L’Onda torna in piazza. E sfida il divieto a manifestare
di Paola Zanca *
Per spiegare le loro intenzioni, hanno scritto una lettera. Gli studenti dell’Onda domani alle 14 tornano in piazza. Ma prima hanno deciso di scrivere «alla città di Roma, ai suoi cittadini e alle sue istituzioni, ai movimenti sociali, ai sindacati, alle forze politiche». Vogliono informarli delle loro intenzioni: «Sabato 28 marzo - scrivono - le studentesse e gli studenti, le precarie e i precari dell’Onda si incontreranno in piazzale Aldo Moro, si uniranno ai collettivi degli studenti medi e da lì si sposteranno in corteo e raggiungeranno il concentramento di piazza Esedra per partecipare alla manifestazione contro il G14 sugli ammortizzatori sociali, il welfare e il lavoro che si svolgerà, dal 29 al 31 di marzo, presso la Farnesina».
Niente di strano, si dirà. Una manifestazione come le altre. Ma non è così: l’ultima volta, il 18 marzo scorso, gli studenti che avevano provato a raggiungere in corteo la manifestazione della Cgil a piazza Santi Apostoli erano stati caricati. A Roma, infatti, è in vigore un nuovo protocollo sulle iniziative di piazza, che regola rigidamente i percorsi che si possono fare, previa autorizzazione, e quelli che sono vietati, sempre e comunque. Per questo gli studenti avvertono la città: perchè il loro corteo, domani, è vietato.
Gli studenti, insomma, ci riprovano: ripartono da piazzale Aldo Moro, «in primo luogo per ribadire un diritto fondamentale: il diritto al dissenso» e in secondo luogo per rivendicare «quel diritto, ormai quasi “consuetudinario”, di poterlo fare a partire dalla città universitaria». «Con l’Onda di ottobre e di novembre - spiegano gli studenti - questa consuetudine si è enormemente estesa, per numero e qualità. Corteo locale o nazionale per le studentesse e gli studenti dell’Onda significava e significa partire da piazzale Aldo Moro, percorrere la città, bloccare il traffico e far sentire la propria voce, dopo averla usata con passione e con coraggio nelle facoltà, nei corridoi, nelle classi universitarie. Normale - aggiungono - per chi vive le proprie giornate nell’università vederla e viverla come il luogo proprio della protesta, dell’impegno critico, della passione politica. Sono decenni che l’università è punto di partenza delle manifestazioni studentesche sulla formazione, sui nuovi diritti, contro la guerra e contro il razzismo, non saranno di certo le manganellate della scorsa settimana, né tanto meno il protocollo a cancellare questa abitudine virtuosa».
E proprio riguardo al protocollo, gli studenti ci tengono ad aggiungere qualcosa. «Come in molti hanno ripetuto in questi giorni (Cgil compresa) - spiegano - il protocollo non ha valore normativo e universale, vincola i firmatari e non chi il protocollo non l’ha firmato. Le regole, quando valgono per tutti, debbono essere decise da tutti e questo non è certo il caso del protocollo. Inutile segnalare - aggiungono - che non siamo tenuti a rispettare una cosa che non ci riguarda, né tanto meno ad abbassare la testa nei confronti di chi del protocollo intende fare un uso muscolare e liberticida».
La manifestazione di sabato non parla solo di università e diritto allo studio: è anche e soprattutto una protesta contro la crisi. Gli studenti la chiamano una «catastrofe dell’università, della ricerca, della formazione, del mondo del lavoro e delle garanzie sociali in genere». Noi, dicono i giovani universitari «non abbiamo intenzione di perdere e di tornare a casa, nella nostra solitudine. Noi saremo ancora tanti e a fianco a noi ci saranno anche precari, lavoratori, migranti, senza casa, tutti coloro che non hanno prodotto la crisi e non intendono pagarla. Per questo ultimo motivo, oltre che per i precedenti - concludono - la scelta di piazzale Aldo Moro ci sembra la migliore».
* l’Unità, 27 marzo 2009