Attualità

ESAME DI COSCIENZA A FRONTE DELLE PAROLE DI CIAMPI - selezione a cura del Prof. Federico La Sala

sabato 21 gennaio 2006.
 
di Giuseppe Savagnone (Avvenire, 14.01.2006) «Il buongover-no, a tutti i livelli, locale, regionale, nazionale»: questa l’indicazione del presidente Ciampi - in visita a Palermo - per sconfiggere Cosa nostra. «Quanto più lo Stato è presente, tanto più debole è la mafia, e vale anche la proposizione inversa, quanto più le istituzioni sono deboli tanto più forte è la mafia». L’impegno degli enti pubblici però non va isolato dalla partecipazione dell’intera società. Bisogna che ci siano, ha aggiunto Ciampi, anche «la collaborazione e il sostegno di tutti i cittadini alla magistratura e alle forze dell’ordine in particolare». Infine, ha concluso, «per sconfiggere la mafia sono necessari anche la crescita e lo sviluppo economico». Siamo davanti a un quadro di largo respiro che va ben al di là della dimensione puramente repressiva, su cui troppo spesso si concentra l’attenzione dell’opinione pubblica. Non si batte la mafia solo facendo arresti clamorosi. Sul piano, per così dire, "militare" si può vincere qualche battaglia, non la guerra. E il presidente ha individuato con grande precisione quali sono i nodi decisivi dello scontro: la politica, la coscienza civile, l’economia. Le sorti di Cosa nostra, insomma, dipendono, più che dai suoi membri, da noi. Se la criminalità organizzata ha potuto fino a questo momento sopravvivere, come un cancro nel corpo vivo della società, non è solo e non è tanto perché le sue risorse siano misteriosamente inesauribili, ma perché lo Stato non è riuscito ad essere presente in modo adeguato sul territorio, perché la società civile non è stata abbastanza vigile e risoluta, perché una serie di meccanismi economici non hanno funzionato come dovevano. Solo se si riesce ad invertire questa triplice, funesta, deriva si potrà realizzare l’obiettivo a cui una comunità democratica come la nostra non può rinunziare, obiettivo che - il presidente lo ha sottolineato già nel discorso di ieri - non è solo di combattere la mafia, come facciamo, con alterne vicende, da centocinquant’anni, ma di scon figgerla davvero definitivamente. In realtà - e questo Ciampi deve ben saperlo - la situazione attuale è tutt’altro che entusiasmante. È vero: «noi siamo in grado di sconfiggere la mafia e abbiamo le armi per farlo». Ma le armi devono essere usate. E sul fatto che lo si stia facendo è lecito nutrire seri dubbi. Basta guardare gli scenari della vita pubblica siciliana per rendersene conto: senza andare alle vicende strettamente giudiziarie, che coinvolgono tuttora il governatore Cuffaro (il quale peraltro si ripresenta come candidato in vista delle prossime elezioni), è tutto lo stile dell\’amministrazione della cosa pubblica da parte della Regione e degli altri enti pubblici, che spesso sembra andare nella direzione opposta a quella auspicata dal presidente della Repubblica, dando largo spazio alle logiche clientelari e facendo il gioco di privati interessi a danno di quelli della comunità. È un’intera classe politica - opposizione inclusa - che fa acqua da tutte le parti. Così lo Stato, ben lungi dall’essere più vicino alla gente, si allontana ulteriormente. Né dal lato della società civile sembra esservi un’adeguata reazione: piuttosto che alle forze dell’ordine e alla magistratura, oggi molti - anche dei quartieri alti! - si tengono stretti a personaggi "chiacchierati" che, in compenso, possono risultare utili al momento del bisogno. Quanto allo sviluppo, un solo dato, decisamente inquietante: la sempre più precipitosa "fuga di cervelli". In questi ultimi anni i giovani più qualificati della borghesia siciliana vanno sempre più spesso a studiare e a cercare lavoro fuori dell’Isola. Il presidente Ciampi ha ragione: la guerra alla mafia si può vincere. Il fatalismo è una sciocchezza, prima ancora di essere una resa sul piano etico. Ma è necessaria una svolta radicale a tutti e tre i livelli da lui segnalati. Se le cose resteranno come sono, quello di sconfiggere Cosa nostra resterà un bel sogno, ma solo un sogno.

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