Napolitano e la finanziaria: «L’università va sostenuta»*
L’Unione europea impone all’Italia stretti vincoli di bilancio, che vanno rispettati. È il primo modo per aiutare il rilancio dell’economia. Ma attenzione a non sostenere in maniera adeguata l’università. L’appello arriva dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. È dal mondo accademico, infatti, che viene quella progettazione dell’economia e della società senza la quale l’Italia non può reggere la competizione con gli altri Paesi.
Intervento quasi fuori programma quello del capo dello Stato. Giorgio Napolitano sale sul palco degli oratori dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Bocconi di Milano solo dopo che lo ha invitato ufficialmente Mario Monti. La sua è una relazione sui contatti internazionali avuti in questi mesi, tutti dedicati al rilancio del processo di integrazione europea: viaggi a Berlino, Budapest, Parigi e Londra. Capitali dell’Europa del post-allargamento, o del nucleo storico all’interno del quale circolano forti dubbi ed incertezze. Ma prima di elencare gli uni e gli altri, Napolitano si sofferma sull’Italia.
«Sostenere il percorso della comunità e dell’Unione europea ha significato e significa per l’Italia valorizzarne le opportunità, non sottovalutarne le sfide, non trascurare di adempierne gli obblighi», spiega. «Ciò ha via via prodotto frutti tanto più cospicui quanto più le sfide e le opportunità siano state raccolte con il necessario dinamismo», sia dal pubblico che dal privato. E quanto più «gli obblighi o i vincoli siano stati recepiti come stimoli alla modernizzazione delle nostre strutture e ad una gestione rigorosa del bilancio dello Stato».
Qualora ci fosse qualche dubbio, Napolitano mette le cose in chiaro: «Si tratta di insegnamenti validi anche per l’oggi». In tempi di finanziaria «una prova non minore del nostro europeismo dobbiamo darla assumendo le difficili decisioni richieste dal rispetto della disciplina comunitaria in materia di conti pubblici e dall’attivazione delle riforme sollecitate dalle direttive europee». Come già nei giorni scorsi, il capo dello Stato precisa di non voler entrare nel merito del dibattito, perché «spetta al governo e al Parlamento adottare simili decisioni». Sia però chiaro che al Quirinale «non sfugge la stringente necessità per rendere più credibile l’impegno che anche personalmente sto spendendo per sollecitare il rilancio del processo di integrazione europea». Uno sforzo a cui tutti devono aderire, «al di là degli schieramenti politici».
Bisogna quindi agire uniti per rilanciare il modello europeo anche in economia. E di qui discende «l’importanza del ruolo delle nostre università come centri avanzati di formazione e di ricerca». In Europa si registrano in questi anni «condizioni nuove di libertà di studio e di scambio per milioni di giovani». Le università «si sono aperte a una intensa e reciproca conoscenza delle diverse culture e civiltà». Le università, infine, gettano «le basi per una visione più ricca del comune patrimonio europeo». E allora sarebbe «paradossale» non tener conto di questo dato di fatto. «Paradossale»: Napolitano lo ripete due volte. Insomma, paradossale che «a discorsi generalmente condivisi sull’esigenza di una seria concentrazione di forze» facesse «riscontro una sottovalutazione di fatto del ruolo delle nostre università, delle loro esigenze di continuità e di consolidamento».
* www.unita.it, Pubblicato il: 30.10.06 Modificato il: 30.10.06 alle ore 16.23