Alle porte di Napoli spunta un quartiere È abusivo, ma nessuno se ne accorge
29 palazzi costruiti a tempo di record, altri 21 edifici e una ventina di villette a schiera. Gli appartamenti vengono venduti, i notai registrano e le banche danno i mutui. Né il comune di Casalnuovo né le forze dell’ordine muovono un dito. Il 5 marzo una manifestazione di cittadini per la legalità
di Francesca Pilla (il manifesto, 24.02.2007)
Casalnuovo (Napoli) «È incredibile, dalla mia casa ho visto per mesi i lavori in corso di quei 29 palazzi, ma non avrei mai immaginato che fossero abusivi». E’ ancora incredula, come tutti a Casalnuovo, Fortuna Tizzano, candidata alle scorse amministrative per il Pdci proprio a Casarea, dove si è compiuto quello che nessuno credeva possibile. Ventinove palazzi, circa 300 appartamenti, eretti pietra su pietra a tempo di record, 21 stabili piantati invece a via Filighito in una zona centrale e un’altra ventina di villette a schiera in periferia, sono spuntati come funghi, molti già venduti con tanto di permessi, autenticazioni del catasto, firme notarili e accessi ai mutui. Un giro di connivenze enorme, un caso scoppiato da qualche settimana nel clamore generale e ora messo in sordina, mentre la magistratura lavora e la patata bollente politica è rimasta nelle mani dei circa 53 mila abitanti di questo comune alle porte di Napoli. Anello metropolitano dove la camorra opera senza dover spacciare in strada o ricorrere al pizzo, ma più strisciante si è inserita nell’imprenditoria edilizia e la fa da padrona.
«Quanto accaduto non è alla nostra portata», sostiene quella parte onesta della città che si è riunita giovedì sera nella chiesa di padre Tommaso a Licignano, per organizzare una manifestazione per la legalità e cercare di riprendere il filo della matassa. Ma è troppo ingarbugliato. «Vi rendete conto, di noi ha parlato la stampa nazionale e internazionale e perfino il New York Times - spiega Giuseppe Pelliccia, per anni consigliere comunale, attualmente esponente della Margherita - ora però qui non ci viene nessuno delle istituzioni. Vogliamo fare un corteo? Dobbiamo renderlo regionale o addirittura nazionale».
Il timore del neonato comitato dei cittadini è che il 4 marzo (data ancora provvisoria) in piazza non venga nessuno per paura. Così Pelliccia, preso dall’enfasi, propone addirittura un referendum per spostare l’area di Casarea sotto l’amministrazione di Volla. Ma Casarea non è una zona disgraziata da sbolognare a qualche altro comune, la distanza con il centro di Casalnuovo è di qualche km e lo stesso comune non è una terra di nessuno: raggiungibile da Napoli solo con un quarto d’ora di macchina, «ospita» uno dei centri commerciali più grandi dell’hinterland, sede di importanti catene di distribuzione nazionali e internazionali e di una mega multisala.
«La verità è che ci hanno abbandonato - dice un cittadino deluso - è un giro troppo grande, qui andrebbero destituiti tutti, dal sindaco alle forze dell’ordine, passando dalla Guardia di finanza. Durante i lavori in corso ho chiamato personalmente tutti e la risposta è stata sempre la stessa: non è di nostra competenza». «E’ certo - lo interrompe una signora - se anche andiamo dai vigili urbani per denunciare l’abusivismo nel mercato comunale, loro se ne fregano perché fanno la spesa gratis. Figurati con i palazzi».
Ma il sindaco, il consiglio comunale come rispondono a quanto è successo? «Dicono di non saperne niente», spiega Antonio Pelliccia, candidato del centrosinistra a primo cittadino, sconfitto da Antonio Manna del centrodestra che ha ottenuto un plebiscito del 75%, mentre la sua coalizione ha incassato addirittura l’80% nelle votazioni dello scorso maggio. «E’ un po’ strano - continua - se si pensa che alle politiche il Polo si era attestato al 35%. Il punto, lo abbiamo denunciato anche in campagna elettorale, è che Manna ha vinto grazie a consensi poco chiari. Noi a Casarea non abbiamo potuto organizzare nessuna manifestazione elettorale, i miei attacchini si rifiutavano di andare lì perché erano minacciati. Ora dovrà decidere la magistratura». Un compito difficilissimo, visto che sotto accusa si trova un’intera classe dirigente comprese le forze dell’ordine, la Finanza, i vigili urbani e chiunque non si sia accorto che era spuntato dal nulla un quartiere sano. Poi sono sotto accusa i tecnici del comune che hanno fornito i timbri per gli attestati di condonabilità degli immobili, i notai che hanno apposto le firme per legalizzare le compravendite, le banche che hanno concesso i mutui e infine la solitudine dei cittadini truffati che potrebbero trovarsi indebitati e in mezzo a una strada se dovesse passare la linea dell’abbattimento degli edifici. L’inchiesta è nelle mani della procura di Nola e per il momento si sa che uno dei costruttori si chiama Domenico Pelliccia, a capo della ditta Visagi.
«Quanto accaduto è il frutto di un patto scellerato tra imprenditoria, politica e camorra», ne è convinto Mario Sannino, segretario del Prc e operaio in un’azienda calzaturiera. «Sono gli edili i veri padroni di Casalnuovo - continua Sannino - le persone ora hanno paura perché quasi ogni famiglia ha ottenuto un lavoro nel settore. Per questo nessuno parla». Eppure fino agli anni ’80 Casalnuovo era una città operaia, qui solo l’Exide, la Tamoil e la Bibigas davano lavoro a una grossa fetta degli abitanti. «Non siamo un popolo di omertosi e abusivi - afferma Ignazio Ponticelli, Ds, uno dei 5 consiglieri all’opposizione - non siamo Corleone, con tutto il rispetto per i siciliani. Eppure lo stesso Antonio Bassolino qui non è mai venuto, nemmeno dopo lo scandalo. Ora ci serve aiuto». Ma giovedì sera alla riunione del comitato per la legalità c’era solo Bernardo Tuccillo, assessore provinciale del Prc.