Le prime denunce dal prestigioso ginnasio cattolico di Berlino Ovest
Poi i casi denunciati - avvenuti tra 1975 e il 1983 - si sono moltiplicati
Germania, stupri sugli studenti
L’orrore nelle scuole dei preti
Sacerdoti, insegnanti e organisti nelle vesti di
aguzzini. I racconti delle vittime
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI *
BERLINO - Abusi sessuali sugli studenti, pressioni per sedute di masturbazione, stupri segreti nei sotterranei degli istituti. Per anni, forse per decenni, alcune delle più prestigiose scuole superiori private cattoliche in Germania sono state il luogo dell’orrore, la stanza chiusa in cui forti della loro autorità sacerdoti, insegnanti, organisti hanno distrutto l’animo degli adolescenti che avevano il compito di istruire. Per anni le vittime hanno taciuto, chiuse nel pudore, nel dolore e nella vergogna, o piegate dalle pressioni dei loro carnefici. Adesso il muro d’omertà è caduto, e quella realtà celata per anni viene narrata ogni giorno dai media tedeschi. Per le scuole cattoliche e indirettamente per la stessa Chiesa, nel paese natale del Pontefice, è un colpo durissimo d’immagine, reputazione e credibilità. Il caso appare ogni giorno più grave, evoca quasi gli abusi sessuali compiuti dai religiosi negli Usa, in Irlanda o in altri paesi.
Lo scandalo è scoppiato dapprima al Canisius, il prestigioso ginnasio cattolico di Berlino Ovest, diretto dai gesuiti, un bellissimo palazzo nel quartiere delle ambasciate. Berliner Morgenpost (conservatore), Der Tagesspiegel (liberal), tra i quotidiani, poi i settimanali come Der Spiegel, hanno narrato tutto. Nel dicembre 2009, poi in gennaio, alcuni ex alunni, ormai adulti, non ce l’hanno fatta più a tenersi dentro dolore, incubi, ferite nell’anima. Hanno scritto lettere al rettore attuale, Klaus Mertes, chiedendogli di agire. Si è parlato dapprima di almeno sette casi, poi di decine.
Non è stato che l’inizio. Dopo le vittime del Canisius, si sono decisi a rompere il muro del silenzio anche ex studenti di scuole superiori cattoliche ad Amburgo, Hannover, Goettingen, a Hildesheim o nella Selva Nera. Un altro istituto superiore di prestigio, lo Aloisiuskolleg di Bad Godesberg (il quartiere meridionale di lusso di Bonn) sarebbe stato luogo di casi di abuso sessuale particolarmente gravi. Un avvocato delle vittime di violenze sessuali al Canisius si sta preparando a una causa collettiva presso la giustizia americana, nel caso che alcuni ex studenti abbiano attualmente la cittadinanza degli Stati Uniti.
I racconti delle vittime, che spesso chiedono l’anonimato, sono agghiaccianti. Allo Aloisiuskolleg, e in altri istituti, un giovane negli anni Sessanta fu violentato da un sacerdote. Altri furono costretti a masturbarsi davanti agli occhi dei presuli, o a carezzare i genitali dei sacerdoti mentre costoro si masturbavano guardando i giovani. Altri ancora furono brutalmente violentati. L’attuale rettore, padre Theo Schneider, ha garantito l’anonimato a chiunque aiuti nelle indagini. Indagini che ormai sono seguite dalla stessa Conferenza episcopale tedesca.
Al Canisius di Berlino, i casi di violenza sessuale contro studenti sarebbero avvenuti tra il 1975 e il 1983. Secondo Der Spiegel, il rettore Mertes ha spedito almeno 500 lettere a ex studenti del ginnasio per chiedere e offrire aiuto. Ma se è vero quanto scrive il settimanale di Amburgo, già nel 1981 l’allora rettore, Karl Heinz Fischer, seppe di casi di abuso sessuale e ne informò il suo superiore diretto, il gesuita padre Rolf Dietrich Pfahl. Ma lo scandalo allora non divenne pubblico.
Quanto sapevano allora i responsabili delle scuole e i loro superiori, cioè le autorirà ecclesiastiche, e perché scelsero il silenzio? L’interrogativo è tremendo, pesa come un macigno sulla coscienza della Chiesa, dei fedeli, del paese. Abusare degli studenti, come ha rivelato oggi il quotidiano conservatore Die Welt, era tra l’altro abitudine anche nelle scuole religiose all’Est. Die Welt ha pubblicato una lunga intervista con Norbert Denef, ex studente, allora vittima di abusi. "Lo schema è tipico", ha detto. "Dapprima si cerca di coprire i casi col silenzio, se ne parla solo quando si è con le spalle al mure e ci si comporta come se ci si sforzasse di fare luce sui fatti". Norbert Denef ha ricevuto un indennizzo di 25mila euro dalla diocesi di Magdeburgo, ma - scrive il giornale - solo perché la diocesi sperava di garantirsi così il suo silenzio. I carnefici dell’allora giovane Norbert Denef furono puniti solo con trasferimenti, ma mai denunciati alla giustizia. "Sono scioccato, voglio piena chiarezza", dice a Berlino l’attuale rettore del Canisius, Klaus Mertes.
Ma con l’aria che tira, c’è da pensare che sempre più genitori ci pensino due volte adesso prima di chiedere l’iscrizione dei loro figli a quelle scuole superiori, considerate fino a ieri le più prestigiose e serie del paese, quelle che garantivano un’istruzione di qualità e speranze di accesso alle migliori università. In cambio di buoni voti e promesse per il futuro, decine o forse centinaia di ex studenti si dovettero piegare alle violenze più abiette e pervertite, e per decenni con intimidazioni furono convinti a tacere e a tenersi nel cuore la loro vita spezzata
* © la Repubblica, 05 febbraio 2010
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Germania. Il cardinale Marx ha presentato le dimissioni al Papa
Ha spiegato che intende assumere la corresponsabilità per la catastrofe degli abusi sessuali da parte di esponenti della Chiesa. Il testo della lettera al Papa
di A.M.B. (Avvenire, venerdì 4 giugno 2021)
Ha offerto le sue dimissioni al Papa il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, già presidente della Conferenza episcopale tedesca (dal 2014 al 2020). Nel comunicato pubblicato sul sito dell’arcidiocesi si legge come motivazione la “catastrofe” degli abusi sessuali compiuti da uomini di Chiesa nei decenni scorsi.
In una lettera del 21 maggio a papa Francesco - si legge nel comunicato - il cardinale ha spiegato le ragioni di questo passo e che il Papa lo ha informato che la lettera può ora essere pubblicata e che potrà continuare a svolgere il suo servizio episcopale fino a quando non sarà presa una decisione.
La lettera di Marx al Papa
"Indubbiamente la Chiesa in Germania sta attraversando dei momenti di crisi" esordisce Marx nella lettera al Papa. "La crisi viene causata anche dal nostro personale fallimento, per colpa nostra. Questo mi appare sempre più nitidamente rivolgendo lo sguardo sulla Chiesa cattolica in generale e ciò non soltanto oggi, ma anche in riferimento ai decenni passati. Mi pare - e questa è la mia impressione - di essere giunti ad un ’punto morto’ che, però, potrebbe diventare anche un punto di svolta secondo la mia speranza pasquale".
“Sostanzialmente per me si tratta di assumersi la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni”, ha scritto Marx al Papa. Le indagini e le perizie degli ultimi dieci anni "mi dimostrano costantemente che ci sono stati sia dei fallimenti a livello personale che errori amministrativi, ma anche un fallimento istituzionale e ’sistematico’". Le polemiche e discussioni più recenti "hanno dimostrato che alcuni rappresentanti della Chiesa non vogliono accettare questa corresponsabilità e pertanto anche la co-colpa dell’Istituzione. Di conseguenza rifiutano qualsiasi tipo di riforma e innovazione per quanto riguarda la crisi legata all’abuso sessuale". Il cardinale Marx ha chiaramente respinto questa posizione. "Due sono gli elementi che non si possono perdere di vista - prosegue -: errori personali e fallimento istituzionale che richiedono cambiamenti e una riforma della Chiesa. Un punto di svolta per uscire da questa crisi può essere, secondo me, unicamente quella della ’via sinodale’".
Con le sue dimissioni dall’ufficio, prosegue, si creerebbe forse spazio per un nuovo inizio, per un nuovo risveglio della Chiesa. “Voglio dimostrare che non è l’incarico ad essere in primo piano, ma la missione del Vangelo. Anche questo fa parte della cura pastorale. Pertanto, La prego vivamente di accettare le mie dimissioni". "Vorrei dedicare gli anni futuri del mio servizio in maniera più intensa alla cura pastorale e impegnarmi per un rinnovamento spirituale della Chiesa, così come Lei instancabilmente ammonisce" conclude.
IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA
"Il Papa mi ha ora comunicato che questa lettera potrà essere pubblicata"
Nella sua dichiarazione personale, il cardinale affermato di aver più volte pensato di dimettersi dall’incarico negli ultimi mesi. “Gli eventi e le polemiche e discussioni delle ultime settimane hanno avuto un ruolo del tutto secondario” precisa. E sugli abusi osserva: "Con preoccupazione vedo che negli ultimi mesi si nota una tendenza ad escludere le cause sistemiche e i rischi oppure, diciamolo pure, quelle che sono le questioni teologiche fondamentali e ridurre l’elaborazione ad un semplice miglioramento dell’amministrazione".
E conclude: "Questo passo non è facile per me. Mi piace essere prete e vescovo e spero di poter continuare a lavorare anche in futuro per la Chiesa. Il mio servizio per questa Chiesa e per le persone non termina qui. Tuttavia, per il bene di un nuovo e necessario inizio voglio assumermi la corresponsabilità per il passato. Credo che il „punto morto“, in cui ci troviamo attualmente, possa diventare un ’punto di svolta’. È questa la mia speranza pasquale e questo è ciò per cui pregherò e lavorerò".
IL TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE
"Questa società ha bisogno di una Chiesa che si rinnovi"
In conferenza stampa, tenutasi nel primo pomeriggio, il cardinale Marx ha dichiarato: "Non può andar bene che io sia contento personalmente che non mi venga addebitata alcuna colpa". Il punto, ha spiegato, "è la responsabilità istituzionale". "Non sono stanco della carica, e non sono demotivato", ha tenuto a sottolineare. "Sono convinto che questa società abbia bisogno della voce del Vangelo e di una Chiesa che si rinnovi".
I rapporti sugli abusi in Germania
Nel 2018 un rapporto commissionato dalla Chiesa tedesca aveva concluso che almeno 3.677 persone sono state vittime di abusi sessuali da parte di ecclesiastici fra 1946 e 2014. Oltre la metà di quelle persone aveva meno di 13 anni quando fu abusata, mentre quasi un terzo era costituita da chierichetti, secondo il rapporto. Quest’anno un altro studio relativo a Colonia ha rivelato numerosi altri casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti. L’arcivescovo di Amburgo, Stefan Heße, già direttore del personale e poi vicario generale dell’arcidiocesi di Colonia, ha presentato nel marzo scorso le sue dimissioni al Papa e ha ricevuto un "congedo" per un tempo non specificato.
Germania, 547 bambini del Coro Ratisbona vittime di violenza
Secondo rapporto legale, 67 subirono anche abusi sessuali
di Redazione (ANSA, 18 luglio 20171)
BERLINO. Sono almeno 547 i bambini che, nel corso di decenni, hanno subito violenze nel coro del Duomo di Ratisbona. È il risultato emerso dal rapporto finale presentato dall’avvocato Ulrich Weber, e divulgato dai media tedeschi.
Stando al documento, 500 bambini hanno subito violenze corporali, e 67 anche violenze sessuali. Secondo Weber 49 colpevoli sono stati identificati.
Il fratello del Papa emerito Benedetto XVI, Georg Ratzinger, ha diretto il coro di Ratisbona, per il quale i media tedeschi oggi parlano di 547 bambini vittime di violenza sessuale nei decenni, per quasi trent’anni, dal 1964 al 1993. Ma i fatti dell’inchiesta, di cui si era parlato anche nel 2000 anche se non con questi elementi di gravità, risalirebbero ad un periodo precedente. L’ex vescovo di Ratisbona ed oggi anche ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Gerhard Mueller, quando si parlò nel 2000 di alcuni casi di pedofilia aveva dichiarato: "Georg Ratzinger è assolutamente, temporalmente e realmente estraneo" a questa vicenda. Più recentemente, a gennaio del 2016, il fratello di Joseph Ratzinger aveva dichiarato: "Ai miei tempi non ho assolutamente sentito nulla di abusi sessuali".
Der Tagesspiegel, Berlino - 26 gennaio 2011
Commentario di Matthias Katsch
“Quanto a lungo volete ancora restare pecorelle?“
(traduzione dal tedesco di José F. Padova)
http://www.tagesspiegel.de/berlin/wie-lange-wollt-ihr-noch-schaefchen-sein/3736296.html
Parole chiare. Matthias Katsch, 47 anni, diplomato dal Canisius-Kollegs, ha studiato fra l’altro Scienze politiche e Teologia. Lavora come trainer in Management. Sulla dittatura dello Stato della Chiesa e della morale sessuale rigida il dibattito pubblico è cambiato poco. Matthias Katsch è stato egli stesso vittima di abuso sessuale al Collegio Canisius. Qui valuta la situazione un anno dopo lo scandalo degli abusi sessuali.
La Chiesa cattolica in Germania si è posta di fronte alle questioni legate allo scandalo sessuale? Si danno forse già risposte? Purtroppo le cose non sembrano finora giunte a tanto. Sembra che le vittime, scomode, soltanto disturbino. Fino a oggi i vescovi non reagiscono alla richiesta da parte delle vittime di un dialogo diretto.
In sostanza il dibattito, che si cerca apprensivamente di evitare, dovrebbe orientarsi su tre aspetti, che all’interno dipendono l’uno dall’altro: la forma di ordinamento della Chiesa, la sua dottrina sulla sessualità e il collante che tiene insieme tutto: il denaro. Detto alla maniera antica si tratta quindi di ubbidienza, castità e povertà - e dell’uso snaturato, che la Gerarchia continuamente mette in pratica, di queste virtù allo scopo di mantenere il potere,.
La Chiesa cattolica è già da lungo tempo una dittatura spirituale dei chierici, una monarchia per lo più benevola, che si regge su questo o su quel buffone di corte. Con questa organizzazione essa è diventata molto vecchia. Naturalmente ci furono e ci sono correnti all’interno della Chiesa: di sinistra, liberale, ultraconservatrice e in mezzo l’ampia mainstream. Queste correnti alla fine però nulla hanno da comunicare al laico, se la gerarchia decide. Nel suo centralismo assolutistico la Chiesa nel mondo moderno è un anacronismo, mentre per alcuni essa rappresenta nello stesso tempo un qualcosa di fascinoso.
Senza opporre resistenza, le pecorelle sopportano tutto ciò che arriva dall’alto È anche vero che questo dominio da parte del clero già da molto tempo sarebbe giunto alla fine se la maggioranza dei cattolici non avessero collaborato a sopportarlo in silenzio. Non sempre approvando, ma in generale senza opporre resistenza, le pecorelle sopportano tutto quello che viene dall’alto, tengono per sé le loro riflessioni e permettono al Papa a Roma di passare per un brav’uomo. Domina una cultura del “come se”. Noi ci comportiamo come se seguissimo la vostra dottrina, e voi vi comportate come se non sapeste per niente che noi non lo facciamo. Da decenni le cose vanno avanti così.
Urge un confronto. Come prima del 1989 nelle dittature mummificate dell’Europa dell’Est, nel privato la gran parte dei credenti non si attiene a ciò che prescrive il ministero ecclesiastico, in particolare per le questioni riguardanti la condotta personale della vita, come la contraccezione, l’autoerotismo, i rapporti sessuali prematrimoniali, l’omosessualità, ma anche su temi come l’ecumenismo. Essi tuttavia non si oppongono apertamente, al massimo si richiamano alla loro personale coscienza. E vescovi e preti si comportano come se non ne sapessero nulla e si accontentano dell’ubbidienza simulata, finché la contraddizione non diviene palese.
Eppure questo accomodamento fra l’alto e il basso nella Chiesa cattolica non è tanto innocuo come vorrebbe apparire. Infatti i cattolici del mainstream tollerano anche la violenza che la Chiesa esercita contro i suoi critici. Questo non è inteso soltanto metaforicamente, perché vi sono vittime effettive, delle quali però all’interno dell’ambiente ecclesiastico non si può fare parola. Non soltanto teologi , pur sempre di specchiata fama anche se oggetto di misure punitive, che perdono il loro lavoro
[ndt.: p.es., Luigi Lombardi Vallauri, cacciato dall’Università Cattolica di Milano per aver espresso opinioni non allineate sul magistero papale - in generale vedi fra l’altro: http://avalonra.altervista.org/sections/03_Downloads/AvalonRa/Il%20libro%20nero%20della%20Chiesa.pdf] ,
ma per esempio centinaia di figli di preti, soltanto in Germania. Essi vengono mantenuti dalla Chiesa fintantoché restano nascosti e le loro madri sono disposte a rimanere nell’oscurità. Poi vi sono nella Chiesa i numerosi omosessuali occultati, che ora dovrebbero diventare i capri espiatori per i crimini sessuali degli ecclesiastici, ormai palesati.
L’avversione sessuale è l’arma più importante della Gerarchia nella lotta per il potere nella Chiesa. Anche se si comportano diversamente, il perpetuo predicozzo di minaccia dei pastori provoca in molti fedeli un senso di cattiva coscienza. Ciò aiuta a tenerli sotto controllo. Anche all’interno della Gerarchia le molteplici difficoltà del clero riguardo al celibato sono utilizzate quali strumenti disciplinari.
Preti hanno figli, preti hanno donne, preti hanno uomini, preti abusano di bambini come compensazione di una sessualità non vissuta o non vivibile. Tutto questo accade, ma verso l’esterno si tiene alto l’ideale dell’astinenza e della “sessualità senza sesso”. Questo infatti è un principio organizzativo perfetto per un’organizzazione transnazionale, che è tenuta insieme dall’assoluta fedeltà dei suoi quadri. In questo modo la Chiesa è oggi la più grande organizzazione transnazionale di gay di tutto il mondo, cosa sulla quale nel 2005 proprio un gesuita richiamò l’attenzione, nonostante per la Chiesa l’omosessualità vissuta sia considerata un peccato. Una morale più doppia di così non c’è. E ciò non stupisce, se si guarda al di là dell’orticello tedesco: in molti Paesi del mondo la Chiesa romana è un rifugio per gli omosessuali oppressi e perseguitati. Nessuno molesta questi uomini se non si sposano, nessuno analizza criticamente il loro amore per la musica, per la bella arte, per i vestiti e i profumi. Come membri del clero essi sono trattati con grande rispetto, tenuti in considerazione, importanti e spesso anche potenti.
Il celibato pretende troppo da molti uomini Il prezzo, che essi devono pagare, è l’ipocrita ripudio della loro natura. Rapporti di coppia vissuti fra uomini o donne sono un male, l’omosessualità celata, bloccata o messa a tacere è tollerata. Questi servitori della Chiesa sono i più fidati dei fidati. Essi rinnegano loro stessi, prendono perfino parte alla demonizzazione della sessualità, che essi hanno patito come insopportabile, e in questo modo rendono stabile la dittatura della Gerarchia. Che ora essi siano messi alla berlina per le azioni commesse dai loro colleghi in prevalenza eterosessuali, i quali hanno scaricato la loro immatura sessualità su piccole vittime, è un triste effetto finale.
Più volte inoltre viene respinto il pensiero di molti cattolici che l’avversione per la sessualità, la doppia morale e le forme organizzative della Chiesa, celibato compreso, sono intimamente collegati e potrebbero avere a che fare con le centinaia di crimini di abuso sessuale nell’ambito di istituzioni ecclesiastiche, ora diventate di dominio pubblico. Quindi la dottrina ecclesiastica sulla sessualità ha spianato la strada ai colpevoli alla volta delle loro vittime. L’esagerato spirito di corpo della Gerarchia ha poi impedito che agli autori degli abusi si ponesse un freno, men che meno che fossero consegnati alle Autorità giudiziarie penali. Il principio organizzativo della Chiesa è la subordinazione. Insieme alla rinuncia alla sessualità questo permette il dominio di poche centinaia di uomini su 400.000 preti e un miliardo di credenti. In contraccambio per la loro fedeltà il vertice della Chiesa protegge i suoi collaboratori, se si trovano in difficoltà.
Il celibato quindi sovraccarica molti uomini. Perciò un trasgressore del celibato può contare all’interno del mondo ecclesiastico su molta simpatia e comprensione, anche presso i fedeli e naturalmente i propri confratelli, che magari stanno lottando sullo stesso fronte. Così crimini di abuso sessuale su bambini sono intesi soprattutto come peccati del colpevole contro il suo voto religioso. Sotto questo aspetto le vittime non erano proprio tenute in conto. I sensi di colpa delle vittime sono ancor più rinforzati dalla dottrina sessuale della Chiesa. Più tardi questi sensi di colpa provvedono a che le vittime tacciano per lungo tempo. Esse si sentono colpevoli. Così il cerchio si chiude.
La florida situazione economica della Chiesa corrompe Oltre a ciò arriva il collante, che tiene insieme il tutto: il denaro. I membri degli ordini promettono la povertà soltanto formalmente. Clero e gerarchia hanno sovente messo da parte questo ideale. Nondimeno la fiorente situazione economica della Chiesa è corruttrice. I versamenti della società civile e i contributi delle tante pecorelle, incassati tramite lo Stato, servono soprattutto a mantenere il cartello di potere interno alla Chiesa. Nessun membro della Chiesa può avere voce in capitolo sull’impiego dei soldi incassati.
Le organizzazioni a fini sociali, sovente attribuite alla Chiesa come la Caritas, lavorano alla stregua di moderne imprese economiche e nulla hanno a che fare con i contributi dei fedeli. Di regola più del 90 percento dei costi di tali Enti sono pagati direttamente dallo Stato. Lo stesso accade per gli ospedali ecclesiastici, per le scuole, per le case di riposo per anziani.
Coloro però che dovrebbero essere i destinatari della carità cristiana sono persi di vista: invece che verso i veri poveri e bisognosi, le offerte caritatevoli si orientano per lo più verso gli strati sociali medio e alto. Ciò è non soltanto lontano dalle beatitudini del Nuovo Testamento, ma in uno Stato moderno è semplicemente inutile. Senzatetto, malati di AIDS, profughi ricevono in proporzione solamente una piccolissima parte dell’attenzione della Chiesa e dei suoi mezzi finanziari. L’impegno di molti combattenti individuali in questo settore deve essere tenuto in grande considerazione, ma non è tale da influenzare la percezione che in Germania si ha della Chiesa cattolica.
Ascoltare e farsi coinvolgere anziché minimizzare e smentire E adesso arrivano le vittime della violenza sessuale in istituti e scuole e chiedono soldi alla Chiesa quale risarcimento per il loro patimento e come indennizzo per la loro vita rovinata. Tuttavia come reagisce la Chiesa di quel Figlio dell’Uomo che aveva detto: “Beati sono i poveri”? Blocca, barrica, rinvia. Allo stesso tempo sottolinea che per risarcire le vittime non potrebbero essere utilizzati i soldi della tassa per la Chiesa [ndt.: in Germania l’imposta ecclesiastica è pagata individualmente e personalmente da chi dichiara di appartenere a una Chiesa, sia cattolica, sia protestante, o altra]. Perché no? I contributi dei fedeli non sono forse destinati al sostentamento della loro Chiesa? E questa Chiesa non ha totalmente fallito? La Gerarchia, perché ha messo a tacere lo scandalo, e i fedeli, perché hanno permesso che la Gerarchia lasciasse fare? Non dovrebbero anche adesso affrontare insieme le conseguenze?
L’anno scorso si sono incontrati due volte a Berlino, all’ “Eckiger Tisch” [ndt.: gruppo di vittime di abusi da parte dei Gesuiti], vittime di abusi sessuali e rappresentanti dell’Ordine dei Gesuiti, fra i quali il Provinciale responsabile negli anni ’70 e il suo attuale successore. Essi hanno ascoltato per sei ore e posto domande alle vittime, che hanno riferito sulle offese subite come pure dei tentativi andati a vuoto di trovare allora ascolto. Questo difficile confronto è stato un momento storicamente significativo per il modo in cui la Chiesa potrebbe comunicare: ascoltare e farsi coinvolgere anziché minimizzare e smentire.
Eppure nella Chiesa in generale un dialogo sui problemi qui toccati è finora rifiutato. Gerarchia e fedeli invece sfiorano soltanto il tema. Come alla Domenica di Pasqua 2010, quando tutto il mondo aspettava una parola chiarificatrice del Papa circa i casi di abuso e invece il capo del Collegio cardinalizio assicurò al Papa la fedeltà incondizionata della Gerarchia e definì la discussione circa i bambini oggetto di abusi come “Ciance del momento”.
Quanto a lungo vogliono i cattolici lasciarsi presentare cose simili dal loro personale di vertice? Quando diranno finalmente: “Adesso basta”? Finché i credenti, che al di fuori della Chiesa, nella vita vera, si comportano come cittadini dello Stato adulti e consci della propria responsabilità, mentre all’interno della Chiesa se ne stanno come pecore non cresciute alla maggiore età, la pia dittatura va avanti.
LO SCANDALO DEI RELIGIOSI SOTTO ACCUSA
Perquisita la cripta della Cattedrale
La Santa sede esprime "sdegno"
Perquisizione nella tomba
di un arcivescovo
Il Vaticano convoca
l’ambasciatore e protesta
Il Papa intanto nomina
il nuovo vescovo di Bruges *
CITTA’ DEL VATICANO Le perquisizioni di ieri in Belgio, in seguito a nuove denunce sui preti pedofili, hanno riguardato, oltre all’arcivescovado, anche la cripta della cattedrale Saint Rombout a Mechelen. Lo riferiscono oggi diversi quotidiani belgi, secondo i quali i poliziotti sono scesi fino nella cripta alla ricerca di dossier sulla pedofilia che sarebbero stati nascosti nella tomba di un arcivescovo.
Gli agenti avrebbero utilizzato anche martelli pneumatici, ma non sarebbe stato trovato alcun nascondiglio segreto. La «violazione delle tombe» avvenuta in Belgio durante le perquisizioni a Bruxelles ha suscitato «sdegno» nella Segreteria di Stato vaticana, che, in una nota ufficiale, torna a condannare l’abuso di minori da parte di religiosi, esprimendo però «vivo stupore» per le modalità in cui sono avvenute le perquisizioni. A Roma, il comportamento della polizia è parsa insomma una profanazione. Il segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti, ha espresso «personalmente» all’ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede, Charles Ghislain, convocato per la questione, il suo «sdegno» e lo «sgomento» per la violazione delle tombe di alcuni alti ecclesiastici durante le perquisizioni in Belgio.
Tornando all’inchiesta, secondo il quotidiano De Morgen, le perquisizioni sono state fatte nell’ambito dell’inchiesta denominata «Operazione Chiesa». «Se dai dossier sequestrati dovesse emergere che alcuni ordini religiosi hanno impedito sistematicamente, per decenni, che i pedofili potessero essere giudicati, allora per la legge formerebbero un’organizzazione criminale. È complice anche chi aiuta a garantire l’impunità», ha indicato la fonte del De Morgen.
La priorità del giudice Wim De Troy, che conduce l’inchiesta, scrive anche il quotidiano La Derniere Heure, è di stabilire se il comportamento della chiesa, «da più di venti anni», può costituire «complicità in senso penale». Il ministro della giustizia dimissionario Stefaan De Clarck (il Belgio non ha un nuovo governo dopo le elezioni del 13 giugno scorso), in un’intervista, si è detto sorpreso delle perquisizioni, ma ha precisato che la magistratura è indipendente e che spetta a quest’ultima decidere se sono necessarie perquisizioni.
Papa Benedetto XVI ha intanto nominato il nuovo vescovo di Bruges, sempre in Belgio: è mons.Jozef De Kesel, finora vescovo di Bulna e ausiliare di Malines-Bruxelles, la diocesi da ieri oggetto di perquisizioni da parte della polizia belga nell’ambito di un’inchiesta su casi di pedofilia. De Kesel è stato chiamato a sostituire l’ex vescovo di Bruges Roger Vangheluwe, reo confesso di abusi le cui dimissioni sono state già accolte dal Papa.
Proprio il Belgio è riesploso in questi giorni il caso dei preti pedofili: una raffica di perquisizioni è stata effettuata ieri dalla polizia dopo nuove denunce di abusi sessuali commessi nell’ambito della chiesa. Una trentina tra poliziotti e investigatori, su richiesta della procura di Bruxelles, per ore ha passato al setaccio l’arcivescovado di Mechelen, a circa 25 chilometri dalla capitale, sede dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles, il quartier generale della chiesa in Belgio, proprio mentre vi era in corso la riunione della Conferenza episcopale.
Gli agenti hanno poi perquisito la sede della commissione creata per esaminare i casi di abuso sessuale all’interno della Chiesa, così come l’abitazione del cardinale Godfried Danneels, ex primate del Belgio. «Si tratta di perquisizioni richieste in merito ad un dossier aperto di recente dalla procura di Bruxelles, dopo alcune denunce di presunti abusi sessuali su minori da parte del clero.
L’obiettivo è quello di ottenere una serie di elementi di prova», si è limitato a dire il portavoce del tribunale Jean-Marc Meilleur. Ma la procura sembrerebbe interessata anche ai casi meno recenti, visto che nelle perquisizioni, oltre a sequestrare il computer del cardinale Danneels, ha anche confiscato 475 dossier della commissione indipendente, guidata dal professor Peter Andraessens, che da mesi raccoglie testimonianze e confidenze su casi di pedofilia in Belgio.
«Siamo scioccati», ha affermato il professore nel corso di una conferenza stampa, dicendosi soprattutto preoccupato per la privacy delle persone citate nei dossier. Si tratta di vittime che, spesso, ha spiegato, hanno chiesto di non trasferire le loro confidenze alla giustizia. Lunedì prossimo, ha aggiunto il professore, «decideremo se vale la pena di proseguire il lavoro svolto finora».
Monsignor Andrè-Joseph Leonard, arcivescovo di Mechelen-Bruxelles ed attuale primate del Belgio, «è stato sempre chiaro dicendo che si doveva praticare una politica di ’tolleranza zerò per gli abusi sessuali», ha ricordato la Conferenza episcopale che, in una breve nota sul suo sito internet, ha anche difeso l’operato della commissione indipendente guidata dal professor Andraessens.
Alla base dell’operazione richiesta dalla procura, potrebbero esserci le denunce fatte da un sacerdote ora in pensione, Rik Devillè. È stato l’anziano prete a riferire di aver trasmesso diversi dossier alla procura una quindicina di giorni fa, pur non dicendosi certo che poi abbiano dato esito a indagini. Secondo lui, centinaia di abusi sessuali da parte dei preti pedofili sono stati commessi durante gli anni ’90, ma solo una parte hanno ricevuto l’attenzione che meritava da parte della Chiesa belga, quando era guidata dal cardinale Danneels. Il portavoce del prelato ha riferito che monsignor Danneels non si è opposto né alla perquisizione né al sequestro del suo pc «ritenendo che la giustizia debba fare il suo corso». Dopo quella olandese, tedesca e irlandese, anche la chiesa belga nei mesi scorsi era finita nel ciclone degli scandali dei preti pedofili, in seguito alle dimissioni del vescovo di Bruges, reo confesso di aver abusato di un minore per diversi anni.
* La Stampa, 25/6/2010 (15:3)
PEDOFILIA
Il capo della Chiesa tedesca indagato
per complicità in abusi su minori
L’arcivescovo di Friburgo avrebbe coperto un caso avvenuto negli anni Sessanta. Secca smentita della diocesi: "Accuse infondate"
dal corrispondente ANDREA TARQUINI *
L’arcivescovo di Friburgo Zollitsch
BERLINO - Si aggrava in modo pesantissimo la crisi scatenata nella Chiesa cattolica dallo scandalo mondiale degli abusi sessuali e delle violenze sui minori. Proprio in Germania, il Paese natale di papa Benedetto XVI, il presidente della Conferenza episcopale, monsignor Robert Zoellitsch, è indagato dalla magistratura con l’accusa di complicità in un caso di abuso sessuale su un bambino. Lo hanno indicato fonti ufficiali delle autorità giudiziarie a Friburgo, la città di cui Zoellitsch è vescovo.
Il fatto risale agli anni Sessanta. Secondo le accuse, su cui la magistratura indaga, monsignor Zoellitsch avrebbe saputo della violenza sessuale compiuta su un bimbo, probabilmente in un istituto scolastico religioso, da un prete del monastero di Birnau.
La diocesi di Friburgo ha immediatamente respinto come "infondate" le accuse nei riguardi del presidente della Conferenza episcopale, precisando che solo nel 2006 si è venuti a conoscenza di un caso di abuso sessuale commesso da un sacerdote a Birnau.
E’ dall’inizio dell’anno che la Chiesa cattolica, in Germania come in altri Paesi, è sotto accusa ed esposta a una gravissima crisi di credibilità (e a un drammatico esodo dei fedeli) a causa delle rivelazioni che emergono a catena sui casi di abusi sessuali e violenze su minori in scuole appartenenti a ordini religiosi o in conventi e monasteri. Lo scandalo degli abusi al collegio Canisius di Berlino, la scuola superiore dei gesuiti che è tra le più prestigiose della capitale, aveva innescato una serie di denunce. Aiutate dai media, da ’Wir sind Kirche’ (l’organizzazione di base dei fedeli) e poi anche da inchieste della Chiesa stessa, centinaia e centinaia di vittime si sono decise a superare la vergogna e a rompere il silenzio.
Il caso di Zoellitsch è gravissimo per l’immagine della Chiesa, tanto più che il presidente della Conferenza episcopale, dopo essere stato ricevuto dal Pontefice in Vaticano con i vescovi tedeschi nei mesi scorsi, aveva ricevuto chiarissime direttive da Benedetto XVI: tolleranza zero e chiarezza senza limiti su ogni caso. Finora aveva promesso la piena collaborazione, denunciando gli scandali come vergognosi. L’esodo dei fedeli (125mila persone hanno abbandonato la Chiesa) indica la serietà della situazione, ed espone il cattolicesimo tedesco anche a un’emorragia finanziaria, visto che chi lascia la Chiesa non versa più il contributo fiscale.
* la Repubblica, 02 giugno 2010
Pedofilia, lo scandalo travolge i gesuiti
Prime ammissioni: in Germania l’ordine ha tenuto nascosti centinaia di casi
Crisi di credibilità per la Chiesa tedesca: in un anno registrati 125 mila fedeli in meno
di Andrea Tarquini (la Repubblica, 28.05.2010)
BERLINO Centinaia di bambini e ragazzi sono stati violentati o brutalmente percossi per decenni nelle istituzioni scolastiche dei gesuiti in Germania, e per decenni l’ordine ha sistematicamente coperto e insabbiato le denunce. Lo hanno denunciato ieri la dottoressa Ursula Raue, la studiosa incaricata dalla Chiesa stessa di indagare sullo scandalo degli abusi sessuali nelle scuole dei gesuiti, e padre Stefan Dartmann, il provinciale della Compagnia nella Repubblica federale.
Il rapporto della signora Raue rivela che l’orrore ha avuto dimensioni ancor più vaste di quanto si pensasse. E coincide con un esodo in massa dalla Chiesa cattolica in Germania: 125 mila fedeli l’hanno lasciata, un record storico che denuncia la gravissima crisi di credibilità del cattolicesimo nel paese del Papa, e lo espone anche a serie difficoltà finanziarie, con il venir meno dei contributi fiscali dei fedeli.
«È scandaloso, è una realtà che ci copre di vergogna e disonore, chiedo perdono a tutte le vittime», ha detto padre Dartmann. Ha condannato i decenni di silenzio, «frutto di una cultura di solidarietà con i colpevoli anziché con le loro vittime, una cultura non solo scelta da singole persone ma ben radicata nell’ordine, allora e, temo, ancora oggi». Dartmann non ha voluto però precisare se si pensa a indennizzi finanziari o materiali per chi subì il martirio.
«I casi accertati sono 205, ma temo che la cifra reale sia ancora più grande», ha spiegato Ursula Raue. Molte vittime, teme l’investigatrice ufficiale, probabilmente non hanno ancora trovato il coraggio di superare la vergogna e denunciare il loro caso, mentre altre potrebbero essere già morte. E secondo i media, almeno altri 50 casi sono stati accertati in istituzioni cattoliche non dipendenti dai gesuiti.
Nella sua relazione, la dottoressa Raue ha offerto testimonianze agghiaccianti. Almeno 12 sacerdoti, sei dei quali deceduti, sono colpevoli diretti; altri 32 tra religiosi e assistenti laici sono fortemente sospettati. C’era padre Eckhart, del prestigioso collegio Canisius di Berlino, che «picchiava spesso e volentieri», o padre Michael, «che amava percuotere i bimbi sul sedere nudo in presenza di altri minori, e poi controllava chi degli altri piccoli aveva un’erezione». Un altro religioso, di cui non viene fatto il nome, è accusato di aver violentato nel confessionale una bimba di 9 anni e una di 14. «Il confine tra stupro e percosse era spesso labile, spesso i padri si eccitavano picchiando i minorenni», ha spiegato Ursula Raue.
La lista delle scuole religiose coinvolte è una mappa di tutto il Paese: il Canisius a Berlino, Sankt Blasien, il collegio Aloisius a Bonn, Sankt Ansgar ad Amburgo, istituzioni a Goettingen, il collegio dell’Immacolata a Bueren, in Westfalia, dice la lista parziale diffusa ieri sera da Spiegel.
Quella Germania cattolica divisa dagli scandali
di Walter Rauhe (il Messaggero, 9 maggio 2010)
Il collegio gesuita Canisius di Berlino godeva di un’ottima fama e reputazione. È qui che la Berlino bene mandava i suoi figli a studiare il latino e il greco e ad ottenere un’ampia educazione scolastica sulla quale costruire poi carriere da manuale nel mondo della politica, dell’imprenditoria e della cultura tedesca. Ma dall’inverno scorso molto se non tutto è cambiato all’interno dell’esclusivo ginnasio situato a pochi passi dall’Ambasciata italiana di Berlino. È proprio al Canisius infatti che in una fredda mattina di gennaio sono venuti alla luce i primi casi di abusi sessuali di minori che di lì a poco si sarebbero allargati a macchia d’olio in tutta la Germania e nel resto del nord Europa provocando uno scandalo senza precedenti nella Chiesa cattolica tedesca, così vicina spiritualmente ed anagraficamente, allo stesso Papa Benedetto XVI.
E pensare che cinque anni fa fu proprio la nomina di un pontefice tedesco a nutrire le speranze di una Chiesa che in Germania da decenni ormai perde non solo fedeli, ma anche peso politico e sociale. Basta uno sguardo alle cifre per comprendere il dilemma dei cattolici tedeschi. Solo il 30,7% della popolazione (contro il 44,6% ancora nel 1970) appartiene a questa comunità religiosa che numericamente è stata quasi sorpassata da quella evangelica (30,1%) fondata da Martin Lutero e dalle sue celebri 95 tesi nel sedicesimo secolo.
Ma la comunità più grande in Germania è ormai quella degli atei, cresciuta nel 2008 a ben il 34,1% della popolazione complessiva e vero specchio di una società sempre più laica ed estranea agli insegnamenti delle Chiese e specialmente ai dogmi di quella cattolica. Il celibato, l’infallibilità del Papa, l’esclusione delle donne dall’altare e dai vertici ecclesiastici, la confessione o addirittura la reintroduzione delle messe in latino incontrano in Germania un muro d’incomprensione e di aperta dissonanza con il Vaticano rafforzando il movimento ecumenico che chiede una riconciliazione tra le due grandi chiese cristiane e le tante associazioni di base come “Kirche von Unten” (Chiesa dal basso) o “Wir sind Kirche” (Noi siamo Chiesa) che dopo lo scoppio dello scandalo pedofilia hanno chiesto le dimissioni del Papa.
Particolare rilevanza possiedono così in Germania i teologi e religiosi in aperto dissenso con le gerarchie ecclesiastiche, come ad esempio il teologo di Tubinga Hans Kueng. Nel 1979 la Congregazione per la dottrina della fede gli ha revocato la “missio canonica” (l’autorizzazione all’insegnamento della teologia cattolica) in quanto ha messo in discussione il dogma dell’infallibilità papale. Altro noto esponente della “dissidenza” cattolica è l’ex parroco Eugen Drewermann. Già nel 1986 l’allora cardinale Joseph Ratzinger espresse grande preoccupazione per i dubbi avanzati da Drewermann sulla reale nascita di Gesù dalla Vergine Maria e sull’affidabilità storica di altri eventi narrati nelle Sacre scritture. Il parroco e teologo venne radiato nel 1991 dalla chiesa cattolica e da allora è uno dei più noti critici tedeschi del Vaticano.
Ma non c’è teologo, critico o riformatore così minaccioso per i cattolici di lingua tedesca come lo scandalo pedofilia. I casi di abusi sessuali all’interno delle istituzioni religiose nella sola Germania, Austria e Svizzera si sommano ormai a ben oltre i 4000. E le dichiarazioni di ieri del presidente della Conferenza episcopale tedesca Robert Zollisch che ha definito la decisione del Papa di accogliere “rapidamente” le dimissioni del vescovo di Augusta Walter Mixa come “una possibilità di rinnovamento per la chiesa tedesca” restano solo un buon auspicio.
Letargo morale nella Chiesa
di Franz-Xaver Kaufmann
in “Frankfurter Allgemeine Zeitung” del 26 aprile 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)
La crisi di fiducia causata dagli abusi sui bambini avvenuti nella sue fila colpisce la Chiesa cattolica in quanto istituzione sociale. La sua incapacità a riconoscere le proprie strutture patogene e le conseguenze degli abusi da parte di membri del clero si basa su di un’organizzazione che continua ad essere cortigiana ed una comprensione di sé che non ha superato lo spirito dell’assolutismo.
La nostra conoscenza della storia del cristianesimo è segnata dalla Chiesa cattolica romana. Come nessun’altra Chiesa cristiana, essa sostiene pubblicamente e teologicamente di essere la vera Chiesa di Gesù Cristo che risale fino agli inizi apostolici. In realtà i risultati di recenti ricerche affermano che la tradizione che Pietro sia stato a Roma e vi sia morto da martire si sia formata solo a partire dalla metà del secondo secolo, ed anche altre tradizioni e i diritti della Chiesa romana che ne sono fatti derivare si basano spesso su incerti presupposti. Ma questo non ha finora provocato alcuna forte e durevole incrinatura della sua stabilità e autorità.
Dal punto di vista storico le religioni legate alla trascendenza appartengono ai fenomeni sociali più duraturi. Sono sopravvissute ai destini economici e politici di interi popoli ed anche a profonde crisi del loro clero e della loro forma. È da questo rapporto con la trascendenza interpretato in modi diversi che traggono la loro forza. Le tradizioni cristiane parlano qui di fede, di una fede che secondo le parole tramandate di Gesù può spostare le montagne. Tale fede non viene delegittimata - è quello che accade sempre nella tradizione cattolico-romana - neanche da gravissime colpe morali del personale della Chiesa.
Che però dei criminali nei confronti di bambini, per i quali già Gesù aveva auspicato una macina al collo, siano stati fino a tempi recentissimi scientemente coperti dalle autorità ecclesiastiche e protetti dall’essere perseguiti dalla legge dello Stato, rimane un fenomeno sconcertante che deve essere spiegato.
In ogni tentativo di spiegazione bisogna distinguere influenze interne ed esterne alla Chiesa. Per cominciare con le seconde, bisogna ricordare che solo in tempi molto recenti i diritti dei bambini sono diventati uno dei grandi problemi morali della società. Questo deriva dalla dottrina politica dei diritti umani generali, quelli che spettano ugualmente ad ogni persona. Tale dottrina, che ha svariate radici risalenti molto indietro nella storia europea, ha acquisito forza sociale e politica solo nella seconda metà del 20° secolo.
Determinante fu l’approvazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Ma ricordiamo che tale atto non fu assolutamente salutato come un avvenimento storico. Si trattava piuttosto solo di una delle tante dichiarazioni dell’Assemblea generale dell’ONU. In una storia delle Nazioni Unite pubblicata nel 1982 non viene neppure nominata. La promozione dei diritti umani come base del diritto, sia come concezione morale che concezione di diritto internazionale, è solo uno sviluppo della storia più recente.
Il riconoscimento (che rimuoveva il discorso del diritto naturale) della dottrina dei diritti umani presente nei documenti del Concilio Vaticano II (1962-1965) le diede un efficace impulso. Ma ci volle ancora molto tempo prima che i diritti dei bambini fossero formulati e riconosciuti. Solo nel 1959 l’assemblea generale dell’Onu approvò una “Dichiarazione dei diritti dei bambini”. Seguì nel 1989 una vincolante convenzione dei diritti dei bambini, che è stata nel frattempo ratificata da 193 stati, comunque dalla Repubblica federale tedesca con delle riserve di diritto straniero.
Solo negli ultimi decenni sono aumentate in Germania le iniziative per il riconoscimento e l’attuazione dei diritti dei bambini. La sensibilità dell’opinione pubblica per le lesioni di tali diritti è ormai fortemente cresciuta. Questo potrebbe essere un motivo determinante per le attuali reazioni pubbliche ai casi rivelati di abusi e maltrattamenti su bambini. Tale comportamento contrasta con grande evidenza con la scarsa risonanza di simili casi nel passato, che si può ben qualificare di letargo morale.
Anche per la Chiesa cattolica non si può escludere un simile letargo morale, perché la coscienza all’interno della Chiesa si forma in uno scambio sotterraneo con i valori della società. Ma ci sono anche circostanze più specifiche alla base di tali silenzi e coperture. Ad esempio nella Chiesa cattolica la morale coniugale ha sempre occupato un posto più importante all’interno della morale familiare rispetto alla morale dei genitori, che invece ha svolto un ruolo maggiore nel protestantesimo.
Nel 19° secolo nei Länder cattolici c’erano molti brefotrofi ai quali venivano affidati assolutamente solo bambini illegittimi. Le norme di una genitorialità responsabile sono nate nel 20° secolo in ambito evangelico, mentre la Chiesa cattolica ha sempre condotto una inutile battaglia contro tutti i metodi contraccettivi considerati artificiali.
È vero che anche in ambito cattolico abusi su bambini, punizioni e maltrattamenti corporali vengono considerati peccati gravi. Ma la Chiesa è abituata a peccati gravi tra i suoi membri, proprio per questo c’è l’istituto della confessione. Il patos con cui oggi si reagisce ai crimini su bambini è estraneo alla Chiesa.
Un forte motivo di silenzio da parte delle autorità ecclesiastiche su comportamenti delittuosi di loro membri, e in particolare del loro clero, di cui erano venuti a conoscenza, potrebbe derivare da una specie di effetto a distanza del segreto della confessione: le fonti di segnalazioni ecclesiastiche ad uffici statali non sarebbero di norma rimaste nel buio, cosicché non si sarebbero potute escludere ammissioni provenienti da conversazioni in confessione. Quindi la fiducia nel segreto della confessione avrebbe potuto essere scossa.
Ma dal punto di vista della mentalità le ripercussioni delle secolari tensioni tra Chiesa e Stato devono essere state più forti: anche dopo la perdita dei diritti del potere temporale, la Chiesa ha sempre mantenuto dei privilegi per il suo clero, che voleva poter sottoporre solo alla propria giurisdizione. Con un esame più attento si sarebbero probabilmente potute scoprire anche più gravi infrazioni, non relative a bambini, di membri del clero contro leggi dello Stato, ma che comunque non sono state denunciate. Ciò non deriva probabilmente solo dalla conosciuta “difesa della casta”, ma dalla coscienza di sé di una Chiesa che per molto tempo si è definita con il concetto di “societas perfecta” come un “dirimpettaio” dello Stato e che quindi non si pone sotto lo Stato.
È vero che questa posizione è stata implicitamente superata dalle dichiarazioni del Vaticano II, ma è probabilmente ancora molto viva proprio negli ambienti romani. Tanto più importante è quindi l’ormai esplicita direttiva papale alla Chiesa mondiale, in caso di abusi su bambini, di attenersi senza eccezioni alle prescrizioni del diritto dello Stato.
Infine non sono da sottovalutare le preoccupazioni per la considerazione della “santa Chiesa”. “Evitare scandali” è un antico principio ecclesiastico, che, contrariamente al suo senso originario, vale anche per la difesa dell’immagine della Chiesa. Per questo viene rimosso il fatto che il personale della Chiesa sia composto da autentici peccatori, che sono tali almeno secondo la dottrina della Chiesa sul peccato. In reazione all’attuale discussione sugli abusi, un parroco di Bonn ha fatto una proposta, che merita di essere meditata: appendere a tutte le porte della chiesa un cartello con scritto: “Qui entrano solo peccatori”.
Quando delle supposizioni - come nel caso dell’attuale segretario di Stato cardinal Bertone - o delle affermazioni documentabili sul coinvolgimento di alti dignitari ecclesiastici in gravi casi di abusi vengono smentite o sottaciute, senza che venga espresso alcun rammarico per i fatti realmente accaduti, questo suscita scandalo nella pubblica opinione e dolore tra i cattolici - e non solo per la renitenza di fronte all’accresciuta sensibilità morale per il problema dei diritti dei bambini.
Si tratta di qualcosa di più fondamentale: secondo la natura delle cose, la prova in caso di abusi non è affatto semplice. Anche qui deve valere innanzitutto il principio, in caso di dubbio, dell’innocenza dell’accusato. Ma in ambito ecclesiastico non c’è alcun modo sperimentato di procedere per provare tali accuse e per arrivare in ogni caso ad una decisione finale, cosa che è invece caratteristica del processo penale dello Stato.
A causa della competenza universale dei vescovi tutto sta nelle mani del vescovo o del suo vicario generale. Né a livello della diocesi né a livello dell’intera Chiesa non c’è nessuno cui spetti l’effettivo compito di un chiarimento delle accuse penali, nel senso di svolgere un esame preventivo per la trasmissione del caso alla magistratura dello Stato.
Il fatto che dei cattolici vittime di abusi si rivolgano prima alla loro Chiesa e non direttamente alla magistratura dello Stato rappresenta una prova di fiducia, a cui da parte dell’istituzione ecclesiastica non corrisponde un’istanza istituzionalizzata. Non bastano degli uffici reclami, perché il trattamento dei reclami non è verificabile, rimane a discrezione del vescovo.
Questo relitto dell’assolutismo interno alla Chiesa, in una cultura improntata al diritto statale, solleva anche delle questioni di ordine teologico: come si deve qualificare la peccaminosità che si diffonde in determinate strutture della Chiesa? Ci si potrebbe chiedere: si può mantenere la tradizionale distinzione tra la peccaminosità del personale della Chiesa e la santità dell’istituzione, quando evidentemente sono delle caratteristiche strutturali della Chiesa a indirizzare le mentalità verso un letargo morale o altri deplorevoli difetti?
La dichiarazione di sostegno al papa in occasione della messa di Pasqua, letta dal cardinale Sodano, che per diversi anni è stato segretario di Stato, non solo è ipocrita, perché Sodano stesso è personalmente coinvolto, ma misconosce anche completamente il modo in cui la situazione viene percepita dall’opinione pubblica. In questo modo viene nuovamente confermata la mentalità del silenzio e della copertura o almeno del letargo morale, con cui le autorità vaticane fino a pochi anni fa si sono occupate di casi di religiosi che per il diritto secolare avevano commesso dei reati.
E a favore di chi sarebbe la dichiarazione di sostegno? Certo non a favore del papa, per il quale certi gesti cortigiani dovrebbero risultare piuttosto penosi. Chissà se troverà il coraggio di separarsi da tali discutibili amici? L’attuale débacle mediatica della Chiesa cattolica minaccia di sfociare in una débacle morale. Il problema morale della Chiesa non è né l’abuso sui bambini in quanto tale e neppure le forme di punizione che ci appaiono oggi in parte barbariche e che non sono affatto tipiche della Chiesa. Ma è la sua incapacità a riconoscere le proprie strutture patogene e le conseguenze delle sue coperture clericali. La sua incapacità a mettere in discussione tutto ciò e a trarne delle conseguenze pratiche.
Molte cose dipenderebbero da strutture ecclesiali obsolete e vecchie concezioni che la Chiesa ha di sé, i cui presupposti risalgono all’alto medioevo e che non hanno ancora superato lo spirito dell’assolutismo. La competenza universale del papa e dei vescovi, che nessuno può controllare, ha perso da tempo la sua utilità organizzativa e, con il crescente inserimento in rete della Chiesa mondiale, la mancanza di un ordinato sistema di governo in Vaticano diventa sempre più irritante.
La mancanza di organismi di governo e la rispettiva disciplina diventa tanto più grave quanto più complessi sono i compiti della Chiesa a livello mondiale. La crisi di fiducia verso la Chiesa cattolica non riguarda tanto il suo personale, che probabilmente nella storia non è mai stato più qualificato, né forse più competente in fatto di morale. Riguarda la Chiesa come istituzione sociale, il suo centralismo, la sua monocratica concezione di sé, la mentalità clericale, l’inefficienza della sua organizzazione ancora cortigiana e la mancanza di una certezza del diritto e di un comportamento corretto di fronte a sviluppi conflittuali.
All’origine dell’attuale indignazione per gli abusi su bambini e adolescenti che quasi quotidianamente viene alimentata da nuove rivelazioni c’è stata una lettera coraggiosa dell’attuale rettore del Collegio Canisius di Berlino, padre Klaus Mertes SJ, agli ex allievi del collegio, nella quale si riconoscevano “degli abusi (sessuali) non isolati, ma sistematici e durati anni”, da parte di due confratelli che vi lavoravano come insegnanti, su allievi del collegio. Alcuni giorni dopo, il provinciale della provincia tedesca dei gesuiti, Stefan Dartmann, ha pubblicato una relazione su ulteriori casi di abuso in istituti diretti da gesuiti in Germania e all’estero. In questo modo era stato dato avvio ad un’azione che presto ha obbligato altri istituti cattolici, ma anche laici ed evangelici, ad occuparsi pubblicamente delle pratiche di abusi su bambini, di tipo sessuale od altro.
È stato come se il balzo in avanti dei gesuiti avesse rimosso molteplici ostacoli a riconoscersi in esperienze penali dello stesso tipo e a discuterne. Anche famosi pedagoghi sono stati sospettati di connivenza come le autorità della Chiesa. Gli episodi tedeschi sono stati subito messi in relazione con quelli dell’Irlanda e degli Stati Uniti, però a quel punto si sono focalizzati sulla Chiesa cattolica. Questi attacchi molto ampi e in qualche occasione anche scurrili contro la Chiesa cattolica romana possono diventare salutari?
Chi conosce anche solo un poco la storia della Chiesa cattolica romana sa che la storia del papato e in particolare della sua corte romana è attribuibile alla Chiesa dei peccatori piuttosto che a quella della sua pretesa santità. Lo storico Leopold von Ranke definì nel 19° secolo lo stato del Vaticano come la più arretrata delle comunità politiche. E per molti principati religiosi le cose non andavano meglio. La Chiesa dovrebbe essere riconoscente a Napoleone e a Garibaldi per averla liberata da impegni secolari.
Dopo la perdita del potere temporale la Chiesa ha cercato di intensificare il suo potere morale sulle anime dei credenti, cosa che le è riuscita fintanto che altre prospettive ideologiche sono rimaste al di fuori dell’orizzonte dei fedeli. Contemporaneamente però la Chiesa ha rafforzato la sua autorità morale con un orientamento più fortemente spirituale. Da quando il Concilio Vaticano II ha aperto la Chiesa al mondo, il papa è diventato un’autorità morale a livello mondiale.
Dal punto di vista storico però non sono mai stati i rappresentanti della gerarchia ecclesiastica ad incarnare la forza morale del cristianesimo, ma sono stati prima i martiri e poi gli ordini religiosi. Nonostante tutti i deficit presenti anche qui, essi restavano fedeli al modello di perfezione cristiana in povertà, castità e obbedienza e diventavano così per i laici una concreta e quotidiana esortazione.
La Chiesa cattolica, a partire soprattutto dalla controriforma, era organizzata in una struttura duale di diocesi ed ordini religiosi indipendenti, che ha contribuito in larga misura alla sua vitalità. Invece il Concilio Vaticano II ha trattato gli ordini in modo matrignesco; non per niente è entrato nella storia della Chiesa come “concilio dei vescovi”.
Gli ordini religiosi hanno perso autonomia, e i vescovi si sono sottomessi alle esigenze di perfezione cristiana. Questa è effettivamente una pretesa eccessiva, di cui alla lunga non tutti sono all’altezza; ma su questo vengono valutati in un’epoca in cui si esige corrispondenza tra parole e fatti.
Ora in Germania un ordine religioso si è di nuovo messo in evidenza. I gesuiti sono stati i primi e sono rimasti anche gli unici ad aver reso pubblici di propria iniziativa gli abusi sessuali su bambini nei propri istituti. Non è stato necessario spingerli a farlo. Ciò che hanno messo in moto si spera che sensibilizzi in maniera durevole sia la coscienza pubblica che quella della Chiesa. Gli scandali pubblici - ringraziando i media - hanno il potere di lasciare un’impronta sulla memoria collettiva, se hanno un peso dal punto di vista morale. Si può sperare che il bubbone sia ormai scoppiato, almeno in Germania.
L’autore è professore emerito di politica sociale e sociologia all’università di Bielefeld.
Originario di Zurigo, ha partecipato alla fondazione dell’università di Bielefeld. Si è occupato, oltre che di storia e teoria della politica sociale, anche di sociologia familiare e religiosa.
Angela Merkel affronta il dossier pedofilia
di Marion Van Renterghem
in “Le Monde” del 25 aprile 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)
Hanno più di 45 anni e ci hanno messo molto tempo a riuscire a parlarne senza troppa vergogna: Marcello Moschetti e Mathias Bubel, vittime di preti gesuiti pedofili quando erano al Canisius Kolleg di Berlino, non erano invitati alla tavola rotonda organizzata nella capitale tedesca, venerdì 23 aprile, per lottare contro gli abusi sessuali su minorenni.
Con altre persone venute individualmente o in piccoli gruppi, si sono accontentati di assistere in silenzio alla conferenza stampa che è seguita. E senza fare troppo rumore, come per una antica, radicata abitudine, si sono rassegnati a questa constatazione:”Sono stati invitati i colpevoli, non le vittime.”
Questa tavola rotonda, la prima del suo genere, è stata posta sotto l’egida dei ministeri tedeschi della famiglia, della giustizia e dell’istruzione. Ha riunito sessantuno esperti per tre ore: dei rappresentanti della Chiesa cattolica e e di quella protestante, tra cui il vescovo di Treviri, Stephan Ackermann; dei pediatri, dei giuristi, dei portavoce dei collegi evangelici, della federazione degli psichiatri, delle famiglie tedesche, del diritto dei bambini, delle associazioni sportive, ecc. Da parte politica: i ministri federali della famiglia, della giustizia e dell’istruzione; dei ministri dei Länder e dei deputati di tutti i partiti parlamentari.
Dall’autunno 2009 e come in altri paesi, la Germania è scossa da rivelazioni a catena su vecchi casi di pedofilia, in istituti cattolici essenzialmente, ma anche laici e protestanti. Molti casi sono stati individuati nel coro di Ratisbona all’epoca in cui era diretto da Georg Ratzinger, fratello di papa Benedetto XVI.
Invitando gli esperti a riflettere insieme, il governo di Angela Merkel vuole far uscire la Chiesa dal suo isolamento e affrontare il problema della pedofilia a tutti i livelli della società. “Una gran parte dei fatti che osserviamo sono prescritti, ma per la responsabilità non c’è prescrizione”, ha dichiarato la giovane ministra democristiana della famiglia, Kristina Schröder.
Spezzare i tabù
Gli esperti si riuniranno in gruppi di lavoro. Un primo rapporto provvisorio dovrà essere presentato entro la fine dell’anno. La possibilità di allungare i termini di prescrizione sarà una delle priorità da studiare. Alle vittime sono stati promessi degli indennizzi. Sul tavolo c’è anche il problema della prevenzione.
L’obiettivo è spezzare i tabù che coprono gli abusi sessuali su minorenni. La Chiesa, ma anche gli istituti scolastici o le associazioni implicate, dovranno rispondere della loro responsabilità. “Stiamo iniziando una grande missione”, ha detto la ministra della giustizia, Sabine Leutheusser- Schnarrenberger.
La Chiesa cattolica tedesca attraversa una crisi senza precedenti. Oltre alla rivelazione degli abusi sessuali, il vescovo di Augusta, Mons. Walter Mixa, ha presentato le dimissioni mercoledì 21 aprile, dopo essere stato accusato di aver picchiato degli ex allievi di un orfanatrofio cattolico. Secondo un sondaggio pubblicato venerdì sul tabloid Bild, due cattolici tedeschi su tre ritengono che i casi rivelati di abusi sessuali macchieranno in modo permanente l’immagine della loro Chiesa.
Quasi un quarto (il 23%) dice di aver pensato in questi ultimi tempi di lasciare la Chiesa, che, secondo l’inchiesta, dovrà forse affrontare una perdita di migliaia di fedeli. Una linea telefonica destinata esclusivamente agli abusi sessuali è stata attivata dalla Chiesa cattolica tedesca all’inizio di aprile. È sovraccarica.
Sondaggi amari
Dopo lo scandalo solo il 39% si fida del pontefice. Si teme una fuga di fedeli
Sullo Spiegel duro commento: «Di quanta autorità gode ancora Benedetto XVI?»
Chiesa tedesca, crolla la fiducia
Evocate le dimissioni del Papa
Scoppiato in Germania due settimane fa, lo scandalo pedofilia ha avuto l’effetto di un
terremoto sulla Chiesa tedesca. La fiducia nel pontefice è in caduta libera. Lo Spiegel: quando è, per un Papa, tempo di dimissioni?
di Gherardo Ugolini (l’Unità, 27.03.2010)
«Quand’è per un Papa il momento di dare le dimissioni? Di quanta autorità gode ancora Benedetto XVI?». Le domande riecheggiano in un indignato commento del settimanale Der Spiegel, pubblicato nell’edizione online. Nel pezzo, intitolato «Signore, perdona la sua pazienza», si fa soprattutto riferimento alle responsabilità di Joseph Ratzinger negli anni in cui guidava la Congregazione per la dottrina della fede (1981-1996). «Nessuno nella Chiesa era informato più di lui sulla reale estensione degli abusi sessuali» scrive il settimanale di Amburgo.
IL TERREMOTO
E così dagli USA e dall’Irlanda le accuse che coinvolgono direttamente il Pontefice rimbalzano in Germania, nella nazione in cui Ratzinger è nato ha intrapreso la carriera ecclesiastica. Nessuno poteva immaginare un paio di mesi fa, quando cominciarono a trapelare sui quotidiani di Berlino le prime notizie circa abusi su minori compiuti negli anni ’80 in una prestigiosa scuola di gesuiti, che si sarebbe arrivati a questo punto: la richiesta a mezzo stampa di dimissioni del Papa. Lo scandalo si è allargato a macchia d’olio nell’arco di po- che settimane. La lettera aperta con cui il rettore del liceo Canisius invitava gli ex allievi a raccontare ciò che sapevano ha funzionato come un detonatore catartico. L’ondata di testimonianze ha travolto il mondo delle istituzioni educative cattoliche.
TUTTI I CASI
Dal Canisius di Berlino all’Aloisius di Bad Godesberg, passando per vari istituti di Amburgo, Monaco, Hildesheim, abbazie come quella di Ettal in Baviera. Clamoroso è stato il caso della scuola dei giovani cantori di Ratisbona per il coinvolgimento diretto di Georg Ratzinger, fratello maggiore del pontefice e per decenni direttore musicale del coro. Il bilancio, certo non definitivo, ammonta a oltre 250 vittime che finora hanno denunciato di aver subito abusi sessuali da bambini all’interno di scuole cattoliche.
FEDELI SOTTO CHOC
Le accuse di omertà e i nsabbiamento, quando non di complicità, fanno emergere forti malumori nel variegato mondo del cattolicesimo tedesco. Sono lontanissimi i tempi in cui l’elezione di Ratzinger a Papa veniva salutata trionfalmente sulla colonne della Bild col titolo «Noi siamo Papa», che ricalcava lo slogan «Noi siamo il popolo» gridato nelle piazze all’epoca della riunificazione e suggeriva un’identificazione tra l’intera nazione tedesca e il nuovo pontefice. Oggi il rapporto di fiducia tra i tedeschi e le istituzioni ecclesiastiche è in caduta libera. Un sondaggio dell’istituto Forsa dice che solo il 24% dei cittadini si fida di Benedetto XVI e appena il 17% della Chiesa cattolica, con un crollo drammatico consumatosi nelle ultime due settimane. Il quadro risulta ancora più allarmante se si considerano solo i cattolici: tra di loro la fiducia nel Papa è passata dal 62% di fine gennaio al 39%, mentre quella verso la Chiesa è scesa dal 56% al 34%.
Sarà poi interessante verificare la ricaduta che lo scandalo pedofilia avrà sul fenomeno della fuga dei fedeli dalla comunità religiosa, un trend che per altro è già in atto da un po’ di tempo.
Lo scorso anno 120mila cattolici tedeschi hanno deciso di abbandonare la Chiesa, e tutti gli osservatori concordano nella previsione che nel corso del 2010 i transfughi saranno molti di più. La fuga dei fedeli ha risvolti importanti anche sul piano economico, visto il sistema di finanziamento delle confessioni religiose diverso da quello italiano. In Germania non si dirotta l’otto per mille alla Chiesa indicata, ma chi si dichiara appartenente ad una confessione religiosa paga extra una «tassa per la Chiesa», pari all’otto per cento in più delle tasse. Meno fedeli significa quindi automaticamente meno soldi.
Germania, sugli abusi accuse al Papa
di Andrea Tarquini (la Repubblica, 9 marzo 2010)
Sale ancora, con un’escalation che segna un salto di qualità decisivo, il tono dello scontro tra il governo tedesco e la Chiesa cattolica sulle accuse di abusi sessuali, violenze e percosse nelle istituzioni religiose. Ieri, per la prima volta un’esponente del governo di centrodestra guidato da Angela Merkel, la ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ha in sostanza chiamato in causa di persona papa Benedetto XVI. Da anni, ha detto, la Chiesa ha istituito un muro di silenzio; e la decisione risale a una direttiva emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2001. Quando cioè a guidarla era il cardinale Joseph Ratzinger, l’attuale pontefice.
Il Vaticano, ha detto intervistata dalla radio pubblica tedesca la signora Leutheusser- Schnarrenberger (dirigente del partito liberale Fdp, partner di governo della Cdu-Csu della Cancelliera Angela Merkel), da anni ha fatto regnare un muro di silenzio e così di fatto ha ostacolato le inchieste sugli episodi avvenuti all’interno delle istituzioni ecclesiastiche. La decisione, ha aggiunto in sostanza la ministro, fu presa con una disposizione ad altissimo livello. Cioè una direttiva emanata appunto nel 2001 dalla Congregazione per la dottrina della fede. Il documento, ha accusato la guardasigilli, chiedeva di non divulgare all’esterno della chiesa le notizie sugli abusi.
Il clima è pesante, la Cancelliera Merkel in persona si è sforzata di smorzare i toni dicendosi «molto soddisfatta» dei segni che la Chiesa «prende estremamente sul serio il problema». Ma la titolare della Giustizia esprime una linea più dura. «Abusi così gravi - ha continuato - in base a quella direttiva sono dunque sottomessi alla confidenzialità del Papa, e non devono essere divulgati all’esterno della Chiesa... Vi vedo un segno che la Chiesa, in caso di abusi sessuali, esamina i casi presunti o reali come un affare interno, e suggerisce ai presunti colpevoli di autodenunciarsi».
L’accusa è gravissima, e pare lanciata contro l’operato in quegli anni dell’attuale pontefice. Monsignor Stephan Ackermann, vescovo di Treviri, incaricato dalla conferenza episcopale di condurre l’inchiesta sugli abusi, ha subito replicato: «Non è vero - ha detto - nella pratica la Chiesa chiede sempre l’intervento della magistratura».
Dopo aver lanciato la sua accusa, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger ha reiterato la sua proposta di una Tavola rotonda. L’incontro si terrà il 23 aprile. Sarà opportuno, ha suggerito la ministro, discutere in quell’occasione di adeguati risarcimenti alle vittime delle violenze. Richiesta finora respinta dalla Chiesa.
Ma ormai il Santo Padre è chiamato in causa. «Egli era vescovo di Monaco e Frisinga dal 1977 al 1982», sottolinea Christian Weisner, del movimento dei cattolici dissidenti "Wir sind Kirche" (Noi siamo la Chiesa), «e sarebbe giusto sapere se era al corrente dei fatti e come reagì». La visita in Vaticano del presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, si prepara in un clima sempre più difficile e acceso.
Il religioso in una lettera ai genitori: "Episodi di pedofilia negli anni 50"
Il fratello di Benedetto XVI: "Non sono a conoscenza di nessun caso"
Ratisbona, l’arcivescovo: "Abusi nel coro
che fu diretto dal fratello del Papa"
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI *
BERLINO - Gravissima nuova rivelazione nello scandalo degli abusi sessuali su minorenni nelle scuole religiose tedesche. Casi di abusi sessuali si sarebbero verificati, a lungo in passato, a Ratisbona, nel celebre coro di voci bianche, anche nel lungo periodo in cui padre Georg Ratzinger, cioè il fratello di papa Benedetto XVI, ne era il direttore. Secondo l’agenzia France Presse è quanto l’attuale vescovo di Ratisbona, monsignor Ludwig Mueller, scrive in una "lettera ai genitori" pubblicata sul suo sito. Georg Ratzinger ha affermato oggi di "non essere a conoscenza" di casi di abusi sessuali. Lo ha lo dello stesso Ratzinger alla radio bavarese Bayerischen Rundfunk, secondo quanto scrive l’agenzia stampa tedesca Dpa.
La rivelazione è allarmante. Arriva dopo che la Conferenza episcopale tedesca ha incaricato il vescovo di Treviri, monsignor Stephan Ackermann, di aprire una sistematica inchiesta nei ranghi della Chiesa stessa e delle scuole religiose per fare luce con tolleranza zero su ogni caso di abuso e molestia sessuale.
Gli abusi sessuali su minorenni membri del coro, che gode di fama mondiale, sarebbero avvenuti secondo le fonti ecclesiastiche dal 1958 al 1973. Padre Georg Ratzinger fu direttore del Coro dal 1964 al 1993. Secondo il vescovo Mueller, come lo cita la Afp, a suo tempo l’allora direttore dell’internato che ospita i giovani coristi fu scoperto, confessò e fu condannato. Nel frattempo egli è morto. Ma dopo le nuove rivelazioni, l’arcivescovato di Ratisbona promette di fare di tutto per chiarire il gravissimo caso.
In Germania si è cominciato a parlare di abusi sessuali su minorenni nelle scuole cattoliche, soprattutto quelle dirette dai gesuiti, da quando alcune settimane fa - dopo aver taciuto per decenni per vergogna - molti ex allievi del prestigioso ginnasio cattolico Canisius di Berlino hanno denunciato abusi ai loro danni. I casi, secondo le prime inchieste condotte dalla Chiesa stessa, sono stati forse 120, forse anche di più e hanno coinvolto diverse scuole religiose in tutto il paese. © Riproduzione riservata
* la Repubblica, 05 marzo 2010
Il fratello del Papa sulla vicenda di abusi sugli ex ragazzi del Coro dei Passeri
"Avevo saputo che il rettore del convitto li picchiava sistematicamente"
Ratisbona, padre Ratzinger si scusa
"Anch’io talvolta li ho picchiati"
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI *
BERLINO - Padre Georg Ratzinger, il fratello maggiore di Papa Benedetto XVI, si è scusato con gli ex ragazzi del Coro dei Passeri del Duomo di Ratisbona per le percosse e gli abusi subìti in passato. E rivela due fatti per la prima volta: che egli stesso qualche volta ha dato ceffoni ai bimbi del Coro. E che dai suoi piccoli coristi aveva saputo che il rettore dell’Internat, il convitto in cui i ragazzi vivevano, li picchiava sistematicamente, con durezza e spesso persino senza alcun motivo che potesse spingerlo a decidere una punizione.
Il fratello del Pontefice ha fornito queste rivelazioni un una lunga intervista uscita stamane sulla Passauer Neue Presse, il quotidiano conservatore e cattolico bavarese, molto vicino alla Chiesa e alla Csu (Unione cristiano-sociale, il partito cattolico-arciconservatore al potere in Baviera). Le sue risposte offrono nuovi, pesanti dettagli sul clima di violenza e paura nelle istituzioni cattoliche, e inaspriscono di fatto il clima, a pochi giorni dall’incontro in Vaticano tra il Papa e il presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zollitsch.
"Io ero felice a ogni prova del Coro", racconta padre Georg Ratzinger, "ma devo ammettere che spesso diventavo depresso, perché non raggiungevamo i risultati che volevo. E all’inizio io ho spesso distribuito schiaffi, anche se poi mi rimordeva la coscienza per averlo fatto". Egli aggiunge di non aver mai picchiato nessun ragazzo fino a procurargli lividi o lesioni.
Sempre nell’intervista alla Passauer Neue Presse, egli racconta che quando il Coro era in viaggi per concerti fuori sede, "i ragazzi mi hanno raccontato cosa succedeva al convitto". E quindi egli sapeva, come ammette, che il rettore, indicato in nome della privacy solo con l’iniziale M., "dava schiaffi molto violenti e anche che lo faceva per motivi molto futili". Ma il convitto era un’istituzione indipendente, quindi egli, come maestro del Coro, non aveva l’autorità di denunciarlo. E comunque non seppe mai di abusi sessuali, quindi di abusi sessuali non si parlò mai. In ogni caso "io fui molto felice, mi sentii sollevato quando nel 1980 furono vietate le punizioni corporali". "Anch’io, da piccolo, presi dei ceffoni", egli nota.
La situazione per la Chiesa cattolica si fa dunque sempre più difficile nel paese del Papa. Ieri la ministro della Giustizia tedesca, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ribadendo la richiesta di una urgente Tavola rotonda tra governo, istituzioni scolastiche e chiese sul problema di abusi sessuali e violenze, ha accusato il Vaticano di aver a lungo coperto i casi con un muro di silenzio. Un muro, ha sottolineato, che veniva da una direttiva emanata dalla Congregazione della dottrina della fede nel 2001, quando cioè la dirigeva l’allora cardinale Joseph Ratzinger. © Riproduzione riservata
* la Repubblica, 09 marzo 2010
Germania, allarme nelle scuole cattoliche
"Cento casi di abusi sessuali
già denunciati"
di Andrea Tarquini (la Repubblica, 17 febbraio 2010)
Lo scandalo degli abusi sessuali nelle scuole cattoliche tedesche si allarga ogni giorno. E la sua ombra minaccia di arrecare gravissimi danni alla fiducia nella Chiesa, proprio nel paese natale di Benedetto XVI. I casi di molestie e violenze di studenti da parte di insegnanti, religiosi, organisti dei ginnasi retti nella maggior parte dei casi da gesuiti sono sempre più numerosi: oltre un centinaio di vittime si sono decise a parlare, ma il numero complessivo potrebbe essere ancora più alto.
Dal 22 al 25 febbraio la conferenza episcopale tedesca si riunirà a Friburgo - l’arcidiocesi retta dallo stesso presidente dei vescovi monsignor Robert Zollitsch - e il grave caso sarà probabilmente il tema principale all’ordine del giorno.
Lo scandalo è emerso a fine gennaio, con le prime denunce, al prestigioso Canisius Kolleg di Berlino, una delle più esclusive scuole superiori della capitale. Negli anni Settanta e Ottanta, diversi giovani furono costretti con intimidazioni e ricatti a soggiacere alle voglie dei loro docenti e sacerdoti, o di organisti e musicisti della Chiesa. Si parlò di abusi nei sotterranei, di ragazzi invitati in camera da letto da preti in città o durante gite scolastichee costretti ad accarezzarli o ad assistere ai loro onanismi. Per decenni, la vergogna di anime spezzate ha celato il dolore delle vittime nel silenzio. Ma da quando i primi "ex" del Canisius hanno parlato, si è avviata una reazione a catena.
«I casi accertati in tutto il Paese sono oltre un centinaio», ha detto alla Sueddeutsche Zeitung la signora Ursula Raue, a cui l’ordine dei gesuiti ha affidato l’inchiesta. Il suo primo rapporto è atteso la prossima settimana, poi verrà un documento più approfondito, tra qualche mese. «Nuove vittime continuano a telefonare, bisogna verificare ogni caso, e quando alcuni degli ex studenti riferiscono che anche due o tre loro compagni di classe furono vittima di abusi il rigore dell’inchiesta impedisce di contare automaticamente queste seconde denunce». Ma ciò non esclude affatto che il numero totale delle persone colpite dalle violenze sessuali possa salire.
L’attuale rettore del Canisius, padre Klaus Mertes, è deciso a fare piena luce. Se è vero quanto hanno scritto nei giorni scorsi i media, però, c’è il sospetto atroce di passate complicità ad alto livello.
Almeno un ex rettore aveva denunciato confidenzialmente gli abusi ai suoi superiori nell’ordine, ma i casi non erano mai diventati pubblici. Maltrattamenti sessuali di studenti da parte di religiosi, sempre negli anni Settanta e Ottanta, sono avvenuti come è poi emerso anche in altre scuole cattoliche. Dallo Aloisius Kolleg presso Bonn, fino a istituti nell’Est.
Lo stesso Osservatore Romano ha affrontato lo scandalo tedesco. Ha pubblicato un articolo della Frankfurter Allgemeine. Il quale invita a evitare ogni frettolosa ostilità contro la Chiesa, perché «tutte le istituzioni per i giovani attirano persone desiderose di contatti illeciti con minorenni», ma sottolinea che «l’abuso sessuale su un minore da parte d’un sacerdote è un crimine ripugnante». E avverte che un colpo alla fiducia nella Chiesa può «distruggere la fiducia in Dio».
Die Zeit, Hamburg - n° 7/2010
Celibato e abuso sessuale
“La mia sessualità è una zona grigia“
Il celibato rende la Chiesa attraente per giovanotti che sessualmente sono enigmi per loro stessi. Se poi mancano di maturare essi sono più a rischio di commettere abusi.
http://www.zeit.de/2010/07/DOS-Missbrauch-Beistueck
(traduzione dal tedesco di José F. Padova)
Sulla sua scrivania c’è un libro dal titolo Nella profondità della cisterna: esperienze con la tristezza. Vicino a esso una bottiglia vuota di Cola Mix. Dalla poltrona girevole del terapeuta, comodamente imbottita, si vede un altare domestico con un’icona dorata di Gesù e la sedia del paziente. Nel corso dell’anno si sono qui seduti già a centinaia, parroci e membri di Ordini, diaconi ed educatori. Vicina al pavimento gorgoglia sommessamente una fontanella da camera a zampillo. Fra i sacerdoti in crisi d’identità l’uomo ha buona fama come esperto terapeuta, presso le menti critiche nella Chiesa egli ha valore di speranza, come sostenitore di una sessualità presa in considerazione in chiave teologica e quindi comprensiva della persona. Il celibato è responsabile dei numerosi casi di abuso nella Chiesa cattolica? Il terapeuta ne avrebbe molto da dire - eppure oggi preferisce tacere. La reputazione, l’istituzione, i superiori, si può capire tutto questo, prego. Un uomo nella profondità della sua cisterna.
Ma si deve comprendere? Si deve comprendere ciò che attualmente succede nella Chiesa? Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, arcivescovo Robert Zollitsch, che di sua iniziativa in un’intervista allo Spiegel si era impegnato a riconsiderare il celibato, proprio questa settimana si è rifiutato a un’intervista dello Spiegel sulla crisi più profonda della locale Chiesa cattolica nell’anno 2010: la reputazione, l’istituzione, i superiori, si può capire tutto questo, prego. L’Ordine dei Gesuiti promette una pronta delucidazione sui casi di abuso accaduti in quattro delle sue più eminenti scuole. E delega quindi gli accertamenti a una assistente sociale impegnata, ma in definitiva priva di influsso e di mezzi nella struttura ecclesiastica.
Come i preti diventano rei?
Il terapeuta presso la sua sorgente da camera, l’arcivescovo nella sua falsa prudenza, un’assistente sociale che dovrebbe mediare là dove si dovrebbe andare a indagare - è proprio il fallimento dei benpensanti, che è così tipico negli abusi sessuali: anch’essi hanno difficoltà ad abbordare la dimensione dell’ingiustizia. Tuttavia si deciderà, attraverso l’esame dei benpensanti e non degli perseveranti, se stavolta si otterrà finalmente il chiarimento.
Il problema numericamente più grave sono i criminali occasionali
Anche in Germania le circostanze hanno effetti a distanza, come negli USA, in Irlanda e in Australia: migliaia di casi con migliaia di delinquenti per molti secoli, coperti da una gerarchia che considera il suo silenzio come servizio divino alla Chiesa, il suo mettere a tacere come amor del prossimo, i colpevoli, i quali tutti erano anche colleghi. Può darsi che la dimensione della tragedia sia qui più limitata che negli Stati Uniti, può darsi che il cattolicesimo nella Repubblica Federale Tedesca sia stato meno caricato di quello spirito di repressione sessuale che favorisce l’abuso. Per tutto questo può anche esserci un altro motivo, del tutto semplice, perché molti dentro e fuori la Chiesa ritengono ancora l’inconcepibile come inimmaginabile: tanto che finora nessuno ha veramente guardato nel profondo.
Finora era diffusa una supposizione la cui attendibilità è pesantemente scossa dal recente scandalo: che l’abuso sessuale nella Chiesa cattolica si limiti a casi singoli. Al più tardi dopo le recenti notizie, nel clero, fra i fedeli nelle comunità, perfino fra i redattori di cose ecclesiastiche sulla stampa e nelle emittenti radiofoniche (in cui hanno sovente uno status ufficioso) concorrono due modi di vedere: il fenomeno degli abusi sessuali è periferico o centrale, è traviamento, degenerazione, caduta nell’inferno - o proviene dal centro della Chiesa e delle sue regole? È il celibato responsabile dell’abuso?
In questo scandalo è visibile in ogni caso e per prima cosa una sistematica che trae il suo orrore dalla connessione di fatti criminali, i quali precedentemente erano via via spiegati di preferenza come casi isolati. Con provvedimenti a catena, ben noti autori del reato sono stati spostati in sempre diverse scuole e istituti per giovani. Già ora l’attuale mappa della Germania degli abusi sessuali si può leggere come un documento della presa in giro originata dalla pretesa di una chiesa che vuole operare in ogni direzione: ci sono stati abusi al nord come al sud, a St. Angar ad Amburgo come a St. Blasien nella Foresta Nera, all’ovest come all’est, nel Collegio Aloisius a Bonn-Bad Godesberg come nel Collegio Canisius a Berlino. E questi sono soltanto i casi che sono venuti alla luce in un singolo Ordine durante dieci giorni.
Lo stimato psicologo e terapeuta Wunibald Müller in un suo saggio specialistico identifica il problema più grande sotto l’aspetto numerico nei delinquenti occasionali, non negli inguaribili autori di delitti sessuali. Riguardo agli scandali causati dalla sessualità di ecclesiastici travalicata nel crimine si potrebbe ritenere che gli sforzi di Müller si dirigano nell’innalzare i muri del celibato. Eppure più repressione non darebbe maggior sicurezza, ritiene il direttore della Recollectio-Haus, che fa parte dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach. Baciare è pregare, si intitola uno dei suoi libri, uscito dalla Casa editrice cattolica Matthias-Grünewald con il sottotitolo Sessualità come fonte di spiritualità. Müller si dichiara favorevole a lasciare ai preti la scelta di voler vivere nel celibato. Fino a quando però il celibato ha valore vincolante, Müller si applica ad aiutare i preti nel mantenere il loro impegno al celibato. Si potrebbe dire che insegna ai preti a servirsi delal propria sessualità. «Chi fa diventare sessualità e spiritualità nemici», dice uno dei suoi teoremi, «dilania il cuore delle persone». E le anime dilaniate si perdono facilmente.
Proprio i giovani candidati al sacerdozio si distinguono per una intensa problematica nella delimitazione di quanto attiene alla sessualità, ha osservato Franz Joseph Baur, che come reggente guida il seminario di Monaco di Baviera. «Le idee sul celibato sono spesso giovanili, immature», dice Baur circa la sua esperienza con gli aspiranti seminaristi, «tutto ciò deve poi essere rielaborato». Per qualcuno dei suoi collegiali egli auspica un poco più benevolenza verso sé stessi. Chi oggi decide di vivere da celibe è fin dall’inizio isolato in un mondo carico di implicazioni sessuali - nel seminario ecclesiastico gravano sovente i superzelanti, per i quali il sesso ha il valore di cosa diabolica.
Il prete deve mettersi a disposizione di dio mediante la rinuncia
In questo campo si tratta delle contraddizioni della rinuncia sessuale, che può tutt’al più osservare chi è cosciente della propria sessualità. spiriti illuminati come Müller e Baur perciò predicano il celibato non come un esercizio di rimozione, ma come una forma esigente di vivere la sessualità. chi prende il sesso così seriamente da vietarne completamente la sua pratica - questa l’opinione - deve essere particolarmente bene informato al suo proposito. E qui hanno inizio i problemi.
L’idea del celibato come una forma molto particolare della autorealizzazione sessuale non è facile da fissare in una chiesa che per tradizione considera con diffidenza tutto ciò che è corporale. Oltre a ciò Müller distingue fra sessualità genitale, dalla quale un prete deve astenersi, e sessualità emozionale. Se un prete rinuncia a vivere una parte essenziale della propria persona, ovvero la sesualità genitale, egli ha - questo è l’ideale - sufficiente forza a disposizione per la sessualità emozionale. Qui si incontrano le dimensioni teologica e terapeutica: il sacerdote deve rendersi disponibile in misura più intensa per il suo rapporto con Dio e la sua comunità mediante la rinuncia a un matrimonio. La vita nel celibato potrebbe essere «libera e avventurosa» se la sessualità umana si rivela più astuta di quanto i suoi domatori prevedono? E se non si lascia incanalare?
«My sexuality is a grey area», dichiarò nel 1995 l’arcivescovo anglicano di York in Inghilterra, che viveva celibe, quando fu sospettato di essere gay: la sua sessualità era una zona grigia. Si trattava di una disarmante e leale risposta sull’ignoranza circa il proprio orientamento.
E proprio questi preti «grigi» sono il problema. Tanto poco il celibato attira i palesi criminali sessuali (in ogni caso non vi sono cifre che lo documentino), tanto attraente lo è per giovani maschi che sono un enigma sessuale per loro stessi. Sotto il tetto della Chiesa, così non pochi sperano, potrebbero levarsi di dosso il pesante tema dei loro disturbi dello sviluppo e ottenere consenso, status sociale e uno stipendio fisso contro l’intenzione dell’astinenza sessuale. Quindi il proposito sottovaluta la forza della propria sessualità. se mancano istruttori illuminati come il direttore di seminario ecclesiastico Franz Joseph Baur o istituzioni come la Recollectio-Haus di Müller - i preti «grigi» perdono la chance di maturare - rapidamente la questione diventa critica. Chi è sessualmente immaturo - e lo rimane - è maggiormente in pericolo di diventare delinquente sessuale. Un celibato malinteso trova corresponsabilità nell’abuso. E il celibato è abbastanza facile da essere frainteso.
Offensiva papale sui preti pedofili
Dopo l’ultimo scandalo, in Germania, Ratzinger corre ai ripari
Per decenni la regola era l’insabbiamento
di Marco Politi (il Fatto, 25.02.2010)
È il cancro nascosto nel corpo della Chiesa. Migliaia e migliaia di casi di pedofilia, un rosario di violenze dal Brasile agli Usa, dall’Australia, all’Irlanda. L’Italia, con 80 casi segnalati, non è immune. L’ultimo scandalo è scoppiato in Germania, dove si parla di circa 120 vittime abusate tra gli anni 70 e 80 in un prestigioso liceo di gesuiti a Berlino e poi in altri istituti di Amburgo, Hannover, Gottinga, Hildesheim e nel famoso collegio Aloisius di Bad Godesberg. Il presidente della conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zoellitsch, si è detto “sconvolto” e ha rivolto le scuse della Chiesa ai giovani rimasti vittime di un “crimine ripugnante”. Ma, cosa più importante, il prelato ha preannunciato che la Chiesa denuncerà alla magistratura i colpevoli.
L’orrendo rituale è ovunque lo stesso: un lento gioco di seduzione da parte del religioso che finisce per soggiogare la vittima, quando non scatta l’aggressione improvvisa. Un abuso di fiducia - oltre che del corpo predato - compiuto da chi al riparo dell’abito sacro avrebbe dovuto proteggere e anzi “elevare spiritualmente” i minori affidatigli. A Bad Godesberg s’è ripetuto quanto accaduto altrove. Chi è stato violentato dal sacerdote-educatore e chi ne è diventato il giocattolo, chi è stato costretto a masturbarsi sotto gli occhi di un religioso e chi spinto ad accarezzarlo per dargli eccitazione. Con danni psicologici indelebili.
Il bubbone è veramente scoppiato, quando negli Usa sono state lanciate azioni collettive di risarcimento. La diocesi di Boston ha versato 85 milioni di dollari a oltre 500 vittime. Quella di Los Angeles ha pagato 660 milioni di dollari per un numero altrettanto elevato. Nei processi di Boston, chiusi con un patteggiamento nel 2003, era emersa l’altra dimensione della grande vergogna: la tendenza dei vescovi (a Boston il cardinale Law) a spostare di parrocchia in parrocchia i preti colpevoli, sperando che si quietassero. Tipico il caso del reverendo John Geoghan, responsabile di un centinaio di abusi compiuti durante le sue trasferte e poi finito strangolato in carcere da un altro detenuto.
Ancor oggi troppi vescovi, che non sono intervenuti con determinazione, restano al loro posto. Il cardinal Law ha lasciato Boston, ma ora presiede a Roma alla basilica di Santa Maria Maggiore: uno scandalo per molti cattolici Usa. La svolta ai vertici della Chiesa cattolica avviene sul volgere del millennio.
I vescovi statunitensi scelgono la linea della tolleranza zero e papa Wojtyla leva la sua voce contro i preti “traditori”. È il momento in cui si incrina la metodologia di assoluta “segretezza” (durante i procedimenti ecclesiastici e persino dopo l’individuazione dei colpevoli) propugnata da un documento dell’ex Sant’Uffizio risalente al 1962. Il testo, Crimen Sollicitationis, esige il segreto totale - pena la scomunica - dalle autorità ecclesiastiche implicate nei procedimenti e, ancora peggio, il “perpetuo riserbo” anche dopo l’eventuale sentenza. È un sistema che penalizza le vittime, costrette a umilianti attese solo per farsi ascoltare.
Il vento cambia nel 2001 con un nuovo documento elaborato dall’allora cardinale Ratzinger. La Santa Sede sposta i tempi della prescrizione decennale, facendola scattare (in modo più garantista) non dal momento del crimine, ma dalla maggiore età della vittima. Ogni fatto va poi segnalato immediatamente alla Congregazione per la dottrina della fede, mentre l’indicazione che viene dal Vaticano è di allontanare subito i sospetti dal contatto con l’ambiente giovanile.
Ratzinger è stato accusato in passato d’avere gestito burocraticamente la linea della “segretezza”, derivante dal documento Crimen Sollicitationis. Certo è che da pontefice Benedetto XVI ha iniziato sistematicamente un mutamento di strategia, tendendo a maggiore trasparenza, maggiore attenzione alle vittime, maggiore rigore e - ciò che rappresenta una rivoluzione rispetto al passato - esortando le autorità ecclesiastiche a deferire alla magistratura i colpevoli.
Poco dopo la sua elezione ha dato l’esempio, decretando che il capo dei Legionari di Cristo, il padre Maciel (accusato di ripetuti abusi, ma il cui dossier era stato insabbiato per anni) fosse costretto a ritirarsi in una “vita di penitenza, rinunciando a ogni ministero pubblico”. Nei suoi viaggi negli Usa e in Australia nel 2008 s’è incontrato con rappresentanze di vittime e ha dettato il percorso da seguire. “Mi vergogno”, ha detto recandosi in America. E a più riprese ha chiarito che per i preti pedofili “non c’è posto nella Chiesa”.
Nei fatti si sono ancora verificate nel passato recente molte resistenze, in vari paesi, a intervenire immediatamente e senza remore contro i preti-predatori. In Irlanda il rapporto del giudice Yvonne Murphy ha accusato ben 4 vescovi di avere negletto la “protezione di bambini indifesi" anteponendo la “reputazione della Chiesa”. Con casi raccapriccianti: come quel prete che ha ammesso di avere abusato di cento bambini e un altro che approfittava di un minore diverso ogni due settimane. Ecco perché la Lettera che Benedetto XVI trasmetterà fra breve all’episcopato d’Irlanda avrà il carattere di un documento d’indirizzo per la Chiesa universale. Il primo testo solenne sulla pedofilia di un pontefice dell’era contemporanea.
INTERVISTA
Il «pm» vaticano: «Chiesa rigorosa sulla pedofilia»
Monsignor Charles J. Scicluna è il «promotore di giustizia» della Congregazione per la Dottrina della fede.
di Gianni Cardinale (Avvenire, 13 Marzo 2010)
In pratica si tratta del pubblico ministero del tribunale dell’ex sant’Uffizio, che ha il compito di indagare sui cosiddetti delicta graviora i delitti che la Chiesa cattolica considera i più gravi in assoluto: e cioè quelli contro l’Eucaristia, quelli contro la santità del sacramento della penitenza e il delitto contro il sesto comandamento («non commettere atti impuri») di un chierico con un minore di diciotto anni. Delitti che un motu proprio del 2001, Sacramentorum sanctitatis tutela, ha riservato, come competenza, alla Congregazione per la dottrina della fede.
Di fatto è il «promotore di giustizia» ad avere a che fare, tra l’altro, con la terribile questione dei sacerdoti accusati di pedofilia periodicamente alla ribalta sui mass media. E monsignor Scicluna, un maltese affabile e gentile nei modi, ha la fama di adempiere il compito affidatogli con il massimo scrupolo, senza guardare in faccia a nessuno.
Monsignore, lei ha la fama di essere un "duro", eppure la Chiesa cattolica viene sistematicamente accusata di essere accomodante nei confronti dei cosiddetti "preti pedofili".
Può essere che in passato, forse anche per un malinteso senso di difesa del buon nome dell’istituzione, alcuni vescovi, nella prassi, siano stati troppo indulgenti verso questi tristissimi fenomeni. Nella prassi dico, perché sul piano dei principi la condanna per questa tipologia di delitti è stata sempre ferma e inequivocabile. Per rimanere al secolo scorso basta ricordare l’ormai celebre istruzione Crimen Sollicitationis del 1922...
Ma non era del 1962?
No, la prima edizione risale al pontificato di Pio XI. Poi con il beato Giovanni XXIII il Sant’Uffizio ne curò una nuova edizione per i Padri conciliari, ma ne vennero fatte solo duemila copie e non bastarono per la distribuzione che fu rinviata sine die. Si trattava comunque di norme procedurali da seguire nei casi di sollecitazione in confessione e di altri delitti più gravi a sfondo sessuale come l’abuso sessuale di minori ...
Norme che raccomandavano però il segreto...
Una cattiva traduzione in inglese di questo testo ha fatto pensare che la Santa Sede imponesse il segreto per occultare i fatti. Ma non era così. Il segreto istruttorio serviva per proteggere la buona fama di tutte le persone coinvolte, prima di tutto le stesse vittime, e poi i chierici accusati, che hanno diritto - come chiunque - alla presunzione di innocenza fino a prova contraria. Alla Chiesa non piace la giustizia spettacolo. La normativa sugli abusi sessuali non è stata mai intesa come divieto di denuncia alle autorità civili.
Quel documento però viene periodicamente rievocato per accusare l’attuale Pontefice di essere stato - in qualità di prefetto dell’ex Sant’Uffizio - il responsabile oggettivo di una politica di occultamento dei fatti da parte della Santa Sede...
Si tratta di un’accusa falsa e calunniosa. A questo proposito mi permetto di segnalare alcuni fatti. Tra il 1975 e il 1985 mi risulta che nessuna segnalazione di casi di pedofilia da parte di chierici sia arrivata all’attenzione della nostra Congregazione. Comunque dopo la promulgazione del Codice di diritto canonico del 1983 c’è stato un periodo di incertezza sull’elenco dei delicta graviora riservati alla competenza di questo dicastero. Solo col motu proprio del 2001 il delitto di pedofilia è ritornato alla nostra competenza esclusiva. E da quel momento il cardinale Ratzinger ha mostrato saggezza e fermezza nel gestire questi casi. Di più. Ha mostrato anche grande coraggio nell’affrontare alcuni casi molto difficili e spinosi, sine acceptione personarum (cioé senza riguardi per nessuno ndr). Quindi accusare l’attuale Pontefice di occultamento è, ripeto, falso e calunnioso.
Nel caso che un sacerdote sia accusato di un delictum gravius, cosa succede?
Se l’accusa è verosimile il vescovo ha l’obbligo di investigare sia l’attendibilità della denuncia che l’oggetto stesso della medesima. E se l’esito di questa indagine previa è attendibile non ha più potere di disporre della materia e deve riferire il caso alla nostra Congregazione, dove viene trattato dall’ufficio disciplinare.
Da chi è composto questo ufficio?
Oltre al sottoscritto, che essendo uno dei superiori del dicastero, si occupa anche di altre questioni, c’è un capo ufficio, padre Pedro Miguel Funes Diaz, sette ecclesiastici ed un penalista laico che seguono queste pratiche. Altri officiali della Congregazione prestano il loro prezioso contributo secondo le esigenze di lingua e di competenza.
Questo ufficio è stato accusato di lavorare poco e con lentezza...
Si tratta di rilievi ingiusti. Nel 2003 e 2004 c’è stata una valanga di casi che ha investito le nostre scrivanie. Molti dei quali venivano dagli Stati Uniti e riguardavano il passato. Negli ultimi anni, grazie a Dio, il fenomeno si è di gran lunga ridotto. E quindi adesso cerchiamo di trattare i casi nuovi in tempo reale.
Quanti ne avete trattato finora?
Complessivamente in questi ultimi nove anni (2001-2010) abbiamo valutato le accuse riguardanti circa tremila casi di sacerdoti diocesani e religiosi che si riferiscono a delitti commessi negli ultimi cinquanta anni.
Quindi di tremila casi di preti pedofili?
Non è corretto dire così. Possiamo dire che grosso modo nel 60% di questi casi si tratta più che altro di atti di efebofilia, cioè dovuti ad attrazione sessuale per adolescenti dello stesso sesso, in un altro 30% di rapporti eterosessuali e nel 10% di atti di vera e propria pedofilia, cioè determinati da una attrazione sessuale per bambini impuberi. I casi di preti accusati di pedofilia vera e propria sono quindi circa trecento in nove anni. Si tratta sempre di troppi casi - per carità! - ma bisogna riconoscere che il fenomeno non è così esteso come si vorrebbe far credere.
Tremila quindi gli accusati. Quanti i processati e condannati?
Intanto si può dire che un processo vero e proprio, penale o amministrativo, si è svolto nel 20% dei casi e normalmente è stato celebrato nelle diocesi di provenienza - sempre sotto la nostra supervisione - e solo rarissimamente qui a Roma. Facciamo così anche per una maggiore speditezza dell’iter. Nel 60% dei casi poi, soprattutto a motivo dell’età avanzata degli accusati, non c’è stato processo, ma, nei loro confronti, sono stati emanati dei provvedimenti amministrativi e disciplinari, come l’obbligo a non celebrare Messa coi fedeli, a non confessare, a condurre una vita ritirata e di preghiera. È bene ribadire che in questi casi, tra i quali ce ne sono alcuni particolarmente eclatanti di cui si sono occupati i media, non si tratta di assoluzioni. Certo non c’è stata una condanna formale, ma se si è obbligati al silenzio e alla preghiera qualche motivo ci sarà...
All’appello manca ancora il 20% dei casi...
Diciamo che in un 10% di casi, quelli particolarmente gravi e con prove schiaccianti, il Santo Padre si è assunto la dolorosa responsabilità di autorizzare un decreto di dimissione dallo stato clericale. Un provvedimento gravissimo, preso per via amministrativa, ma inevitabile. Nell’altro 10% dei casi poi, sono stati gli stessi chierici accusati a chiedere la dispensa dagli obblighi derivati dal sacerdozio. Che è stata prontamente accettata. Coinvolti in questi ultimi casi ci sono stati sacerdoti trovati in possesso di materiale pedopornografico e che per questo sono stati condannati dall’autorità civile.
Da dove vengono questi tremila casi?
Soprattutto dagli Stati Uniti che per gli anni 2003-2004 rappresentavano circa l’80% del totale di casi. Per il 2009 la percentuale statunitense è scesa a circa il 25% dei 223 nuovi casi segnalati da tutto il mondo. Negli ultimi anni (2007-2009), infatti, la media annuale dei casi segnalati alla Congregazione dal mondo è stata proprio di 250 casi. Molti paesi segnalano solo uno o due casi. Cresce quindi la diversità ed il numero dei paesi di provenienza dei casi ma il fenomeno è assai ridotto. Bisogna ricordare infatti che il numero complessivo di sacerdoti diocesani e religiosi nel mondo è di 400mila. Questo dato statistico non corrisponde alla percezione che si crea quando questi casi così tristi occupano le prime pagine dei giornali.
E dall’Italia?
Finora il fenomeno non sembra abbia dimensioni drammatiche, anche se ciò che mi preoccupa è una certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola. La Conferenza episcopale italiana (Cei) offre un ottimo servizio di consulenza tecnico-giuridica per i vescovi che devono trattare questi casi. Noto con grande soddisfazione un impegno sempre maggiore da parte dei vescovi italiani di fare chiarezza sui casi segnalati loro.
Lei diceva che i processi veri e propri riguardano circa il 20% dei circa tremila casi che avete esaminato negli ultimi nove anni. Sono finiti tutti con la condanna degli accusati?
Molti dei processi ormai celebrati sono finiti con una condanna dell’accusato. Ma non sono mancati quelli dove il sacerdote è stato dichiarato innocente o dove le accuse non sono state ritenute sufficientemente provate. In tutti i casi comunque si fa non solo lo studio sulla colpevolezza o meno del chierico accusato, ma anche il discernimento sull’idoneità dello stesso al ministero pubblico.
Un’accusa ricorrente fatta alle gerarchie ecclesiastiche è quella di non denunciare anche alle autorità civili i reati di pedofilia di cui vengono a conoscenza.
In alcuni Paesi di cultura giuridica anglosassone, ma anche in Francia, i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all’autorità giudiziaria. Si tratta di un dovere gravoso perché questi vescovi sono costretti a compiere un gesto paragonabile a quello compiuto da un genitore che denuncia un proprio figlio. Ciononostante, la nostra indicazione in questi casi è di rispettare la legge.
E nei casi in cui i vescovi non hanno questo obbligo per legge?
In questi casi noi non imponiamo ai vescovi di denunciare i propri sacerdoti, ma li incoraggiamo a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime. Inoltre li invitiamo a dare tutta l’assistenza spirituale, ma non solo spirituale, a queste vittime. In un recente caso riguardante un sacerdote condannato da un tribunale civile italiano, è stata proprio questa Congregazione a suggerire ai denunciatori, che si erano rivolti a noi per un processo canonico, di adire anche alle autorità civili nell’interesse delle vittime e per evitare altri reati.
Un’ultima domanda: è prevista la prescrizione per i delicta graviora?
Lei tocca un punto - a mio avviso - dolente. In passato, cioè prima del 1898, quello della prescrizione dell’azione penale era un istituto estraneo al diritto canonico. E per i delitti più gravi solo con il motu proprio del 2001 è stata introdotta una prescrizione di dieci anni. In base a queste norme nei casi di abuso sessuale il decennio incomincia a decorrere dal giorno in cui il minore compie i diciotto anni.
È sufficiente?
La prassi indica che il termine di dieci anni non è adeguato a questo tipo di casi e sarebbe auspicabile un ritorno al sistema precedente dell’imprescrittibilità dei delicta graviora. Il 7 novembre 2002, comunque, il Servo di Dio Venerabile Giovanni Paolo II ha concesso a questo dicastero la facoltà di derogare dalla prescrizione caso per caso su motivata domanda dei singoli vescovi. E la deroga viene normalmente concessa.
Gianni Cardinale
*IL DOCUMENTO
Nel 2001 il motu proprio di Wojtyla
Il motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela» è stato firmato da Giovanni Paolo II il 30 aprile 2001 e pubblicato nel fascicolo degli Acta Apostolicae Sedis, del 5 novembre successivo. Il documento pontificio dà delle indicazioni «per definire più dettagliatamente sia i delitti più gravi (delicta graviora) commessi contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti, per i quali la competenza rimane esclusiva della Congregazione per la dottrina della fede, sia anche le Norme processuali speciali per dichiarare o infliggere le sanzioni canoniche». In pratica si tratta di un motu proprio di promulgazione delle «Norme circa i delitti più gravi riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, distinte in due parti: la prima contiene le Norme sostanziali, e la seconda le Norme processuali».
Norme che sono state annunciate e sintetizzate con una Lettera (Epistula) a tutti i vescovi della Chiesa cattolica «sui delitti più gravi» (de delictis gravioribus) della Congregazione per la dottrina della fede del 18 maggio 2001, firmata dall’allora prefetto cardinale Joseph Ratzinger e dall’allora arcivescovo segretario Tarcisio Bertone.