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Visita pastorale del Papa a Napoli ....

ALLARME: "CAMORRA"!!!, "MAMMASANTISSIMA"!!! CAMBIARE ROTTA!!! PER L’ITALIA, PER NAPOLI, RIPARTIRE DALLE RADICI MODERNE, EU-ANGELICHE E FRANCESCANE - dal "presepe"!!! A tutta NAPOLI e al coraggioso Cardinale SEPE un augurio e una sollecitazione, a camminare insieme sulla strada della civiltà del dialogo e dell’amore. W o ITALY !!!

martedì 23 ottobre 2007 di Federico La Sala
TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI.
PER L’ITALIA E PER LA CHIESA: LA MEMORIA DA RITROVARE. L’"URLO" DI DON PEPPINO DIANA. «La camorra ha assassinato il nostro paese, noi lo si deve far risorgere, bisogna risalire sui tetti e riannunciare la "Parola di Vita"».


L’Italia ripudia la guerra! Ed è per lo (...)

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> Da Figlio di "Mammasantissima" ... a "Figlio della Madonna": da Ratisbona a Napoli, la tragica rappresentazione cattolico-romana del VAN-GELO DI COSTANTINO-RATZINGER è ormai alla fine! DANTE, con il "cinico" DIOGENE, rivede IL SOLE e comincia a sorridere: La COMMEDIA, quella DIVINA, inizia - e già tutti e tutte ... non siamo più all’Inferno!!!

sabato 23 settembre 2006

Il disegno di Ratzingher per battere i teo-con e i cattolici progressisti

Quelle parole del papa a Ratisbona erano ben calcolate. Vi spiego perché

di Daniele Menozzi * (Liberazione, 23.09.2006)

I passi del discorso di Benedetto XVI a Ratisbona che hanno suscitato indignate reazioni nel mondo islamico sono stati talora presentati come un “errore di comunicazione”. Il rammarico espresso dal segretario di stato e poi dallo stesso pontefice per l’interpretazione che ne è stata data ha confermato a molti osservatori che si è trattato di una scivolata nella tradizionale sorvegliata cautela del discorso vaticano sui temi della politica internazionale. L’enfatizzazione mediatica sulle scuse - mai in realtà espresse dal pontefice - ha fatto passare l’intervento di Ratzinger come una vera e propria “gaffe” diplomatica. Si tratta di valutazioni corrette? Se ne può dubitare.

In primo luogo occorre tener presente che i brani citati da un’opera dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo sulla connaturalità tra guerra santa e islam costituiscono un passo sì breve, ma non marginale. Sono infatti un tassello fondamentale nella struttura complessiva del discorso del papa. L’insieme del suo intervento, spesso eluso nei commenti apparsi sulla stampa, anche internazionale, va invece attentamente considerato per attribuire alle parole di Ratzinger il loro effettivo significato.

Benedetto XVI inizia con quella citazione per ricordare che esiste nel mondo islamico una assolutizzazione della trascendenza di Dio, che, a suo avviso, apre la porta all’imposizione della religione tramite la violenza. Non è però l’unica e necessaria conseguenza che se ne può trarre. A suo avviso è presente in quella cultura anche una corrente moderata, che segue un’altra strada. Come mostrano alcuni passi del Corano - dal pontefice esplicitamente richiamati - vi alberga pure una posizione tollerante verso l’altro. Ma questi settori dell’islam esprimono nei loro convincimenti l’esistenza di un nesso inscindibile religione e ragione. Non possono perciò sviluppare alcun dialogo con l’Occidente, in quanto qui prevale una “ragione moderna” che si è costitutivamente posta come autonoma dalla religione.

E’ sulla base di questa premessa che il pontefice sviluppa la parte più ampia ed argomentata del suo discorso. Vuole mostrare che il fondamento dell’orientamento fondamentalista del mondo islamico trova in qualche modo una corrispondenza in quelle concezioni dell’Occidente che mirano anch’esse - certo sulla base di ben diversi postulati, ma con esiti analoghi - a separare la fede dalla ragione. Ratzinger ne individua tre componenti via via succedutesi nella storia della cultura europea: il protestantesimo (che porta a culmine questa tendenza tra Ottocento e Novecento con la sua versione liberale); l’illuminismo, almeno nelle sue tendenze più radicali; quei settori del cattolicesimo progressista che propongono una de-ellenizzazione del cristianesimo in nome della sua inculturazione in ogni tipo di civiltà umana.

Se le cose stanno così, cullarsi nelle tesi della gaffe o dell’ingenuità del professore diventato papa serve a poco. Naturalmente quando ci si interroghi sulla linea effettiva di questo pontificato. Chiara appare la proposta che emerge alla fine dal discorso pontificio: se l’Occidente vuole trovare un qualche terreno di intesa con il mondo islamico deve abbandonare quella modernità che ha portato all’autonomizzazione della ragione dalla fede. Deve ritrovare invece quella tradizione - e per il papa è la genuina tradizione cattolico-romana - che ha saputo individuare nella “retta ragione”, cioè in una ragione in ultima analisi sorretta e guidata dalla chiesa, il fondamento del suo sviluppo civile. Insomma, per evitare un apocalittico scontro di civiltà, occorre un “taglio delle ali”. Da un lato l’Occidente deve ritrovare la sua identità profonda nel cattolicesimo, differenziandosi dai protestanti teo-con; dagli alfieri, laici e cattolici “progressisti”, della modernità illuministica; e dai credenti che propongono una teologia dell’inculturazione. Dall’altro lato l’islam moderato deve liberarsi delle correnti fondamentaliste. Il comune terreno d’incontro risulta quel rapporto tra fede e ragione che, aspetto imprescindibile della cultura islamica tollerante, in Occidente si manifesta nella “retta ragione”diretta dalla chiesa, producendo il ripudio della violenza nell’apostolato proselitistico e il rifiuto della legittimazione religiosa dei conflitti.

In questa prospettiva il nucleo centrale del programma papale appare il ristabilimento di uno stretto legame tra chiesa e società in Occidente. Sullo sfondo sembra di intravedere la presentazione del cattolicesimo romano come sua religione civile. In ogni caso, ben più che all’islam, è all’ interlocutore occidentale che si rivolge Ratzinger. A suo giudizio solo dopo che è stato recuperato il ruolo centrale del cattolicesimo nella vita collettiva - espungendo a destra i teo-con e a sinistra i credenti “progressisti” - il mondo occidentale potrà elaborare con successo un costruttivo rapporto con il mondo islamico che escluda la guerra santa.

Alla luce di questo quadro complessivo siamo proprio sicuri che Benedetto XVI non prevedesse le reazioni dei fondamentalisti islamici alla citazione di Manuele II Paleologo? E’ vero che ha fatto a lungo il professore universitario, ma in genere le lotte accademiche - cui Ratzinger non è stato nei torridi giorni del Sessantotto estraneo - non rendono particolarmente ingenui, anzi. E la curia romana - dove egli ha compiuto una felice carriera - non pare un ambiente in cui uno sprovveduto docente possa arrivare (e forse costruirsi la scalata) al trono di Pietro. Non è allora più verosimile ritenere che quella citazione sia stata intenzionale e ben calcolata? Né del resto c’è stata alcuna ritrattazione, ma solo rammarico per la sua errata interpretazione. L’ammissione, per ovvie ragioni diplomatiche, che quelle frasi si prestavano all’equivoco non cambia la sostanza delle cose.

In effetti l’esito di quel discorso dimostra che la tendenza alla guerra santa è nel mondo islamico tanto forte che le parole papali - un palese ed esplicito invito al dialogo, anche se a certe condizioni - vengono sistematicamente fraintese. Ne scaturisce un inevitabile richiamo all’Occidente a compattarsi lungo quella linea e quella strategia che Benedetto XVI ha enunciato. Il recente discorso di Ruini alla CEI pare la dimostrazione che questo risultato è stato, almeno all’interno della gerarchia italiana, acquisito. In effetti i termini in cui il presidente dei vescovi italiani ha ripreso il discorso di Ratisbona contengono un dato rivelatore: le reazioni ai passi così discussi vengono presentate come una ulteriore sollecitazione ad introiettare profondamente e a diffondere la proposta di Ratzinger. Questa posizione - al di là dei successivi edulcoramenti diplomatici - non è forse l’interpretazione autentica della intenzionalità che soggiaceva alla loro enunciazione?

Se le cose stanno così, cullarsi nelle tesi della gaffe o dell’ingenuità del professore diventato papa serve a poco. Naturalmente quando ci si interroghi sulla linea effettiva di questo pontificato.

* Daniele Menozzi è un esponente del comitato scientifico della Fondazione “Murri” ed è docente di storia contemporanea alla Normale di Pisa


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