giorno del sacerdozio ma anche il giorno di Giuda, in una memorabile omelia. Un tradimento, del tutto simile a quello di Giuda, dell’umano che è in tutti noi.
Preti pedofili
La diocesi di Chicago risarcisce con 6 milioni di dollari le vittime di abusi sessuali *
Fonte: http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsID=70549
La diocesi di Chicago che ha pagato 6,6 milioni di dollari a 15 vittime di abusi messi in atto da un gruppo di 12 sacerdoti fra il 1960 e il 1990. Si tratta dell’ennesimo accordo extragiudiziale raggiunto da una diocesi degli Stati Uniti in seguito a un procedimento giudiziario e quindi alle richieste di risarcimenti per episodi di pedofilia. La notizia è stata confermata dall’arcidiocesi e dal rappresentante legale delle vittime.
Secondo quanto sostiene la Chiesa di la maggior parte dei sacerdoti colpevoli degli abusi sono morti o gli è stato impedito di continuare ad esercitare il proprio ministero. Fino ad ora l’arcidiocesi di Chicago, secondo fonti ecclesiastiche ufficiali, ha pagato la somma di 52 milioni di dollari a 214 persone che hanno presentato domanda di risarcimento in seguito a dei procedimenti giudiziari per casi di abuso sessuale su minori.
Le cifre delle violenze
Negli Stati Uniti, secondo cifre fornite dalla stessa Conferenza episcopale, dal 1950 ad oggi, 10.667 persone sono state vittime di abusi sessuali, 4.392 i preti coinvolti nello scandalo. Numeri destinati a crescere ancora e che comunque vanno considerati per difetto in quanto in molti casi le violenze non sono mai state denunciate. Casi gravi e a volte gravissimi, come quello del seminario di Sant Polten, in Austria dove intervenne la stessa Santa Sede per fare pulizia, sono stati registrati dall’opinione pubblica in questi anni in Brasile, Argentina, Polonia, Messico.
Crimine enorme
Lo scorso ottobre il Papa avendo ricevuto in visita i vescovi irlandesi affermò che il reato di pedofilia è ancora piu’ grave quando è commesso da un prete e che in ogni caso si tratta "di un crimine enorme".
* IL DIALOGO, Venerdì, 01 giugno 2007
Riflessione
SINITE PARVULOS VENIRE AD ME=CRIMEN SOLLICITATIONIS era il 1962 *
di Doriana Goracci
Sinite parvulos venire ad me.
Vangelo di Matteo cap.XIX v. 14
http://video.google.com/videoplay?docid=3237027119714361315&pr=goog-sl
Hanno preso alla lettera queste parole. Non solo gli sventurati ecclesiastici malati di pedofilia ma coloro che hanno acconsentito, coperto, secretato, quelli che fanno scuola di morale cristiana.
Usano il silenzio degli infami, il silenzio mafioso, l’omertà che terrorizza, che blocca le azioni, la parola che viene detta e subito contestata, fatta ringhiottire, che si strozza in gola come la speranza,come una caramella di fiele.
Tutto questo e ancora di più, appare in questo video che già la Bbc ha fatto vedere agli altri, i non italiani.Dal 29 settembre 2006 . E’ una pluri intervista, condotta dai violentati ai violentatori e a qualcuno che non ci è stato, che non alberga più nella casa del pastore, costi quel che costi.E’ arrivato da noi, in internet , tradotto con i sottotitoli, dura quasi 40 minuti. La Rai non vuole spendere i suoi soldi per acquistarlo, Santoro impone la sua professionalità di giornalista che denuncia.
Che si veda e subito.
Che si dica, senza menzogne.
Come le violenze in famiglia, si sa che ci sono sempre state.
Come la violenza della Chiesa, si sa che è sempre esistita.
E oggi, ancora oggi tuonano, minacciano, scomunicano, ignorano, abusano. Proteggono e accolgono in Italia, nel loro regno che è anche la nostra terra, la nostra Roma del cupolone, questi soggetti che nessuno curerà, nè con psicoterapia, nè con il carcere. Si dicono servi di Dio, questi oppressori, questi censori.
Tuonano dall’alto della loro immonda innocenza, fulminano donne e uomini, si infilano come gas venefici nell’esistenza di chi conosce solo poche stagioni.
Abusano di chi è povero, di chi è umile, debole.
E non pagano neanche le prestazioni. Pagherà per la vita chi la violenza l’ha subita. E tutti dico tutte e tutti subiamo da sempre questi sermoni, queste oscenità che non hanno più calendario nè giorni festivi, imperversano come una pioggia acida. Hanno anche l’impudente tracotanza di appellarsi alla sacra famiglia unita, e lui il papa, come nelle immonde storiografie dei secoli passati dove almeno i precedenti pontefici non si facevano ritegno di manifestarsi nella loro bassa violenza, immerge tutto nel silenzio del diritto canonico che non conosce: le donne gli uomini l’amore.La morte della vita, della libertà.Era il 2001 e lo raccomandò l’allora cardinale questo documento del Santo Ufficio.
Si fa scudo la gerarchia cattolica delle parole dure e dolcissime che disse un Grande Ribelle, muovono guerra e chiamano vendetta, accolgono gli oppressori pari loro, già noi habemus papam, mai partecipata questa gioia, sappiamo che morto uno di papa se ne fa un altro.
La pace di lor signori è diventata l’incubo di troppi.
La preghiera la faccio io: cominciamo a denunciarli noi.
Doriana Goracci
* IL DIALOGO, Lunedì, 21 maggio 2007
Don Marco Dessì, ha scelto il rito abbreviato e ha avuto una riduzione di un terzo Dovrà risarcire le sue vittime con 100 mila euro ciascuno
Parma, 12 anni al missionario pedofilo
Abusava dei bambini in Nicaragua *
PARMA - Dodici anni di reclusione con rito abbreviato per don Marco Dessì, il missionario sardo accusato di abusi sessuali nei confronti di minori e detenzione di materiale pedopornografico.
Il Gup del Tribunale di Parma Roberto Spanò ha riconosciuto il sacerdote colpevole di tutte le accuse che sono state mosse dalla procura parmigiana. La sentenza tiene conto dello sconto di pena di un terzo previsto dal rito abbreviato con il quale il missionario di 59 anni è stato giudicato.
La Pm Lucia Russo, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del comando Provinciale di Parma e ha sostenuto in aule le accuse, aveva chiesto una condanna a 16 anni di reclusione. Le motivazioni saranno depositate entro quindici giorni. Alla lettura del dispositivo, Dessì, presente in aula, non ha avuto alcun tipo di reazione.
Ai tre ex ragazzi del coro del Gestsemani, vittime degli abusi perpetrati dal sacerdote e oggi tutti maggiorenni, il Gup ha riconosciuto una provvisionale "immediatamente esigibile" di 100 mila euro ciascuno.
I ragazzi si erano costituiti parti civili attraverso l’avvocato reggiano Marco Scarpati, che rappresentava in giudizio anche le associazioni ’Rock no war’ di Modena, ’Solidando’ di Cagliari e il Comune di Correggio (Reggio Emilia). Le due associazioni di volontariato per anni avevano aiutato don Dessì nella raccolta dei fondi da destinare alla missione ’Betania’, creata dal sacerdote a Chinandega una poverissima città del Nicaragua. Il sacerdote venne arrestato alla fine del 2006 al rientro in patria a Cagliari per farsi curare da una grave malattia.
Proprio dalle denunce raccolte in Nicaragua dai volontari italiani sono partite le indagini della procura parmigiana. Le violenze sessuali contestate al sacerdote (da mesi sospeso a divinis dal Vaticano) si riferiscono a ad abusi commessi a metà degli anni ’90 su piccoli componenti del coro fondato da Dessi’.
Quella per il sacerdote è "una pena severa che deve essere accolta con rispettò", ha detto la Pm Russo. L’avvocato Romano Corsi, che assiste Dessì assieme al collega cagliaritano Pierluigi Concas, ha già annunciato che la difesa ricorrerà in appello appena preso visione delle motivazioni della sentenza.
Prima di essere ricondotto in carcere, Dessì, come ieri sera, ha ricevuto il saluto e l’incoraggiamento di alcuni amici e sostenitori. "Abbi fede, Marco", hanno gridato al sacerdote mentre questi montava sul cellulare che lo avrebbe ricondotto nel carcere di via Burla.
* la Repubblica, 23 maggio 2007
Riflessione
Pedofilia e clericalismo: una cosa rimanda all’altra...
di P.C. *
Nelle reazioni indignate, convulse, emotive e partigiane seguite al Documentario della BBC sulla pedofilia del clero, emerge chiaramente che la maggioranza pare non accorgersi di quale sia il vero problema nella Chiesa.
Il vero problema non è tanto la pedofilia di diversi preti poiché questo terribile male è diffuso pure in altri ambiti e in realtà molto distanti da quelle clericali.
Il vero problema è l’atteggiamento prevalente negli alti chierici davanti a questo crimine. Questo atteggiamento rivela diverse cose. Le elenchiamo.
1) Prima di tutto rivela che nella Chiesa esistono zone protette. Un laico che abusa sessualmente viene sottoposto alla giustizia umana. Un chierico, viceversa, viene protetto dalla giustizia umana. Ad un laico che commette omicidio il confessore impone di costituirsi alla polizia. Ad un chierico che uccide nell’anima un bambino il confessore applica un statuto speciale che non gli impone altrettanto e lo protegge dalla polizia. Il chierico-pedofilo così potrebbe continuare indisturbato a produrre vittime che per tutta la vita si porteranno dentro profonde ferite. Chi ha queste ferite deve perdonare e non pensarci su. Dimenticare non è mai stata la vera terapia per chi subisce questi schok. L’invito a dimenticare indica con quale leggerezza si affrontano questi problemi, indica che - IN REALTA’ - le vittime non sono assolutamente tutelate e prese in seria considerazione.
2) Esistono dunque due realtà nella Chiesa: i chierici (protetti dal giudizio e dalla riparazione perfino se fanno cose criminali) e i laici (esposti al giudizio e alla riparazione perfino per le minime venialità). Questo rivela una perfetta mentalità farisaica: il pio fariseo scusa se stesso per le travi che ha nell’occhio ma filtra il moscerino che vede negli altri!
3) Questa disparità di trattamento dimostra che se agli occhi di Dio e del Vangelo tutti sono uguali, agli occhi clericali assolutamente no: esiste un ambito privilegiato e un ambito che può tranquillamente essere sfruttato; esiste chi sta "in alto" e chi sta inesorabilmente in basso, esiste chi giudica e non deve essere giudicato e chi deve solo ascoltare giudizi e non permettersi di giudicare!! La "Chiesa docente" degli alti chierici non imparerà mai dalla "Chiesa discente" degli umili sfruttati.
4) Inutile dire che questa bipartizione, all’interno della Chiesa di Dio, è un semplice segno di un male profondo, il CLERICALISMO, che, nonostante presenti i chierici come uomini che compiono un "servizio", in realtà spesso permette ad alcuni di loro - spesso i più elevati in grado - di essere dei despoti per i poveri cristiani. E’ naturale, quindi, che tra tutelare il prete pedofilo e la vittima, questo sistema preferisca decisamente coprire il prete!
5) Più i laici sono zittiti, più i gerarchi ecclesiastici si impongono. Più gli ecclesiastici si impongono più la Chiesa da luogo di dialogo, di confronto e di crescita, diviene come un corpo in preda ad una metastasi spirituale e a varie malattie psicologiche. Da luogo di "verità" la Chiesa viene stravolta divenendo "Cosa nostra"!!! Evidentemente in questa situazione i laici di fatto sono considerati inutili (tranne quando versano l’8 per mille).
LA VERA RISPOSTA ALLA PEDOFILIA NON E’ MORALIZZARE IL CLERO O IMPEDIRE AI GAY IL SACERDOZIO. QUESTO E’ FUMO NEGLI OCCHI, E’ PURA APPARENZA!!!
LA VERA RISPOSTA E’ CAMBIARE QUESTO SISTEMA E QUESTA MENTALITA’ DI CASTE, PER RENDERLO A SERVIZIO DELLA VERITA’ E NON DELLA COPERTURA E DELL’APPARENZA. IL DIO DEI CRISTIANI E’ UN DIO DI TRASPARENZA E DI VERITA’, NON DI PRIVILEGIO E DI MENZOGNA. QUEST’ULTIMO "dio" E’ SEMMAI IL DEMONIO AL QUALE SERVONO I FARISEI DEL VANGELO E CHI SI RENDE SIMILE A LORO.
CHI AVRA’ MAI IL CORAGGIO DI CAMBIARE IN PROFONDITA’? CHI SE NE RENDERA’ CONTO E INIZIERA’? SONO GRANDI DOMANDE ALLE QUALI - AL MOMENTO - NESSUNO FORSE PUO’ RISPONDERE.
* IL DIALOGO, Domenica, 20 maggio 2007
Preti pedofili
Crimini sessuali e Vaticano (documentario italiano)
Video che smaschera le gerarchie ecclesiastiche per avere coperto i preti pedofili ... *
Un video della BBC (con sottotitoli in italiano) che ognuno dovrebbe vedere per capire come le gerarchie ecclestiastiche della chiesa cattolica romana coprono i preti pedofili.
Testimonianze dirette di pesone violentate da preti. Le prove che Ratzinger, quando era cardinale, sapeva dei crimini commessi da molti preti sui bambini in America ma comandò che i fatti fossero tenuti segreti. Un video veramente scioccante, che deve essere fatto conoscere anche ai Cattolici Romani.
http://video.google.it/videoplay?docid=3237027119714361315
*IL DIALOGO, Lunedì, 14 maggio 2007
Ai danni della Chiesa e di Ratzinger
Infame calunnia via Internet
di Andrea Galli (Avvenire, 19.05.2007)
Ognuno, evidentemente, si consola come vuole. O, meglio, come può. Così stupisce solo in parte che dinanzi alla vitalità cattolica documentata sabato scorso in Piazza San Giovanni, ci sia chi trovi benefico sfogo a rovistare nel bidone della spazzatura alla ricerca di qualche lisca di pesce o di qualche uovo in decomposizione. Confidando magari che qualche organo di informazione, più o meno clandestino, non faccia troppo lo schizzinoso, e rilanci generosamente il tutto, offrendo al proprio pubblico come sicuro il cibo ampiamente avariato.
Ci riferiamo ad un documentario su preti cattolici e abusi sessuali che, mandato in onda dalla Bbc nel 2006, viene oggi sottotitolato in italiano da Bispensiero, sito di amici siciliani di Beppe Grillo, e caricato su Video Google, dove pare abbia un certo successo. A proposito di bocche buone. Si tratta di un pot-pourri di affermazioni e pseudo-testimonianze che furono apertamente sconfessate a suo tempo dalla Conferenza episcopale inglese, la quale invitò l’augusta Bbc a "vergognarsi per lo standard giornalistico usato nell’attaccare senza motivo Benedetto XVI".
Il pezzo forte del servizio infatti consisteva (e ancora consiste) nell’accusa rivolta a Joseph Ratzinger di essere stato niente meno che il responsabile massimo della copertura di crimini pedofili commessi da sacerdoti in varie parti del globo, in quanto "garante" per 20 anni - da quando fu nominato prefetto vaticano - del testo Crimen sollicitationis, che è un’istruzione emanata in realtà dal Sant’Uffizio il 16 marzo 1962. Da notare la data: nel 1962 infatti Joseph Ratzinger non era certo prefetto della futura Congregazione per la dottrina della fede, essendo in quel tempo ancora teologo molto impegnato nella sua Germania.
C’è da dire che quel documento veniva presentato dalla Bbc come un marchingegno furbesco, escogitato dal Vaticano per coprire reati di pedofilia, quando invece si trattava di un’importante istruzione atta ad «istruire» i casi canonici e portare alla riduzione allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile. In particolare, trattava delle violazioni del sacramento della confessione. Da notare che l’Istruzione richiedeva il segreto del procedimento canonico per permettere ad eventuali testimoni di farsi avanti liberamente, sapendo che le loro deposizioni sarebbero state confidenziali e non esposte a pubblicità. E di conseguenza anche la parte accusata non vedesse infamato il proprio nome prima della sentenza definitiva.
Insomma, un insieme di norme rigorose, che nulla aveva a che fare con la volontà di insabbiare potenziali scandali. E che il testo Crimen Sollicitationis non fosse pensato per tale fine lo dimostrava un paragrafo, il quindicesimo, che obbligava chiunque fosse a conoscenza di un uso del confessionale per abusi sessuali a denunciare il tutto, pena la scomunica. Misura che semmai dà l’idea della serietà del documento e di coloro che lo formularono, se si pensa che in base alla legge italiana il privato cittadino (tale è anche il vescovo e chi è investito di autorità ecclesiastica) è tenuto a denunciare solo i crimini contro l’autorità dello Stato, per i quali infatti è prevista la pena dell’ergastolo.
Senza contare che Joseph Ratzinger, più tardi diventato sì prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, avrebbe firmato - ma siamo nel maggio 2001 - una Lettera ai Vescovi e altri Ordinari e Gerarchi della Chiesa Cattolica, pubblicata anche negli Acta Apostolicae Sedis, dove si prevede espressamente che "il delitto contro il sesto precetto del Decalogo, commesso da un chierico contro un minore di diciotto anni", sia di competenza diretta della Congregazione stessa. Segno, per chi abbia un minimo di buon senso giuridico, della volontà romana non certo di occultare, ma di dare piuttosto il massimo rilievo a certi reati, riservandone il giudizio non a realtà "locali", potenzia lmente condizionabili, ma ad uno dei massimi organi della Santa Sede.
Questa, e non altra, è stata la posizione della Chiesa cattolica sui reati ad essa interni di pedofilia. Questa, e non altra, la limpida testimonianza del nostro Papa che in tempi non sospetti si scagliò contro la sporcizia nella Chiesa.
I calunniatori dovrebbero chinare il capo e chiedere scusa.
Scambiato da migliaia di utenti nel mondo il documentario che svelerebbe come Ratzinger tutelò alcuni sacerdoti responsabili di abusi
L’inchiesta Bbc sui preti pedofili diventa un caso su internet
ROMA - Un’onda di indignazione attraversa la rete e acquista ogni giorno portata maggiore. E’ bastato poco, che in realtà "poco" non è. La messa in Rete di un documentario della Bbc, titolo Sex Crimes and the Vatican, andato in onda in Gran Bretagna nel 2006, nel quale si svelano i risvolti inquietanti di una vicenda che coinvolse decine di sacerdoti, responsabili di reati di pedofilia, come quelli della diocesi di Ferns, contea di Wexford, Irlanda. E di come i reati, e i loro autori, vennero tutelati dalle autorità ecclesiastiche. Il video, che in Italia è stato acquistato da una società specializzata che sta provando a rivenderlo alle emittenti nazionali, è fra i più visti su You Tube e Google. La società ha diffidato formalmente il nostro sito a diffonderlo.
Nel documentario, si parla soprattutto del Crimen Sollicitationis, il documento segreto emesso dal Santo ufficio del Vaticano (oggi Congregazione per la dottrina della fede) nel 1962: fornisce istruzioni ai vescovi su come trattare i casi di sacerdoti accusati di usare la segretezza del confessionale per fare avances sessuali ai penitenti. Ma soprattutto di come porsi di fronte a crimini peggiori, come il coinvolgimento di un prete in rapporti sessuali con un animale, un bambino o un uomo.
Ebbene, il garante dell’applicazione di quelle direttive fu Benedetto XVI, all’epoca dei fatti ancora cardinale Joseph Ratzinger. Fu lui il responsabile della direttiva con la quale lo scandalo venne messo a tacere e i preti furono protetti e nascosti alle autorità.
Il video è crudo e esplicito, riporta le testimonianze di chi, all’epoca bambino, fu vittima degli abusi. Che viaggiasse su internet era prevedibile così com’era inevitabile che alimentasse la discussione. Utenti premurosi si sono presi la briga di tradurre e sottotitolare la versione integrale del documentario anche nella nostra lingua.
Così, la Ferns Inquiry, il Rapporto Ferns, ovvero l’inchiesta governativa ufficiale irlandese del 2005 che riguardava le denunce di abusi avvenuti nella diocesi irlandese, ma anche gli altri contenuti del documentario, si sono trasformati in uno dei documenti attualmente più diffusi e scambiati sul Web. Il dibattito si infiamma su siti e blog italiani, fra riflessioni pacate, giudizi netti e, com’è legittimo, dubbi e contestazioni.
* la Repubblica, 17 maggio 2007
Preti Pedofili
“Un armadio pericoloso”
di MARY GAIL FRAWLEY-O’DEA (Traduzione di Stefania Salomone)
Una psicologa sostiene che l’insistere della Chiesa Cattolica sui preti omosessuali - l’omosessualità è un segreto di cui vergognarsi - ha contribuito allo scandalo degli abusi sessuali *
11 marzo 2007
La posizione della Chiesa Cattolica sull’omosessualità si colloca tra gli altri aspetti della morale cattolica sulla sessualità, che è disattesa in genere sia dai laici che da molti preti. Nondimeno, l’ipocrisia di una chiesa che condanna l’omosessualità mentre può annoverare molti casi di preti omosessuali al suo interno, che amministrano i sacramenti è, tra altri fattori, direttamente implicata nello scandalo sugli abusi sessuali. La sottaciuta evidenza che il presbiterato è molto più omosessuale di quanto non si creda è confermata dall’obbligo imposto ai preti di non parlare apertamente del proprio orientamento sessuale, ma di predicare il peccato della omosessualità praticata. Messaggi contrastanti, segreti sessuali e realtà negate abbondano nell’ambito clericale nel quale la chiesa istituzionale appare l’incontrastata “Regina di Cuori”. La segretezza e la copertura degli abusi sessuali su minori diventa così una componente quasi inevitabile di questo reame folle, che induce alla follia. Ricerche recenti confermano che il 28-56% dei preti americani sia omosessuale. Molti uomini gay psicologicamente sani sono attratti dal presbiterato così come lo sono molti adulti eterosessuali. Essi amano Dio, desiderano perseguire un regime di vita di profonda spiritualità e sono preparati a vivere i valori evangelici in una comunità di fedeli. E’ probabile che gli uomini gay siano stati attratti dal presbiterato in maniera sproporzionata rispetto alla loro presenza nella società in genere. Fino a tempi recenti, e in alcuni casi nel nascondimento, ragazzi cattolici che si sono riconosciuti omosessuali, hanno trovato ostilità dalle famiglie, dagli amici e dalla chiesa. Vittime di insegnamenti che stabilivano che il loro agire omosessuale fosse intrinsecamente sbagliato e fosse peccato mortale, i gay cattolici affrontano dolorosi conflitti tra la propria identità e le proprie relazioni sociali. Abbracciare il presbiterato è una decisione che, fino a non molti anni fa, provocava una forma di orgoglio da parte delle famiglie, rendendo il seminarista o il prete figura grandemente stimata dalla comunità.
E’ anche logico ipotizzare che uomini omosessuali fossero attratti da un ambiente esclusivamente maschile quale rimane il presbiterato. Inoltre, quando i ragazzi entrano in seminario molto giovani, l’esplosione delle proprie pulsioni sessuali adolescenziali prevedeva praticamente una unica direzione verso cui indirizzarsi. Circondati da uomini o ragazzi, in un ambiente che vede la donna come un pericolo, eccetto per figure materne idealizzate o per la Vergine Maria, un seminarista adolescente ha ben poche scelte. Potrebbe essere attratto dalla propria madre o dalle persone che lo circondano, che per lo più sono gay. Ci troviamo così di fronte al paradosso di una organizzazione che insegna che l’omosessualità è un grave disordine e che poi costruisce un ambiente che promuove desideri omosessuali.
Molti uomini gay, cresciuti in quella che fino a pochi anni fa poteva definirsi una società omofobica, hanno vissuto la loro vita in un armadio nel quale hanno talvolta ignorato chi veramente fossero, nascondendolo perfino a se stessi. La teologia anti-omosessuale della chiesa cattolica, applicata nell’ambiente misogino del seminario ha portato a stimolare desideri sessuali proibiti o derisi, spesso costruendo intorno al giovane prete omosessuale un loculo soffocante. Qui, l’odio per se stessi che tormenta molti uomini omosessuali è stato ingigantito nel caso dei preti omosessuali, alcuni dei quali hanno tentato di affrontare la cosa nascondendo strenuamente il proprio orientamento sessuale, divenendo perfino intolleranti verso altri omosessuali. Rifiuto e dissociazione su vasta scala incoraggia a sottacere altri segreti sessuali come gli abusi sessuali sui bambini.
Da questa ipocrisia non può nascere, io credo, nessun sano beneficio né psicologico né spirituale. Sicuramente il papa, i cardinali, i vescovi o i preti che, guardandosi allo specchio, vedano un uomo omosessuale, hanno difficoltà a guardare in faccia un confratello che compie abusi e a dare un nome a ciò che vedono. Piuttosto, chiudono gli occhi di fronte al male, dato che tale umanità è stata etichettata come incline al male. Potrebbero addirittura incolpare o ignorare le vittime di abusi sessuali, prendendo inconsciamente le distanze dal proprio essere vittima della Chiesa e della società. Vengono costruiti quindi armadi dentro gli armadi, stipando mucchi di bugie; la verità diventa introvabile è ancor di più indicibile. Mary Gail Frawley-O’Dea è una psicologa specializzata in abusi sessuali e opera nel centro di Charlotte, North Carolina.
Mandare eventuali commenti a magazine@globe.com.
* IL DIALOGO, Martedì, 24 aprile 2007
La pedofilia dei funzionari di dio
di Enzo Mazzi (il manifesto, 18.04.2007)
E’ dolorosa e penosa questa vicenda di pedofilia, di violenze psicologiche, di ricatti morali, nella parrocchia fiorentina «Regina della pace».
La pedofilia del clero è un fenomeno antico, come del resto la pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è perché tale fenomeno si sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di denunciare gli abusi e perché il potere del clero è meno assoluto e è bilanciato da altri poteri fra cui quelli della stampa e della magistratura.
La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un livello di gravità e pericolosità particolarmente pesante. Il «sacro», cose sacre, persone sacre, luoghi e tempi sacri, proprio in quanto realtà separata tende a annullare la sacralità dell’esistenza normale, esclude la sacralità del creato e quindi è implicitamente e intrinsecamente fonte di violenza. Ma se il sacro si rende responsabile di esplicite forme di violenza, come nella pedofilia dei preti, allora la violenza esplicita e quella implicita, strutturale, si potenziano reciprocamente.
I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti, fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann «Funzionari di Dio» (Raetia, Bolzano, 1995).
Gli episodi di pedofilia emersi nella chiesa fiorentina, come in molte altre chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione chiesa. E’ ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione.
Fa parte di una pastorale «normale», che dovrebbe essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita. Per non parlare degli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo largamente maggioritario. Ma il Compendio del catechismo pubblicato di recente dal Vaticano, a domande e risposte preconfezionate, da cui non emerge nemmeno un minimo di senso di ricerca, di autonomia, di coscienza critica, non è esso stesso un invito all’indottrinamento? Come una madre possessiva, sembra che Madre Chiesa voglia mantenere in una perenne condizione infantile i suoi figli, tanto li ama. Se non rischiasse di essere male interpretato, verrebbe voglia di chiamare tutto questo «pedofilia strutturale» della chiesa, nel senso appunto di amore verso gli uomini e donne perennemente bambini. E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?
C’è inoltre il silenzio dei vertici ecclesiastici. Che è assordante. Grida la mancanza di comunione, di comunicazione, di collegialità che c’è nella chiesa. E’ un silenzio che denuncia l’imbarazzo e la solitudine delle gerarchie. Solo pochi giorni fa (domenica scorsa) il vescovo di Firenze ha rotto quel silenzio con una dichiarazione ai giornali. Ma con grande ritardo e in maniera reticente, come dichiarano le vittime, e inoltre senza un minimo di autocritica. I vescovi, non tutti ma molti, sono ancora, nonostante il Concilio, monarchi che decidono quasi sempre tutto da soli, con la scusa che il loro potere deriva direttamente da Dio. E quando si trovano di fronte a situazioni imbarazzanti come questo scandalo di pedofilia nella chiesa fiorentina, sono incapaci di muoversi, di parlare, di prendere decisioni sagge. Non denuncia proprio questo, seppur con altre parole, monsignor Alessandro Plotti, vescovo di Pisa, già presidente dei vescovi toscani, nell’intervista pubblicata su Repubblica giovedì scorso?
E’ tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etico-morali, simboliche. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.
Preti pedofili
Chi ha deciso in Vaticano di sottrarre i preti pedofili alla magistratura
di Pino Nicotri
Sorpresa: ecco chi, come e quando ha deciso in Vaticano di sottrarre i preti pedofili alla magistratura. Non lo indovinereste mai... *
Prima si sono rivolti con fiducia alla Chiesa, anziché ad avvocati e tribunali, inviando fin dal gennaio 2004 alla curia di Firenze esposti e memoriali sulle violenze sessuali ai danni di minori consumate per anni dal parroco Lelio Cantini, titolare della parrocchia Regina della Pace. Con la complicità di una donna, la solita “veggente” di turno le cui visioni di Gesù servivano alla selezione degli “eletti”, Cantini ha imperversato per anni e anni imponendo violenze, psicologiche e fisiche, fra cui quella sistematicamente rivolta a ragazzine di dieci, quindici, diciassette anni, di avere rapporti sessuali con lui, come forma, diceva, di “adesione totale a Dio”, facendo credere a ognuno e a ognuna di essere il prescelto e intimando il segreto assoluto pena il “castigo divino”. A furia di insistere, le vittime di Cantini hanno ottenuto qualche incontro con l’allora arcivescovo Silvano Piovanelli, con l’arcivescovo Ennio Antonelli e con l’ausiliare Claudio Maniago. Ma tutto quello che sono riusciti a ottenere è stato il trasferimento del parroco mascalzone in un’altra parrocchia della stessa diocesi nel settembre 2005, cioè ben 20 mesi dopo gli esposti, motivato ufficialmente “per motivi di salute”, vale a dire senza che venisse né denunciato alla magistratura né svergognato in altro modo né privato dell’abito talare con la sospensione “a divinis”.
Deluse, le vittime e i loro familiari si sono allora rivolti al papa, con una lettera del 20 marzo 2006 recante in allegato i dettagliati memoriali di dieci tra le almeno venti vittime di abusi. “Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio”, hanno spiegato al papa il 13 ottobre 2006 con una nuova, nella quale parlano di “iniquo progetto di dominio sulle anime e sulle esistenze quotidiane” e lamentano come a “quasi due anni” dall’inizio delle denunce dalla Chiesa fiorentina non fosse ancora arrivata né “una decisa presa di distanza” dai personaggi coinvolti nella vicenda né “una scusa ufficiale” e neppure “un atto riparatore autorevole e credibile”.
Alla loro missiva ha risposto il cardinale Camillo Ruini, ma in un modo francamente incredibile, di inaudita ipocrisia e mancanza di senso della responsabilità. Il famoso cardinale, tanto impegnato nella lotta incessante contro la laicità dello Stato italiano, a fronte alle porcherie del suo sottoposto si rivela quanto mai imbelle, omertoso e di fatto complice: tutta la sua azione si riduce a una lettera agli stuprati per ricordare loro che il parroco criminale il 31 marzo ha lasciato anche la diocesi e per augurare che il trasferimento “infonda serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti”. Insomma, fuor dalle chiacchiere e dall’ipocrisia, Ruini si limita a raccomandare che tutti si accontentino della rimozione di Cantini e se ne stiano pertanto d’ora in poi zitti e buoni, paghi del fatto che il prete pedofilo e stupratore sia stato spedito a soddisfare le sue brame carnali altrove. Come a dire che i parenti delle vittime della strage di piazza Fontana o del treno Italicus si sentano rispondere dal Capo dello Stato non con il dovuto processo ai colpevoli, bensì con una letterina buffetto sulle guance che annuncia, magno cum gaudio, che i colpevoli anziché andare in galera sono stati trasferiti in altri uffici e che pertanto augura, cioè di fatto ordina, “serenità” tra i superstiti e i parenti delle vittime. Un simile comportamento oggi non ce l’hanno neppure gli Stati Uniti: è vero che non permettono a nessuno Stato estero di giudicare i propri soldati quali che siano i crimini da loro commessi, da Mai Lay al Cermis, da Abu Graib a Guantanamo e Okinawa, ma è anche vero che gli Usa anziché stendere il velo omertoso del segreto li processa pubblicamente in patria e non sempre in modo compiacente.
Come sempre la Chiesa si comporta in tutto il mondo come uno Stato nello Stato, con la pretesa non solo di intervenire - come è particolarmente evidente in Italia - contro l’autonomia della politica, ma per giunta di sottrarre il proprio personale alla magistratura competente. Il dramma però è che Ruini ai fedeli fiorentini che hanno subìto quello che hanno subìto non poteva rispondere altrimenti, perché - per quanto possa parere incredibile - a voler imporre il silenzio, anzi il “segreto pontificio”
Ratzinger e la pedofilia *
di Jamie Doward
Nel maggio del 2001, il Cardinal Joseph Ratzinger, attuale Papa Benedetto XVI, inviò una lettera confidenziale a tutti i vescovi cattolici per proteggere la Chiesa nascondendo gli abusi sessuali sui bambini. Tali abusi dovevano rimanere segreti fino a 10 anni dopo che le vittime avessero raggiunto l’età adulta. Chi avesse violato il segreto sarebbe stato punito anche con la scomunica.
Riportiamo l’articolo del Guardian:
-Pope "obstructed" sex abuse inquiry.
Confidential letter reveals Ratzinger ordered bishops to keep allegations secret.
Jamie Doward, religious affairs correspondent
Sunday April 24, 2005
The Observer
Pope Benedict XVI faced claims last night he had "obstructed justice" after it emerged he issued an order ensuring the church’s investigations into child sex abuse claims be carried out in secret.
The order was made in a confidential letter, obtained by The Observer, which was sent to every Catholic bishop in May 2001.
It asserted the church’s right to hold its inquiries behind closed doors and keep the evidence confidential for up to 10 years after the victims reached adulthood. The letter was signed by Cardinal Joseph Ratzinger, who was elected as John Paul II’s successor last week.
Lawyers acting for abuse victims claim it was designed to prevent the allegations from becoming public knowledge or being investigated by the police. They accuse Ratzinger of committing a "clear obstruction of justice".
The letter, "concerning very grave sins", was sent from the Congregation for the Doctrine of the Faith, the Vatican office that once presided over the Inquisition and was overseen by Ratzinger.
It spells out to bishops the church’s position on a number of matters ranging from celebrating the eucharist with a non-Catholic to sexual abuse by a cleric "with a minor below the age of 18 years". Ratzinger’s letter states that the church can claim jurisdiction in cases where abuse has been "perpetrated with a minor by a cleric".
The letter states that the church’s jurisdiction "begins to run from the day when the minor has completed the 18th year of age" and lasts for 10 years.
It orders that "preliminary investigations" into any claims of abuse should be sent to Ratzinger’s office, which has the option of referring them back to private tribunals in which the "functions of judge, promoter of justice, notary and legal representative can validly be performed for these cases only by priests".
"Cases of this kind are subject to the pontifical secret," Ratzinger’s letter concludes. Breaching the pontifical secret at any time while the 10-year jurisdiction order is operating carries penalties, including the threat of excommunication.
The letter is referred to in documents relating to a lawsuit filed earlier this year against a church in Texas and Ratzinger on behalf of two alleged abuse victims. By sending the letter, lawyers acting for the alleged victims claim the cardinal conspired to obstruct justice.
Daniel Shea, the lawyer for the two alleged victims who discovered the letter, said: "It speaks for itself. You have to ask: why do you not start the clock ticking until the kid turns 18? It’s an obstruction of justice."
Father John Beal, professor of canon law at the Catholic University of America, gave an oral deposition under oath on 8 April last year in which he admitted to Shea that the letter extended the church’s jurisdiction and control over sexual assault crimes.
The Ratzinger letter was co-signed by Archbishop Tarcisio Bertone who gave an interview two years ago in which he hinted at the church’s opposition to allowing outside agencies to investigate abuse claims.
"In my opinion, the demand that a bishop be obligated to contact the police in order to denounce a priest who has admitted the offence of paedophilia is unfounded," Bertone said.
Shea criticised the order that abuse allegations should be investigated only in secret tribunals. "They are imposing procedures and secrecy on these cases. If law enforcement agencies find out about the case, they can deal with it. But you can’t investigate a case if you never find out about it. If you can manage to keep it secret for 18 years plus 10 the priest will get away with it," Shea added.
A spokeswoman in the Vatican press office declined to comment when told about the contents of the letter. "This is not a public document, so we would not talk about it," she said.
Clicca qui per visualizzare l’articolo originale sul sito del Guardian
IN ITALIANO
Il papa ha ‘occultato’ l’inchiesta sugli abusi sessuali
di Jamie Doward
Una lettera confidenziale rivela che Joseph Ratzinger ordinò ai vescovi di non svelare gli abusi sessuali su minori perpetrati da ecclesiastici.
Papa Benedetto XVI ha dovuto recentemente far fronte alle dichiarazioni che lo accusano di aver “ostacolato la giustizia”, in riferimento alla sua volontà di mantenere segreta l’inchiesta interna della Chiesa cattolica sullo scandalo degli abusi sessuali su minori.
L’ordine venne impartito tramite l’invio di una lettera segreta - di cui l’Observer è entrato in possesso - inviata nel maggio del 2001 ad ogni vescovo della Chiesa cattolica.
Nella lettera si affermava come la Chiesa dovesse riservarsi il diritto di non rendere pubbliche le proprie indagini per fino a 10 anni dal momento in cui le vittime degli abusi avessero raggiunto l’età adulta. La lettera portava la firma del cardinale Joseph Ratzinger, il successore di Giovanni Paolo II.
I legali delle vittime hanno dichiarato che questa iniziativa aveva un duplice obiettivo: evitare che le ipotesi di reato diventassero di pubblico dominio e impedire che gli organi di polizia ne venissero a conoscenza. Gli avvocati accusano Ratzinger di aver commesso una chiara azione di ostacolo al normale corso della giustizia.
La lettera, che menzionava il compimento di ‘peccati molto gravi’, fu inviata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, l’ufficio vaticano di fatto erede della Santa Inquisizione, per lungo tempo diretto da Ratzinger. Veniva chiaramente illustrata la posizione della Chiesa in merito a diverse questioni, dalla celebrazione del sacramento dell’eucarestia non da parte di cattolici alle molestie sessuali perpetrate da clericali nei confronti di minorenni.
La lettera di Ratzinger affermava che in questi casi la Chiesa poteva legittimamente rivendicare una propria autonoma giurisdizione.
La lettera affermava che la ‘giurisdizione’ della Chiesa doveva avere inizio dal giorno in cui il minore avesse compiuto i 18 anni d’età e, inoltre, per i successivi 10 anni.
Essa prevedeva come i resoconti delle ‘indagini preliminari’ su ogni singolo caso di abuso dovessero essere inviate all’ufficio di cui Ratzinger era a capo, il quale si riservava l’opzione di riferirne a speciali tribunali privati, al cui interno le cariche di giudice, pubblico ministero, notaio e rappresentante legale venivano ricoperte esclusivamente da ecclesiastici.
‘Situazioni di questo tipo sono coperte dal segreto pontificio’, concludeva la lettera di Ratzinger. L’infrazione del segreto pontificio in qualsiasi momento del periodo dei dieci anni di giurisdizione della Chiesa veniva intesa come una grave azione, perseguibile anche attraverso la minaccia di scomunica.
Della lettera di Ratzinger si è fatto riferimento in una causa avviata contro una chiesa del Texas all’inizio di quest’anno, a difesa di due giovani vittime di abusi. I legali hanno accusato Ratzinger di aver cospirato per ostacolare il corso della giustizia.
Daniel Shea, il legale delle due vittime che ha divulgato la lettera, ha affermato: “La lettera si commenta da sola. Bisognerebbe chiedersi: perché mai il segreto sulle indagini deve rimanere così a lungo? È un’ostruzione al normale corso della giustizia”.
Padre John Beal, professore di diritto canonico all’Università Cattolica degli Usa, nel corso della propria deposizione l’otto aprile dell’anno scorso, ha riferito sotto giuramento all’avvocato Shea come la lettera ampliasse i poteri di giurisdizione e di controllo della Chiesa sui crimini sessuali perpetrati da ecclesiastici.
La lettera di Ratzinger era stata co-firmata dall’arcivescovo Tarcisio Bertone, il quale due anni fa rilasciò un’intervista nella quale accennava alla contrarietà della Chiesa nel consentire a soggetti esterni di indagare sui presunti abusi sessuali perpetrati. “Secondo il mio punto di vista, la richiesta secondo cui un vescovo debba essere obbligato a denunciare agli organi di polizia gli atti di pedofilia commessi da un prete è completamente infondata” disse Bertone.
L’avvocato Shea ha contestato l’ordine secondo il quale i presunti casi di pedofilia debbano essere giudicati solo da tribunali segreti. “Essi impongono procedure di riservatezza. Se le agenzie di investigazione scoprono il caso, possono occuparsene. Ma non si può indagare su un caso se non lo si scopre mai. Se si impone di mantenere il riserbo prima per diciotto anni e poi per altri dieci, i responsabili la faranno franca”, ha aggiunto.
Un portavoce dell’ufficio stampa del Vaticano ha rifiutato di commentare ciò che è stato detto sul contenuto della lettera. “Non trattandosi di un documento pubblico, non è possibile parlarne” ha detto.
* www.ildialogo.org, Martedì, 09 gennaio 2007
Il religioso era rientrato in Sardegna per farsi curare una grave malattia. Parecchi gli episodi contestati. Il vescovo: "Niente condanne avventate"
Cagliari, arrestato il missionario dei bambini La procura del Nicaragua l’accusa di pedofilia
CAGLIARI - Tutti lo conoscevano per il missionario dei bambini. In Nicaragua ha fondato una missione che assiste i poveri. Ha sfamato 600 piccoli che vivevano frugando tra i rifiuti delle discariche. Padre Marco Dessì è un religoso amato a Managua e in Sardegna dov’è nato. Nessuno aveva mai avuto il sospetto che nascondesse un passato torbido fatto di violenze e pedofilia.
Oggi i carabinieri hanno arrestato il missionario dei bambini. Nel provvedimento redatto dall’autorità nicaraguense sono elencati una serie di episodi che sarebbero accaduti non solo in Nicaragua, ma anche in Messico e negli Stati Uniti. In queste settimane, padre Marco Dessì, 59 anni, aveva lasciato la sua seconda patria, per rientrare in Sardegna a farsi curare. E’ afflitto da una grave malattia e aveva chiesto ospitalità per un po’ alla sorella che vive ancora a Iglesias. I carabinieri lo sapevano e stamane, in borghese per tentare di evitare clamori, hanno suonato a quella porta con il mandato d’arresto internazionale in tasca.
"Preghiamo perché nessuno emetta condanne avventate", ha detto il vescovo di Iglesias, monsignor Tarcisio Pillola. "Che la Provvidenza illumini i giudici e porti a un rapido chiarimento. Spero che di fronte ad un’accusa così infamante non vengano pronunciate condanne avventate. Persino la magistratura non procede alla sentenza definitiva prima dei tre gradi di giudizio".
Più della metà della sua vita, padre Marco Dessì l’ha dedicato ai bambini poveri del Nicaragua. A Chinandega, cittadina a 130 chilometri a nord della capitale nicaraguense, ha fondato la missione Betania che assiste bambini poveri e abbandonati. A lui viene attribuito, tra l’altro, il recupero di almeno 600 di bambini che vivevano frugando tra i rifiuti di una discarica. Recentemente è stato inaugurato un reparto di dialisi nel piccolo ospedale della Comunità e nel futuro prossimo c’è pure la costruzione di una casa per ospitare i bambini ciechi tolti dalla discarica. "Adesso che fine faranno tutti quei progetti?", si domandava ieri un amico del religioso. "Padre Marco era l’anima di quella Comunità. Senza di lui sarà tutto più difficile".
(la Repubblica, 4 dicembre 2006)
Pedofilia dei preti in USA
La Diocesi di Los Angeles risarcisce vittime *
60 milioni di dollari per 45 vittime
http://www.corriere.it/
01 dic 20:24 Pedofilia: Usa, Diocesi di Los Angeles risarcisce vittime
LOS ANGELES - La Diocesi cattolica di Los Angeles ha accettato di risarcire 45 vittime di preti pedofili. La cifra complessiva che sara’ versata e’ di 60 milioni di dollari, di cui 50 milioni saranno pagati dalla diocesi; otto milioni saranno donati da ordini religiosi. Sono oltre mille le presunte vittime di abusi che si sono rivolte ai giudici dopo la legge, approvata in California nel 2002, che concede un anno alle vittime di molestie sessuali del clero per ricorrere in giudizio. (Agr)
http://www.rainews24.rai.it/
Pedofilia. La diocesi di Los Angeles pronta a un risarcimento da 60 milioni di dollari
Los Angeles, 1 dicembre 2006
La Diocesi cattolica di Los Angeles ha deciso di fare ammenda per i propri peccati a sfondo sessuale mettendo mano al portafoglio e ha accettato di risarcire 45 vittime di preti pedofili per un totale di 60 milioni di dollari.
L’accordo e’ il piu’ significativo raggiunto finora per risolvere una catena di azioni legali che si era trascinata per anni nei tribunali della metropoli californiana. 50 milioni di dollari saranno pagati dalla diocesi e circa otto milioni da ordini religiosi.
Nel 2002 lo stato della California aveva approvato una legge che aveva concesso un anno alle vittime di molestie sessuali del clero per ricorrere in giudizio anche in casi altrimenti passati in prescrizione per limiti di tempo. In base a quella legge un migliaio di persone si sono rivolte al giudice.
* www.ildialogo.org, Sabato, 02 dicembre 2006
Preti pedofili in USA
Mega risarcimento per le vittime
di Agenzia ADISTA n 83 del 25-11-2006 *
Los Angeles-Adista. Mega-risarcimento per le vittime dei preti pedofili. Grazie ad un accordo siglato con l’arcidiocesi di Los Angeles e l’ordine dei Carmelitani, le 7 vittime degli abusi e molestie sessuali di p. Dominic Savino, 67 anni, prete carmelitano, potranno dividersi un maxi-risarcimento di 10 milioni di dollari. Savino era stato per molti anni (a partire dal 1977) insegnante e amministratore della Crespi Carmelite High School di Encino, nella Valle di San Fernando, ma nel 2002 era stato allontanato dal servizio e sospeso dal ministero dai suoi superiori, quando emersero chiaramente le sue responsabilità penali nei confronti di alcuni studenti minorenni della scuola. Coinvolti nell’inchiesta anche il preside dell’istituto, John Knoernschild ed altri due membri dell’Ordine che non svolgevano però incarichi specifici all’interno della scuola. La maggior parte del risarcimento verrà pagata dall’Ordine carmelitano; l’arcidiocesi contribuirà versando il 5% circa della somma. Nel marzo scorso, sempre in California, l’Ordine francescano acconsentì a pagare 28 milioni di dollari per risarcire 25 vittime di abusi sessuali. I casi di molestie sessuali in California da parte di preti e religiosi sono circa 560, che fanno riferimento ad episodi avvenuti anche 70 anni fa, per la maggior parte ancora da risolvere.
* www.ildialogo.org, Martedì, 21 novembre 2006
Pedofilia preti
Il silenzio è sacro
di Giorgio Sturlese Tosi
Quaranta casi noti, molti rimasti nascosti. Le curie italiane difendono il segreto. A costo di non rimuovere i molestatori o persino di denunciare le vittime
Dal sito del settimanale l’Espresso (vedi: http://espresso.repubblica.it/) riprendiamo il seguente articolo.*
Il papa si è rivolto ai vescovi irlandesi ed è intervenuto più volte nello scandalo statunitense, ma nessuno conosce l’estensione del problem pedofilia nella Chiesa italiana. Eppure dal 2000 le cronache giudiziarie hanno segnalato le vicende di 40 sacerdoti finiti sotto inchiesta per questi reati. Pochi statisticamente, ma indicativi di un malessere dai confini inesplorati. Perché alla discrezione che giustamente protegge indagini con vittime minorenni, si aggiunge un rispetto verso le gerarchie ecclesiastiche che porta a tutelare il segreto istruttorio in modo eccezionale. Una cortina di riservatezza che, secondo molte denunce, incentiva anche una spinta al silenzio da parte delle curie. Dove la preoccupazione non è punire i colpevoli ma evitare la pubblicità negativa, tentando ogni strumento per delegittimare chi trova la forza di ribellarsi alla violenza.
Orrore in seminario
All’età di 12 anni, nel 1994, Marco Marchese è stato violentato nel seminario minore vescovile di Favara, nell’Agrigentino. Don Bruno, il sacerdote che ha abusato di lui e di altri sei minorenni, nel 2004 ha patteggiato ed è stato condannato a due anni e sei mesi. La prossima settimana inizierà il processo anche in sede civile contro don Bruno, il seminario e la curia della città siciliana, a cui i legali di Marco Marchese, l’avvocato Salvino Pantuso e Giuseppe Di Bella, chiedono 65 mila euro di risarcimento per danni biologici e una cifra ancora da quantificare per i danni morali. Non una grossa somma, per una violenza che ha accompagnato tutta l’adolescenza e che è costata a Marco gravi problemi di salute, lunghe terapie in analisi e un tentativo di suicidio. "Ci siamo attenuti alla percentuale di danno biologico indicata nella perizia medica di parte", spiega, quasi a giustificarsi, l’avvocato Di Bella. Non si è fatta attendere la contromossa della curia che chiede un risarcimento di 200 mila euro a Marco, colpevole di aver infangato l’immagine del vescovado. La controcitazione recita: "La curia vescovile di Agrigento ha subìto e continua a subire, a causa del comportamento offensivo e oltraggioso tenuto dal Marchese, pesanti danni che si ripercuotono sull’immagine, sul decoro e sul prestigio che la curia riveste nell’opinione pubblica". Il vescovo, tramite il suo legale, ha ritenuto di dover essere risarcito. Nella stessa controcitazione si legge che "il comportamento lesivo tenuto dal Marchese, concretizzatosi nell’abnorme pubblicità compiuta anche a mezzo Internet, ha infangato il prestigio della curia". Insomma, anche se un dodicenne è stato stuprato nel seminario, non c’è bisogno di alzare tanto polverone.
Quando, nel ’94, Marco è entrato nell’istituto religioso di Favara non poteva passare inosservato. Capelli neri e grandi occhi verdi, era introverso e sensibile, più fragile degli altri. E più bello. In quei corridoi lunghi e freddi e in quelle stanzette da dividere con altri seminaristi scopre tutto sul sesso. Quello sbagliato, quello di un adulto con un ragazzino. A guidarlo, a fargli da padrino, c’era don Bruno: "Non devi parlarne con nessuno", gli ripeteva, "il nostro è un rapporto unico, non è peccato e quindi non lo devi neanche confessare". Quando don Bruno tornò dal bagno dopo il primo rapporto gli chiese soltanto: "Ti sei sporcato?". Altre volte lo avrebbe sporcato, soprattutto nell’anima. Marco soffriva di coliche, non riusciva a dormire e aveva frequenti attacchi d’asma. Ora racconta che tutti i malesseri sono scomparsi quando scappò dal seminario e trovò il coraggio di denunciare tutto al padre rettore, al suo parroco e al vescovo. Quelle denunce però sono servite solo a lenire i sintomi psicosomatici. Non è stato preso alcun provvedimento nei confronti di don Bruno, che ancora oggi, dopo aver patteggiato, esercita il ministero sacerdotale. Nella sentenza di condanna, emessa dal giudice Luigi Patronaggio, al sacerdote venivano concesse le attenuanti generiche perché "la complessa vicenda che ha visto protagonista il religioso va inscritta in quel particolare clima che caratterizza le comunità chiuse come il carcere, i collegi, le navi durante lunghe navigazioni, dove spesso si instaurano, tra soggetti deboli ed esposti, dinamiche a sfondo omosessuale". Marco, che oggi ha 23 anni, nel dolore ha trovato la forza di laurearsi in psicologia, di fondare un’associazione che si occupa di minori molestati e gira l’Italia per testimoniare il suo calvario.
La perizia ignorata
La prima causa legale contro una curia, accusata di essere responsabile dell’operato di un suo parroco, è stata presentata a Napoli, dagli avvocati Giuseppe Aulino e Luciano Santoianni. Chiedono 170 mila euro perché l’ex arcivescovo, il cardinale Michele Giordano, "era a conoscenza della malattia di padre Giovanni ma non fece niente per impedire che molestasse sessualmente Gaetano, un ragazzo di 14 anni con lieve ritardo mentale". Questa settimana il tribunale deciderà se accogliere le motivazioni dei legali di Gaetano e procedere nell’iter che potrebbe costringere la curia a risarcire i danni, morali e psichici, subiti dal ragazzino. Un precedente assoluto che, se accolto, aprirebbe la strada a decine di risarcimenti milionari. La tesi dei legali Aulino e Santoianni si fonda su una lettera che Franco Poterzio, medico psichiatra e docente all’Università Statale di Milano, scrisse al cardinal Giordano. Nella lettera lo psichiatra informava l’arcivescovo che padre Giovanni "è affetto da disturbo bipolare di primo tipo, in fase di grave eccitamento maniacale". Poterzio segnalava anche l’opportunità che il sacerdote fosse allontanato dai servizi di catechesi e comunque non fosse lasciato solo insieme ai ragazzini. Il professore per tre volte ha parlato al telefono col cardinale. Inutilmente.
Padre Giovanni aveva delle attenzioni particolari verso i suoi chierichetti. Uno di questi, Gaetano, aveva qualche problema di apprendimento e per questo era seguito dagli assistenti sociali. Sono stati loro a denunciare quel prete alla magistratura. Dagli atti del processo svolto a Napoli si scopre che, nel luglio ’99, durante una gita organizzata dalla parrocchia a Marechiaro, mentre sono tutti in mare, Gaetano viene abbracciato da dietro da padre Giovanni. Alle assistenti sociali e al magistrato, racconterà di aver sentito "il suo pene che struscia sul mio sedere". In un’altra occasione, il 15 dicembre dello stesso anno, durante un viaggio a Roma, il sacerdote e Gaetano passano la notte nell’istituto dei Padri missionari della Carità, in via di sant’Agapito 8. Secondo il racconto di Gaetano, padre Giovanni si sarebbe accoppiato davanti a lui con altri due ospiti di sesso maschile. Il terzetto avrebbe costretto Gaetano ad assistere, chiedendogli anche di partecipare, ma senza che questo avvenisse. I riscontri della polizia giudiziaria hanno verificato la presenza del sacerdote e del ragazzo nell’istituto religioso, ma non hanno potuto scoprire se l’orgia c’è stata davvero. Il tribunale, al termine di una lunga istruttoria, nel 2002 decreta il non luogo a procedere perché "il fatto è stato commesso in stato di incapacità di intendere e di volere". In attesa dell’esito della causa civile, la curia non ha adottato alcun provvedimento di cautela. Dopo le parole dei giudici, dopo le perizie psichiatriche, dopo le stesse ammissioni di padre Giovanni, l’unica misura del vescovado, ora retto dal cardinale Sepe, è stato quello di un suo primo trasferimento in una parrocchia del quartiere popolare dell’Arenaccia e la sua successiva destinazione come cappellano in uno dei più importanti ospedali napoletani. Oggi padre Giovanni si sveglia tutti i giorni all’alba, dice la prima messa alle 7.45 del mattino e poi passa a dare parole di conforto e di fede tra le corsie dell’ospedale, anche nel reparto pediatrico, dove 42 lettini ospitano ogni anno 3 mila bambini.
L’abbazia dell’orco
Morali, se non penali, sono le responsabilità del vescovo di Arezzo, monsignor Gualtiero Bassetti. Fu lui che, nel 2000, ordinò sacerdote don Pierangelo Bertagna, al centro del maggiore scandalo di pedofilia che abbia di recente colpito la Chiesa italiana. L’11 luglio 2005 don Bertagna, parroco di Farneta, in provincia di Arezzo, viene arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver abusato di un tredicenne. La denuncia era partita dalla madre a cui il ragazzino aveva raccontato dei particolari toccamenti che subiva da Bertagna. Ma nessuno poteva immaginare cosa nascondesse il parroco. Fondatore della comunità Ricostruttori di preghiera, il sacerdote predicava una vita di ascesi. Lui stesso, barba lunga e personalità carismatica, dormiva sul pavimento e si cibava di verdura. Una vocazione tarda la sua, a 30 anni: entrò in seminario a Novara nel 1992. Poi nel 2000 fu ordinato sacerdote nel duomo di Arezzo. Cinque anni dopo sarà ancora monsignor Bassetti a sospenderlo a divinis. Quando esplose la vicenda, il vescovo affidò all’Ansa, un unico commento: "Siamo rimasti sbalorditi nell’apprendere dell’arresto. Non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere; don Bertagna è sempre stato un ottimo sacerdote. Speriamo che le indagini portino in breve ad accertare la verità". Quello che sembrava uno scandalo di provincia diventò un terremoto che dall’epicentro di un paese di poche anime anime arrivò a scuotere i palazzi del Vaticano. Dopo la prima confessione del sacerdote, che ammise di aver violentato il tredicenne, crollò il muro di omertà e molti genitori denunciarono fatti analoghi in un crescendo che terrorizzava gli stessi inquirenti. Poi, a settembre, nel corso di un interrogatorio, assistito dagli avvocati Francesca Mafucci e Annelise Anania, Bertagna crollò e ammise di aver abusato di 38 minorenni. Dieci vittime sono della Valdichiana, la zona che circonda l’abbazia millenaria di Farneta, dove viveva Bertagna. Dei 38 casi rivelati dal sacerdote, i carabinieri hanno trovato finora 18 conferme. Ma l’indagine prosegue per scoprire eventuali molestie commesse in seminario.
Ci sarebbe di che interrogarsi sull’efficacia delle misure adottate dalla Chiesa italiana per impedire altri orrori. Mentre oggi la soluzione per i sospetti, per i dubbi e anche per le denunce che segnalano l’evidenza è troppo spesso il trasferimento. Che lascia il sacerdote solo alle prese con le sue turbe ed espone nuove vittime alla violenza.
* www.ildialogo.org, Martedì, 21 novembre 2006
Emessa nei suoi confronti un’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari. Già nel 1995 fu condannato per reati di violenza sessuale avvenuti in Sicilia
Pedofilia, parroco arrestato a Napoli ha violentato una bambina di 10 anni
NAPOLI - Il parroco di una chiesa del quartiere Pianura a Napoli, T.T.A., di 60 anni, è stato arrestato dai carabinieri per abusi sessuali su una ragazzina di 10 anni. Nei suoi confronti è stata emessa una ordinanza di custodia agli arresti domiciliari su richiesta della procura di Napoli. Il sacerdote, che in passato era stato coinvolto in una vicenda analoga, è stato catturato a Macerata dove si era recato in visita ai suoi famigliari e trasferito a Napoli nella sua abitazione.
Secondo quanto emerso dalle indagini, gli abusi sarebbero avvenuti "con frequenza quotidiana" nella sacrestia dove il sacerdote, secondo l’accusa, palpeggiava la ragazzina.
Il parroco era stato già condannato per reati di violenza sessuale avvenuti in Sicilia nel 1995 quando era direttore di un istituto di assistenza. Nell’istituto avrebbe avuto rapporti sessuali con una ricoverata con problemi di salute mentale. (16 novembre 2006)
In Slovenia processo per pedofilia ad un prete cattolico *
Slovenia: sacerdote cattolico sotto processo per pedofilia
10.11.2006 - 15:11
LUBIANA - È iniziato oggi a Lubiana il processo a un prete cattolico sloveno accusato di pedofilia, che quattro anni fa, dopo l’inizio del primo processo, era andato in una missione in Africa, probabilmente nel tentativo di evitare la condanna. Franci Frantar, di 59 anni, è incriminato per aver sessualmente molestato 15 anni fa una ragazzina di 10 anni nella sua parrocchia Kaselj-Zalog, nei pressi della capitale slovena.
Il sacerdote è da un mese in custodia cautelare e se verrà condannato potrebbe scontare una pena tra uno e dieci anni.
Il caso di Frantar ha avuto anche un risvolto internazionale dato che il sacerdote quattro anni fa, a processo già iniziato, aveva lasciato la Slovenia per andare nei Malavi, nell’Africa meridionale, in una missione cattolica. Contro di lui fu emesso anche un ordine di cattura dell’Interpol.
L’arcivescovado di Lubiana ha preso le distanze da Frantar sostenendo che era andato all’estero all’insaputa delle autorità ecclesiastiche. "Noi condanniamo la pedofilia e gli abusi sessuali di minori, che sono rari nella Chiesa, e molto più frequenti tra le mura domestiche, nelle scuole e nelle istituzioni della sanità", hanno spiegato.
Negli ultimi anni in Slovenia altri due sacerdoti cattolici sono stati condannati per pedofilia. In questo momento, oltre a Frantar, è sotto processo a Krsko, nell’est del paese per simili capi d’accusa un altro sacerdote, Karl Jost. Le udienze in questo caso sono però chiuse al pubblico e Jost si trova agli arresti domiciliari e non in carcere.
Slovenia: pedofilia, inizia processo a prete cattolico
LUBIANA (Slovenia) - E’ iniziato oggi a Lubiana il processo a un sacerdote cattolico accusato di pedofilia. Il 59enne Franci Frantar e’ stato incriminato per aver molestato sessualmente, 15 anni fa, una ragazza di 10 anni nella sua parrocchia di Kaselj-Zalog, vicino alla capitale slovena. Da un mese, Frantar si trova in carcere e, se sara’ ritenuto colpevole, potra’ essere condannato a una pena tra uno e 10 anni. Quattro anni fa, pero’, il sacerdote era andato in Malawi in missione, secondo la curia slovena senza autorizzazione. L’Interpol aveva emesso un mandato d’arresto internazionale. (Agr)
* www.ildialogo.org, Sabato, 11 novembre 2006
Accusato di abusi sessuali il censore vaticano dell’ omosessualità
di Agenzia Adista n.79 del 11-11-2006 *
33616. PARIGI-ADISTA. È il più rigido censore in Vaticano dell’omosessualità, in prima fila tra chi suggerisce l’esistenza di un legame diretto tra tendenze omoerotiche e pedofilia: ma adesso, mons. Tony Anatrella, gesuita francese e psicanalista, si ritrova accusato lui stesso di abusi sessuali su minori. Anzi, le accuse sono addirittura due.
Una prima denuncia contro di lui sarebbe stata depositata il 30 ottobre al tribunale dei minori di Parigi, dopo che per molti mesi una serie di lettere aveva raccontato al procuratore di un giovane "di ambiente cattolico" abusato proprio da mons. Anatrella.
Poi c’è la testimonianza di Daniel Lamarca, ex-seminarista, che ha denunciato al periodico francese Golias di essere stato, nel 1987, in analisi presso mons. Anatrella. Lamarca, allora ventitreenne, cercava di ‘guarire’ dalla sua omosessualità: in realtà, più volte le sedute di "lavoro corporale" con il gesuita si erano risolte in veri e propri rapporti sessuali. Il giovane si era anche rivolto all’allora arcivescovo di Parigi, card. Jean-Marie Lustiger, il quale, dopo avergli promesso di intervenire, avrebbe in realtà lasciato cadere la cosa.
L’avvocato di mons. Anatrella ha definito "pura calunnia" le accuse ma il redattore capo di Golias, Christian Terras, che ‘indaga’ sul gesuita da una quindicina anni, non è stupito: "Sapevamo che Tony Anatrella utilizzava il metodo psicanalitico per puntellare la dottrina cattolica sull’omosessualità, ormai questa testimonianza ci mette in allerta sulle sue pratiche".
La doppia accusa contro mons. Anatrella è un colpo molto duro per l’autorità del Vaticano, dopo che proprio la scorsa settimana (v. articolo precedente) il papa aveva pronunciato il primo, durissimo, discorso sul tema degli abusi sessuali dei sacerdoti: lo psicanalista gesuita è infatti consultore di ben due Consigli pontifici, quello per la Famiglia e per la Pastorale della Salute, ed è considerato una vera autorità sul tema, tanto da aver curato la voce "Omosessualità e Omofobia" sul Lexicon (un volume pubblicato nel 2003 a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia che affronta i punti chiave dell’etica sessuale cattolica) e aver tenuto una delle relazioni principali al controverso convegno all’Università Lateranense dello scorso febbraio sulla "Questione omosessuale" (v. Adista n. 19/06).
E non solo, quando lo scorso novembre il Vaticano aveva reso nota l’Istruzione che escludeva chi aveva "tendenze omosessuali profondamente radicate" dall’ordinazione (v. Adista n. 84/05), era stato proprio Anatrella a darne, dalle colonne dell’Osservatore Romano, l’interpretazione più restrittiva; quella, se non ufficiale, di certo ‘ufficiosa’ (v. Adista n. 86/05).
Secondo quanto scritto allora dal gesuita, l’omosessualità "non rappresenta un valore sociale", è "destabilizzante per la società", ed è frutto di "narcisismo" e di "incompiutezza e immaturità sessuale". Anche se rimangono casti, gli omosessuali sono inadatti al sacerdozio perché, al di là dei "rischi di passare all’atto sessuale", essi hanno "notevoli difficoltà a collocarsi istituzionalmente nella cooperazione con gli altri", hanno "relazioni pastorali deviate dal loro obiettivo, elezioni affettive ambigue", "arrivando persino a militare a favore dell’omosessualità"; inoltre, per mons. Anatrella, gli omosessuali tendono all’"esercizio di un governo manipolatore delle idee e delle persone" e ad "un modo selettivo di presentare il messaggio evangelico". Insomma, i preti devono essere uomini "ben fondati nella maturità della propria mascolinità".
Un articolo di un’omofobia talmente esasperata che l’associazione francese "David & Jonathan", si chiede oggi se Anatrella, noto da tempo per "la violenza e l’estremismo delle sue discutibili opinioni", potrà continuare ad essere "il portavoce ufficiale o ufficioso della Chiesa cattolica in Francia, e dello stesso Vaticano, su tutto ciò che riguarda l’omosessualità". (alessandro speciale)
* www.ildialogo.org, Martedì, 07 novembre 2006
ABUSI SESSUALI - RIVISTA GAY ACCUSA CONSIGLIERE DI RATZINGER
Il periodico francese Tetu svela la denuncia di un giovane contro monsignor Anatrella.
(L’Unità, 01.11.2006)
Roma - Abusi sessuali: Questa è l’accusa che pende sul gesuita francese Tony Anatrella, il «monsignore» psicanalista, una della voci più autorevoli e più intransigenti della Chiesa cattolica, ascoltata anche da Ratzinger, nel campo della psicologia omossessuale e della psicologia sociale. Una vera autorità in materia, mons. Anatrella è stato autore di numerose pubblicazioni su salute, sessualità e famiglia. Suo è il capitolo su «Omosessualità ed Omofobia» di Lexicon, la poderosa pubblicazione sui temi della morale sessuale rivolta ad educatori e alla gerarchia cattolica. Uno scritto di tale intransigenza verso le ragioni del mondo omosessuale da creare scalpore e forti reazioni.
Ora, per l’ascoltato consulente di dicasteri vaticani, è scattata una denuncia. È stata depositata lo scorso 30 ottobre alla polizia minorile di Parigi da un giovane proveniente dall’ambiente cattolico che ha affermato di avere subito abusi sessuali proprio da parte di monsignor Anatrella. La notizia è stata rilanciata dal sito on line della rivista per gay e lesbiche «Tetu», una delle più famosa e diffusa in Francia. L’avvocato del gesuita e psicanalista, Benoit Chabert, interpellato dalla rivista, si affretta a negare tutto: «Si tratta di una calunnia» afferma.
Ma non sarebbe questa l’unica accusa contro il «prete» psicologo, esperto in devianze sessuali e acerrimo avversario delle ragioni degli omosessuali, in particolare verso i «preti gay», come ha avuto modo di chiarire dalle colonne dell’Osservatore Romano spiegando le ragioni per le quali va loro sbarrata loro la strada dei seminari e nel febbraio scorso era stato uno dei principali relatori alle giornate di studio sulla questione gay organizzate presso l’Università Lateranense di Roma dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II sulla Famiglia.
Vi è, infatti, anche un altro caso. Quello di un ex seminarista, Daniel Lamarca, che nell’’87, quando aveva 23 anni, era in cura da mons. Anatrella per cercare di «guarire» dalla sua omosessualità. Sull’ultimo numero della rivista cattolica francese «Golias» il giovane racconta i metodi applicati da Anatrella durante le sue sedute di psicoanalisi. Alcune sedute di «lavoro corporale», denuncia, sarebbero sfociate in «veri e propri rapporti sessuali». È a causa di questa traumatica «esperienza» che avrebbe deciso di lasciare il seminario. Il giovane racconta di aver denunciato l’accaduto anche all’arcivescovo di Parigi di allora, il cardinale Lustiger che avrebbe promesso di intervenire. Ma non pare sia accaduto nulla. Proprio da qui parte la rivista Golias per lanciare il suo attacco al gesuita. Ora è la procura di Parigi ad indagare.
Ma le reazioni arrivano. L’associazione omosessuale cristiana «David et Jonathan» - sentita da «Tetu» - che si è sempre detta sorpresa per l’estrema violenza e l’oltranzismo delle proposte del «prete-psichiatra» verso gli omosessuali, si interroga «alla luce degli ultimi avvenimenti sulla «legittimità di Tony Anatrella ad essere ancora considerato portavoce della Chiesa sull’omosessualità». Prende posizione anche l’Arcigay. Il segretario nazionale Aurelio Mancuso si chiese se la Chiesa cattolica riuscirà mai a chiedere davvero perdono per tutte le sofferenze che ha procurato ai giovani gay nel mondo. E a proposito del caso Anatrella sottolinea come «questo portavoce della Chiesa in materia di omosessualità, sia evidentemente uno dei tanti omofobici cattolici, che hanno grandi problemi personali rispetto alla propria sessualità».
Pedofilia preti
Le mille vittime italiane parlino
di Franco Ratti *
Di fronte all’intervento antipedofilo di papa Ratzinger presso i vescovi irlandesi, ricordo ai cattolici che nulla è stato fatto realmente, sottolineo realmente, da parte della Santa Sede, soprattutto in Italia, in campo di crimini sessuali ecclesiastici. Un esempio significativo? Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, organizzazione integralista, vera setta cattolica tipo Opus Dei, accusato di pedofilia da parte di molti ex membri abusati sessualmente, è stato solo destituito da papa Ratzinger e non processato.
Anche la mafia parla ufficialmente contro la mafia.
In Italia non poche sono le vittime sessuali di preti e di vescovi ma in concreto un Ruini o un Ratzinger non solleveranno mai il problema e non apriranno mai ai vari processi possibili. Non ci lasciamo incantare né sedurre dalle sirene romane.
Questi giorni l’arcivescovo metropolita di Agrigento Carmelo Ferraro ha controcitato un abusato sessuale, Marco Marchese, ex seminarista, pretendendo in risarcimento 200.000 euro per i danni arrecati con la sua denuncia all’“immagine” e al “prestigio” della chiesa agrigentina.
Le mille vittime italiane parlino. Solo così la chiesa sarà salva dall’ipocrisia dei mille Ruini e dei mille parolai alla Ratzinger.
Sac. Dr. Franco Ratti
Fondatore e Presidente del MO.CO.VA. (Movimento Concilio Vaticano II) - www.mocova.org Monopoli (Bari)
* www.ildialogo.org, Mercoledì, 01 novembre 2006
Ancora un caso di pedofilia nel clero italiano. Ancora il silenzio di una curia *
da Adista
33843. FIRENZE-ADISTA. Sono passati più di trent’anni dai primi abusi. Ma solo ora qualcosa è cominciato a filtrare dal muro di silenzio che ha circondato per decenni la parrocchia "Regina della pace", nella periferia di Firenze. Le accuse rivolte all’ex parroco don Lelio Cantini sono pesantissime: secondo i memoriali presentati dalle vittime alla Curia di Firenze, don Cantini - a partire dal 1975 - avrebbe abusato di ragazzine dai 12 ai 17 anni, avrebbe richiesto alle famiglie denaro ed altri beni, ed avrebbe plagiato giovani ragazzi costringendoli ad entrare in seminario sotto la minaccia di cacciarli "per sempre dalla parrocchia". I racconti delle vittime fanno riferimento anche alla figura di una donna, la "perpetua" del parroco (Rosanna S.), descritta come una sorta di "veggente" che in base alle apparizioni di Gesù indicava a don Cantini gli "eletti" per la "nascita della nuova chiesa dello spirito".
Sempre secondo queste testimonianze, il prete giustificava la richiesta di rapporti sessuali spiegando alle ragazzine che si trattava di una forma di "adesione totale a Dio" e intimando loro il silenzio assoluto pena "il castigo divino". Un silenzio che si è protratto fino al 2004, quando un gruppo di ex ragazzi della parrocchia ha inviato alla Curia di Firenze una lettera con allegati una serie di memoriali sui fatti di quegli anni. Alla lettera sono seguiti alcuni incontri con il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze dall’’83 al 2001, con l’attuale arcivescovo Ennio Antonelli, e con l’ausialiare Claudio Maniago (che proprio nella parrocchia "Regina della Pace" ha maturato la sua vocazione, tanto da celebrare insieme a don Cantini, l’8 settembre del 2003, il secondo anniversario della sua nomina a vescovo). L’unico risultato è stato però, nel settembre del 2005, il trasferimento "per motivi di salute" di don Cantini in un’altra parrocchia della diocesi. A questo punto, gli ex ragazzi della "Regina della Pace" hanno deciso di rivolgersi direttamente al papa con una lettera datata 20 marzo 2006.
A rispondere è stato l’allora presidente della Cei, il card. Camillo Ruini, il quale si è augurato che l’allontanamento di don Cantini dalla diocesi - avvenuto il 31 marzo 2006 - potesse infondere "serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti". Don Contini si è così trasferito a Viareggio insieme alla sua "perpetua" senza che nei suoi confronti fosse avviato alcun processo canonico. Ma al papa, pochi mesi dopo, si è rivolto anche un gruppo di sacerdoti della diocesi fiorentina: "Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio", hanno scritto i sacerdoti denunciando che "a quasi due anni" di distanza dalle prime testimonianze degli abusi non erano ancora arrivate da parte dei vertici della Chiesa fiorentina né "una decisa presa di distanza" dagli accusati, né "una scusa ufficiale", né "un atto riparatore e credibile".
Solo il 17 gennaio del 2007 l’arcivescovo Antonelli ha comunicato agli ex ragazzi della "Regina della pace" alcuni provvedimenti decisi nei confronti di don Cantini, quali il divieto per cinque anni di confessare, di celebrare la messa in pubblico, di assumere incarichi ecclesiastici oltre all’obbligo, per un anno, di fare ogni giorno un’offerta caritativa e recitare il Salmo 51 o le litanie della Madonna. Lo stesso Antonelli, dopo che il quotidiano la Repubblica nei giorni scorsi ha acceso i riflettori sul caso, si è però rifiutato di rilasciare alcun commento sulla vicenda. Ha parlato invece l’ex arcivescovo Piovanelli, che in un’intervista all’Unità (10/4) ha ammesso di aver ricevuto una rivelazione di abusi anche prima della denuncia collettiva del 2004: "Quando io ho avuto a che fare, non con questa storia, ma con un solo fatto, sembrava che ci fosse solo quello, quindi dopo aver parlato con la vittima e dopo aver parlato con il sacerdote, fatta la giusta reprensione, sembrava che ci si doveva fermare lì, perché pareva un solo errore". Alle reiterate domande del giornalista se "una reprensione" poteva essere considerata un provvedimento sufficiente per un abuso sessuale, Piovanelli ha risposto: "Allora sì, perché c’era un fatto solo".
Intanto la Procura di Firenze ha aperto un procedimento penale per abusi sessuali pluriaggravati e continuati. "Ancora non si può dire se gli abusi denunciati siano prescritti o no - ha dichiarato il procuratore Ubaldo Nannucci -. Bisogna vedere fino a quando si sono protratti quei comportamenti. L’unico dato di fatto, per ora, è che questo sacerdote è stato rimosso nel 2005".
Sul caso di don Cantini è intervenuto anche Enzo Mazzi, animatore della Comunità di Base dell’Isolotto, a Firenze: "Gli episodi di pedofilia emersi nella Chiesa fiorentina - afferma Mazzi - come in molte altre Chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione Chiesa. È ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia. Ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione". Secondo Enzo Mazzi, infatti, "fa parte di una pastorale ’normale’, che dovrebbe essere superata nel dopo-Concilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita". "Come chiamare tutto questo se non ’pedofilia strutturale’ della Chiesa? E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?".
Fonte: IL DIALOGO, 17.04.2007
Preti pedofili *
Prete accusato di pedofilia arrestato a Foggia
http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=1.0.942704807
fatti risalgono ad alcuni mesi fa
Arrestato sacerdote per molestie sessuali
Le vittime, bambine di 10 anni, dovevano fare la prima comunione. La pesante accusa nei confronti di un prete 74enne di una parrocchia di Foggia. Una delle vittime ha raccontato tutto alla madre che ha denunciato l’accaduto alla polizia
Foggia, 12 mag. (Adnkronos/Ign) - Molestie sessuali e palpeggiamenti nei confronti di alcune bambine di 10 anni che dovevano fare la prima comunione: è l’accusa nei confronti di un sacerdote di 74 anni di una parrocchia di Foggia, arrestato da agenti della Squadra mobile della Questura che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip del Tribunale del capoluogo dauno, Rita Curci, su richiesta del pm della Procura, Vincenzo Maria Bafundi.
I fatti si riferiscono ad alcuni mesi fa. Le molestie ripetute avvenivano in parrocchia in occasione dei corsi per la prima comunione. Una delle vittime ha raccontato tutto alla madre che ha denunciato l’accaduto alla polizia. Dall’audizione della piccola e da alcuni riscontri acquisiti dai poliziotti anche su altri casi si è giunti all’emissione del provvedimento cautelare.
Il sacerdote nel frattempo era stato trasferito a Taranto dalla Curia alla quale erano giunte le voci allarmate su possibili molestie. Ora il prete è stato sottoposto ai domiciliari ed è ospitato in una comunità di salesiani a Castellammare di Stabia.
http://www.teleradioerre.it/news/articolo.asp?idart=27253
Avrebbe molestato bambine, arrestato sacerdote
Avrebbe molestato alcune bambine quando si andavano a confessare da lui. Un sacerdote della parrocchia Sacro Cuore, don Nicola Rossi, 75 anni, originario della provincia di Benevento, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale. L’uomo si trova ora ai domiciliari in un istituto dei salesiani in Campania. L’arresto, disposto dal gip del Tribunale di Foggia Rita Curci, su richiesta del pm Vincenzo Bafundi, è stato eseguito ieri a Taranto dove il sacerdote si era trasferito da un po’ di tempo. I fatti risalirebbero al 2006. Le indagini sono partite dalla denuncia di alcune bambine che hanno raccontato di aver ricevuto attenzioni moleste dal sacerdote, durante il corso di catechismo per la prima comunione.
Una bambina in particolare avrebbe raccontato in lacrime alla madre cosa sarebbe avvenuto nel confessionale. E’ scattata la denuncia, le indagini, poi altri casi, a lungo vagliati dagli inquirenti con il supporto di assistenti sociali. Una brutta storia. Don Nicola era molto conosciuto non solo in parrocchia ma anche nell’intera città. Sulla vicenda c’è il massimo riserbo, soprattutto in parrocchia. Una parrocchia di frontiera conosciuta proprio per il suo servizio ai minori, tanti dei quali sottratti alla strada con l’opera dell’oratorio.
Daniela Zazzara
http://www.telenorba.it/home/news_det.php?nid=2572
PEDOFILIA: FOGGIA, ARRESTATO PRETE
MOLESTIE NEL CONFESSIONALE. UN SACERDOTE FINISCE AGLI ARRESTI DOMICILIARI CON L’ACCUSA DI PEDOFILIA. IL PARROCO, 75 ANNI ORIGINARIO DEL BENEVENTANO, AVREBBE MOLESTATO CON CAREZZE DI TROPPO BAMBINE CHE SI PREPARAVANO ALLA PRIMA COMUNIONE NELLA PARROCCHIA DEL SACRO CUORE A FOGGIA, NEL RIONE CANDELARO. E’ QUI CHE FINO AD UN ANNO FA IL SACERDOTE OFFICIAVA, PRIMA DI ESSERE TRASFERITO - ALCUNI MESI FA - IN UN ISTITUTO SALESIANO DI TARANTO, DOVE E’ STATO RAGGIUNTO DAL PROVVEDIMENTO RESTRITTIVO. STANDO AL RACCONTO FATTO DA UNA BAMBINA ALLA MAMMA, IL PRETE LA FACEVA ENTRARE NEL CONFESSIONALE E LA TOCCAVA. E’ SCATTATA LA DENUNCIA. LE INDAGINI DELLA SQUADRA MOBILE DI FOGGIA HANNO ACCERTATO CHE ERA TUTTO VERO E CHE LE GIOVANI VITTIME DELLE ATTENZIONI DEL PRETE ERANO PIU’ DI UNA. 12/05/07 redtno@telenorba.it
12-MAG-07 16:06
PEDOFILIA: SACERDOTE ARRESTATO A FOGGIA, APPELLO DI DON DI NOTO AI VESCOVI
Siracusa 12 mag. - (Adnkronos) - ’’L’abuso sessuale e le molestie ai bambini sono un grave peccato e un grave reato. Per chi se ne macchia dura e’ la condanna. Se e’ veramente successo qualcosa mi appello al sacerdote e alla sua coscienza, nella verita’ dica la verita’ dei fatti ascritti alla sua persona’’. Lo afferma don Fortunato Di Noto, sacerdote e fondatore della Associazione Meter onlus contro la pedofilia, dopo il caso di Foggia, dove un sacerdote e’ stato arrestato per presunte molestie nei confronti di alcune bambine. (Rre/Ct/Adnkronos)
Tratto dalla gazzetta del mezzogiorno del 12 maggio 2007
PEDOFILIA | Fino a qualche mese fa prestava la sua opera spirituale alla chiesa del Sacro Cuore Arrestato sacerdote Avrebbe molestato quattro bambine nel confessionale Il gip gli concede i domiciliari considerata l’età: tutto iniziato con il pianto di una ragazzina
Un sacerdote di 75 anni, che sino a qualche mese fa prestava la sua opera spirituale nella parrocchia del Sacro Cuore a Foggia, è stato arrestato e posto ai domiciliari con l’accusa di violenza sessuale perchè avrebbe molestato alcune bambine, toccandole quando si recavano in chiesa per la confessione. Padre Nicolangelo Rossi, 75 anni, originario di Pesco Sannita un paesino in provincia di Benevento, è stato arrestato ieri mattina in istituto salesiano di Taranto dove si era trasferito da qualche mese proveniente dalla parrocchia foggiana. Adesso si trova detenuto agli arresti domiciliari presso un altro istituto salesiano di Castellammare di Stabia, in attesa di comparire davanti al giudice per le indagini preliminari per fornire la sua versione dei fatti.
L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari è stata firmata dal gip del Tribunale di Foggia Rita Curci, su richiesta del pm Vincenzo Maria Bafundi, il sostituto procuratore titolare di reati a sfondo sessuale. Il provvedimento restrittivo è stato eseguito ieri mattina dagli agenti della sezione reati contro la persona della squadra mobile che hanno condotto le indagini; i poliziotti hanno poi trasferito il sacerdote accusato di pedofilia nell’istituto salesiano campano. Sulla vicenda è calato il massimo riserbo, forse considerato il ruolo dell’indagato: è la seconda volta a Foggia che un uomo di Chiesa, un sacerdote viene arrestato con accuse così infamanti.
I fatti contestati al sacerdote - si tratta di quelli che il codice penale definiva atti di libidine prima della nuova legge sulla violenza sessuale - risalirebbero al 2006 quando padre Nicolangelo Rossi officiava alla parrocchia del Sacro Cuore al rione Candelaro. Sarebbero tre o quattro le bambine che - a dire dell’accusa ed in attesa di conoscere quale sarà la versione difensiva - avrebbero subito le attenzioni moleste del prete. Pare che alcune delle bambine stessero seguendo il corso di preparazione alla prima comunione; nel confessionale il sacerdote ora arrestato le avrebbe accarezzate e toccate. Gesti ritenuti dall’accusa lascivi e non certo fatti senza alcuna malizia.
La vicenda è venuta fuori qualche mese fa perchè una delle presunte vittime avrebbe avuto una crisi dì pianto davanti alla madre per poi confidarsi e raccontarle cosa sarebbe avvenuto nel confessionale della chiesa. E’ scattata la denuncia alla squadra mobile e la bambina è stata interrogata da assistenti sociali e dai poliziotti specializzati in questo tipo di indagini. Si sarebbe poi risaliti ad altre bambine pure vittima delle attenzioni del sacerdote, secondo l’accusa. Pm e gip devono aver ritenuto necessario l’arresto del presunto pedofilo - concedendo gli arresti domiciliari considerata l’età - forse sul presupposto del rischio di reiterazione di reati. Da qualche tempo il sacerdote aveva lasciato Foggia e si era trasferito in un istituto salesiano di Taranto, dove ieri mattina è stato eseguito l’arresto.
E’ la seconda volta che un sacerdote viene arrestato in città per reati a sfondo sessuale. Il precedente risale al 2 aprile del ’98 quando finì prima in carcere e poi ai domiciliari un sacerdote accusato di aver molestato alcuni ragazzini, tra il ’90 e il ’97, quando dirigeva una parrocchia di una borgata a pochi chilometri da Foggia. Per questa vicenda l’imputato, che si è sempre dichiarato innocente, fu condannato a 6 anni e 6 mesi in primo grado, pena ridotta in appello a 5 anni di reclusione.
* IL DIALOGO, Domenica, 13 maggio 2007
IL VIAGGIO DEL PAPA *
Vivere da convertiti segno che parla a tutti
L’omelia alla Messa davanti al Sacro Convento «Il peccato impediva a Francesco di vedere nei lebbrosi i propri fratelli: l’incontro con Cristo lo aprì a una misericordia più grande della filantropia»
Benedetto Xvi
Pubblichiamo ampi stralci dell’omelia tenuta dal Papa domenica ad Assisi.
Cari fratelli e sorelle,
che cosa ci dice oggi il Signore, mentre celebriamo l’Eucaristia nel suggestivo scenario di questa piazza? Oggi tutto qui parla di conversione, come ci ha ricordato monsignor Domenico Sorrentino (...). La Parola di Dio appena proclamata ci illumina, mettendoci davanti agli occhi tre figure di convertiti. La prima è quella di Davide. Il brano che lo riguarda, tratto dal secondo libro di Samuele, ci presenta uno dei colloqui più drammatici dell’Antico Testamento. Al centro di questo dialogo c’è un verdetto bruciante, con cui la Parola di Dio, proferita dal profeta Natan, mette a nudo un re giunto all’apice della sua fortuna politica, ma caduto pure al livello più basso della sua vita morale. (...) L’uomo è davvero grandezza e miseria (...). «Tu sei quell’uomo»: è parola che inchioda Davide alle sue responsabilità. Profondamente colpito da questa parola, il re sviluppa un pentimento sincero e si apre all’offerta della misericordia. Ecco il cammino della conversione.
Ad invitarci a questo cammino, accanto a Davide, si pone oggi Francesco. Lui stesso (...) guarda ai suoi primi venticinque anni come ad un tempo in cui «era nei peccati» (cfr 2 Test 1: FF 110). Al di là delle singole manifestazioni, peccato era il suo concepire e organizzarsi una vita tutta centrata su di sé, inseguendo vani sogni di gloria terrena.(...) Gli sembrava amaro vedere i lebbrosi. Il peccato gli impediva di dominare la ripugnanza fisica per riconoscere in loro altrettanti fratelli da amare. La conversione lo portò ad esercitare misericordia e gli ottenne insieme misericordia. Servire i lebbrosi, fino a baciarli, non fu solo un gesto di filantropia, una conversione, per così dire, «sociale», ma una vera esperienza religiosa, comandata dall’iniziativa della grazia e dall’amore di Dio (...).
Nel brano della Lettera ai Galati, emerge un altro aspetto del cammino di conversione. A spiegarcelo è un altro grande convertito, l’apostolo Paolo. (...) «D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo» (6,17). (...) Nella disputa sul modo retto di vedere e di vivere il Vangelo, alla fine, non decidono gli argomenti del nostro pensiero; decide la realtà della vita, la comunione vissuta e sofferta con Gesù, non solo nelle idee o nelle parole, ma fin nel profondo dell’esistenza, coinvolgendo anche il corpo, la carne. (...) Francesco di Assisi ci riconsegna oggi tutte queste parole di Paolo, con la forza della sua testimonianza. (...) Egli si innamorò di Cristo. Le piaghe del Crocifisso ferirono il suo cuore, prima di segnare il suo corpo sulla Verna. Egli poteva veramente dire con Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».
E veniamo al cuore evangelico dell’odierna Parola di Dio. Gesù stesso, nel brano appena letto del Vangelo di Luca, ci spiega il dinamismo dell’autentica conversione, additandoci come modello la donna peccatrice riscattata dall’amore. (...) A scanso di equivoci, è da notare che la misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco di amore. Questo effetto purificante e sanante si realizza se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova. (....) Che cosa è stata la vita di Francesco convertito se non un grande atto d’amore? Lo rivelano le sue preghiere infuocate, ricche di contemplazione e di lode, il suo tenero abbraccio del Bimbo divino a Greccio, la sua contemplazione della passione alla Verna, il suo «vivere secondo la forma del santo Vangelo» (2 Test 14: FF 116), la sua scelta della povertà e il suo cercare Cristo nel volto dei poveri. È questa sua conversione a Cristo, fino al desiderio di «trasformarsi» in Lui, diventandone un’immagine compiuta, che spiega quel suo tipico vissuto, in virtù del quale egli ci appare così attuale anche rispetto a grandi temi del nostro tempo, quali la ricerca della pace, la salvaguardia della natura, la promozione del dialogo tra tutti gli uomini. Francesco è un vero maestro in queste cose. Ma lo è a partire da Cristo. È Cristo, infatti, «la nostra pace» (cfr Ef 2,14). (...)
Non posso dimenticare, nell’odierno contesto, l’iniziativa del mio predecessore di santa memoria, Giovanni Paolo II, il quale volle riunire qui, nel 1986, i rappresentanti delle confessioni cristiane e delle diverse religioni del mondo, per un incontro di preghiera per la pace. Fu un’intuizione profetica e un momento di grazia, come ho ribadito alcuni mesi or sono nella mia lettera al vescovo di questa città in occasione del ventesimo anniversario di quell’evento. La scelta di celebrare quell’incontro ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose. Al tempo stesso, la luce del Poverello su quell’iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico dialogo interreligioso.
Lo «spirito di Assisi», che da quell’evento continua a diffondersi nel mondo, si oppone allo spirito di violenza, all’abuso della religione come pretesto per la violenza. Assisi ci dice che la fedeltà alla propria convinzione religiosa, la fedeltà soprattutto a Cristo crocifisso e risorto non si esprime in violenza e intolleranza, ma nel sincero rispetto dell’altro, nel dialogo, in un annuncio che fa appello alla libertà e alla ragione, nell’impegno per la pace e per la riconciliazione. Non potrebbe essere atteggiamento evangelico, né francescano, il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell’uomo (cfr Gv 14,6), unico Salvatore del mondo. (...)
Ai giovani: «Come il Poverello, cercate la vera felicità»
Il discorso tenuto a Santa Maria degli Angeli: «Siamo qui per imparare a incontrare Cristo. Anche noi siamo chiamati a riparare la Chiesa» «Centrare la vita su se stessi è una trappola mortale: possiamo essere noi stessi solo se ci apriamo, nell’amore, a Dio e ai fratelli»
Benedetto Xvi
Pubblichiamo ampi stralci delle parole rivolte da Benedetto XVI ai giovani sul piazzale della basilica di Santa Maria degli Angeli.
Carissimi giovani, grazie per la vostra accoglienza, così calorosa, sento in voi la fede, sento la gioia di essere cristiani cattolici. Grazie per le parole affettuose e per le importanti domande che i vostri due rappresentanti mi hanno rivolto. (...)
Questo momento del mio pellegrinaggio ha un significato particolare. San Francesco parla a tutti, ma so che ha proprio per voi giovani un’attrazione speciale. (...) La sua conversione avvenne quando era nel pieno della sua vitalità, delle sue esperienze, dei suoi sogni. Aveva trascorso venticinque anni senza venire a capo del senso della vita. Pochi mesi prima di morire, ricorderà quel periodo come il tempo in cui «era nei peccati» (cfr. 2 Test 1: FF 110).
A che cosa pensava, Francesco, parlando di peccati? Stando alle biografie, ciascuna delle quali ha un suo taglio, non è facile determinarlo. Un efficace ritratto del suo modo di vivere si trova nella Leggenda dei tre compagni, dove si legge: «Francesco era tanto più allegro e generoso, dedito ai giochi e ai canti, girovagava per la città di Assisi giorno e notte con amici del suo stampo, tanto generoso nello spendere da dissipare in pranzi e altre cose tutto quello che poteva avere o guadagnare» (3 Comp 1,2: FF 1396). Di quanti ragazzi anche ai nostri giorni non si potrebbe dire qualcosa di simile? Oggi poi c’è la possibilità di andare a divertirsi ben oltre la propria città. (...) Si può «girovagare» anche virtualmente «navigando» in internet. Purtroppo non mancano - ed anzi sono tanti, troppi! - i giovani che cercano paesaggi mentali tanto fatui quanto distruttivi nei paradisi artificiali della droga. Come negare che sono molti i ragazzi, e non ragazzi, tentati di seguire da vicino la vita del giovane Francesco, prima della sua conversione? Sotto quel modo di vivere c’era il desiderio di felicità che abita ogni cuore umano. Ma poteva quella vita dare la gioia vera? Francesco certo non la trovò. (...) La verità è che le cose finite possono dare barlumi di gioia, ma solo l’Infinito può riempire il cuore. Lo ha detto un altro grande convertito, Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confess. 1,1).
Sempre lo stesso testo biografico ci riferisce che Francesco era piuttosto vanitoso. (...) Nella vanità, nella ricerca dell’originalità, c’è qualcosa da cui tutti siamo in qualche modo toccati. Oggi si suol parlare di «cura dell’immagine», o di «ricerca dell’immagine». (...) In certa misura, questo può esprimere un innocente desiderio di essere ben accolti. Ma spesso vi si insinua l’orgoglio, la ricerca smodata di noi stessi, l’egoismo e la voglia di sopraffazione. In realtà, centrare la vita su se stessi è una trappola mortale: noi possiamo essere noi stessi solo se ci apriamo nell’amore, amando Dio e i nostri fratelli.
Un aspetto che impressionava i contemporanei di Francesco era anche la sua ambizione, la sua sete di gloria e di avventura. (...) La stessa sete di gloria lo avrebbe portato nelle Puglie, in una nuova spedizione militare, ma proprio in questa circostanza, a Spoleto, il Signore si fece presente al suo cuore, lo indusse a tornare sui suoi passi, e a mettersi seriamente in ascolto della sua Parola. È interessante annotare come il Signore abbia preso Francesco per il suo verso, quello della voglia di affermarsi, per additargli la strada di un’ambizione santa, proiettata sull’infinito (...).
Cari giovani, mi avete ricordato alcuni problemi della condizione giovanile, della vostra difficoltà a costruirvi un futuro, e soprattutto della fatica a discernere la verità. Nel racconto della passione di Cristo troviamo la domanda di Pilato: «Che cos’è la verità?» (Gv 18,38). (...) Anche oggi, tanti dicono: «ma che cosa è la verità? Possiamo trovarne frammenti, ma la verità come potremmo trovarla?» È realmente arduo credere che questa sia la verità: Gesù Cristo, la Vera Vita, la bussola della nostra vita. E tuttavia, se cominciamo, come è una grande tentazione, a vivere solo secondo le possibilità del momento, senza verità, veramente perdiamo il criterio e perdiamo anche il fondamento della pace comune che può essere solo la verità. E questa verità è Cristo. La verità di Cristo si è verificata nella vita dei santi di tutti i secoli. I santi sono la grande traccia di luce nella storia che attesta: questa è la vita, questo è il cammino, questa è la verità. (...).
Sostando questa mattina a San Damiano, e poi nella Basilica di Santa Chiara, dove si conserva il Crocifisso originale che parlò a Francesco, ho fissato anch’io i miei occhi in quegli occhi di Cristo. È l’immagine del Cristo Crocifisso-Risorto, vita della Chiesa, che parla anche in noi se siamo attenti, come duemila anni fa parlò ai suoi apostoli e ottocento anni fa parlò a Francesco. La Chiesa vive continuamente di questo incontro.
Sì, cari giovani: lasciamoci incontrare da Cristo! Fidiamoci di Lui, ascoltiamo la sua Parola. (...) Ad Assisi si viene per apprendere da san Francesco il segreto per riconoscere Gesù Cristo e fare esperienza di Lui. (...)
Proprio perché di Cristo, Francesco è anche uomo della Chiesa. Dal Crocifisso di San Damiano aveva avuto l’indicazione di riparare la casa di Cristo, che è appunto la Chiesa. (...) Noi tutti siamo chiamati a riparare in ogni generazione di nuovo la casa di Cristo, la Chiesa. (...) E come sappiamo, ci sono tanti modi di riparare, di edificare, di costruire la casa di Dio, la Chiesa. Si edifica poi attraverso le più diverse vocazioni, da quella laicale e familiare, alla vita di speciale consacrazione, alla vocazione sacerdotale. (...) Se il Signore dovesse chiamare qualcuno di voi a questo grande ministero, come anche a qualche forma di vita consacrata, non esitate a dire il vostro sì. Sì non è facile, ma è bello essere ministri del Signore, è bello spendere la vita per Lui! (...)
Sono felice, carissimi giovani, di essere qui, sulla scia dei miei predecessori, e in particolare dell’amico, dell’amato Papa Giovanni Paolo II. (...)
Se oggi il dialogo interreligioso, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è diventato patrimonio comune e irrinunciabile della sensibilità cristiana, Francesco può aiutarci a dialogare autenticamente, senza cadere in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della verità o nell’attenuazione del nostro annuncio cristiano. Il suo essere uomo di pace, di tolleranza, di dialogo, nasce sempre dall’esperienza di Dio-Amore. (...)
Cari giovani, è tempo di giovani che, come Francesco, facciano sul serio e sappiano entrare in un rapporto personale con Gesù. È tempo di guardare alla storia di questo terzo millennio da poco iniziato come a una storia che ha più che mai bisogno di essere lievitata dal Vangelo. Faccio ancora una volta mio l’invito che il mio amato Predecessore, Giovanni Paolo II, amava sempre rivolgere, specialmente ai giovani: "Aprite le porte a Cristo". Apritele come fece Francesco, senza paura, senza calcoli, senza misura. Siate, cari giovani, la mia gioia, come lo siete stati di Giovanni Paolo II. Da questa Basilica dedicata a Santa Maria degli Angeli vi do appuntamento alla Santa Casa di Loreto, ai primi di settembre, per l’Agorà dei giovani italiani.
* Avvenire, 19.06.2007