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Visita pastorale del Papa a Napoli ....

ALLARME: "CAMORRA"!!!, "MAMMASANTISSIMA"!!! CAMBIARE ROTTA!!! PER L’ITALIA, PER NAPOLI, RIPARTIRE DALLE RADICI MODERNE, EU-ANGELICHE E FRANCESCANE - dal "presepe"!!! A tutta NAPOLI e al coraggioso Cardinale SEPE un augurio e una sollecitazione, a camminare insieme sulla strada della civiltà del dialogo e dell’amore. W o ITALY !!!

martedì 23 ottobre 2007 di Federico La Sala
TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI.
PER L’ITALIA E PER LA CHIESA: LA MEMORIA DA RITROVARE. L’"URLO" DI DON PEPPINO DIANA. «La camorra ha assassinato il nostro paese, noi lo si deve far risorgere, bisogna risalire sui tetti e riannunciare la "Parola di Vita"».


L’Italia ripudia la guerra! Ed è per lo (...)

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> Da Figlio di "Mammasantissima" ... a "Figlio della Madonna": da Ratisbona a Napoli, la tragica rappresentazione cattolico-romana del VAN-GELO DI COSTANTINO-RATZINGER è ormai alla fine! DANTE, con il "cinico" DIOGENE, rivede IL SOLE e comincia a sorridere: La COMMEDIA, quella DIVINA, inizia - e già tutti e tutte ... non siamo più all’Inferno!!!

domenica 4 febbraio 2007

Catania: la santa e gli assassini

di Claudio Fava *

Accadrà domattina, infallibilmente: i randellatori dello stadio Cibali, i fabbricanti di bombe carta, gli appiccatori di incendi, i «boia chi molla» urlati in faccia ai celerini riporranno i passamontagna in fondo all’armadio, s’infileranno nelle loro tuniche bianca lunghe fino ai piedi, prenderanno in mano ceri votivi al posto delle spranghe e così acconciati, con il viso devoto, accompagneranno sant’Agata patrona in giro per la città, come ogni 5 febbraio da che la memoria ci accompagna. Il tempo della vergogna e del lutto (un poliziotto scannato, cento feriti) sarà durato lo spazio di una notte, giusto il necessario per compilare dichiarazioni di sdegno e necrologi. Poi Catania tornerà alla sua beata irresponsabilità.

Non è un calembour: è il ritratto della mia città, la sua corda morale. L’idea cioè che esista un tempo per gli stadi e uno per i santi, che il poliziotto morto si possa seppellire, la piazza della battaglia ripulire dalle macerie e il giorno dopo ritrovarsi tutti fedeli, tutti cresimati, con lo sguardo ripulito, a sfilare dietro il fercolo della patrona. Fingendo di non sapere che quello stadio e quella santa, le botte e la processione fanno parte della stessa città.

Sarebbe stato un gesto bello e civile chiedere alla santa di rimanere in chiesa a vegliare anche lei questo povero morto. Sarebbe stato un gesto forte e carico di buon senso se il sindaco di Catania, il suo vescovo e le altre (come si usa dire in questi casi) “autorità civili e religiose” avessero deciso che non bastava sospendere la gara podistica e i fuochi d’artificio ma che, di fronte allo scempio e alla follia collettiva di venerdì notte, andava annullata ogni cerimonia religiosa. Anche per costringere questa città, così irriverente, così smemorata, a guardarsi per una volta allo specchio. Senza i paramenti del sacro. Senza i ceri e le candelore.

Invece s’è deciso che tutto continui: tanto, che c’entra la santa con il calcio? La santa non c’entra. I devoti, sì. Uno o due anni fa, tra i fedelissimi intabarrati di bianco ci furono anche pistolettate, e un tale rimase gambizzato proprio mentre i botti per la patrona coprivano quelli del revolver. Il giornali ne riferirono come d’un dettaglio, una cosa curiosa, pittoresca.

Ecco la tragedia: l’idea che questo spazio tra sacro e profano non debba mai essere riempito, che il mafioso possa scannare i picciriddi nelle botti d’acido e poi farsi la comunione in chiesa, che il tifoso possa sparare una bomba carta in faccia al poliziotto e il giorno dopo accompagnare la santa con la candelora del proprio rione. L’idea, insomma, che tutto si possa tenere perché tutto - in fin dei conti - è consentito.

Scriveva venerdì, alla vigilia della partita, il quotidiano locale che Catania è città «sperta». Ovvero si fa rispettare: sempre. Era il loro modo per presentare il derby, per sciacquarlo nei sapori di vecchie furbizie, il solito modo per risolvere tutto con il rumore di una risata. La città è fabbricata su questo tenace concetto di impunità, la nostra “spertezza”, la sana rivolta contro qualcosa d’altro: lo Stato, i suoi poliziotti, i suoi giudici, le sue leggi, le sue regole...

Il calcio non c’entra più, e nemmeno la rivalità tra Palermo e Catania che è una barzelletta, letteratura, cose da gattopardo. C’entra quest’idea malata che laggiù, nell’isola, tutto possa convivere, che tutto si tenga sempre sul palmo della stessa mano, botte e carezze, santi e assassini, spranghe e ceri votivi. In attesa che qualcuno trovi il coraggio per dire che la ricreazione è finita.

* l’Unità, Pubblicato il: 04.02.07, Modificato il: 04.02.07 alle ore 15.08


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