San Giovanni in Fiore, Gioacchino....

Per Verona, per il Convegno ecclesiale nazionale, dalla CALABRIA, finiti i lavori preparatori, sono partiti 72 delegati di dodici diocesi. Note sul documento di sintesi e sulla figura di Concetta Lombardo, scelta come testimone.

giovedì 12 ottobre 2006.
 

[...] nella sintesi regionale, due parole-chiave, che indicano efficacemente il vissuto dell’uomo e della donna calabrese di oggi: disagio e insieme. «Possiamo toccare con mano quotidianamente un disagio esistenziale, un disagio di vivere l’esperienza familiare, un disagio ecclesiale, relazionale, dei giovani, del lavoro. Un disagio relativo alla politica, un disagio che spinge a trovare nella mentalità dell’edonismo e del divertimento una motivazione di vita, un disagio sociale che è il substrato dell’adesione alla ’ndrangeta. Un disagio spirituale, religioso quando ci si ferma ad una religiosità fatta di mera ritualità, un disagio con se stessi che a volte esplode o implode in situazioni drammatiche e di conflitto». In un contesto simile, la speranza cristiana si pone apertamente in antitesi proprio al disagio e alle sue forme. Perché, in effetti, «il disagio più visibile è la netta divisione che l’uomo di oggi sperimenta tra il suo vissuto quotidiano e la ricerca del significato del proprio esistere e del proprio agire».

Comune denominatore sembra essere l’individualismo, che mina l’identità della Calabria come crocevia di culture e religioni diverse, dove l’accoglienza è tra le risorse umane e spirituali più spiccate. Ecco allora l’importanza dell’agire insieme, superando ogni settorialità [...]

In 72 per raccontare la voglia di condivisione di un intero popolo

Da Lamezia Terme Giovanni Lucà *

Con una giornata dedicata al Convegno di Verona, domenica scorsa anche per la Calabria si è chiusa la fase preparatoria, a livello regionale. Una giornata cui hanno partecipato tutte le parrocchie calabresi attraverso la preghiera e la riflessione.

Nel pomeriggio, a Lamezia Terme, l’arrivederci dei 72 delegati regionali a Verona con un momento durante il quale sono stati premiati i ragazzi delle scuole della Regione vincitori del concorso sul tema «Testimoni di speranza in terra di Calabria sulla strada indicata da Cristo Risorto».

Una ragazza della scuola primaria ha scritto: «Vorrei che ci fosse lavoro per tutti, così nessuno lascerebbe la propria terra e le famiglie resterebbero unite. La mia speranza è che anche noi potremo avere le stesse possibilità di studiare, lavorare e curarci come nelle Regioni del Nord, perché siamo tutti italiani».

È solo uno dei tanti pensieri espressi dai diecimila studenti, delle scuole di ogni ordine e grado, che hanno partecipato al concorso con lavori personali o di gruppo: poesie, diari, lettere, disegni, creazioni artistiche di ogni genere, anche multimediali. Lavori attraverso i quali i ragazzi hanno espresso il proprio punto di vista su come va testimoniata la speranza in Calabria.

Il concorso per le scuole è stato in realtà il coronamento del lavoro svolto dal Coordinamento regionale presieduto da monsignor Luigi Cantafora, vescovo di Lamezia Terme. Benché il programma prevedesse un solo incontro con i delegati diocesani, il vescovo ha voluto che si operasse con uno spirito di ampio discernimento comunitario: gli incontri sono stati cinque e di fatto hanno facilitato la riuscita delle varie iniziative e l’efficacia della sintesi finale.

Ogni gruppo diocesano ha lavorato in autonomia valorizzando le esperienze e le potenzialità espresse dai rispettivi territori, ma molte cose sono state realizzate di comune accordo. Tra queste, va ricordata la richiesta ai monasteri di clausura della regione di accompagnare il cammino verso il Convegno con la preghiera.

A questo percorso ha partecipato anche l’Usmi regionale che ha dedicato al Convegno l’ultima Giornata per la vita consacrata. Dalle comunità monastiche, inoltre, sono arrivati molti contributi scritti con meditate osservazioni che il comitato regionale ha indicato come contributi preziosi per la grande capacità di leggere i bisogni del territorio.


Dodici diocesi lanciano l’appello a mettersi in gioco ascoltando le ricchezze di un territorio dove non mancano gli esempi di santità ma la difficoltà resta un’esperienza quotidiana

Calabria, quelle luci oltre il disagio

«Proprio perché grandi sono i problemi, maggiore diventa lo spazio in cui ogni credente può essere annunciatore fedele. L’accoglienza, tratto ancora oggi diffuso, è la risorsa da valorizzare»

Da Lamezia Terme Giovanni Lucà

«Anche in Calabria ci sono speranze vive e speranze morte e dobbiamo imparare, sulle orme di Pietro, a distinguere le une dalle altre». Con questo spirito monsignor Luigi Cantafora, vescovo di Lamezia Terme, ha guidato il coordinamento regionale calabrese nel lavoro di preparazione al Convegno ecclesiale nazionale di Verona. Le trenta cartelle di sintesi prodotte si sono poste l’obiettivo di focalizzare «i segni di speranza, le negazioni di essa e le prospettive per un rinnovamento».

La Calabria è terra di grandi contraddizioni, che vi convivono una accanto all’altro, ma troppo spesso sono solo le brutture a trovare risalto. Anche durante la preparazione al Convegno di Verona è stato così: «Mi sembra che la maggior parte delle relazioni diocesane abbia concentrato la sua attenzione più sui punti deboli della nostra Chiesa calabrese, che sui fermenti e le prospettive, che veramente aprono alla speranza - ha detto Cantafora - invece esistono, grazie a Dio, anche nelle nostre Chiese, spazi significativi di autentica preghiera e ascolto della Parola, fucine di speranza, per la sintesi tra ascolto di Dio e servizio agli uomini, specie agli ultimi».

È terra di santi, la Calabria: san Bruno, san Francesco da Paola, san Nilo da Rossano, sant’Umile da Bisignano, san Gaetano Catanoso, i santi italo-greci, per dirne alcuni. Ma è anche terra di «’ndrangheta» e «malaffare», di sequestratori e usurai. Una terra difficile, ricordano i delegati regionali nel documento di sintesi, dove, però, può e deve trovare sempre più spazio l’annuncio della speranza, che è «l’irruzione di Gesù Cristo Risorto nella vita dei credenti e delle Chiese calabresi, chiamate a testimoniare, in maniera responsabile e matura, che solo lui libera da ogni povertà, da ogni schiavitù e dalla solitudine».

Il documento non nasconde le grandi difficoltà della testimonianza nella realtà regionale, ma proprio perché grandi sono le difficoltà, maggiore diventa lo spazio in cui ogni credente calabrese pu ò essere testimone fedele. Vi si individuano, nella sintesi regionale, due parole-chiave, che indicano efficacemente il vissuto dell’uomo e della donna calabrese di oggi: disagio e insieme. «Possiamo toccare con mano quotidianamente un disagio esistenziale, un disagio di vivere l’esperienza familiare, un disagio ecclesiale, relazionale, dei giovani, del lavoro. Un disagio relativo alla politica, un disagio che spinge a trovare nella mentalità dell’edonismo e del divertimento una motivazione di vita, un disagio sociale che è il substrato dell’adesione alla ’ndrangeta. Un disagio spirituale, religioso quando ci si ferma ad una religiosità fatta di mera ritualità, un disagio con se stessi che a volte esplode o implode in situazioni drammatiche e di conflitto». In un contesto simile, la speranza cristiana si pone apertamente in antitesi proprio al disagio e alle sue forme. Perché, in effetti, «il disagio più visibile è la netta divisione che l’uomo di oggi sperimenta tra il suo vissuto quotidiano e la ricerca del significato del proprio esistere e del proprio agire».

Comune denominatore sembra essere l’individualismo, che mina l’identità della Calabria come crocevia di culture e religioni diverse, dove l’accoglienza è tra le risorse umane e spirituali più spiccate. Ecco allora l’importanza dell’agire insieme, superando ogni settorialità. In Calabria, più che altrove, si avverte un grande bisogno di testimoni di speranza. È però evidente che «la testimonianza da rendere non può essere quella di un maestro o di persone che si ritengono arrivate, ma sarà l’esito di corali risposte alla chiamata di mettere in gioco la fede di un popolo e di ciascuno, ad aprire il nostro vissuto personale con tutte le sue povertà e ricchezze».

Ma anche in Calabria non mancano molti segnali confortanti. In quasi tutte le diocesi, anche se a macchia di leopardo, è significativa la presenza dell’associazionismo volontario che si rivela come «una preziosissima opportunità di ricerca di vie nu ove per vivere il Vangelo nell’impegno sociale e politico, incarnando i valori del dono e della gratuità, nella competenza e progettualità». Un importante contributo alla stesura della sintesi è venuto dai lavori della prima Settimana sociale regionale che si è svolta nel marzo scorso. Quelle intuizioni hanno accompagnato il documento che ha recepito molte indicazioni. Innanzitutto quella dell’urgenza di «una formazione sempre maggiore non solo per i laici, ma anche per i presbiteri e i consacrati» e la necessità di un lavoro a rete, tra le associazioni ecclesiali, civili e le istituzioni. Con la convinzione che «da realtà ecclesiali vive, anche la realtà sociale riceverà grandi benefici. La vita dei santi calabresi, infatti, è testimonianza eloquente di come la loro presenza abbia inciso notevolmente sulla vita civile e sociale».


Concetta Lombardo, il volto semplice della coerenza

Nella vicenda della testimone scelta in vista del Convegno l’esempio di una donna animata dal sogno di purezza

(G.Luc.)

La Calabria, per il Convegno ecclesiale di Verona, si è affidata a una figura che incarna la fragilità di un’orfana indifesa animata dalla forza di una solida fede cristiana. Concetta Lombardo nei suoi 24 anni di vita ha testimoniato la fedeltà al Vangelo in ogni gesto: nelle cose più ordinarie così come nel martirio. Anche lei per rifiutare e respingere la violenza, come santa Maria Goretti o le beate Pierina Morosini e Carolina Kozka, per resistere a chi voleva rubarle la purezza. Concetta Lombardo è nata il 7 luglio del 1924 a Stalettì, un centro sul versante jonico calabrese nella diocesi di Catanzaro-Squillace. Orfana del padre Gregorio (un contadino morto in seguito ad un incidente sul lavoro) all’età di sette mesi, è cresciuta accanto alla madre Giovanna e alla sorella Angelina. Una vita, la sua, dura come quella di tante donne povere calabresi. Ma lei non si abbatte. Già da fanciulla inizia a contribuire al sostentamento della famiglia, andando a lavorare in campagna e facendo la sarta. Sa comunque ritagliarsi il tempo da dedicare alla Chiesa: diventa catechista iscritta all’Azione cattolica e terziaria francescana. Le sue biografie la descrivono come una ragazza dal carattere mite ed umile. La semplicità accompagna ogni suo gesto. Ma è anche anche una bella ragazza con diversi corteggiatori. Lei sogna di sposarsi e di farsi una famiglia con tanti figli, ma il giovane che si è promesso a lei emigra in Germania dove si sposa con un’altra. La delusione per Concetta è grande: la preghiera e l’impegno in parrocchia diventano il suo rifugio, anche se conserva il sogno di un felice matrimonio. Invece di lei s’invaghisce un «compare» di famiglia, un uomo sposato che ha fatto da padrino a uno dei figli della sorella di Concetta. L’uomo non la lascia in pace, la infastidisce continuamente fino a quando perde la testa e all’ennesimo rifiuto della ragazza di intraprendere con lui una relazione, tira fuori la pistola uccidendola prima di suicidarsi. Era il 22 agosto 1948; nelle campagne di Copanello venivano cancellati i sogni di quella ragazza così fragile, ma così forte nel testimoniare la sua solida fede. «Concetta Lombardo viene a ricordarci che non si costruisce la storia se non si hanno delle certezze» ha affermato il vescovo emerito di Catanzaro-Squillace, Antonio Cantisani, che nel 1990 ha avviato la causa per la beatificazione di Concetta. Un esempio che va additato ai giovani d’oggi come modello di semplicità e di fermezza nei propri ideali. Tutta la vita, nella sua semplicità, di Concetta Lombardo è un libro intriso di coerenza, un esempio - ha spiegato ancora Cantisani - che ci dà il diritto di guardare con piena fiducia al domani dell’umanità». Per questo la figura di Concetta è stata scelta in vista di Verona come invito alla Calabria a rivolgere lo sguardo verso i testimoni della fede per comprendere il significato e il valore di ogni azione, a partire dalle cose più semplici. Il dopoguerra, i difficili anni della ricostruzione non hanno fatto cadere nel dimenticatoio il sacrificio di Concetta Lombardo. La sua fama di santità è andata via via crescendo e, da alcuni anni a questa parte, la chiesa matrice di Stalettì (dove sono state riposte le sua spoglie mortali) riceve continue visite di pellegrini che si fermano a pregare davanti alla tomba di Concetta, in attesa che la Congregazione per le cause dei santi si pronunci in merito alla documentazione già prodotta per la causa di beatificazione.


* Avvenire, 12.10.2006


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