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MAMMASANTISSIMA. Il grande ordine simbolico del "Che-rùbino" ... tutti e tutto!!!

lL "LOGO" DELLA SAPIENZA, L’UMANITA’, E L’ACQUA. PAESE IMPAZZITO: FORZA "CHE RùBINO" TUTTO E TUTTI !!! PER IL "logo" della "SAPIENZA" DI ROMA, UN APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA!!! Una nota, con articoli - a cura di Federico La Sala

sabato 12 luglio 2008
[...] Affinché il "cherubino" non diventi "un diavoletto"... che ha trovato una pietra "cara" e "preziosa" ed esclami: "che - rubìno!" ... Qui non capiscono il valore di un’"ACCA" - H, lo prendo Io: lo venderò a "caro-prezzo" ("caritas"); e fonderò un ’nuovo’ partito, una ’nuova’ chiesa [...]
ITALIA: LA NOSTRA PATRIA E’ LA LINGUA, NON LA TERRA NON IL SANGUE. Dante e Saussure insegnano.
EMERGENZA EDUCATIVA: TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI.
 (...)

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> UNIVERSITA’. Contro la catastrofe culturale in atto, la ’ripresa’ del paradigma del "principio". PER IL "logo" della "SAPIENZA" DI ROMA, UN APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, Giorgio Napolitano, e al prof. Tullio De Mauro. Non il "che-rubìno" o il "che-rùbino", ma "IL CERVO ALLA FONTE", che beve l’ "acqua" dalla "Fontana dei Libri"!!!

sabato 11 novembre 2006

CARO-PREZZO (= "CARITAS") E FUTURO !!!


Pubblica incoscienza

di Marcello Cini *

«Nella vecchia economia la gente comprava e vendeva risorse congelate, cioè un mucchio di materiale tenuto insieme da un pochino di sapere. Nella nuova economia, compriamo e vendiamo sapere congelato, cioè un sacco di contenuto intellettuale in un involucro fisico». Così Brian Arthur, uno dei fondatori del celebre Istituto di ricerca di Santa Fé sulla complessità che caratterizza la svolta dell’economia dal XX al XXI secolo. E l’editor della rivista economica americana Fortune, Thomas Stewart spiega: «In questa nuova era, la ricchezza è il prodotto del sapere. Sapere e informazione - e non soltanto sapere scientifico, ma le notizie, i consigli, l’intrattenimento, i servizi - sono diventati le materie prime dell’economia e i suoi prodotti più importanti. Il sapere è quello che compriamo e vendiamo".

Chi mi conosce sa che non mi piace che la conoscenza in generale e la scienza in particolare siano diventate merci che si comprano e si vendono, e che la loro produzione sia sempre più subordinata al vincolo della produzione del maggiore e più immediato profitto possibile del capitale investito. Penso che la conoscenza e la scienza - in quanto beni che, al contrario degli ogetti materiali, non si "consumano" ma si moltiplicano tanto più quanto maggiore è il numero di coloro che possono fruirne - dovrebbero ritornare di nuovo beni comuni e disponibili a tutti.

Ma anche se questo obiettivo può sembrare utopistico - ma forse non lo è pensando alle catastrofi che si annunciano se il meercato continua a essere l’unico riferimento - la necessità di una forte ricerca pubblica, che persegua finalità collettive dovrebbe essere un’assoluta priorità per un governo che pensa al futuro dei suoi cittadini.

Dovrebbe essere ovvio che se la conoscenza e la scienza non vengono prodotte, o se bisogna comprare a caro prezzo sul mercato quelle prodotte dalle multinazionali, il nostro paese non entra nel XXI secolo, ma retrocede al XX se non al XIX. Non è una battuta.

[...]

Tagliare 300 milioni su un totale di 1.600 - questo sembra essere l’ammontare della riduzione del finanziamento pubblico per la ricerca scientifica e tecnologica prevista dalla finanziaria - non è un sacrificio paragonabile a quello che anche altri settori della spesa pubblica devono sopportare per mettere in ordine i conti pubblici. E’ soltanto incoscienza.

* DA: IL MANIFESTO, 11.11.2006


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