il gesto
All’inizio della celebrazione l’arcivescovo di Napoli indossa la stola di don Giuseppe Diana, il sacerdote assassinato 15 anni fa per la sua opposizione ai clan
Applausi e pianti tra i fedeli che affollavano il duomo
«Fare memoria dovere di riconoscenza verso chi ha testimoniato con il proprio sangue»
LA CAMPANIA CHE DICE NO
I temi della speranza nella seconda giornata dell’iniziativa voluta da «Libera» per ricordare i caduti nella lotta contro i clan. Oggi la marcia dei familiari attraverserà il capoluogo campano
Sepe: «Non arrendersi mai Camorra, male senza confini»
A Napoli veglia di preghiera per le vittime della criminalità
-DAL NOSTRO INVIATO A NAPOLI ANTONIO MARIA MIRA (Avvenire, 21.03.2009)
Un signore anziano, viso da contadino, sale la scalinata che porta all’altare del Duomo. Tra le mani callose porta, stringendola delicatamente, una stola viola. La stola di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra quindici anni fa. Lui è Gennaro Diana, il papà. Si avvicina al cardinale Crescenzio Sepe, gli porge la stola e il cardinale, togliendo la sua, la indossa. Un lungo, forte, commosso applauso sale, invade, riempie la grande chiesa. «Grazie eminenza - dice don Tonino Palmese, responsabile di Libera per la Campania - per aver voluto mettere sulle sue spalle il ricordo, la memoria, la vita di don Peppe Diana». Un altro applauso percorre il Duomo mentre il cardinale fa accomodare Gennaro, sorridente, al suo fianco, tra i sacerdoti che stanno partecipando alla veglia di preghiera in occasione della «Giornata della memoria e dell’impegno» in ricordo delle vittime di tutte le mafie che oggi attraverserà la città. È il momento più commovente di una veglia che ha toccato soprattutto i temi della sparanza e dell’impegno. «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò», recita una delle letture scelte dal Vangelo di Matteo. Una scelta non casuale.
Metà della chiesa è occupata da più di 500 familiari delle vittime delle mafie. Si prega. «Signore, Dio dell’universo, perdonaci per quelle volte in cui gli atteggiamenti di indifferenza hanno dato alle mafie la forza necessaria per imporre terrore, disperazione e morte». Al momento dello scambio del segno della pace salgono all’altare quattro familiari: Lorenzo Clemente, Stefania Grasso, Viviana Matrangola, e la mamma di Gelsomina Verde. Poi, proprio sul tema, si prega ancora.
«Dio della pace, non ti può comprendere chi semina discordia, non ti può accogliere chi ama la violenza; dona a chi edifica la pace di perseverare nel suo proposito e a chi la ostacola di essere sanato dall’odio che lo tormenta, perché tutti si ritrovino in te, che sei la vera pace». Poi si alza il canto. «Tu sei la mia vita, altro io non ho. Tu sei la mia strada, la mia verità. Nella tua parola io camminerò, finché avrò respiro, fino a quando tu vorrai. Non avrò paura, sai, se tu sei con me: io ti prego, resta con me».
Parole che ricordano tanto la vita di don Peppe. E del parroco ucciso dalla camorra parla il cardinale di Napoli. «Quindici anni fa fu ucciso dalla barbarie criminosa, ma oggi è più vivo che mai. La sua testimonanza continua a scuotere le coscienze, a dare coraggio a chi vuole combattere la battaglia del buono e del bello ». Parole chiare, quelle del cardinale. «Fare memoria - dice rivolgendosi proprio ai familiari delle vittime - è innanzitutto un dovere di riconoscenza verso chi ha seminato col proprio sangue una testimonianza che non ci può essere rubata da nessuno. Loro hanno testimoniato e ci hanno passato una fiaccola perché continui a illuminare la nostra vita».
Parole di speranza. «Sembra che il male non abbia confini ma noi non ci arrendiamo perché Dio è con noi, perché Cristo ha vinto il male, perché noi agiamo con la forza dei nostri ideali, perché siamo pronti a offrire la nostra vita perché il bene prevalga». Invece, aggiunge con toni che evocano il grido di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di Agrigento, «i mafiosi devono nascondersi, non ritrovano un momento di pace perché il male li avvinghia. La loro è una vita di peccato. Seminano sangue e vivono nel sangue».
Dunque non bisogna arrendersi, torna a ripetere Sepe, «noi saremo i vincitori». Lo ringrazia don Luigi Ciotti e anche lui invita alla speranza. «Napoli è una città forte e amara, coraggiosa e non saranno alcuni gruppi criminali a togliere quella speranza che questa terra invoca. Ma dobbiamo tutti fare di più, tutti insieme». Sepe riprende il microfono. «Napoli applaudi don Luigi. Noi ti accogliamo, ti abbracciamo e ti ringraziamo per tutto quello che fai e che farai».
Un parco giochi nelle terre dei boss
Sull’area confiscata al capo dei casalesi, sorgerà un campo di calcetto. L’intesa è tra il consorzio Agrorinasce e le parrocchie della zona. «Da cosa loro diverrà casa nostra»
DAL NOSTRO INVIATO A CASAL DI PRINCIPE
Gli operai colano il cemento dei muretti, installano staccionate, posano pietrisco. Stanno nascendo un parco giochi e un campo di calcetto. Proprio a fianco del santuario della Madonna di Briano, a servizio di questo luogo di culto, tra i più amati e frequantati della provincia di Caserta. Una bella iniziativa. Ma è ancora più bella perchè nasce su un terreno confiscato a Francesco Schiavone ’ Sandokan’, il capo del clan dei casalesi. Quattromila metri quadri strappati al boss ma anche al degrado in cui erano finiti, portati via alla camorra e poi abbandonati, quasi una discarica. Ora si cambia. Dal male al bene, dal silenzio imposto dal piombo dei killer camorristi al vociare allegro e gioioso dei bambini. Che su un bel cartello potranno presto leggere che questo luogo di gioco è stato portato via alle cosche ed è ora della gente per bene: da « cosa loro » a « casa nostra » . Lo leggeranno i piccoli, lo leggeranno i genitori che forse per anni hanno abbassato la testa davanti alla violenza camorrista, accettando condizionamenti e convenienze. Accade anche questo in questa terra che, a fatica, ha imboccato il cammino del cambiamento e della speranza. Accade proprio nella zona più martoriata dalla camorra, tra i comuni di Casal di Principe e Villa di Briano, regno e dominio dei casalesi. Accade nella terra di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dai casalesi il 19 marzo 1994. Questa bella iniziativa è il frutto della collaborazione tra Agrorinasce, il consorzio tra i comuni dell’Agro Aversano nato proprio per la gestione dei beni confiscati, e la Forania di Casal di Principe che unisce le parrocchie della zona e che quindici anni fa era guidata proprio da don Peppe.
Come ci spiega Giovanni Allucci, amministratore delegato di Agrorinasce, l’area verrà dedicata alla Madonna di Briano e ad una vittima innocente della camorra. Il costo dei lavori è di 190.000 euro, in parte coperti da un contributo di 60.500 euro della Regione Campania. L’opera sarà pronta entro aprile e verrà concessa in comodato d’uso gratuito al Santuario, con la possibilità che tutte le parrocchie di Casal di Principe possano utilizzarlo.
Non è la prima realizzazione a favore della Chiesa locale e, soprattutto, dei giovani. Sempre Agrorinasce, in collaborazione con l’amministrazione comunale, ha infatti realizzato un campetto sportivo polifunzionale nella chiesa di S. Nicola, a Casal di Principe, la parrocchia di don Peppe, grazie anche al finanziamento di 25.000 euro concesso dalla Regione Campania. I lavori sono stati realizzati nel 2008 e ora il campetto è frequentato da tanti ragazzi.
Iniziative importanti. Lo sport, in realtà di degrado e ad alta presenza mafiosa, è fondamentale per il recupero dei giovani. Strumento educativo. Lo faceva a Brancaccio don Pino Puglisi, lo faceva a Casal di Principe don Peppe Diana, tifosissimo del Napoli. Anche pensando a lui mercoledì sera sul campetto della parrocchia hanno giocato don Luigi Ciotti, i sindaci della zona che avevano appena firmato un documento comune contro la camorra, e tanti ragazzi di Casal di Principe. Ed anche questo è un segno importante.
Antonio Maria Mira