Asia. Svolta storica in Pakistan: una donna alla Corte suprema
La giudice Ayesha Malik ha 55 anni e si è laureata ad Harvard. È stata, per anni, all’Alta Corte di Lahore ed è considerato merito suo se, nel Punjab, è stato definito illegale un test di verginità
di Silvia Guzzetti (Avvenire, lunedì 24 gennaio 2022)
Cambia la storia in Pakistan dove, per la prima volta, una donna entra a far parte della Corte Suprema, nota per il suo approccio molto conservatore. La nomina alimenta la speranza che la scelta della giudice Ayesha Malik, 55 anni, laureatasi ad Harvard, possa aprire la strada ad altri giudici di sesso femminile e a una maggiore tutela delle donne davanti alla legge.
Ayesha Malik ha prestato giuramento nella sede del più importante tribunale del Paese asiatico, a Islamabad, e condividerà la sua carica con altri 16 colleghi uomini. La sua nomina, nei mesi scorsi, non è stata, però, senza polemiche. "Ayesha è stata nominata per merito", ha detto oggi il presidente della Corte Suprema, Gulzar Ahmed, come riferisce "Geo Tv", emittente di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, mentre la ministra per i Diritti umani, Shireen Mazari, ha definito, in un tweet, il momento della nomina della giudice come "storico".
A lei sono arrivate subito le congratulazioni del premier Imran Khan che, in un tweet, le "augura tutto il meglio". "Un’immagine potente che simboleggia l’emancipazione raggiunta dalle donne in Pakistan. Spero sia una risorsa", ha twittato il ministro dell’Informazione, Fawad Chaudhry, con una foto di Malik.
La scelta di Ayesha Malik, da parte del tribunale pakistano di massima istanza, è stata approvata dal presidente del Pakistan Arif Alvi. Nata nel 1966, Ayesha ha studiato giurisprudenza al Pakistan College of Law di Lahore e si è laureata presso la Harvard Law School, di Cambridge, negli Stati Uniti. Ha, poi, servito per 20 anni come giudice presso l’Alta corte di Lahore, nell’Est del Pakistan.
Le è stato riconosciuto il merito, durante questo incarico, di aver contribuito ad un’evoluzione della giurisprudenza e dell’attuazione delle leggi ancora molto improntate al patriarcato. Nel 2021 la giudice Malik ha bloccato l’esecuzione di un test di verginità su una giovane donna, una pratica molto invasiva e diffusa per indagare sul passato sessuale delle vittime di stupri.