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Per Gaza, agire subito!!!

"Golia - Superman", il "Superuomo" scatenato !!! Denuncia ONU: ormai «GAZA è una prigione per palestinesi. E Israele sembra aver gettato via la chiave». Sul Libano, sganciate milioni di bombe cluster.

lunedì 13 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] Critiche alla politica dell’esecutivo guidato da Olmert arrivano però anche dall’interno. Il gruppo umanitario israeliano B’Tselem accusa infatti il proprio governo di essersi macchiato di un crimine di guerra quando il 28 giugno 2006 ha ordinato la distruzione della Centrale elettrica di Gaza. «Un obiettivo esclusivamente civile», si legge nella denuncia. Attaccato «per soddisfare un desiderio di vendetta» [...]
[...] un militare israeliano che, per la prima volta, ha ammesso che (...)

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> "Golia - Superman", il "Superuomo" scatenato !!! Denuncia ONU: ormai «GAZA è una prigione per palestinesi. E Israele sembra aver gettato via la chiave». Sul Libano, sganciate milioni di bombe cluster.

martedì 21 novembre 2006

Un articolo di Jamal Zaqout, attivista politico palestinese: «Subito il cessate il fuoco e una conferenza di pace»

Appello agli stati europei: uscite dal silenzio

di Jamal Zaqout*

L’escalation dell’aggressione militare israeliana al popolo palestinese ha raggiunto il suo apice con il massacro di Beit Hanoun che ha visto l’uccisione all’alba, nel sonno, di venti civili innocenti otto dei quali bambini e 5 donne, con più 50 persone ferite che versano in gravi condizioni. Questo massacro è avvenuto dopo l’occupazione della stessa città durata alcuni giorni, durante i quali abbiamo contato altri sessanta morti e centinaia di feriti, la distruzione delle strutture e delle infrastrutture, dei collegamenti dell’acqua e della corrente elettrica, delle fognature e di decine di case; ettari di terra coltivati sono stati completamente rovinati considerando che Beit Hanoun è una delle più importanti realtà agricole palestinesi. I danni stimati ammontano a più di 50 milioni di dollari.

Tutto ciò avviene all’interno di una vasta operazione militare, martellante e continua nella striscia di Gaza, per cui il primo ministro israeliano Holmert vanta l’uccisione di più di 300 palestinesi, centinaia di feriti e decine di arresti oltre alla distruzione, l’isolamento e l’accerchiamento della striscia con l’interruzione di ogni tipo di aiuto: economico, umanitario e finanziario.

Questa politica sanguinaria conferma ancora una volta la volontà di Israele di chiudere qualsiasi prospettiva negoziale, sostanziata dall’uccisione di Rabin in poi, dalla pervicacia nel far fallire la trattativa di Camp David e la sepoltura dell’intero processo di pace. Malgrado le dichiarazioni dei suoi dirigenti circa l’impossibilità di una soluzione militare ed unilaterale del conflitto, Israele cerca di imporre con la forza il fatto compiuto e non ha mai abbandonato le soluzioni militari e violente.

Israele ha sistematicamente cercato di distruggere il partner palestinese per poi negarne l’esistenza e per questo ha isolato il presidente Arafat nella Muqata a Ramallah per oltre tre anni fino alla sua morte e non ha mai dimostrato nessuna disponibilità reale verso il suo successore, il presidente Abu Mazen malgrado i reiterati riconoscimenti per la sua personale onestà. Israele ha scientificamente perseguito l’obbiettivo di spingere la società civile palestinese verso la disillusione, la perdita di fiducia nel processo di pace e nella serietà stessa delle intenzioni israeliane nel volere una soluzione giusta, che mettesse fine all’occupazione e che potesse portare alla realizzazione dei due stati - Palestina e Israele - nei confini del 4 giugno del 1967; Israele ha fomentato e alimentato giorno dopo giorno l’irrigidimento e l’estremismo nella nostra gente.

Questo processo, che ha portato alla vittoria di Hamas come maggioranza parlamentare, viene usato oggi per sostenere l’assenza di un partner palestinese con cui trattare, ignorando così l’Olp e il presidente Abu Mazen eletto e delegato dal popolo su un programma politico chiaro per arrivare ad una soluzione politica. Stati Uniti e Israele hanno fatto fallire gli accordi di Oslo e se ne devono assumere la totale responsabilità. Gli Usa in particolare hanno continuato a “gestire” la crisi senza però cercare seriamente alcuna soluzione realistica e praticabile e, nonostante l’introduzione della cosiddetta Road Map adottata dal Consiglio di sicurezza Onu con la risoluzione 1551, non si sono mai impegnati veramente nella sua realizzazione e per farla rispettare ma hanno accondisceso a tutte le riserve israeliane, ignorando nel contempo il piano arabo di pace proposto dal summit di Beirut del 2002. Hanno lasciato mano libera ad Israele scambiando coscientemente il diritto alla difesa con l’aggressione militare senza mai preoccuparsi del diritto alla tutela e alla protezione per la popolazione palestinese.

Sì, la comunità internazionale ha fallito nel garantire la protezione del popolo palestinese, lasciandolo solo nei giorni dello sconforto, dei lutti, e della perdita della speranza a contare i suoi martiri ogni giorno, a denunciare l’aumento della povertà, della disoccupazione, la distruzione delle infrastrutture e della sua economia. L’Unione Europea come parte del quartetto, garante del processo negoziale, ha fallito a sua volta nel giocare un ruolo decisivo per la pace in Medio Oriente malgrado i suoi vitali e diretti interessi nella regione. Si è limitata a pagare ogni anno la fattura monetaria della politica americana e non si è mossa nei confronti di Israele neppure a seguito della distruzione di infrastrutture come l’aeroporto, il porto, le strade, le istituzioni civili e di sicurezza, scuole, ospedali, finanziate dal contributo europeo.

Malgrado le continue e palesi violazioni dei diritti umani e della 4° Convenzione di Ginevra, i governi dell’Unione Europea continuano a mantenere vivo l’accordo di partnerariato economico israelo/europeo nonostante l’obbligo del rispetto dei diritti umani e della legalità internazionale fossero le condizioni preliminari da salvaguardare.

Questa politica allineata da parte degli Usa e la debolezza dell’Unione Europea ha incoraggiato Israele nel continuare ad uccidere il futuro della pace e permesso l’imposizione con il fatto compiuto di nuovi confini attraverso al costruzione del muro, l’isolamento e l’ebraicizzazione di Gerusalemme oltre che la cantonizzazione del territorio della Cisgiordania, per impedire la nascita di uno Stato palestinese nei confini del ’67, condizione obbligata per qualsiasi soluzione politica.

Questo silenzio della Comunità internazionale ha avuto successo invece nell’emarginare le forze pacifiste e democratiche israeliane consentendo la deriva militarista e xenofoba della classe dirigente che non ha avuto alcuna difficoltà nell’accogliere un razzista come il sig. Liebermann nel governo.

Per questo continuiamo a ripetere che la soluzione della questione palestinese sia elemento vitale anche per Israele, per sconfiggere il cancro dell’occupazione e della colonizzazione, che fa diminuire le opportunità per una pace giusta basata sul diritto e legalità internazionale e nel rispetto del diritto dei popoli all’autodeterminazione.

Il fallimento della comunità internazionale non deve significare l’abbandono della speranza e della lotta quotidiana in nome della legalità internazionale o arretrare nella convinzione del cambiamento, specialmente se continuiamo a costruire e a rafforzare i rapporti di solidarietà e di condivisione con le società civili degli altri paesi, a cominciare da quelli europei con quali vantiamo una storia lunga di amicizia.

Confidiamo in voi, infatti, in questo momento cruciale, affinché possiate spingere i vostri governi ad avere coraggio nel giocare un ruolo più incisivo ed imparziale nella ricerca di una soluzione pacifica del conflitto. Le forze della pace in Palestina e nel mondo, in Europa, devono costruire una strategia basata sulle lezioni di questo conflitto e sull’esperienza drammatica della politica americana nella regione fatta di aggressioni e propagandata come guerra al terrorismo, per promuovere al contrario il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei popoli a cominciare da quello palestinese, per porre fine alle occupazioni e per la realizzazione di uno Stato democratico a fianco di quello israeliano.

L’Unione Europea, alla luce del fallimento americano e in collaborazione con gli altri partner del quartetto, ha il dovere di proporre un processo negoziale concreto convocando tutte le parti del conflitto in una Conferenza di Pace garantita internazionalmente in grado di imporre le tappe temporali che segnino la fine dell’occupazione - compresa quella di Gerusalemme - secondo i dettami delle risoluzioni internazionali e una soluzione giusta per i profughi in base alla risoluzione 194. Nel frattempo è urgente l’affermazione di un cessate il fuoco rispettato e l’attivazione di un sistema di protezione per il popolo palestinese al fine di permettere la “cura” della nostra società, la ricostruzione delle nostre istituzioni e della nostra economia.

Così facendo e solo così si potrà pensare di costruire una pace stabile e un futuro per l’intero Medio Oriente. Sappiamo che un vasto arco di forze ha manifestato ieri a Milano su una piattaforma che contiene tutti gli elementi necessari per invertire la rotta. Ne abbiamo un grande bisogno, abbiamo bisogno di una nuova iniziativa politica che cambi le cose.

*membro del Consiglio legislativo palestinese

Liberazione, 19.11.2006


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