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EVANGELO E LIBERAZIONE. Lo spirito di Assisi ... e lo spirito di Monaco?!

"Dominus Iesus": RATZINGER, LO "STERMINATORE DI ECUMENISMO". Un ’vecchio’ commento del teologo francescano Leonard Boff - a cura di Federico La Sala

sabato 16 settembre 2006 di Federico La Sala
[...] ecco il riassunto della sua opera: "Cristo è l’unica via di salvezza e la Chiesa è il pedaggio esclusivo. Nessuno percorrerà il cammino se prima non pagherà il pedaggio". Altrimenti formulato: "Cristo è il telefono ma solo la Chiesa è la telefonista. Tutte le comunicazioni di corta e lunga distanza passano necessariamente attraverso di lei". Chiesa e Cristo formano "un unico Cristo totale" (n. 16), perché, "così come esiste un solo Cristo, esiste un solo corpo e una sola sua Sposa, (...)

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> "Dominus Iesus" ---- Nel 2006 papa Benedetto XVI sopprime improvvisamente il suo titolo di patriarca d’Occidente. Perché? E’ il capo di tutti i cristiani? intervista a Christophe Delaigue (di Hugues Lefèvre).

giovedì 24 gennaio 2013

Benedetto XVI è il capo di tutti i cristiani?

intervista a Christophe Delaigue,

a cura di Hugues Lefèvre

in “www.lavie.fr” del 18 gennaio 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Nel 2006 papa Benedetto XVI sopprime improvvisamente il suo titolo di patriarca d’Occidente. Perché? Mistero... Tanto più che questa decisione non è accompagnata a monte da nessuna comunicazione del Vaticano. Padre Christophe Delaigue, prete diocesano della zona di Grenoble, pone la domanda di questa soppressione in un’indagine universitaria dal titolo: “Il Papa, Vescovo di Roma, successore di Pietro, patriarca d’Occidente?” Nel dicembre scorso, il Consiglio delle Chiese cristiane in Francia (CECEF) - che riunisce i responsabili delle famiglie ecclesiali (anglicana, armena, cattolica, ortodossa, protestante), gli ha consegnato un premio per quell’indagine sulla storia e sui testi.

Perché ha iniziato questa indagine?

Nel marzo 2006, dei giornalisti scoprono, spulciando l’annuario pontificio, che il titolo di patriarca d’Occidente non fa più parte degli attributi del sovrano pontefice. Alla sorpresa iniziale, segue uno sconcerto tra gli ortodossi, o comunque, degli interrogativi... Il papa si considerava di nuovo capo di tutta la Chiesa universale, ponendosi al di sopra dei vescovi e delle chiese d’Oriente? Gli ortodossi hanno potuto interpretare questa soppressione come una specie di “putsch” di Roma sull’insieme del mondo cristiano.

Il Vaticano ha spiegato questo gesto?

Davanti ad una levata di scudi, e visibilmente nella precipitazione, il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha espresso due motivazioni. Nel suo comunicato, la Chiesa cattolica ritiene il titolo di patriarca d’Occidente come “obsoleto” e privo di senso. In seguito ha annunciato che questa soppressione potrebbe aprire nuove strade ecumeniche. Eppure, da sette anni: silenzio! Il papa non si è mai pronunciato sulla questione. Come se Roma avesse perso la cartografia di queste nuove strade...

Qual è la posta in gioco della questione del patriarcato?

Il primato d’onore tra i diversi centri storici della tradizione cristiana. Storicamente, il patriarcato è il solo titolo comune tra la Chiesa greca e quella latina. Nel 325, il primo concilio ecumenico di Nicea ha concesso un privilegio d’onore ai vescovi di Roma, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme. Qualche anno dopo sarà la volta anche di Costantinopoli, con il secondo concilio ecumenico. Queste cinque sedi formeranno i tradizionali patriarcati. Scoppieranno dispute per il primato tra Roma e i patriarcati greci, guidati da Costantinopoli. Dopo lo scisma del 1054, il vescovo di Roma manterrà simbolicamente il suo titolo di patriarca d’Occidente. Ecco perché la decisione della Santa Sede poteva dare l’impressione di rendere più forte la rottura tra l’Oriente e l’Occidente. Era la scomparsa ad un riferimento ad una storia comune.

Ma non sono dispute di un’altra epoca, “bizantine”, come si dice? Qual è l’interesse per i cristiani di oggi?

Questa faccenda obbliga ciascuna Chiesa a riflettere sul proprio funzionamento, sul proprio modo di esercitare l’autorità, e sul modo di considerare le altre Chiese. Quindi grazie alla decisione di Benedetto XVI si potrebbero aprire delle porte. Il primo passo è la ridefinizione di “Oriente e Occidente”. Fino ad oggi, si definiva sempre l’Occidente come ciò che non rientrava nei territori dell’Oriente. Già limitata, questa definizione non può più corrispondere alla nostra epoca, a causa della diaspora dei cristiani. Ad esempio, nel mondo, più della metà degli ortodossi si ricollegano ormai al patriarcato di Mosca. Se prima un patriarcato era sempre inteso come l’esercizio di un’autorità su un territorio preciso, oggi non può più essere così. Un ortodosso di Parigi può dire di dipendere da Mosca. Ormai, si fa riferimento più ad una cultura che a un territorio.

D’altro canto, il patriarca di Costantinopoli, che assicura la comunione tra i patriarcati greci, conta ormai soltanto alcune migliaia di fedeli sul suo territorio “canonico” (Istanbul e alcune isole). Anche se numerose chiese si raccolgono più o meno sotto la sua giurisdizione, demograficamente non è più rappresentativo. La decisione di Benedetto XVI costringe la Chiesa ortodossa a riflettere sulla sua nozione di patriarcato, che deve evolvere. Del resto, gli ortodossi stanno lavorando da diversi anni per riunirsi in un concilio. Ma resta difficile trovare un’intesa, su un calendario e sui temi che vi saranno affrontati, non essendoci un leader effettivo. Infatti Costantinopoli rivendica un primato d’onore, ma il rapporto di forze numerico è a favore di Mosca.

Quali sono le conseguenze per la Chiesa cattolica?

La soppressione del titolo di patriarca d’Occidente obbliga a riflettere sul funzionamento interno della Chiesa cattolica. Nel 1971, un certo Joseph Ratzinger, in un libro intitolato “Il nuovo popolo di Dio”, proponeva di decentralizzare certe prerogative detenute da Roma, ed attribuirle a delle giurisdizioni regionali. Invece di un blocco monolitico, si pensava all’emergere “di Chiese continentali”, evidentemente in comunione con il papa. Un modo di preservare una figura forte in uno spirito di collegialità effettiva. Questa sorta di patriarcato “all’orientale” avrebbe il vantaggio di ridare al successore di Pietro il suo vero carisma di ministro della comunione, e di attenuare il suo ruolo di monarca regnante.

Che cosa ne è di questa proposta di decentralizzazione del potere?

È rimasta lettera morta. Certo, il Vaticano II aveva aperto la porta creando delle conferenze episcopali continentali. Ma nei fatti, queste ultime non hanno potere giuridico, in quanto tutte dipendono da Roma. Quando si guarda alla situazione di divisione in seno alla Comunione anglicana, è vero che sembra più semplice avere una figura forte e unica, che mantiene l’unità. Ma è il modo migliore di governare? Il più cristiano? La domanda deve essere posta.

È una faccenda che riguarda solo cattolici e ortodossi?

La soppressione del titolo di patriarca d’Occidente può essere interpretata anche come la volontà di Roma di riconoscere le diverse forme di Chiese presenti in Occidente. Infatti, protestanti e anglicani non sono sempre riconosciuti da Roma veramente come Chiese. Ma, per andare nella direzione dell’ecumenismo, ognuno dei soggetti deve essere rispettato. Il titolo di patriarca d’Occidente non può essere “concentrato” nella persona del papa, come prima della Riforma. Molti cristiani in Occidente non rientrano più nel cattolicesimo. Togliendo di mezzo il suo titolo, il papa non intende certo proporsi come capo di tutti i cristiani, ma potrebbe porre la Chiesa cattolica accanto alle altre Chiese dell’Occidente, in uno spirito di dialogo e di pace.

Per lei si tratta allora di un passo verso la riconciliazione?

Questa interpretazione resta un’ipotesi. Ma anche se nulla si è mosso da sette anni, questa decisione può essere intesa come un passo verso una riconciliazione. Mostra che le chiese cristiane devono ripensare la loro organizzazione, a volte superata dalle evoluzioni culturali, demografiche e sociali.

Le ricchezze e gli interrogativi posti da alcuni possono aiutare gli altri a riflettere. In questo senso, Giovanni Paolo II parlava “di scambi di doni” tra le Chiese, per trovare una strada efficace verso l’ecumenismo. L’abbandono del titolo può facilitare la realizzazione di una struttura visibile di unità, in uno spirito di collegialità effettiva.”


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