Cultura e politica

Negata la laurea ad honorem a Franco Battiato: responsabilità al rettore dell’Università di Catania

mercoledì 25 maggio 2005.
 

Oggi s’apprende che a Franco Battiato non è stata concessa la laurea in lettere a titolo d’onore dall’Università di Catania. Si doveva arrivare alla procedura formale, per lasciare intendere all’esterno che Battiato non andava bene, viste le sue dichiarazioni politiche, legittime e sacrosante, sulla vicenda elettorale catanese. Contro Umberto Scapagnini e per Enzo Bianco, con l’ipotesi di lasciare la città in caso di vittoria del primo. Bisognava ritrovarsi ufficialmente, come è stato, professori e dottori di Catania, per dar voce a un ragazzo ventiduenne, ben diverso dal discreto cubista di Vattimo - di cui, cioè, non si sa nome né giudizio -, che ha fatto valere, come da copione, le ragioni d’appartenenza a un sistema di conservazione e veto. Lo stesso che ha tagliato Biagi e spinto Santoro alla politica istituzionale. Si badi, nulla da riferire esclusivamente al cantautore Berlusconi. La faccenda è più di trasversalismo, apparentamento, accettazione, perdita d’identità, sconfinamento nell’indistinto. Il giovinotto che ha bocciato il grande Battiato si chiama Giacomo Bellavia, nel partito di An. Evidentemente, sta procedendo sulla strada bella il ragazzo, che, nella teologia di von Balthasar, è quella buona. Io, però, non lo colpevolizzerei più di tanto. Né per la scelta né per l’essersi sottoposto, assai probabilmente, al volere di qualcuno più grosso, politicamente più rappresentativo. Mi dispiace per il rettore dell’Università di Catania, Ferdinando Latteri, ex forzista e oggi presidente regionale della Federazione dell’Ulivo. Se c’è qualcuno a cui attribuire delle responsabilità per l’increscioso episodio, veramente brutto, è proprio lui, il primo dirigente dell’ateneo. C’è poco da dire, non si arriva a una così magra figura, sulle prime dei giornali nazionali. Preliminarmente si compongono eventuali divergenze interne, visto che, secondo regolamento, per la concessione della laurea honoris causa, ci deve essere l’unanimità. Il rettore doveva vedersela cogli altri membri del Senato accademico e, all’occorrenza, spostare in avanti la votazione, come ha sostenuto, con la solita eleganza e signorilità, il filosofo Manlio Sgalambro, fidato collaboratore di Battiato. La figuraccia la fa tutta Catania, assieme all’Università. Non si può scrivere quanto Battiato sia stato e rimanga emblematico per la città siciliana, per l’isola dei giardini, il Mezzogiorno e il Sud del mondo. Forse, non ci sono artisti così poliedrici e profondi, nel contempo, della sua portata. Fra ricerca, sperimentazione, musica, pensiero, poesia, pittura, cinema e spiritualità, accostamenti linguistici e culturali indovinatissimi, sonorità diversissime e mescolate, modi e tempi musicali anche diametrali, Battiato si è sempre mosso in agiatezza, producendo capolavori sublimi. Io non vedo tanto la preminenza del politico sul culturale nella scelta di Bellavia. Vedo l’imbarazzo, per la chiara dipendenza politica, del rettore Latteri, il quale dovbrebbe anzitutto salvaguardare la cultura, giusto per il suo ruolo. E magari pensare un po’ meno ai passaggi di stato o di Stato, di natura politica. Ovviamente non è il solo intellettuale istituzionale, in Italia, a lasciarsi prendere dal fascino del potere, a farsi sedurre dai capoccia. Rifacendo Battiato e tenendo comunque la mia stima per Latteri, canterei: «Povera patria, schiacciata dagli ottusi del potere».

Emiliano Morrone


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