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"Deus" (Charitas) ... e "Mammona" (Caritas)

All’epoca di GIOVANNI PAOLO II: un’intervista (2004) a ELMAR SALMANN. LA GLOBALIZZAZIONE TRA TEOLOGIA ECONOMICA E ‘XENOLOGIA’.

Economia - domestica - della "Charitas" o di "Mammasantissima"?!
venerdì 29 settembre 2006 di Federico La Sala
[...] D. Fra gli interventi sulla globalizzaione che abbiamo ospitato nel numero precedente compare un contributo di Giacomo Marramao [13] che tra l’altro riprende alcune tesi del suo ultimo libro Passaggio a occidente, in cui in qualche modo invita l’occidente a diventare se stesso, cioè a riscoprire la sua tradizione filosofica, dialettica, e dialogica come capacità di superare le identità e a stare nella differenza, nell’apertura all’altro. E’ in questa prospettiva il suo (...)

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> ELMAR SALMANN. LA GLOBALIZZAZIONE TRA TEOLOGIA ECONOMICA E ‘XENOLOGIA’. ---NOTA A MARGINE DELLA "TRAGEDIA DELL’UOMO DEMOCRATICO" (Un’ intervista a Elmar Salman di A. Monda e R. Cetera).

giovedì 15 giugno 2023

STORIA #ANTROPOLOGIA #CATTOLICESIMO E "#DISAGIO DELLA #CIVILTÀ" (S. #FREUD, 1929): #DANTE2021.

DIVINA COMMEDIA. #Remi Brague - ricorda #Elmar #Salmann (nella sua intervista*) «ne "Il futuro dell’Occidente" auspica un ritorno alla #Romanitas» .... ma della sollecitazione di #Dante Alighieri (e di Immanuel #Kant) di aprire il discorso su "quella #Roma onde #Cristo è romano" (Pd., XXXII, 102) ancora non se ne parla. Forse, è bene #ricordare, mi sia lecito, la lezione magistrale di #KarlBrandi che, a conclusione della sua "lettura" della figura di "#CarloV" (1935), rievoca (con queste parole) la figura del "gran cancelliere #Mercurino di #Gattinara, il cui ideale imperiale non era stato diverso dal sogno imperiale di #Dante; e aveva espresso la fede in un ordinamento del mondo retto dall’Impero e dal Papato, ciascuno nella sua sfera, l’uno e l’altro pienamente e sovranamente responsabili verso l’intera umanità"; e, ancora, che Ernst H. #Kantorowicz, nel suo lavoro su "I due corpi del re" (1957), intitola e dedica l’intero ultimo capitolo a "La regalità antropocentrica: Dante".

Federico La Sala


RISUS PASCHALIS - VERSO LA PENTECOSTE CON LA GIOIA DELLA RESURREZIONE

L’allegria della vita e della mente

di Elmar Salman (L’Osservatore Romano. 19 aprile 2021

«La mente si nutre soltanto di ciò che la rallegra», scrive Agostino. La mente può essere tante cose: acuta, tagliente, speculativa, vispa, teorica o pratica, empatica o analitica, stupida ed intelligente. Ma di cosa si nutre? Cosa la fa intuire, comprendere, accogliere la realtà di sé, dell’altro, di un pezzo di questo mondo? Forse solo ciò che la convince, conforta, che allarga i suoi orizzonti, che la fa respirare. In un tale clima rinascono e risorgono sia il soggetto che quella briciola del cosmo che viene illuminata da esso. È un momento di gioia, che può creare un habitus, un’allegria o letizia o serenità nell’intimo dell’uomo.

L’allegria è il titolo della prima raccolta di poesie di Giuseppe Ungaretti, di quella catena aurea, di quel rosario doloroso e gioioso di opere che marca le stagioni della Vita di un uomo: Il porto sepolto, Sentimento del tempo, Il Dolore (Giorno per giorno), Il taccuino del vecchio, La terra Promessa - col cantico di una piccola e potente risurrezione: Per sempre. Vi si conserva e rinnova il tono fresco, immediato, laconico e coinvolgente dei suoi esordi, di quelle splendide poesie che si devono alla illuminazione di un attimo e che da parte loro fanno brillare la sorte degli uomini, perfino nella stagione della Prima guerra mondiale. Una letizia malgrado tutto.

E Gesù, conosceva lui l’allegria della mente, il sorriso raggiante, ironico, irenico, confortante? La sua vita è impensabile senza la gioia dei pranzi condivisi, dell’ospitalità, della vicinanza sorprendente ai malati e depressi per via della sua gratia elevans, senza l’umorismo nascosto, leggiadro e leggero del Discorso sulla Montagna, dove fa passare in rassegna gli uccelli, i gigli, i capelli, i passeri, i pagani, la regina di Saba, solo per stuzzicare l’esperienza della libertà vangelica, per allargare i suoi spazi di manovra e di letizia. O prendiamo la domanda di Giovanni 8: «Chi di voi è senza peccato...»: non lo dice con tono perentorio, smascherante, cinico, ma forse con un lieve sorriso, sapiente, triste e confortante che rispecchia la verità della condizione umana, condividendola.

Nel vangelo come messaggio lieto ritroviamo il clima che Ungaretti sa cogliere nella poesia “Senza più peso”: «Per un Iddio che rida come un bimbo,/ Tanti gridi di passeri,/ Tante danze nei rami,/ Un’anima si fa senza più peso,/ I prati hanno una tale tenerezza,/ Tale pudore negli occhi rivive,/ La mani come foglie/ s’incantano nell’aria.../ Chi teme più, chi giudica?».

Un piccolo canto della risurrezione, che, forse, invera la promessa che Italo Calvino esprime all’inizio delle sue Lezioni americane: l’opera della poesia sarebbe quello di togliere i falsi pesi alla realtà.

E se questo fosse anche l’operazione più intima e “graziosa” della religione?


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