Usa, il film sul prete pedofilo che imbarazza la Chiesa
”Liberaci dal male“ di Amy Berg su Padre Ollie e
l’omertà delle gerarchie cattoliche che,
lui sostiene, hanno fatto finta di non sapere e non sono mai intervenute per fermarlo
di Miriam Tola (Liberazione, 13.10.2006)
New York. «La confessione più onesta della mia vita». Così Oliver O’Grady descrive il suo racconto davanti alla telecamera di Amy Berg. Padre Ollie, come era chiamato dai parrocchiani, è stato un prete pedofilo. In oltre vent’anni ha molestato o stuprato decine di teenagers e perfino un neonato, arrivando a far sesso con le madri per avvicinare i figli. Nel 1993, dopo 7 anni di carcere, ha lasciato gli Usa. Da allora vive in Irlanda, a Dublino, dove ha accettato di farsi intervistare per il documentario “Deliver Us from Evil” (Liberaci dal male).
Gli abusi iniziarono nel 1976 in California. Una coppia di credenti gli offrì ospitalità e lui violentò Ann, la figlia di 5 anni. Nella sua testimonianza lei ricorda «un dolore acuto, poi più niente».
Ripreso nella penombra di una chiesa e mentre passeggia in un parco giochi affollato di bimbi, Padre Ollie dice che suoi superiori hanno fatto finta di non sapere e, per evitare lo scandalo, lo hanno trasferito di parrocchia in parrocchia.
Premiato in giugno al Los Angeles Film Festival, passato ai festival di Toronto e Melbourne, il film esce negli Stati Uniti oggi, venerdì 13. Per il lancio la Liongates ha scelto un poster perfetto per un horror: una grande croce e lo slogan «per le vittime non esiste salvezza».
Amy Berg, regista al primo lungometraggio con un passato da producer per Cbs e Cnn, non insegue l’isteria collettiva sul tema pedofilia. Più che l’ossessione privata di O’Grady, il suo obiettivo polemico è l’abuso di potere e l’omertà delle gerarchie cattoliche. «Nonostante i segnali di allarme e le lamentele, per anni la Chiesa ha giocato a nascondersi. Le conseguenze sono state tragiche», accusa.
Ora però sembra che le rivelazioni di O’Grady e le testimonianze delle persone abusate potrebbero avere risvolti giudiziari. Il carnefice e le sue vittime puntano il dito verso alte cariche ecclesiastiche: in particolare verso Roger Mahony, negli anni ’80 capo della diocesi di Stockton, California, dove O’Grady venne indagato, e oggi arcivescovo di Los Angeles nonché uno dei leader più influenti della Chiesa statunitense.
O’Grady sostiene d’aver discusso la sua situazione con Mahony mentre si trovava a Stockton. Una versione che la Chiesa contesta: «Il film si regge sulla credibilità di un molestatore di bambini che ha mentito al suo vescovo, ai medici, alle famiglie dei piccoli che ha violentato e alle forze dell’ordine. E’ un classico pedofilo. Un manipolatore che mente per difendersi» ha commentato Tod Tamberg, portavoce dell’arcivescovo.
Nei giorni scorsi il New York Times ha dedicato al caso un lungo articolo in cui riferisce che Mahony potrebbe ritrovarsi al centro d’un procedimento della procura distrettuale di Los Angeles. I giudici impegnati nelle indagini sugli abusi dei preti avrebbero intenzione di usare le dichiarazioni riportate nel film. I sospetti verso Mahony erano già stati sollevati nel 1997, nel corso d’un processo contro O’Grady: gli avvocati delle vittime avevano denunciato la diocesi per non avere impedito al sacerdote di avvicinare i bambini nonostante le passate violenze fossero note. All’epoca Mahony negò di conoscere le inclinazioni sessuali di O’Grady.
Finora nessun alto prelato americano è stato direttamente perseguito in un processo per crimini sessuali. Eppure “Deliver Us from Evil” riporta che negli Usa le vittime di abusi dei preti sono oltre 100mila e molte di più non hanno mai fatto denuncia. La Chiesa avrebbe speso circa un miliardo di dollari in risarcimenti.
L’uscita del documentario coincide con lo scandalo che ha travolto Mark Foley, l’ex deputato repubblicano della Florida costretto alle dimissioni per lo scambio di messaggi troppo amichevoli con giovani stagisti del Congresso, e che ha raccontato ai media d’aver subito molestie da un prete. Sulle pagine del popolare blog “The Huffington Post” Amy Berg si dice «colpita dalle similitudini da brivido tra il comportamento della Chiesa Cattolica e quello del Congresso americano... Oggi vediamo i leader del Congresso agire esattamente allo stesso modo nella gestione della crisi legata a Foley. Come la Chiesa, sembra che si siano preoccupati solo di proteggersi e salvaguardare il potere e le strutture di finanziamento».
Il film si spinge oltre gli Usa, lungo la catena di comando che arriva al Vaticano. Mostra due donne vittime di O’Grady viaggiare fino a Roma con una lettera e una richiesta di scuse per il papa. Sforzo inutile: la missiva è respinta da una guardia svizzera. Se mai “Deliver Us from Evil” arriverà in Italia, prevedere la reazione della Chiesa non è difficile: silenzio assoluto.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.
Il Papa e il pasticcio messicano
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 22 marzo 2012)
Come l’ombra di Banquo nel “Macbeth” lo spettro delle vittime degli abusi sessuali, commessi dal fondatore dei Legionari di Cristo, si erge dinanzi a Benedetto XVI che domani parte per il Messico. Chiedono conto degli insabbiamenti decennali del Vaticano. Chiedono conto delle decisioni prese nella Congregazione per la Dottrina della fede, di cui Joseph Ratzinger era prefetto quando gli abusati chiedevano giustizia e nessuno muoveva foglia.
Prima ancora di prendere l’aereo Benedetto XVI vede avvicinarsi una tempesta dell’opinione pubblica e nuovamente, come tante altre volte, ci si domanda chi consiglia il pontefice e quanto i suoi più stretti collaboratori abbiano il polso della situazione.
PERCHÉ pochi giorni fa era stato proclamato con sicurezza in Vaticano che il pontefice non avrebbe incontrato durante la sua permanenza in Messico nessuna vittima di pedofilia. “Escluso”, era stata la dichiarazione categorica. Un paradosso. Benedetto XVI, che si è incontrato con le vittime di abusi negli Stati Uniti, in Inghilterra, a Malta, in Australia e pochi mesi fa in Germania, avrebbe voltato la testa dall’altra parte in Messico. Proprio dove è sorta la stella del demoniaco fondatore di un potente movimento religioso, Marcial Maciel, abusatore di seminaristi, “bigamo e oltre”, i cui comportamenti un comunicato ufficiale della Santa Sede del 1 maggio 2010 descrisse così: “Gravissime e obiettivamente immorali... si configurano talora in veri delitti e manifestano una vita priva di scrupoli e di autentico sentimento religioso”.
Spiegazione ufficiosa dell’incredibile rimozione dal programma il fatto che l’episcopato locale non aveva proposto un colloquio tra il pontefice e le vittime. Toppa peggio del buco. Ma se qualcuno sperava di poter nascondere il problema, si sbagliava. Le principali riviste messicane sollevano la questione nei loro servizi. “Proceso” pubblica in copertina la foto di Maciel con un titolo a caratteri cubici: “Il Vaticano sapeva tutto”.
E ORA, a poche ore dall’arrivo dell’aereo papale, irrompe sulla scena un manifesto pubblico firmato da Juan Josè Barba, una delle vittime più celebri che per anni bussarono invano alle porte di papa Wojtyla e della Congregazione per la Dottrina della fede, retta dal cardinale Ratzinger. “Santità - scrive Barba - Lei ha detto al giornalista (e biografo) Peter Seewald che solo approssimativamente dal 2000” si ebbero elementi concreti sulle accuse contro il fondatore dei Legionari di Cristo. “Ma noi sin dal 1997, firmando una lettera aperta a Giovanni Paolo II, confidavamo in una risposta che rispettasse la verità, la carità e il diritto a noi dovuto”. Santità, ricorda ancora la vittima Barba, “il 17 ottobre 1998 presentammo domanda canonica (di apertura del processo) a Roma, che fu accettata dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della fede, di cui Voi allora eravate a capo”.
È agli atti che all’epoca tutto fu insabbiato. (Ratzinger, così ha fatto intendere una volta il cardinale Schoenborn di Vienna riferendosi ad un’altra vicenda, si scontrò contro il muro di gomma dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II e non ebbe il coraggio di sollevare il caso). Niente si mosse fino al momento in cui, morente Wojtyla nel 2005, Ratzinger mandò in fretta e furia il suo inviato mons. Scicluna a New York e Città del Messico, dove in poco più di una settimana si registrarono testimonianze disponibili da oltre dieci anni.
Ora la vittima Barba, anche a nome di altri abusati già defunti, chiede conto: “Eravamo costernati pensando come una saggezza così antica come quella della Chiesa potesse essere ingannata così facilmente (dalle false dichiarazioni di Maciel, ndr) e a livelli gerarchici così alti e per tanto tempo e in tanti luoghi nonostante le tante vittime e i tanto insistenti reclami... Però non venimmo ascoltati e non venimmo creduti”.
1985, quando la curia cominciò a tremare
di Marco D’Eramo (il manifesto, 11 marzo 2010)
È proprio vero che gli Stati uniti precedono sempre l’Europa. Nel caso dello scandalo dei preti pedofili che sconvolge ora Olanda e Germania, il ritardo è di ben 25 anni: infatti gli Usa presero coscienza del fenomeno già nel 1985, quando un prete della Louisiana, Gilbert Gauthe, si dichiarò colpevole di molestia sessuale nei confronti di 11 ragazzi.
Ma fu nel 1992 che scoppiò il più clamoroso caso di «pedofilia seriale» da parte di un prete, James Porter, accusato di aver avuto rapporti sessuali con più di 90 bambini nella sua parrocchia di Fall River in Massachusetts negli anni ’60, e con altri trenta successivamente in altri stati, tra cui il Minnesota. Poi Porter si spretò, si sposò, ebbe dei figli, ma fu accusato di molestie anche dalla quindicenne baby sitter dei suoi bambini. Nel 1992 più di 200 persone sporsero denunce contro di lui, ma poiché era difficile raccogliere testimonianze, l’incriminazione fu formalizzata per «soli» 32 casi.
La vicenda Porter mise a nudo i dilemmi delle diocesi. Fino agli anni ’70 la Chiesa inviava i suoi ministri con un problema sessuale nel Paraclete Treatment Center a Jemez Spring nel New Mexico: anche Porter vi era stato trattato. Nel 1994 questo centro accettò di pagare 5,7 milioni di dollari a 21 persone del Minnesota abusate da Porter dopo che era stato curato nel centro. Comunque già all’epoca la maggior parte dei preti in difficoltà veniva mandata a una nuova clinica, in Maryland, il Saint Luke Institute, in cui sono passati centinaia di sacerdoti, senza grandi risultati però, come si è visto dagli innumerevoli casi di recidiva.
Già alla fine del ’92 il Wall Street Journal calcolava a più di 400 milioni i dollari pagati dalla Chiesa cattolica in risarcimenti per molestie. Per tutti gli anni ’90 le rivelazioni di scandali (e i risarcimenti) si moltiplicarono. Il parossismo fu raggiunto nel 2002, quando il Boston Globe pubblicò un’inchiesta (per cui ricevette anche il premio Pulitzer) in qui rivelava che la diocesi aveva sistematicamente coperto John J. Geoghan, un prete poi spretato, accusato di aver molestato più di 130 bambini in 30 anni: in tutti quegli anni, a seguito di ogni denuncia, la burocrazia diocesana non faceva altro che allontanarlo dalla sua parrocchia solo per trasferirlo in un’altra.
L’arcivescovo di Boston, il potentissimo cardinale Bernard F. Law dovette decidersi a comunicare alla magistratura ordinaria i nomi di ben 80 preti che tra il 1960 e il 1980 avevano compiuto molestie sessuali sui chierichetti o sugli allievi dei corsi di catechismo.
Per comprendere le dimensioni del fenomeno, basta affidarsi al John Jay Report del 2004. Secondo questo rapporto commissionato dalla Conferenza episcopale Usa, tra il 1950 e il 2002 si erano contate 6.700 «accuse credibili» di molestie sessuali nei confronti di 4.392 preti Usa (il 4% circa dei 110.000 preti che avevano servito in quel periodo). Gli abusi erano aumentati negli anni ’60, avevano raggiunto il massimo negli anni ’70, per poi declinare e tornare negli anni ’90 al livello degli anni ’50. L’81% delle vittime erano maschi. La maggioranza delle vittime era in età postpuberale (il 78% aveva tra gli 11 e i 17 anni). Ma di questi 4.392 preti, solo 1.021 erano stati denunciati, solo 252 condannati e solo 100 avevano scontato pene in prigione.
Più consistenti, e più dolorose, sono state le pene finanziarie. Già a metà degli anni ’90 si stimava che la Chiesa avesse sborsato mezzo miliardo di dollari in spese legali e risarcimenti. I risarcimenti avevano superato il miliardo e mezzo di dollari nel 2006 e nel solo 2007 le varie diocesi hanno pagato più di 900 milioni di dollari (di cui 660 la diocesi di Los Angeles per conciliare 508 casi, e 198 la diocesi di San Diego per patteggiare 144 casi).
Comunque, già negli anni ’90 i risarcimenti per molestie sessuali erano arrivati a cifre così astronomiche che nel ’94 le assicurazioni Usa si rifiutarono di stilare polizze che coprissero le diocesi da tali rischi. La Chiesa americana è perciò costretta a devolvere una parte sempre più consistente delle proprie entrate semplicemente per risarcire gli ex chierichetti. E il flusso complessivo di donazioni s’inaridisce perché i fedeli sono stufi di vedere i propri oboli, in teoria destinati alla carità, in realtà essere usati per aggiustare un po’ di palpate. Non solo, ma sono crollate le iscrizioni alle scuole private cattoliche, su cui si basano in gran parte le finanze della chiesa Usa.
La pedofilia ha quindi determinato la bancarotta non solo morale, ma anche economica della chiesa statunitense. E gli Stati uniti rappresentano la maggiore entrata per il Vaticano. In Italia si è sempre sottovalutato questo scandalo negli Stati uniti, un po’ perché non si tiene conto del radicato, immenso disprezzo verso i papisti da parte dei riformati e dei discendenti dei padri pellegrini, un disprezzo di cui noi cattolici siamo ignari. Nella tradizione seicentesca puritana i preti papisti erano sempre visti come copulatori indemoniati, sodomizzatori di bambini dediti a pratiche contro natura (proprio come i cattolici ritenevano che le messe protestanti fossero delle orge). Un po’ perché la pedofilia è negli Usa lo scandalo per eccellenza da cui è difficile che il cattolicesimo possa riaversi. Per gli Starti uniti agli albori del terzo millennio, i preti pedofili hanno un impatto pari a quello che ebbe lo scandalo delle indulgenze nella Germania cinquecentesca di Martin Lutero. Ma l’infallibile pontefice romano non se ne rende conto.
PS. Magari venisse proiettato nei cinema italiani lo straordinario documentario Deliver Us from Devil («e liberaci dal male», 2006) della regista Amy Berg, sul confesso prete pedofilo Oliver O’Grade (padre Ollie). Premiato miglior documentario al Los Angeles Film Festival del 2006, il film ha anche ricevuto una nomination agli Oscar nel 2007 e chiarisce meglio di qualunque articolo la politica della gerarchia e della Curia nei confronti della pedofilia.
"Vows of silence" di Jason Berry
"Nel mio documentario lo scandalo insabbiato dei preti pedofili"
Al Roma Fiction Fest il film che accusa la Chiesa di aver chiuso gli occhi sugli abusi di Padre Marcial Maciel
di Silvia Fumarola (la Repubblica, 10.07.2009)
«Cerchiamo giustizia» dice Jason Berry «Come cattolico mi chiedo perché la più antica Chiesa del Cristianesimo non possa parlare della piaga dell’abuso dei minori, che l’ha travolta in Usa e in Irlanda». Nel documentario Vows of silence ripercorre la storia della potente congregazione religiosa dei Legionari di Cristo fondata nel 1941 da padre Marcial Maciel, accusato di pedofilia.
Un documento sconvolgente in cui parlano gli ex seminaristi e i preti molestati, presentato al Roma Fiction fest (per la messa in onda ci sono trattative con una tv italiana); come il film della Bbc Sex crimes and Vatican, susciterà polemiche. Un atto d’accusa contro la Chiesa, che avrebbe insabbiato il caso, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II. Le indagini su padre Maciel (scomparso nel 2008) si arenarono; ripresero solo alla morte di papa Wojtyla.
Il film, scritto da Berry con Gerald Renner, nasce dal libro I Legionari di Cristo (Fazi). «Non ci sono solo gli abusi» accusa Berry «ai ragazzi viene fatto il lavaggio del cervello. Maciel era protetto perché era un grande procacciatore di fondi, aveva un budget di 650 milioni di dollari».
Il Vaticano quest’anno ha affidato a cinque vescovi un’altra indagine. Jose Barba Martin, uno degli ex seminaristi molestati spiega: «Hanno tutti paura di parlare. Sono rimasto in silenzio fino al ’94, quando ho letto sui giornali messicani la lettera di Wojtyla in cui citava Maciel come esempio per i giovani. Ho capito di non poter più stare zitto». «Da cardinale» sostiene Berry «Ratzinger ha subito pressioni per passare tutto sotto silenzio; una volta diventato papa ha aperto l’indagine: sta riparando all’errore».
Il caso Maciel. Ricostruita nel film la storia dei
Legionari di Cristo, il cui fondatore fu accusato di gravissime molestie
La setta degli abusi: un documentario scuote il FictionFest
di Emilia Costantini ( Corriere della Sera, 10.07.2009)
ROMA - Più che come un ordine religioso, viene rappresentato come una setta, con un padre carismatico che ha potere assoluto sui suoi discepoli- adepti, anche quello di abusare di loro. È il racconto doloroso delle vittime che hanno subito tali abusi, a essere protagonista del documentario Vows of Silence (Voti di Silenzio), presentato ieri al Roma FictionFest. Una brutta storia che punta i riflettori sui Legionari di Cristo, potentissima congregazione religiosa nata nel 1941, e sul suo fondatore, il messicano Padre Marcial Maciel Degollado, accusato di molestie, tirannia psicologica e plagio.
Autore è il giornalista Jason Berry che con Gerald Renner ha pubblicato un libro sull’argomento. Il film è un’inchiesta durata sei anni, con centinaia di interviste che hanno rivelato uno dei più controversi scandali sui presunti abusi, attribuiti a Maciel e ad altri membri della congregazione. Dice Berry: «Come cattolico mi chiedo perché la Chiesa non possa parlare liberamente della piaga dell’abuso dei minori».
Accuse molto crude con particolari scabrosi si susseguono in Vows of Silence, alcune pronunciate tra le lacrime di chi ha subito i soprusi. Ma è anche una storia di omissioni, insabbiamenti, colpevoli silenzi da parte del Vaticano, quando le vittime reclamavano giustizia.
Secondo Berry e Renner, le prime denunce di pedofilia cominciarono a circolare sin dalla metà degli anni ’50, ma solo nel 1997 vennero allo scoperto, «però non ci fu una reazione da parte di Papa Wojtyla, anzi, sotto il suo pontificato le indagini si arenarono». Ripresero solo dopo la sua morte con Papa Ratzinger, che «tuttavia - precisa Berry - quando era cardinale subì a sua volta pressioni perché passasse tutto sotto silenzio».
Finalmente nel 2006 l’ormai pluriottantenne Maciel (è morto nel 2008) viene riconosciuto colpevole dal Vaticano. Ma la formula usata è quella caritatevole di rinunciare a un processo canonico «a causa dell’età avanzata e della salute cagionevole del reverendo Maciel, invitandolo a una vita riservata e di penitenza, rinunciando a ogni ministero pubblico».
Per la messa in onda del documentario, Berry spiega che «è in corso un accordo con una rete spagnola e trattative con una tv italiana, ma non mi sorprenderei se non dovessimo ottenere il permesso di realizzare un dvd». Sullo scabroso argomento debutta a Roma, nel prossimo autunno, anche un dramma teatrale: Vite violate di Fabio Croce, che affronta non solo il «caso Maciel», ma anche altre presunte storie di abusi commessi da alti prelati.
Esce un libro sulla violenza sessuale nelle diocesi americane
Atti impuri
Quegli abusi nel mondo della chiesa
Cifre realistiche indicano tra i quaranta e i sessantamila casi negli Usa
Una delle autrici del dossier ha assistito alle riunioni a porte chiuse dei vescovi
Denunce che vengono dall’interno dell’area cattolica
Non è il celibato in sé a favorire le pulsioni trasgressive
Non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici
ma la riflessione sull’istituzione e sulle vittime, in maggioranza ragazzi in età pre e post puberale
di Marco Politi (la Repubblica, 24.01.2009)
Le voci dall’inferno sono innumerevoli. «Accadde quando il sacerdote J. era chierichetto. Un giorno, dopo la messa, il prete si mise davanti a J. con il pene eretto e guidò le sue mani fino a raggiungere l’orgasmo� Quando entri in sacrestia, dopo aver servito messa, padre Bill ti dice che hai fatto un buon lavoro e tu sei felice e orgoglioso. Il tuo prete ti offre di aiutarti a sfilare la veste, scherzando. Ma appena l’ha sollevata, padre Bill la spinge sulla tua faccia con una mano mentre con l’altra si sbottona i pantaloni e si spinge dentro di te... Andai su e c’era il buon padre Donald, fumammo insieme (dell’erba) e poi mi fece delle proposte. Era la prima volta che qualcuno soddisfaceva me e mi piacque molto... Il dodicenne Julian fu abusato per tre anni da padre Scott, il quale gli aveva detto che per ricevere la cresima avrebbe dovuto partecipare a speciali sessioni di consulenza... All’età di cinque anni X cominciò ad essere prelevato da letto e portato sul divano del sacerdote (ospite dei genitori), che lo stendeva sopra di sé... I miei ricordi più terribili sono di noi due, io e padre Larry, che facciamo sesso nella mia stanza e dopo scendiamo al piano di sotto per cenare con la mia famiglia... La chiesa nella quale fui violentata era la stessa in cui i preti ascoltavano le confessioni, era la chiesa in cui tutti i figli della mia famiglia si sono sposati e alcuni nipoti battezzati, e in cui sono sepolti i miei genitori».
Il panorama è devastante. Quando papa Ratzinger è stato in America nell’aprile scorso il nuovo cardinale di Boston, Sean O’Malley, lo ha fatto incontrare con un piccolo gruppo di vittime di abusi che portavano con sé un libriccino con i nomi di altri mille abusati. Mille. Proviamo a trasporre la cifra in una diocesi come Torino, Bologna o Genova. Mille casi nascosti, insabbiati, negati e poi faticosamente portati alla luce. Ma basta già lo scandalo esploso ora a Verona, dove decine di ex allievi di un istituto per sordomuti, ormai adulti, hanno denunciato abusi sistematici da parte di esponenti del clero avvenuti nell’arco di un trentennio, per mostrare ciò che può nascondersi dietro la facciata della normalità quotidiana.
Le statistiche (come i processi) negli Stati Uniti sono impietose. Tra il 1950 e il 2004 si sono registrati undicimila casi documentati. Ma tutti i poliziotti sanno che le statistiche dei furti sono per difetto, perché riguardano solo gli episodi denunciati. Lo stesso vale per gli abusi sessuali. E così le cifre realistiche indicano in quaranta-sessantamila i casi di violenza subiti da minori da parte di predatori in tonaca. La media dei preti diocesani coinvolti è del 4,3 per cento. Certe annate di ordinazioni sacerdotali hanno prodotto tassi specialmente alti di preti-predatori. Otto per cento nel 1963, nel ’66, nel ’70, nel ’74. Addirittura 9 per cento nel 1975.
Atti impuri. La piaga dell’abuso sessuale nella Chiesa cattolica (a cura di Mary Gail Frawley-O’ Dea e Virginia Goldner, ed. Raffaello Cortina, pagg. 294, euro 20) non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici americani e portato alla bancarotta per risarcimenti più di una diocesi, ma è soprattutto un’analisi dell’istituzione in cui tutto ciò è potuto avvenire e una riflessione sugli individui colpiti, in maggioranza maschi tra gli undici e i diciassette anni nell’età pre o post-puberale, quando la psiche è maggiormente fragile. Riflessioni e denunce che vengono dall’interno stesso della Chiesa cattolica. Mary Gail Frawley-O’ Dea, una delle curatrici del dossier, è stata l’unica psicoterapeuta ammessa al vertice dei vescovi americani, quando a porte chiuse hanno discusso degli abusi sessuali. Hanno collaborato sacerdoti, religiosi, oltre ad esperti di problemi sessuali, docenti di religione e rappresentanti di altre confessioni cristiane.
Dal dossier emerge un quadro di analisi sfaccettato. Non è di orientamento omosessuale la maggioranza dei colpevoli, ma è l’«opportunità» che favorisce i rapporti con maschi dello stesso sesso. Non è il celibato in sé - come astensione da relazioni sessuali - a favorire le pulsioni all’abuso, ma una concezione del celibato come «integrità» ossessivamente ideologizzata e come «purezza» contrapposta ad una sessualità considerata peccaminosa o di inferiore. Non è tanto questione di trasgredire divieti, ma di personalità che scoppiano perché educate a idealizzare il sacerdozio e che non reggono l’urto con il quotidiano. Del tutto falso, poi, è che questi episodi siano frutto dello spirito libertino contemporaneo, poiché da diciotto secoli la Chiesa ha sancito norme e punizioni (il più delle volte rimaste teoriche) per combattere il fenomeno.
La vicenda non riguarda solo l’America, riguarda l’Italia, l’Irlanda, la Polonia, tutte le nazioni cristiane in misura variabile. L’America è solo il laboratorio di uno studio approfondito che interessa tutta la Chiesa. L’aspetto fondamentale è che le vittime sono «superstiti», carichi di ferite, segnati dall’orrore o dalla manipolazione della propria personalità. «Papa, funzionari del Vaticano e vescovi - scrive il domenicano Thomas Doyle - hanno mancato sistematicamente di accogliere le vittime come fratelli e sorelle in Cristo». Non è questione di brevi incontri dei papi con i «sopravvissuti» né di alcuni interventi, che condannano la mostruosità degli abusi. Il fatto è che finora né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI sono arrivati a riconoscere fino in fondo le responsabilità dell’istituzione ecclesiastica e le sue manovre di occultamento. Se l’ex arcivescovo di Boston, cardinale Bernard Law, colpevole di non aver perseguito immediatamente i preti predatori, limitandosi a trasferirli di incarico, viene poi nominato (da papa Wojtyla) arciprete di una delle basiliche più venerande della cristianità, Santa Maria Maggiore, per sistemare lo scandalo dei vertici, l’esempio è assolutamente negativo.
Ancora di più pesa che la maggioranza dei vescovi non abbia saputo instaurare un rapporto umano con le vittime. Troppi vescovi, commenta il gesuita James Martin, hanno finito per anteporre alle vittime gli interessi dei preti violentatori.
Lo si coglie dalle strategie di fuga sistematicamente messe in atto dalla Chiesa allo scoppio di uno scandalo. La vittima ha enormi difficoltà a farsi sentire, i «superiori» invitano al segreto, il primo riflesso è di trasferire i colpevoli in altra parrocchia, poi si accusano i media, infine si pensa che il risarcimento economico chiuda la vicenda, magari concentrando l’attenzione sulla Chiesa «ferita».
Così rimane al centro l’istituzione e non la vittima. E invece gli abusi pongono interrogativi di fondo. E’ pronta la Chiesa a formare preti disposti a crescere con la propria comunità, ad ascoltarla, a considerarsi guide che «imparano» smettendo di autorappresentarsi in versione super-sacralizzata di «altro Cristo»? Il pastore che non è nutrito, sottolinea la pastora anglicana Anne Richardson, «divorerà la pecora».
Preti pedofili
Un unico messaggio per le vittime: uscite dal silenzio e denunciate.
di Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Dalle vittime che sono uscite dal silenzio arriva l’appello alle vittime che vivono in silenzio: liberatevi di questo peso.
“Non abbiate paura di uscire fuori!”.
È l’appello lanciato dall’Associazione per la Mobilitazione Sociale rivolto a tutte le vittime della pedofilia. “Dobbiamo uscire dal silenzio per sconfiggere il muro di omertà attorno agli abusi” a parlare è una ex vittima, Marco Marchese, oggi presidente dell’AMS ONLUS, di cui fanno parte anche altre vittime di abusi.
L’AMS interviene proprio a seguito dell’ennesimo caso scoppiato che ha coinvolto un sacerdote: non dobbiamo emettere sentenze di colpevolezza o di assoluzione, la società, tantomeno i politici, non deve schierarsi da una parte o dall’altra, soprattutto in una fase di accertamento giudiziario. Ma è importante che le vittime sappiano che possono uscire dal silenzio anche se il pedofilo veste la tonaca, il camice o altro!
“Abbiamo il dovere di sostenere le vittime - continua Marchese - e in questi giorni ho sentito troppe persone che si sono schierate da parte di presunti pedofili pronti a giurare sulla loro innocenza. Ignoriamo troppo spesso che l’abuso si consuma in silenzio, nel buio e senza testimoni!”
Marchese continua ricordando che in molti casi, le vittime trovano la forza di parlarne solo da adulti e che quasi mai hanno il coraggio di denunciare per paura di non essere creduti!
“Sono tante le persone che ci hanno raccontato la loro esperienza. Si tratta soprattutto di persone fragili che il pedofilo riesce facilmente a soggiogare. Oggi ci siamo attrezzati anche con legali e psicologi, lavorando in sinergie con altre associazioni, perché chi ha subito un abuso ha il diritto e il dovere di denunciare e di essere risarcito”. Dal 2005 ad oggi l’AMS ha raccolto i racconti di 38 persone che hanno vissuto sulla loro pelle il tradimento da parte di chi aveva la loro fiducia, di cui 12 hanno subito abusi da parte di sacerdoti o religiosi. Marchese conclude lanciando un appello agli organi di stampa e a chiunque si trovi a parlare di questi fatti: “Non trattate queste vicende come notizie di cronaca, ma soprattutto date un unico messaggio a tutte le vittime che vivono in silenzio e cioè che possono uscire dal silenzio perché non sono sole! In ogni caso possono scrivere a emailamica@mobilitazionesociale.it ”
L’Associazione invita chiunque abbia subito abusi a chiedere aiuto e soprattutto a denunciare perché abbiamo il dovere di fermare l’orco.
Maggiori info:
Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Via Malaspina 27, Palermo
http://www.mobilitazionesociale.it
info@mobilitazionesociale.it
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* La redazione de "il dialogo" si associa a questo appello e, come già sta facendo, mette a disposizione la sua email redazione@ildialogo.org per chi volesse denunciare gli abusi subiti ma non riesce ancora a trovare il coraggio per farlo. Scriveteci.
Lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale
di Fausto Marinetti *
Caro Bruno Zanin,
grazie per il coraggio di riconoscere di essere un uomo. Non hai paura di te. E neppure "al figlio dell’uomo" fai paura, perché lui, ama ogni figlio d’uomo, qualunque cosa abbia fatto.
Tu non ti riempi la bocca di belle parole come facciamo "noi", uomini di chiesa. Sei quello che sei: "Sì, sì, no, no". Fai parte di quella stirpe, che il Cristo cercava allora come oggi: i pubblicani e le meretrici. E lui ha il coraggio di metterli in prima fila, scandalizzando gli osservanti della legge, i benpensanti, compresi coloro che dicono di "amare la chiesa, perché amano Cristo" (attenzione alla cripto-ipocrisia!). Quelli che antepongono la diplomazia al vangelo, quelli che predicano bene e razzolano male, quelli che impongono agli altri dei pesi che loro non muovono con un dito.
Il tuo coraggio ha dato frutto: altre vittime si sono fatte avanti a raccontare il loro trauma. E’ la riprova della mia ipotesi: se tutte le diocesi mettessero a disposizione un telefono verde, quante altre vittime verrebbero alla luce? Quello che noi vediamo è solo il top dell’iceberg... la "sporcizia" è sotto sotto, ma basta stuzzicarla e viene a galla.
Alcuni hanno rivelato nomi eccellenti, ma sono ancora in "coma emotivo", impigliati nella ragnatela della paura, del tradimento, dell’orrore che li paralizza.
Confessano di non aver neppure la forza di denunciare. Non ne vogliono sapere di andare in tribunale, sarebbe rivivere il Calvario, che stanno tentando di cancellare dalla loro carne. E poi ci sono monsignori intoccabili, una sorta di casta, perché, a volte, si servono delle "opere buone" per coprire i loro delitti. Il brutto è che non sono capaci di gettare la maschera come, invece, fai tu. Ma se è gente che fa professione di fede e di carità; se è gente votata al vangelo, come fa a servire Dio e stuprare i suoi figli? E si fanno chiamare "padri"...
Vedi? Io vengo dal di dentro e conosco certi meccanismi o strategie clericali. Credo che uno dei fattori ai quali imputare questa contraddizione, sia la "troppa verità", che li porta all’arroganza della verità (quella che in passato ha fatto le "sante" crociate, bruciato streghe, condannato Galilei, collaborato con la "conquista" e con la shoà, ecc.). Quanta saggezza nelle parole di Paolo: "Chi sta in piedi non si esalti troppo, perché anche lui può cadere...".
Oh se tutti i Fisichella avessero un po’ di spazio dentro di sé (oltre che per la teologia e il catechismo) per accogliere le vittime! Forse è per la troppa verità di cui sono sazi; forse è per la troppa dottrina, che hanno bisogno di nascondersi dietro agli "operai del bene", che, per fortuna, ci sono ancora tra le loro fila, e spesso tollerati quando non ostacolati, contrariati, ecc.? Tu sai che io sono stato dieci anni con uno perseguitato da loro: Don Zeno, il quale non gliele mandava a dire e, con il suo esempio ha criticato e messo in evidenza certa cultura cattolica che non ha niente a che fare con il vangelo. Non si tratta di virgole, ma di vedere la dignità umana secondo gli occhi e il cuore di Dio. Ti faccio qualche esempio:
1 - La cultura clericale non ha sempre trattato il figlio della ragazza-madre come "figlio del peccato"? E lui ironizzava: "Mai sentito dire che il diavolo abbia fatto dei figli!". Quando veniva accolta in comunità una gestante, ci insegnava che era come un ostensorio della vita e, quindi, dovevamo rispettarla, onorarla e anche venerarla come si venera l’eucarestia.
2 - Nel 1943 all’ombra del Santuario di Pompei trova un istituto con la scritta "Casa dei figli dei carcerati". E lui va in bestia: "Questi bambini non sono i figli dei carcerati, ma i gioielli di Dio Padre, carne battezzata, senza macchia d’origine" (27.2.1943). E quando la comunità verrà sciolta dal braccio secolare, con il beneplacito della S. Sede, circa 700 "figli" sono strappati alle madri e riportati negli istituti, scoppiando dal dolore, dirà: "C’è da meravigliarsi che il clero abbia accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei hanno fatto perfino la Casa dei figli dei carcerati. Una scritta a caratteri cubitali. Tu, prete, hai il coraggio di chiamare così coloro, che Dio ha scelto, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É lecito commettere di questi guai? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità e Cristo continua a dire alla Chiesa: Donna, ecco tuo figlio. E alle vittime: Figli, ecco vostra madre".
3- Di fronte a un’Italia alla fame, nel dopoguerra, scrive a Pio XII: "In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme benestanti e i figli poveri, affamati, ignudi, senza casa. Si è visto e si vede spesso l’inverso. Noi ecclesiastici, padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo quindi contro natura, in peccato, dal quale hanno diritto di difendersi. Vuol cambiare rotta? Io ci sto e chissà quanti ci stanno..." (25.5.1953).
Ma Fisichella crede proprio che basta mascherarsi con le opere buone di madre Teresa per cancellare le migliaia di vittime della pedofilia clericale? Altro che insistere nel dire che si tratta di "casi isolati", di responsabilità personale di alcuni preti che "non dovevano diventare preti"! E quella dei vescovi che li hanno smistati qua e là? E la copertura...
La tua confessione "coram populo" ci invita tutti a gettare la maschera, a riconoscerci semplicemente uomini, a non ritenerci migliori degli altri, perché il nostro vanto è proprio quello di essere della stessa pasta di Adamo, creature fragili e perfettibili. Chi non ha bisogno di farsi perdonare qualche cosa? Perché i prelati non dovrebbero ammetterlo? Per salvare l’immagine? Che cosa è questa benedetta immagine se non, appunto, un’immagine?
Fisichella ha perso un’occasione unica durante la trasmissione di Annozero? Se invece di arrampicarsi sui vetri per difendere a tutti i costi la chiesa, (Cristo non ha bisogno di crociati, vecchi o nuovi), si fosse inginocchiato davanti alla donna stuprata per anni da don Contini, che cosa sarebbe successo? Un’occasione d’oro mancata. Mancanza di coraggio o di fede?
Certo, meglio la diplomazia, l’arte di non perdere la faccia, "l’istituzione va salvata ad ogni costo"! Ma Cristo, altro che faccia...!, non ha perso tutto quanto quando è andato ad "abitare" sul Calvario? Se è vero che vi sta a cuore l’istituzione, perché non prevenire tanto male, tanta aberrazione coltivata nei seminari, tanta cultura sessuofobica, che non vi fa vedere la corporeità, i figli, le donne, ecc. con gli occhi di Dio?
Perché non si ha questo santo coraggio? Perché siamo diventati ecclesio-latri, abbiamo messo la chiesa al posto di Dio? Ma dove esiste nel vangelo il "culto" alla chiesa, al papa, ai principi della Chiesa?
E quanti disastri continua a fare l’idolatria del prete? Cosa non si fa per fargli credere di essere "altro" dal popolo, un diverso, un eletto, un predestinato? Non si è forse elaborata una "dottrina" per metterlo sul piedestallo di Dio stesso?
La teologia distingue tra il sacerdozio di "uomini speciali" e il "sacerdozio comune dei fedeli". Al sacerdote sono affidati poteri essenziali per la salvezza: celebrare l’eucarestia e perdonare in nome di Dio. Il concilio di Trento dichiara: "Se uno dice che nel Nuovo Testamento non c’è traccia visibile del sacerdozio e del potere di consacrare il corpo e il sangue di Cristo e di rimettere i peccati, sia anatema" (n°. 961). Il celibato obbligatorio rinforza la mistica del prete, che lo pone al di sopra dei laici. Quando viene ordinato si unisce a Cristo in tale maniera che è sostanzialmente diverso dagli altri (catechismo, 1581), perché "possiede l’autorità di agire con il potere e nella persona di Cristo stesso" (1548). Viene messo sul pulpito, accanto a Dio, di cui gode onori e privilegi. Il curato d’Ars dice: "Che cosa è un prete? Un uomo che sta al posto di Dio, investito di tutti i suoi poteri. Quando perdona non dice "Dio ti perdoni", ma "Io ti perdono". Se incontrassi un prete e un angelo, prima saluterei il prete poi l’angelo. Questi è amico di Dio, il prete sta al suo posto". S. Teresa baciava dove passava un prete. "Il sacerdote agisce in persona Christi e questo culmina quando consacra il pane e il vino" (Giovanni Paolo II, giovedì santo 2004). La divisione tra preti e laici è di origine divina (can. 207). Ma l’aureola anzitempo gioca brutti scherzi: ti illude di essere costituito in grazia, immune dal peccato, specie da quello banale e volgare del sesso, che spetta ai comuni mortali. Il passaggio dal potere al privilegio, dall’elite alla casta è breve. E così va a finire che il clericalismo distorce, distrugge, avvelena la missione della Chiesa. Se non è la causa di molti problemi, certo li causa per conservare privilegi, potere, prestigio, immagine. Quindi non è ammessa nessuna debolezza, lo scandalo va soppresso, le vittime messe a tacere. Corruzione e abuso inevitabili (cf "Sex, priests & secret codes, R. Sipe, T. Doyle, P. Wall, Los Angeles, 2006).
Se si fa credere al prete di essere "come Dio", è chiaro che questo influisce e condiziona la sua psiche al punto di considerarsi al di sopra della legge umana e inconsciamente si permette delle libertà, che non sono concesse ai comuni mortali.
Non ce n’è abbastanza per riflettere e decidere di cambiare rotta?
* Il dialogo, Sabato, 04 agosto 2007
*Ringraziamo Fausto Marinetti per averci inviato questa sua lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale che ha raccontato la sua storia in un libro che fa tremare: "Nessuno dovrà saperlo" dove con raro coraggio ammette, come conseguenza, di essere diventato omosessuale, non pedofilo. Per lui, come per tanti altre vittime della pedofilia dei preti, nessuno muove un dito, neppure le scuse come avviene in America dove le vittime hanno diritto alle pubbliche scuse del vescovo, possono "raccontare" in chiesa il "fattaccio" o scriverlo sul giornale della diocesi. Possono anche giungere ad erigere nella piazza di Davenport, davanti alla casa del vescovo, una macina da mulino con le parole di Cristo: "Chi scandalizza un bambino sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare".
Verrà il giorno in cui in piazza S. Pietro, al posto della fontana, si metterà una gigantesca macina da mulino a perpetua memoria delle vittime dei preti?
Don Gelmini indagato dalla procura di Terni per abusi sessuali *
Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni con l’accusa di abusi sessuali. Ad accusarlo - secondo quanto riporta La Stampa - alcuni ex ospiti delle strutture della comunità ad Amelia. L’indagine, sottolinea il quotidiano, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni con l’obiettivo di ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni di accusa sarebbero molte e abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti - giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con la droga, qualcuno anche scivolato nella delinquenza - ripeterebbero sempre gli stessi racconti. I pm hanno anche già sentito il diretto interessato in un «lungo e drammatico interrogatorio».
Ma sulle indagini le bocche in procura sono più che cucite. Per vari motivi, spiega il quotidiano torinese. Primo poiché «il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga..». Terzo giacché gli accusatori sono giovani che hanno avuto o hanno tutt’ora a che fare con le droghe, «insomma sono testimoni non propriamente granitici» scrive La Stampa.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.08.07, Modificato il: 03.08.07 alle ore 9.41
IL SACERDOTE NELLA BUFERA
Abusi, don Gelmini indagato
Alcuni ragazzi della comunità contro il prete anti-droga: molestati sessualmente FRANCESCO GRIGNETTI (La Stampa, 3/8/2007 - 7:42)
TERNI. L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.
Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.
C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.
Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.
E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.
Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Preti pedofili
Fisichella scrive, Marinetti risponde
di Fausto Marinetti
Marinetti aveva inviato p. c. a Mons. Fisichella la lettera aperta a don Di Noto e Monsignore gli risponde: *
Caro Marinetti,
ho ricevuto la Sua lettera e La ringrazio. Mi dice che mi riguarda!L’ho letta con attenzione e per quanto mi riguarda non ho nulla da rimproverarmi. Temo che il Suo giudizio e la Sua lettura siano parziali e non sempre conformi alla realtà. Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica! Non riesco a seguirLa su questo cammino. Sembra che per Lei sia oro colato quanto provenga da una denuncia e falsità e tentativo di insabbiare se è fatto dalla Chiesa, dai Vescovi e dai Sacerdoti.
Mi spiace, ma non è così come le Iene o i reportage a cui fa riferimento. Da parte mia, non mi ritraggo ma non voglio neppure essere utilizzato strumentalmente per aggredire la Chiesa e le migliaia di Sacerdoti (e Vescovi) che ogni giorno con fatica e coerenza vivono la loro vocazione a sevizio di tutti!
Con la stessa schiettezza che Lei ha usato, ma con tono differente mi sono sentito di risponderLe.
Suo
† Rino Fisichella
La risposta di Marinetti
24.7.2007
Caro Mons. Fisichella,
Le chiedo lo sforzo di non dare per scontato che ogni critica è una "AGGRESSIONE". Non tutti riescono a battervi le mani, sempre e comunque, come certi "giornali di corte" e certi movimenti educati al servilismo e all’adulazione. A volte, quelli che riteniamo "i nostri nemici" sono assetati di giustizia e ci dicono la verità più degli ossequienti. "Salutem ex inimicis nostris"? Lei mi invita a nozze: "Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica!".
Ha ragione: non possiedo "elementi" teorici, nozioni astratte, "sentito dire" e quant’altro, ma l’esperienza sulla mia pelle, voragini nella mia psiche: sono stato in seminario dal 1953 al 1968. Quindi, produco fatti, esperienze, comportamenti, situazioni, insegnamenti. Porto in me le stigmate di quella cultura: l’incapacità di "accogliere" il mondo femminile "come altro da me"; l’ideologia del sacrificio (come se Dio fosse un contabile); "fare il bene" agli altri per sentirsi buoni; la vita è una "valle di lacrime"; ecc.
Entro in seminario nel 1953, anno in cui i religiosi, riuniti in congresso internazionale, discutono sulla "funzione educativa del pallone nei seminari", non un cenno all’educazione sessuale. Altri tempi, nei quali l’unica presenza femminile ammessa in seminario è la Vergine Maria. Segregazione assoluta, per quattro anni non torno in famiglia. A un undicenne non resta che votarsi a una beata incoscienza, tra gioco, studio e abbondanti pratiche di pietà. Il termine più "familiare": peccato! Onnipresente, più di Dio. Le virtù per eccellenza: obbedienza cieca, rinnegare se stessi, mortificazione dei sensi. Altro che fuga mundi, cancellazione del mondo! Si esalta la santa purità, inculcandoci che il corpo è occasione di peccato. Ogni fine mese il direttore fa il "rendiconto" delle nostre malefatte: bere fuori pasto, andare al gabinetto senza permesso (sfuggendo al controllo), troppa passione per il gioco, troppa amicizia sospetta, ecc. La colpa meritevole dell’inferno: l’amicizia particolare. Non capisco, ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. I colpevoli vengono svergognati: "Mele marce, traditori della vocazione, peggio di Giuda". Un dubbio: un ragazzino della mia età come può avere tanta forza da colpire il Cristo in persona? Per prevenire il contagio, l’isolamento del colpevole è immediato, l’espulsione celebrata come una cacciata dal paradiso.
Un giorno sparisce anche il sacerdote-assistente, che "dovevamo" chiamare "padre". Ogni sera, ispezionando la camerata, con gesto fulmineo ci strappa di dosso le lenzuola per verificare che cosa succede sotto di esse. Poi arriva l’ordine di dormire con le braccia sopra le coperte. Prediche e conferenze insistono ossessivamente sulla "bella virtù". Per essa preghiamo forsennatamente. Dall’alto della pala dell’altare una "donna vestita di luce" è la nostra donna ideale: incorporea, asessuata, un fantasma. Ogni sera, con la nostalgia, una domanda: "Ma la mia mamma dove è andata a finire?". Al suo posto il direttore spirituale, un vecchietto di 70 anni, buono come il pane, ma incompetente per aiutarci a gestire l’insorgere delle prime pulsioni. Ogni mattina, al suo confessionale, una fila di clienti-bambini per saldare, con un Dio-giustiziere, il conto di una notte inquieta. Il buon padre non sa dire altro che: "Prega, prega! Con la preghiera tutto va a posto". Mi sembra di non essere preso sul serio. Ma, sotto l’imperversare della minaccia dei castighi divini per il delitto di masturbazione, comincio ad avere paura del mio corpo: "Dio me lo avrà dato per punirmi? Cosa gli ho fatto di male?".
Gli zelanti sono quelli che fanno la doccia più in fretta, non indugiano nei gabinetti, spiano i compagni che si appartano e li denunciano. Ci viene insegnato, che la purezza consiste nel fingere di non avere un corpo, ignorare la sua crescita, finalità, movimenti. Non sono in grado di capire, ma, con il tempo, mi renderò conto che questo clima produce turbe e danni psicologici irreparabili. Sul conto di chi saranno messi? Chi si preoccuperà di ripararli? Io non so cosa sia lo stupro del corpo, ma quello dell’anima sì.
A forza di parlare di "peccato impuro" non si ingenera la sua ossessione? Educazione sessuale? Nel paradiso terrestre del seminario il sesso non deve esistere e, se esiste, è solo in confessionale per chiedere perdono a Dio di averci dato un corpo, che sarebbe meglio non avere. I seminaristi più sfrontati osano bisbigliare: "E’ vero che i bambini nascono dal petto delle donne?".
Il bambino e la donna sono presenze così insignificanti (o pericolose?) per una formazione umana integrale? Potrà mai Dio vergognarsi di quello che ha fatto? Se un ragazzo fa indigestione di spiritualità disincarnata, come si fa a farne un cristiano senza prima farne un uomo? Può essere condannato ad una specie di anoressia del cuore? A furia di "fare" il cristiano, abbiamo perso di vista l’uomo o abbiamo preteso di fare il cristiano alle spese dell’uomo? Se per 15-20 anni un giovane è tagliato fuori dal suo habitat naturale, la famiglia, è come una pianta coltivata in serra. Appena la si espone è soggetta a tutte le intemperie. Se un uomo passa dalla cassaforte del seminario a quella della canonica; se gli si impone una cintura di castità con il terrore dell’inferno e l’ossessione del peccato mortale, potrà mai venirne fuori un uomo capace di condividere la sorte dei fratelli, che pur si dibattono con la "lussuria degli occhi, della carne, del mondo"? Può il seminario sostituire la famiglia? O forse solo una comunità di padri e madri di famiglia sarebbe in grado di educare dei giovani candidati al ministero, come avveniva all’inizio del cristianesimo ?
Ci imbottiscono di vite di santi, che non hanno fatto altro che castigare il loro corpo con digiuni e cilici. Ignoranza, paura, sacro terrore faranno il resto. Un collega mi confiderà: "A furia di parlare contro il sesso mi hanno talmente condizionato, che, quando vedevo stesi al sole degli indumenti intimi femminili, li rubavo e li indossavo per eccitarmi. Eppure m’hanno convinto che quelle "cose" erano sfoghi di gioventù e m’hanno fatto prete lo stesso. Giro da una diocesi all’altra fin che trovo un vescovo, il quale mi manda dal suo medico di fiducia, che mi prescrive un farmaco. Il farmacista, mio conoscente, mi chiede: "Per chi è?". "Per me". "Sai che serve per la sterilizzazione chimica?".
Cose d’altri tempi? Ho degli amici appena usciti dal seminario e mi confermano che sono cambiate le forme, è rimasta intatta la sostanza. Si dice: "I seminaristi d’oggi la sanno lunga, hanno già fatto le loro esperienze!". Ma se sono esperienze negative, come potrà il candidato fare una scelta serena? A 25/30 anni uno può decidere per tutto il resto della sua vita, quando non sa niente di "crisi di paternità", di complementarietà uomo/donna, non ha ancora sentito nella sua carne i morsi della solitudine, non ha fatto esperienza dell’esigenza di perpetuarsi come specie? Come fa a rinunciare a ciò che non conosce, a ciò che è stato sublimato, inculcandogli che "il prete rinuncia ad un amore per amare tutti"? E poi, quando si ritrova in parrocchia, solo, la sera, s’avvede che "amare tutti con cuore indiviso", può essere una scusa per non amare nessuno? Se uno viene abituato fin da piccolo ad amare nell’intenzione, a fare atti di amore spirituale, non sarà un alienato per sempre? O l’amore è concreto, come quello della mamma, che è pane e latte, bacio e carezza, o che amore sarà mai? In seminario non c’è, tutt’oggi, la presunzione di far scalare ai neofiti la cima della "santa purità" senza fornire loro l’attrezzatura indispensabile per le alte quote? Che cosa può fare un prete che sui 40-50 anni s’accorge di non essere in grado di portare il "giogo" della castità? Se il prete giovane decide di lasciare non può sposarsi in chiesa, non può insegnare religione, deve allontanarsi dalla parrocchia, ecc. Diritti umani, valore supremo della persona? Forse il Cristo direbbe alla sua Chiesa che è stata lei a tradire l’uomo-prete? Dove sono i preti che denunciano i loro superiori di violenza psicologica, di intimidazione spirituale ed economica? "Se non stai alle nostre regole ti tagliamo i viveri...". Allora uno che fa? Si arrangia. Uno se la fa con le suore, con l’amante, oppure, oppure... (che tragedia!) con dei bambini. E che dire del superiore che invita il "prete bollente" ad andare a donne di nascosto?
E’ forse cambiata la cultura clericale, che vede la sessualità con gli occhiali neri dei pagani gnostici e manichei? Lei sa meglio di me che i cristiani della prima ora considerano il matrimonio un male necessario. Per S. Ambrogio la donna è tentazione, per S. Gerolamo il marito che ama troppo la moglie commette adulterio. Quanti coniugi sono stati ammessi alla gloria del Bernini per aver esercitato in grado eroico le virtù proprie del matrimonio? Ma quali sono? La rinuncia, il sacrificio, la negazione del piacere? Ha mai meditato sul testo della teologa e madre C. Jacobelli, Risus Pascalis - Il fondamento teologico del piacere sessuale?
Basta forse ammettere tra i docenti una zitella, inviare i seminaristi in vacanza o a fare apostolato domenicale? Un amico seminarista mi racconta: "Di ritorno dalle vacanze, 2005, corro dal padre spirituale. "Padre, ho provato simpatia per una ragazza". "E’ una tentazione, il maligno in persona, fuggi, fuggi da lei. Prometti di non vederla mai più". Trasformare la donna da sostegno, compagna dell’uomo (per "ordine di Dio") in un pericolo, in una tentazione, in una rivale di Dio è proprio secondo il suo cuore? Non è come cancellare metà della nostra stessa umanità? I preti pedofili avranno la loro responsabilità personale, ma non saranno anche frutto di questa cultura misogina e manichea? Un’amica, saggia e attempata, mi racconta: "Il prete in predica ha inveito talmente contro il sesso, che l’ho aspettato all’uscita e gli ho spiattellato in faccia: "Scusi, padre: si ricordi che anche lei è nato da un amplesso coniugale, non dagli angeli!".
Non mancheranno i preti osservanti del celibato (si parla, forse, del 6/10 %). Ma si tratta di regola o di eccezione? Si è giunti a tale conquista mediante o nonostante il seminario? Sono stato nei monasteri buddisti in Cambogia, Sri Lanka, Tailandia e ho studiato la loro iniziazione alla vita celibataria. C’è da invidiare tanta serenità, che è il risultato di un metodo di auto-dominio con pratiche ascetiche e il controllo del pensiero attraverso quello della respirazione.
Apprezzo troppo il celibato volontario per vederlo svilito ad una imposizione. Può essere mistificante sostenere che il celibato volontario non risolverebbe il problema, perché la pedofilia è una piaga, di cui non sono immuni nemmeno i padri di famiglia. Ma questi, almeno, non si dicono "rappresentanti di Dio"! Eliminiamo le anomalie educative; facciamo uomini concreti, calati nella realtà e così si potrà dire che non è colpa dell’istituzione. La pedofilia dei preti non è che un sintomo di un male sotterraneo. La gerarchia continuerà a colpire gli effetti, ignorando le radici del male? Non si addomestica il cuore, mettendolo in quarantena.
La Commissione dei vescovi americani non ha riconosciuto che l’educazione del seminario può inclinare all’omosessualità, quando non la favorisce? Non c’è terreno migliore di quello esclusivamente maschile per innescare curiosità morbose, ricercare il "surrogato" in mancanza del "prodotto originale". L’unico e insostituibile ambiente educativo è quello familiare e ogni altro rischia di essere contro natura (Cf Carta dellONU, 1989). Di fatto i seminari minori negli Usa, Canadà, Irlanda, Messico, ecc. sono stati chiusi. Per caso o proprio perché finalmente si ammette che non funzionano e, spesso, si innescano varie forme di omosessualità? Un’amica psicologa spiega: "In quei contesti si "ingenera" una omosessualità "situazionale", legata cioè non ad una scelta omosessuale di fondo, ma all’impossibilità di accedere all’oggetto sessuale femminile, per cui lo sfogo della libido si riversa su un altro oggetto. Non potendo riversarsi su una donna, la pulsione sessuale viene dirottata su altri uomini, che sono gli unici oggetti sessuali disponibili. Per coloro che hanno un’inclinazione alla omosessualità, il seminario diventa l’ambiente "ideale" per esprimerla, con tutte le ovvie ripercussioni su quanti non hanno questo orientamento di fondo".
Di fronte all’ "11 settembre della Chiesa americana" si parla di innominabile tradimento di Cristo. Ma l’unico e solo "colpevole" è il prete pedofilo? Pedofili si nasce o si diventa? Se si diventa, che cosa vi ha contribuito? Non sarebbe stato opportuno convocare in Vaticano gli "indegni", per sentire la loro versione e offrire al mondo le loro scuse? Prendersela con gli effetti non elimina le cause. Chi più e meglio di loro ci potrebbe dire che cosa ha fatto difetto nella loro educazione psico-affettiva, a che cosa attribuire i buchi neri della formazione? E cosa è successo nei primi anni del ministero? Che cosa i cristiani avrebbero potuto e dovuto fare per dare al prete non solo offerte ma anche sostegno umano?
Forse il papa potrebbe convocare anche le vittime in piazza San Pietro e chiedere loro perdono insieme ai cardinali? Non creda che ce l’abbia con Tizio o Caio, che passano, ma con il sistema, che non passa e continua a immolare le sue/nostre vittime. Imparassimo ad ascoltarle, almeno!
Distinti saluti,
Fausto Marinetti
PS. Perché non ripassiamo il n° 3 di Concilium del 2004? Non sono degli "anticlericali", ma teologi/ghe, ricercatori seri che parlano, non a caso, di pedofilia clericale come di tradimento strutturale della fiducia.
* Il dialogo, Mercoledì, 25 luglio 2007
Preti pedofili
Lettera aperta a Mons. Rino Fisichella
di Fausto Marinetti *
Caro Mons. Fisichella,
anche noi, le vittime dei preti pedofili, abbiamo letto la tua intervista: "Atti gravissimi, una grande amarezza. Ma la Chiesa sa riconoscere gli sbagli" (Corriere della sera, 16.7.2007). Quello che hai detto è quello che hai nel cuore o si tratta di una "difesa d’ufficio"?
1. Affermi, che "una seria presa di coscienza" consiste nel "buttarsi dietro le spalle questa dolorosa vicenda sapendo riconoscere il male che c’è stato da una parte, ma al tempo stesso il grande bene fatto quotidianamente". Metti sulla bilancia da una parte le nostre tragedie (i suicidi, gli impazziti, i disperati, ecc.) e dall’altra "il grande bene fatto quotidianamente". Secondo te, da che parte pende? E secondo quel Cristo che citi più avanti: "Chi scandalizza un bambino... meglio si butti nel mare"? Queste parole non valgono anche per te e soprattutto per i tuoi confratelli nell’episcopato che hanno collaborato con gli stupratori del nostro corpo e della nostra anima? E poi, hai forse dimenticato quel: "Non sappia la destra quello che fa la sinistra"? Se ami davvero la verità, perché negli spot dell’8 per mille non ci infili qualche prete pedofilo a chiedere perdono per la strage degli innocenti? "Buttarsi dietro alla spalle questa dolorosa vicenda..."? Siamo noi, non voi, che dovremmo sbarazzarcene. E, alle volte, non ce la facciamo. Come una paralisi dell’anima per lo shok subito. E, se anche riuscissimo, sarebbe come buttare via noi stesse, vittime immolate, perché noi non siamo una "dolorosa vicenda", di cui disfarsi, ma siamo la vostra tragedia, il vostro Calvario. Volete disfarvi di noi come di zavorra che appesantisce la barca di Pietro e offusca la vostra immagine? La zavorra è il vostro crimine, noi siamo leggeri come gli angeli... Come è circospetto il tuo uso delle parole! All’inizio parli di "vicenda dolorosa"; poi attraversi "gli sbagli dei propri uomini", arrivi agli "errori di alcuni", agli "episodi così gravi" per sbarcare sul terreno degli "atti esecrabili" e del "male commesso". Nooo! Noi non siamo né una vicenda, né degli sbagli, né errori di alcuni, né episodi, né atti esecrabili: noi siamo il vostro crimine. Ogni altra parola ("peccato" compreso) è fuori contesto, tradisce i fatti, ci uccide una seconda volta.
2. "...la Chiesa, ancora una volta, è stata capace di riconoscere gli sbagli dei propri uomini". Dovremmo battere le mani, applaudire la scaltrezza nell’occultare i rei (almeno 200 fuggitivi), smistarli da una parrocchia all’altra, diffondendo l’infezione? Parli degli "sbagli dei propri uomini", quindi non dell’istituzione. Ma non si trattava di una prassi dettata da Roma? Non venivano dall’alto le direttive di coprire, non fare scandalo, tenere tutto sotto chiave? Almeno il card. Law l’ha ammesso: "Noi sapevamo che era un peccato, non un delitto". Non è forse questo che fa la differenza? Peccato, è una categoria ecclesiale, crimine è una categoria del codice penale. Se si vuol fare prevalere la chiesa (con i suoi privilegi, le sue caste, ecc.) sulla società anche in materia penale, non ti sembra un’ingerenza, un disastro che produce, appunto, tragedie? Se un prete commette un furto, un omicidio, cosa c’entra la legge canonica? Il delitto è delitto sia che venga commesso da un laico come da un prete, vero? Visto che ci tieni ad esprimere la tua solidarietà con le vittime, perché alla fine della trasmissione "Annozero" non hai abbracciato Marco Marchese, chiedendo perdono, in lui, a tutte le vostre vittime?
3. Insisti: "l’errore di alcuni", "una piccola minoranza nel clero". Sono "alcuni" i più di 5.000 preti pedofili solo negli Stati Uniti? E i 1.700 in Brasile? Bada bene: le cifre parlano di quelli denunciati o già condannati. E tutti gli altri che l’hanno fatta franca? E quelli che sono scappati all’estero con l’appoggio dei loro prelati? Perché non aprire uno sportello nazionale (gestito da laici, non da don Di Noto) per fare venire a galla tutto il sommerso della "parrocchia italiana" del papa? Se ci amate, come dite; se vi sta a cuore il nostro bene e quello della Chiesa, perché non promuovete degli spot che esortino le vittime alla denuncia del prete, che "non avrebbe dovuto essere ordinato prete", dici tu; "del vescovo che non avrebbe dovuto diventare vescovo", diciamo noi? Non puoi indurci a pensare che avete paura della verità.
4. "Si tratta di atti esecrabili che vengono registrati, e in modo anche più frequente, anche dentro altre categorie sociali". Intendi giustificare l’ingiustificabile? Le altre categorie sociali non hanno fatto nessuna promessa di celibato; non si presentano alle loro "prede" come "rappresentanti di Dio". Capisci che per noi il prete è "tutto", è più del cielo che della terra? Come avremmo potuto immaginare che avrebbe abusato dell’aureola di "uomo di Dio", di quel potere sacro che voi gli avete dato, convincendolo di "agire in nome di Dio", di essere le sue mani? (catechismo: 1548, 1581). Noi non siamo stati "colpiti", ma distrutti, assassinati nello spirito oltre che nel corpo. Messi in croce, quindi, due volte.
"... c’è da applaudire la Chiesa americana per il coraggio che ha avuto di voltare pagina...". Dovremmo battere le mani a chi si è fatto complice, mettendoci in croce? Quanto tempo c’è voluto prima che arrivasse il coraggio di voltare pagina? E a che prezzo? Già nel 1968 i vescovi americani ordinano una ricerca sul fenomeno; nel 1976 Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo; nel 1984 viene offerto loro un "Manuale" con le "istruzioni per l’uso": il ciclone è preannunciato, ma i vescovi fanno orecchie da mercante. Non solo: si fanno complici, piazzando i preti pedofili qua e là di modo che, per esempio, p. James Porter riesce a stuprarne 200. Il vero coraggio sarebbe mettere in pratica le direttive della "Commissione ordinata dai vescovi americani" (2004) per la quale il seminario è un apartheid affettivo, che blocca lo sviluppo emozionale "normale" e, in quanto ambiente di soli maschi, può inclinare alla omosessualità . Senti, in sintesi, cosa si afferma: "I responsabili non hanno capito l’evidente natura del problema, considerando le accuse come fatti sporadici e isolati.
Il timore dello scandalo li ha indotti a ricorrere alla segretezza e all’occultamento (Un vescovo, richiamato dal suo prete per aver giurato il falso in tribunale, risponde: "Io mento solo quando devo mentire". La minaccia del processo ha indotto alcuni a trascurare il loro dovere pastorale e a adottare verso le vittime un atteggiamento contrario e indegno per la Chiesa. Altri non hanno capito pienamente l’ampiezza e la gravità del danno sofferto dalle vittime. Hanno riposto troppa fiducia negli psichiatri, psicologi e avvocati. Alcuni hanno messo gli interessi dei colpevoli al di sopra di quelli delle vittime e troppo spesso hanno rifiutato di ascoltarle. Il codice e i procedimenti canonici hanno reso troppo difficile destituire il prete pedofilo dal ministero e i vescovi non hanno fatto abbastanza ricorso a ciò che la legge canonica li autorizza a fare per proteggere i minorenni. Il risultato è che, ai preti pedofili è stato concesso, con allarmante frequenza, di restare dove avevano commesso l’abuso o di essere trasferiti, divenendo per i bambini un’ulteriore prevedibile minaccia, che si è materializzata con altri abusi".
"... la Chiesa degli Stati Uniti... è riuscita a ritrovare un rapporto di fiducia con il suo popolo". Perché non lo chiedi ai vari gruppi laicali nati dallo scandalo, che si sono stancati di essere trattati come sudditi, meri elementi decorativi di una Chiesa clericale, di essere munti per pagare le malefatte dei preti pedofili? Interpella SNAP, Call to action, Voice of the faithfull, ecc.
Se vuoi entrare nel cuore e nell’anima della vittima, perché non ne prendi in casa qualcuna? Se ogni vescovo ne ospitasse almeno una in casa sua, questo sì sarebbe un vero atto di coraggio. E il papa, quanti ne potrebbe ospitare in Vaticano? E le congregazioni femminili quante case romane trasformate in albergo potrebbero mettere a disposizione?
E, per finire, dichiari: "la Chiesa, in generale, non ha nulla di cui vergognarsi". Quindi "gli sbagli", "gli atti esecrabili", il male non è esistito? Non è evidente che il non riconoscere il delitto, non fa che perpetuarlo? Il papa stesso non ha parlato di "sporcizia", di "crimini enormi"? Non c’è da vergognarsi di queste "cose"?
Vogliamo sapere da un teologo come te: ma quando ci ritroveremo in paradiso, tutti insieme, quale sarà il posto assegnato ai preti e vescovi pedofili? Cosa proveremo noi, le vittime, accanto ai nostri carnefici? Prega con noi: "Padreterno, tu che sei un vero padre, non infliggerci altro dolore! Almeno tu, non metterci in croce un’altra volta... E’ vero che farai per loro una sezione separata, magari blindata, affinché non nuocciano più? E a chi li ha coperti, occultati, sottratti all’autorità giudiziaria, quale angolino riserverai?". Non vogliamo accomiatarci senza produrre delle proposte positive:
a - un telefono verde in ogni diocesi riservato alle vittime dei preti. Ma, chiaro, sia gestito dai laici, perché i bimbi, ormai, hanno paura delle vesti nere.
b - i delitti di pedofilia non siano soggetti a prescrizione
c - siano riconsegnati alla giustizia i preti pedofili fuggitivi dai loro paesi
d - si chiudano tutti i seminari e i preti siano solo uomini maturi, educati dalla comunità, scelti dalla gente, come si faceva all’inizio
e - siano rivedute e corrette le norme canoniche con la consulenza delle vittime
f - i preti pedofili siano affidati alla polizia come si fa per qualsiasi reato previsto dal codice penale per ogni cittadino.
Ma Voi, preti e prelati, siete proprio disposti a dare la vita per noi come farebbe ogni padre, ogni madre per suo figlio/a?
Ci firmiamo, Le Tue/Vostre vittime (Fausto (Alberto) Marinetti, ci ha solo imprestato la penna
iscritto all’album dei giornalisti, Milano, N°. 60127)
Postilla 1. Una proposta per la Chiesa, se saprà uscire purificata dal Giordano del nostro sangue e delle nostre lacrime: fino a quando chierici e laici non saranno fratelli alla pari; fino a quando non si realizzerà la conversione dei"buoni a tutti i costi"; fino a quando i ministri non scenderanno dal piedestallo per servire i fratelli e il popolo di Dio non avrà diritto alla libertà di coscienza, di parola, di pensiero, di cultura, vano sarà stato il nostro Calvario. Il cardinale Ratzinger lo esprimeva con parole sacrosante: "Abbiamo molto da imparare: siamo troppo interessati a noi stessi, alle questioni strutturali, al celibato, all’ordinazione delle donne, ai concili pastorali, ai diritti di questi concili e dei sinodi. Lavoriamo sempre sui nostri problemi interni e non ci rendiamo conto che il mondo ha bisogno di risposte, e noi rimaniamo coi nostri problemi". La conversione non è appannaggio né degli accusatori né dei difensori della Chiesa, ma di chi si lascia invadere dallo Spirito, che soffia sempre dove vuole. Non senti che "soffia" forte anche attraverso di noi, le vittime?
Postilla 2. Se ti sta a cuore la nostra difesa, perché non dedichi i tuoi ultimi anni alle nostre cure, magari fondando una casa di accoglienza per le vittime della pedofilia clericale in uno dei vostri 24.000 immobili romani?
* Il Dialogo, Venerdì, 20 luglio 2007
CHI HA PROTETTO I PRETI PEDOFILI?
di Mario di Carlo (*)
Cifre astronomiche per il risarcimento dei danni alle vittime hanno determinato l’amministrazione controllata dal tribunale in diverse diocesi degli USA. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia *
http://www.italialaica.it/cgi-bin/news/view.pl?id=007435
Da Critica liberale n. 138
Da oltre un decennio i casi di pedofilia da parte di sacerdoti attirano l’attenzione e le censure dei media, della magistratura e della società civile. Negli Stati Uniti d’America il fenomeno ha assunto dimensioni talmente rilevanti (1 ) da richiedere prese di posizione ufficiali dell’allora Pontefice Giovanni Paolo II, una commissione di inchiesta ordinata dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici e soprattutto cifre astronomiche per il risarcimento dei danni, che hanno portato all’amministrazione controllata dal tribunale (un istituto simile al fallimento) diverse diocesi. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia.(2)
Nel 2001 la Lettera apostolica Sacramentorum sancitatis tutela (a firma Giovanni Paolo II) e l’Epistola De delictis gravioribus (a firma Joseph Ratzinger) si occupano dei delitti canonici da attribuire alla cognizione della Congregazione per la dottrina della fede e tra questi dei delitti «contro la santità del sacramento della Penitenza» compresa l’«istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo [non commettere atti impuri, ndr], se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore» e dei delitti «contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni». In questi documenti si fa riferimento alla Instructio Crimen sollicitationis emanata nel 1962 dal Sant’Uffizio presieduto dall’allora Pontefice Giovanni XXIII coadiuvato dal Prefetto card. Alfredo Ottaviani.
Tale documento era rimasto sino ad allora segreto essendo per sua espressa disposizione «da custodire accuratamente nell’archivio segreto della curia come regolamento interno da non pubblicare né da ampliare con note di commento». Negli Stati Uniti si ottenne che l’Instructio fosse prodotta in giudizio ed in questo modo si è venuti a conoscenza del documento che pubblichiamo di seguito , in estratto, nella traduzione di Gennaro Lopez, professore di Lingua latina presso l’Università di RomaTre. [su Italialaica nella rubrica I Documenti, ndr]
Nel 2006, poi, la Bbc ha trasmesso il documentario sull’argomento Sex crimes and the Vatican che è stato aspramente criticato da parte della Conferenza episcopale cattolica inglese. Lo stesso documentario è stato corredato di sottotitoli in italiano e reso disponibile via internet (3) in Italia suscitando lo scandalo di chi ignorava quei fatti e quei documenti e l’indignata protesta di alcuni settori del mondo cattolico (4). Ovviamente non ci occuperemo qui del documentario della Bbc ma dei documenti e di taluni fatti, cercando di fornire una guida alla lettura.
Innanzi tutto, come in qualsiasi analisi di un testo giuridico ci si può domandare se l’Instructio Crimen sollicitationis (d’ora in avanti l’Instructio) sia tuttora in vigore. Secondo l’autorevole, ma non convincente, parere del card. Julian Herranz «il documento del ’62 è stato abrogato nel 1983 dal Codice di diritto canonico». In senso contrario depone però la lettura della citata Epistola De delictis gravioribus del 2001 (d’ora in avanti l’Epistola) in cui si fa riferimento alla «direttiva Crimen sollicitationis (5) ancora vigente» da reinterpretare in funzione dei nuovi codici. La lettura congiunta dei canoni e dell’Epistola non fanno peraltro emergere sostanziali novità (6) ad eccezione dell’attribuzione delle cause in questione alla giurisdizione e competenza (sembrerebbe esclusiva e non più concorrente con quella dei tribunali diocesani) della Congregazione per la dottrina della fede.
Sembra utile chiarire, inoltre, che i testi normativi di cui si discute appartengono all’ordinamento canonico. Ne deriva che i termini delitto e reato si riferiscono non alla legislazione penale dello Stato ma a quella della Chiesa cattolica. Il crimen sollicitationis è il reato, canonico appunto, di istigazione ad atti sessuali con un sacerdote. Il par. 1 dell’Instructio, che definisce il reato di istigazione, fa riferimento alla confessione, come momento, luogo, circostanza o pretesto degli atti o conversazioni impure ed oscene.
I parr. 71, 72 e 73 stabiliscono, inoltre, che le stesse procedure e le stesse pene si applicano agli atti osceni peccaminosi di un appartenente al clero con una persona dello stesso sesso (definito crimen pessimus) nonché a «qualsiasi atto osceno esterno, gravemente peccaminoso, in qualunque modo compiuto o tentato da appartenente al clero con bambini di ambo i sessi o con esseri viventi non umani» (par. 73). Similmente l’Epistola si riferisce ai «Reati contro la santità del sacramento della Penitenza, cioè: [...] 2) istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo, se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore»; ed al «reato contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni» (par. quarto). Come già detto i reati a cui i testi si riferiscono sono reati canonici. Evidentemente però taluni di quegli atti e, specificamente, gli atti sessuali con minori di anni sedici (o quattordici in taluni casi) costituiscono reato per il nostro codice penale, per l’esattezza il delitto previsto all’art. 609-quater (7) (oltre al caso della violenza sessuale per abuso di autorità ex art. 609-bis). Il diritto canonico quindi prevede delle proprie sanzioni per comportamenti che costituiscono reato anche per il diritto statale. Ma quale rapporto vi è fra le due sfere? In teoria nessuno, se non quello del dato oggettivo. Il diritto penale “canonico” dovrebbe disciplinare il processo canonico e le pene canoniche per il sacerdote provato colpevole dell’istigazione a peccare contro il sesto comandamento, il diritto penale “civile” dovrebbe disciplinare il processo e le pene contro chiunque (nel caso anche sacerdote) “compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia [..] persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore e’ affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza”.
Un punto di conflitto fra i due ordinamenti sembra però sorgere in relazione al segreto imposto dal diritto canonico. L’Instructio impone che questi casi «siano condotti nella massima segretezza e, una volta definiti con sentenza esecutiva, vengano coperti da silenzio perpetuo; tutti coloro che, in qualunque modo, sono personalmente addetti al tribunale, ovvero per il loro ufficio sono ammessi alla conoscenza delle questioni in causa, hanno l’obbligo di osservare inviolabilmente il segreto strettissimo, che vale comunemente come segreto del Sant’Uffizio, su tutto e con tutti, sotto pena di incorrere nella scomunica latae sententiae, ipso facto e senza altra dichiarazione, riservata alla sola persona del Sommo Pontefice, con esclusione anche della Sacra Penitenzierìa » (par. 11) e dispone per tutti una stretta formula di giuramento sull’osservanza del segreto. Tale giuramento deve essere prestato anche da «gli accusatori, coloro che sporgono denuncia e i testi» (par. 13). L’Epistola più succintamente stabilisce che «le cause di questa natura sono soggette al segreto pontificio», il più rigido dei segreti previsti dal diritto canonico dopo il sigillo della confessione (8).
Su tale segreto sorgono due domande, la prima sul senso che esso assume nel suo contesto e la seconda sulla possibilità che influenzi ed ostacoli il corso della giustizia dello Stato.
A giustificazione del silenzio i commentatori di parte ecclesiastica hanno argomentato che dal punto di vista pragmatico la consegna assoluta del silenzio servirebbe a garantire l’onorabilità di accusato ed accusatore o accusatrice fino al termine del processo, per ragioni di garantismo, nonché a consentire ai testi di farsi avanti senza esporsi, ma mai di impedire a costoro di rivolgersi o collaborare con l’autorità giudiziaria statale. A conferma di ciò si è sottolineato come il paragrafo 15 (in realtà i parr. 15-18) impongano la denuncia, quasi sempre a pena di scomunica. L’argomento però è debole. Tali autori dimenticano infatti di precisare che l’obbligo di denuncia non si riferisce alla denuncia alla magistratura dello Stato ma alla denuncia alle autorità ecclesiastiche, per lo stesso principio per cui quelle norme si occupano dei reati “canonici” e non “civili”. Non spiegano neppure come mai il segreto è posto non solo per il tempo necessario a definire il processo, con garantismo estremo, ma sia un “silenzio perpetuo”. Peraltro il garantismo, così come comunemente inteso, è un’esigenza molto poco sentita dal diritto canonico, che, a titolo di esempio, non conosce il principio di legalità e certezza delle pene. Più convincente, ma non più confortante, la spiegazione che dal punto di vista teologico è offerta dal card. Herranz, il quale richiama tre princìpi: «evitare lo scandalo, tutelare la libertà dei testi, garantire il corso della giustizia», in ragione del fatto che «nella Chiesa chi governa deve cercare il bene delle anime». In altre parole lo scandalo che potrebbe sorgere dalla notizia del peccato (che qui è il reato canonico) rischierebbe di smarrire altre anime, a tutela delle quali primariamente è posto il vincolo del segreto. L’argomento, ovviamente, è un fondamento sufficiente ai credenti, ma non gli si può negare una logica. Eppure anche qui qualche altra domanda sorge. Non si vedono altre esigenze meritevoli di essere valutate assieme al timore di uno scandalo? Dov’è la pietà per le vittime e la considerazione delle sofferenze e dei turbamenti che costoro sono costretti a subire anche a grande distanza dagli avvenimenti? Ha senso prevedere una pena canonica più grave per la vittima che violi il vincolo del segreto (scomunica riservata al Pontefice) piuttosto che per il reo (dimissione dallo stato clericale)? Ma soprattutto, che senso può avere non offrire una fattiva collaborazione una volta che lo scandalo sia venuto alla luce? In quella stessa logica il silenzio successivo allo scandalo sembra aggravare lo smarrimento dei fedeli, piuttosto che aiutarli. Basti un esempio. Nel 2002 la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti insediò una commissione di laici, il “National Review Board”, incaricata di verificare, tramite audizioni, ricerche, incontri ed interviste l’applicazione della Carta per la protezione dei bambini e dei giovani di cui la Conferenza si era dotata. Dopo un anno il suo presidente si dimise in polemica con alcuni vescovi, dopo aver affermato che i comportamenti di cui era venuto a conoscenza (rifiutare di deporre, distruggere i nomi dei colpevoli, nascondere, offuscare, minimizzare) rispondevano più all’atteggiamento di una famiglia mafiosa che a quello di una comunità di fede (9).
Il timore dello scandalo insomma, sembra rispondere non solo alla tutela del benessere spirituale dei fedeli, ma anche, se non soprattutto, alla tutela dell’immagine pubblica della gerarchia cattolica come illibata maestra di pubblici costumi, alla tutela delle casse delle diocesi (laddove queste potrebbero essere aggredite per via dei risarcimenti dei danni) e, non ultimo, alla stabilità di gerarchie mai davvero abituate al confronto e allo scrutinio trasparente e democratico (10). Ma veniamo al secondo punto, può il segreto imposto dal diritto canonico collidere con il diritto dello Stato? Ovviamente queste considerazioni non possono che essere svolte relativamente all’ordinamento italiano. Come giustamente affermato da molti osservatori, il nostro diritto penale non impone al semplice cittadino l’obbligo di denunciare i reati di cui sia venuto a conoscenza se non nel caso di reati contro la personalità lo Stato puniti con l’ergastolo (artt. 364 c.p. e 333 c.p.p.). Il prelato che venga a conoscenza del reato in ragione del suo ufficio può ritenere, anche a torto, di non sporgere denuncia contro il suo sottoposto, senza per questo violare la legge. Ma qui sembra esserci un passo oltre. La normativa in questione infatti non si limita a chiedere o suggerire il silenzio ma lo impone. Per di più lo impone non solo all’autorità ecclesiastica, ma a chiunque venga a conoscenza dei fatti di causa e soprattutto lo impone alla vittima. L’art. 378 c.p. punisce a titolo di favoreggiamento personale «chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione [...] aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa». Le modalità con cui l’Instructio chiede il rispetto del silenzio, un giuramento formale orale e scritto, e le pene canoniche previste, fino alla scomunica, sembrano essere tali da condizionare fortemente la volontà di coloro che volessero rivolgersi alla giustizia dello Stato. Se questo integri il favoreggiamento, o l’induzione a non rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria di cui all’art. 377-bis c.p., spetterebbe ad un giudice accertarlo tenuto conto di tutte le circostanze di fatto. Peraltro la responsabilità penale è personale e andrebbero individuati i necessari collegamenti di causalità e colpevolezza. Da coloro che invece sostengono che il principio di leale collaborazione con le autorità supera l’imposizione del silenzio attendiamo l’indicazione di tutti i casi in cui la gerarchia ecclesiastica ha ritenuto di dover collaborare al benessere della società indicando alla giustizia questi crimini e questi criminali, senza coprirli e senza portarli in giro per le parrocchie di mezzo mondo.
(*) Mario Di Carlo è ricercatore della Fondazione Critica liberale e coordinatore della Consulta Romana per la laicità delle Istituzioni.
NOTE
(1) Per un’ampia documentazione di veda il sito www.bishop- accountability.org .
(2) Cfr. S. Bolognini, Preti pedofili: tolleranza e titubanza, “Critica liberale” 135-137, gennaio-marzo 2007, p. 102.
(3) Il documentario è andato successivamente in onda il 31 maggio 2007 durante la trasmissione Anno Zero di Rai 2.
(4) A. Galli, Infame calunnia via internet, “Avvenire”, 19-5-2007; M. Introvigne, La congiura degli ignoranti, “Il Giornale”, 23-5-2007 e Molto rumore per nulla, in www.cesnur.org; M. Politi, intervista con J. Herranz, “La Repubblica”, 24-5-2007.
(5) “Quia Instructio Crimen sollicitationis hucusque vigens, a Suprema Sacra Congregatione Sancti Officii edita die 16 mensis martii anno 1962, recognoscenda erat novis Codicibus canonicis promulgatis”.
(6) Cfr. in part. i canoni 1387 e 1395.
(7) Art. 609-quater, co. 1 (Atti sessuali con minorenni) «Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza».
(8) Cfr. Costituzione apostolica Secreta continere, Acta apostolicae sedis 1974, pp. 89-92.
(9) “Catholic News Service”, 19 giugno 2003.
(10) Non ci si può esimere da notare, inoltre, che la sciagurata politica di trasferimenti dei sacerdoti in odore di pedofilia è (o era) il retaggio di una cultura che fatica a confrontarsi con (e ad accettare) i dati scientifici.
Nella rubrica I documenti: CRIMEN SOLLICITATIONIS (16 Marzo 1962), EPISTOLA (18 maggio 2001)
(15-7-2007)
Preti pedofili, la chiesa di Los Angeles
pagherà 660 milioni di indennizzi
LOS ANGELES - L’Arcidiocesi cattolica di Los Angeles pagherà un indennizzo record di 660 milioni di dollari, più di un milione a testa, a circa 500 vittime di abusi sessuali commessi da preti pedofili a partire dagli anni Quaranta. L’accordo è stato raggiunto solo poco prima dell’inizio del processo fissato per domani.
L’indennizzo è il più dispendioso negli ultimi anni per la Chiesa cattolica americana, bersagliata da richieste per numerosi casi di abusi sessuali commessi da preti nei confronti di minori.
* la Repubblica, 15-07-2007
Preti pedofili
USA/ Abusi sessuali, 5 anni al prete che si dichiara colpevole
Il reverendo McCormack ottiene sconto di pena *
di Ap- Apcom
New York, 2 lug. (Ap- Apcom) - Cinque anni di carcere per il reverendo Daniel McCormack, il prete della chiesa cattolica di Sant’Agata a Chicago incriminato nel gennaio del 2006 per abusi sessuali nei confronti di cinque ragazzini di età compresa tra 8 e 12 anni. McCormack ha ammesso la sua colpevolezza, ottenendo così uno sconto di pena. La dichiarazione di colpevolezza ha anche posto fine al processo, senza che le vittime abbiano dovuto testimoniare in aula.
Gli episodi per i quali McCormack andrà in pigione risalgono al 2001; ma non sarebbero i soli. All’epoca, era anche insegnante di algebra e allenatore di basket nella scuola di Nostra Signora del Westside: i bambini dei quali ha abusato erano suoi allievi, o loro amici.
Dopo l’emergere del caso, nel settembre del 2005, l’Arcidiocesi di Chicago non aveva preso alcun provvedimento nei confronti del prete, sospeso solo dopo l’incriminazione formale. Adesso, annnuncia il cardinale Francis George, McCormack dovrà rinunciare ai voti: la procedura è già stata istruita, perchè "l’abuso sessuale sui bambini è un peccato e un crimine".
* Il Dialogo, Mercoledì, 04 luglio 2007
Preti pedofili
Convegno su chiesa e pedofilia: tutto quello che Santoro non ha detto ad "anno zero"
di Agenzia ADISTA n. 49 del 7-7-2007 *
33961. ROMA-ADISTA. È una sorta di contro-Annozero il convegno organizzato lo scorso 22 giugno dalla Rosa nel Pugno su “La repressione sessuale: una politica che genera violenza”. Ed infatti il deputato radicale Maurizio Turco apre i lavori con un durissimo attacco alla puntata della trasmissione di Michele Santoro andata in onda il 31 maggio (vedi Adista n. 43/07): “Santoro ha sacrificato la verità sull’altare dell’audience - ha dichiarato Turco -. Pur di andare in onda ha accettato di concordare la trasmissione con Fisichella. Senza questo accordo la trasmissione non avrebbe ricevuto l’autorizzazione perché il Vaticano l’avrebbe impedito ed è per questo che il conduttore ripeteva continuamente che si trattava di ‘casi personali’. Bisognava accreditare i vertici della gerarchia come estranei alla vicenda, assolvendo l’istituzione nel suo complesso in quanto non responsabile del comportamento dei suoi singoli membri. È esattamente il contrario di ciò che si è fatto negli Stati Uniti”. Lo stesso Fisichella - ha rivelato il deputato radicale - ha posto il veto sull’invito in studio di Daniel Shea, l’avvocato di alcune vittime di preti pedofili che negli Usa ha tentato di trascinare in tribunale anche Joseph Ratzinger. L’accusa era quella di aver “ostacolato la giustizia” attraverso la lettera del 2001 con la quale l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede imponeva il “segreto pontificio” sui casi di pedofilia nel clero cattolico. Ma dopo la sua elezione al soglio pontificio, Ratzinger è stato ‘stralciato’ dal processo grazie all’immunità di cui gode in quanto “capo di Stato”.
Daniel Shea - che prima di diventare avvocato ha frequentato il seminario di Lovanio ed è un omosessuale dichiarato - è stato quindi invitato a partecipare al convegno della Rosa nel Pugno, in cui sono intervenuti, fra gli altri, anche Marco Marchese dell’“Associazione per la mobilitazione sociale”, Fausto Marinetti, Paolo Falcone ed Umberto Lenzi, del movimento dei preti sposati, Massimiliano Frassi, dell’“Associazione Prometeo onlus”, e Marco Pannella.
L’incontro è stato aperto dalla proiezione, in anteprima italiana, del film The Hand of God del regista italoamericano Joe Cutrera, presente al convegno insieme al fratello Paul, vittima di abusi. “Lo avevamo offerto gratuitamente a Santoro - ha dichiarato Turco all’agenzia Dire - che ha invece preferito pagare per il documentario della Bbc. Siamo certi che la Rai continuerà a sottrarre alla conoscenza pubblica i fatti mentre noi chiediamo che i fatti siano resi noti perché l’opinione pubblica li possa giudicare”. “La storia di Paul Cutrera è la mia storia - ha commentato Marco Marchese -; è la storia di tutte le vittime di abusi da parte di membri del clero. La Chiesa si dice ‘non responsabile’ di questi fatti, ma la responsabilità della Chiesa è oggettiva. Nel documento della Congregazione per i vescovi ‘Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Apostolorum successores’ si legge che ‘la chiamata agli ordini è responsabilità personale del vescovo e del superiore maggiore’ i quali ‘hanno il dovere di accertarne la maturità affettiva’. Quindi se ci sono dei pedofili che sono diventati preti la responsabilità è di qualcuno, qualcuno che non sa discernere, e che non dovrebbe guidare nessun ‘gregge di Dio’”.
Secondo Fausto Marinetti - ex cappuccino, già missionario in Brasile - occorre “tentare di scoprire la cause a monte di tali atrocità. È troppo facile puntare il dito contro i preti pedofili. Alla base di tutto c’è l’educazione impartita nei seminari, ambienti artefatti ed asettici nei quali si impone una visione cupa della corporeità e della sessualità”. “Anch’io sono stato abusato - ha detto Marinetti, visibilmente commosso - sono stato abusato nell’anima! L’unica donna ammessa in seminario è la vergine Maria. La figura femminile diventa una sorta di fantasma, una figura disincarnata. Ricordo quando a 13 anni andavo a cercare sulle riviste dell’epoca i volti di donna per scorgere una figura materna”. Tutto ciò compromette in maniera profonda un sano sviluppo della maturità affettiva e sessuale dei seminaristi: “L’ambiente naturale di crescita è la famiglia”. In seminario, invece, l’impostazione repressiva esclude qualsiasi “educazione al controllo delle pulsioni e dei sentimenti”. Ed ecco quali sono i risultati. (emilio carnevali)
Articolo tratto da
ADISTA
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* Il Dialogo, Lunedì, 02 luglio 2007
Preti pedofili
1000 abusi segnalati,
Dieci i processi,
secondo Panorama
(ANSA) - ROMA, 31 MAG - Dal 2001 sono giunte alla Congregazione per la dottrina della fede un migliaio di segnalazioni su presunti abusi sessuali compiuti dal clero.Lo dice un’inchiesta su Chiesa e pedofilia pubblicata su ’Panorama’ di domani, secondo cui i processi avviati in questi sei anni sono solo poco piu’ di una decina. ’Panorama’ evidenzia il totale riserbo sui processi e sulle sentenze e pubblica la lettera riservata che l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio Ratzinger invio’ a tutti gli episcopati del mondo.
http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/news/2007-05-31_13147013.html
Preti pedofili
Crimini sessuali e Vaticano (documentario italiano)
Video che smaschera le gerarchie ecclesiastiche per avere coperto i preti pedofili ... *
Un video della BBC (con sottotitoli in italiano) che ognuno dovrebbe vedere per capire come le gerarchie ecclestiastiche della chiesa cattolica romana coprono i preti pedofili.
Testimonianze dirette di pesone violentate da preti. Le prove che Ratzinger, quando era cardinale, sapeva dei crimini commessi da molti preti sui bambini in America ma comandò che i fatti fossero tenuti segreti. Un video veramente scioccante, che deve essere fatto conoscere anche ai Cattolici Romani.
http://video.google.it/videoplay?docid=3237027119714361315
*IL DIALOGO, Lunedì, 14 maggio 2007
Preti pedofili
Il documentario “Liberaci dal male" suscita l’interesse del procuratore sul cardinale Mahoney
di Kim Voynar (Traduzione di Fausto Marinetti) *
"Liberaci dal male" è il film-accusa della regista Amy Berg a padre Oliver O’Grady, un prete pedofilo trasferito per vent’anni in diversi posti della California a stuprare i bambini di molte parrocchie. Il filmato suscita la collera di Los Angeles e acuisce l’interesse del pubblico sull’operato del cardinale Roger Mahony, che è stato il suo diretto superiore per cinque anni. Oggi lo stupratore vive in Irlanda, deportato dagli Stati Uniti, dopo aver scontato la prigione per aver abusato di due minori. Sostiene di essere riuscito a stuprare tanti bambini e così a lungo anche grazie ai buoni servizi del Cardinale, che adesso è a capo dell’Archidiocesi di Los Angeles, la più vasta degli USA.
William Hodgman, capo della divisione criminale di Los Angeles, dichiara al Time di New York, che il documentario "getta benzina sul fuoco della verifica in corso se il cardinal Mahony ed altri siano coinvolti in attività criminali. Michael Hennigan, avvocato dell’arcidiocesi, ribatte: "Se il Sig. Hodgman intende insinuare in qualche modo che il cardinale è sottoposto a un’investigazione criminale, è un irresponsabile e, a mio parere, sta comportandosi male in un’azione processuale". Mahony era vescovo di Stockton nel 1980-85 ed é responsabile per aver trasferito O’Grady in varie parrocchie della California Settentrionale, dopo la rivelazione della sua pessima condotta sessuale. Il documentario fa vedere la sua deposizione video-registrata nella causa civile in cui due fratelli di Stockton (implicati in un caso criminale contro O’Grady) fanno causa anche alla diocesi. La causa civile sostiene che i prelati non sono riusciti a tutelare i bambini della diocesi, assicurandosi che il prete non fosse in contatto con minorenni. Mahony aveva detto di non sapere che era un pedofilo. La giuria assegna ai due fratelli 30 milioni (nel negoziato si scende a 7) e i giurati dicono ai media che la sua testimonianza non é attendibile. In una deposizione del 2004, in un’altra causa a Los Angeles, afferma che le eccitazioni sessuali di un prete verso una bambina di 9 anni, non sarebbero sufficienti per rimuoverlo dal ministero.
La Chiesa cattolica attualmente affronta una gran quantità di denunce riguardanti gli abusi sessuali del clero. Secondo l’articolo del Los Angeles Time ci sono diverse investigazioni criminali in corso, processi penali contro i preti della Contea di Los Angeles e più di 500 cause civili, in alcune delle quali Mahony viene citato come imputato. La Berg, dopo la proiezione del film al Festival Internazionale Cinematografico di Toronto, il mese scorso, in un botta-risposta, dice di aver chiesto a Mahony di intervistarlo per il suo film, ma ha più volte rifiutato l’invito.
Questo è l’unico caso di cui io abbia mai sentito dire, nel quale un documentario ha il potere di influenzare direttamente un’indagine criminale in corso. Ho visto il film, il quale espone chiaramente che Mahony era a conoscenza della pedofilia di O’Grady. Questi stuprò e molestò centinaia di bambini mentre era in servizio come prete, incluso un neonato di nove mesi. I dettagli cinematografici fanno vedere come veniva trasferito di parrocchia in parrocchia ogni volta che arrivavano delle accuse contro di lui.
Cosa ne pensate, lettori, della possibilità che il documentario possa finalmente portare un po’ di giustizia ad alcune vittime dell’abuso clericale in California? E cosa ne pensate del fatto che un film possa venire usato come prova in un caso criminale?
9.11.2006
UNA BUONA-DICHIARAZIONE, FINALMENTE !!!
CITTA’ DEL VATICANO - Gli abusi sessuali sui minori commessi dai preti costituiscono un crimine particolarmente grave che danneggia la credibilità della Chiesa. E’ quanto si legge nel messaggio rivolto da Benedetto XVI ai vescovi irlandesi in visita ad limina apostolorum ricevuti oggi in Vaticano.
"Nell’esercizio del vostro ministero pastorale - ha detto il Papa - avete dovuto rispondere di recente i casi di abusi sessuali sui minori". Tali casi "sono particolarmente tragici - ha affermato il Pontefice - quando colui che abusa e un prete". E’ dunque importante, ha affermato Ratzinger, "stabilire cosa sia avvenuto realmente nel passato, e prendere ogni provvedimento affinché casi del genere non avvengano di nuovo", è poi necessario assicurarsi che i principi di giustizia siano pienamente rispettati quindi aiutare le vittime "e tutti coloro che sono stati colpiti da questo grave crimine".
Dopo aver elencato le sue raccomandazioni e le corrette modalità per affrontare efficacemente il problema, papa Ratzinger ha aggiunto che solo "in questo modo la Chiesa in Irlanda potrà crescere più forte ed essere ancora più capace di dare testimonianza della forza redentrice della croce di Cristo". "Il pregevole lavoro e l’abnegazione della grande maggioranza dei sacerdoti e religiosi d’Irlanda - ha concluso - non devono essere oscurati dalle trasgressioni di alcuni dei loro fratelli. Sono certo che la gente lo capisca e continui a guardare al suo clero con affetto e stima". (28-10-2006)
* www.repubblica.it, 28.10.2006
Evangelo, infanzia e ... tradimento strutturale della fiducia: "Liberaci dal male". Questo è il tema!!!
Caro Biasi hai perfettamente ragione: scusaci per l’ignoranza. Noi, a San Giovanni in Fiore, non siamo andati in Svizzera né a studiare, né a lavorare, né tantomeno a depositare soldi. Noi non sappiamo né di tecniche statistiche aggiornate e sofisticate, né di amore dei bambini ("pedo-filìa"). Siamo un po’ sempliciotti e non sappiamo proprio come va il mondo, oggi!!! Scusaci ancora, se abbiamo ripreso questa notizia dagli USA: non sapevamo proprio che lì "accusare è un affare economico"!!! Ma, se è così, allora ci permettiamo di sollecitarti a inviare la tua e-mail al destinatario giusto - all’Accademia di Stoccolma!!! Forse fai ancora in tempo: il premio Nobel per la Pace non lo doveva dare a quell’ignoto "banchiere dei poveri" asiatico, ma a qualche ben più noto e conosciuto "banchiere di Dio" della grande e amorevole Chiesa cattolico-romana. Forse a Stoccolma non sanno ancora quanto in Vaticano, dopo l’ascesa al trono del pastore tedesco, tutti si danno da fare e faticano (la "V" ora si pronuncia "F"), per accumulare ricchezze e vendere tutto a caro-prezzo ("caritas"). Là, a Nord, forse non è ancora arrivata la nuova-notizia (non la buona-notizia, l’eu-angélo che Dio - il Padre Nostro - è Amore, è Charitas) che "Deus caritas est" .... o forse non conoscono ancora bene questa nostra lingua morta, il latino. Boh?! Chi lo sa ... Ad ogni modo, il nostro consiglio è: fai presto .... forse capiranno e correranno ai ripari!!! Via: vai !!!
Caro Federico, scusami, ma da qualche tempo non sono più un assiduo lettore delle tue "baggianate", per cui mi era "sfuggita" questa tua replica, che come tutte le precedenti, non possono che ridicolizzare questa testata, oramai diventata la "tua voce".
Ciò giustifica l’"attacco" di poco tempo fa, con una punta d’invidia e di gelosia ,del nostro Direttore, nei confronti di una testata come "ebeteinfiore" molto più vivace, più colorata, più stimolante, più sprizzante, più coinvolgente, più libera e democratica (constatato che replicare, a volte, con te, NON È PERMESSO !).
Io non so se ACCUSARE sia anche per TE un fatto economico ! Non so se percepisci qualche "salarietto" per scrivere o riportare qualche delirio clerofobo illuminista in queste pagine. So comunque che non rendi un buon servizio alla causa tanto auspicata da Emiliano Morrone. Se l’intento del nostro Direttore era quello di svegliare le coscienze assopite di molti giovani sangiovannesi, allora mi permetto di fargli notare che, abbandonare questo giornale nelle mani del prof. La Sala, non può che screditare il suo impegno e allontanare persone come me che avevano creduto in queste pagine e nell’operato del suo Direttore responsabile (?).
Mi duole essere così severo nella mia critica, ma penso che rappresenti lo stimolo migliore perchè questo giornale torni ad essere ESPRESSIONE del libero pensiero e non solamente del "libero delirio"...
Ossequiamente mi inchino. Vostro Biasi
Caro Direttore, ti ringrazio con tutto il cuore per l’offerta - che mi era già stata presentata qualche tempo fa - ma, come allora, non penso di essere all’altezza di curare una rubrica (quale, poi?) a causa delle mie mediocri conoscenze culturali (come il nostro Prof. La Sala ha ben intuito !) e poi penso che questo suo gesto, così generoso e spontaneo, rappresenterebbe un torto nei confronti di chi questa "possibilità" se l’è meritatamente conquistata, partecipando, con molto impegno, al laboratorio giornalistico (leggi Mauro Diana).
Spero che lavocedifiore ottenga il riconoscimento e il successo che merita, grazie all’impegno del suo Direttore responsabile e a tutti i suoi collaboratori. Sono un perfezionista e quindi auspico che questo giornale si rivoluzioni, che cambi radicalmente, iniziando dalla sua veste grafica.
Forse chiedo troppo, ma l’entusiasmo e la gioia di partecipare, d’impegnarsi, che Ella trasmette, caro Direttore, mi permettono di osare tanto !!
Servus. Biasi
Caro Biasi,
grazie per le provocazioni e i suggerimenti, estremamente utili. Circa la rubrica, puoi suggerirne una in piena autonomia e non essere obbligato ad aggiornarla. Questo umile giornale è al servizio di tutti; almeno spero. Da tempo, poi, si pensa a una nuova veste grafica. Non solo. Si sta cercando il modo per aumentare la partecipazione dei lettori, in sede di proposta e commento. Mi piacerebbe anche uniformare la lunghezza dei pezzi. Si tratta d’una proposta, ovviamente. Spero che in redazione ci sia accordo, sul punto. Intendo dire che gli scritti non dovrebbero superare i 3.600 caratteri (60 righe), salvo casi eccezionali e particolari esigenze. Ci dovrebbero essere delle foto, a mio avviso. Ma questo comporta notevoli problemi relativi al diritto d’autore. Come sai, noi non ci occupiamo solo di San Giovanni in Fiore. In merito a Ebete, credo che tu abbia ragione sulla loro maggiore vivacità. Resta il fatto che io non farei troppi paragoni tra le due iniziative. Mi sembra che loro siano più centrati su un discorso di comunità della rete e che noi si faccia, invece, una certa controinformazione. Aperta a posizioni cattoliche e laiche, spiritualistiche e materialistiche. A posizioni d’ogni fatta, insomma. Con la stima e la cordialità di sempre.
Emiliano Morrone
Il celibato dei sacerdoti dà fastidio ai laicisti.Che si inventano migliaia di casi di preti pedofili.
In USA accusare è un affare economico. Questo ne è un eclatante esempio
In realtà, se si usano statistiche omogenee, cioè prodotte dagli stessi ricercatori o istituti o con gli stessi criteri, si scopre che negli Stati Uniti, per esempio, alcune denominazioni ai cui ministri di culto non viene richiesto il celibato (episcopaliani, avventisti) o che non hanno neppure una figura di "ministro" (mormoni) hanno percentuali di condannati e incriminati per pedofilia tra i loro ministri o educatori simili a quelle della Chiesa cattolica, e lo stesso vale per i maestri laici delle scuole pubbliche. Se l’elemento decisivo fosse il celibato, i ministri e pastori a cui è permesso sposarsi - per tacere dei maestri di scuola laici - dovrebbero avere percentuali di rischio decisamente minori rispetto alla Chiesa cattolica.
Meditate, gente, meditate !!
Ricordiamoci che nel 2001 i card. Ratzinger e Bertone (attuali papa e segretario di stato vaticano) rinnovarono la direttiva sul crimen sollicitationis (pedofilia) emanata nel 1962 da Giovanni XXIII (il papa "buono"). Questa direttiva impone ai vescovi il segreto sui crimini dei preti pedofili.
Avete mai visto un prete pedofilo denunciato dalle autorità ecclesiasitche? Viceversa vescovi e cardinali spostano i preti pedofili di parrocchia in parrocchia, proteggendoli e fornendo loro nuove vittime in terreni fertili. E quando gli scandali vengono fuori i vescovi si affrettano a diffamare le vittime, i denuncianti, la stampa e la magistratura. Sempre dalle parti del carnefice, mai dalla parte delle vittime.
Tra i preti cattolici vi è la più alta percentuale di pedofili incriminati per abusi sessuali di ogni categoria sociale. E’ ovvio che i preti pedofili sono frutto della repressione della sessualità e della affettività tra gli ecclesiastici.
IL DRAMMA
Agghiaccianti le cifre diffuse dall’Onu e dall’Oms sulla violenza sui minori: oltre a 53mila uccisi, 223 milioni le vittime degli abusi. I soprusi sono «accettati» negli ambienti che dovrebbero tutelare l’infanzia. In 106 Paesi le punizioni corporali non sono vietate nelle scuole
Un mondo di bambini sfruttati e picchiati
Almeno 53 mila bambini assassinati nel 2002 in tutto il mondo. 150 milioni di bambine e 73 milioni di maschi sottoposti nel 2002 ad abusi sessuali. 100/140 milioni di femmine nel mondo hanno subito mutilazioni genitali, 3 milioni ogni anno in Africa. 218 milioni i bambini sottoposti nel 2004 a lavoro minorile, di cui 126 milioni in attività rischiose.
Nel 2000 erano 5,7 milioni sottoposti a lavoro forzato per l’estinzione di un debito. 1,8 nel giro della prostituzione e pornografia. Ogni anno tra i 133 e 275 milioni di minori assistono a violenze in famiglia
Da Roma Luca Liverani (Avvenire, 13.10.2006)
Dov’è l’infanzia? Dov’è il gioco, l’innocenza, la spensieratezza? Non tra i 53 mila bambini ammazzati nel 2002. Nemmeno tra i 223 milioni vittime di abusi sessuali. Meno che mai tra i 218 milioni che faticano nei campi, nelle fabbriche, nei cantieri. È una folla immensa di bambine e bambini violentati, sfruttati, picchiati, atterriti, non amati. Uno scenario che mette i brividi, che il «Rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite sulla violenza sui bambini» analizza con terribile precisione. Unicef e Organizzazione mondiale della sanità lo hanno presentato in contemporanea a New York e a Roma dove sono intervenuti anche i ministri della Famiglia Rosy Bindi e della Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Dallo studio - basato sul lavoro dell’esperto Paulo Sérgio Pinheiro - emerge che, sia pure con differenze, la violenza sui minori non conosce confini, visto che spesso è socialmente accettata perfino negli ambienti che dovrebbero tutelare l’infanzia: i genitori, i parenti, la scuola. In 106 paesi le punizioni fisiche non sono vietate a scuola, 147 non le proibiscono negli istituti di accoglienza, solo 16 ne impediscono l’uso in ambito domestico. Punizioni corporali, bullismo e violenze sessuali sono spesso percepite come normali o inevitabili.
Ambiente domestico.In 21 paesi sviluppati il 36% delle donne e il 29% degli uomini ha raccontato di abusi sessuali nell’infanzia. Ogni anno 275 milioni di minori assiste a violenze in famiglia. Insulti, emarginazioni, umiliazioni sono violenze psicologiche che possono danneggiare lo sviluppo soprattutto se vengono da un genitore. L’abbandono è un’importante causa di mortalità. In alcuni Paesi i bambini subiscono pratiche tradizionali come mutilazioni genitali femminili, fasciature immobilizzanti, marchiature, riti di iniziazione violenti, ingrassamento forzato, matrimoni precoci, esorcismi violenti.
Nelle scuole. Solo 102 Paesi hanno messo al bando le punizioni corporali. Picchiare o frustare gli alunni è pratica ancor a diffusa. Gli stessi bambini possono essere autori di violenza: il bullismo, soprattutto se fatto di vessazioni quotidiane, lascia cicatrici profonde. Spesso non viene affrontato seriamente dalle autorità scolastiche. Vittime sono spesso studenti poveri, disabili, già emarginati. Gli stessi insegnanti sono autori di violenze sessuali.
Istituti e riformatori. Gli 8 milioni di bambini istituzionalizzati sono particolarmente a rischio. La violenza, spacciata per “disciplina”, è praticata anche con bastoni, tubi di gomma, teste sbattute al muro, chiusure in sacchi o in stanze gelide, incatenamenti, costrizioni negli escrementi. Altre volte è spacciata per “terapia”: disabili anche di 9 anni sottoposti a trattamenti elettro-convulsivi. Diffuso l’uso di tranquillanti. Un milione i minori detenuti: in 77 Paesi sono permesse le punizioni fisiche, in 31 sono previste le condanne a pene corporali. E si finisce in prigione se si “marina” la scuola.
Al lavoro. Molti esperti considerano il lavoro minorile in sé una forma di violenza. Più di 200 milioni i minori che lavorano legalmente e illegalmente, di cui 126 in lavori pericolosi. Atti di violenza sono compiuti da datori di lavoro, colleghi, clienti, agenti di polizia e - nello sfruttamento sessuale - gestori di bordelli. Il 60% delle bambine che non va a scuola sono sfruttate per lavori domestici. Spesso sono vittime di molestie sessuali. Circa 5,7 milioni di bambini - molti nell’Asia meridionale - lavorano forzatamente per estinguere un debito: è il “bonded labour”.
Nello sport, nella strada, in Internet. La competizione esasperata porta a voler plasmare i bambini: malnutrizione, allenamenti eccessivi, doping. I bambini di strada sono esposti alla violenza delle bande minorili o della polizia, allo sfruttamento sessuale o lavorativo. Droghe, alcool e armi triplicano i tassi di omicidi tra i ragazzi di 15/17 anni rispetto a quelli di 10/14. In internet i pedofili cercano di adescare minori nelle “chat room” e nei foru m per incontrarli. In Canada e Regno Unito molti studenti hanno subito molestie via e-mail o cellulare.
Preti pedofili
Stati Uniti: La diocesi di San Diego in California rischia il fallimento per gli abusi dei sacerdoti
Fonte: Radio Vaticana *
SAN DIEGO, 23feb07 - La diocesi statunitense di San Diego, in California, ha chiesto una protezione giuridica di fronte alla eventualità che venga dichiarata fallita. La diocesi, infatti, è coinvolta in 143 cause per abusi su minori da parte di propri sacerdoti. In caso di riconosciuta colpevolezza, la diocesi sarà chiamata a rifondere danni per svariati milioni di dollari, rischiando quindi il fallimento. Nella prossima settimana comincia l’esame delle prime cause e, in forza del Codice sui fallimenti (Federal Bankrupcy Code), la diocesi può intraprendere la via delle risoluzioni extragiudiziali delle singole cause. Tale via accorcierebbe i tempi per una risoluzione, con conseguenti risparmi sulle spese procedurali. La diocesi di San Diego è la quinta negli Stati Uniti che chiede di avvalersi di questa particolare protezione giuridica.
(Apic - MANCINI)
* www.ildialogo.org, Sabato, 24 febbraio 2007
La pedofilia dei funzionari di dio
di Enzo Mazzi (il manifesto, 18.04.2007)
E’ dolorosa e penosa questa vicenda di pedofilia, di violenze psicologiche, di ricatti morali, nella parrocchia fiorentina «Regina della pace».
La pedofilia del clero è un fenomeno antico, come del resto la pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è perché tale fenomeno si sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di denunciare gli abusi e perché il potere del clero è meno assoluto e è bilanciato da altri poteri fra cui quelli della stampa e della magistratura.
La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un livello di gravità e pericolosità particolarmente pesante. Il «sacro», cose sacre, persone sacre, luoghi e tempi sacri, proprio in quanto realtà separata tende a annullare la sacralità dell’esistenza normale, esclude la sacralità del creato e quindi è implicitamente e intrinsecamente fonte di violenza. Ma se il sacro si rende responsabile di esplicite forme di violenza, come nella pedofilia dei preti, allora la violenza esplicita e quella implicita, strutturale, si potenziano reciprocamente.
I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti, fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann «Funzionari di Dio» (Raetia, Bolzano, 1995).
Gli episodi di pedofilia emersi nella chiesa fiorentina, come in molte altre chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione chiesa. E’ ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione.
Fa parte di una pastorale «normale», che dovrebbe essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita. Per non parlare degli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo largamente maggioritario. Ma il Compendio del catechismo pubblicato di recente dal Vaticano, a domande e risposte preconfezionate, da cui non emerge nemmeno un minimo di senso di ricerca, di autonomia, di coscienza critica, non è esso stesso un invito all’indottrinamento? Come una madre possessiva, sembra che Madre Chiesa voglia mantenere in una perenne condizione infantile i suoi figli, tanto li ama. Se non rischiasse di essere male interpretato, verrebbe voglia di chiamare tutto questo «pedofilia strutturale» della chiesa, nel senso appunto di amore verso gli uomini e donne perennemente bambini. E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?
C’è inoltre il silenzio dei vertici ecclesiastici. Che è assordante. Grida la mancanza di comunione, di comunicazione, di collegialità che c’è nella chiesa. E’ un silenzio che denuncia l’imbarazzo e la solitudine delle gerarchie. Solo pochi giorni fa (domenica scorsa) il vescovo di Firenze ha rotto quel silenzio con una dichiarazione ai giornali. Ma con grande ritardo e in maniera reticente, come dichiarano le vittime, e inoltre senza un minimo di autocritica. I vescovi, non tutti ma molti, sono ancora, nonostante il Concilio, monarchi che decidono quasi sempre tutto da soli, con la scusa che il loro potere deriva direttamente da Dio. E quando si trovano di fronte a situazioni imbarazzanti come questo scandalo di pedofilia nella chiesa fiorentina, sono incapaci di muoversi, di parlare, di prendere decisioni sagge. Non denuncia proprio questo, seppur con altre parole, monsignor Alessandro Plotti, vescovo di Pisa, già presidente dei vescovi toscani, nell’intervista pubblicata su Repubblica giovedì scorso?
E’ tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etico-morali, simboliche. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.