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Gioacchino da Fiore ... e Teilhard de Chardin

IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

mercoledì 4 ottobre 2006 di Federico La Sala
San Teilhard de Chardin
Gesuita, paleontologo e patrono della rete
di Carlo Formenti*
Che io sappia, finora nessuno ha fatto nomi per eleggere un Santo Patrono della Rete. Ma, ammettendo che esistano candidature a me ignote, mi permetto ugualmente d’avanzare la mia proposta: suggerisco che l’onore spetti a Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) gesuita, paleontologo ed autore d’una imponente opera filosofica sul rapporto fra scienza e teologia. Sono sicuro che il suggerimento otterrebbe, (...)

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> IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). ---- Bisogno di futuro e Teilhard de Chardin (di Vittorio Cristelli)

lunedì 14 gennaio 2013

Bisogno di futuro e Teilhard de Chardin

di Vittorio Cristelli (“vita trentina”, 13 gennaio 2013)

Succede ormai pressoché ogni giorno di constatare che in ogni visione di società, ma anche del cosmo, della natura, quello che manca o fa difetto è la prospettiva di un futuro che abbia senso e dia senso anche all’agire di tutti i giorni. C’è un bisogno lancinante di futuro, perché è il futuro che dà speranza, che fa nascere e alimenta progetti e ci fa dire che vale la pena di vivere, anche facendo sacrifici e accettando rinunce.

Anche il mondo della fede ha bisogno di questa prospettiva che non sia demandata all’altra vita oltre la morte, ma incida ed operi direttamente nel presente. In questo contesto e caratterizzato da questa sensibilità ho letto che si è svolto a Roma il 9 e 10 novembre scorso un convegno europeo su Pierre Teilhard de Chardin, il teologo scienziato gesuita che polarizza il suo pensiero sul futuro.

E’ nota la sua definizione del Cristo come punto finale (lui lo chiama “punto Omega” - ultima lettera dell’alfabeto greco) verso il quale cammina non solo l’umanità ma tutto l’universo. Aveva intuito già sessant’anni fa i fenomeni globali che oggi ci attorniano e vedeva la vita ma anche l’universo come un movimento creativo operato da Dio ma ancora in atto e non ancora concluso. Ho citato a Natale la sua celebre frase: “Il dramma di tanti cristiani oggi è che non attendono più nessuno”.

E’ da dire che questo suo pensiero è stato visto con sospetto anche dalla Chiesa. E’ noto e non ancora ritirato il “Monitum” del Santo Uffizio che diffidava a parlare di Teilhard di Chardin negli istituti di formazione religiosa. Ora il convegno sul suo pensiero si è tenuto all’Università Gregoriana di Roma alla presenza costante del suo rettore, che ha pure celebrato per i convegnisti la “Messa sul mondo”. C’è di più. Al convegno è giunto anche il messaggio augurale del card. Ravasi, presidente della Commissione cultura della Santa Sede, e la prolusione è stata tenuta dal card. Poupard.

Un rilancio in grande stile, anche perché è assodato e tutto da vedere l’influsso che il pensiero di Teilhard de Chardin ha avuto sul Concilio Vaticano II, in modo particolare sulla Costituzione “Gaudium et Spes”, riguardante i rapporti della Chiesa con il mondo contemporaneo. Il pensiero di questo gesuita e mistico è utile soprattutto nel confronto tra messaggio evangelico e i risultati della ricerca scientifica più aggiornata: le neuroscienze e la concezione olistica, vale a dire, globale, dell’universo.

Dal convegno è emerso che Teilhard de Chardin potrebbe proprio per il suo schema evolutivo, essere il teologo del Terzo millennio, con sviluppi interessanti anche per il dialogo con le religioni orientali, soprattutto con l’induismo. Esattamente come san Tommaso D’Aquino e il suo recupero di Aristotele fu il teologo del Secondo millennio.

Al momento non si sa come le cose si evolveranno. Quello che però mi interessa qui rilevare è la funzione che la proiezione verso il futuro e quindi la speranza può avere su nuovi credenti, noi cristiani tentati proprio dalle difficoltà di chiuderci in noi stessi o di demandare tutto all’al di là.

E chiudo con la nota raffigurazione di Charles Peguy. Sappiamo che le virtù cardine per il cristianesimo son la fede, la speranza e la carità. Sappiamo anche con san Paolo che la carità, l’amore, è la massima delle virtù, perché durerà anche dopo che la fede e la speranza finiranno.

Purché anche la carità sia in movimento. Ebbene, Peguy dice che la fede e la carità sono come due matrone prospere e mature e tengono per mano la bambina speranza. A guardar bene però, osserva, è la bambina speranza che trascina in avanti le due matrone. Per dire che senza la speranza non si cammina nemmeno nella fede e nella carità


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